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sabato 24 aprile 2010

PDL-BERLUSCONI-FINI-LEGA NORD-BOSSI: QUALE SARA' IL LORO FUTURO POLITICO?

SILVIO BERLUSCONI

(Clicca sulla vignetta del Premier per visualizzare
le immagini dello scontro finale
tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini
al
Congresso della Direzione Nazionale del PDL
tenutosi a Roma il 22 Aprile 2010)

Nessuna conseguenza. È questo il leit motiv che i neo governatori di centrodestra vanno ripetendo a poche ore dalla rottura tra Fini e Berlusconi, mentre la Lega già preme per un redde rationem. Ma è davvero ipotizzabile che questo polverone politico non impatti sui governi regionali? Lo scenario appare diverso. Anzi, a livello regionale lo strappo consumatosi nel Pdl ha come conseguenza più evidente quella di riaprire un nuovo caso Lazio.
Qui le previsioni davano a 5 il numero degli ex An in predicato per un posto da assessore, due dei quali in quota Augello, finiano doc. Ed era stato lo stesso Fini a volere candidare Renata Polverini. Stamattina la presidente ha gettato acqua sul fuoco, assicurando che la nuova giunta si farà a breve e «non ci sarà nessuna ripercussione e cambiamento di equilibrio». Una linea confermata anche in serata. Prima, però, la presidente del Lazio è andata da Berlusconi a Palazzo Grazioli e lì dello scontro tra il premier e il presidente della Camera si è parlato «abbastanza», come lei stessa ha ammesso. Perchè «bisogna mantenere unita bla forza politica».
In agguato c'è anche l'Udc, che la Polverini l'ha sostenuta, scegliendo in Lazio di affiancarsi al Pdl, e che proprio ora chiede il conto. In termini di assessorati. «La Polverini rispetti gli impegni assunti prima, durante e subito dopo» il voto, ha detto il segretario nazionale, Cesa, al termine di una riunione del nuovo gruppo consiliare in Regione. Altrimenti l'Udc è pronta a passare all'appoggio esterno. «Leale e sereno», ma esterno.
Salendo al nord, in Lombardia nessun finiano entrerà in giunta. E neppure in Consiglio. Non è una novità, era già accaduto cinque anni fa. All'indomani dell'infuocata direzione nazionale del Pdl si replica. Formigoni ha presentato oggi la sua 'squadrà di 18 elementi: due sono ex An (erano 3 nel 2005) ora in forza al Pdl e vicini a La Russa (uno, Romano, è fratello del ministro). La Lega raddoppia con 5 assessori e un sottosegretario. Tutto il resto è del Pdl.
Zaia in Veneto e Cota in Piemonte hanno già fatto la giunta nei giorni scorsi. La compagine di Cota include 4 leghisti e 8 azzurri, tre dei quali hanno militato nelle file di An. Lo scontro Berlusconi-Fini, assicura il governatore, «non avrà alcun riflesso». Con un cambio in corsa, invece, ha già dovuto fare i conti Zaia: le deleghe sull'Agricoltura, ufficiosamente appaltate in un primo tempo a Massimo Giorgetti sono poi andate al leghista Franco Manzato. Giorgetti, oggi nel Pdl, proviene da Alleanza nazionale. Alberto Giorgetti, suo fratello, anche lui ex An, attuale coordinatore del Pdl veneto e da sempre vicino a Fini, chiede oggi di «ricucire lo strappo» in casa Pdl, rilancia l'idea di una «sincera alleanza con la Lega» condita però da una «competizione sulle proposte» per i cittadini e assicura che per la giunta veneta non c'è nulla da temere.
Al Sud, in Calabria, la giunta è operativa da una settimana: Scopelliti, in passato segretario del Fronte della gioventù, l'ha messa su in 48 ore. Nell' esecutivo sono entrati gli assessori del Pdl ampiamente annunciati alla vigilia, eccetto Franco Morelli, ex An, fedelissimo di Gianni Alemanno. In Campania, nella giunta a cui sta lavorando il neo governatore Stefano Caldoro, non sarebbe previsto nessun assessore riconducibile al presidente della Camera. Da approfondire, invece, le posizioni nel gruppo consiliare del Pdl, dove Fini dovrebbe contare su due-tre consiglieri.

Fonte: http://www.ilsole24ore.com
23 aprile 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA

FINI A BERLUSCONI: "SE NON MI DIMETTO COSA FAI? MI CACCI VIA?!?"

GIANFRANCO FINI

FINI A BERLUSCONI:
"SE NON MI DIMETTO COSA FAI? MI CACCI?!?"


