Un convoglio di auto dei lealisti in fuga dalla Sirte verso Misurata, gli elicotteri della Nato che volteggiavano in aria scaricando i missili, le jeep degli insorti alle calcagna che lanciavano i razzi Grad: queste sono state le ultime ore del Colonnello, ucciso, secondo i media libici, nell'assalto finale al bastione del regime.
Gheddafi ultimo atto: catturato, ferito alle gambe, con il volto insanguinato e forse giustiziato con un colpo di grazia dai ribelli. La fine è arrivata in ogni caso su una strada che aveva percorso mille volte, fin da ragazzo quando la famiglia, dalla tenda della Sirte lo aveva incoraggiato a proseguire gli studi, prima nel liceo di Sebha e poi proprio a Misurata dove era uno degli allievi più brillanti, una sorta di capopopolo imberbe che incitava i compagni a seguire l'esempio di Nasser e della sua rivoluzione in Egitto che aveva abbattuto la monarchia di Faruk. Gheddafi voleva imitarne le gesta e anche superare, se possibile, il modello del raìs egiziano: con il colpo di stato del primo settembre 1969, organizzato con un gruppo ristretto di giovani ufficiali, prese il potere quasi senza sparare un colpo, abbattendo re Idris, il monarca senussita.
Prese in pugno la Libia e per 42 anni ne fu il padrone assoluto, abile demiurgo e spietato repressore, con sfrenate ambizioni di protagonismo sul piano internazionale, fino ad aprire fronti di guerra in Africa e a sponsorizzare il terrorismo.
La Libia di Gheddafi è finita quando la risoluzione 1973 del consiglio di sicurezza dell'Onu ha dato il via libera dopo 48 ore all'intervento aereo francese, inglese e americano, diventato poi una missione sotto il comando della Nato. Un'operazione partita sulla spinta del presidente francese Nicolas Sarkozy per difendere gli insorti di Bengasi che si è rapidamente trasformata in una battaglia per abbattere il Colonnello.
Gli insorti senza la Nato non sarebbero mai riusciti a vincere. E in aggiunta si è dimostrato decisivo l'intervento a terra di truppe speciali, sia inglesi che francesi ma anche di Paesi arabi come il Qatar e gli Emirati. E' stata quindi montata a metà agosto l'operazione che ha condotto gli insorti della regione occidentale, arabi e berberi, alla conquista di Tripoli, caduta il 21 agosto.
Ma il regime non era ancora finito. Gli insorti, divisi e poco organizzati, hanno dovuto comunque affrontare per due mesi la controffensiva dei lealisti nelle roccaforti di Sirte e di Bani Walid, che sembrano resistere a ogni assalto. Intanto il clan del Colonnello si disfaceva e disperdeva tra Algeria, Niger e deserto, in una fuga che comunque costituiva un motivo di perenne preoccupazione. Se fosse rimasto vivo Gheddafi appariva capace di creare ancora problemi alla nuova Libia, con guerriglia, attentati e azioni dimostrative.
Quali scenari si aprono adesso? La fine del raìs seppellisce definitivamente un regime ma apre nuovi interrogativi: entro un mese dovrebbe insediarsi un altro governo al posto del Consiglio nazionale transitorio rappresentativo - e questo è stato il suo limite - soprattutto degli insorti di Bengasi e della Cirenaica. La Libia ora deve trovare l'unità in un Paese frammentato da divisioni regionali, tribali e percorso dall'ascesa dei fondamentalisti islamici. Non sarà facile, anche perché questa volta, all'orizzonte non si profila un leader incontrastato: la fine sanguinosa e tragica di Gheddafi forse è anche quella di un'era, in Libia e in tutto il mondo arabo.
Fonte: http://www.ilsole24ore.com
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