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domenica 16 settembre 2012

Drammatiche testimonianze dalla Siria in fiamme: «I ribelli ci uccidono. L’esercito di Assad deve restare!» Ci sentiamo indignati e impotenti di fronte al tipo di informazioni che circolano in Europa e fanno opinione, sostenendo le sanzioni internazionali! Solo il Governo di Assad è quello legittimo e giusto per la Siria...

Tratto da "Avvenire" - TESTIMONIANZE - 11 Aprile 2012
Maalula, Monastero S. Tecla
Viviamo in Siria da più di sette anni, amiamo questo Paese e il suo popolo. Ci sentiamo indignati e impotenti di fronte al tipo di informazioni che circolano in Europa e fanno opinione, sostenendo le sanzioni internazionali, una delle armi più inique che l’Occidente usa per tenersi le mani pulite e dirigere comunque la storia di altri popoli. Pulite fino a un certo punto: si moltiplicano le segnalazioni della presenza di personale militare inglese, francese (e di altri Paesi) a fianco degli insorti per organizzare le azioni di guerriglia, grave violazione internazionale che passa sotto silenzio.
Sono state raccolte firme e fondi per aiutare la “primavera” del popolo siriano.
Ma chi ha dato – in perfetta buona fede – offerte e sostegno della “liberazione” della Siria deve sapere che ha finanziato assassini inumani, procurando loro armi, contribuito alla manipolazione dell’informazione, fomentato una instabilità civile che richiederà anni per essere risolta. Sconvolgendo l’equilibrio in un Paese dove la convivenza era pane quotidiano. Perché intervenendo senza conoscere la realtà non siamo più liberi, ma funzionali ad altri interessi che ci manipolano.
Non è nostro compito fornire una lettura socio-politica globale della vicenda siriana, altri lo stanno facendo meglio di noi. E chi lo vuole davvero può trovare informazioni alternative. Noi ci limitiamo a raccontare solo ciò che i nostri occhi vedono, qui nel piccolo villaggio di campagna dove viviamo. E dove, quasi ogni notte, i soldati presenti nella piccola guarnigione che lo presidia sono attaccati. Sia dagli insorti presenti nella zona, sia da bande mercenarie che passano il confine siriano nel tentativo di sopraffare l’esercito e aprire un varco per il flusso di armi e combattenti. I militari rispondono? Certo, e la gente ne è contenta perché di armi e mercenari il Paese è già pieno.
Sta per scadere l’ultimatum per il ritiro dell’esercito, che qui nessuno – nel senso letterale del termine – vuole. La gente si sente sicura solo quando i militari sono presenti. Ormai le violenze compiute dai cosiddetti liberatori nelle città, nei villaggi, sulle strade, sono tante e così brutali che la gente desidera solo vederli sconfitti. Gli abusi sono continui: uccisioni, case e beni requisiti o incendiati, persone, bambini usati come scudi umani. Sono i ribelli a bloccare le strade, a sparare sulle auto dei civili, a stuprare, a massacrare e rapire per estorcere denaro alle vittime. Invenzioni? La notte del Venerdì Santo, non lontano da dove abitiamo, hanno ucciso un ragazzo e ne hanno feriti altri due: tornavano alle loro case per celebrare la Pasqua. Il ragazzo morto aveva 30 anni ed era del nostro villaggio. Non sono i primi tra la nostra gente a pagare di persona. Ormai prima di spostarsi a fare la spesa o anche solo per andare a lavorare ci si assicura che l’esercito controlli la zona. Anche a noi è capitato di trovarci bloccati dalle sparatorie per tre ore in un tratto di autostrada e siamo riusciti a ripartire solo quando si è formato un corridoio di carri armati che proteggevano gli automobilisti in transito dai tiri dei rivoltosi.
Perché di tutto questo non si parla? Perché non si parla dei tanti militari assassinati in vari agguati, gli ultimi ieri ad Aleppo? Sono tanti i drammatici esempi che potremmo citare. Il fratello di un nostro operaio, tenuto prigioniero a Homs dai ribelli insieme ad altri civili, è ormai considerato morto, due padri di famiglia del nostro villaggio sono stati sempre a Homs dai rivoltosi perché compravano e distribuivano pane a chi era rimasto isolato. La questione che qui, però, ci preme sottolineare e per la quale invitiamo tutti a mobilitarsi è quella delle sanzioni internazionali. Chi sta pagando e pagherà ancora di più fra poco, è la gente povera.
Non c’è lavoro, non ci sono le materie prime e le esportazioni di prodotti locali, come bestiame e uova, sono ferme. Quel poco che c’è, poi, si vende a prezzi esorbitanti.
Tra le principali urgenze c’è quella del latte per i bambini. I prezzi dei cartoni sono raddoppiati, passando da 250 lire siriane a 500 (la paga giornaliera di un operaio è di 7-800 lire). Scarseggia il mangime per il bestiame: le poche confezioni disponibili sono passate da 650 a 1850 lire. Mancano i medicinali specialistici, scarseggia l’elettricità perché i ribelli hanno fatto saltare più volte le centrali e le linee di conduzione. Non c’è gasolio (e l’inverno è stato molto freddo quest’anno), perché la Siria non può più esportare il suo greggio in cambio di petrolio raffinato. I trattori quindi sono fermi e non si può lavorare la terra. Sono bloccati perfino i camion che prelevano la spazzatura. Ci sono problemi con l’acqua perché le pompe funzionano col gasolio. Il nostro villaggio e quello vicino – che condividono lo stesso pozzo – hanno acqua un unico giorno alla settimana e solo per 3-4 ore. Si rischia una vera carestia per l’avvenire: presto mancherà il grano e quindi anche il pane, il solo alimento che, per ora, il governo riesce a distribuire a un prezzo calmierato, anche ai più poveri. E poi si protesta perché la Croce Rossa non può portare aiuti. È possibile arrivare a sanzionare addirittura l’importazione di pannolini per i lattanti?
Tutto questo è profondamente ingiusto. Non si è riusciti a rovesciare il governo con le armi, lo si vuole fare esasperando la gente. Certo, è proprio questa la logica delle sanzioni. Quando, però, una grande maggioranza della popolazione – che piaccia o meno – non vuole un cambiamento violento della situazione, tale sistema diventa una vera sopraffazione. Chiediamo con forza a chi può fare qualcosa di sospendere le sanzioni e di intervenire. Che la nostra tanto osannata democrazia si dimostri capace di servire il vero bene del popolo.
 