(Clicca sulla fotografia del Presidente
della Camera dei Deputati
per visualizzare
le immagini
dell'intero discorso di Gianfranco Fini al

Congresso della Direzione Nazionale del PDL
tenutosi a Roma il 22 Aprile 2010)

Chi dice che ieri Gianfranco Fini ha subito una sconfitta decisiva si sbaglia di grosso. Si sbaglia ad esempio Paolo Guzzanti quando afferma che a prendere calci sui denti è stato Fini, ovviamente da Berlusconi, quando invece avrebbe dovuto essere Fini a farlo. Intanto c'è da dire che è anche una questione di carattere, ma soprattutto di stile e di sostanza. Berlusconi non ha fondato un partito tradizionale; non so se sia giusto definirlo un partito-azienda, tuttavia il Pdl ha poco a che fare con la forma-partito cui si era abituati in Italia (certamente non uno degli esempi migliori) ma anche del tipo che si può trovare all'estero nelle migliori democrazie. Subito dopo il discorso di Fini la replica berlusconiana di ieri, da questo punto di vista è indicativa: toni concitati, accenti da comizio, slogan e, ovviamente, applausi frenetici da parte di una platea che non era fatta di sottoproletari, ingaggiati per l'occasione, o di militanti di base alla 'prima', ma di politici di lungo corso. Fini lo aveva già detto, c'è qualcosa che non funziona "io a tu per tu con Berlusconi cercavo di parlare di questioni importanti, di ragionare, lui mi rispondeva per slogan come se stesse in piazza su un palco". Non è solo insomma una questione di differenze personali, o anche solo di stile, è proprio una diversa concezione della politica.Fini ha fatto un intervento in fondo pacato, ma ha detto delle cose di rilievo, soprattutto su alcuni aspetti decisivi: la conduzione del partito e il rispetto di uno Stato di diritto in cui permangano intatti i dettati costituzionali e la divisione dei poteri. Non a caso cio' che in particolare ha fatto allargare le braccia a un Berlusconi sgomento è stato l'accenno agli effetti devastanti sulla certezza del diritto dei provvedimenti sulla giustizia da parte dell'attuale governo. Dal momento che questo è uno dei punti cardine su cui si basa l'attività del ministero Berlusconi, l'aver fatto una simile critica significa non tanto porsi sulla linea degli avversari politici - che a parte alcune sparate, spesso a salve, dell'Italia dei valori non si sa dove e chi siano - quanto uno smarcamento rispetto alla gran parte del panorama politico italiano odierno. Affermare la necessita' di uno stato di diritto pieno, se questa è davvero la strada che Fini intende imboccare, sarebbe in effetti una novità per l'Italia, perché, a parte le anomalie della situazione attuale (anomalie non solo dovute al berlusconismo, sia chiaro), e' questo un passaggio (obbligato verso la realizzazione di una democrazia matura) che in Italia e' stato attuato in forma monca. E non mi riferisco ovviamente tanto o solo solo all'oggi, ma a tutto il secondo dopoguerra: in Italia semplicemente non si sa come funziona uno Stato di diritto pieno (lo ha sottolineato piu' volte ad es. l'ex-Pm Davigo, facendo raffronti precisi con la situazione americana dove - per limitarci solo a qualche esempio eclatante - indulti, amnistie, ecc., sono termini, o meglio pratiche semplicemente sconosciute). Fini non è uscito dalla Direzione del Pdl di ieri, sulla base delle votazioni del documento finale, così debole come si tende a dire da più parti. Dall'esito del voto risulterebbe un 6% di dissidenza, in realtà come ha sottolineato il liberale Benedetto Della Vedova, eletto nelle file del Pdl e ora 'finiano', "Siamo 15 su 60. Quindi quel 6% rischia di diventare un 25%. Poi nei mezzi di comunicazione diventa che questi sono i finiani. Se fossero 11 parlamentari tra Camera e Senato non si sarebbe posto il problema. Ovviamente sono di più". Un 25% è una cifra sufficiente a mettere in crisi, a volerla usare come si deve, anche una maggioranza solida, come sembra essere quella che attualmente governa. Fini ha tuttavia - e questo è un punto debole - obiettivi contraddittori: da una parte pensa all'abolizione di tutte le province, dall'altra mostra una certa indulgenza verso gli eccessi di spesa del Sud. Se non sono solo discorsi messi in piedi per smarcarsi dalla Lega, rappresentano un'indubbia debolezza nell'impianto complessivo di una proposta di alternativa. Il vice-Fini (o solo portavoce, non saprei dire con sicurezza) Italo Bocchino da parte sua ha affermato: "ieri il Pdl è divenuto finalmente un partito in carne ed ossa. Serviva uno scossone, per far nascere veramente il Partito del popolo della libertà. E ieri Fini ha dato quello scossone. Tutto qui. Una novità per alcuni. La normalità per tutti i grandi partiti politici europei". Non so se Bocchino se ne renda conto, con la sua esperienza non ho dubbi al riguardo, ma il Pdl non può essere un partito in carne ed ossa, cioè di tipo più o meno tradizionale. Questo è il punto. Quindi se è vero che ieri c'è stata la rottura con la storia del Pdl, gli effetti sono ancora tutti da vedere. La mia opinione è che Fini ha tentato un'operazione di salvataggio in extremis del Pdl. Forse ai più, a giudicare da ciò che si legge, non è chiaro, ma il Pdl è un partito in disfacimento (al Nord a favore della Lega, al sud semplicemente sulla strada della frammentazione pura). Quello che resta da verificare e' se Fini riuscirà a salvare il Pdl, dandogli finalmente una connotazione precisa e competitiva anche all'interno della sua area politica (il riferimento è alla Lega), oppure se erediterà un pezzo del Pdl, ben superiore tuttavia al 25% di cui parla Della Vedova, con riferimento al peso attuale dei 'finiani'. Bossi ha capito perfettamente quel che è successo, tanto che parla di fine prossima del rapporto Pdl-Lega. I suoli obiettivi sono chiari, un po' di meno le possibili alleanze future. Comunque, questo è certo, tutto si è rimesso in movimento. Verso cosa e' difficile dirlo, ma non c'e' da meravigliarsi, altrimenti non saremmo in Italia.

l_pf@yahoo.it

[Il presente articolo puo' essere pubblicato da terzi solo a condizione di citare l'autore e il link della pagina]

Fonte: http://www.borsaplus.com/article.php?id=1456
di Luciano Priori Friggi



BERLUSCONI A FINI: "COLPITO E AFFONDATO!" SOLO 12 DEPUTATI DEL PDL STANNO CON IL PRESIDENTE DELLA CAMERA GIANFRANCO FINI!

