Visualizzazioni totali delle visite sul blog "Mitrokhin" dalla sua nascita: 08 Novembre 2007

Classifica settimanale delle news piu' lette sul blog Mitrokhin...

Cerca nel blog

Vota il mio blog...

siti migliori

Translator (Translate blog entries in your language!)

Post in evidenza

19 MARZO FESTA DEL PAPÀ ❤️ AUGURI A TUTTI I BABBI, PADRI, PAPÀ DEL MONDO!

#19marzofestadelpapà: anche i papà e i babbi più deboli e fragili, per i propri figli sono EROI! Buona #festadelpapà a tutti i...

martedì 17 aprile 2012

L'ascesa sospetta del "Trota"! (Renzo Bossi)


La carriera politica del "Trota", come lo stesso Umberto Bossi chiama talvolta il figlio, è stata in qualche modo agevolata? Perquisiti a Milano la casa e l'ufficio dell'assessore regionale Monica Rizzi, coinvolta in una storia di dossier che sarebbero stati confezionati per favorire l'elezione al Consiglio Regionale di Renzo Bossi. Servizio di Gianni Bianco. Tratto dal Tg3 - Andato in onda il 26/07/2011 - http://www.tg3.rai.it

Bancomat umano di Renzo Bossi - Video scandalo dell'autista che ha inchiodato Renzo Bossi e gli affari "sporchi" della Lega Nord...


Video originale girato con il proprio cellulare dall'autista di Renzo Bossi, Alessandro Marmello.

  Fonte: http://www.youtube.com/user/TegaminoChannel?feature=watch 


Internet secondo il "Trota"...(Alias Renzo Bossi, figlio dell'ex-leader della Lega Nord Umberto Bossi!)


L'imbarazzante performance di Renzo Bossi, responsabile media della Lega Nord, al convegno "Vecchia TV vs Nuova TV". Il figlio del Senatur ha mandato un videomessaggio in cui prova a spiegare l'approccio padano ai new media. Nell'imbarazzo generale di platea e relatori...

Fonte: http://www.youtube.com/user/antefattoblog?feature=watch

lunedì 16 aprile 2012

Lega Nord per l'indipendenza della Padania? Un partito da mettere al bando, insieme ai Democristiani...sciogliere i partiti corrotti per rigenerare la Nazione! Lega Nord è un partito politico criminale, liberista, capitalista, sfruttatrice degli ultimi e dei poveri Italiani!!! E' un serio pericolo per la società e l'unità della Patria, è un serio pericolo per la classe sociale piu' debole...

La Guardia di Finanza torna in via Bellerio: "Spariti 600mila euro in oro e diamanti!"

Lunedì, 16 Aprile 2012 - 17:06:00

Francesco Belsito
Dal primo pomeriggio alcuni agenti della Guardia di finanza sono nella sede della Lega in via Bellerio a Milano alla ricerca di documenti amministrativi e contabili nell'ambito dell'indagine che ha coinvolto l'ex tesoriere del Carroccio, Francesco Belsito. In via Bellerio è intanto in corso un vertice a cui partecipano i massimi esponenti del partito.
Diamanti per 400 mila euro sarebbero stati acquistati coi soldi della Lega da Rosi Mauro, Piergiorgio Stiffoni e Francesco Belsito. E' quanto avrebbero accertato gli investigatori. Altri 200 mila euro sarebbero stati invece utilizzati per l'acquisto di 5 chili di lingotti d'oro.Il denaro sarebbe stato prelevato con operazioni presso la Banca Popolare di Novara e Banca Aletti. I preziosi, sempre secondo gli investigatori, sarebbero poi stati consegnati a Belsito.
Sulla vicenda dei conti della Lega indaga anche la procura della Corte dei Conti lombarda. Il capo della procura, Antonio Caruso, ha incontrato nel pomeriggio, insieme ad altri due magistrati contabili, il procuratore aggiunto Alfredo Robledo, che indaga sui rimborsi elettorali del Carroccio. Una visita funzionale a prendere contatti per un eventuale scambio di carte necessarie per il procedimento davanti alla Corte dei Conti, che ipotizza un danno erariale partendo dall'ipotesi di truffa ai danni dello Stato contestata dalla procura di Milano.
STIFFONI, ASSOLUTAMENTE ESTRANEO A MOVIMENTAZIONE SOLDI  - "Di quello che facesse Belsito con i soldi del movimento non ho mai saputo niente, anche perche' a me e al senatore Castelli e' sempre stato impedito. Dalla Lega Nord non ho mai avuto soldi, anzi li ho sempre dati sotto forma di erogazione liberale, come tutti gli altri parlamentari, e anche di piu'. Di come investo i risparmi miei e della mia famiglia sono solo affari miei e non devo rendere conto a nessuno. Assieme all'avvocato Agostino D'Antuoni che mi assiste, andro' dai giudici di Milano per chiarire una volta per tutte la mia posizione di assoluta estraneita' a qualsiasi movimentazione di denaro della Lega Nord". Lo dichiara il senatore della Lega Nord, Piergiorgio Stiffoni.
CAMUSSO, IL SIN.PA E' UN SINDACATO INESISTENTE - "E' un sindacato pressoche' inesistente". Non usa mezzi termini la leader della Cgil, Susanna Camusso, per definire il sindacato Padano il Sin.Pa coinvolto negli scandali della Lega. "Mi e' successo di avere a che fare con il Sin.Pa perche' la Regione Lombardia lo invitata sempre al Tavolo, anche se non aveva particolari opinioni. L'era Sacconi li aveva condotti anche alla presenza nei Tavoli nazionali". Nella sua lunga esperienza sindacale in Lombardia, Camusso ricorda di aver avuto a che fare "in una sola occasione" con un rappresentante sindacale del Sin.Pa.
Lega ladrona: non solo le colpe del cerchio magico o del Trota, è il ribaltamento della retorica nordista:
Gli occhi lucidi e le lacrime di leader e militanti della Lega Nord chiudono definitivamente la stagione del celodurismo padano.
"O' c... nu vo' pensieri" dicono a Napoli, per cui da ora in poi i leghisti devono fare i conti, come tutti i mortali, con il livello variabile di testosterone sulle certezze politiche che animano quel movimento. La riproposizione dell'immaginaria virilità celtica applicata agli avventori delle moderne osterie padane è alquanto improbabile, anche perché al punto in cui è giunta la Lega si scoprono più radici da tragedia greca e "meridionali", con l'addizionale di rapporti perfino con la 'ndrangheta, che non volitività e freddezza nordiche o eroismi all'Alberto da Giussano.
La rabbia dei militanti e simpatizzanti leghisti, una volta scoperta l'abbuffata di soldi pubblici da parte della famiglia del boss(i), è data principalmente dalla perdita, difficilmente recuperabile, dell'"ariana" differenza con i sudisti italiani, nei confronti dei quali ora, se è vero l'intreccio mafioso rivelato, si sentono oltretutto ridotti al rango di ladri di galline. I lumbard scoprono la mistificazione strategica del capo di aver puntato tutte le armi sull'obiettivo di separare il bene del Nord dal male del Sud con la parola d'ordine di "Roma ladrona", mentre egli stesso faceva di peggio, e adesso vanno sul pratone "sacro" di Pontida a cambiare quell'orgoglioso motto "Padroni a casa nostra" in "ladroni a casa nostra".
La delusione dei lumbard, già manifestata all'interno del partito e confermata nelle ultime prove elettorali ancora prima del fattaccio, per non aver raggiunto dopo anni di gestione del potere "romano" alcuno degli obiettivi gridati nei tanti raduni celtici cui hanno partecipato in massa con le bandiere e la busta del discount, si aggiunge alla rabbia per il crollo del mito del condottiero incorruttibile e del sogno coltivato in anni di impegno e sacrificio e che si pensava realizzabile.
"Tucc lader" mormorano all'inviato speciale gli anziani convertiti al leghismo di Samorate, paese di origine della famiglia di Umberto Bossi e dove ancora vive la sorella Angela, la quale nel 1992 aveva creato una "Lega Alpina" che ebbe successo a Mantova e che in un'intervista in quell'anno al Corriere descrisse i molti lati negativi del carattere arrogante e fraudolento del fratello, avvertendo: "Non fidatevi di lui!".
"Picchiali", "investili", dice Bossi in un video rivolto alla sua scorta in direzione dei giornalisti e reporter davanti casa sua. Anche se con i segni della malattia del 2004, è sempre l'uomo del dito medio alzato verso il prossimo, del vilipendio alla bandiera italiana e delle minacce del sollevamento armato dei padani. E' lo stesso uomo che essendo costretto si dimette e non fa sconti agli errori dei familiari (famigli?) ma non resiste all'erotismo provocato dai raduni leghisti e risfodera un po' di celodurismo anche in una fase drammatica di resa dei conti finale, nel volersi riproporre, profittando anche della necessità per tutti di tenere fuori dalle ombre minacciose il fondatore-simbolo, come intramontabile capo che unisce, non divide, come egli dice di Maroni durante la festa dell'"orgoglio padano" a Berghem, raccontando tra i fischi che tutta questa brutta storia è frutto di complotti contro il movimento.
Il drammatico cul de sac in cui si trova la Lega Nord, emerso proprio al raduno dell'"orgoglio padano" a Bergamo, è costituito dalla difficoltà, per un partito monocratico basato sull'identificazione della linea politica con la persona del proprio leader, di sostituire Bossi e farlo uscire di scena a meno che non si decida di creare un nuovo partito accettando il rischio di uno sfaldamento ed evaporazione del vecchio consenso.
Non è infatti detto che i "barbari sognanti" di Maroni che, aiutati dai magistrati di quel Sud Italia tanto vituperato, si stanno liberando oggi del "cerchio magico" bossiano, domani continueranno a seguire leader e dirigenti politici che hanno vissuto la stessa stagione di gestione del potere degli sconfitti senza nutrire dubbi quantomeno sulla loro capacità di raggiungere gli obiettivi.
La caduta della Lega sul terreno della corruzione, in uno con il coinvolgimento più ampio del partito di Berlusconi sullo stesso terreno che si trascina da anni, pone in evidenza un panorama politico-partitico non dissimile dalla situazione storica di Mani Pulite. Sebbene vi sia stato il precedente della cosiddetta Tangentopoli per quanto attiene al finanziamento pubblico dei partiti, si riscopre una realtà di illegalità nell'uso delle risorse statali ben peggiore che in passato, quantunque nel frattempo i cittadini si siano espressi con uno specifico referendum contro il finanziamento pubblico dei partiti.
La fine o il ridimensionamento della Lega, per il ruolo avuto nella politica italiana, comporta senza dubbio la revisione di scelte e indirizzi di governo come l'invenzione di una "questione settentrionale", in contrapposizione alla mai risolta "questione meridionale", coincidente sia con i progetti indipendentisti dei lumbard che con la visione padronale nordista del capitalismo brianzolo del Cavaliere, di un Nord che ha svelato negli ultimi vent'anni una cultura diffusa della rapina capitalistica ben più dannosa della cultura assistenzialistica alquanto infondata del Sud.
Sul piano europeo c'è da augurarsi che l'"esempio" della Lega italiana serva a far aprire gli occhi a tutti al fine del ridimensionamento dell'affermarsi in ogni dove di forze politiche e gruppi sociali che si richiamano agli stessi principi di destra, della xenofobia e del razzismo.
Nella vicenda leghista colpisce la valanga perdurante di notizie e approfondimenti sul "caso" pur ritenuti necessari e apprezzabili. Ci si chiede però come mai il giornalismo italiano, salvo rarissimi casi, debba attendere le investigazioni giudiziarie per scoprire realtà che magari sono già vox populi o comportano facili accertamenti per chi voglia seguire i percorsi di movimenti politici e di fatti sociali rilevanti.
Fonte: http://www.pontediferro.org




domenica 15 aprile 2012

La generazione dei Tre "Niente"...mentre i Governi delle Banche e del Capitalismo sfrenato e avido impoveriscono i popoli e arricchiscono le Industrie Militari, si preparano a causare direttamente e indirettamente causano guerre sanguinarie in tutto il pianeta per accapparrarsi le risorse energetiche come il petrolio, l'oro e i diamanti...dopo i miliardi e miliardi di euro spesi in 8 mesi di guerra in Libia nel 2011, oggi a chi toccherà? Siria o Iran? Intanto l'elite delle lobby e dei Governi gode nel lusso mentre il popolo stenta nella maggior parte dei casi ad arrivare con il proprio misero stipendio alla fine del mese...


Da uno scritto recente di Fidel Alejandro Castro, ex-Capo dello Stato Cubano: Questa riflessione potrebbe essere scritta oggi, domani o qualunque altro giorno senza rischio di errore.
La nostra specie si trova ad affrontare nuovi problemi. Quando ho espresso, 20 anni fa nella Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo a Rio de Janeiro, che una specie era in pericolo di estinzione, avevo meno ragione di oggi di avvertire in merito ad un pericolo che vedevo distante forse 100 anni. Allora pochi leader dei paesi più potenti gestivano il mondo. Applaudirono alle mie parole per cortesia e continuarono tranquillamente a scavare la tomba della nostra specie.
Sembrava che nel nostro pianeta regnasse il buon senso e l’ordine. Era il tempo in cui lo sviluppo economico appoggiato dalla tecnologia e dalla scienza sembrava essere l’Alfa e l’Omega della società umana.
Ora tutto è molto più chiaro. Profonde verità stanno emergendo. Quasi 200 stati, apparentemente indipendenti, costituiscono l’organizzazione politica che in teoria equivale a reggere i destini del mondo.
Circa 25 000 armi nucleari nelle mani di forze alleate o antagoniste disposte a difendere l’ordine che cambia, per interesse o necessità, riducono praticamente a zero i diritti di migliaia di milioni di persone.
Non commetterò l’ingenuità di assegnare alla Russia o alla Cina, la responsabilità dello sviluppo di tali armi dopo la mostruosa strage di Hiroshima e Nagasaki, ordinata da Truman dopo la morte di Roosevelt.
Né cadrò nell’errore di negare l’Olocausto che significò la morte di milioni di bambini e adulti, uomini o donne, in maggioranza ebrei, zingari, russi e di altre nazionalità che sono stati vittime del nazismo. Ecco perchè ripugna la politica infame di chi nega al popolo palestinese il diritto di esistere.
Qualcuno pensa forse che gli Stati Uniti saranno in grado di agire con un’indipendenza che li protegga dal disastro inevitabile che li attende?
In poche settimane i 40 milioni di dollari che il presidente Obama ha promesso di raccogliere per la sua campagna elettorale serviranno solo a dimostrare che la moneta del suo paese ha perso molto valore e che gli Stati Uniti, con il loro eccezionale e crescente debito pubblico che si sta avvicinando a 20 mila miliardi di miliardi, vivono del denaro che stampano e non di ciò che producono.
Il resto del mondo paga quello che loro dilapidano.
Nessuno crede nemmeno che il candidato democratico sia migliore o peggiore rispetto ai suoi avversari repubblicani: che si chiami Mitt Romney o Rick Santorum. Anni luce separano i tre da personaggi tanto rilevanti come Abraham Lincoln o Martin Luther King. E’ davvero raro osservare una nazione tanto potente  tecnologicamente e un governo tanto orfano, al momento, di idee e valori morali.
L’Iran non ha armi nucleari. E’ accusato di produrre uranio arricchito che serve come combustibile energetico o per applicazioni di uso medico. Piaccia o no, il suo possesso o la sua produzione non è equivalente alla produzione di armi nucleari. Decine di paesi utilizzano uranio arricchito come fonte di energia, ma questo non può essere utilizzato nella fabbricazione di un’arma nucleare, senza un preliminare e complesso processo di purificazione.
Israele, tuttavia, che con l’aiuto e la cooperazione degli Stati Uniti ha fabbricato armi nucleari, senza informare né rendere conto a nessuno, oggi, senza ammettere il possesso di queste armi, ne ha centinaia. Per prevenire lo sviluppo della ricerca nei paesi arabi vicini attaccò e distrusse i reattori in Iraq e Siria. Ha annunciato a sua volta il proposito di attaccare e distruggere i centri di produzione di combustibile nucleare dell’Iran.
Intorno a questo tema cruciale sta ruotando la politica internazionale in questa complessa e pericolosa regione del mondo che produce e fornisce la maggior parte del carburante che spinge l’economia mondiale.
L’eliminazione selettiva dei più eminenti scienziati dell’Iran, da parte di Israele e dei suoi alleati della NATO, è diventata una pratica che favorisce odio e sentimenti di vendetta.
Il governo di Israele ha apertamente dichiarato la sua intenzione di attaccare l’impianto che produce uranio arricchito in Iran e il governo statunitense ha investito centinaia di milioni di dollari nel produrre una bomba a tale scopo.
Il 16 marzo, 2012 Michel Chossudovsky e Finian Cunningham hanno pubblicato un articolo che rivela che “un importante generale dell’Aviazione statunitense ha descritto la più grande bomba convenzionale anti bunker di 13,6 tonnellate, come ‘grandiosa’ per un attacco militare contro l’Iran.”
Un così loquace commento su un massiccio dispositivo assassino ha avuto luogo nella stessa settimana in cui il presidente Barack Obama si è presentato per mettere in guardia contro chi ‘parla alla leggera’ in merito a una guerra nel Golfo Persico.
“… Herbert Carlisle, vice capo del personale per le operazioni dell’Aviazione statunitense [...]” ha aggiunto che la bomba, probabilmente sarebbe stata utilizzata in qualsiasi attacco contro l’Iran ordinato da Washington.
Il MOP, che è indicato anche come ‘La madre di tutte le bombe’, è stata progettata per perforare 60 metri di cemento prima di far detonare la sua massiccia bomba.
Si ritiene sia la più grande arma convenzionale, non nucleare, dell’arsenale degli Stati Uniti.
Il Pentagono sta pianificando un processo di distruzione diffusa delle infrastrutture dell’Iran e massicce perdite civili  attraverso l’uso combinato di bombe tattiche nucleari e bombe convenzionali con nubi in forma di fungo, compresa la MOAB e la più grande GBU-57A/B oMassive Ordnance Penetrator (MOP), che supera la MOAB per distruttività.
La MOP è descritta come ‘una bomba nuova e potente che punta direttamente agli impianti nucleari sotterranei di Iran e Corea del Nord. Una bomba immensa più lunga di 11 persone affiancate, più di 6 metri dalla base alla punta. ‘”
Prego il lettore di scusarmi per questa lingua aggrovigliata di gergo militare. Come si è visto, questi calcoli presuppongono che i combattenti iraniani, che contano milioni di uomini e donne, noti per il loro fervore religioso e le tradizioni di lotta, si arrendano senza sparare un colpo.
Nei giorni scorsi gli iraniani hanno visto le truppe statunitensi che occupano l’Afghanistan, in sole tre settimane, urinare sui corpi di afghani uccisi, bruciare i libri del Corano e uccidere più di 15 cittadini inermi.
Immaginiamo le forze statunitensi lanciare bombe mostruose sulle istituzioni industriali in grado di penetrare 60 metri di cemento. Mai una simile avventura è stata concepita.
Non si ha bisogno di una parola in più per capire la gravità di una tale politica. Per questa strada la nostra specie sarà condotta inesorabilmente verso il disastro.
Se non impariamo a capire, non imparareremo mai a sopravvivere.
Da parte mia, non nutro il minimo dubbio che gli Stati Uniti siano sul punto di commettere e guidare il mondo verso il più grande errore della loro storia.
Fidel Castro Ruz
21 Marzo 2012

Dal film di Wall Street - Monologo di Gordon Gekko (Michael Douglas) su Denaro e Avidità!!! Così ci vuole il Governo Monti e dei Banchieri dell'Unione Europea: IL GOVERNO MONTI HA il record dei suicidi e delle persone che si danno fuoco davanti agli uffici dell'Agenzia delle Entrate! Tutto in pochi mesi, nelle prime settimane del 2012! Con Berlusconi tutto questo non è mai successo! Perchè i Comunisti, gli Anarchici, gli anti-Berlusconiani e gli Indignati non sono scesi in piazza a protestare contro il Governo Monti? Tanti suicidi per la crisi, brutte storie dall'Italia che soffre per colpa del Governo delle Banche di Mario Monti che si è rivelato essere l'usuraio Nazionale, il BOIA della povera gente e delle classi medio-basse! Il Governo dei Banchieri ci vuole o SCHIAVI O MORTI! Mario Monti "STERMINATOR" CHE LAVORA PER LA GOLDMAN SACHS E CHE E' A CAPO DI UN GOVERNO CRIMINALE E SANGUISUGA , UN GOVERNO CHE FA GLI INTERESSI SOLO DELLE BANCHE E MORTIFICA LE CLASSI PIU' POVERE DELLA SOCIETA' ITALIANA!

 
Sopra il video, tratto dal Film "Wall Street - il denaro non dorme mai!" con il memorabile discorso di Gordon Gekko (Michael Douglas) tenuto in una facoltà universitaria, dove si parla di soldi, speculazione e avidità del Capitalismo moderno del Terzo Millennio...
 
 
Sopra il monologo di GORDON GEKO sul denaro nel primo film "WALL STREET" del 1987
 


(ANSA) - GELA (CALTANISSETTA), 03 APRILE 2012 - ''Mia madre ha saputo ieri, da noi figli, che la sua pensione non era piu' di 800 euro ma di 600. E questa notizia l'ha letteralmente sconvolta. Non sapeva darsi pace perche' la riteneva un'ingiustizia''. Lo dice Bruno, 43 anni, proprietario di una pizzeria, il piu' piccolo dei quattro figli della donna di Gela che si e' suicidata dopo avere scoperto che l'Inps le aveva tagliato la pensione del 25%.
''Le notizie della crisi economica in Tv e i tagli operati dal governo - prosegue - l'avevano allarmata, come a tutti gli italiani; purtroppo la riduzione della pensione ha avuto in lei un effetto dirompente''.(ANSA).

