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ACCADDE OGGI ESATTAMENTE 38 ANNI FA, IL 26 APRILE 1986: DISASTRO NUCLEARE DI #CERNOBYL! #URSS #CCCP #UNIONESOVIETICA #MOSCA #KIEV #RUSSIA #UCRAINA #PRYPIAT #STORIA

#AccaddeOggi esattamente 38 anni fa: #Sabato #26Aprile 1986, il disastro di #Černobyl' avvenne alle ore 1:23:46 del mattino,...

martedì 19 dicembre 2023

SETTIMO OMICIDIO DEL #MOSTRODIFIRENZE - VICCHIO - TOSCANA (PIA RONTINI - CLAUDIO STEFANACCI) 29 LUGLIO 1984

VICCHIO, LOCALITA' BORGO SAN LORENZO - (TOSCANA)

Pia Rontini e Claudio Stefanacci (29 luglio 1984)
Claudio Stefanacci e Pia Gilda Rontini

Le vittime del penultimo delitto furono Pia Gilda Rontini, ragazza di 18 anni da poco tempo impiegata in un bar di Vicchio, e Claudio Stefanacci, studente universitario di 21 anni; i due ragazzi erano in un'auto parcheggiata in fondo a una strada sterrata trasversale della via provinciale nei pressi di Vicchio quando vennero aggrediti a colpi di pistola; dall'analisi dei corpi si è ipotizzato che il primo colpo avrebbe colpito il ragazzo che si trovava sul sedile posteriore, attraversando il finestrino della portiera destra; il ragazzo venne colpito in tutto quattro volte (di cui una alla testa) mentre la ragazza riuscì a fuggire e venne colpita prima alla schiena e poi alla fronte. L'arma era la stessa dei precedenti delitti. Successivamente il corpo della ragazza venne mutilato con l'asportazione del pube e del seno sinistro mentre sul corpo del ragazzo vennero inferte una decina di coltellate.[78][79][80][81]

Identikit dell'uomo visto da Baldo Bardazzi poche ore prima dell'omicidio del 1984

La madre del ragazzo, impensierita del ritardo, andò a cercarlo dagli amici i quali, conoscendone le abitudini, provano a cercarlo dove sapevano che si appartava in auto, scoprendo così i cadaveri;[78] anche la madre della ragazza era preoccupata per l'insolito ritardo della figlia che al momento di uscire di casa, poco dopo le 21, aveva promesso di rientrare entro un'ora essendo stanca per aver lavorato tutto il giorno.[29]

Anche in questo caso pare che la vittima femminile avesse subito molestie da parte di ignoti nei giorni precedenti al delitto. Un'amica di Pia, conosciuta durante un soggiorno di studio in Danimarca e che in seguito aveva intrattenuto con lei relazioni di corrispondenza, riferì tempo dopo di aver ricevuto una telefonata dalla giovane, pochissimo tempo prima del delitto, in cui Pia le riferiva che nel bar dove lavorava "c'erano persone poco piacevoli assieme alle quali si sentiva molto insicura".[82]

Nel marzo del 1994 vennero profanate da ignoti le tombe dei due ragazzi assassinati;[83] Renzo Rontini, padre della ragazza, si è impegnato profondamente per la ricerca della verità sul caso fino alla sua morte, avvenuta per un attacco cardiaco nel dicembre 1998.[84]





                     Per approfondire: https://it.wikipedia.org/wiki/Mostro_di_Firenze

PRIMO DELITTO DEL #MOSTRODIFIRENZE IN VIA CASTELLETTI LOCALITA' SANT'ARCANGELO DI LECORE (TOSCANA) 21- 22 AGOSTO 1968

SANT'ARCANGELO DI LECORE (TOSCANA)
PRIMO OMICIDIO DEL #MOSTRODIFIRENZE (LOCCI - LO BIANCO)

La notte di mercoledì 21 agosto 1968, all'interno di una Alfa Romeo Giulietta bianca posteggiata presso una strada sterrata vicino al cimitero di Signa, vengono assassinati Antonio Lo Bianco, muratore originario di Palermo di 29 anni, sposato e padre di tre figli, e Barbara Locci, casalinga di 32 anni, originaria di Villasalto, in provincia di Cagliari, entrambi residenti a Lastra a Signa;[18] i due erano amanti; la donna era sposata con Stefano Mele, un manovale sardo emigrato in Toscana alcuni anni prima. Quella sera i due si erano recati al cinema di Signa per vedere, stando ad alcune fonti, il film giapponese Nuda per un pugno di eroi;[19] il gestore del cinema li riconobbe, successivamente, dalle foto pubblicate sui giornali; egli escluse, però, la presenza del figlio della donna, che aveva sei anni, in quanto, considerato il film proiettato, non lo avrebbe fatto entrare. Sostenne, infine, che dopo l'entrata della coppia al cinema entrò soltanto un altro uomo del quale, però, non ricordava la fisionomia.[20] Secondo ulteriori fonti, una cassiera del cinematografo vide invece la Locci con in braccio il figlio semi-addormentato all'uscita del cinema.[21] A serata conclusa, i due si erano poi appartati in macchina. Sul sedile posteriore dormiva Natale "Natalino" Mele, di 6 anni, figlio di Barbara Locci e Stefano Mele. L'assassino, secondo gli inquirenti il marito di Barbara Locci, si avvicina all'auto ferma e spara complessivamente otto colpi da distanza ravvicinata: quattro colpiscono la donna e quattro l'uomo. Verranno recuperati cinque bossoli di cartucce calibro 22 Long Rifle Winchester con la lettera "H" punzonata sul fondello.