SILVIO BERLUSCONI

BERLUSCONI A FINI:
"SE NON SI ALLINEA LO FACCIO FUORI!"

(Clicca sulla fotografia del Premier per visualizzare
le immagini dell'intero discorso di Silvio Berlusconi al
Congresso della Direzione Nazionale del PDL
tenutosi a Roma il 22 Aprile 2010)

Il giorno dopo lo "strappo", la rabbia di Berlusconi contro Fini esplode persino in Consiglio dei Ministri. "Si deve dimettere da presidente della Camera - insiste il premier davanti a tutti - e, insieme a lui, ora mi aspetto che anche i suoi sottosegretari rimettano le deleghe". E tuttavia, per la prima volta da quel burrascoso pranzo di martedì scorso a Montecitorio, quando Fini e il Cavaliere litigarono di brutto, Gianni Letta comprende che è giunto il momento di intervenire personalmente.
"Scusa presidente - lo interrompe quindi il sottosegretario - ma forse questa non è la sede più opportuna per trattare questi argomenti di partito. Sarebbe meglio soprassedere e proseguire con quanto previsto dall'ordine del giorno". Non una sconfessione del premier, piuttosto un estremo tentativo di evitare che altra benzina venga buttata sul fuoco, considerando oltretutto la "permeabilità" ai giornalisti del Consiglio dei ministri.
A stento l'intervento di Letta riesce a riportare la discussione sui binari normali. "Gianni mi dispiace ma non sono d'accordo -replica infatti il Cavaliere - anzi, mi sembra questa la sede naturale per fare una riflessione su quanto è accaduto ieri. Comunque, se ritieni, ne parliamo dopo". Così è finita la parte "in pubblico" della discussione, proseguita poi in vari incontri, con un andirivieni incessante davanti alla porta del presidente del Consiglio al primo piano di palazzo Chigi: gli ex-An Ignazio La Russa, Maurizio Gasparri e Andrea Ronchi, quindi Umberto Bossi con Maroni e Calderoli, poi Angelino Alfano e Paolo Bonaiuti, il sindaco Gianni Alemanno e Fabrizio Cicchitto. Ma soprattutto, ancora una volta, Gianni Letta. Tutti a cercare di placarne l'irritazione per lo show down del giorno prima, provando a circoscrivere i singoli problemi. "La situazione resta difficile - conferma Bonaiuti -, non ci sono novità. Meglio aspettare". Il Cavaliere infatti è deciso a non fare sconti, tanto che ha persino bloccato le trattative sulla giunta Polverini nel Lazio pur di non far entrare assessori (come Luca Malcotti) di area Fini.
Nel breve faccia a faccia con Bossi il premier rinsalda invece un patto di ferro che prevede, se la situazione diventasse ingovernabile, l'approvazione dei decreti attuativi del federalismo, la riforma della par condicio e il ritorno alle urne in ottobre. Sono ipotesi estreme, a cui Berlusconi si lascia andare consapevole che un voto anticipato, in piena crisi e con lo spettro della Grecia di fronte, sarebbe più che un azzardo. Volano quindi le colombe. Ignazio La Russa, in particolare, si sarebbe impegnato con Berlusconi a cercare di "far ragionare" i finiani più tiepidi, sconsigliando nel frattempo il Cavaliere di dar corso alle "epurazioni" dei vari colonnelli finiani: "Li conosco da anni, fammici parlare".
"I retroscena dei giornali - si sfoga La Russa dopo una giornata passare a ricucire la tela - e le fondazioni come Farefuturo fanno male, creano un clima pesante. E poi succede l'incidente. Invece, sulle singole questioni sollevate da Fini si può discutere: io ho già preso contatto con Bondi per il 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia, mentre Tremonti si è messo al lavoro sul fisco". Al ministro non è sembrato tuttavia opportuno accettare il dono del premier, un Suv "Uaz" comprato dai russi, senza dare nulla in cambio: "Dopo la Direzione di ieri forse non era il caso, anche se costa quanto una Fiat Panda. Ho ringraziato Berlusconi ma ho deciso di devolvere l'importo a un ente di assistenza". Visto il clima, meglio evitare fraintendimenti. Che il momento sia "critico" lo riconoscono anche i finiani più diplomatici. Il ministro Andrea Ronchi ieri ha fatto la spola con Berlusconi e Fini e, anche se non intravede soluzioni a portata di mano, non vuole nemmeno sentir parlare di una crisi di governo: "Ora bisogna raffreddare la situazione. È il momento della riflessione e del silenzio. Ma abbiamo un mandato degli elettori da rispettare".
A chi lo è andato a trovare, Berlusconi è apparso esasperato. L'unica cosa che non gli è dispiaciuta è stata la dialettica "civile" ad Annozero tra la "sua" Mara Carfagna e Benedetto Della Vedova. "Questa uscita di Fini - si sfoga con gli uomini di An - è davvero pretestuosa: a parole, vorrebbe contenere Bossi. In realtà, con la nostra divisione, è proprio alla Lega che facciamo il regalo più grande. Bel risultato!". Al termine di un paziente lavoro dei mediatori, il Cavaliere accetta per il momento di restare a guardare quali saranno le prossime mosse del presidente della Camera: domenica Fini sarà ospite dall'Annunziata, lunedì vedrà i suoi alla sala Tatarella, e martedì in tv a Ballarò. A un vecchio ex camerata missino Fini ha confidato: "Ti ricordi il '76? Ecco, farò come Almirante". Un riferimento al momento più difficile del segretario del Msi, quando venne contestato duramente dagli scissionisti di "Democrazia nazionale" e rischiò di perdere tutto. Poi, l'anno dopo, Almirante schiacciò i suoi oppositori interni e venne plebiscitato segretario. Altri tempi.