Un gruppo di italiani che vive in Siria (Testo raccolto da Giorgio Paolucci)

Fonte: http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/i-ribelli-ci-uccidono.aspx 

IL GRIDO DEI CRISTIANI SIRIANI AL PAPA

I Vescovi di Aleppo,
costretti a rinunciare all’incontro con il Papa,
lanciano un appello a Benedetto XVI°
per il cessate il fuoco e la riconciliazione!
 
Agenzia Fides 14/9/2012
Aleppo è da più di due mesi al centro degli scontri armati tra i ribelli e l’esercito siriano. Il Consiglio dei sei Vescovi cattolici della seconda metropoli della Siria ha dovuto rinunciare a malincuore a recarsi all’incontro con il Papa in Libano per rimanere al fianco dei propri fedeli. Ma dalla città devastata dal conflitto hanno lanciato un appello a Benedetto XVI, chiedendo al Papa di richiamare la comunità internazionale all’urgenza di trovare una soluzione pacifica e porre fine a un conflitto “che sta distruggendo il Paese e seminando dovunque miseria e desolazione”.
Nel loro appello, inviato all’Agenzia Fides, i Vescovi di Aleppo (greco-cattolico, siro-cattolico, armeno-cattolico, maronita, caldeo e latino) pregano ardentemente Benedetto XVI di sottoporre ai capi delle nazioni e agli organismi internazionali due richieste: “Esigere che cessino definitivamente i combattimenti sul suolo della Siria”, per poi “incoraggiare e appoggiare le parti in conflitto affinché giungano a un dialogo serio e efficace in vista di una riconciliazione nazionale”.
I Vescovi di Aleppo descrivono la condizione vissuta dal popolo siriano in termini angosciati: “Il Paese si distrugge, il numero delle vittime si moltiplica, e quello dei feriti aumenta di giorno in giorno. Molte abitazioni sono distrutte, e i poveri vedono le proprie risorse diminuire progressivamente. Tutto ciò fa precipitare le famiglie in uno stato di disperazione e spinge molte di esse a emigrare”.
L’ appello si conclude con il ringraziamento a Benedetto XVI “per tutte le iniziative che Voi prendete al servizio della pace”, e con l’augurio “che la Vostra voce arrivi alle orecchie dei popoli e raggiunga quelli che hanno il potere di decidere”.
“Fedeli, non lasciate la Siria!”
Il messaggio dei Patriarchi di Damasco,
stretti attorno al Papa Benedetto XVI°!
 