Intorno alle due del mattino del 22 agosto, il bambino suona alla porta di un casolare sito in via del Vingone 154, a oltre due chilometri di distanza da dove era parcheggiata l'automobile. Il proprietario, De Felice, sveglio per via del figlio malato che ha chiesto dell'acqua, si affaccia immediatamente alla finestra, e davanti alla porta vede il bambino che scorgendolo a sua volta gli dice: "Aprimi la porta perché ho sonno, ed ho il babbo ammalato a letto. Dopo mi accompagni a casa perché c'è la mi' mamma e lo zio che sono morti in macchina".[22] Dopo averlo soccorso, l'uomo gli chiede chiarimenti e il piccolo stentatamente riferisce altri particolari sul suo arrivo fin lì: "Era buio, tutte le piante si muovevano, non c'era nessuno. Avevo tanta paura. Per farmi coraggio ho detto le preghiere, ho cominciato a cantare "La Tramontana"... La mamma è morta, è morto anche lo zio. Il babbo è a casa malato".[22] Invece secondo un'altra versione fu proprio l'assassino a indicare lui la direzione del casolare e a cantargli La tramontana per tranquillizzarlo. I Carabinieri, chiamati mezz'ora dopo da De Felice, si mettono alla ricerca dell'auto portandosi dietro il bambino. Intorno alle tre del mattino l'auto viene ritrovata grazie anche all'indicatore di direzione dell'auto rimasto acceso, nella strada che si trova su via di Castelletti, a 100 metri dal bivio per Comeana, in una zona abitualmente frequentata da coppie in cerca di intimità.[23]

Le indagini conducono al marito della donna, Stefano Mele, sospettato di aver commesso il delitto per gelosia il quale prima negò ogni addebito, poi accusò gli amanti della moglie (Salvatore e Francesco Vinci) e poi li scagionò, alla fine, il 23 agosto, dopo 12 ore di interrogatorio[24], confessò di essere lui il colpevole. Durante il sopralluogo effettuato quello stesso giorno, l'uomo risultò però totalmente incapace di maneggiare un'arma e confuse il finestrino dal cui esterno partirono i colpi; tuttavia dimostrò di conoscere tre particolari che poteva sapere solo avendo assistito alla scena del delitto, ossia il numero di colpi sparati (8), l'indicatore di direzione ancora acceso della vettura e la mancanza della scarpa sinistra dal piede di Lo Bianco. Il figlio, dopo aver raccontato di non aver sentito nulla, alla fine ammise di aver visto il padre.[4][25][26][27][28]

Nel 1970 Mele fu condannato a 14 anni di carcere.[4] La pena tiene conto del fatto che l'uomo venne riconosciuto parzialmente incapace di intendere e di volere. Gli vennero inoltre inflitti due anni di reclusione per calunnia contro i fratelli Vinci.[29] Durante il processo, Giuseppe Barranca, cognato di Antonio Lo Bianco, collega di lavoro di Mele e anch'egli amante della Locci, raccontò che la donna, pochissimi giorni prima del delitto, si era rifiutata di uscire con lui dichiarando che "potrebbero spararci mentre siamo in macchina" e, in un'altra occasione, gli aveva raccontato che c'era un tale che la seguiva in motorino. Una deposizione analoga fu resa da Francesco Vinci, che parlò di un uomo in motorino che avrebbe pedinato la Locci durante i suoi appuntamenti con gli amanti.[30]

Fino al 1982 non vi erano collegamenti fra questo delitto e quelli che dal 1974 verranno attribuiti al Mostro di Firenze; a seguito del ritrovamento in archivio di alcuni bossoli che, dopo le analisi, risultarono identici a quelli trovati sulle altre scene dei crimini, si dedusse che la pistola usata dal mostro era la stessa usata dall'assassino che aveva ucciso Antonio Lo Bianco e Barbara Locci nell'estate del 1968[31]; nonostante questo collegamento, il duplice delitto non è mai stato attribuito comunque con certezza agli stessi autori degli altri omicidi[32].