Suicidi per la crisi, aumento del 24,6%

5 Aprile 2012: Suicidi per la crisi? Aumento del 24,6%

Tra il 2008 ed il 2010, segnala la CGIA di Mestre, i suicidi per motivi economici sono aumentati del 24,6%, mentre i tentativi di suicidio, sempre legati alle difficoltà economiche, sono cresciuti leggermente meno: + 20%.
Dopo l’ennesimo suicidio di un imprenditore avvenuto oggi a Roma, la CGIA di Mestre torna su questa piaga sociale analizzando i dati sui suicidi denunciati alle forze dell’ordine in questi ultimi anni di dura crisi economica. Purtroppo, segnalano dalla CGIA, i dati forniti dall’Istat non ci consentono di riconoscere la professione svolta da queste persone (ovvero, se fossero imprenditori, lavoratori dipendenti, pensionati, etc.).
In termini assoluti, a fronte di 150 suicidi per ragioni economiche registrati nel 2008, nel 2010 (ultimo anno disponibile) i gesti estremi per motivi economici sono saliti a 187, mentre i tentativi di suicidio sono passati da 204 a 245.
“Dopo l’ennesimo gesto estremo che si è verificato oggi – sottolinea il segretario della CGIA, Giuseppe Bortolussi – è necessario intervenire con misure emergenziali. Sicuramente c’è un effetto imitazione e, come spesso succede in questi casi, il denominatore comune di tutte queste tragedie è la crisi economica. La sua gravità ha suscitato in molti piccoli imprenditori la perdita di sicurezza, solitudine, disperazione e ribellione contro un mondo che si sta rivelando cinico e inospitale. Come Associazione – conclude Bortolussi – ci siamo attivati sia a livello nazionale, sia a livello regionale per dar vita ad un fondo di solidarietà col fine di evitare i suicidi tra i piccoli imprenditori.   La Regione Veneto, che presenterà questa iniziativa nelle prossime settimane, ha in serbo un provvedimento di legge, con un  plafond di 6 milioni di euro, che costituirà una prima risposta a questa grave emergenza che ha colpito soprattutto il Nordest!"

Suicidi per la crisi, storie dall'Italia che soffre per colpa del Governo delle Banche di Mario Monti l'usuraio Nazionale, il BOIA della povera gente e delle classi medio-basse!

Ben 13 negli ultimi mesi del 2012, ripercorriamoli caso per caso!

Ecco una lunga e triste lista di coloro che hanno scelto di togliersi la vita schiacciati dal peso dei problemi economici. Suicidi per la crisi, una piaga che non accenna a sanarsi:       
         


Roma, 4 aprile 2012 - La spada di Damocle della crisi: un problema per tanti, un dramma per alcuni.  Alla ribalta delle cronache, negli ultimi mesi, una lunga e triste lista di persone che hanno deciso di togliersi la vita, schiacciate dai problemi economici.
Incapaci di reagire, o forse solo sfiniti dal non vedere una luce in fondo al tunnel. L'imprenditore romano e il camionista di Milano sono solo le ultime vittime. Ripercorriamo, una per una, tutte queste storie in tempo di crisi. Con i due di oggi, il numero dei suicidi sale a 13. E non sono contemplati quelli, tanti, che hanno tentato ma, fortunatamente, non sono riusciti nel loro intento.
- Il 3 aprile un’anziana 78/enne di Gela si uccisa lanciandosi dal terrazzo di casa. L’Inps le aveva ulteriormente ridotto la pensione di 200 euro (da 800 a 600) e lei, Nunzia C., ha deciso di farla finita.
- L'1 aprile un artigiano di 57 anni si è impiccato all’interno della sua bottega di conici a Roma a causa dei ‘’problemi economici’’.
- Il 27 marzo scorso Giuseppe Pignataro, 49 anni, di Trani, si è ucciso dopo essersi lanciato dal balcone della sua abitazione. L’uomo, che faceva l’imbianchino, si è tolto la vita a causa delle difficoltà nel trovare un’occupazione stabile in grado di fornire un reddito degno alla propria famiglia.
- Il 23 marzo un imprenditore quarantaquattrenne di Cepagatti (Pescara) si è impiccato nella sua azienda. Strozzato dai debiti, non ha retto alla vergogna di non poter pagare gli stipendi ai dipendenti e all’incertezza sulla sua capacita’ di garantire un futuro al figlio e alla compagna.
- Il 21 marzo un uomo di 47 anni che gestiva un’attività commerciale, ma da due anni era senza lavoro, si è ucciso con un colpo di pistola nella sua automobile nel cosentino.
- Il 21 marzo un imprenditore edile, di 53 anni, in crisi da tempo per i crediti che non riusciva a riscuotere e che vantava nei confronti di pubbliche amministrazione e di privati, si e’ tolto la vita impiccandosi in una baracca dietro casa nel bellunese, mentre i familiari lo aspettavano a cena.
- Il 20 marzo un giovane artigiano di 29 anni si è impiccato a Scorano (Lecce). L’uomo ha lasciato un biglietto spiegando che non riusciva a trovare un altro lavoro e che era disperato.
- Il 9 marzo Vincenzo Di Tinco, titolare 60/enne di un negozio di abbigliamento si è impiccato ad un albero a Ginosa Marina (Taranto). In pochi giorni si era visto addebitare, forse per errore, 4.500 euro di commissioni bancarie e rifiutare un prestito di poco piu’ di mille euro.
- A febbraio un elettricista di Sanremo, 47 anni, si è suicidato sparandosi al capo con una pistola. L’uomo era stato licenziato qualche settimana fa dalla ditta nella quale lavorava da molti anni.
- Un imprenditore 64/enne si è impiccato nello stesso mese all’interno del capannone della sua azienda, nel fiorentino. All’origine del gesto motivi economici.
- A Paternò (Catania) un altro imprenditore di 57 anni ha posto fine alle sue ansie con il suicidio: si è impiccato, in un deposito di proprietà della ditta della quale era titolare, in preda alla disperazione a causa dei debiti contratti dalla sua azienda.
BOLZANO - L'uomo trovato arso vivo nella sua auto sulla corsia d'emergenza dell'Autobrennero a sud di Bolzano si sarebbe ucciso per motivi economici. È questa l'ipotesi più probabile che emerge delle indagini della questura di Bolzano.
La polizia sta controllando la situazione economica dell'uomo che pare fosse caratterizzata da debiti personali. In un primo momento tutto faceva pensare a un tragico incidente: l'uomo di 39 anni, nato a Padova ma che lavorava a Bolzano pur essendo residente in Val di Fiemme in Trentino, sembrava avesse fermato l'auto in fiamme sulla corsia d'emergenza, senza aver fatto in tempo a scendere.
I pompieri, intervenuti sul posto, hanno però trovato nell'abitacolo due taniche di benzina, mentre il fuoristrada andava a gasolio. Sarebbe il terzo caso di suicidio per motivi economici negli ultimi mesi in Alto Adige, dopo la vicenda di un commerciante del centro di Bolzano e di un fotografo del Brennero che, soffocati dai debiti, avevano deciso di togliersi la vita.
ROMA - Senza futuro. Deve essersi sentito così, Mario Frasacco, l’imprenditore di 59 anni che ieri pomeriggio si è ucciso - sparandosi un colpo di fucile - all’interno della sua azienda, la Cpa, centro di progettazione alluminio a Pietralata, immediate propaggini di Roma. L’ha trovato uno dei tre figli, insieme ad una lettera di spiegazioni e di scuse. Ultima vittima di una Spoon river - sono almeno dieci le vittime da inizio d’anno - che al mordere della crisi non vede altra soluzione che l’annientamento. Artigiani, piccoli imprenditori, pensionati.
«Monti si porterà i morti sulla coscienza. Mario non ha retto il peso di mettere in cassa integrazione almeno tre dipendenti» ha commentato sconvolto un amico d’infanzia dell’imprenditore. Perché la Cpa era ad un passo dal fallimento e Frasacco ha scelto di fare come Pasquale Clotilde, il corniciaio di Centocelle che, assediato dai debiti, l’altro ieri, s’è impiccato nel retrobottega. Come la 78enne di Gela che ieri s’è lanciata dalla finestra, perché le era stata decurtata la pensione, da 800 a 600 euro. Come Giuseppe Polignino che, perso il lavoro dopo la separazione dalla moglie, ieri s’è impiccato nella cantina comune di un caseggiato di viale Ungheria, a Milano. «Siamo sgomenti. Non possono più essere rinviate risposte concrete ai problemi delle imprese e riguardo allo sviluppo» ha detto il presidente di Confcommercio Roma, Giuseppe Roscioli. «Stava lottando per salvare la sua azienda - racconta Erino Colombi, presidente Cna Roma - Doveva partecipare ad una missione a Dubai, a maggio. Ha rinunciato, ma non immaginavo che la situazione fosse così grave».
«Siamo entrati in una contabilità di suicidi drammatica - dice il direttore della Cna romana, Lorenzo Tagliavanti - La politica ha il dovere di rispondere. Meno lacrime e più fatti». E il 18 aprile, a Roma, è stata organizzata una fiaccolata per i suicidi da crisi. 
MESTRE - Tra il 2008 ed il 2010, segnala la CGIA di Mestre, i suicidi per motivi economici sono aumentati del 24,6%, mentre i tentativi di suicidio, sempre legati alle difficoltà economiche, sono cresciuti leggermente meno: + 20%.
Dopo l’ennesimo suicidio di un imprenditore avvenuto oggi a Roma, la CGIA di Mestre torna su questa piaga sociale analizzando i dati sui suicidi denunciati alle forze dell’ordine in questi ultimi anni di dura crisi economica. Purtroppo, segnalano dalla CGIA, i dati forniti dall’Istat non ci consentono di riconoscere la professione svolta da queste persone (ovvero, se fossero imprenditori, lavoratori dipendenti, pensionati, etc.).
In termini assoluti, a fronte di 150 suicidi per ragioni economiche registrati nel 2008, nel 2010 (ultimo anno disponibile) i gesti estremi per motivi economici sono saliti a 187, mentre i tentativi di suicidio sono passati da 204 a 245. "Dopo gli ennesimi gesti estremi che si sono verificati in questi giorni - sottolinea il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, è necessario intervenire con misure emergenziali. Sicuramente c'è un effetto imitazione e, come spesso succede in questi casi, il denominatore comune di tutte queste tragedie è la crisi economica. La sua gravità ha suscitato in molti piccoli imprenditori la perdita di sicurezza, solitudine, disperazione e ribellione contro un mondo che si sta rivelando cinico e inospitale. Come Associazione - conclude Bortolussi - ci siamo attivati sia a livello nazionale, sia a livello regionale, per dare vita ad un fondo di solidarietà col fine di evitare i suicidi tra i piccoli imprenditori".
Qualcuno sopravvive, ed è forse la cosa più dura. Per chi ha tentato negli ultimi due mesi di togliersi la vita, schiacciato dai debiti dell’azienda o dalla disoccupazione incancrenita, svegliarsi in ospedale è un nuovo giro di ruota. Fuori restano ad aspettarlo i debiti, le tasse, le banche che non prestano denaro, la famiglia che non ha più soldi in banca, gli esattori che non mollano.
Darsi fuoco, come i monaci tibetani, è tornato in voga da noi. L’estremo gesto l’hanno scelto in due, a distanza di 20 ore l’uno dall’altro, un ventisettenne marocchino di Verona e un muratore casertano di quasi 60 anni nella provincia di Bologna. Il primo – che urlava, tra le fiamme, “sono quattro mesi che non vengo pagato” – è quasi intatto, ragione sufficiente per derubricarlo a “gesto folle” e a chiederne la perizia psichiatrica.  Il secondo è ad un passo dalla morte, ustioni gravissime su tutto il corpo: era in macchina, davanti all’Agenzia delle Entrate, con due lettere sul sedile del passeggero. Una per la moglie, l’altra per l’Erario. “Ho sempre pagato le tasse, lasciate stare mia moglie”, dice il biglietto. Forse si salverà dalle ustioni, ma non dalla cartella esattoriale.
I numeri. Tra il 2010 e il 2011, 2 lavoratori e 2 imprenditori hanno tentato il suicidio, schiacciati dalla crisi dell’azienda o dal lavoro perduto: negli ultimi due mesi, ci hanno provato in dodici, e otto ce l’hanno fatta. C’è di tutto. Imprenditori sessantenni che si vergognano di dover licenziare i dipendenti di una vita; disoccupati piegati da mesi di ricerche a vuoto, con le tasche vuote e famiglie affamate; commercianti in rovina sotto la scure dell’Agenzia delle entrate. In tutta Italia, va detto, perché non c’è questione meridionale che tenga. La mappa è agghiacciante. Verona, Bologna, Ozzano Emilia (BO), Trani, Cepagatti (PE), Crispiano (TA), Belluno, Lucca, Noventa di Piave (VE), Firenze, Trento, Catania. Un suicida ogni 4 giorni fa pensare, quando il Governo dice che “siamo sulla giusta strada”.
Il binario giusto. Forse ha ragione la Commissaria europea Viviane Reding, “la Fornero riporta l’Italia sul binario giusto”, con la “certezza dei diritti per i lavoratori e flessibilità per le imprese”. Però i fatti sembrano parlare di un’italia diversa, tutt’altro che “paese forte”: un paese dove si muore per tutti i motivi sbagliati.
Che l’art.18 cambi o meno, i suicidi “economici” non caleranno. Perché non è questo il problema, non è qui che la disperazione della gente tocca il fondo. Il vero dramma è la speranza che non c’è più. Qualcuno l’ha tolta, agli italiani: l’ha tolta in vent’anni, con le mille promesse di prosperità e la ghigliottina della realtà. Di che cosa vogliamo occuparci allora, di gente disperata o di sondaggi elettorali rovinati da una firma alla riforma del Lavoro? Vogliamo stringere il cappio a chi si impicca disperato, o vogliamo allentarglielo e magari tagliare qualche spesa davvero inutile in bilancio?
Tra il 2008 e il 2010 i suicidi per motivi economici sono aumentati in Italia del 24,6%, mentre i tentativi di suicidio legati alle difficoltà economiche sono cresciuti del 20%. Lo sostiene la Cgia di Mestre, che ha analizzato i dati sui suicidi denunciati alle forze dell’ordine negli ultimi anni di crisi economica.
«Purtroppo - sottolinea la Cgia - i dati forniti dall’Istat non ci consentono di riconoscere la professione svolta da queste persone: se fossero imprenditori, lavoratori dipendenti, pensionati o altro».
Dopo gli ultimi gesti estremi - dal suicidio dell’anziana di Gela la cui pensione è stata ridotta a quello di un imprenditore che si è tolto la vita a Roma - il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi ha dichiarato che «è necessario intervenire con misure emergenziali: sicuramente c’è un effetto imitazione e, come spesso succede in questi casi, il denominatore comune di queste tragedie è la crisi economica».
In termini assoluti, a fronte di 150 suicidi e 204 tentati suicidi per ragioni economiche registrati nel 2008, nel 2010 - ultimo anno disponibile - i gesti estremi sono saliti a 187 per i suicidi e a 245 per i tentativi di suicidio.
«Come associazione ci siamo attivati a livello nazionale e regionale per dar vita a un fondo di solidarietà con il fine di evitare i suicidi tra i piccoli imprenditori - afferma Bortolussi - la Regione Veneto, che presenterà questa iniziativa nelle prossime settimane, ha in serbo un provvedimento di legge con un plafond di sei milioni di euro che costituirà una prima risposta a questa grave emergenza che ha colpito soprattutto il Nordest».
«La gente non arriva a fine mese, molti si stanno suicidando, lei questi suicidi ce li ha sulla coscienza» ha detto il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, parlando in aula alla Camera rivolgendosi al presidente del Consiglio, Mario Monti, che però era assente. Si allunga sempre più la lista delle persone che hanno tentato il suicidiocome ultimo, estremo, gesto a causa della crisi. Dipendenti licenziati, giovani disoccupati, persone attanagliate dai debiti, padri di famiglia che non riuscivano più a dar da mangiare ai figli e, ultimo caso di una macabra serie, i pensionati, sempre più poveri.

La tragedia della disperazione questa volta si è consumata a Gela, in provincia di Caltanissetta, dove una donna di 78 anni si è suicidata lanciandosi dal balcone di casa, al quarto piano di uno stabile. Alla base del gesto ci sarebbe il timore di non riuscire ad arrivare a fine mese dopo la decurtazione della pensione di 200 euro (da 800 a 600 euro). Una paura che avrebbe alimentato nell’anziana una depressione culminata nel suicidio. La tragedia di Gela, l’ennesima vergogna dello Stato italiano che usa la scure con i più deboli e che invece si dimostra genuflesso quando si tratta di ingrassare le banche e foraggiare l’intera cloaca di ladri parlamentari con privilegi e vitalizi, è solo l’ultima di una lunga serie. Il tutto mentre il governo della macelleria sociale, ansioso di rendere più facili i licenziamenti, si riempie la bocca di parole come mobilità flessibilità. Dall’inizio dell’anno sono già 16 le persone che si sono tolte la vita a causa della crisi. Segnali inquietanti. Un disagio mai preso in considerazione dalle isituzioni. A riguardo il silenzio imbarazzante dei professori-tecnici va a braccetto con le dichiarazioni complici del peggiore presidente che la storia della Repubblica abbia mai avuto, Giorgio Napolitano: «Non vedo esasperazioni, nutro molta fiducia sulla capacità di comprensione degli italiani sulla necessità di affrontare i cambiamenti e sulle strade nuove che questi cambiamenti prevedono». In tutta Italia, la mappa è agghiacciante: Verona, Bologna, Ozzano Emilia, Trani, Cepagatti, Crispiano, Belluno, Lucca, Noventa di Piave, Firenze, Trento, Gela. Un suicida ogni 4 giorni dovrebbe fare riflettere, quando il Governo dice che “siamo sulla giusta strada”. Invece no. Per Mario Monti, appena rientrato dal lungo viaggio asiatico, in una intervista al quotidiano La Stampa, ha affermato: «Sono cose drammatiche, anche in Grecia i suicidi sono molto aumentati, l’unica risposta adeguata e seria che possiamo dare è quella di risanare e rilanciare il Paese». Che l’art.18 cambi o meno, i suicidi “economici” non caleranno. Perché non è questo il problema, non è qui che la disperazione della gente tocca il fondo. Il vero dramma è la speranza che non c’è più. La politica, infarcita di ladri e parassiti, l’ha tolta, agli italiani con promesse di prosperità e la realtà della ghigliottina.
 
Grecia: anziano suicida in Piazza Syntagma per la 'crisi economica'! Ieri mattina la Grecia è stata scossa dalla notizia del suicidio in piazza Syntagma di uomo di 77 anni, Dimitris Christoulas, il quale intorno alle 9 si è sparato alla testa. L'uomo era un farmacista in pensione, che aveva venduto la sua farmacia nel 1994 e che prima di uccidersi avrebbe più volte gridato di non voler lasciare debiti ai suoi figli. Diffusasi la notizia, è stato creato un evento su Facebook con l'invito di trovarsi in serata in piazza Syntagma: "Tutti a Syntagma. Non abituiamoci alla morte".
Asteris Masouras, autore di Global Voices, ha creato un pezzo su Storify  raccogliendo vari materiali online sull'evento. In particolare Twitter è stato l'ambito dove reazioni e commenti si sono succeduti in maniera costante nell'arco dell'intera giornata. 
 



MONTI "STERMINATOR" CHE LAVORA PER LA  GOLDMAN SACHS E' A CAPO DI UN GOVERNO CRIMINALE E SANGUISUGA! 
 

Goldman Sachs, il lato ombra di Draghi e Monti:

Nei giorni scorsi Le Monde ha scritto che la Goldman Sachs rappresenta il lato ombra di Mario Draghi, ex governatore della Banca d’Italia e attuale presidente della Bce. Alla lista va aggiunto anche Mario Monti. Vediamo perché.
La Goldman Sachs è la più potente banca d’affari americana, che condiziona mercati e governi. Ha detto la verità il trader indipendente Alessio Rastani, prendendosi gioco della Bbc e rilasciando un’intervista in cui dichiarava che “i governi non  governano il mondo, Goldman Sachs governa il mondo. Nel film Inside Job, del regista Charles Ferguson, la banca d’affari risulta tra le protagoniste della crisi economica innescata nel 2008 negli Stati Uniti. In questo lungo post sul mio blog trovate la storia completa.
Ma è interessante notare come gli uomini della Goldman hanno ricoperto incarichi importanti nell’amministrazione Usa, arrivando a ruoli di primo piano. Durante l’amministrazione Clinton l’ex direttore generale della Goldman Sachs, Robert Rubin, divenne sottosegretario al Tesoro. Nel 2004, Henry Paulson, amministratore delegato dalla Goldman, fece approvare alla Commissione dei Titoli e Scambi un aumento dei limiti sul rapporto di indebitamento, permettendo alle banche d’investimento di avere ulteriori prestiti da utilizzare  per manovre di speculazione. Nel 2005 Raghuram Rajan, capo economista del Fondo Monetario Internazionale (2003-2007) pubblicò un rapporto in cui annunciava il rischio che le società finanziarie, assumendo grandi rischi per realizzare enormi profitti a breve termine, avrebbero potuto far collassare il sistema economico. Nella prima metà del 2006 la Goldman Sachs vendette 3,1 miliardi di dollari di Cdo e in quel periodo l’amministratore delegato era proprio Henry Paulson. Il 30 maggio 2006 George Bush lo nominò segretario del Tesoro e fu costretto a vendere le sue azioni della Goldman, intascando 485 milioni di dollari (e grazie a una legge di Bush padre non pagò nessuna tassa).
Nell’aprile del 2010 i dirigenti della Goldman Sachs furono costretti a testimoniare al Congresso americano: Daniel Sparks, ex capo reparto mutui della Goldman (2006-2008) dovette riferire su alcune email in cui definiva certe transazioni “affari di m…”. Fabrice Tourre, direttore esecutivo prodotti strutturati della Goldman Sachs vendeva azioni che definiva “cacca”. Llyod Blankfein, presidente di Goldman, e David Viniar, vicepresidente esecutivo, sotto le pressanti domande del senatore Carl Levin furono costretti ad ammettere che sapevano di vendere spazzatura.
Purtroppo anche Barack Obama ha confermato il potere della banca d’affari. Il nuovo presidente della Federal Reserve Bank di New York (principale azionista della Fed) è William Dudley, ex capo economista della Goldman (che nel 2004 lodava i derivati). Capo del personale del dipartimento del Tesoro è Mark Patterson, ex lobbista della Goldman Sachs. A capo della Cfct si è insediato Gary Gensler, ex dirigente della Goldman Sachs che aiutò ad abolire la regolarizazione dei derivati.
Anche in Europa la Goldman manovra da tempo. Nel 1999 la Grecia non aveva i numeri per entrare nell’euro. Quindi truccò i bilanci. Su Presseurope Gabriele Crescente scrive: Nel 2000 Goldman Sachs International, la filiale britannica della banca d’affari americana, vende al governo socialista di Costas Simitis uno “swap” in valuta che permette alla Grecia di proteggersi dagli effetti di cambio, trasformando in euro il debito inizialmente emesso in dollari. Lo stratagemma consente ad Atene di iscrivere il ‘nuovo’ debito in euro ed escluderlo dal bilancio facendolo momentaneamente sparire. E così Goldman Sachs intasca la sua sostanziosa commissione e alimenta una volta di più la sua reputazione di ottimo amministratore del debito sovrano.”
Ora torniamo a Mario Draghi. Dal 2002 al 2005 è stato vicepresidente e membro del management Committee Worldwide della Goldman Sachs. Insomma: proprio nel periodo in cui in America le banche d’affari erano scatenate in manovre speculative e scavavano il baratro finanziario che si è materializzato nel 2008, trascinando il resto del mondo. Non sapeva nulla di queste tendenze l’economista italiano?
Anche Mario Monti lavora per la banca d’affari: dal 2005 è International Advisor per Goldman Sachs e precisamente membro del Research Advisory Council del “Goldman Sachs Global Market Institute”. Cioè dall’anno in cui si stava progettando la crisi economica mondiale, di cui parlerò in una conferenza gratuita.
Queste informazioni, purtroppo, la stampa italiana le ha ignorate. Ma la Rete no.  Durante la seconda puntata di Servizio Pubblico il blogger Claudio Messora ha spiegato il rapporto tra Mario Monti e la Goldman. E ha citato un articolo di Milano Finanza che – unica eccezione – ha rivelato il ruolo della Goldman Sachs nel rialzo dello spread dei titoli italiani in questi giorni. In pochi minuti su Facebook è cambiata l’opinione degli utenti all’interno di un sondaggio: prima volevano Monti presidente del Consiglio, dopo le rivelazioni hanno cambiato idea. E’ la prova che se l’informazione facesse il suo dovere avremmo meno lobby al potere e più democrazia.



