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venerdì 6 settembre 2024

PENA DI MORTE: IN CERTI CASI, IN ESTREMI CASI, SAREBBE NECESSARIA! COME NEL CASO DI RICCARDO, 17 ANNI, CHE TRA DOMENICA 31 AGOSTO ED IL 1 SETTEMBRE 2024 HA STERMINATO TUTTA LA SUA FAMIGLIA A COLTELLATE, COMPRESO IL FRATELLINO DI 12 ANNI UCCISO NEL SONNO! PENA DI MORTE ANCHE PER MOUSSA SANGARE, IL RAPPER 31ENNE CHE HA UCCISO A CASO, PER IL SOLO PIACERE DI FARLO, LA BARISTA 33ENNE SHARON VERZENI! SE PROPRIO NON SI VUOLE LA PENA CAPITALE, ALMENO SI RIPRISTINO I LAVORI FORZATI...GLI ASSASSINI, TERRORISTI, PSICOPATICI E DELINQUENTI DI OGNI RISMA, SPACCIATORI E CRIMINALI VIOLENTI, STALKER E FEMMINICIDI, TUTTI AL GULAG!!!

Strage a Paderno Dugnano, il ragazzo che ha ucciso la famiglia è al Beccaria: «Vivo un malessere». Gli inquirenti: «Molte ferite a gola e collo, non c'è un movente!»

La strage di Paderno Dugnano e i verbali dell'interrogatorio di Riccardo, il 17enne che ha sterminato la sua famiglia: ha pianto a lungo e chi l'ha visto ha trovato un ragazzo «fragilissimo». I nonni: «Molta pena per nostro nipote!»