Per approfondire: https://it.wikipedia.org/wiki/Mostro_di_Firenze

PRIMO OMICIDIO DEL #MOSTRODIFIRENZE - 22 AGOSTO 1968 - BARBARA LOCCI E ANTONIO LO BIANCO

 LASTRA A SIGNA - LOCALITA' SANT'ARCANGELO DI LECORE

Antonio Lo Bianco e Barbara Locci (21 agosto 1968)
Antonio Lo Bianco e Barbara Locci
Stefano Mele, giudicato responsabile del delitto nei tre gradi di giudizio
Natale Mele, detto "Natalino", 
figlio di Barbara Locci

La notte di mercoledì 21 agosto 1968, all'interno di una Alfa Romeo Giulietta bianca posteggiata presso una strada sterrata vicino al cimitero di Signa, vengono assassinati Antonio Lo Bianco, muratore originario di Palermo di 29 anni, sposato e padre di tre figli, e Barbara Locci, casalinga di 32 anni, originaria di Villasalto, in provincia di Cagliari, entrambi residenti a Lastra a Signa;[18] i due erano amanti; la donna era sposata con Stefano Mele, un manovale sardo emigrato in Toscana alcuni anni prima. Quella sera i due si erano recati al cinema di Signa per vedere, stando ad alcune fonti, il film giapponese Nuda per un pugno di eroi;[19] il gestore del cinema li riconobbe, successivamente, dalle foto pubblicate sui giornali; egli escluse, però, la presenza del figlio della donna, che aveva sei anni, in quanto, considerato il film proiettato, non lo avrebbe fatto entrare. Sostenne, infine, che dopo l'entrata della coppia al cinema entrò soltanto un altro uomo del quale, però, non ricordava la fisionomia.[20] Secondo ulteriori fonti, una cassiera del cinematografo vide invece la Locci con in braccio il figlio semi-addormentato all'uscita del cinema.[21] A serata conclusa, i due si erano poi appartati in macchina. Sul sedile posteriore dormiva Natale "Natalino" Mele, di 6 anni, figlio di Barbara Locci e Stefano Mele. L'assassino, secondo gli inquirenti il marito di Barbara Locci, si avvicina all'auto ferma e spara complessivamente otto colpi da distanza ravvicinata: quattro colpiscono la donna e quattro l'uomo. Verranno recuperati cinque bossoli di cartucce calibro 22 Long Rifle Winchester con la lettera "H" punzonata sul fondello.

Intorno alle due del mattino del 22 agosto, il bambino suona alla porta di un casolare sito in via del Vingone 154, a oltre due chilometri di distanza da dove era parcheggiata l'automobile. Il proprietario, De Felice, sveglio per via del figlio malato che ha chiesto dell'acqua, si affaccia immediatamente alla finestra, e davanti alla porta vede il bambino che scorgendolo a sua volta gli dice: "Aprimi la porta perché ho sonno, ed ho il babbo ammalato a letto. Dopo mi accompagni a casa perché c'è la mi' mamma e lo zio che sono morti in macchina".[22] Dopo averlo soccorso, l'uomo gli chiede chiarimenti e il piccolo stentatamente riferisce altri particolari sul suo arrivo fin lì: "Era buio, tutte le piante si muovevano, non c'era nessuno. Avevo tanta paura. Per farmi coraggio ho detto le preghiere, ho cominciato a cantare "La Tramontana"... La mamma è morta, è morto anche lo zio. Il babbo è a casa malato".[22] Invece secondo un'altra versione fu proprio l'assassino a indicare lui la direzione del casolare e a cantargli La tramontana per tranquillizzarlo. I Carabinieri, chiamati mezz'ora dopo da De Felice, si mettono alla ricerca dell'auto portandosi dietro il bambino. Intorno alle tre del mattino l'auto viene ritrovata grazie anche all'indicatore di direzione dell'auto rimasto acceso, nella strada che si trova su via di Castelletti, a 100 metri dal bivio per Comeana, in una zona abitualmente frequentata da coppie in cerca di intimità.[23]

Le indagini conducono al marito della donna, Stefano Mele, sospettato di aver commesso il delitto per gelosia il quale prima negò ogni addebito, poi accusò gli amanti della moglie (Salvatore e Francesco Vinci) e poi li scagionò, alla fine, il 23 agosto, dopo 12 ore di interrogatorio[24], confessò di essere lui il colpevole. Durante il sopralluogo effettuato quello stesso giorno, l'uomo risultò però totalmente incapace di maneggiare un'arma e confuse il finestrino dal cui esterno partirono i colpi; tuttavia dimostrò di conoscere tre particolari che poteva sapere solo avendo assistito alla scena del delitto, ossia il numero di colpi sparati (8), l'indicatore di direzione ancora acceso della vettura e la mancanza della scarpa sinistra dal piede di Lo Bianco. Il figlio, dopo aver raccontato di non aver sentito nulla, alla fine ammise di aver visto il padre.[4][25][26][27][28]

Nel 1970 Mele fu condannato a 14 anni di carcere.[4] La pena tiene conto del fatto che l'uomo venne riconosciuto parzialmente incapace di intendere e di volere. Gli vennero inoltre inflitti due anni di reclusione per calunnia contro i fratelli Vinci.[29] Durante il processo, Giuseppe Barranca, cognato di Antonio Lo Bianco, collega di lavoro di Mele e anch'egli amante della Locci, raccontò che la donna, pochissimi giorni prima del delitto, si era rifiutata di uscire con lui dichiarando che "potrebbero spararci mentre siamo in macchina" e, in un'altra occasione, gli aveva raccontato che c'era un tale che la seguiva in motorino. Una deposizione analoga fu resa da Francesco Vinci, che parlò di un uomo in motorino che avrebbe pedinato la Locci durante i suoi appuntamenti con gli amanti.[30]