Dopo aver affamato i pensionati, aumentato la benzina e l’iva, spremuto i contribuenti con nuove tasse al punto da violentare lo “stato di diritto”, adesso Mario Monti vuole i licenziamenti di massa perché lo richiede il mercato che vuole tornare a investire in Italia. Naturalmente è l’ennesima balla, perché le aziende straniere non investiranno mai un centesimo finché  regnerà la corruzione, la burocrazia, la giustizia lenta e la casta politica. Ma l’attuale premier usa le televisioni in perfetto stile berlusconiano (spiega una balla come fosse una verità) e procede nel suo progetto di ferire il tessuto sociale, favorendo l’aumento della disoccupazione in nome di una parola che sta svuotando le democrazie e impoverendo il mondo: il mercato.
E’ un metodo inaccettabile. Forse il Professore lo ha imparato lavorando per Goldman Sachs, la banca d’investimenti americana che ha contribuito a innescare la crisi finanziaria del 2008, trascinando nel baratro le economie del mondo. Una banca a delinquere accusata di truffa e finita sotto inchiesta, definita da un ex manager – poche settimane fa – “un ambiente tossico e distruttivo” che considera i clienti dei “pupazzi” a cui vendere derivati avvelenati, pensando unicamente al dio denaro. E’ questo il suo mercato, mister Monti? Non prova imbarazzo, egregio presidente del Consiglio, per l’incarico che ha ricoperto all’interno di una piovra finanziaria che rappresenta un pericolo per le democrazie mondiali?
Nella conferenza stampa in cui Monti & Company hanno fatto a pezzi l’articolo 18 nessun giornalista ha chiesto come mai il debito pubblico italiano è aumentato di 59 miliardi durante la permanenza del professore a Palazzo Chigi, sfiorando ormai i 2 mila miliardi. Oppure perché il suo governo non ha tassato i grandi patrimoni, ha abbassato la testa di fronte alla lobby dei tassisti, ha ammorbidito la posizione verso le banche, ha bloccato la vendita delle frequenze televisive (il cosiddetto Beauty contest tanto caro a Berlusconi). Eppure anche questo è mercato, no?
Diciamo la verità: l’intezione di facilitare i licenziamenti ha rivelato il vero volto di mister Monti. È un uomo del mercato: freddo, tecnico, insensibile al dolore della gente che perde il lavoro e la speranza nel futuro. Un uomo delle banche che mette al riparo i ricchi e indebita il popolo. Un alleato della Banca centrale europea di Mario Draghi, anche lui consulente della Goldman Sachs, a cui deve assicurare che gli interessi del mercato verranno salvaguardati. Insomma, un premier arrogante che pensa allo spread e lascia in lacrime gli italiani. Il suo ministro del Lavoro, Elsa Fornero, adesso dice: “O si approva la riforma del lavoro o si va tutti a casa”. Ecco, vada tranquillamente a casa mister Monti, insieme ai suoi tecnici. E si occupi con sobrietà delle sue consulenze con le banche del mercato.

La Goldman Sachs? Una banca d’affari che in Europa ha «tessuto una rete d’influenza unica sedimentata nel corso dei lustri grazie a una fitta trama sia pubblica, sia sotterranea».
A dirlo non sono i soliti quattro gatti appassionati di trame e complotti internazionali, ma quelli di Le Monde. La bibbia dei “gauche caviar” d’Oltralpe parte da Mario Monti e Mario Draghi per accusare la banca d’affari statunitense di gestire un occulto direttorio europeo capace di manovrare, in base ai propri interessi, gli uomini chiamati prima a generare e poi governare la crisi dell’euro.
La caccia di Le Monde ai Goldman’s Boy parte proprio da Mario Monti. Come ricorda il quotidiano francese il nostro premier in pectore ha collezionato non solo l’incarico di consigliere internazionale della Goldman Sachs, conferitogli nel 2005, ma anche le cariche, non proprio ininfluenti, di presidente della Commissione Trilaterale e di socio del Bilderberg Group.
Ma l’appartenenza alla Trilaterale e al Bilderberg sembrano dei requisiti irrinunciabili per tutti i Messia delle disastrate nazioni europee.
Non a caso Peter Denis Sutherland presidente non esecutivo della Goldman Sachs International, membro del Bilderberg Group e presidente onorario della Trilaterale, è stato chiamato a dirigere le operazioni per il salvataggio dell’economia irlandese. Peccato che la Commissione Trilaterale, ideata nel 1973 da David Rockfeller, venga spesso accusata di non essere non soltanto un “think tank” dedito al coordinamento delle politiche di Asia, Europa e Stati Uniti, ma un centro di potere occulto creato - scriveva il senatore repubblicano Barry Goldwater - per sviluppare «un potere economico mondiale superiore ai governi politici delle nazioni coinvolte».
Ben peggiori sono però, ricorda Le Monde, i sospetti che circondano Mario Draghi l’attuale governatore della Bce, titolare tra il 2002 e il 2005 della carica di vice presidente della Goldman Sachs International. In quel fatale 2005 la Goldman Sachs rifila alla Grecia gli strumenti finanziari indispensabili per nascondere i debiti e metter piede nell’euro. A render possibile il raggiro targato Goldman Sachs contribuisce non poco Lucas Papadémos, il premier greco, membro come Mario Monti della Commissione Triennale, chiamato oggi - al pari del “Supermario” nostrano - a salvare la patria in pericolo.
Una patria accompagnata da lui stesso sull’orlo del precipizio quando, da governatore della Banca Centrale di Atene, affida a Petros Christodoulos, un ex gestore di titoli della Goldman, lo scellerato maquillage dei conti ellenici.
Tra i Goldman’s Boys nostrani Le Monde dimentica Romano Prodi. A puntare il dito sull’ex premier dell’Ulivo ci pensa già nel 2007 il Daily Telegraph accusandolo di esser stato sul libro paga della Goldman una prima volta tra il 1990 e il 1993 e poi di nuovo dopo il 1997.
Ma alla luce dello scenario disegnato da Le Monde è assai interessante anche il “cursus honorum” di Massimo Tononi, il 47enne manager bocconiano nominato nel 2006 sottosegretario all’Economia del governo Prodi dopo una fulgida carriera in Goldman Sachs. Tornato alla Goldman dopo quell’esperienza, Tononi è oggi il presidente di Borsa Italiana, la società di proprietà del London Stock Exchange che controlla Piazza Affari. Una carica assunta lo scorso giugno, poche settimane prima del fatidico decollo dello spread. Uno di quei casi che solo Dio sa spiegare. Non a caso Lloyd Craig Blankfein, presidente dal 2006 della Goldman Sachs e grande finanziatore delle campagne elettorali di Obama, spiega così il suo mestiere di banchiere.

Cresce la lista degli imprenditori e disoccupati che, strozzati dai debiti, decidono di togliersi la vita!

Si è ucciso con un colpo alla testa venerdì scorso a Mamoiada (Nuoro) perchè era stato costretto a licenziare i suoi due figli. L'imprenditore, 55 anni, è solo l'ultima vittima della crisi: sono molti i casi di imprenditori e disoccupati, gravati dai problemi economici, che hanno compiuto gesti estremi. Ecco i precedenti.

- 27 APRILE 2012: Imprenditore edile di 55 anni, G.M. che sembra legato alla crisi che aveva messo in ginocchio la sua impresa edile, soprattutto dopo l'abbandono di un fratello socio, anche se in paese non tutti vogliono crederci.

- 24 APRILE 2012: Diego Peludo, imprenditore di 52 anni, si lancia dall'ottavo piano della sua abitazione situata in via Cilea, nel centro del Vomero, quartiere collinare di Napoli.

- 22 APRILE 2012: Un artigiano edile di Bosa, 52 anni, si suicida perchè dopo aver perso il lavoro non riusciva a mandare avanti la famiglia. L'uomo aveva chiesto aiuto anche al sindaco. I motivi del gesto lasciati in un messaggio: «Scusatemi, ma forse non è solo colpa mia».

- 13 APRILE 2012: A Donnalucata, nel ragusano, un imprenditore agricolo in difficoltà a causa della crisi economica si suicida impiccandosi. L'uomo di 28 anni, titolare di impianti serricoli, lascia moglie e due figli. Il cadavere viene ritrovato dal padre, che avverte i carabinieri.

- 13 APRILE 2012: Un imprenditore, la cui azienda è in crisi, tenta di uccidersi sparandosi un colpo di fucile in piazza a Montecchio Maggiore (Vicenza).

- 12 APRILE 2012: Un agricoltore di 53 anni si uccide ad Altivole, in provincia di Treviso, perchè non in grado di coprire una serie di debiti che gravavano sulle sue spalle. La crisi e un'annata di siccità, che avrebbe compromesso il raccolto, le cause del drammatico gesto.

- 9 APRILE 2012: Una donna di 32 anni disoccupata tenta il suicidio perchè non riusciva a trovare un lavoro in provincia di Asti.

- 5 APRILE 2012: Un artigiano edile cinquantatreenne viene trovato morto, impiccato, all'interno di una abitazione che stava ristrutturando, nel centro di Savona. Sono i colleghi a scoprire il corpo senza vita.

- 21 MARZO 2012: A Crispiano, in provincia di Taranto, un uomo di 60 anni, disoccupato da due anni e invalido civile, a causa dello sconforto per le precarie condizioni economiche, si rinchiude nello sgabuzzino della propria abitazione e tenta il suicidio impiccandosi. La moglie, non vedendolo più in casa e notando la porta del ripostiglio chiusa a chiave, si preoccupa e telefona ai carabinieri e tra grida e lacrime chiede il loro aiuto. Grazie all'intervento dei carabinieri e del personale del 118 l'uomo viene salvato.

- 20 MARZO 2012: Un uomo di 53 anni, residente in provincia di Belluno, a Sospirolo, viene trovato senza vita, impiccato, in una baracca dietro alla sua abitazione. Da qualche tempo era in difficoltà economiche non riuscendo a incassare alcuni crediti. Il gesto estremo è maturato dopo che l'uomo è stato multato e si è visto sequestrare l'auto per guida senza patente.

- 15 MARZO 2012: Una donna di 37 anni tenta il suicidio per aver perso il lavoro in provincia di Lucca. La vittima ingerisce del liquido per sgorgare gli scarichi, un prodotto fortemente tossico, e finisce in ospedale.

- 9 MARZO 2012: Un commerciante di 60 anni, in provincia di Taranto, durante la notte si toglie la vita impiccandosi in contrada 'Ciaurrò, nella Marina della cittadina jonica. La causa del gesto è da attribuirsi a problemi di natura economica.

- 9 MARZO 2012: Un falegname di 60 anni si toglie la vita a Noventa di Piave (Venezia) per motivazioni riconducibili a problemi di carattere sia economico che personale. L'uomo lascia una lettera prima di compiere il folle gesto con una corda recuperata in azienda.

- 27 FEBBRAIO 2012: A Verona un piccolo imprenditore edile, dicendo di vantare crediti con vari clienti per circa 34mila euro, si presenta in banca chiedendo un prestito di 4mila euro. L'uomo, un 50enne titolare di un'impresa edile, vistosi negare il prestito dalla sua banca, verso cui era già debitore, esce dalla filiale e si cosparge di alcol tentando il suicidio . I carabinieri della Compagnia di Verona, intervenuti sul posto lo salvano.

- 26 FEBBRAIO 2012: Un imprenditore si toglie la vita impiccandosi nel capannone della sua ditta, in provincia di Firenze. Il cadavere viene trovato dai famigliari. All'origine del gesto le preoccupazioni dell'uomo, 64 anni, per la crisi economica che aveva investito la sua azienda: questo il senso del messaggio lasciato dall'imprenditore in un biglietto ritrovato accanto al corpo. L'uomo si impicca con una corda a una trave del capannone.

- 21 FEBBRAIO 2012: Un piccolo imprenditore trentino, oppresso dai debiti, cerca di suicidarsi gettandosi sotto un treno merci, nei pressi della stazione ferroviaria di Trento. Viene salvato dal tempestivo intervento di agenti.

- 15 FEBBRAIO 2012: A Paternò, in provincia di Catania, un imprenditore 57enne si uccide impiccandosi in preda alla disperazione a causa dei debiti della sua azienda. Il cadavere viene rinvenuto in un capannone in un deposito di proprietà della ditta della quale era titolare.

- 12 DICEMBRE 2011: Un imprenditore si suicida per problemi economici a Vigonza, nel padovano. Prima di uccidersi con un colpo di pistola nel suo ufficio lascia un biglietto sulla scrivania con scritto: «Perdonatemi non ce la faccio più». Soffriva perchè costretto ad accettare la cassa integrazione per i suoi dipendenti a causa di mancanza di liquidità.

10 FEBBRAIO 2011: Un commerciante si toglie la vita impiccandosi nel suo negozio situato al centralissimo corso Umberto a Napoli. è il figlio a fare la tragica scoperta. Prima di suicidarsi l'uomo lascia un biglietto ai suoi famigliari: «Perdonatemi, non ce la faccio più».

- 13 SETTEMBRE 2010: Troppi debiti. Questa la motivazione che spinge un imprenditore 57enne a bruciare nella notte, a Firenze, il ristorante che gestiva da tre anni, e poi a togliersi la vita impiccandosi nel gazebo esterno al locale. L'uomo, secondo quanto emerso, aveva uno scoperto di 18mila euro in banca. Prima di compiere il tragico gesto, invia degli sms ai suoi collaboratori, scrivendo: «Mi avete ammazzato con le vostre pretese, non riceverete più una lira, addio, arrangiatevi». L'imprenditore doveva ai suoi dipendenti degli stipendi arretrati.

- 2 MARZO 2010 - Un imprenditore si suicida a Camposampiero, nel padovano, per le difficoltà della sua azienda.

Le banche istigano al suicidio, una procura avvia le indagini:

E' questa una delle accuse mosse da Adusbef in un esposto inviato alle maggiori procure italiane. Sono ipotizzati anche i reati di truffa, peculato, abuso d’ufficio e appropriazione indebita. La novità delle ultime ore sta nel fatto che, secondo quanto detto ad Affaritaliani.it dal presidente di Adusbef Elio Lannutti, "una delle procure ha già affidato le deleghe per l’inizio delle indagini alla guardia di finanza!"


Le banche istigano al suicidio. E' questa una delle accuse mosse da Adusbef in un esposto inviato alle maggiori procure italiane. Oltre all’istigazione al suicidio, sono ipotizzati altri reati: truffa, peculato, abuso d’ufficio e appropriazione indebita. La novità delle ultime ore sta nel fatto che, secondo quanto detto ad Affaritaliani.it dal presidente di Adusbef Elio Lannutti, “una delle procure ha già affidato le deleghe per l’inizio delle indagini alla guardia di finanza”.
L’accusa parte dalle due operazioni di Ltro. Cioè dai finanziamenti concessi dalla Bce a un tasso agevolato dell'1%. L'iniziativa ha permesso agli istituti italiani di incamerare 251 miliardi di euro. Una iniezione di liquidità che, secondo Adusbef, gli istituti hanno tenuto per sé. “Quel finanziamento – afferma Lannutti – doveva servire a immettere nuova liquidità sul mercato e aumentare la disponibilità di credito verso le aziende. E invece è stato usato per pagare i bonus dei manager o per ripianare i bilanci delle banche. Mentre la crisi ha portato una catena di fallimenti, licenziamenti e suicidi”. La nostra, prosegue Lannutti, “è una campagna contro le banche e i banchieri, che ormai si credono padroni del mondo e hanno potere di vita o di morte sui governi”. Il tono dell’esposto presentato da Abusbef è duro quanto le parole del suo presidente: “Siamo dinanzi ad un modus operandi – si legge nel testo della denuncia - che se da un lato integra l’ipotesi di una vera e propria truffa, dall’altra apre le porte ad ipotesi delittuose vicine alla distrazione di denaro pubblico per fini privatistici e riservato ai compari di merende!"

di Paolo Fiore

Notizie estrapolate in Internet da Alexander Mitrokhin






Quello che non vedrete mai su una Tv Italiana: "Le rivelazioni choc di un broker Inglese sulla reale situazione della grave crisi economica Mondiale!"


"Proteggete i vostri beni, perché nel giro di 12 mesi milioni di persone vedranno i propri risparmi andare in fumo!" E i piani di salvataggio di cui si parla? "I governi non governano il mondo. Goldman Sachs governa il mondo!" e ancora: "Noi siamo dei broker, non ci interessa molto come sistemare l'economia mondiale né come aggiustare l'intera situazione. Il nostro lavoro è solo farci soldi sopra!" Prosegue: "Personalmente era da tre anni che sognavo un momento come questo. Ho una confessione da fare: io vado a letto ogni sera sperando in un'altra recessione!" Terribilmente continua: "Io voglio aiutare le persone, tutti possono fare soldi da questa crisi, non solo le élite. Quando i mercati crollano, quando l'Euro e le grandi valute crollano, se si ha un buon piano si possono fare tanti soldi!" Ma se non si agisce in tempo sono guai. "Questa crisi economica è come un cancro che cresce sempre di più. Preparatevi tutti quanti. Non è più tempo di rimanere fermi ad aspettare!"

Fonte: http://www.youtube.com/user/chira5?feature=watch



sabato 14 aprile 2012

Titanic, la nave dei sogni! Cento anni fa il naufragio del gigante 'inaffondabile' colato a picco dopo l'urto violento con un enorme Iceberg...


Titanic   

Titanic, ultimo aggiornamento: 14 Aprile 1912, ore 11:29: Nella notte tra il 14 e il 15 aprile transatlantico orgoglio dell'ingegneria navale inglese si inabissò nelle acque dell’Oceano Atlantico. Unesco: il relitto, adagiato a quattromila metri sul fondo al largo delle coste del Canada dichiarato patrimonio culturale. Box office, 'Titanic' torna dopo 15 anni e sbanca di nuovo con oltre tre milioni. Parla la pronipote di Rose: ''La mia bisnonna ha ispirato il film''. Il gioco poco divertente, 'affondato' dai parenti delle vittime del Titanic La tragedia costò la vita a 1523 passeggeri tra i 2223 a bordo! 
Erano le 2:20 del 15 aprile quando la nave dei sogni, considerata 'inaffondabile' si inabissò nelle acque dell’Oceano Atlantico. Cent'anni fa esatti, il Titanic, il transatlantico orgoglio dell'ingegneria navale inglese, battezzato con il nome delle potentissime divinità greche proprio perché ritenuto "il più sicuro del mondo", ha scritto uno dei più tragici capitoli della storia di mare. 
Un naufragio che costò la vita a 1523 passeggeri tra i 2223 (compresi gli 800 uomini dell'equipaggio) a bordo della nave RMS (Royal Mail Ship) in viaggio per una crociera di lusso. Quella fredda notte del 15 aprile 1912 il Titanic nel suo tour inaugurale da Southampton a New York, a sud di Terranova, non riuscì ad evitare lo scontro con un iceberg che provocò lo spaccamento in due della nave: in 2 ore e 40 minuti il sogno è finito in fondo al mare.
Da quella fatale data in poi quello del Titanic ha rappresentato nell'immaginario collettivo il naufragio più disastroso della storia "ancorato nella memoria dell'umanità" come ha detto Irina Bokova, direttore generale dell'Agenzia Onu, annunciando che il relitto del Titanic verrà tutelato dall'Unesco. Adagiato a quattromila metri sul fondo dell'oceano, al largo delle coste del Canada, il relitto verrà tutelato in base alla Convenzione del 2001 per la protezione del patrimonio culturale sottomarino.
In questi cento anni dalla tragedia numerosi sono stati gli studi, i documentari e le ricostruzioni dell'affondamento del gigante dei mari. Intensa la produzione cinematografica a cominciare dal primo film del 1912, un cortometraggio muto del 1912 diretto da Étienne Arnaud. Dal titolo 'Salvata dal Titanic', la pellicola fu interpretata dall'attrice Dorothy Gibson, che era stata realmente sul Titanic, passeggera in prima classe insieme alla madre. Fu una delle poche persone che riuscì a salvarsi.
Ma è soprattutto il film di James Cameron del 1997, con Leonardo Di Caprio e Kate Winslet, a costruire intorno al disastro navale un progetto titanico che ha rispolverato la sensibilità pubblica riguardo a quella catastrofe di un secolo fa.