LA FAMIGLIA STERMINATA 

«Quando abbiamo trovato il ragazzo fuori di casa parlava in modo pacato e lucido. Così come nella sua chiamata al 118». È quanto hanno spiegato gli inquirenti nel corso della conferenza stampa sul triplice delitto di Paderno DugnanoRiccardo, 17 anni, nella notte tra sabato e domenica ha ucciso padre, madre e fratello a coltellate. I carabinieri l'hanno trovato seduto su un muretto, con soltanto i boxer addosso. «Era sereno, lucido», ha riferito il tenente Luigi Ruzza. Sereno, lucido e coperto di sangue, quello dei suoi familiari appena massacrati. «Molte ferite a gola e collo per tutti e tre», ha riferito la procuratrice facente funzione dei minori Sabrina Ditaranto. Che ha descritto la famiglia come «più che normale, direi una famiglia molto felice». All'inizio il ragazzo ha detto di aver ucciso solo il padre, attribuendo al genitore gli omicidi della madre e del fratello. Nel pomeriggio, dopo poco più di 12 ore, la piena confessione dei tre delitti. Gli viene contestata la premeditazione, altre aggravanti sono il rapporto di parentela e la minore età di una delle vittime. «Da un punto di vista giudiziario non abbiamo un movente tecnicamente inteso - ha detto  Ditaranto-. Da un punto di vista sociologico le indagini sono ancora aperte. Il ragazzo ha colpito intorno alle 2 di notte. Poche ore prima c’era stata la festa di compleanno del papà ed è possibile che i festeggiamenti abbiano acuito un malessere, i festeggiamenti sono sempre un momento critico per chi sta soffrendo. Ma anche lui non si dà una spiegazione. Lui ha parlato di un malessere ed era un pensiero che aveva da qualche giorno. E di un senso di estraneità, non solo rispetto alla famiglia ma rispetto al mondo. Sa che non si torna indietro, in questo è sembrato molto lucido. Ha capito che questo è irreversibile». Il ragazzo ha riferito che «ci pensava da qualche giorno» a uccidere genitori e fratello. La procuratrice facente funzione ha messo l'accento sulla «solitudine» provata da molti giovani con cui viene a contatto. «In linea generale c’è più solitudine tra i giovani. Il perché è la grande domanda di questo caso - ha detto Ditaranto -. I giovani manifestano un malessere importante soprattutto per gli aspetti che riguardano la socialità, è in aumento. Noi possiamo fare molto poco per loro. Per esempio, non possono rivolgersi da soli a un supporto psicologico, occorre che lo faccia un adulto». Riccardo ha pianto a lungo e chi l'ha visto nelle ore dell'interrogatorio ha trovato un ragazzo «fragilissimo». Il 17enne, che era assistito nell'interrogatorio di domenica dall'avvocato Giorgio Conti e che è difeso dalla legale Chiara Roveda, si trova in un'ala del Beccaria di Milano (il carcere minorile che è stato teatro di una rivolta sabato notte) in attesa dell'udienza di convalida, che dovrebbe tenersi tra martedì e mercoledì. E ha - ora sì - un sostegno psicologico, secondo le modalità previste dalla legge. La procuratrice facente funzione ha messo l'accento sulla «solitudine» provata da molti giovani con cui viene a contatto. «In linea generale c’è più solitudine tra i giovani. Il perché è la grande domanda di questo caso - ha detto Ditaranto -. I giovani manifestano un malessere importante soprattutto per gli aspetti che riguardano la socialità, è in aumento. Noi possiamo fare molto poco per loro. Per esempio, non possono rivolgersi da soli a un supporto psicologico, occorre che lo faccia un adulto». Riccardo ha pianto a lungo e chi l'ha visto nelle ore dell'interrogatorio ha trovato un ragazzo «fragilissimo». Il 17enne, che era assistito nell'interrogatorio di domenica dall'avvocato Giorgio Conti e che è difeso dalla legale Chiara Roveda, si trova in un'ala del Beccaria di Milano (il carcere minorile che è stato teatro di una rivolta sabato notte) in attesa dell'udienza di convalida, che dovrebbe tenersi tra martedì e mercoledì. E ha - ora sì - un sostegno psicologico, secondo le modalità previste dalla legge. Riccardo ha ucciso i familiari uno dopo l’altro. È sceso a prendere il coltello in cucina e ha colpito. Come ha potuto sopraffarli tutti? «Una vittima dormiva, le altre due si sono risvegliate di colpo in un incubo», ha spiegato Ditaranto. Lorenzo, 12 anni compiuti il 17 agosto, dormiva nel letto a fianco al suo. Colpito da molti fendenti, il ragazzino si è svegliato e ha gridato. La madre Daniela A., 48 anni, ha sentito i rumori dalla camera a fianco, ha attraversato il piccolo corridoio e appena entrata in stanza è stata colpita e si è accasciata. Infine papà Fabio C., 51 anni festeggiati proprio sabato sera. Sente le urla e si precipita per capire cosa stia succedendo, vede il figlio minore in un lago di sangue e cerca di soccorrerlo. Riccardo ha il coltello in pugno, e uccide anche lui. Poi Riccardo chiama il 112. Sono le 2 di notte. Dice che papà ha ammazzato suo fratello e la mamma. Racconta che lui ha preso il coltello da terra e l’ha colpito, che l’ha ucciso. L’operatore del 112 lo tiene al telefono, gli dice di uscire subito di casa per aspettare i soccorsi in strada. I carabinieri di Paderno Dugnano, una manciata di chilometri a nord di Milano, lo trovano davanti al cancelletto del civico 33 di via Anzio. Riccardo è in piedi, pieno di sangue. In mano ha ancora il coltelloRiccardo, che compirà 18 anni tra poche settimane, era un po’ taciturno ma non più del solito, senza dare nessun segnale di malessere. Con i carabinieri prova a ricostruire: «Papà li ha uccisi, poi ha lasciato il coltello sul pavimento. Io l’ho preso e l’ho colpito». Dice di non essere stato aggredito e sul corpo non ha segni di difesaLa sua versione si spegne quando è ormai giorno. I carabinieri del Reparto operativo di Milano, guidati dal colonnello Antonio Coppola, lavorano per ore su allarmi e telecamere per escludere, oltre ogni dubbio, la presenza di estranei nella villetta. Ma è un’ipotesi a cui nessuno crede veramente. Alle due di pomeriggio il 17enne, ormai formalmente indagato per omicidio, si confida con il legale d’ufficio e confessa. «L'interrogatorio inizia con la sua confessione. Appena gli viene chiesto di dare la sua versione alla presenza del difensore, lui ritratta e si professa autore di tutti e tre degli omicidi, dettagliando successione e modalità», ha spiegato Ditaranto. «Non è stato un interrogatorio aggressivo in cui è stato necessario scavare a fondo per trovare la verità. Il ragazzo iniziava a rendersi conto della realtà e della gravità di quanto commesso e, alla presenza di un difensore, ha ritrattato la prima versione confessando i tre omicidi». Racconta la sequenza dell’orrore, dice di aver colpito per primo il fratello Lorenzo, poi i genitori. «Non c’è un perché. Mi sentivo un corpo estraneo in famiglia, con gli amici. Ero oppresso, mi sentivo solo in mezzo agli altri». Da quanto è stato riferito, uno degli aspetti che si dovranno approfondire, attraverso consulenze e il lavoro di esperti, non solo dal punto di vista difensivo, ma anche da parte della Procura e del Tribunale per i minorenni, è proprio il tema della «personalità», dal punto di vista psicologico e psichiatrico, del ragazzo. Per cercare di comprendere proprio quel «malessere» psicologico di cui ha parlato nell'interrogatorio con la confessione. Davanti ad inquirenti e investigatori, ha mostrato tutto il suo pentimento, piangendo e sfogandosi a lungo. Non ha avuto mai, stando a quanto riferito, atteggiamenti in qualche modo spavaldi, ma è apparso sempre molto fragile. Pare che Riccardo non avesse mai mostrato in passato particolari problematiche psicologiche. Non aveva espresso alcun disagio particolare nei giorni precedenti, o durante la festa di compleanno del padre alla quale aveva partecipato proprio la sera prima. «Ultimamente sentiva musica molto triste - ha detto Ditaranto - e, contrariamente a una carriera scolastica brillante, aveva preso una materia a settembre, matematica. Ma anche questo particolare, a suo dire, non sarebbe stato prevalente nel suo disagio generale». Per capirlo meglio, oltre ai colloqui psicologici previsti dall'ordinamento penale per i minorenni, gli investigatori scaveranno tra i suoi dispositivi elettronici, i suoi giochi e le sue chat. I nonni del 17enne hanno manifestato «molta pena e compassione per lui». Da quanto si è saputo, si sarebbero anche detti disponibili ad incontrarlo, anche se questo non sarà possibile prima dell'udienza di convalida dell'arresto. Gli stessi inquirenti hanno spiegato che «la famiglia sta facendo quadrato attorno a lui» e hanno chiarito che il ragazzo, dopo la prima versione, si è deciso a confessare anche dopo aver parlato con «familiari e col suo legale».