Fino al 1982 non vi erano collegamenti fra questo delitto e quelli che dal 1974 verranno attribuiti al Mostro di Firenze; a seguito del ritrovamento in archivio di alcuni bossoli che, dopo le analisi, risultarono identici a quelli trovati sulle altre scene dei crimini, si dedusse che la pistola usata dal mostro era la stessa usata dall'assassino che aveva ucciso Antonio Lo Bianco e Barbara Locci nell'estate del 1968[31]; nonostante questo collegamento, il duplice delitto non è mai stato attribuito comunque con certezza agli stessi autori degli altri omicidi[32].


Per approfondire: https://it.wikipedia.org/wiki/Mostro_di_Firenze

mercoledì 29 novembre 2023

Ecco le parole del 21enne Filippo Turetta: di fronte alla gip. si è avvalso della facoltà di non rispondere ma ha reso dichiarazioni spontanee...

Filippo Turetta: “Sono affranto per la tragedia che ho causato. Voglio pagare quello che sarà giusto per aver ucciso la mia ex fidanzata!”

FILIPPO TURETTA (22 ANNI)

VERONA - “Sono affranto, dispiaciuto per la tragedia che ho causato. Non voglio sottrarmi alle mie responsabilità, voglio pagare quello che sarà giusto per aver ucciso la mia ex fidanzata. Sto cercando di ricostruire nella mia memoria le emozioni e quello che è scattato in me quella sera. Fin da subito era mia intenzione consegnarmi e farmi arrestare. Questa era la mia intenzione. Ora sono molto stanco e non mi sento di aggiungere altro!”  - Gli occhi lucidi, la voce bassa. Sono le parole che Filippo Turetta, 22 anni a dicembre, ha detto davanti alla gip questa mattina, 28 novembre, per l’interrogatorio di garanzia nel carcere di Montorio a Verona. Un'udienza-lampo: alle 10 i magistrati (c’era anche il pm titolare dell’inchiesta, Andrea Petroni) sono entrati nell’istituto penitenziario, mezz’ora dopo sono usciti perché l’indagato per il femminicidio di Giulia Cecchettin, difeso dall’avvocato Giovanni Caruso, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ma ha scelto di fare queste poche dichiarazioni spontanee.

Fonte: https://www.repubblica.it/cronaca/2023/11/28/news/filippo_turetta_dichiarazioni_carcere_ultime_notizie-421465210/

sabato 25 novembre 2023

Filippo Turetta rientra in Italia: da Francoforte, il volo sul Falcon 900 dell'Aeronautica Militare che è partito alle ore 10.45 - Femminicidio di #GiuliaCecchettin

L'ex fidanzato Filippo Turetta, accusato di averla uccisa, è stato trovato in Germania dopo una settimana di fuga...