Oggi il film 'Titanic' di Cameron, che 15 anni fa fu premiato con 11 Oscar e che racconta la storia d'amore tra il disegnatore di umili origini Jack Dawson (Di Caprio) e la giovane aristocratica Rose Dewitt Bukater (Winslet), è stato rieditato in versione 3D. Alla sua recente uscita nelle sale cinematografiche è salito in vetta agli incassi.
Fonte: http://www.adnkronos.com

RMS Titanic

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
bussola Disambiguazione – "Titanic" rimanda qui. Se stai cercando altri significati, vedi Titanic (disambigua).
RMS Titanic
Il transatlantico britannico RMS Titanic, alla partenza dal porto di Southampton, il 10 aprile 1912
Il transatlantico britannico RMS Titanic, alla partenza dal porto di Southampton, il 10 aprile 1912
Descrizione generale
Naval Ensign of the United Kingdom.svg
Tipo Transatlantico
Classe Olympic Class
Proprietario/a White Star Line, Amministratore Delegato: (Joseph Bruce Ismay)
Costruttori Harland and Wolff
Cantiere Belfast, Irlanda del Nord
Impostata 31 marzo 1909
Completata 31 marzo 1912
Entrata in servizio 10 aprile 1912
Identificazione 131428
Destino finale affondato il 15 aprile 1912
Caratteristiche generali
Dislocamento 59.052
Stazza lorda 46.328 tsl
Lunghezza 310 m
Larghezza 40 m
Altezza 55 m
Pescaggio 18 m
Velocità 23 nodi  (43 km/h)
Capacità di carico 3.547 persone
Note
Soprannome L'Inaffondabile
voci di navi passeggeri presenti su Wikipedia
La RMS Titanic è stata una nave passeggeri britannica della classe Olympic, diventata famosa per la collisione con un iceberg nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1912 e il conseguente drammatico affondamento avvenuto nelle prime ore del giorno successivo.
Secondo di un trio di transatlantici, il Titanic, assieme alle sue due navi gemelle Olympic e Britannic, fu progettato per offrire un collegamento settimanale di linea con l'America e garantire il dominio delle rotte oceaniche alla White Star Line.[1]
Costruito presso i cantieri Harland and Wolff di Belfast, il Titanic rappresentava la massima espressione della tecnologia navale ed era il più grande e lussuoso transatlantico del mondo. Durante il suo viaggio inaugurale (da Southampton a New York, via Cherbourg e Queenstown), entrò in collisione con un iceberg alle 23:40 (ora della nave) di domenica 14 aprile 1912. L'impatto provocò l'apertura di alcune falle lungo la fiancata destra del transatlantico, che affondò 2 ore e 40 minuti più tardi (alle 2:20 del 15 aprile) spezzandosi in due tronconi.[2]
Nel naufragio persero la vita 1523 dei 2223 passeggeri imbarcati compresi gli 800 uomini dell'equipaggio.[3][4][5][3] L'evento suscitò un'enorme pressione sull'opinione pubblica e portò alla convocazione della prima conferenza sulla sicurezza della vita umana in mare.

Indice

 [nascondi

Storia [modifica]


Il Titanic in costruzione.
Il Titanic, come le navi gemelle Olympic e Britannic, era stato progettato per competere con il Lusitania e il Mauretania (transatlantici della compagnia rivale Cunard Line), che erano all'epoca le navi più lussuose, veloci e imponenti impegnate sulle rotte transatlantiche. Poiché svolgeva anche il servizio postale, le fu assegnato il prefisso RMS (Royal Mail Steamer) oltre a SS (Steam ship, nave a vapore). La nave era stata disegnata da William Pirrie, presidente della Harland and Wolff, e dall'architetto navale Thomas Andrews, che era il capo progettista.
La costruzione del RMS Titanic, finanziata dall'armatore americano John Pierpont Morgan con la sua società International Mercantile Marine Co., iniziò il 31 marzo 1909; lo scafo fu varato il 31 maggio 1911 e le sovrastrutture furono completate il 31 marzo dell'anno seguente.
Alla consegna il transatlantico costò circa 7 milioni di dollari (400 milioni di dollari odierni), il biglietto di sola andata per New York, in prima classe, costava 3.100 dollari dell'epoca (circa 70.000 dollari odierni), quello di terza classe solo 32 dollari (circa 700 dollari odierni); inviare un telegramma privato di 10 parole dal servizio telegrafico di bordo costava 2 dollari (l'equivalente di 50 dollari odierni).
Il Titanic era lungo 269 metri[6] e largo 28, aveva una stazza di 46.328 tonnellate e l'altezza del ponte sulla linea di galleggiamento era di 18 metri (53 metri l'altezza totale[3] ). Sebbene avesse la stessa lunghezza dell'Olympic, aveva un tonnellaggio lordo maggiore per via del maggiore spazio interno, dovuto principalmente alla chiusura di parte della passeggiata sul ponte "A" con finestre parzialmente apribili.

Scorcio delle eliche.
La propulsione era a vapore[7] (era un piroscafo, a differenza delle successive imbarcazioni - definite motonavi - dotate di motori diesel), con quattro cilindri contrapposti invertibili a triplice espansione (macchine alternative) più una turbina Parson a bassa pressione. Le macchine alternative del Titanic e dell'Olympic restano le più grandi mai costruite[8], occupavano quattro piani in altezza sviluppando quasi 38 MW (51.000 CV) di potenza[3] e muovevano le due eliche laterali. La turbina muoveva la sola elica centrale.

Il Titanic lascia Belfast il 2 aprile 1912
Le 29 caldaie, aventi un diametro di 5 metri ciascuna, erano in grado di bruciare circa 728 tonnellate di carbone al giorno. La velocità massima era di 23 nodi (43 km/h), inferiore di tre nodi rispetto alla velocità del Mauretania.

Il Titanic attraccato al molo nel porto di Southampton prima della partenza.
Solamente tre dei quattro fumaioli erano funzionanti, il quarto aveva solo la funzione di presa d'aria e fu aggiunto per rendere la figura della nave più imponente; erano dipinti in giallo e nero, come voleva la tradizione della White Star, mentre il rosso era il colore della Cunard.
La nave aveva una capacità utile di 3547 persone tra passeggeri ed equipaggio. L'allestimento di bordo comprendeva tra l'altro una piscina coperta di metri 9x4 nel ponte D su modello dell'Olympic (per la prima volta su una nave), una palestra, un bagno turco e un campo di squash. Le cabine di prima classe erano rifinite con la massima sfarzosità. C'erano 34 suites, ognuna delle quali dotata di soggiorno, sala di lettura e sala da fumo; ogni suite era arredata in stile diverso. Erano disponibili tre ascensori per la prima classe e, come novità, un ascensore anche per la seconda classe. La terza classe valeva la seconda sulle altre navi, ed era decorata con legno di pino verniciato di bianco, pareti smaltate e sedie di teak. Nel ristorante di terza classe era collocato un pianoforte.
Il Titanic era un gioiello di tecnologia ed era ritenuto «praticamente inaffondabile»[9][10]. La sua stazione radio era considerata (con l'Olympic) la più moderna e potente mai installata su un bastimento[11]: la portata raggiungeva una distanza di 400 miglia e le antenne erano collocate sui due alberi maestri ad un'altezza di 60 metri e distanti tra loro 180 metri (in caso di emergenza, il generatore elettrico poteva essere sostituito da un generatore diesel). Il ponte lance era dotato dalle nuovissime gru "Welin", in grado di sostenere complessivamente 32 scialuppe di salvataggio e ammainarne 64[8] (alla fine furono montate soltanto 16 scialuppe). La chiglia della nave aveva un doppio fondo cellulare e lo scafo era suddiviso in 16 compartimenti stagni, le cui porte a ghigliottina si potevano chiudere automaticamente dal ponte di comando (in mancanza di energia elettrica si potevano chiudere sfruttando la forza di gravità). Questi comparti, però, non attraversavano tutta l'altezza dello scafo ma si fermavano al ponte E (più o meno a metà dello scafo, per dare più spazio alla disposizione delle sale). Il Titanic avrebbe potuto galleggiare anche con due dei compartimenti intermedi allagati oppure con tutti i primi quattro compartimenti di prua allagati. Lo scontro con l'iceberg causò però l'allagamento dei primi cinque compartimenti prodieri.

Gli interni [modifica]

Il Titanic rappresentava un'innovazione anche nello sfarzo con il quale erano decorate le sale e le cabine. Le sale adibite dai passeggeri di prima classe erano disposte dal ponte aperto al ponte E. Gli interni principali erano i seguenti:

Lo scalone di prima classe.

La sala di lettura e di scrittura.
  • Il grande scalone di prima classe, una scala che collegava tutti i ponti riservati alla prima classe, dal ponte aperto al ponte E. Lo scalone era arredato in stile Luigi XVI ed era sormontato al ponte aperto da una grande cupola in vetro e ferro battuto che illuminava l'intero ambiente. Il corrimano del pianerottolo del ponte A era decorato da una grande lampada bronzea raffigurante un cherubino. Sui pannelli dei pianerottoli di mezzo ponte erano situati grandi quadri. La grande scala sfociava al ponte D nella sala di reception, con un grande candeliere di 21 lampade. Sul retro della scala erano situati tre ascensori, decorati nello stesso stile. Un ambiente identico ma rivestito di pannelli di legno chiaro collegava i ponti A, B, e C, ed era utilizzato come sala di reception per i ristoranti del ponte B.
  • Il salone, situato fra il secondo e il terzo fumaiolo. L'ambiente era stato ideato per i passeggeri che desiderassero trascorrere il tempo leggendo, giocando a carte, bevendo il tè o ascoltando la musica dell'orchestra. La sala era decorata da grandi pannelli in quercia in stile Luigi XV, i cui motivi ornamentali erano stati tratti dal palazzo di Versailles. Su un lato della sala era situato un piccolo camino in marmo, sulla quale poggiava una statuetta di Artemide. Al centro della sala un grande lampadario illuminava l'ambiente.
  • La sala di scrittura e di lettura, ideata per le signore, che qui si potevano riunire ad ogni ora del giorno. La sala era arredata in stile georgiano, ed era disposta in due ambienti separati da un grande arco sostenuto da colonne con capitelli corinzi.
  • La sala fumatori, situata tra il terzo e il quarto fumaiolo. Gli uomini potevano raggiungere la sala durante tutta la giornata, ma soprattutto dopo cena. Era arredata in stile Georgiano (Settecento inglese), con grandi pannelli in mogano scuro e intarsi di madreperla. A decorare la sala vi erano anche grandi vetrate colorate illuminate artificialmente. Le finestre che davano sul ponte di passeggiata erano decorate con scene di porti di tutto il mondo.

Il "Café Parisien".
  • Le due piccole salette dei rampicanti, due ristoranti dalla quale si poteva accedere dal ponte di passeggiata o da una porta girevole dalla sala fumatori. Le grandi finestre davano l'impressione di stare all'aria aperta.
  • Il ristorante "A la carte", un ambiente esclusivo situato sul ponte B, decorato in stile Georgiano. Qui i passeggeri potevano recarsi ad ogni ora, ed ordinare qualsiasi tipo di piatto. Il dirigente di questo ristorante era l'Italiano Gaspare Pietro Antonio Luigi Gatti[12].
  • Il caffè Parigino, dove si poteva gustare lo stesso menù del ristorante adiacente. L'ambiente era ideato per assomigliare a una tipica passeggiata parigina, completa di piante rampicanti e mobili in vimini.[13]
  • La sala di reception, situata sul ponte D, decorata in stile Seicento inglese, con grandi pannelli laccati bianchi e finestre impreziosite da decorazioni in ferro battuto. Poltrone, sedie, divani e tavolini erano in vimini con rivestimenti bordeaux. In un angolo della sala era collocato un grande piano a coda. Prima di cenare i passeggeri potevano prendere un aperitivo e ascoltare la musica dell'orchestra.
  • La grande sala da pranzo, dove i passeggeri si recavano per cena. Era lunga 35 metri e poteva ospitare circa 500 persone. Era arredata come la sala di reception (stile Giacobiano). L'ambiente era illuminato grazie a moltissime plafoniere. Le sedie del salone erano rivestite in pelle verde mentre le pareti e il soffitto erano stuccati di bianco.
Le cabine di prima classe erano le più eleganti di qualsiasi altro transatlantico. Erano arredate in vari stili[3] (Reggenza, Olandese moderno, Olandese Antico, Impero, Luigi XV, Luigi XVI, Regina Anna, Georgiano e Rinascimento Italiano). Per i passeggeri più abbienti erano disponibili le suites[14]: 2 presidential suites e 2 royal suites. Le royal suites (b56-b54) erano decorate in stile Luigi XVI e comprendevano un soggiorno, tre camere da letto (2 singole e 1 matrimoniale), due bagni privati, due guardaroba e un ponte di passeggiata privata.

Il viaggio inaugurale [modifica]

La nave partì per il suo primo e unico viaggio il 10 aprile 1912 da Southampton (Regno Unito) verso New York, comandata dal capitano Edward John Smith. Per lui, il viaggio del nuovo transatlantico costituiva l'ultimo comando prima del pensionamento, e rappresentava il coronamento di una lunga e brillante carriera durata oltre 40 anni[5]. In una sua celebre dichiarazione aveva affermato di non riuscire a immaginare alcun tipo di infortunio che potesse accadere a questi nuovi transatlantici, poiché la tecnica di costruzione era andata ben oltre.[11] Egli volle al suo fianco un comandante in seconda più esperto di quello che gli era stato assegnato e all'ultimo momento chiese alla Compagnia di trasferire Henry Wilde al Titanic almeno per il viaggio inaugurale[11]. Wilde, che prima si trovava sull'Olympic, subentrò così a William Murdoch, il quale retrocesse al rango di 1° ufficiale; il 1° ufficiale Charles Lightoller diventò il 2° mentre il 2° fu trasferito. Sembra che Wilde non fosse entusiasta dell'improvviso cambiamento e prima dello scalo a Queenstown scrisse alla sorella: "Questa nave continua a non piacermi, mi dà una strana sensazione".[11]

Il ponte lance.

Il Titanic al momento della partenza.

Il capitano Edward John Smith.
Molti passeggeri della seconda classe, precedentemente prenotati su altre navi, vennero dirottati sul Titanic a causa di uno sciopero del carbone. Tra loro viaggiava il ceto medio della popolazione: impiegati, insegnanti, commercianti, ecc. La terza classe era affollata di emigranti provenienti da tutte le parti del mondo ed erano coadiuvati dall'interprete di bordo, il tedesco Muller.
In prima classe erano imbarcati alcuni degli uomini più in vista dell'epoca. Tra questi vi era il milionario John Jacob Astor IV, possessore di 150 milioni di dollari[11] e proprietario di alcuni preziosi immobili tra cui il noto Waldorf-Astoria Hotel di New York[15]. Vi erano inoltre l'industriale Benjamin Guggenheim (il cui fratello era titolare dell'omonima fondazione d'arte)[16], Isidor Straus [3] (proprietario del centro commerciale Macy, ancora oggi considerato il più grande negozio del mondo) e la moglie Ida, Washington Roebling (figlio del costruttore del ponte di Brooklyn), il Consigliere presidenziale statunitense Archibald Butt (che tornava in America dopo una missione diplomatica in Vaticano), Arthur Ryerson (il magnate americano dell'acciaio), George Widener (figlio del magnate dell'industria tranviaria statunitense), il giornalista William Thomas Stead, la contessa di Rothes, lo scrittore Helen Churchill Candee, lo scrittore Jacques Futrelle[3], i produttori di Broadway Henry e Irene Harris, l'attrice cinematografica Dorothy Gibson, la milionaria Margaret "Molly" Brown, Sir Cosmo Duff-Gordon e sua moglie, la contessa Lady Lucille Duff-Gordon, George Elkins Widener e la moglie Eleonora, John Borland Thayer e molti altri[12]. Avevano invece rinunciato al viaggio Lord Pirrie e l'ambasciatore americano a Parigi.
In prima classe viaggiava anche l'amministratore delegato della White Star, Joseph Bruce Ismay, che ebbe l'idea di costruire la nave e ne scelse il nome. Era pure presente il principale progettista, Thomas Andrews, che voleva constatare di persona gli eventuali problemi del primo viaggio. Andrews perse la vita nel naufragio, mentre Ismay si imbarcò sull'ultima scialuppa disponibile, un battello pieghevole del tipo "Engelhardt".[11]
A causa del risucchio causato dalla partenza del Titanic, la piccola nave New York, ormeggiata nelle vicinanze, ruppe gli ormeggi e si avvicinò pericolosamente al gigante[6]. Il mancato incidente causò il ritardo di un'ora.
Dopo avere attraversato La Manica il Titanic arrivò in serata a Cherbourg, in Francia, dove sostò con tutte le luci accese, per poi partire alla volta di Queenstown (oggi Cobh) in Irlanda[6], dove caricò numerosi emigranti irlandesi. Ripartì da Queenstown alle 13.30 dell'11 aprile. L'ultima foto del Titanic in navigazione verso New York venne scattata poco prima che doppiasse la roccia di Fastnet.

Le ultime ore [modifica]


L'unica fotografia disponibile dell'iceberg che affondò il Titanic, immortalato pochi giorni dopo il disastro dal marinaio ceco Stephan Rehorek.[17]

« Anche il giovane Thayer fu colpito dalla bellezza del mare e del cielo, quella notte, giacché, indossato un caldo soprabito sull'abito da sera, passeggiò per qualche minuto su e giù per il ponte lance, deserto e solitario, dove il vento fischiava tra gli stralli e dai fumaioli uscivano torrenti di fumo nerastro. «Era una notte stellata», ricordò poi. «Non c'era luna e non avevo mai visto le stelle brillare più fulgide; sembrava che volessero staccarsi dal cielo. Era una di quelle notti in cui ci si sente felici di essere al mondo» »

Il 14 aprile, dopo quattro giorni di navigazione, intorno alle 13:30 il capitano consegnò a Bruce Ismay un messaggio appena ricevuto dal vapore Baltic, che segnalava la presenza di ghiaccio a 400 km sulla rotta del Titanic': tuttavia, il capitano non diminuì la velocità. Il direttore della White Star non diede eccessivo peso alla cosa e giudicò sufficiente spostare la rotta del transatlantico sulla Outward Southern Track, un corridoio di navigazione concordato per le navi di linea[18]. I due uomini discussero anche della velocità decidendo di portarla al massimo possibile[8]. Nelle ultime 24 ore, infatti, erano state percorse ben 546 miglia e c'era la possibilità di arrivare a New York con un giorno di anticipo[11]. Non fu mai chiarito di chi fu la responsabilità finale della decisione.
Comunque, l'eventualità di incontrare ghiacci era un fatto assolutamente normale e le navi di linea erano solite mantenere alta la velocità per assicurare l'orario. Questa verità fu confermata durante l'Inchiesta Britannica successiva al disastro, quando parecchi comandanti (John Pritchard, William Stewart, Alexander Fairfull, Andrew Braes e molti altri) furono interrogati a riguardo. La velocità veniva ridotta solo in caso di effettivo avvistamento, ma finché la visibilità era buona e le vedette allertate si poteva procedere normalmente. Durante il processo sulle cause del naufragio, vi fu chi ipotizzò che la compagnia di navigazione avesse espressamente richiesto di rimanere al di sopra dei 20 nodi di velocità al fine di assicurarsi il prestigioso "Nastro Azzurro" ("Blue Ribbon").[11]
Alle 13:45 arrivò un messaggio di "segnalazione ice berg" dal piroscafo Amerika, che inspiegabilmente non giunse al ponte di comando, mentre nel pomeriggio un altro avviso, questa volta dal Mesaba, non fu consegnato. I marconisti erano impegnati nell'invio dei numerosi messaggi privati dei passeggeri, che fin dal giorno prima si erano accumulati a causa di un guasto momentaneo all'apparecchiatura radio (i cavi del trasformatore secondario si erano bruciati)[11].
Verso le 21:00, la temperatura era scesa a un grado sopra zero e l'ufficiale di turno - Lightoller - aveva avvertito il maestro d'ascia che la scorta d'acqua sarebbe probabilmente stata gelata[11]. Circa a quell'ora, il comandante salì in plancia e discusse con Lightoller le condizioni eccezionalmente calme del mare. Prima di ritirarsi in cabina, Smith ordinò di chiamarlo se fosse accaduto qualcosa di strano[18] e di diminuire la velocità in caso di foschia[11]. L'abbassamento della temperatura indicava probabilmente che si stavano avvicinando ad un banco di iceberg[8] e Lightoller disse alle vedette di prestare attenzione ai ghiacci galleggianti, soprattutto a quelli di ridotte dimensioni detti growlers[11].
Alle 22.00, il 1° ufficiale Murdoch subentrò a Lightoller, dal quale ricevette gli ordini del comandante. Mezz'ora più tardi, Murdoch rispose ad un messaggio per mezzo di una lampada Morse proveniente dal piroscafo Rappahannock, che incrociò il Titanic alle 22.30: lo informava di essere appena uscito da una banchisa circondata da iceberg.[11] Lo stesso Murdoch ordinò al lampista di chiudere i boccaporti sul castello di prua, in modo che la luce non ostacolasse la visuale delle vedette,[8] senza però risolversi a ridurre la velocità della nave. L'esperienza aveva infatti dimostrato che in condizioni normali una massa di ghiaccio era visibile grazie alle onde che si increspavano alla sua base. Tuttavia, con un mare assolutamente piatto come in quel momento, il margine di sicurezza era molto ridotto[11]. Durante l'inchiesta britannica, Lightoller specificò che «l'oceano era liscio come la superficie di un tavolo o di un pavimento; era un fatto veramente eccezionale»[11].
Alle 23:00, un importantissimo marconigramma giunse infine dal mercantile Californian, che sostava bloccato nella banchisa a poche decine di miglia a nord-ovest dal Titanic: nel messaggio veniva segnalata la presenza di un enorme campo di iceberg proprio sulla rotta del transatlantico, ma anche questo messaggio non venne recapitato in plancia. Anzi, il marconista Phillips rimproverò l'operatore del Californian per aver interrotto il suo lavoro con la stazione telegrafica di Capo Race, a Terranova.
In generale, il risultato fu un atteggiamento di leggerezza e di eccessiva sicurezza che si impadronì di tutto l'equipaggio.[19]

Collisione [modifica]

Alle 23:35 (ora locale della nave, UTC-3), le vedette Frederick Fleet e Reginald Lee[20] videro un iceberg di fronte alla nave. Gli iceberg che affollano le rotte atlantiche settentrionali provengono sempre dalla costa occidentale della Groenlandia o dal Labrador ed impiegano 2 - 3 anni per giungere al 41° di latitudine nord, sospinti prima dalla fredda Corrente del Labrador che li preserva, poi dalla calda Corrente del Golfo che li scioglie lentamente. L'avvistamento avvenne "a occhio nudo" a causa della mancanza dei binocoli, e quindi in ritardo. La mancanza dei binocoli - si appurò al processo - era imputabile alla fretta di dover salpare da Southampton nei tempi previsti, ragione per cui non furono distribuiti a bordo già alla partenza[1]. Il motivo è anche spiegabile col rimpasto dell'equipaggio voluto dal comandante, in quanto il 2º ufficiale Blair (sostituito da Lightoller) prima del trasferimento diede istruzione di togliere dalla coffa i binocoli che lui stesso aveva portato[11].
Dopo l'avvistamento, Fleet suonò tre volte la campana e telefonò al ponte di comando. Murdoch virò immediatamente a sinistra ordinando di mettere le macchine "indietro tutta", ma la nave viaggiava alla velocità di circa 22,5 nodi (velocità calcolata subito dopo dal 4º ufficiale Boxhall) e non riuscì a rallentare nel tempo necessario ad evitare l'impatto, in virtù dell'abbrivo del transatlantico.
Dopo il ritrovamento del relitto, in base alla posizione geografica si scoprì che la velocità effettiva al momento della collisione era di circa 20,5 nodi. Inoltre, a posteriori è stato ipotizzato che se Murdoch avesse mantenuto la direzione, la nave avrebbe subìto un violento impatto frontale contro l'iceberg, danneggiando i primi due compartimenti stagni e potendo probabilmente continuare la traversata verso New York. Il ghiaccio strisciò sulla dritta piegando le lamiere e provocando sei diversi squarci sotto la linea di galleggiamento. L'iceberg fotografato giorni dopo sul luogo del disastro pare esser proprio quello incriminato in quanto appariva colorato da due strisce, una rossa e la sottostante nera, i colori del Titanic.
La collisione non fu avvertita in maniera significativa dai passeggeri e solo chi si trovava sul ponte si accorse della presenza dell'iceberg, pur senza rendersi conto della gravità dell'evento. Lightoller, che in quel momento si trovava lecitamente a letto nella sua cabina, testimoniò di aver provato soltanto «un'interruzione nella monotonia del movimento». In seguito i superstiti descrissero l'impatto come «il rotolare di migliaia di biglie», come «se qualcuno avesse strusciato un enorme dito contro la fiancata della nave», o come se «un pezzo di stoffa si fosse lacerato».[8] Ben diversa fu la reazione giù in sala macchine, dove i fuochisti erano intenti ad alimentare le caldaie. Uno di essi diede la seguente testimonianza: «All'improvviso la murata di dritta parve rovinarci addosso. Si sentì come uno scoppio di arma da fuoco e l'acqua cominciò a scorrere intorno; ci gorgogliò tra le gambe e noi ci precipitammo con un balzo nel compartimento successivo chiudendoci alle spalle la porta stagna. Non pensai, e nessuno lo pensò in quel momento, che il Titanic avrebbe potuto affondare» [21].