Fonte: https://milano.corriere.it/

Paderno Dugnano, 17enne uccide tutta la famiglia: padre, madre e fratello di 12 anni.

Un triplice omicidio familiare è avvenuto a Paderno Dugnano, in provincia di Milano, dove un ragazzo di 17 anni ha ucciso i suoi genitori e il fratellino di 12 anni. Le vittime, il padre, la madre e il figlio più piccolo, sono state trovate nella loro abitazione con ferite da arma da taglio. Inizialmente, il giovane aveva raccontato agli inquirenti di essersi svegliato nella notte dopo aver sentito le urla della madre e del fratellino, colpiti a morte dal padre. Secondo la sua versione iniziale, il ragazzo avrebbe poi reagito uccidendo il padre con lo stesso coltello. Ha chiamato il 112 dicendo: “Ho ucciso mio papà, venite”. Tuttavia, questa versione è crollata durante il lungo interrogatorio, poiché gli investigatori hanno trovato alcune incongruenze nella sua storia e hanno accertato che il 17enne non presentava segni di colluttazione. Dopo un pressing investigativo, il ragazzo ha confessato di aver ucciso tutti e tre i familiari, senza il coinvolgimento di altre persone. Le indagini dei carabinieri hanno confermato che non vi erano segni di intrusioni esterne e che la scena del crimine non mostrava tracce di estranei. La sera prima del delitto, la famiglia aveva celebrato il 51° compleanno del padre con una festa a cui avevano partecipato alcuni parenti. Le vittime sono state trovate nella camera da letto al piano superiore della villetta: il corpo del fratellino, colpito da numerose coltellate, è stato trovato sul suo letto; la madre era distesa a terra e il padre su una sedia. Secondo le ricostruzioni, il bambino di 12 anni sarebbe stato la prima vittima dell’aggressione, come indicato dalla gravità delle ferite riportate. Dopo il delitto, il ragazzo è stato arrestato e sarà processato per omicidio. Gli amici del 17enne sono sconvolti dall’accaduto, descrivendolo come un “ragazzo tranquillo, studioso e sportivo”, e affermano che in casa non c’erano dissidi particolari o problemi di natura familiare. Secondo le testimonianze, il giovane non faceva uso di droghe ed era sempre stato considerato “pulitissimo” da chi lo conosceva. Un uomo, vicino alla famiglia, ha riferito di aver visto un coltello insanguinato sotto un’auto vicino alla casa, che potrebbe essere stato l’arma del delitto. La comunità è in shock per la tragedia, e restano molti interrogativi sul movente che ha spinto il ragazzo a compiere un gesto così estremo.