La sorella e il padre di Giulia Cecchettin
Domenica è stato arrestato in Germania Filippo Turetta, lo studente 22enne veneto accusato di aver ucciso l’ex fidanzata Giulia Cecchettin, anche lei di 22 anni e veneta. Turetta è stato fermato dalla polizia tedesca dopo una settimana di fuga con la sua auto. Il giorno prima, sabato, era stato trovato il corpo di Cecchettin nella zona tra il lago di Barcis e Piancavallo, in provincia di Pordenone. Turetta era indagato per l’omicidio da venerdì, dopo che la procura aveva trovato un video in cui lo si vedeva aggredire, ferire e caricare forzatamente in macchina Cecchettin. Il video era dell’11 novembre, giorno a partire dal quale non si avevano notizie dei due ragazzi. Il caso sta ricevendo grandi attenzioni da giorni: tutte le informazioni disponibili fanno pensare che quello di Cecchettin sia stato un femminicidio, cioè un omicidio conseguenza di violenze (fisiche ma anche psicologiche) che derivano da una dinamica di potere e controllo alimentata da stereotipi e aspettative di genere, e che sono esercitate sulle donne da uomini a loro vicini o che pensano di esserlo. Sarebbe l’ennesimo: secondo gli ultimi dati del ministero dell’Interno, dall’inizio dell’anno al 13 novembre in Italia sono state uccise 102 donne, 82 delle quali in ambito familiare e affettivo. 53 sono state uccise dal partner o dall’ex partner. Anche per il fatto che si sta parlando moltissimo di questa storia e dei temi che la riguardano, sembra che il governo stia lavorando a un piano per introdurre nelle scuole superiori alcune ore di lezione in cui i ragazzi vengano educati alle “relazioni”. Cecchettin viveva a Vigonovo, in provincia di Venezia, ed era studentessa di Ingegneria biomedica all’università di Padova, dove si sarebbe dovuta laureare la scorsa settimana. Turetta è iscritto alla stessa facoltà ed è di Torreglia, in provincia di Padova. I due avevano avuto una relazione, che poi Cecchettin aveva deciso di interrompere, ma secondo le informazioni fornite dai familiari avevano continuato a frequentarsi e a studiare insieme. La sera di sabato 11 novembre Turetta era andato a prendere in macchina Cecchettin per passare qualche ora insieme. L’ultimo messaggio di Cecchettin era stato inviato alla sorella poco prima delle 23 di quel giorno, poi non si erano più avute notizie di entrambi. Un testimone però aveva detto che intorno alle 23:15 aveva visto dal balcone della propria casa un uomo e una donna litigare in un parcheggio a Vigonovo, non distante dalla casa di Cecchettin. Stando a quella testimonianza la donna aveva chiesto aiuto ma era stata poi convinta o forzata a rientrare in macchina. Il testimone aveva chiamato il numero di emergenza, ma nel frattempo la macchina era partita. Nei giorni successivi erano cominciate le ricerche dei due ragazzi, condotte soprattutto cercando di ricostruire i movimenti dell’auto di Turetta. Inizialmente si cercava tra Veneto, Friuli Venezia Giulia e Alto Adige, poi il passaggio dell’auto di Turetta, una Fiat Grande Punto nera, era stato rilevato in Austria, paese da cui poi sarebbe entrato in Germania. La procura di Venezia aveva aperto un’inchiesta per scomparsa di persona, poi venerdì, dopo la scoperta del video in cui si vedeva l’aggressione, Turetta era diventato indagato per tentato omicidio. Il video non è stato reso pubblico, ma il contenuto è stato descritto da diversi giornali e agenzie di stampa sulla base delle informazioni ricevute da fonti investigative: sembra che si veda Turetta colpire Cecchettin più volte con le mani, poi inseguirla quando lei cerca di scappare e dopo averla raggiunta colpirla ancora fino a farla cadere a terra. Nelle immagini si vedrebbe poi Cecchettin sanguinante che viene caricata a forza da Turetta sull’auto. Il giorno dopo, sabato 18, la procura di Venezia aveva annunciato di aver trovato il corpo di una ragazza che era stata immediatamente identificata come Cecchettin. Era stato trovato coperto da alcuni sacchi neri ai piedi di una scarpata della val Caltea nella zona del comune di Barcis, in Friuli. Secondo le informazioni raccolte dall’agenzia Ansa, a un esame esterno del corpo della ragazza da parte del medico legale risulterebbero ferite compatibili con almeno 20 coltellate. Non ci sono ancora i risultati dell’autopsia, ma viene dato per certo che la ragazza fosse già morta quando il suo corpo è stato abbandonato. Dopo un giorno Turetta è stato arrestato a pochi chilometri dalla cittadina di Bad Dürremberg, vicino a Lipsia, nella Germania orientale. È stato trovato dopo una settimana dall’inizio della sua fuga, a circa mille chilometri da dove era iniziata, a lato di un’autostrada: sembra che l’auto fosse senza benzina e che lui non avesse più soldi per fare rifornimento. Il lato autostradale in cui è stato trovato era quello in direzione sud, cosa che ha fatto ipotizzare che si fosse spinto anche oltre e che stesse tornando indietro. Al momento non ci sono però abbastanza informazioni per confermare questa ipotesi. Le accuse a suo carico nel frattempo sono di nuovo cambiate: ora Turetta è indagato per omicidio volontario aggravato dal vincolo affettivo. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha detto che il ragazzo non si è opposto all’estradizione, che dovrebbe avvenire nei prossimi giorni. Al momento è detenuto in Germania. A Fossò, il luogo dell’aggressione, è stato trovato un coltello con la lama spezzata: deve ancora essere analizzato per capire se possa essere stato usato per uccidere Cecchettin.

                                              Fonte: https://www.ilpost.it/2023/11/20/omicidio-giulia-cecchettin/


FILIPPO TURETTA E GIULIA CECCHETTIN





giovedì 9 novembre 2023

Mostro di Firenze, chi è: la storia, le vittime e le verità nascoste... #mostrodifirenze