Prime fasi dopo l'impatto [modifica]

Mentre l'acqua cominciava ad invadere i compartimenti furono immediatamente chiuse le porte stagne e il capitano Smith ordinò di scandagliare la nave. Secondo gli studi compiuti durante la progettazione, la nave sarebbe potuta rimanere a galla anche con quattro compartimenti allagati in successione, ma non se ad essi se ne aggiungeva un quinto (le sei fessure aperte dall'iceberg interessarono infatti i primi cinque compartimenti prodieri). Inoltre, le paratie stagne non superavano il ponte "E", che si trovava all'incirca a metà dell'altezza della nave. A causa di questo, l'affondamento della prua avrebbe fatto tracimare l'acqua verso gli altri comparti rendendo pressoché inutile il lavoro delle pompe elettriche.
I calcoli effettuati da Thomas Andrews rivelarono che il transatlantico sarebbe affondato entro un'ora e mezza o due ore al massimo[8][11]. Fu dato quindi l'ordine di abbandonare la nave secondo le regole: Wilde si occupò delle scialuppe, Murdoch chiamò i passeggeri a raccolta, il 6º ufficiale Moody preparò la lista delle assegnazioni di ogni barca, il 4º fu mandato a svegliare gli altri[8]. Bisognava assolutamente evitare di diffondere il panico, per quanto la situazione sembrasse ancora relativamente sicura. In effetti, l'unica anomalia era costituita dal terribile sibilo del vapore che fuoriusciva dalle valvole dei fumaioli, onde impedire lo scoppio delle caldaie. Lightoller raccontò che il vapore faceva un tale frastuono che mille locomotive rombanti in un tunnel non sarebbero riuscite ad eguagliarlo. Perfino i marconisti, il cui alloggio si trovava dietro la base del fumaiolo n. 1, avevano difficoltà a sentire le trasmissioni radio. «Non sentiamo nulla per il rumore del vapore», fu il messaggio ricevuto una ventina di volte dal piroscafo giapponese Ypiranga. In seguito, il comandante riuscì a farlo diminuire.[11]
Il Titanic era dotato di 3.560 salvagenti individuali ma di sole 16 scialuppe (più 4 pieghevoli) per una capacità totale di 1178 posti, insufficienti per i passeggeri e l'equipaggio. Le operazioni di carico si svolsero rispettando l'ordine del capitano, che indicava di far salire "prima le donne e i bambini".[22][23] L'equipaggio equivocò questo ordine impedendo agli uomini di salire sulle scialuppe, ma in realtà il capitano intendeva dire che gli uomini avrebbero potuto salire in seguito se fosse rimasto spazio libero.[24] La prima scialuppa fu calata alle 00:40 dal lato destro con sole 28 persone a bordo; poco dopo ne fu calata una con solo 12 persone, sebbene le loro capacità fossero di 65 passeggeri. Sprecando tre quinti dei posti disponibili, molte delle scialuppe vennero calate in mare mezze vuote.
Da parte loro, i passeggeri tendevano a considerare la faccenda uno scherzo: se qualcuno aveva il salvagente veniva preso in giro, mentre altri esibivano blocchetti di ghiaccio come souvenir[11]. L'orchestra si posizionò addirittura nel salone di prima classe e cominciò a suonare musica sincopata; si spostò poi all'ingresso dello scalone sul ponte lance.

I componenti dell'orchestra suonarono durante il naufragio.

« Tutto avveniva in termini così formali che era difficile rendersi conto della situazione. Uomini e donne, in piedi, a gruppetti, conversavano. Era uno spettacolo irreale, sembrava un dramma recitato per divertimento. Gli uomini, dopo aver fatto accomodare una signora sulla lancia, dicevano "dopo di lei" e facevano un passo indietro. Molti fumavano, altri passeggiavano.[25] »
Un'altra testimonianza riporta:

« Un po' di tempo dopo, non ricordo con precisione ma comunque parecchio tempo dopo, fu dato l'ordine a tutte le scialuppe di raggrupparsi e uno degli ufficiali disse che non erano state caricate al massimo. In effetti i passeggeri non erano ben distribuiti: ad esempio sulla mia scialuppa non c'era nessuno in grado di remare. L'ufficiale disse allora che, siccome non era stata caricata correttamente, l'avrebbe vuotata, trasferendo due persone su una, quattro sull'altra, tre in un'altra ancora e sei in un'ultima. Nel corso di tutti questi spostamenti, particolarmente angoscianti nel mezzo di un oceano nero per l'oscurità della notte, io mi trovai separato da mia madre.[26] »
I passeggeri di prima e seconda classe ebbero facile accesso al ponte lance tramite le scale che conducevano al ponte, mentre i passeggeri di terza ebbero notevoli difficoltà a trovare il percorso. Del totale dei passeggeri di terza classe se ne salvò solo un terzo, dando origine alla "leggenda" - supportata da alcune testimonianze - secondo cui vennero intenzionalmente trascurati.[27]

La posizione registrata del Titanic al momento dell'impatto fu 41° 46' N 50° 14' O. Il relitto fu trovato al 41° 43' N 49° 56' O.
L'ordine di far salire donne e bambini di terza classe sul ponte lance pare che arrivò alle 00.30, quando un cameriere guidò piccoli gruppi di persone attraverso il dedalo di passaggi e il largo corridoio detto "Scotland Road" sul ponte E[11].
Intanto, poco dopo mezzanotte, il 4º ufficiale Boxhall scorse le luci di una nave a circa 10 miglia di distanza (si trattava del Californian) e fu autorizzato da Smith a sparare gli otto razzi di segnalazione, uno ogni cinque minuti, senza alcun risultato.[11][8]. Più o meno allo stesso momento, il comandante si recò personalmente in sala radio a consegnare una richiesta di aiuto ai due marconisti[11], i quali, dopo aver usato il CQD, a partire dalle 00.45 cominciarono ad inviare l'SOS, il nuovo segnale di soccorso che aveva sostituito ufficialmente dal 1908 il precedente CQD. I marconisti si servivano raramente del nuovo segnale, che cominciò ad essere utilizzato universalmente dopo che Harold Bride lo usò a bordo del Titanic. A quell'epoca, inoltre, non tutte le navi avevano un servizio radio. Diversi bastimenti risposero tra cui l'Olympic[28], ma erano tutti troppo lontani per intervenire in tempo.
La nave più vicina era il Carpathia, distante 58 miglia; il marconista Cottam restò allibito quando ricevette un messaggio di soccorso dal celebre transatlantico al viaggio inaugurale e svegliò di corsa il capitano Arthur Rostron per comunicare la notizia[11]. Subito fu dato ordine di invertire la rotta e dare tutto vapore, ma il Carpathia sarebbe giunto sul posto in non meno di quattro ore. Nell'ultimo messaggio captato dal Carpathia, alla 1:45, il marconista inviò: «Vieni il più presto possibile, amico. La nostra sala macchine si sta riempiendo fino alle caldaie.»[29]
Un'ora dopo l'impatto con l'iceberg, il Titanic aveva imbarcato almeno 25 milioni di litri d'acqua[30] e la situazione cominciò ad assumere aspetti drammatici; il ponte di prua si stava inondando e tutte le scialuppe tranne due si erano già allontanate. A bordo rimanevano ancora più di 1.500 persone. Alcuni passeggeri tentarono di assaltare le ultime lance e il 5º ufficiale Lowe si vide costretto a sparare alcuni colpi di pistola in aria per allontanare la folla[8]. Anche il Commissario di bordo sparò due colpi di pistola in aria, mentre Murdoch sventava un assalto alla barca n. 15[11].
Archibald Gracie ricorderà in seguito che l'orchestra di bordo continuò a suonare almeno fino all'1.40 circa[31]. Riferì anche che alcuni suoi conoscenti (i signori Millet, Moore, Butt e Ryerson), una volta accortisi che non c'erano più scialuppe, si misero a giocare a carte indifferenti a quel che accadeva[32]. La signorina Katherine Gold (una cameriera che si trovava a bordo di una delle lance) vide da lontano tanti uomini seduti sul ponte A al suono di un ragtime. Udì anche un valzer ma non ricordò quale[31].
L'ultimo brano suonato dall'orchestra fu un inno religioso, forse Autunno o più probabilmente Nearer, My God, to Thee (Più vicino a te, mio Dio). Particolarmente preziosa è la recente testimonianza di Eva Hart, che all'epoca del disastro aveva 7 anni:

« Non c'è dubbio su quello che suonarono. Quando eravamo in acqua si misero a suonare una delle tre versioni di Nearer, My God, to Thee. Ne esistevano tre diverse versioni e quella che eseguirono la ascoltavo sempre in chiesa. In America quella versione non c'era ed è per questo che gli americani sostengono che non era quello il motivo suonato.[33] »
Tutti i musicisti morirono nel naufragio.

Fasi finali dell'affondamento [modifica]

Secondo le testimonianze dei sopravvissuti, e tramite le ricostruzioni effettuate grazie al relitto, si è stabilito che verso la 1.30 la prua della nave era completamente sommersa, con la poppa fuori dall'acqua. Prima di ritirarsi in plancia, sembra che il capitano abbia invitato i passeggeri ad esser galantuomini («Be English!», siate inglesi), diramando poi l'ordine «Save yourselves, if you can!» (si salvi chi può) liberando l'equipaggio dal suo lavoro.
Thomas Andrews, il costruttore, aveva trascorso le ultime ore cercando di rassicurare passeggeri e camerieri incitandoli ad indossare i salvagente («Dabbasso è in pezzi ma non affonderà se reggono le paratie poppiere»)[34]. Alla fine fu visto dal cameriere John Stewart, in piedi, nel salone fumatori, con lo sguardo fisso su un quadro: Il porto di Plymouth, del pittore Norman Wilkinson.[35] Il cameriere (che riuscì a salvarsi) gli chiese se non voleva fare nemmeno un tentativo, ma Andrews «restò lì come inebetito»[11].
Anche per Benjamin Guggenheim si ha una testimonianza curiosa, secondo la quale egli rifiutò il salvagente indossando l'abito da sera insieme al suo segretario. «Ci siamo messi gli abiti migliori e affonderemo come gentiluomini.»[35][11][8] La frase passò alla storia ma non è chiaro a chi fu rivolta.
Il direttore del ristorante, monsieur Gatti, se ne stava in disparte in mantello e tuba, mentre il milionario J.J. Astor - che si era visto rifiutare da Lightoller un posto nella scialuppa n. 4 accanto alla moglie[8] - rimase sul ponte lance fino alla morte. Si disse che mise in testa ad un ragazzino un cappello da bambina dicendo «ecco, adesso puoi andare»[11].

Poco dopo le 2:00, Lightoller tentò di calare in mare il battello pieghevole B arrampicandosi sul tetto degli alloggi ufficiali, ma non ci riuscì. Il pieghevole A venne portato via dal risucchio galleggiando capovolto. Il D venne calato in mare con 44 persone a bordo (la capacità era di 47) dopo che Lightoller e i suoi marinai lo difesero dall'assalto dei passeggeri tenendosi per le mani formando una catena umana[8]. Queste lance erano le ultime scialuppe rimaste a disposizione. Il colonnello Gracie riferì che in quel momento una folla immensa proveniente dai piani inferiori emerse coprendo tutto il ponte lance: si trattava dei passeggeri di terza classe rimasti fino ad allora sottocoperta[8]. Circa un centinaio di persone si radunarono intorno a due sacerdoti e cominciarono a recitare il rosario[36]. Con loro arrivarono anche tutti i macchinisti, che avevano lavorato alle pompe ritardando il più possibile l'affondamento e assicurando la luce elettrica fino quasi alla fine. I macchinisti morirono tutti[37].

L'affondamento in un dipinto d'epoca di Willy Stower.
Verso le ore 2:10 la poppa si era sollevata al punto da formare un angolo di 30° con la superficie del mare, stagliandosi contro il cielo stellato. La forza terrificante generata dall'emergere dello scafo provocò il lento schiacciamento della chiglia e la dilatazione delle sovrastrutture, che portarono lo scafo quasi al punto di rottura[30]. Secondo i calcoli effettuati dagli scienziati della spedizione del 1997[38], sul Titanic agì in quel momento una pressione di tre tonnellate per centimetro quadrato. La ciminiera di prua si staccò, mentre l'acqua ruppe i vetri della cupola e inondò lo scalone riversandosi nella nave.
Il testimone oculare Jack Thayer, da bordo di una lancia, rese questa testimonianza:

« Il ponte era leggermente girato verso di noi. Si vedevano mucchi dei quasi 1500 passeggeri rimasti a bordo che si affastellavano come sciami d'api, ma solo per ricadere a gruppi, a coppie, da soli, mentre circa 80 metri di scafo si alzavano formando con la superficie un angolo di circa 70°. Poi la nave, e con essa il tempo stesso, sembrarono fermarsi. Infine, gradualmente, il ponte si girò, come a voler nascondere l'orrendo spettacolo alla nostra vista. »

(Testimonianza di Jack Thayer[8])
Alle ore 2:15 il circuito elettrico dell'intero scafo si interruppe all'improvviso e si udirono rumori cupi di "strappi e fratture"[39], come se le caldaie e le macchine si fossero staccate dalle loro sedi precipitando in avanti; la poppa sembrò improvvisamente arretrarsi e abbassarsi, evidente segno che lo scafo si era spezzato in due tronconi. Le testimonianze contraddittorie dei superstiti fanno pensare che la rottura non si sia verificata fuori dalla superficie dell'acqua, e ciò che sicuramente si vide fu la repentina minore inclinazione della parte poppiera[40].
Jack Thayer riferì ancora:

« Improvvisamente, tutta la struttura del Titanic sembrò rompersi in due, abbastanza chiaramente sulla parte anteriore, una parte s'inclinava e l'altra si ergeva verso il cielo.[41] »
Lawrence Beesley aggiunse:

« Prima che il ponte fosse completamente sommerso, il Titanic s'innalzò verticalmente per tutta la sua lunghezza e, forse per 5 minuti, vedemmo almeno 150 piedi della nave alzarsi sopra il livello del mare, diretta contro il cielo; poi precipitando obliquamente disparve sott'acqua.[42] »
L'acqua penetrò all'interno della crepa di spezzamento e velocizzò l'affondamento del troncone di prua (nonostante ancora non si sia completamente staccato dal troncone di poppa), consentendo alla poppa di rialzarsi perpendicolarmente; nel frattempo la prua si staccò e si inabissò, lasciando galleggiare la poppa per qualche minuto[43].
Il colonnello Gracie, che era stato risucchiato in acqua da un vortice poco prima della fine[29], scrisse nel suo libro La verità sul Titanic:

« Nella zona di cui parlo, fin dove riuscivo a vedere, salivano al cielo le grida più atroci mai udite da uomo mortale, se non da chi sopravvisse a quella terribile tragedia. I gemiti e i lamenti dei feriti, le urla di chi era in preda al terrore e lo spaventoso boccheggiare di chi annegava, nessuno di noi lo dimenticherà più fino al giorno della sua morte. »

Alle 2:20 anche la parte poppiera si inabissò, portando a termine la breve vita del Titanic.

Ricostruzione a posteriori della dinamica dell'affondamento[44] [modifica]