(24 aprile 2010) © Riproduzione riservata

Fonte: http://www.larepubblica.it

venerdì 23 aprile 2010

Scontro Berlusconi-Fini in Direzione Nazionale a Roma del Pdl...

Direzione Pdl a Roma: E' scontro Berlusconi-Fini - Tg24 - Sky

Lo scontro tra Berlusconi e Fini alla Direzione Nazionale del PDL a Roma!

Scontro Berlusconi - Fini (Direzione Nazionale PdL)

Pdl, è rottura tra Fini e Berlusconi: "Se Fini non si allinea è fuori dal Partito!"

ROMA - Contano i gesti più delle parole. Contano quei volti contratti, quel gesticolare, quell'ira trattenuta a stento che poi esplode. E che arriva a concretizzarsi in una sorta di "licenziamento" in diretta. Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, davanti alla platea della direzione del Pdl, rendono palese un contrasto che li divide da tempo. Fino ad oggi celato, raccontato nei retroscena, affidato, per via indiretta, ai rispettivi fedelissimi. Ed oggi esploso pubblicamente in tutta la sua drammaticità. I due se le sono dette "in faccia", dando evidenza a quell'antipatia politica ma anche umana che li divide da tempo. Poi nel tardo pomeriggio arriva la votazione sul documento finale, e in serata l'ultimatum dettato ai suoi fedelissimi dal Cavaliere: "Se lui non si allinea è fuori".Si sapeva che la direzione di oggi sarebbe stato un appuntamento ad alta tensione. Si sapeva, ma nessuno immaginava che lo scontro sarebbe stato così violento. Si sapeva che Fini, pur consapevole di parlare ad una platea tutt'altro che favorevole, non avrebbe fatto un passo indietro. "Basta mettere la polvere sotto il tappeto". E così è stato. Il presidente della Camera ha visto la sfilata dei ministri che rivendicavano, puntigliosamente (e "puerilmente" chiosa Fini), l'operato del governo, ha sentito Berlusconi annunciare il congresso del Pdl entro l'anno e poi è salito sul palco. Un'ora di discorso in cui il presidente della Camera non è arretrato di un passo. Davanti ad un Berlusconi sempre più infastidito dalle sue parole, Fini, ha esordito così: "Non credo che la libertà di opinione possa rappresentare il venir meno alla lealtà all'interno del Pdl solo perché si danno indicazioni diverse da quelle che vanno per la maggiore". E su questo tasto Fini punta molto. Rimanda al mittente le accuse di "tradimento", di "eresia", di muoversi per "interessi personali". Ricorda le "bastonature mediatiche ad opera di giornali proprietà di familiari del premier". Tutte accuse che, da tempo, si sente rovesciare addosso dai media vicini al Cavaliere e dai molti fedelissimi del premier. Lui, e lo si capisce mentre parla, ha in mente un partito diverso dal Pdl di oggi. Che, dice chiaro, partito non è. Semmai è un'aggregazione dove vige il "centralismo carismatico", dove non si discute, dove si creano situazione come la spaccatura in Sicilia. Una formazione che sembra inerte davanti alle pressioni della Lega. "Al nord siamo diventati la fotocopia della Lega, l'identità del Carroccio è chiara, la nostra al nord non lo è. Appiattirsi sulle posizioni di Bossi è pericoloso, nel centrosud sono preoccupati per l'influenza della Carroccio". A pochi metri Ignazio La Russa, plenipotenziario del Pdl lombardo e ex fedelissimo di Fini, guarda fisso gli appunti. Il volto di Berlusconi è terreo. Fini va avanti. E si rivolge direttamente al premier, dando inizio al botta e risposta che sfocerà nel durissimo scontro finale. Sono tanti i temi che il presidente della Camera pone. Ma, al di là, delle varie critiche, è proprio l'idea di quello che è il Pdl oggi che a Fini non piace. Per questo definisce quella di oggi "una giornata di svolta". Il giorno in cui non si potrà fingere che non esista una componente, minoritaria, all'interno del partito portatrice di idee diverse da quelle dominanti. Fini, questo lo rivedica, e non vuole sentirsi dare dell'eretico. Il partito che Fini ha in mente è quello che sui temi dell'immigrazione si schiera con le tesi dei partito popolare europeo improntate al rispetto della "dignità umana" e non su quelle della Lega ("ma le posizioni del Carroccio sono le stesse che aveva An" gli sbatte in faccia il premier), un partito che assume la legalità come valore, che celebra, senza reticenze, l'unità d'Italia che