Firenze - (Toscana/Italia) - Nel 1968 in Italia si consumava il primo di una lunga serie di omicidi che terrorizzò l’intero Paese. Vicino Firenze, a Signa, vennero esplosi ben otto colpi di una calibro 22 Long Rifle, la stessa che verrà impiegata in altri 7 duplici omicidi. Quello fu solo il primo delitto del “maniaco delle coppiette” meglio conosciuto come il “mostro di Firenze”. Quello del “mostro di Firenze” fu il primo caso riconosciuto di omicidi seriali in Italia. La sua storia è tutt’oggi intricata e confusa e non è ancora stata del tutto chiarita, il caso rimane aperto. Molte furono le piste e i depistaggi. Da Pietro Pacciani, il più noto tra le persone indiziate, alla condanna dei suoi “compagni di merende”, fino alle ipotesi di possibili mandanti, di sette sataniche e tantissime altre ipotesi. Tutt’oggi l’inchiesta rimane aperta. Ecco tutto quello che c’è da sapere sul caso del “mostro!”
Il #MostrodiFirenze è il nome con cui i media italiani indicarono il “maniaco delle coppiette”, autore di sette duplici omicidi tra il 1974 e il 1985 nella provincia di Firenze. A lui fu collegato un ottavo delitto, forse il primo, ma di attribuzione incerta, commesso nel 1968. Tutti gli otto omicidi attribuiti al “mostro di Firenze” vedevamo come vittime giovani coppie appartatesi nelle campagne fiorentine. Oltre alla tipologia della vittima, gli omicidi avevano come comune denominatore l’arma: una Beretta calibro. 22 Long Rifle caricata con munizioni Winchester marcate con la lettera “H” sul fondello del bossolo. Tutte le coppie, a parte l’ultima, si trovavano in auto. Le vittime sono state spesso rivenute con ferite d’arma bianca, e in diversi casi il killer si è accanito con ferocia sul corpo delle donne, asportandone il pube. In soli due casi le donne uccise sono state mutilate del seno sinistro. Scene macabre e raccapriccianti, che terrorizzarono e perseguitarono l’Italia. I luoghi degli 8 duplici delitti portarono gli inquirenti a ipotizzare che il killer conoscesse bene il territorio e che, almeno in alcuni casi, avesse pedinato le persone che poi avrebbe ucciso. La vicenda comportò un cambiamento nelle abitudini della popolazione vicino Firenze: le coppie evitarono di appartarsi, e si aprì un dibattito se concedere o meno ai giovani di vivere la propria intimità in casa. Otto duplici omicidi, violenti e sanguinosi, segnarono profondamente Firenze e il resto d’Italia. Il primo, ricondotto solo in un secondo momento al mostro di Firenze, avvenne diversi anni prima, nel 1968, rispetto ai successivi 7, avvenuti tra il 1974-1985. Barbara Locci e Antonio Lo Bianco furono, come sospettano gli inquirenti, le prime vittime del mostro di Firenze. Il 21 agosto del 1968, intorno a mezzanotte, furono uccisi da ben 8 colpi di pistola. Si trovavano dentro un’auto, appartati in una strada vicino al cimitero di Signa, in provincia di Firenze. Entrambi sposati, lei era maritata al sardo Stefano Mele. In macchina con loro si trovava il figlio della Locci, Natalino Mele, di appena 6 anni. Il bimbo si salvò e alle due di notte busso alla porta di Francesco De Felice, chiedendo soccorso. Il primo indiziato fu il marito di lei, Mele, il quale risultò totalmente incapace di maneggiare un’arma. Cambiò versione più volte fino ad accusare altri amanti sardi della moglie, tra cui Salvatore e Francesco Vinci, per cui si parlò di “pista sarda”. Alla fine lo stesso Mele confessò e fu condannato. Eppure 15 anni dopo il caso fu riaperto e collegato ai successivi delitti compiuti dal “mostro”. Seconda coppia di vittime: Pasquale Gentilcore, 19 anni, e Stefania Pettini, 18 anni. furono uccisi il 14 settembre del 1974 a Sagginale, una frazione di Mugello. Lui fu colpito tre volte, lei cinque, e ancora viva fu accoltellata decine di volte. Nella vagina le fu infilato un tralcio di vite e le furono asportati il seno sinistro e il pube. Dalle indagini emerse che la ragazza si era confidata con un’amica di aver fatto l’incontro di una strana e insolita persona. Giovanni Foggi e Carmela De Nuccio e Stefano Baldi e Susanna Cambi: Dopo 7 anni, nel 1981 furono due i duplici omicidi. Il primo a Scandicci Giovanni Foggi, 30 anni, e la fidanzata Carmela De Nuccio, 21 anni. Furono uccisi e lai fu mutilata al pube. Fu arrestato un uomo ma fu rilasciato perché mentre era in carcere fu commesso un altro duplice omicidio: Stefano Baldi, 26 anni, e Susanna Cambi, 24 anni. Anche questa volta la ragazza fu mutilata. Anche lei aveva confessato alla madre di essere pedinata. Paolo Mainardi e Antonella Migliorini furono la quarta coppia assassinata nel giugno del 1982, a Baccaiano, frazione di Montespertoli. Horst Wilhelm Meyer e Jens-Uwe Rüsch: La quinta coppia furono due turisti tedeschi assassinati nel 1983. Entrambi maschi, uno aveva i capelli lunghi e fu preso per una donna. Claudio Stefanacci e Pia Gilda Rontini: I due fidanzati vennero uccisi nel luglio del 1984, si trovavano in auto vicino a Vicchio. Il corpo della ragazza fu accoltellato e mutilato del pube e del seno sinistro.


8 NOVEMBRE 2007 - 8 NOVEMBRE 2023: IL BLOG MITROKHIN COMPIE OGGI 16 ANNI DI ATTIVITA' DALLA SUA CREAZIONE! #HAPPYBIRTHDAY #BUONCOMPLEANNO #BLOGMITROKHIN

 

IL BLOG MITROKHIN COMPIE 16 ANNI

8 NOVEMBRE 2007 - 8 NOVEMBRE 2023: IL BLOG MITROKHIN COMPIE OGGI 16 ANNI DI ATTIVITA' DALLA SUA CREAZIONE! BUON COMPLEANNO! HAPPY BIRTHDAY...