Alle inchieste parallelamente aperte dal Congresso statunitense e dal Ministero del Commercio britannico che seguirono il naufragio, tra l'aprile ed il luglio 1912 , alcuni testimoni indicarono che - come effettivamente appurato al momento del ritrovamento del relitto settant'anni più tardi - lo scafo si squarciò rompendosi in due tronconi (un testimone addirittura eseguì un bozzetto delle fasi dell'affondamento), mentre altri non furono in grado di confermare l'accaduto. Gl'ingegneri navali smentirono categoricamente la possibilità che la pressione idrostatica avesse potuto prevalere sulla tenuta dell'acciaio e che - quindi - il transatlantico si fosse spezzato, ma le testimonianza dei pescatori dell'isola di Terranova confermarono l'accaduto in quanto avevano recuperato, tanto al largo, quanto a riva, per alcuni mesi dopo il naufragio diverse tavole di mogano e di ebano (presenti nei rivestimenti delle cabine di prima classe) e di tek (di provenienza dal ponte della nave). La compagnia di navigazione - dal canto suo - appoggiò la versione dell'affondamento del transatlantico integro per evidenti motivi d'immagine. Dalle innumerevoli fotografie scattate negli abissi ove il relitto giace, a partire dal 1985, appare ora possibile ricostruire il drammatico affondamento della nave, che non avvenne, come descritto nella relazione finale delle inchieste "...scivolando lo scafo integro sotto le onde dell'oceano, andando, quindi, ad adagiarsi dolcemente sul fondo". Gli istanti finali di vita del Titanic furono spaventosamente violenti e dipingono un drammatico e raccapricciante quadro di distruzione a carico della nave.
  • La nave urta, strisciando la fiancata destra, lateralmente l'iceberg alle ore 23.40 di sabato 14 aprile 1912. L'impatto, avvenuto ad una velocità di crociera di 21 nodi, deforma in modo permanente una sezione del lato di dritta lunga almeno 90 metri. Ciò si traduce nello squarcio di ben sei compartimenti stagni in quanto i rivetti (contenenti un elevato tasso di scorie, quindi, di per sè, difettosi) saltano uno dopo l'altro, creando almeno sei fenditure tra le piastre d'acciaio che - a mò di mosaico - erano imbullonate sull'intelaiatura dello scafo. Da quel momento in poi l'affondamento è inevitabile, sebbene alcuni altri fattori possono aver contribuito ad accelerare il processo in atto, siano essi fattori umani (alcuni membri dell'equipaggio aprirono il portello di murata di sinistra nel fallimentare tentativo di calar in mare delle scialuppe da un'altezza inferiore; poichè lo scafo aveva iniziato ad inclinarsi a babordo, il portello non era più possibile richiuderlo, e quando - verso le ore 01.50 di domenica 15 aprile 1912 - la prua s'era abbastanza abbassata, l'acqua entrò copiosamente anche da quell'apertura), o progettuali (la cupola in cristallo che sovrastava il salone della scalinata di poppa non resse alla pressione dell'acqua che pochi secondi; la sua disintegrazione permise all'acqua di inondare assai rapidamente i compartimenti interni della nave). La manovra d'allontanamento della nave dall'iceberg risparmiò i danni al timone ed alle eliche, come era negli intenti dell'ufficiale al comando, il quale - tuttavia sottovalutò alcuni importanti fattori quali il fatto che l'iceberg era alto circa 30 m nella parte emersa (il che significa che era profondo circa 270 m nella parte sommersa che, approssimativamente rappresenta circa i 9 / 10 delle dimensioni totali), che l'inerzia della nave lanciata a circa 21 - 22 nodi non poteva evitare la collisione con un iceberg intravvisto in condizioni d'emergenza (ad occhio nudo, di notte, all'ultimo istante) nemmeno con l'inversione della propulsione (che, in ogni caso interessava unicamente le eliche laterali in quanto l'elica centrale non era inveertibile, ma - al massimo - fermabile), che l'urto frontale non avrebbe fatto affondare la nave in quanto la deformazione della prua avrebbe allagato al massimo quattro compartimenti stagni).
  • Dopo aver imbarcato acqua per due ore, inutilmente contrastata dal pieno regime delle pompe che lavoravano per espellerla, la prua inizia ad inabissarsi alle ore 01.50 di domenica 15 aprile 1912. La prua, nel contempo, inizia ad inclinarsi a babordo. A questo punto iniziano ad esser calate le scialuppe che erano in numero di 20 perchè la compagnia armatrice ne aveva radiate 4 in quanto "toglievano spazio e visuale sul ponte della camminata".
  • Alle 02.15 la prua è pienamente sommersa e la pressione dell'acqua piega in avanti il fumaiolo della prima sala macchine staccandolo. L'acqua penetra anche da questa nuova falla accelerando l'affondamento della nave.
  • Verso le ore 2.20 la prua è interamente sommersa e - di conseguenza - la poppa s'innalza con un angolo di 30° sulla superficie dell'oceano, mettendo in mostra eliche e timone. Il tutto si traduce in una catastrofica sollecitazione sul fulcro della leva, sito tra il secondo ed il terzo vano macchine. A questo punto la pressione dell'acqua stacca il secondo fumaiolo espellendolo verso destra. Il Titanic si rompe in quel punto quando, circa 5 minuti dopo, l'affondamento continuato della sezione prodiera aveva innalzato a 90° l'intera sezione poppiera.
  • La rottura dello scafo avviene quando la nave era sommersa (per il troncone di prua) ed emersa (per il troncone di poppa). Esso inizia procedendo dall'alto (quindi nella parte ancora emersa) e diffondendosi a tutto spessore fino al doppiofondo della nave che resiste per qualche istante tenendo per poco uniti i due tronconi in cui s'era diviso lo scafo. Ciò smentisce gl'ingegneri navali e le loro dissertazioni durante i processi tenutisi a Londra ed a New York: non è la pressione idrostatica a frantumare l'acciaio dello scafo, bensì la forza di gravità agente sulla parte prodiera innalzatasi quasi ad angolo retto sulla superficie dell'oceano (in sostanza, la causa ultima fu il peso eccessivo della poppa). La rottura dello scafo avenne con un modo non dissimile dalla tipica frattura "a legno verde" dell'osso, ben nota in ortopedia.
  • Questo fatto fa espellere con violenza il terzo fumaiolo che per poco non piomba su una scialuppa e sui suoi occupanti. La rottura dello scafo non avviene in modo improvviso: le lamiere iniziano prima a contorcersi, poi a fendersi, quindi a fratturarsi e, nel giro di pochi secondi, la sollecitazione di flessione raggiunge il livello massimo tale da vincere la resistenza opposta dall'acciaio. Lo scafo si spezza in due tronconi lasciando cadere verticalmente verso il fondo gli oggetti pesanti (la terza caldaia in primis), mentre la poppa beccheggia a sinistra, scaraventando le persone ancora a bordo contro il parapetto di babordo.
  • Alle 2.25 La sezione di prua, ancora intatta nella struttura, affonda per prima ed inizia la discesa mentre le sezione poppiera - liberatasi dalla zavorra della prua allagata - rimane sollevata a 90° per un istante, ripiombando sulla superficie dell'oceano in un attimo, iniziando ad imbarcare acqua e si trovava ancora emersa. Separata e liberata dalla poppa, la prua inizia la sua discesa nel baratro mantenendo una forte inclinazione, circa 75°.
  • La poppa rimane a galla, in posizione orizzontale solo pochi istanti, giacchè l'acqua irrompe copiosa dallo squarcio anteriore, facendola inabissare. L'ultima sezione della poppa si riposiziona in verticale. Prima di scomparire definitivamente dalla vista fa rotolare fuori dallo squarcio tutti gli oggetti pesanti, che s'avvitano velocemente verso il fondo. Da questo momento, i due tronconi della nave cessano di comportarsi come unica sezione ed affondando seguendo traiettorie differenti.
  • La sezione prodiera, pertanto, plana mantenendo un'accentuata angolazione per 3.800 metri verso il fondo, ad una velocità di circa 30 nodi: la conformazione idrodinamica della prua si accentua avendo essa perso le due restanti ciminiere quasi in linea retta, inclinandosi molto per i primi 1.200 metri di discesa. L'albero di trinchetto si stacca piombando sulla plancia di comando, devastandola, quando la pressione dell'acqua riesce a vincere la tenuta delle saldature (vale a dire verso i 300 metri di profondità). Poco dopo si frantuma la timoniera. La veloce discesa della prua trascina dietro al troncone una colonna d'acqua del peso di 50 tonnellate.
  • Il troncone di poppa discende verticalmente, ribaltandosi e roteando a spirale in senso orario su se stesso e la repentina pressione dell'acqua e dell'aria lo fa letteralmente "esplodere" a circa 150 metri di profondità (le sacche d'aria rimaste intrappolate al suo interno implodono e disintegrano i compartimenti stagni). A questo punto, l'intera sezione poppiera si rigira e precipita nell'abisso con la zona puntata (il timone) verso il basso, perdendo nella discesa intere sezioni di ponti, distaccate al momento dell'esplosione. Il crollo dei ponti l'uno sull'altro provocano la lacerazione delle lastre dello scafo, la parziale rottura dell'intera struttura, il suo piegamento, la sua deformazione, il suo schiacciamento e la sua parziale disintegrazione.
  • A causa della forma allargata, entrambe le sezioni, di prua e di poppa alternano momenti di caduta (con angolo compreso tra i 75° ed i 90°), in cui acquistano velocità, a momenti di stallo (con angoli di 15° - 20°), in cui la riducono. In 5 minuti di discesa inarrestabile entrambe le sezioni del relitto raggiungono ed impattano il fondale marino distruggendosi nel contraccolpo.
  • La prua penetra nel fango del fondale marino con un angolo di 20° ed una velocità di circa 30 nodi, cosicchè la punta si conficca per 18 metri nel fango, arandolo, mentre il contraccolpo violento piega l'intera sezione incurvandola con la concavità rivolta verso il basso e rompe lo scafo. A questo punto, dopo qualche istante, s'abbatte sul relitto anche la colonna d'acqua che la prua si trascinava dietro. La colonna d'acqua completa la devastazione in quanto piomba sulla prua con un peso di 50 tonnellate alla velocità di 30 - 40 nodi, comportandosi a mo' di rullo compressore, schiacciando i ponti, facendo saltare le giunzioni delle finestre (che - da chiuse - si aprirono) e facendo espellere il portellone del boccaporto di prua, che viene eiettato ad 80 metri avanti alla prua. La parte posteriore della prua si accascia facendo accartocciare le lamiere di entrambe le fiancate e facendo crollare i ponti.
  • Il troncone di poppa s'incunea nel fango del fondale col timone seguendo un angolo di circa 25° e viene completamente devastato. La carena dello scafo, pesantissima a causa delle motrici alternative (che erano rimaste al loro posto), si schianta sul fondo con una tale violenza che i ponti crollano l'uno sull'altro. Il collasso dei ponti ricopre di lamiere entrambe le fiancate ed il contraccolpo dovuto all'impatto sul fondale limaccioso sradica l'albero di poppa facendolo abbattere su ciò che rimane dei ponti.
  • I due tronconi si dispongono a circa 600 metri di distanza l'uno dall'altro, la prua (la porzione più consistente del relitto) in direzione nord, separata dalla maggior parte dei reperti, e la poppa - rivolta col timone verso la prua - a sud, circondata da suppellettili e porzioni d'infrastrutture d'ogni genere. Dietro la prua, il fango del fondale è tuttora disposto a ventaglio per effetto dell'onda d'urto dell'impatto della sezione col fondale oceanico.
  • Nelle ore successive, i detriti raggiunsero il fondale e si posizionarono intorno al relitto. Il campo in cui giacciono i rottami si trova al confine tra la scarpata continentale nordamericana e la piana abissale atlantica, in un lieve e dolce declive. Il campo dei rottami copre un'estensione di fondale di circa 400 ettari. Le vorticose correnti sottomarine modificano continuamente il fondo oceanico, spostando sedimenti e dune che ora ricoprono ed ora scoprono i reperti, molti dei quali tuttora giacciono sotto il fango. Alcune dune, in molti casi, sono - addirittura - più larghe, lunghe ed elevate delle sezioni di prua e di poppa della nave. Con ogni probabilità, se non viene corroso prima dai batteri che si nutrono di ferro, l'intero relitto potrebbe venir sepolto sotto il fango nell'arco del prossimo mezzo secolo.

Le operazioni di salvataggio [modifica]


Sopravvissuti a bordo di una zattera smontabile, visti da bordo del Carpathia.
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Lista dei passeggeri a bordo del RMS Titanic.
Una sola scialuppa, la n. 14 comandata dal 5º ufficiale Lowe, tornò indietro salvando 6 persone, una delle quali - il signor Hoyt - morì un'ora dopo. La temperatura era di circa 0 gradi e tutti coloro che erano in mare avrebbero potuto resistere al massimo 10 minuti prima di assiderarsi. Infatti, gran parte dei naufraghi morì appunto per congelamento e non per annegamento, dato che quasi tutti indossavano il giubbotto salvagente. Nessuno fu vittima degli squali (peraltro presenti anche a quelle latitudini) e nessuno fu vittima del risucchio verso il fondo che si creò al momento dell'affondamento.
Verso le 8 della mattina, giunse sul posto il Carpathia che recuperò i naufraghi sopravvissuti sulle scialuppe. A bordo fu poi tenuta una cerimonia religiosa per i dispersi ed alle 8:50 la nave partì per New York, dove arrivò il 18 aprile con 706 superstiti[12].
Una volta stabilito il numero di vittime, la White Star Line inviò la nave MacKay-Bennett a recuperare i resti. Furono trovati 338 corpi, molti dei quali furono portati ad Halifax in Nuova Scozia, dove, quelli non reclamati, furono sepolti nel locale cimitero. La White Star Line s'incaricò di mantenere il decoro di queste tombe fino al 1927, anno in cui si fuse con la Cunard, la quale tuttora espleta tale servizio.
Su un totale stimato di 2.228 persone a bordo, solo 705 sopravvissero[3] e circa 1523 (il 68%) morirono. In realtà, il numero preciso non è certo, poiché la lista esatta dei passeggeri e dell'equipaggio andò perduta. I dati citati sono quelli forniti dall'inchiesta ufficiale americana[45].

Secondo la commissione d'inchiesta americana morirono 1.517 persone e solo 706 sopravvissero così suddivisi[46]:
Passeggeri Perdite Salvati Totale
Prima classe 119 uomini, 11 donne e bambini 54 uomini, 145 donne e bambini 338
Seconda classe 142 uomini, 24 donne e bambini 15 uomini, 104 donne e bambini 285
Terza classe 417 uomini, 119 donne e bambini 69 uomini, 105 donne e bambini 710
Equipaggio 682 uomini, 3 donne 194 uomini, 20 donne 899
Totale 1.517 706 2.223

Il caso del Californian [modifica]

Un evento che per molti anni restò avvolto nel mistero fu la presenza di una nave all'orizzonte, le cui luci furono viste in lontananza da molti testimoni. Gli ufficiali Boxhall e Rowe tentarono di inviare segnali dapprima col faro, quindi coi razzi bianchi di segnalazione, senza però ottenere alcuna risposta. Si trattava del Californian, che in quel momento sostava a macchine ferme per timore dei ghiacci[47].
Particolarmente suggestiva fu la descrizione che il 2º ufficiale Stone del Californian diede dell'accaduto, quando affermò di aver visto un razzo bianco levarsi dalle luci di un piroscafo. Anche uno dei fuochisti ebbe la stessa visione:

« Salii in coperta alle 23.56 e vidi le luci di un grosso piroscafo. Era ormai mezzanotte e andai nella mia cabina. Non riuscendo a dormire, dopo mezz'ora mi alzai pensando di fumare una sigaretta e tornai in coperta. Ero lì da dieci minuti quando a una decina di miglia di distanza vidi un razzo bianco. Pensai che fosse una stella cadente. Dopo sei o otto minuti vidi un secondo razzo nello stesso posto e dissi tra me: 'dev'essere un bastimento in pericolo'.[48] »
Il capitano Stanley Lord fu informato dello sparo dei razzi ma si limitò a ordinare le segnalazioni con la lampada morse, senza riuscire a stabilire alcun contatto. Il suo comportamento venne criticato aspramente durante le inchieste relative al naufragio ma se la cavò soltanto con durissime condanne morali[11][8][47].

Le scialuppe insufficienti [modifica]

La legge emessa nel 1894 obbligava a installare un minimo di sedici scialuppe sulle navi eccedenti le 10.000 tonnellate, all'epoca in cui la nave più grande del mondo (il Lucania) pesava 13.000 tonnellate. Tuttavia, col passare del tempo, la legge non venne mai adeguata in proporzione all'aumento del tonnellaggio e nessuno si preoccupò di correggere la differenza. Il numero di scialuppe a bordo del Titanic era quindi perfettamente in regola nonostante la nave pesasse 46.000 tonnellate. La percezione dell'errore era ormai nettamente percepita nell'ambiente navale, tant'è vero che uno dei progettisti della White Star - Alexander Carlisle[49] - fece installare sul Titanic le nuove gru di tipo "Welin", che potevano sostenere complessivamente 32 scialuppe e ammainarne 64 (i bracci delle gru erano rotanti)[8]. Tuttavia, le lance aggiuntive non furono mai installate e la White Star si accontentò di aggiungerne soltanto quattro smontabili, più piccole, del tipo "Engelhardt". Pare che le decisioni finali siano state del progettista William Pirrie e di Bruce Ismay, secondo i quali il ponte lance con 16 scialuppe avrebbe avuto un aspetto più dignitoso[35]. Alla fine, Carlisle accettò la situazione dicendo: "A meno che il Board of Trade e i governi non costringano a installare un numero sufficiente di scialuppe, nessun costruttore può permettersi tanto peso inutile"[50].
Una forte critica venne dal senatore William Alden Smith, prosecutor nell'inchiesta del 1912, che scrisse:

« Le scialuppe del Titanic erano solo parzialmente riempite; tutte erano prive di bussole; solamente tre dotate di lampade. L'equipaggio era talmente inetto che, in assenza di un pronto recupero, le avrebbe distrutte contro i frammenti di ghiaccio [presenti in mare]. Un testimone giura di aver udito da due o tre steward che era la prima volta che prendevano in mano un remo e che ignoravano a cosa servissero gli scalmi. Le scialuppe furono riempite con tanta indifferenza, e abbassate con tanta velocità, da sacrificare inutilmente 500 persone in nome dell'ordinata disciplina del caricamento, secondo ogni prova non contraddittoria. 1324 persone rimasero a bordo. C'erano 1176 posti disponibili nelle scialuppe, ma esse contenevano solo 704 persone, 12 delle quali furono ripescate dal mare, in condizioni climatiche favorevoli e acqua perfettamente calma. Eppure qualche bel soggetto ancora afferma che prevalse la migliore disciplina. Se questa è la disciplina, cosa sarebbe stato il disordine?[51] »

Il timone e "la capacità di virata" [modifica]


Il Titanic paragonato alla Queen Mary 2 e ad altri tipi di mezzi di trasporto.
Nonostante le dimensioni del timone non fossero inferiori a quelle prescritte dalle norme, per una nave di quelle dimensioni non erano comunque ottimali. Secondo i ricercatori della Titanic Historical Society, "il timone lungo e stretto del Titanic era una copia di una nave del XVIII secolo. Confrontato con il timone del Mauretania o del Lusitania, il timone del Titanic era più piccolo. Apparentemente nessuna miglioria progettuale fu intrapresa per dare ad una nave lunga 270 metri la possibilità di virare rapidamente ed evitare la collisione con un iceberg. Questo era il suo tallone d'Achille"[52].
Un altro elemento fatale del Titanic era il sistema di propulsione a tripla elica (contro le quattro del Mauretania e del Lusitania), in cui i due motori a vapore alternativi - a direzione invertibile - mettevano in funzione le due eliche laterali, mentre l'elica centrale era azionata da una turbina a vapore non invertibile. Di conseguenza, quando l'ufficiale Murdoch ordinò di invertire i motori per cercare di evitare l'iceberg, egli involontariamente limitò anche la capacità di virare della nave. Infatti durante il funzionamento a indietro tutta la turbina a vapore (che non era invertibile) semplicemente si fermò, e poiché l'elica ad essa collegata era proprio davanti al timone, l'efficacia di quest'ultimo fu molto ridotta.

Il tipo di acciaio e la chiodatura [modifica]


L'iceberg deformò le lamiere consentendo l'ingresso dell'acqua tra le chiodature.
Per 85 anni l'opinione pubblica ha sempre creduto che l'iceberg avesse praticato un lungo squarcio nella fiancata. In base ai calcoli, esso avrebbe dovuto esser lungo non meno di 90 metri, come erroneamente descritto in tutti i libri e in tutta la filmografia inerente al disastro. Tuttavia gli studi del relitto effettuati a partire dalla spedizione del 1997 hanno permesso di determinare la dinamica del naufragio. Poiché la parte danneggiata è sepolta, gli scienziati hanno utilizzato un sonar per esaminarla. Ciò che è stato scoperto è che le lamiere della fiancata non si sono piegate ma piuttosto "crepate", creando delle spaccature in corrispondenza delle loro giunture chiodate e lasciando entrare l'acqua attraverso 6 diverse piccole falle[2].
Vennero ripescati anche alcuni campioni dello scafo. L'acciaio recuperato mostra un alto contenuto di fosforo e zolfo (rispettivamente quattro volte e due volte maggiore degli acciai moderni). Il rapporto manganese/zolfo era 6,8:1 (attualmente è più di 20,0 a 1). Il fosforo in alte quantità rende l'acciaio prono a fratture mentre lo zolfo crea grani di solfuro di ferro, che agevolano la propagazione delle fratture stesse. Il ridotto contenuto di manganese rende l'acciaio meno duttile. Tutto questo, unito alle temperature gelide dell'Atlantico, rese lo scafo fragile in condizioni estreme e contribuì in maniera decisiva al rapido affondamento[53][54][55].
Tuttavia, gli scienziati della spedizione del 1997 hanno anche detto che l'acciaio impuro rinvenuto nel Titanic era tipico della produzione in voga all'inizio del Novecento, e probabilmente non si poteva fare di meglio. A quell'epoca l'acciaio veniva prodotto in piccole partite da 70 tonnellate ciascuna[30]. Questo mette in dubbio la recente ipotesi che la White Star Line abbia voluto risparmiare sui costi di costruzione adottando deliberatamente materiale scadente. Gli stessi scienziati hanno calcolato che poco prima della rottura, lo scafo della nave subì una pressione di 3 tonnellate per centimetro quadrato[30] a causa dell'eccezionale inclinazione.
Robert Ballard, il geologo marino che nel 1985 ritrovò il relitto, nel suo libro Il ritrovamento del Titanic cita il professor H.P.Leighly dell'università del Missouri, secondo il quale un certo tipo di acciaio in produzione all'inizio del Novecento poteva diventare più fragile perdendo elasticità al di sotto di una certa temperatura. D'altra parte, secondo Ballard, resta il mistero per cui fu affondata una nave "costruita con criteri di sicurezza avanzati, non soltanto per gli standard del tempo ma anche per i nostri". Sempre secondo Ballard, l'architetto navale K.G. Barnaby scrive nel suo libro Alcuni disastri navali e le loro cause che le moderne norme di costruzione non rendono le navi più sicure del Titanic. Per esempio, i danni subìti dall'Andrea Doria nel 1956 non avrebbero costituito un serio problema per il Titanic. La tragedia fu provocata dalla collisione ad alta velocità e non da gravi carenze strutturali. Non bisogna dimenticare - scrive ancora Ballard - che furono ben cinque i compartimenti stagni colpiti, e le probabilità di una collisione di quel tipo sono estremamente basse. Sicuramente, prima del 1912 non si era mai avuta notizia di una nave che avesse sofferto un simile danno[8].
Studi successivi nel 1998 e nel 2006 hanno comunque avanzato una nuova teoria circa la presenza di bulloni difettosi sulla fiancata del Titanic, che avrebbero favorito l'apertura delle falle sullo scafo[53][56].

Eventi successivi e conseguenze [modifica]


La prima pagina de Il secolo del 17 aprile 1912, dedicata al naufragio

La notizia del disastro sul New York Herald
La mattina successiva alla sciagura, il vicepresidente della White Star diede alla stampa la notizia dell'incidente, dichiarando però che il Titanic non correva alcun pericolo di affondamento. Solo alle 19.00 comunicò la verità della tragedia, non precisando però il numero delle vittime[57]. Ancora prima che la nave con i superstiti giungesse in porto, iniziarono le indagini per capire cosa fosse accaduto e per prevenire una seconda probabile tragedia.
Il Senato statunitense aprì un'inchiesta il 19 aprile, il giorno dopo l'arrivo del Carpathia a New York. Il senatore William Alden Smith, presidente della commissione, volle avere le testimonianze di passeggeri ed equipaggio "a mente fresca", prima che il tempo facesse perdere la memoria dei particolari. Volle anche interrogare i cittadini inglesi mentre si trovavano ancora sul suolo americano. L'inchiesta americana durò fino al 25 maggio.
L'inchiesta del British Board of Trade in Inghilterra, che si svolse tra il 2 maggio e il 3 luglio, fu invece condotta da Lord Mersey, che nel 1915 avrebbe presieduto anche l'inchiesta relativa all'affondamento del Lusitania.
Entrambe le inchieste raccolsero le testimonianze dei passeggeri e degli equipaggi, sia del Titanic che del Californian, oltre che di vari esperti. Come conseguenza del mancato funzionamento della radio sul Californian durante la notte, 29 nazioni ratificarono nel 1912 il Radio Act che regolamentava l'uso delle comunicazioni radio.
Il disastro portò alla riunione della Prima convenzione internazionale sulla sicurezza della vita in mare, a Londra, il 12 novembre 1913. Il 20 gennaio 1915 la conferenza siglò un trattato che stabilì il finanziamento internazionale dell'International Ice Patrol, un'agenzia della guardia costiera americana che ancora oggi controlla e segnala la presenza di iceberg pericolosi per la navigazione nel nord Atlantico.
Si stabilì inoltre che le scialuppe di salvataggio dovessero essere sufficienti per tutte le persone a bordo, che venissero svolte le opportune esercitazioni di addestramento per le emergenze, che le comunicazioni radio dovessero essere operative 24 ore su 24 e dovessero avere un generatore di emergenza con autonomia di un giorno. Ci si accordò sul fatto che lo sparo di un razzo di segnalazione rosso da una nave dovesse essere interpretato come richiesta di soccorso.