non delega tutte le scelte al governo. Berlusconi è sempre più insofferente. Si sfrega i polpastrelli a significare un apprezzamento negativo sulla sostanza. Verdini, al suo fianco, cerca di rabbonirlo. Ma Fini non si fa intimidire, ricorda i tanti che nel Pdl "pubblicamente" si sperticano in elogi e poi "vengono da me a lamentarsi di come vanno le cose". E porta sul palco anche un tema incandescente come quello della giustizia. "Ricordi il processo breve? Quella era un amnistia mascherata" incalza Fini ricordando "un litigio forte" col premier. "Mi devi dire - si chiede Fini - che cosa c'entra la riforma della Giustizia se poi passano questo tipo di messaggi". Si va avanti così. Con il presidente della Camera che chiede di "rivedere" il programma economico del Pdl", che mette in guardia dall'attuazione del federalismo che il Carroccio vuole a tutti i costi. "Ma avete parlato con i nostri governatori del centrosud che sono preoccupati per come finirà?" continua Fini chiedendo la creazione di una commissione del partito sui decreti attuativi (l'unica cosa che Berlusconi accetterà). Dopo un'ora Fini conclude. Pochi gli applausi e frettolosa le stretta di mano con Berlusconi. Il premier scatta verso il microfono. Doveva parlare stasera ma la rabbia è troppa. E quello che dice dal palco ne è la chiara espressione: "Dici cose senza grande rilevanza politica e oggi hai cambiato totalmente posizione. Martedì mi hai detto di essere pentito di aver collaborato a fondare il Pdl e che volevi fare un gruppo parlamentare diverso". Boato della platea. Fini è rosso in volto. Berlusconi è senza freni: "Delle cose che hai chiesto non avevo notizia, comunque ne discuteremo. Lascia stare la Sicilia che ci sono dentro i tuoi uomini e ti ho già detto che voglio vendere il Giornale". Si arriva così al rush finale gettato in faccia a Fini tra gli applausi della sala: "Dici che sei supert partes? Per queso non sei venuto a piazza San Giovanni? Allora se vuoi fare politica lascia la presidenza della Camera". Il presidente della Camera agita il dito e urla: "Che fai mi cacci?". Poi si riunisce con i suoi sostenitori e decide che nessun finiano interverrà in direzione. Poi annuncia: "Non ho nessuna intenzione di dimettermi dalla presidenza della Camera. Nè tantomeno di lasciare il partito. Oggi è un giorno importante per il Pdl: viene meno la fase dell'unanimismo o della totale convergenza e si apre una positiva e democratica fase di discussione".Il documento finale della direzione definisce "poco comprensibili e pretestuose" le polemiche, punta il dito contro "le ambizioni personali e le correnti" e riafferma fedeltà e "gratitudine" al Cavaliere. I voti contrari sono 12 (tra cui quello del ministro Ronchi), contro i 20 inizialmente previsti, ma Bocchino spiega: "C'erano molti assenti, non abbiamo perso nessuno, anzi abbiamo guadagnato due ex di Forza Italia". Ma è forse nell'epilogo il senso vero di questa giornata. "Avrei preferito che dicesse 'me ne vado' - dice in serata il Cavaliere ai suoi - invece non ci pensa proprio: vuole restare e logorarmi. Ma non ho nessuna intenzione di lasciarglielo fare e ora, con il documento approvato dalla Direzione Nazionale, abbiamo lo strumento per sbattere fuori dal partito chi non si allinea alle decisioni". Ma non basta: secondo il premier il voto al documento finale ha dimostrato che Fini ha il 6% dei consensi nel partito, quindi presto bisognerà porsi il problema di come con questi numeri possa ancora ricoprire un ruolo così importante come quello di presidente della Camera. In altre parole, Berlusconi sta studiando se e come poter davvero allontanare l'attuale presidente dallo scranno più alto di Montecitorio. Ultimo passaggio del suo ragionamento esposto ai fedelissimi: "I numeri ci sono, noi andiamo avanti a governare. E' chiaro che se non c'è la possibilità di governare si va a votare".Viene da chiedersi che accadrà adesso. Che fine avrà questa storia. Ammesso e non concesso che lo scontro di oggi non l'abbia già scritta.

(22 aprile 2010)

La nascita del PDL e la morte di Alleanza Nazionale...

Berlusconi-Fini, è rottura totale? Il Premier: "Vuoi fare Politica? Lascia la Presidenza della Camera dei Deputati!"