#HAPPYBIRTHDAY #BUONCOMPLEANNO #BLOGMITROKHIN

venerdì 27 ottobre 2023

ACCADEVA ESATTAMENTE 16 ANNI FA: L'OMICIDIO DELLA GIOVANE STUDENTESSA INGLESE MEREDITH KERCHER A PERUGIA IL 1° NOVEMBRE 2007 - #MEREDITHKERCHER - #OMICIDIODIPERUGIA - #AMANDAKNOX - #RAFFAELESOLLECITO - #RUDYGUEDE - #1NOVEMBRE2007

L'omicidio di Meredith Kercher, noto anche come delitto di Perugia o delitto di Via della Pergola, è un omicidio commesso a Perugia la sera del 1º Novembre 2007 - Festa di #OGNISANTI 

Meredith Kercher era una studentessa inglese che si trovava in Italia nell'ambito del progetto Erasmus presso l'Università di Perugia; venne ritrovata priva di vita con la gola tagliata nella propria camera da letto, all'interno della casa che condivideva con altri studenti. La causa della morte fu un'emorragia a seguito di una ferita al collo provocata da un oggetto acuminato usato come arma. Per omicidio è stato condannato in via definitiva con rito abbreviato il cittadino ivoriano Rudy Guede.


OMICIDIO DI PERUGIA - MEREDITH KERCHER

Il processo ha avuto un iter giudiziario particolarmente travagliato. In primo grado, come concorrenti nell'omicidio, furono condannati dalla Corte d'assise di Perugia nel 2009 anche la statunitense Amanda Knox e l'italiano Raffaele Sollecito. I presunti coautori del delitto furono successivamente assolti e scarcerati dalla Corte d'assise d'appello nel 2011 per non avere commesso il fatto (relativamente all'omicidio), mentre per Amanda Knox fu confermata la condanna a tre anni per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba (da lei accusato dell'omicidio e risultato estraneo ai fatti). Decisive furono le perizie che escludevano la certezza della presenza sulla scena del crimine dei due imputati. La Corte di cassazione, accogliendo il ricorso della Procura Generale di Perugia, il 26 marzo 2013 annullò la sentenza assolutoria d'appello e rinviò gli atti alla Corte d'Assise d'Appello di Firenze.

Per il procuratore generale di Perugia Giovanni Galati, la sentenza di assoluzione era "da cassare" poiché minata da "tantissime omissioni", "errori" e, quindi, da "inconsistenza delle motivazioni". Il 30 gennaio 2014 la Corte d'assise d'appello di Firenze sancisce nuovamente la colpevolezza degli imputati condannando Amanda Knox a 28 anni e 6 mesi di reclusione e Raffaele Sollecito a 25 anni di reclusione e applicando a quest'ultimo la misura cautelare del divieto di espatrio con ritiro del passaporto. Il 27 marzo 2015 la quinta sezione penale della Corte di cassazione, presieduta dal consigliere Gennaro Marasca, annulla senza rinvio le condanne a Raffaele Sollecito e Amanda Knox, assolvendoli per non aver commesso il fatto, affermando la mancanza di prove certe e la presenza di numerosi errori nelle indagini, e ponendo così fine al caso giudiziario. Il giudice rilevò in particolare l'assenza di tracce dei due imputati nella stanza dell'omicidio, affermando anche la presenza di Knox nella casa al momento del delitto (da lei in seguito negata), ma decretandone la non punibilità come connivente di Guede, perché non partecipe dell'azione omicidiaria e versante in stato di necessità. Per quest'ultimo motivo fu assolta dal reato di calunnia nei confronti della polizia.

Il caso è finito anche davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo ed è ricordato anche a livello internazionale per la grande risonanza mediatica nel mondo anglosassone (in particolare per la nazionalità di Meredith Kercher e Amanda Knox).

Meredith Kercher è sepolta nel cimitero di Croydon, alla periferia sud di Londra. L'Università per stranieri di Perugia ha istituito nel 2012 una borsa di studio alla memoria della studentessa. Il padre della vittima, John Kercher, ha dichiarato la volontà di costituire una fondazione. Il 1º febbraio 2020 anche John Kercher è morto in circostanze violente, dopo alcuni giorni di agonia, per essere stato trascinato da un'auto pirata nel quartiere di Croydon, forse per uno scippo.

Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Omicidio_di_Meredith_Kercher


Meredith Kercher, Rudy Guede, Raffaele Sollecito, Amanda Knox

Amanda Knox e Meredith Kercher

La casa in Via della Pergola,
luogo dell'omicidio,
Perugia (Umbria)




sabato 23 settembre 2023

VENERDI' 22 SETTEMBRE 2023, ALLE ORE 19:45, MUORE A ROMA GIORGIO NAPOLITANO, PRESIDENTE EMERITO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, AVEVA 98 ANNI...

PRESIDENTE EMERITO DELLA REPUBBLICA ITALIANA

Addio a #Napolitano, presidente due volte: segnò la storia della #RepubblicaItaliana. Camera ardente al Senato!