Il ritrovamento [modifica]

Il relitto [modifica]

L'ipotesi di trovare il relitto del Titanic nacque poco dopo l'affondamento. I rilievi batimetrici, già nel 1912, indicavano una profondità oceanica di 3.800 m nella zona del naufragio, troppo grande per la tecnologia dell'epoca. Oggi è noto che il relitto giace a circa 1.600 km di distanza da New York e a circa 650 km da Capo Race a Terranova. Al tempo si calcolava che il relitto fosse al largo dei Banchi di Terranova. a circa 900 km da Capo Race.
Nessun tentativo fu compiuto fino al 1º settembre 1985, quando una spedizione congiunta franco-americana condotta da Jean-Louis Michel e Robert Ballard del Woods Hole Oceanographic Institution, localizzò e fotografò l'intero relitto, a 22 km di distanza dal luogo dove si supponeva si trovasse[58].
Esso giace a circa 486 miglia dall'isola di Terranova, ad una profondità di 3.787 m, su un fondale fangoso, ai piedi della scarpata continentale nordamericana, pertanto proprio sulla piana abissale. Le coordinate esatte sono: 41°43′55″N 49°56′45″W.
La scoperta più interessante fu che la nave si era spaccata in due tronconi, con la sezione di poppa situata a 600 metri di distanza dalla prua e rivolta in direzione opposta. C'erano testimonianze discordanti sul fatto che la nave si fosse spezzata e le inchieste successive conclusero che la nave era affondata intatta[59]. Per esempio, il 2° ufficiale Lightoller e il colonnello Gracie affermarono sempre che lo scafo naufragò intatto[30], e così pure Lawrence Beesley nel suo libro The Loss of the Titanic. Secondo i disegni riportati nel libro di Ballard[8], è probabile che la rottura si sia verificata poco sotto il livello dell'acqua, facendo così intuire (non vedere) l'avvenuta rottura. Ciò che i testimoni videro fu infatti l'improvvisa discesa del ponte di poppa sulla superficie per poi rialzarsi in posizione verticale[8].
Si stabilì che la prua affondò con un angolo di discesa accentuato, arando il fondale marino circa 2 ore dopo il distacco dalla poppa e sotterrandosi per circa 18 metri. La poppa, invece, si devastò completamente a causa dell'aria contenuta al momento dell'affondamento, che ebbe l'effetto di scardinare scafo e ponti. Alla devastazione contribuì anche l'elevata velocità di impatto col fondale, dato che la poppa era appesantita dalle mastodontiche motrici alternative che ancora oggi si trovano imbullonate nella posizione originale.
Per quanto riguarda i fumaioli, di essi non è stata trovata quasi alcuna traccia. Il n. 1 si staccò quando la nave era ancora in superficie, mentre gli altri si ritiene possano essersi staccati dopo 300 m di profondità, a causa della pressione dell'acqua. Tutti, comunque, si sono spostati di diversi chilometri dal luogo del naufragio per effetto delle correnti marine.
Attorno al relitto si trova una gran quantità di rottami, arredi, stoviglie e oggetti personali dispersi nel raggio di circa un miglio quadrato. I corpi umani e i materiali deperibili come il legno sono stati divorati in brevissimo tempo dagli organismi marini.
Nei primi anni dopo il ritrovamento si fece sempre più forte l'ipotesi di riuscire a riportare a galla i tronconi dello scafo[60], ipotesi avanzata dallo stesso Ballard, il quale però non ne vedeva la reale necessità[61].
Nel 1987 iniziarono ad essere recuperati oggetti di valore tra cui una borsa di pelle piena di gioielli, alcune casseforti ed altri manufatti del relitto che successivamente furono esposti in alcune mostre[62][63], ed aperti in diretta televisiva mondiale[64].
Furono recuperati circa 5000 manufatti, una parte dei quali vennero portati in Francia, dove un'associazione di artigiani ognuno specializzato in un campo diverso li restaurarono pazientemente. Per esempio, furono rimessi a nuovo alcuni trombini (ossia le sirene a vapore dei fumaioli), la base in legno di una bussola, una statuetta di ceramica, la griglia metallica di una panchina, una valigia da uomo contenente indumenti, perfino materiale cartaceo come spartiti musicali, lettere, ricevute bancarie, ecc. Alcuni restauratori sono però contrari al completo restauro dei reperti, in quanto essi sono più significativi se mantengono traccia del trauma che hanno subìto[65].
Nell'agosto 1996 fu tentato un recupero dello scafo alla presenza di due navi da crociera, ma il recupero fallì a causa di un guasto meccanico[66] risolto pochi giorni dopo, quando venne riportata a galla una porzione del ponte di prima classe comprendente due cabine per un totale di 10 tonnellate. L'operazione si svolse grazie all'utilizzo di palloni riempiti di gasolio, che è un liquido più leggero dell'acqua.[67]
Diversi scienziati, tra cui Robert Ballard, ritengono che le visite turistiche al relitto stiano accelerando il processo di degrado[68]. Microrganismi marini stanno progressivamente consumando il ferro del Titanic fin dal momento dell'affondamento, ma a causa del danno aggiunto dai visitatori la National Oceanic and Atmospheric Administration americana stima che "lo scafo e la struttura della nave potrebbe collassare sul fondale oceanico entro i prossimi 50 anni"[69] (entro 80-100 anni secondo altre stime)[70]. Il libro di Ballard Return to Titanic, pubblicato dalla National Geographic Society, include fotografie che evidenziano il degrado del ponte superiore causato dal posarsi dei batiscafi.
Gli scienziati della spedizione sottomarina del 1997 hanno collocato sulla parte più corrosa del relitto, a prua, una specie di esca con negativi fotografici. Dopo qualche giorno si sono accorti che la gelatina della pellicola era stata intaccata dai batteri che si nutrono di ferro, calcolando che in cento anni circa il 20% della prua è già stato consumato. Secondo gli studiosi, il Titanic è letteralmente "divorato" dai batteri e col passare dei secoli si trasformerà in polvere e minerale ferroso[65].
Nel dicembre 2010 gli scienziati dell'Dalhousie University di Halifax (Canada) e dell'Università di Siviglia (Spagna) hanno reso pubblici i risultati di nuove analisi su reperti prelevati dalla nave responsabili delle formazioni rugginose chiamate rusticles) causa del degrado dello scafo e hanno isolato una nuova specie di batteri, mai trovata a quella profondita e chiamata Halomonas titanicae[71].

Rusticles sul relitto del Titanic causati dall'Halomonas titanicae, scoperto nel 2010.

Proprietà e contenziosi [modifica]

In data 7 giugno 1994 furono assegnati alla RMS Titanic Inc. i diritti di proprietà e di recupero sul relitto[72] da parte della Corte Distrettuale Americana per il Distretto Orientale della Virginia (U.S. District Court for the Eastern District of Virginia) di Richmond.
RMS Titanic Inc., società affiliata della Premier Exhibitions Inc., e i suoi predecessori avevano condotto sette spedizioni al relitto tra il 1987 e il 2004 e hanno salvato circa 5.500 oggetti. L'artefatto più grande, recuperato nel 1998, fu una sezione dello scafo di 17 tonnellate[73]. Molti di questi artefatti sono parte di esposizioni itineranti, esposte dalla RMS Titanic Inc. in musei in tutto il mondo[74].
Nel 1987 durante 32 immersioni, una spedizione mista franco-americana che includeva il predecessore della società RMS Titanic Inc., recuperò approssimativamente 1.800 artefatti, che furono portati in Francia per il loro restauro e la conservazione. Nel 1993 un amministratore francese dell'Ufficio per gli Affari Marittimi del Ministero per Equipaggiamento, Trasporto e Turismo assegnò al predecessore della RMS Titanic Inc. il titolo per gli artefatti recuperati nel 1987.
In una mozione del 12 febbraio 2004, RMS Titanic Inc. chiese che la Corte Distrettuale le assegnasse “titolo per tutti gli artefatti (inclusi porzioni dello scafo) soggetti della presente azione, sulla base della normativa marittima sulle cose ritrovate” oppure, in alternativa, un compenso per il loro ricupero nell'ammontare di 225 milioni di dollari. RMS Titanic Inc. escludeva dalla mozione la richiesta di un compenso per gli artefatti del 1987, però richiedeva che la Corte Distrettuale dichiarasse che, basato sull'azione amministrativa francese “gli artefatti recuperati durante la spedizione del 1987 fossero indipendentemente di proprietà di RMST.”
A seguito di un'udienza, la Corte Distrettuale rifiutò in data 2 luglio 2004 di riconoscere la decisione del 1993 dell'amministratore francese e rigettò la richiesta di RMS Titanic Inc. dell'assegnamento di titolo per gli artefatti recuperati a partire dal 1993 e di applicare la norma marittima sul ritrovamento di cose perdute.
RMS Titanic Inc. si appellò presso la Corte di Appello degli Stati Uniti dell'America. Nella sua decisione del 31 gennaio 2006[75], la corte ha riconosciuto "espressamente che sia appropriato di applicare la normativa sul salvataggio marittimo su relitti come quello della Titanic" e ha negato l'applicazione della normativa marittima sul ritrovamento di cose perdute. La corte ha però deciso anche che la Corte Distrettuale non aveva giurisdizione sugli “artefatti del 1987” e ha quindi annullato questa parte della decisione della corte del 2 luglio 2004. In altre parole, secondo questa decisione, RMS Titanic Inc. ha titolo per gli artefatti assegnatigli nella decisione francese (precedentemente valutati a 16,5 milioni di dollari) e continua ad essere in possesso del relitto del Titanic. La Corte di Appello ha rinviato alla Corte Distrettuale per determinare il compenso di salvataggio (225 milioni di dollari richiesti da RMS Titanic Inc.)[76].

Il Titanic nell'immaginario collettivo [modifica]

È opinione largamente condivisa che questa tragedia non fu soltanto un grave incidente marittimo.

« L’affondamento del Titanic rappresentò la fine di un’epoca, il sogno infranto della Belle époque. Come per la caduta dell’Impero babilonese, l’affondamento del Titanic ha rappresentato il simbolo dello sgretolamento di orgogliosi imperi, con una simile mescolanza di ricchi, borghesi e poveri tutti destinati insieme all’abisso. Era la fine di una leggenda che sposava la tecnologia alla ricchezza, il materialismo al romanticismo, l’illusione alla fantasia.[77] »

« Nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1912 furono - forse per l’ultima volta - rigorosamente applicate le regole di una cavalleria un po’ romantica che costituiva, in senso esteriore, il punto d’arrivo della civiltà occidentale. Furono salvate per primi le donne e i bambini mentre gli uomini (e fra essi miliardari famosi) si rassegnarono a perire con dignità di gentlemen. Tramontò il mito dell’indistruttibilità di un prodotto della tecnologia moderna. Un mondo che sembrava sicuro e inviolabile, soprattutto per i ricchi, affondò insieme col transatlantico.[78] »

« La tragedia che coinvolse la famosa nave non è solo da considerare come uno spiacevole e mortale incidente. Esso ha influito in maniera molto più incisiva nella coscienza dell’intero globo. A partire dagli anni ’30 del XIX secolo si erano diffuse idee di grande fiducia nei confronti della scienza e si credeva che la tecnologia potesse risolvere le problematiche della vita degli uomini. Inoltre, tutto ciò si inseriva in un quadro geo-politico di sostanziale stabilità: era la Belle époque. Si può ben capire come in un siffatto contesto l’affondamento di una nave ritenuta inaffondabile potesse colpire la coscienza generale. Il discorso diviene più chiaro se si tiene presente che solo due anni dopo l’Europa sarà coinvolta nella Grande Guerra che spazzerà via ogni speranza provocando la fine di buona parte delle classi dirigenti.[79] »

« Il Titanic non rappresentò la fine di un'era ma un momento di pausa e riflessione sul fatto che forse non siamo così potenti come crediamo, con l'augurio che non ci sia più una "signora grigia", una "signora elegante" che abbia una così tragica fine.[80] »
Secondo lo scrittore documentarista Walter Lord, il richiamo del Titanic deve avere componenti più universali. «È un perfetto esempio di crescendo tragico, si passa da un iniziale 'non crederci' al disagio che via via aumenta fino alla completa consapevolezza. Nella storia della nave è facile seguire tale sequenza, quasi come in un film proiettato al rallentatore. Emotivamente coinvolti, ci chiediamo che cosa avremmo fatto noi.»[39]
Questa sensazione è ben descritta dal testimone Lawrence Beesley:

« D'improvviso un fiotto di luce dal castello di prua e un razzo s'innalzò sibilando verso il cielo, là dove le stelle ammiccavano sfavillanti sopra di noi. Salì sempre più in alto, mentre un mare di volti lo seguiva con lo sguardo e una pioggia di scintille ridiscesero lentamente scomparendo ad una ad una. E con un sospiro affannoso una parola sfuggì dalle labbra della folla: «Razzi!». È inutile negare l'intensità drammatica della scena; separatela da tutti i terribili eventi che seguirono e immaginatevi la calma della notte, la luce improvvisa sui punti affollati di gente vestita o svestita nelle fogge più svariate, lo sfondo degli enormi fumaioli e degli alberi affusolati rivelati dal razzo che s'innalzava, il cui lampo illuminava allo stesso tempo i volti (e i riposti pensieri) della folla obbediente, gli uni semplicemente col bagliore fisico della luce, gli altri con l'improvvisa rivelazione del significato di quel messaggio. Ognuno seppe senza il bisogno di parole che chiedevamo aiuto a chiunque fosse abbastanza vicino da vederci.[81] »

Trasposizioni cinematografiche [modifica]

Il romanzo-profezia del 1898 [modifica]

Nel 1898, quattordici anni prima della tragedia, uscì un romanzo dal titolo Futility, or the Wreck of the Titan[82].
L'autore Morgan Robertson scrisse nel libro la storia di un transatlantico chiamato Titan, il più grande mai costruito e considerato inaffondabile, che nel mese di aprile finisce in rotta di collisione con un iceberg nel Nord Atlantico affondando in poche ore.
Molti dettagli appaiono incredibilmente simili alla tragedia del Titanic[83][84][85], come per esempio la stazza (46.000 tonnellate), la lunghezza (243 metri), la velocità di collisione (25 nodi), l'ora (intorno a mezzanotte), il numero dei compartimenti stagni (19), lo scarso numero di scialuppe di salvataggio, ecc.

Varie citazioni [modifica]

  • Durante la seconda guerra mondiale, a guerra già inoltrata, il Regime nazista decise di realizzare un film di propaganda sul disastro del Titanic in funzione anti-britannica. Si tratta del film Titanic (1943), che però non venne distribuito nelle sale cinematografiche tedesche per non impressionare ulteriormente la popolazione già provata dai bombardamenti aerei. Dopo la guerra ebbe un notevole successo in Unione Sovietica grazie alla sua connotazione anti-capitalistica.[86]
  • Circola nell'Irlanda del Nord una battuta secondo cui il Titanic "fu costruito dagli irlandesi, ma affondato da un inglese".
  • Titanic è anche il titolo di una storia a fumetti di Attilio Micheluzzi, pubblicata per la prima volta a puntate nel 1988 sulla rivista Comic art. Accanto alla fedele e ben documentata ricostruzione della vicenda del Titanic, viene messa in scena una storia in cui i personaggi si lasciano travolgere da passioni, intrighi e falsità, in un crescendo che culminerà con l'arrivo della tragedia.
  • Nel film Ghostbusters II (1989), dove la città di New York è invasa dai fantasmi, lo spettro del Titanic e dei relativi passeggeri giungono al porto. "Meglio tardi che mai" è l'amaro commento della Capitaneria.
  • Il Titanic è citato nei film Fight Club e Panic Room, entrambi del regista David Fincher.
  • Nel primo episodio della seconda stagione di Futurama, Un volo da ricordare (che in lingua originale si intitola A flight to remember, ovvia parodia del film del 1958), il Titanic è in partenza per il suo viaggio inaugurale nello spazio.
  • Il Titanic compare anche (come protagonista, oppure solo citato) in vari albi del fumetto Dylan Dog, ad esempio in Abyss.
  • Nel capitolo 11 della Saga di Paperon de' Paperoni del fumettista Don Rosa, Paperon de Paperoni viaggia dall'Europa all'America proprio sul Titanic e discute animatamente di affari con il magnate John Jacob Astor: secondo Don Rosa, quest'ultimo viene catapultato in mare durante la collisione con l'iceberg. Paperone si salverà su una scialuppa. Paradossalmente proprio Paperone è responsabile dell' incidente perché sull' iceberg viaggiava lo Zombie (Gongoro nella versione italiana) che lo stava inseguendo da anni per una maledizione lanciatagli da uno stregone africano.
  • Nel fumetto britannico di fantascienza Jeff Hawke, nell'episodio Una notte memorabile, l'iceberg con cui collide il Titanic è in realtà uno scudo di ghiaccio generato da una gigantesca astronave aliena immersa nell'Atlantico.
  • Il Titanic viene citato anche nel racconto a fumetti di Ratman Titanic 2000, tutto incentrato su una copia del Titanic (il sesto tentativo) che farà la sua stessa fine.
  • Titanic è anche il titolo di una canzone di Francesco De Gregori (contenuta nell'omonimo album Titanic), il quale ne ha composte altre due, sempre in relazione al tragico evento: L'abbigliamento di un fuochista e I muscoli del Capitano. Due anni più tardi ne compose una quarta con l'ironico titolo Tutti Salvi.
  • Nello speciale di Natale del 2007 della serie televisiva Doctor Who, il Dottore atterra con il TARDIS su una replica in versione astronave del Titanic, che nella notte del suo viaggio di inaugurazione, precipita verso la Terra la quale viene salvata dal Dottore che riporta il Titanic in orbita.
  • Il Titanic è il luogo in cui sono ambientati il primo e l'ultimo episodio della serie televisiva Kronos. In uno degli episodi, i viaggiatori temporali ammoniscono il comandante Smith della tragedia imminente mostrando persino una copia di un quotidiano non ancora pubblicato. Ritenendolo una burla, Smith lo getta via in mare.
  • Nel film di Aldo, Giovanni & Giacomo Tre uomini e una gamba, in una scena Giovanni si lamenta di un rumore metallico proveniente dall'auto sulla quale stanno viaggiando, quando gli viene risposto che è solo un "rumorino da niente" Giovanni dice "Anche il capitano del Titanic lo diceva, -ma no, ma no, è solo un rumorino... da niente!"
  • Nel film Superfantozzi (1986), la voce narrante racconta che il ragionere e Filini, dopo aver vagato a lungo l'Atlantico, vennero salvati proprio da tale nave.
  • Un'infelice annuncio televisivo pubblicitario di una compagnia telefonica italiana mostra in chiave comica l'impatto del Titanic con l'iceberg. Un uomo elegante in cerca di ghiaccio per il proprio champagne se ne vede arrivare una gran quantità dall'iceberg.
  • Nel film interpretato da Bill Murray Osmosis Jones, c'è un chiaro riferimento al Titanic: Quando Frank è sul punto di morire e la città interna al suo corpo si sta distruggendo, si vedono quattro anticorpi che simboleggiano la famosa orchestra del transatlantico, e mentre proprio si sta svolgendo il disastro, uno dei componenti dice agli altri: "signori, è stato un piacere suonare con voi" e comiciano a suonare l'inno solenne Nearer my God To Thee.
  • Nel videogioco Need for Speed III: Hot Pursuit, durante la pista "Acquatica", è possibile vedere il Titanic passare vicino alla pista.
  • Nel videogioco Re-Volt ci sono due piste dedicate al Titanic, chiamate Toytanic 1 e Toytanic 2. Il giocatore in entrambi i casi corre sui ponti e all'interno del Titanic: nella prima versione è giorno, nella seconda è notte, ci sono iceberg all'orizzonte e la nave suona emette un fischio. In entrambe le piste è presente il rollio della nave.
  • Nel lungometraggio dei Simpson, nella sequenza iniziale i Green Day, dopo un concerto, affondano nel lago a causa dell'acqua inquinata suonando quella che probabilmente fu l'ultima canzone interpretata dall'orchestra a bordo del Titanic: l'inno cristiano Nearer, My God, to Thee.
  • Nel film di Shane van Dyke Titanic II (2010) si fa spesso riferimento al Titanic. Il film inoltre si svolge in gran parte a bordo di una nave chiamata SS Titanic II, che affronterà una sorte molto simile a quella del Titanic.
  • Nel film di Luc Besson Adèle e l'enigma del faraone del 2010 alla fine del film la protagonista Adèle si imbarca sul Titanic e nella scena il suo acerrimo nemico dichiarerà che il suo sarà un viaggio molto turbolento (e come ultima scena si legge il nome Titanic sulla nave)
  • Nella storia di Paperone disegnata da Romano Scarpa vediamo i paperi impegnati in una missione di recupero del Titanic (chiamato "Paperic" nella storia), in competizione col rivale Rockerduck. Nella storia, il relitto è integro e non spezzato in due.
  • Nel cartone animato In giro per il mondo con Timon e Pumbaa il secondo episodio è ambientato al Polo Nord, e mentre loro sono su un pezzo di ghiaccio passano davanti ad una nave chiamata SS Boat, chiaro riferimento al Titanic.
  • La Disney, per la Home Video, pubblicò un VHS dal titolo Storie quasi titaniche con alcuni episodi che parlano di naufraghi e navi che affondano. In uno, per via radio, viene nominata una nave, il Gigantic, che sta affondando. La copertina, inoltre, rappresenta Topolino e Minnie, sul Titanic, che imitano la scena di Jack e Rose.
  • Nel film Alvin Superstar 2 quando Alvin vince la partita di football sale sulla palla, apre le braccia e grida "Sono il re del mondo!", chiaro riferimento al film Titanic di Cameron.
  • Nei contenuti speciali del 2º DVD di Aladdin, c'è il gioco interattivo In giro per il mondo con il Genio, dove il Genio manda una serie di cartoline a Jafar e Iago, rinchiusi nella lampada. Nella prima cartolina il genio è sul Titanic. Nel sequel Il ritorno di Jafar sempre il Genio descrive il Titanic come "un grosso Yacht".
  • Un episodio di una serie di Ghost Whisperer è ambientato su una nave da crociera. Nella scena finale, colui che era infastidito dal fantasma di una donna, che Melinda farà passare oltre, butta un braccialetto in mare. L'inquadratura del gioiello che tocca l'acqua è molto simile a quella in cui Rose, anziana, butta il gioiello "Il Cuore dell'Oceano". Infatti, come ultima battuta, l'uomo dice "L'ho visto fare in un film!", riferendosi al film di Cameron.
  • Il Titanic viene anche citato in Cappuccetto Rosso e gli insoliti sospetti del 2006, in una scena un protagonista dice "moriremo qua dentro" e l'altro risponde "Ehi, è quello che hanno detto nel Titanic".
  • Una puntata di Zack e Cody sul ponte di comando è un chiaro riferimento al Titanic, in cui Zack è lo sfortunato Jack mentre Violet è la ricca Rose, la detentrice della collana "Il Cuore dell'Oceano" che nella puntata è chiamata "il rene del mare".
  • Nell'opera dello scrittore giapponese Miyazawa Kenji, Ginga Tetsudō no Yoru (銀河鉄道の夜, Una notte sul treno della via Lattea) che parla del fantasmagorico viaggio di due bambini, Giovanni e Campanella, su un treno che li porterà per la "quarta dimensione", saliranno appunto un istitutore con due bambini che sono stati naufraghi del Titanic e nella trasposizione cinematografica a cura di Sugii Gisaburō del 1985 (Night on the Galactic Railroad (銀河鉄道の夜 / Ginga Tetsudō no Yoru), oltre la tragica storia, viene citato e cantato il brano "Nearer, God to Thee" chiaro riferimento all'orchestra del Titanic.
  • In una puntata del cartone animato di Mr. Bean, egli cerca di parcheggiare la macchina per andare al cinema a vedere Titanic. Sfortunatamente, arriva alla fine e si vede la nave che colpisce l'Iceberg e affonda.