(Agenzia Fides 14/9/2012)
“Con tutto il cuore chiediamo ai fedeli cristiani della Siria di non abbandonare il nostro amato paese, nonostante la violenza, le sofferenze, lo sfollamento”: è quanto chiedono i Patriarchi delle Chiese cristiane in Siria, da questa mattina in Libano per “stringersi attorno a Benedetto XVI, pellegrino di pace in Medio Oriente”. In un messaggio reso noto tramite l’Agenzia Fides, i leader cristiani, dando il benvenuto a Benedetto XVI, rimarcano il tema più caro alle Chiese locali: la presenza delle comunità cristiane in Medio Oriente. A condividere il messaggio sono quattro leader con sede a Damasco: il Patriarca greco-cattolico Gregorio III Laham; il Patriarca greco-ortodosso Ignatius IV Hazim; il Patriarca siro-cattolico Ignatius III Younan; il Patriarca siro-ortodosso Zakka I Iwas.
In particolare oggi in Siria c’è il pericolo di un esodo dei fedeli, molti dei quali sono già fortemente colpiti dalla povertà, sono stati costretti a lasciare le loro case per gli scontri armati, e vivono da sfollati interni o nei paesi limitrofi. In queste tragiche ore, i Patriarchi chiedono ai fedeli: “Abbiate pazienza, non fuggite”, invitando a “sopportare il dolore”, per amore di Cristo.
I leader cristiani in Siria deplorano l’atteggiamento di alcune Cancellerie occidentali che, esplicitamente o in modo implicito, stanno offrendo ai fedeli siriani l’opportunità di emigrare, notando che questo “costituisce una tentazione”, ma che non è la soluzione per i cristiani in Siria. Il rischio, notano, è una “libanizzazione del conflitto siriano” (oltre il 50% dei cristiani fuggì dal Libano, al tempo della guerra) o lo scenario iracheno (negli ultimi anni le comunità cristiane locali, sotto la pressione del terrorismo, sono notevolmente diminuite).
I Patriarchi sostengono con forza il recente appello del Santo Padre al dialogo e alla riconciliazione in Siria, definite dal Papa “prioritarie per tutte le parti implicate” e auspicano che il viaggio di Benedetto XVI possa lasciare “una profonda traccia di pace”.
Come riferito a Fides, simbolo potente della solidarietà e dell’amore verso il Papa è, in particolare, la presenza del Patriarca siro-ortodosso Zakka I Iwas che, nonostante la malattia e le cure di dialisi di cui necessita, ha voluto comunque essere presente accanto a Benedetto XVI.
 
Nunzio a Damasco: Benedetto XVI°
sia un faro per tutto il Medio Oriente
 
Damasco (AsiaNews) - "Il viaggio del Papa in Libano sarà un faro per tutto il Medio oriente, soprattutto per i cristiani della Siria. Mi auguro che la presenza del Pontefice incoraggi la comunità internazionale ad aiutare le parti in conflitto ad abbandonare le armi e sedersi sul tavolo dei negoziati per porre fine a questa carneficina". È la speranza di mons. Mario Zenari, Nunzio apostolico a Damasco, a poche ore dalla visita di Benedetto XVI che nel Libano, che inizia oggi e termina il 16 settembre. 
"Il Papa - sottolinea Zenari - segue da mesi la situazione siriana e non ha mai smesso di far sentire la sua voce negli incontri pubblici. Egli conosce quali sono i desideri dei cristiani siriani e dei loro vescovi, che da oltre un anno tentano di testimoniare la pace nel Paese piegato dagli odi confessionali ed etnici".
Il Nunzio spiega che per le condizioni critiche vissute dal Paese la visita non ha avuto molta risonanza fra la popolazione, che in molte zone non ha accesso a giornali e televisioni. Tuttavia, parrocchie e diocesi stanno facendo di tutto per richiamare i fedeli a questo importante appuntamento. "La situazione ad Aleppo e in alcune zone di Damasco è drammatica - afferma il prelato - combattimenti fra ribelli ed esercito avvengono in ogni angolo del Paese". L'insicurezza delle strade e degli aeroporti civili, utilizzati da Assad come piste per i suoi aerei da guerra e tenuti sotto tiro dall'artiglieria del Free Syrian Army, non permetterà ai vescovi siriani di salutare di persona il pontefice. "I vescovi di Aleppo - racconta Zenari - hanno inviato una lettera di benvenuto, dove spiegano la loro situazione. Ma saranno presenti con la preghiera".