ROMA - In quello che era stato presentato come il «giorno della verità» all'interno del Pdl, va in scena il durissimo scontro tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Tra i due è rottura totale. Il premier ha praticamente dato lo «sfratto» all'ex leader di An dallo scranno di presidente della Camera: «Se vuoi fare politica lascia quel ruolo super partes» gli ha detto dal palco. «Sennò mi cacci?» è stata la replica di Fini, che a un certo punto si è addirittura alzato dalla prima fila per replicare al presidente del Consiglio. È stato questo il momento di massima tensione alla direzione nazionale del partito, scoppiato dopo che il Cavaliere aveva deciso di replicare alle parole pronunciate dal numero uno di Montecitorio. Un intervento, quello dell'ex leader di An, tutto incentrato sulla richiesta di un maggiore dibattito interno e nel corso del quale il presidente della Camera ha puntato il dito contro «l'appiattimento del Pdl sulle posizioni della Lega al Nord». Dopo le schermaglie a mezzo stampa degli ultimi giorni, le parole grosse tra i due sono dunque volate in versione «live» e davanti agli occhi dell'intero stato maggiore pidiellino e delle telecamere.
IL DOCUMENTO FINALE - Dopo la pausa e una serie di nuovi interventi (Letizia Moratti, Roberto Formigoni, Gianni Alemanno tra gli altri) c'è stato il voto sul documento conclusivo: via libera a grande maggioranza, con 13 voti contrari e un astenuto (Pisanu) su 172 aventi diritto. Un testo che «approva le conclusioni politiche del presidente Berlusconi e gli conferma il proprio pieno sostegno e la propria profonda gratitudine». Una presa di posizione netta a favore del premier, dunque: «Le correnti negano la natura stessa del Pdl - si legge ancora - ponendosi in contraddizione con la volontà degli elettori. Una leadership forte non significa rinunciare a un dibattito libero e democratico, previsto dallo Statuto», ma a due condizioni: «Che non si contraddica il programma elettorale e che una volta assunte le decisioni tutti si adeguino al risultato del voto». Il giudizio nei confronti del presidente della Camera è duro: le polemiche di questi giorni, sostiene il documento, sono «paradossali» e «incomprensibili», soprattutto «dopo due anni di vittorie e di grandi risultati del governo». E Fini? «Si apre una fase positiva e democratica per il partito» commenta. « Viene meno la fase dell'unanimismo. La presidenza della Camera? Non ho intenzione di lasciare». Berlusconi la vede diversamente: «Avrei preferito che dicesse 'me ne vado' - commenta con i suoi. - Invece non ci pensa proprio: vuole restare e logorarmi. Ma non ho nessuna intenzione di lasciarglielo fare e ora, con il documento approvato dalla Direzione Nazionale, abbiamo lo strumento per sbattere fuori dal partito chi non si allinea alle decisioni».
IL GOVERNO E LE RIFORME - Una giornata in un certo senso storica, per il Pdl e la politica italiana. Il Cavaliere aveva aperto i lavori attorno alle 10,30 esortando la platea a sedersi («adesso mi metto a fare il buttadentro», ha scherzato) e a riempire tutti i posti liberi nelle prime file («conosciamo i mezzi di informazione, sono pronti a inquadrare solo quelle sedie vuote»), congratulandosi per il risultato elettorale («nonostante la campagna d'odio nei nostri confronti e nonostante gli attacchi delle magistrature politicizzate») e rivendicando i successi del governo tornando sui temi dell'emergenza rifiuti in Campania, degli interventi post terremoto in Abruzzo, della tenuta sul fronte economico nonostante la crisi. Aveva poi esortato ad utilizzare i tre anni senza elezioni che ancora mancano alla fine della legislatura per il completamento del programma di governo. «Il Pdl è nato dalla gente e ha l'aspirazione a diventare maggioranza assoluta nel Paese - ha detto ancora Berlusconi -. E' possibile perché raccoglieremo tutti coloro che non si riconoscono nella sinistra». Poi ha spiegato che il Pdl è un partito «democratico» e si è impegnato a convocare entro l'anno il primo congresso del partito». Di più: «Credo che ogni anno ci possa essere un congresso» ha rilanciato il Cavaliere, ipotizzando anche una più frequente convocazione di tutti gli organi direttivi del partito e spiegando di non essere mai intervenuto in prima persona per imporre la sua linea.
SERVI E UOMINI LIBERI - La parola è poi passata ai coordinatori del partito. Sandro Bondi, in particolare, ha scaldato la platea urlando a gran voce che nel Pdl «non ci sono uomini liberi e servi» e ha attaccato alcuni intellettuali di centrodestra, in particolare «il professor Campi» e «il dottor Rossi» di Fare futuro, a suo parere troppo critici con il partito e con il suo leader, «una personalità che come riconoscono tutti giganteggia sugli altri», e ha chiesto di prendere le distanze da chi «vuole denigrare un uomo e un leader al quale ciascuno di noi deve molto». Ignazio La Russa ha invece spiegato che le storie di An e Forza Italia sono compatibili all'interno del Pdl e che non devono essere divise. E ha evidenziato come la Lega non abbia battuto il Pdl, nonostante certe letture del voto di fine marzo. Anche Berlusconi ha evidenziato questo aspetto, ribadendo che «il Pdl non è al traino della Lega»: «I nostri elettori sono tre volte quelli della Lega, noi abbiamo 20 ministeri e loro 3 ministri ma in realtà 2 ministeri: un decimo rispetto a quelli del Pdl. E in 89 consigli dei ministri i verbali non hanno mai registrato una occasione in cui il Pdl si sia dovuto fare indietro rispetto ad una proposta della Lega o avesse dovuto dire sì a qualcosa di non condiviso».