"Titanic: la nave mai affondata?" [modifica]

Una teoria molto controversa[87][88] viene portata avanti da Robin Gardiner nel suo libro I due Titanic: L'enigma di un disastro voluto e di una truffa colossale. Il vero Titanic non è mai partito! (Titanic, the ship that never sank?)[89]. Attingendo a una notevole serie di eventi e coincidenze, l'autore sostiene che l'affondamento del secolo non fu altro che una colossale frode assicurativa.
È noto che il Titanic avesse un gemello quasi identico, l'Olympic, che il 20 settembre 1911 fu speronato dall'incrociatore HMS Hawke. Entrambe le navi furono gravemente danneggiate e la conseguente inchiesta governativa assolse l'Hawke da ogni responsabilità. L'Olympic, stando a quanto sostiene Gardiner, avrebbe avuto danni estesi agli ancoraggi della turbina centrale e alla chiglia. Sempre secondo la tesi dello scrittore, la White Star Line non avrebbe assicurato la nave e non avrebbe potuto permettersi i costi della riparazione. Per ottenere comunque un profitto, la Compagnia avrebbe scambiato l'Olympic col Titanic facendolo deliberatamente affondare, simulando un incidente: di conseguenza il Titanic sarebbe sopravvissuto 25 anni sotto il nome del gemello.[90]
Il piano di affondamento sarebbe stato quello di portare la nave in un luogo molto battuto dalle rotte transoceaniche per favorire il salvataggio dei passeggeri e allagare lentamente lo scafo.
Gardiner non spiega però come una nave gravemente danneggiata possa mantenere una velocità di crociera normale e navigare per migliaia di chilometri nell'Atlantico, né spiega come mai avvenne la collisione contro l'iceberg che provocò così tante vittime.
La teoria non ha trovato alcuna conferma né fondamento in inchieste giudiziarie successive.

Storia di alcuni superstiti [modifica]

Masabumi Hosono [modifica]

Masabumi Hosono (Tokyo, 1870 - 1939), era l'unico passeggero giapponese a bordo del Titanic e riuscì a salvarsi lanciandosi in mare su una scialuppa ancora libera, nonostante l'indicazione del capitano di dare la precedenza a donne e bambini.
Il fatto non costituì nulla di particolare negli Stati Uniti ma segnò profondamente la vita di Hosono in Giappone, dove l'opinione pubblica lo additò come un traditore dell'onore nipponico, la sua carriera lavorativa sino alla sua morte, avvenuta nel 1939.[91]

Emilio Portaluppi [modifica]

Emilio Portaluppi, (Arcisate, 1881 - 1974), passeggero italiano di seconda classe. Il quotidiano La Stampa gli dedicò un articolo:

« Fra le narrazioni dei superstiti del Titanic si annovera quella dell'italiano Emilio Portaluppi di Arcisate, passeggero di seconda classe, il quale dice di essere stato svegliato dall'esplosione di una caldaia della nave. Corse allora sul ponte, si mise la cintura di salvataggio e, seguendo l'esempio degli altri, si gettò in mare, dove, aggrappatosi ad un pezzo di ghiaccio, riuscì a rimanere a fior d'acqua finché fu scorto e raccolto dai passeggeri dei canotti. »

( Come si salvò un italiano a New York, La Stampa, 20 aprile 1912)
Voci di paese, non confermate da prove, raccontarono che egli abbia mentito sulle modalità del proprio salvataggio per rendere la sua storia più avventurosa. Infatti egli raccontò di essere caduto in mare e di esservi rimasto circa due ore fino all'arrivo di una scialuppa. In realtà egli ebbe solo la fortuna di riuscire a saltare sulla scialuppa n. 14. Addirittura raccontava di essere riuscito a salire sulla scialuppa grazie all'intervento di lady Astor, il cui nome però non risulta nell'elenco ufficiale degli imbarcati sulla scialuppa 14.
Dopo il naufragio visse negli Stati Uniti (New York e New Jersey) per poi fare ritorno definitivamente in Italia nel 1965, dove trascorse gli ultimi anni di vita in Arcisate fino alla sua morte nel 1974. Alternava qualche vacanza ad Alassio dove la fama di sopravvissuto del Titanic lo aveva preceduto e accompagnato nelle sue passeggiate sul lungomare. Alloggiava nella pensione-ristorante Palma, il cui proprietario, Silvio Viglietti, raccontò in un articolo:

« Forse qualcuno tra i non più giovani si ricorderà di quel vecchio ometto distinto che con il suo bastone che lui chiamava “la mi mié” (mia moglie), per oltre venti anni dal 60 all’ 80 del secolo scorso ha vissuto in pensione ad Alassio proprio da me all’albergo Palma e che parlava amichevolmente con tutti e tutti riconoscevano perché era l’ultimo italiano tra i superstiti del naufragio del Titanic, la nave affondata a causa dell’urto con l’iceberg nell’aprile del 1912! Era il prof. Emilio Portaluppi di Arcisate (Varese): ogni anno il giorno dell’anniversario del naufragio nel mio ristorante celebravamo il suo compleanno con trent’anni in meno, perché lui diceva giustamente che essendo scampato alla morte si riteneva rinato in quel giorno e siccome allora aveva trent’anni li contava in meno; ragionamento logico! Organizzavo per l’occasione un grande pranzo cui erano invitati autorità e giornalisti, cosa che procurava notevole risonanza perché abbondavano gli articoli e le foto su giornali e riviste che pubblicavano la vera storia del naufragio con particolari inediti arricchiti dal vecchio professore con molti particolari, così come quello di essere stato salvato dalla proprietaria di “Times” che si trovava sulla scialuppa a cui il Portaluppi si avvicinò e che intercesse per lui tirandolo a bordo mentre i marinai lo allontanavano con i remi; e lui aveva una pistola di madreperla in bocca, raccolta prima di buttarsi dalla tolda del Titanic tra i flutti gelati per il ghiaccio, pistola che dovettero strappargli di bocca poco a poco; la signora era Lady Astor. »

( Silvio Viglietti, L'Alassino n. 11, 17 novembre 2005)
La notte del naufragio Portaluppi perse tutto quello che aveva, ma riuscì a salvare il menù della cena.

Menù della cena per i passeggeri di seconda classe

La famiglia Laroche [modifica]

Joseph Laroche (26 maggio 1886 - 15 aprile 1912) è divenuto famoso per essere stato l'unico passeggero di colore a bordo del Titanic. Egli era originario di Haiti, e si imbarcò, insieme alla moglie Juliet Lafargue e le due figlie, sul transatlantico a Cherbourg nel tardo pomeriggio del 10 aprile, prenotando una cabina di seconda classe. Dopo l'impatto con l'iceberg, Joseph perì nell'affondamento, mentre la moglie e le figlie, imbarcate sulla scialuppa n. 14, furono recuperate dalla Carpathia nelle ore successive. Il corpo del Sig. Laroche non fu mai ritrovato[92].

David Sarnoff [modifica]

Una storia spesso data per vera è che la prima persona ad avere ricevuto la notizia dell'affondamento fu David Sarnoff, che più tardi fondò la RCA. Sarnoff non fu la prima persona a ricevere la notizia (anche se egli lo sostenne) ma assieme ad altre persone a New York si occupò nei tre giorni successivi al disastro di ricevere le notizie e i nomi dei dispersi e comunicarli al pubblico.[93].

Violet Costance Jessop [modifica]

Violet Constance Jessop, hostess della White Star Line, si salvò dall'affondamento del Titanic sulla scialuppa n. 16, salvando un bambino e venendo recuperata dalla Carpathia. Nel 1911 Violet era a bordo dell'RMS Olympic, nave gemella del Titanic, quando questa, al comando dello stesso capitano Smith del Titanic, speronò un incrociatore nel canale della Manica.
Quattro anni dopo, nel 1916, Violet prestava servizio come infermiera sulla HMHS Britannic, la terza nave di classe Olympic dopo il Titanic e l'Olympic, quando questa venne affondata da una mina.

Gli ultimi sopravvissuti [modifica]


Millvina Dean alla "Titanic Convention" tenutasi a Southampton nell'aprile del 1999.
Il 6 maggio 2006, a 99 anni, è morta negli Stati Uniti l'ultima superstite ancora in vita che avesse un ricordo inerente all'affondamento del Titanic, Lillian Gertrud Asplund; aveva 6 anni il giorno del disastro[94].
Gli altri due superstiti che avevano vissuto il naufragio erano troppo piccoli per poter avere memoria dell'accaduto: la prima era Barbara West Dainton che è morta il 16 ottobre 2007 a 96 anni e all'epoca aveva solo 10 mesi, mentre la seconda era Elizabeth Gladys "Millvina" Dean (nata il 2 febbraio 1912) che aveva invece solo 71 giorni all'epoca del disastro ed è deceduta il 31 maggio 2009[95].
Winnifred Vera Quick Van Tongerloo (Plymouth, 23 gennaio 1904 – East Lansing, 4 luglio 2002) sopravvissuta al naufragio non partecipò mai a nessun evento organizzato al riguardo[96].
Alcuni casi singolari sono rappresentati da persone, fra cui una donna italiana, che al momento del disastro non erano ancora nate ma le cui madri erano incinte al momento del naufragio in cui tutti i padri morirono.
Ellen Mary (Betty) Phillips nacque l'11 gennaio 1913 (271 giorni dopo il naufragio quindi potrebbe essere stata concepita sul Titanic) e morì nel novembre 2005, i genitori erano Henry Samuel Morley (deceduto) e Kate Phillips che viaggiavano col falso nome di Marshall, in quanto erano una coppia clandestina avendo lui lasciata la vera moglie. L'italiana Maria Salvata Del Carlo nacque il 14 novembre 1912 e trascorse la sua vita ad Altopascio, vicino Lucca. Dopo la tragedia, la madre ormai vedova (il padre fu tra le vittime del naufragio) ma incinta di 2 mesi ritornò in Italia per darla alla luce. È morta nella sua casa di riposo il 31 ottobre 2008. Lucian Philip Smith nacque il 29 novembre ed ebbe lo stesso nome del padre deceduto, la madre era Mary Eloise Hughes. Margareth Marvin nacque il 21 ottobre 1912 da Mary Graham Carmichael, vedova di Daniel Warner Marvin. Il 14 agosto 1912 nacque il figlio di John Jacob Astor e Madeleine Talmage, ebbe lo stesso nome del padre.[97].

Note [modifica]

  1. ^ a b TITANIC LA NAVE DEI SOGNI La Repubblica - 11 novembre 1997
  2. ^ a b Titanic, l'ultima verità Corriere della Sera - 9 aprile 1997
  3. ^ a b c d e f g h IL GRAN CIRCO ' TITANIC' La Repubblica - 25 agosto 1996
  4. ^ I dati sulle vittime sono discordanti, oscillano tra 1490 e 1523
  5. ^ a b L'ENIGMA RIMANE Naufragio Titanic due nuove ipotesi La Stampa - 8 marzo 1995
  6. ^ a b c Titanic in cifre Repubblica.it - 14 gennaio 1998
  7. ^ Scheda motori titanic dal sito TitanicBelfast.com
  8. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t Ballard 1987
  9. ^ Titanic, 100 anni fa la tragedia Quotidiano.net - 11 aprile 2007
  10. ^ Ecco l''inaffondabile' Titanic fotografato a quattromila metri La Repubblica - 8 settembre 1985
  11. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z aa ab ac ad Marcus 1990
  12. ^ a b c QUELLA NOTTE DI 77 ANNI FA La Repubblica - 21 giugno 1989
  13. ^ Immagini del Titanic: Prima Classe - Il Café Parisien dal sito TitanicBefast.com
  14. ^ Immagini del Titanic: Prima Classe - La Suite B60 con Salotto dal sito TitanicBefast.com
  15. ^ New York, Brooke Astor l'ereditiera che vive da barbona Repubblica.it - luglio 2006
  16. ^ Titanic, la storia del vero Jack Dawson
  17. ^ Alessio Altichieri. «Titanic, ecco l'iceberg del naufragio». Corriere della Sera, 30 luglio 2002, p. 16. URL consultato in data 3 marzo 2011.
  18. ^ a b Titanic, 95 anni fa la tragedia
  19. ^ parole di Walter Lord, citate nel libro: "Il ritrovamento del Titanic", di Robert Ballard.
  20. ^ QUELLA NOTTE DI 77 ANNI FALa Repubblica - 21 giugno 1989
  21. ^ Morning Post, 29 aprile 1912. Citato in Marcus 1990
  22. ^ Dario Cresto. «Prima le donne e i bambini». la Repubblica, 4 marzo 2010, p. 39. URL consultato in data 3 marzo 2011.
  23. ^ «È morta l'ultima superstite del Titanic». Il Tirreno, 31 ottobre 2008. URL consultato in data 3 marzo 2011.
  24. ^ Lord, Walter. A Night to Remember. New York, NY: Bantam, 1997, p. 63 ISBN 978-0-553-27827-9
  25. ^ Racconto della signora Brown, stampato sul "New York Times" il 20 aprile 1912.
  26. ^ Racconto di Antonio Bardetta, un superstite del Titanic.
  27. ^ Titanic, una lapide scuote Belfast Corriere della Sera - 8 febbraio 1998
  28. ^ Il business del Titanic all'asta gli ultimi messaggi La Repubblica - 6 febbraio 1998
  29. ^ a b dal sito internet: "Titanic", di Claudio Bossi
  30. ^ a b c d e dal documentario VHS "Titanic anatomia di un disastro", Discovery Channel
  31. ^ a b dal sito: "Titanic", di Claudio Bossi
  32. ^ Inchiesta americana. Citazto in Marcus 1990
  33. ^ Intervista riportata nel documentario VHS "La tragedia del Titanic", dalla collezione DeAgostini "Le grandi avventure sui mari".
  34. ^ New York Herald, 20 aprile 1912. Citato in Marcus 1990
  35. ^ a b c dal sito internet "Titanic", di Claudio Bossi
  36. ^ "New York Sun", 22 aprile 1912. Citato in Marcus 1990
  37. ^ "Titanic and other ships", di Charles Lightoller,così come tutto il personale non marittimo,che secondo il regolamento della compagnia non aveva diritto a salire sulle scialuppe in quanto inutile per il governo delle scialuppe Citato in Marcus 1990
  38. ^ dal documentario VHS Titanic anatomia di un disastro, Discovery Channel
  39. ^ a b dal libro: "Il ritrovamento del Titanic", di Robert Ballard
  40. ^ disegni schematici tratti dal libro: "Il ritrovamento del Titanic", di Robert Ballard
  41. ^ testimonianza di Jack Tayer. Dal sito internet: "Titanic", di Claudio Bossi.
  42. ^ testimonianza di Lawrence Beesley raccolta all'arrivo del Carpathia a New York e successivamente ripresa da tutti i principali quotidiani. Dal sito internet: "Titanic", di Claudio Bossi.
  43. ^ Titanic, la storia del vero Jack Dawson
  44. ^ "National Geographic"; Vol. 29; N°. 4; Aprile 2012; pp. 2 - 41.
  45. ^ Titanic inquiry project
  46. ^ Francesco Ambrosini, Tutta la storia del Titanic - Fatti, personaggi, misteri, Edizioni del Capricorno, Torino, 2012, pag. 110, ISBN 978-88-7707-148-4
  47. ^ a b Ottant'anni fa la tragedia che costo' la vita a 1490 passeggeri TITANIC il mostro era innocente Solo adesso scagionato il capitano della nave che non accorse in aiuto Non vide il transatlantico, ingannato dalle luci di un' altra imbarcazione. Ora si cerca quel La Stampa - 2 marzo 1992
  48. ^ dal libro: "I grandi fatti", volume 1º. Editoriale nuova, 1978
  49. ^ collezione Navi e velieri, De Agostini
  50. ^ Wade, W.C. 1986. The Titanic: End of a Dream, Penguin Books, p. 41
  51. ^ The Titanic Disaster Aftermath, and the Internet
  52. ^ Titanic Myths, Titanic Historical Society
  53. ^ a b Il Titanic è affondato perché costruito male La Repubblica - 17 settembre 2006
  54. ^ ' ERA D' ACCIAIO SCADENTE, COSI' AFFONDO' IL TITANIC' La Repubblica - 17 settembre 1993
  55. ^ l'ultima verità sulla fine del Titanic " si spezzò per l'acciaio scadente " Corriere della Sera - 17 settembre 1993
  56. ^ Nuove ipotesi sul Titanic: sotto l'urto dei ghiacci cedettero bulloni difettosi Corriere della Sera - 28 gennaio 1998
  57. ^ Il management del Titanic. Lezioni da un naufragio - Di Henry Lang
  58. ^ ECCO LINAFFONDABILE' TITANIC FOTOGRAFATO A QUATTROMILA METRI La Repubblica - 8 settembre 1985
  59. ^ " La nave scivolò silenziosa, lontano da noi, nell'abisso " Corriere della Sera - 30 marzo 1998
  60. ^ TITANIC, UN TESORO RITROVATO La Repubblica - 3 settembre 1985
  61. ^ 'Recuperare il Titanic? La Repubblica - 4 settembre 1985
  62. ^ " speculate sui morti del Titanic " Corriere della Sera - 9 luglio 1993
  63. ^ RECUPERATA DAL TITANIC UNA BORSA DI GIOIELLI La Repubblica - 21 agosto 1987
  64. ^ DELUDENTE EPILOGO PER IL LEGGENDARIO FORZIERE DEL TITANIC La Repubblica - 30 ottobre 1987
  65. ^ a b dal documentario VHS "Titanic anatomia di un disastro, Discovery Channel
  66. ^ TITANIC, FALLISCE IL RECUPERO La Repubblica - 29 agosto 1996
  67. ^ Il " Titanic " si arrende: recuperata una parte del relitto Corriere della Sera - 30 agosto 1996
  68. ^ Il Titanic affonda di nuovo - National Geographic
  69. ^ La seconda morte del Titanic devastato da ruggine e subacquei Corriere della Sera - 10 agosto 2003
  70. ^ Il mare si sta mangiando il Titanic Corriere della Sera - 23 ottobre 1995
  71. ^ Francesco Ambrosini, Tutta la storia del Titanic - Fatti, personaggi, misteri, Edizioni del Capricorno, Torino, 2012, pag. 153, ISBN 978-88-7707-148-4
  72. ^ Riassunto dettagliato delle questioni di proprietà
  73. ^ Ricupero di porzione dello scafo
  74. ^ Esposizioni "Titanic - Gli Artefatti"
  75. ^ United States court of appeals for the fourth circuit, R.M.S. TITANIC, INCORPORATED vs. THE WRECKED AND ABANDONED VESSEL - January 31, 2006
  76. ^ Estratti commentati della decisione 31 gennaio 2006 della Corte di Appello
  77. ^ dal libro: "Grandi misteri della storia", di Massimo Polidoro.
  78. ^ dal sito internet: "docstoc" (Titanic fine di un'epoca)
  79. ^ dal sito internet: "cronologia.leonardo" (Titanic: fine di un'epoca)
  80. ^ Gli scienziati della spedizione sottomarina del 1997. Dal documentario VHS "Titanic anatomia di un disastro", Discovery Channel
  81. ^ Lawrence Beesley: "The Loss of the Titanic", riportato nel libro: "Il viaggio inaugurale del Titanic", di Geoffrey Marcus
  82. ^ (EN)Futility, or the Wreck of the Titan
  83. ^ dal libro: "Grandi misteri della storia", di Massimo Polidoro"
  84. ^ Titanic, un mistero inaffondabile
  85. ^ Lo scrittore profetico. Differenze ed analogia tra il Titan e il Titanic
  86. ^ dal sito internet "Titanic Forum Italia"
  87. ^ Bruce Beveridge and Steve Hall, Olympic & Titanic: The Truth Behind the Conspiracy, Infinity Publishing, 2004. ISBN 978-0-7414-1949-1
  88. ^ Mark Chirnside. Olympic & Titanic - An Analysis of the Robin Gardiner Conspiracy Theory (PDF). 2006. URL consultato il 4 ottobre 2008.
  89. ^ Gardiner, op. cit.
  90. ^ L'ULTIMA SUL TITANIC ' NON FECE NAUFRAGIO' La Repubblica - 4 luglio 1995
  91. ^ Il giapponese che si salvo' dal Titanic e in patria fu trattato da vigliacco Corriere della Sera - 14 dicembre 1997
  92. ^ Mr Joseph Philippe Lemercier Laroche - Titanic Victim
  93. ^ More About Sarnoff, Part One
  94. ^ Addio alla bimba del Titanic Corriere della Sera - 8 maggio 2006
  95. ^ È deceduta Millvina, l'ultima superstite del naufragio del Titanic La Stampa - 1 giugno 2009
  96. ^ Su di lei vedi in titanichistoricalsociety.org, e nel nytimes.com.
  97. ^ Derniers rescapés décédés

Bibliografia [modifica]

Voci correlate [modifica]

Altri progetti [modifica]

Collegamenti esterni [modifica]

 Fonte: http://it.wikipedia.org
 

ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!