Fonte: http://www.asianews.it/notizie-it/Nunzio-a-Damasco:-Benedetto-XVI-un-faro-per-tutto-il-Medio-Oriente


 da TV7 del 14/09/12
Reportage di Gian Micalessin dalla Siria
"Voi Occidentali vi siete dimenticati di noi,
fratelli Cristiani d'Oriente!"
dal minuto 00.21.03 al minuto 00.27
 
Fonte: http://www.rai.tv/dl/replaytv/replaytv.html#ch=1&day=2012-09-14&v=146500&vd=2012-09-14&vc=1 
 

Intervista esclusiva a Jocelyne Khoueiry

sulla grave situazione Siriana


 Intervista esclusiva per “Ora pro Siria” a cura di Mario Villani, redattore di APPUNTI Attualità Politica Cultura.

Jocelyne Khoueiry è nata a Beirut il 15 agosto 1955. Maronita, è laureata in Teologia e giornalismo. Nel 1975, allo scoppio della guerra in Libano ha preso le armi per difendere i quartieri cristiani di Beirut mettendosi al comando di un gruppo di ragazze che si sono battute con coraggio non inferiore a quello degli uomini. A partire dagli anni '80, seguendo un suo processo di maturazione interiore e di approfondimento della Fede, ha lasciato le armi ed ha fondato un'associazione mariana chiamata “La Libanaise: Femme du 31 mai” con il compito principale di promuovere la formazione cristiana della donna. L'associazione ha avuto l'appoggio delle Suore Carmelitane del convento di Harissa (tra le quali vi era allora Suor Agnes Marie de la Croix).
Da allora ha agito su tre piani:1) ha tenuto migliaia di conferenze in tutto il mondo (di cui molte in Italia) per far conoscere e comprendere la situazione del Libano e, in generale, della regione; 2) ha svolto un'incessante opera di formazione cristiana delle donne e delle ragazze che aderiscono al movimento; 3) ha avviato un'opera di assistenza morale materiale a famiglie in difficoltà, con particolare riguardo per i bambini. A tal fine ha costituito un centro, dedicato a Giovanni Paolo II°, dove operano anche psicologi infantili e operatori sociali. Attualmente sta anche curando la ristrutturazione di un antico convento  a Jouniè che dovrebbe diventare un centro di spiritualità e ospitare pellegrini da tutto il paese. Conosce molto bene la situazione siriana, anche perchè è amica di suor Agnese ed ha con lei frequenti contatti.
Le ho rivolto alcune domande
1) Da quello che trasmettono in media libanesi che idea Ti sei fatta sulle cause della guerra in Siria ?
I media libanesi trasmettono quotidianamente i dettagli della guerra in Siria. Da quanto ci viene mostrato possiamo constatare che vi è in corso una crisi complessa che si sviluppa a diversi livelli. Il primo è quello delle rivendicazioni di riforme concernenti la costituzione del paese, in particolare in materia di libertà e pluralità politica. Il secondo è quello degli islamisti sunniti, o almeno delle sue fazioni più estremiste, che stanno cercando di prendere il potere. Questo livello non è più allo stadio di una richiesta di riforme, ma piuttosto ha l'aspetto di un colpo di stato armato e molto violento che non fa differenza tra civili e militari e che non esita a terrorizzare la popolazione per raggiungere i suoi scopi. D'altra parte abbiamo avuto un esempio di queste agitazioni anche in Libano, nelle regioni del nord, tra l'anno 2000 e il 2008, quando le operazioni terroriste di questi gruppi, legati a quelli siriani, si sono rivolte contro reparti dell'esercito libanese.
Il terzo livello della crisi è di ordine regionale e internazionale ed è allo stesso tempo politico e confessionale. Politico perchè strettamente legato al conflitto israelo-palestinese che ha diviso la regione in due fronti: il fronte israelo americano ed i suoi alleati sunniti (paesi dei petrodollari e Giordania) che vogliono un nuovo Medio Oriente segnato dalla supremazia di Israele, una predominanza sunnita ed una pace imposta secondo le condizioni (e gli interessi) di Israele. Questo progetto prevede la neutralizzazione di tutte le potenze che possono costituire un ostacolo alla sua realizzazione e che costituiscono il secondo dei fronti di cui ho parlato.