«SERVE CHIAREZZA» - Poi è stata la volta di Gianfranco Fini che ha esordito parlando di una «riunione necessaria per fare chiarezza». E a scanso di equivoci ha detto subito di vedere attorno a sé «l'atteggiamento puerile di chi vuole nascondere la polvere sotto il tappeto». «Avere delle opinioni diverse rispetto al presidente del partito la cui leadership non è messa in discussione - ha poi detto Fini - significa esercitare un diritto-dovere. È possibile derubricare delle valutazioni diverse come se si trattasse di mere questioni di carattere personale? O di tradimento?». «E' stata una caduta di stile - ha poi aggiunto rivolto a Bondi - citare questioni polemiche nel confronto del presidente del Consiglio quando sono stato io oggetto di forti polemiche e attacchi mediatici da giornalisti lautamente pagati da stretti famigliari del presidente del Consiglio» (GUARDA IL VIDEO). Su questo il premier gli risponderà più tardi spiegando di non interferire mai con le scelte della direzione del Giornale e di avere comunque sollecitato la vendita del quotidiano ad una cordata di imprenditori che possano sgravare la famiglia Berlusconi. Dopodiché Fini è passato a rivendicare l'esigenza di un Pdl «davvero democratico». «Siamo in una giornata che cambia le dinamiche del Pdl - ha detto -. E non ci può essere chi viene messo al rogo. In tutte le famiglie politiche europee la leadership forte è frutto di una sintesi tra posizioni anche diverse». Poi il capitolo più spinoso, quello del rapporto con la Lega: «Al Nord stiamo diventando la loro fotocopia, siamo appiattiti sulle loro posizioni». Fini ha citato le politiche contro l'immigrazione, la mancata abolizione delle province, la mancata privatizzazione delle municipalizzate, tutti temi cari ai Lumbard. La sudditanza nei confronti della Lega, ha sottolineato, la si vede anche nella mancanza di una posizione del Pdl sulle celebrazioni per il 150esimo dell'Unità d'Italia, «che alla Lega non interessa». Fini ha poi parlato di difesa della legalità, sollevando una reazione nervosa del premier, «che vuol dire più dell'elenco puntiglioso di operazioni delle forze dell’ordine: serve riforma della giustizia ma non bisogna dare l’impressione che serva a garantire sacche maggiori di impunità. E qualche volta l’impressione c’è, quando si ipotizzava la prescrizione breve era questo il messaggio che si dava».
LO SCONTRO IN PUBBLICO - Poi ha ripreso la parola Berlusconi e subito sono state scintille: «È la prima volta che sento queste cose, non mi sono mai arrivate proposte in tal senso». Fini ha cercato di replicare dal pubblico e sono volate parole forti e dita puntate. Poi Berlusconi al microfono lo ha attaccato: «Tu nei giorni scorsi hai detto di esserti pentito di aver fondato il Pdl», tra le proteste fuori microfono dello stesso Fini. Berlusconi ha però poi cercato di attenuare i toni, dicendo di accogliere con favore la proposta di Fini di un coordinamento dei governatori del Pdl per analizzare le modalità con cui attuare il federalismo fiscale. Quanto alla Lega, il Cavaliere ha ricordato che il partito di Bossi «ha fatto proprie le posizioni che erano di An sull'immigrazione e che poi sono state abbandonate». Una sottolineatura che è suonata come una frecciata diretta all'ex leader di An, che parlando di immigrazione aveva ricordato i valori ispiratori del Partito popolare europeo, a cui il Pdl fa riferimento.
IL VIDEO dello scontro tra Berlusconi e Fini
«SMETTI DI FARE IL PRESIDENTE» - La calma ritrovata da Berlusconi è stata però persa pochi istanti più tardi: «I tuoi rilievi - ha detto rivolgendosi a Fini - sono cose che rappresentano percentualmente una piccola parte rispetto a tutto quello che si è fatto. Valeva la pena mettere in discussione il ruolo super partes di presidente della Camera per fare contrappunto quotidiano a noi?». Poi l'accusa di non avere neppure partecipato alla campagna elettorale per salvaguardare la terzietà dell'incarico istituzionale. «Non sei voluto neanche venire a piazza San Giovanni - ha sottolineato Berlusconi -, chi ha un ruolo istituzionale non può esprimere opinioni politiche, altrimenti lascia il suo ruolo e fa politica nel partito». Il presidente della Camera, da parte sua, ha replicato con un gesto delle dita e chiedendo ironicamente: «Sennò mi cacci?». Insomma, un botta e risposta durissimo. Al termine dell'assise, Fabio Granata riassume il senso politico della giornata (almeno secondo i finiani): «Oggi si è codificata l'esistenza della minoranza Pdl con il voto». L'impressione, però, è che tra i due leader si sia consumato uno strappo personale - per di più di fronte alle telecamere - che sarà difficilmente sanabile.