Paderno Dugnano, 17enne uccide tutta la famiglia: padre, madre e fratello di 12 anni


A sinistra nella fotografia, Moussa Sangare, il killer reo confesso di Sharon Verzeni (a destra nella fotografia), nel videoclip della canzone "Scusa" di Izi

L'ha incrociata prima da davanti. Moussa Sangare, 30enne che ha confessato di avere ucciso Sharon Verzeni, ha ricostruito attentamente, nell’interrogatorio di convalida davanti al gip Raffaella Mascarino, quello che è successo la sera del 30 luglio. La donna non aveva la borsa; portava gli occhiali. «Avrei detto che avesse i capelli biondi; indossava jeans e aveva le cuffiette nelle orecchie. A quel punto l’ho seguita da dietro, l’ho toccata sulla spalla con la mano sinistra e le ho detto: “Scusa per quello che sta per accadere», ha riferito Moussa Sangare. «Lei ha tolto le cuffiette quando si è sentita toccare. Ha sentito la frase. Ho preso il coltello. La prima coltellata l’ho data al petto e il coltello è rimbalzato. Lei stava scappando, sono sceso dalla bici, l’ho rincorsa e l’ho colpita alla schiena più volte, tre o quattro».

TUTTA LA BELLEZZA DI SHARON VERZENI
Nell’appartamento dove Moussa Sangare trascorreva la sua esistenza allo sbando i carabinieri hanno trovato una sagoma con sembianze umane, usata come bersaglio per allenarsi col coltello. Nel decreto di fermo, disposto dalla procuratrice di Bergamo, Maria Cristina Rota, e dal pm Emanuele Marchisio, viene evidenziato il pericolo di fuga e di reiterazione del reato: il 31enne che ha confessato di aver ucciso Sharon Verzeni avrebbe potuto colpire ancora. Viene contestata la premeditazione (oltre all’aggravante dei futili motivi) perché è uscito di casa "portando con sé 4 coltelli", con l’obiettivo di uccidere. "Ho sentito l’impulso di accoltellare qualcuno – ha spiegato ai carabinieri –. Non l’avevo mai vista prima, ho avuto un raptus e l’ho colpita senza un motivo particolare. Mi dispiace per quello che ho fatto". Le indagini che hanno portato al fermo dell’uomo sono partite da "meno di un’ombra", la sagoma di una persona in bici ripresa nei pressi di via Castegnate, a Terno d’Isola, dove un mese fa la barista di 33 anni uscita di casa per una passeggiata è stata uccisa con 4 coltellate, la prima al petto e le altre tre alla schiena. I carabinieri di Bergamo, guidati dal comandante del Reparto operativo, Riccardo Ponzone, hanno ascoltato centinaia di testimoni e hanno analizzato le riprese di circa 80 telecamere a Terno e nei paesi attorno, 15 terabyte di dati al setaccio. Le testimonianze di due uomini originari del Marocco, le uniche persone presenti quella sera nel luogo del delitto che si sono presentate spontaneamente ai carabinieri, si sono rivelate decisive. Hanno fornito una descrizione di quell’uomo, che non conoscevano e che avevano visto sfrecciare in bici. Un sommario identikit nelle mani degli investigatori, che analizzando le telecamere sono riusciti a tracciare la sua fuga verso Chignolo d’Isola, lo stesso paese dove il 26 febbraio 2011 fu scoperto il cadavere di Yara Gambirasio. Dalle immagini si è arrivati al nome di un sospetto, Moussa Sangare, nato in Italia da una famiglia originaria del Mali. Un 31enne senza un lavoro fisso, che sognava di sfondare con la musica ma la cui vita era uscita da tempo dai binari. Le liti con madre e sorella, che una volta aveva anche minacciato col coltello. Era stato denunciato e indagato a piede libero per maltrattamenti. Tempo fa avrebbe anche cercato di dare fuoco alla casa. Non era seguito da uno psichiatra, nessuno aveva colto i segnali di una violenza che è esplosa. Sangare è stato individuato a Medolago la notte tra mercoledì e giovedì e anche alla luce della sua "manifesta instabilità", come emerge da un’informativa del Ros, avvicinato e accompagnato in caserma per essere ascoltato. "Quella sera non ero a Terno", ha spiegato. Poi, messo di fronte alle contraddizioni del racconto e al riconoscimento dei testimoni, è crollato ed è scoppiato in lacrime: "L’ho uccisa io". Ha confessato, con lucidità, la sequenza di quella notte, terminata con l’assassinio di una donna scelta "a caso" che, come ha evidenziato la procuratrice Rota, "si è trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato". Non sembra emergere un coinvolgimento in due delitti irrisolti nella Bergamasca (i femminicidi di Gianna Del Gaudio e Daniela Roveri) ma, per fugare ogni dubbio, la procura disporrà la comparazione del Dna. Quella notte Sangare ha preso quattro coltelli dal ceppo nella cucina di casa e, in bici, ha raggiunto Terno, a 5 chilometri di distanza, dove le telecamere lo riprendono alle 00.37. In paese minaccia due ragazzini, non ancora identificati. Poi incrocia Sharon Verzeni, fa inversione di rotta e la segue in via Castegnate. Dieci minuti prima dell’una la accoltella al civico 32, poi la fuga. Si è liberato dell’arma del delitto seppellendola nei pressi del fiume Adda a Medolago, e ha gettato nel corso d’acqua un sacchetto con i vestiti e gli altri tre coltelli, recuperato dai sommozzatori. "È verosimile che ci sia una problematica psichiatrica", spiega il suo difensore, l’avvocato Giacomo Maj. Nessun movente, solo un omicidio feroce e una violenza senza senso.