Secondo diverse analisi della situazione siriana, ed in considerazione agli avvenimenti della cosiddetta « primavera araba », la Siria sta affrontando un'operazione multidimensionale manipolata da una volontà straniera, ormai scoperta, che ha fissato il « timing » dell'azione, finanziato la sua realizzazione, fornito le armi ed i gruppi armati che provengono dalla Libia, attraverso il territorio turco, e dal nord del Libano. D'altra parte questo spiega perchè figure pacifiche e stimate dell'opposizione ( che da tempo chiedono legittimamente una riforma ed un cambiamento del regime) hanno contestato la violenza armata e l'ingerenza straniera.
2) Quale è la posizione della Chiesa libanese (in particolare del Patriarca Maronita Bechara Rai) sulla situazione siriana?
La posizione della Chiesa libanese, ed in particolare il Patriarca Maronita Bechara Rai prende in considerazione la totalità degli elementi che presenta la situazione. Dopo aver osservato e sperimentato le conseguenze della politica occidentale ed americana e dei suoi alleati sulla presenza cristiana in Iraq, Terra Santa ed Egitto; e dopo aver ascoltato i diversi interventi dei Vescovi orientali al Sinodo nell'ottobre 2010, i responsabili della Chiesa in Libano e in tutta la regione sono obbligati a essere più vigili nei loro giudizi che non devono andare contro la ragione ed i fatti reali. La Chiesa afferma la necessità di un cambiamento, di riforme e di un rispetto delle libertà, ma quello che sta avvenendo in Siria rischia di mandare al potere un regime teocratico e salafita che sarà molto diverso dagli slogan dietro ai quali ha nascosto le sue azioni. Un regime ideologicamente contrario alla libertà ed alle diversità culturali. La Chiesa vuole attirare l'attenzione su questo pericolo e considera che l'attuale regime ha ancora la possibilità di realizzare i cambiamenti richiesti da una grande parte del popolo siriano. Per questo la Chiesa ritiene che sia imperativo fermare la violenza, avviare un dialogo ed arrivare ad un minimo di intesa perchè una guerra civile in Siria si trasformerà immediatamente in una guerra confessionale che potrà incendiare tutta la regione e non solo il Libano.
3) Quali possono essere le conseguenze per il Libano della crisi in Siria?
La situazione politica, economica, confessionale e della sicurezza in Libano è direttamente influenzata dalla situazione siriana. Questo spinge i responsabili libanesi a voler controllare i movimenti del traffico di armi e il passaggio di gruppi armati tra i due territori. Non mi riferisco a quella parte della classe politica libanese che attende una sconfitta del regime siriano e che è stata paradossalmente la sua alleata privilegiata, contro i libanesi liberi, quando l'esercito siriano occupava il Paese dei Cedri.
4) Come sono i rapporti tra le comunità cristiane libanesi e quelle siriane?
I rapporti sono ottimi. Sono vissuti in uno spirito di scambio e di comunione ecclesiale e pastorale. D'altra parte le strutture dell'APECL (Assemblea dei Patriarchi e dei Vescovi Cattolici) facilita questa comunione nel quadro delle differenti attività. Noi pensiamo che questi rapporti possono costituire una realtà positiva e pacificante all'interno del conflitto. Sarà un passaggio non facile da realizzare, soprattutto nelle condizioni attuali, ma che potrebbe non essere impossibile in un futuro non troppo lontano.
 
 Mario Villani
 
  Articoli ripresi dal blog: http://oraprosiria.blogspot.it  

 


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ITALIA-CINA

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