Al. S.G. Ant.22 aprile 2010 (Ultima modifica: 23 aprile 2010)

Scontro Fini - Berlusconi in diretta video, è quasi rissa...

Berlusconi e Fini, scontro in diretta TV...PDL come Alleanza Nazionale alla resa dei conti?

Berlusconi e Fini: lo scontro in diretta. Prosegue sui blog e sul web in genere la querelle tra Fini e Berlusconi. Pessimo esempio di come si coordinano i leader politici in Italia, pessimo esempio di democrazia con Berlusconi che vorrebbe imporre il silenzio al co-fondatore del PDL adducendo motivi di opportunita’ e infine pessimo esempio di come si dialoga con smorfie sberleffi a gesti che tra le righe potrebbero contenere anche battute non lusinghiere per due alleati.
Gianfranco Fini rivendica il dirittto di esprimere un pensiero diverso da quello della maggioranza del suo partito mentre il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi adduce al fatto che il Presidente della Camera, quarta carica dello stato dovrebbe essere “super partes”. A sua volta Fini sostiene che lui e’ “super partes” nei confronti delle parti politiche ma che comunque vuole dire la sua all’interno della sua coalizione.
Insomma una discussione retorica, teorica, destabilizzante e probabilmente inutile.
E intanto, mentre i loro leader litigano, gli italiani continuano ad avere il problema di tirare alla fine del mese, come pagare le bollette, che futuro assicurare ai propri figli!

Bossi, è crollo governo, verso fine patto Pdl-Lega?

ROMA - "Siamo davanti a un crollo verticale del governo e probabilmente di un'alleanza, quella di Pdl e Lega. Fini, invidioso e rancoroso per le nostre ripetute vittorie ha rinnegato il patto iniziale e non ha fatto altro che cercare di erodere in continuazione ciò che avevamo costruito". Lo dice Umberto Bossi in un'intervista sulla Padania. Bossi definisce Fini " "un veccho gattopardo democristiano" e dice che Berlusconi "avrebbe dovuto sbatterlo fuori subito senza tentennamenti invece di portarlo in tv dandogli voce e rilievo".
L'analisi di Bossi è che Fini "ha lavorato per la sinistra, comportandosi come un vecchio gattopardo democristiano: fingi di costruire per demolire e non muovere nulla". Secondo Bossi, con queste premesse, "sarà proprio la sinistra a vincere le prossime elezioni. Grazie a lui".
"Fini - dice ancora i leader della Lega - è palesemente contro il popolo del Nord, a favore di quello meridionale. D'altra parte era troppo spaventato delle possibili conseguenze del federalismo, che comunque avrebbe fatto bene anche al Sud". Il rimproero a Berlusconi è di non averlo subito 'sbattuto fuori ''. "Quella era la strada da seguire".
Bossi traccia la rotta per il futuro: "Finita la stagione del federalismo, un concetto abbandonato, dobbiamo iniziare una nuova stagione, un nuovo cammino del popolo padano. Purtroppo oggi non ha più senso parlare di federalismo alla nostra gente che potrebbe sentirsi tradita da ciò che non siamo riusciti a fare. Una nuova strada ci aspetta e sarà una strada stretta, faticosa, difficile ma che potrebbe regalarci enormi soddisfazioni".
"Saremo soli - conclude il leader leghista - senza Berlusconi. La nostra gente non digerirà facilmente la mancata conquista del federalismo e noi Lega, dovremo comportarci di conseguenza. Berlusconi quindi diventerà il vero e unico baluardo anticomunista del paese e prevedo che raccoglierà molti consensi".
IO SONO PER LA MEDIAZIONE MA PAZIENZA GENTE NO - "Io sono per la mediazione, certo, ma la gente del nord, i leghisti, sono arrabbiatissimi, è un vero bombardamento di persone che non ne possono più di sceneggiate, rinvii e tentennamenti": lo ha detto Umberto Bossi, parlando al telefono con l'ANSA, a proposito della situazione del Governo dopo la querelle tra Fini e Berlusconi. "Noi vogliamo fare le riforme, i miei vogliono le riforme" ha aggiunto Bossi "e io devo interpretare le richieste della base, della gente che è stufa".
NON VOGLIAMO GETTARE BENZINA SU FUOCO MA... - "Non vogliamo gettare benzina sul fuoco ma la gente del nord è stufa marcia, basta ascoltare quel che dice la gente per strada o alla radio. Riforme subito!": lo ha detto all'ANSA il ministro Umberto Bossi, interpellato a proposito delle sue dichiarazioni sul Governo riportate stamani dal quotidiano della Lega 'La Padania' in cui lo stesso Bossi aveva accennato al rischio di una fine dell'alleanza Lega-Pdl.
BOSSI, FEDERALISMO RESTA MA BISOGNA FARLO SUBITO - "Diciamo che il meccanismo del federalismo resta in piedi. Ma deve essere fatto subito!": lo ha detto all'ANSA Umberto Bossi interpellato a proposito delle sue affermazione sulla possibile fine dell'alleanza Lega-Pdl. "Non posso andare di fronte alla mia gente a dire che non stiamo realizzando quel cammino che avevamo intrapreso - ha aggiunto - E quello che sta accadendo frena le riforme. La gente del nord è stufa e lo ha fatto capire chiaramente. Tutto qui". Bossi, pur usando un tono estremamente deciso, è apparso sereno e tranquillo, tanto da scherzare con il cronista nella maniera che usa quando è di buon umore: ovvero rispondendo con una risata alla prima domanda su quale fosse la sua analisi su quanto stava succedendo.

ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!