Sharon Verzeni, rendendosi conto di quello che le stava accadendo, «ha urlato chiedendo: “Perché?”, “Sei un codardo, sei un bastardo”. Poi ho ripreso la bici e velocemente mi sono allontanato». Quella sera, Sangare aveva preso un coltello dalla casa che occupava a Suisio e aveva seguito «un’onda senza sapere bene dove stavo andando». Cita i film Jarvis e UpgradePrima di Sharon, si imbatte in due 15enni rintracciati dagli investigatori e tenta di spaventarli, «per vedere come reagivano». Poi trova un uomo «abbastanza grosso» in auto, e pensa di rubargli il pc, e ancora altri due su un muretto e «un tipo che fumava». Dice che tutti erano in «zone troppo aperte, con telecamere». Ma il punto, per gli inquirenti, è un altro: Sharon era la prima donna sola che aveva incrociato, era il bersaglio più vulnerabile, più facile. «Quando mi sono avvicinato a lei, sapevo che volevo accoltellarla. Se lei mi avesse spintonato, forse sarei scappato. Appena l’ho toccata ha iniziato a tremare». Per tornare nella casa occupata, passa in mezzo ai campi «dove non c’erano telecamere». Una volta che ci arriva, «mi veniva da piangere però al tempo stesso mi sentivo libero, pensavo: “Che roba”. Sul divano ho sentito una specie di confort, come se mi fossi liberato di un peso. Il giorno dopo abbiamo fatto una grigliata con gli amici». Sangare aveva anche un foglietto di appunti su un omicidio del 2021, commesso da un nigeriano di nome Moses, che ha ucciso la moglie a coltellate. «Non so perché avessi quel biglietto, ero interessato a questa notizia. Guardo polizieschi e sono interessato a casi dove l’assassino utilizza i coltelli». Moussa Sangare è ora a San Vittore, e l’accusa di omicidio è aggravata dai futili motivi e dalla premeditazione.

Fonte: https://www.quotidiano.net/ e https://www.vanityfair.it/ 

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ITALIA-CINA

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