L'ex presidente è morto alle 19.45 di Venerdì #22Settembre 2023, è stato il primo nella storia della Repubblica Italiana ad essere #presidente due volte.


ROMA (Lazio - Italia) 22 Settembre 2023 - si è spento a #Roma, all'età di 98 anni, nella Clinica Salvator Mundi, al Gianicolo, il Presidente emerito della Repubblica, #GiorgioNapolitano. L'ex Capo di Stato era ricoverato da 4 mesi. Accanto a lui, la famiglia e il consulente per la comunicazione, amico di una vita, Giovanni Matteoli. Al senatore a vita avevano staccato le macchine, che ne garantivano anche la respirazione, all'inizio della settimana, ma il suo cuore ha continuato a battere per giorni prima di fermarsi. La Camera ardente per il Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano sarà allestita a Palazzo Madama, come annunciato da Ignazio La Russa. Il sottosegretario di Stato Alfredo Mantovano ha disposto che si celebrino le esequie di Stato. Non sarà così necessario convocare un Cdm straordinario. "A seguito del decesso del Presidente emerito della Repubblica senatore di diritto e a vita Giorgio Napolitano - si legge nel provvedimento - si dispone, dal 22 settembre 2023 fino al giorno della celebrazione delle esequie di Stato, l'esposizione a mezz'asta delle bandiere nazionale ed europea sugli edifici pubblici dell'intero territorio nazionale e sulle sedi delle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane all'estero. Il giorno delle celebrazioni delle esequie di Stato sarà dichiarato lutto nazionale". Cronisti e cameramen avevano affollato gli ingressi della casa di cura in attesa di notizie. Ma senza grandi risultati, visto che l'ingresso nell'edificio per loro era stato reso sempre off limits su espressa richiesta della famiglia e per disposizione della direzione della clinica. Numerosi agenti delle forze dell'ordine, con tanto di auto parcheggiate a Largo Berchet, davanti all'entrata di quello che è il primo ospedale internazionale privato, vigilavano sugli ingressi. I due figli Giulio e Giovanni, insieme alla moglie Clio Maria Bittoni, 89 anni, sono andati a trovarlo quasi ogni giorno.

Era già da qualche anno che il Presidente emerito della Repubblica aveva problemi di salute. Era stato operato una prima volta all'addome all'ospedale Spallanzani di Roma il 21 maggio del 2022 e l'intervento era stato eseguito dall'equipe del professor Giuseppe Maria Ettorre. Un secondo intervento lo aveva subito subito dopo aver lasciato il Quirinale, all'inizio del 2015, dopo due anni dall'inizio del suo secondo mandato. Il 24 aprile del 2018, nove giorni dopo aver parlato con il nuovo Presidente delle Repubblica, Sergio Mattarella, durante le consultazioni avviate dopo le elezioni, era stato ricoverato al San Camillo per un improvviso malore. E qui era stato sottoposto ad un altro complicato intervento all'aorta eseguito dal professor Francesco Musumeci. È stato l'uomo delle riforme a tutti i costi, napoletano di gran classe, elegante e 'pignolo', come egli stesso si è definito. Giorgio Napolitano, morto alle 19.45 di ieri è stato il primo nella storia della Repubblica ad essere presidente due volte: rieletto al Quirinale nel 2013 dopo la prima volta del 2006. Attento ad ogni dettaglio, lavoratore instancabile, profondo conoscitore della vita parlamentare e delle dinamiche politiche dell'intera storia repubblicana. Sempre accompagnato con discrezione dalla moglie Clio, ha iniziato il primo settennato, nel 2006, gioendo per la vittoria dell'Italia ai mondiali di calcio di Berlino e ha concluso i quasi due anni del secondo mandato con qualche rimpianto per non essere riuscito a vedere del tutto compiuti quei cambiamenti istituzionali per i quali tanto si è speso. Ma soprattutto 're Giorgio' ha dovuto affrontare quello che in molti considerano il periodo più buio degli ultimi 50 anni, navigando a vista tra gli scogli di una durissima crisi economica. E lo ha fatto con una convinzione incrollabile: che l'Italia avesse bisogno di stabilità politica. In nome di questo principio ha cercato sempre di evitare scioglimenti anticipati della legislatura. Certamente il momento peggiore - che ha coniugato amarezza personale e preoccupazione istituzionale - è stato il suo coinvolgimento indiretto nel processo sulla presunta trattativa Stato-mafia con l'eccezionale deposizione alla Corte di Palermo salita in trasferta al Quirinale. Quella di Napolitano non è stata infatti una presidenza leggera né facile. Ma ha mantenuto sempre l'impegno preso il 15 maggio del 2006 quando promise solennemente davanti alle Camere che non sarebbe mai stato il capo dello Stato della maggioranza che lo aveva eletto, ma che avrebbe sempre guardato all'interesse generale del Paese. E così è stato, visto che dopo essere salito sul Colle più alto della politica italiana con i soli voti del centrosinistra, ha chiuso il primo settennato con l'aperto sostengo del centrodestra. Un sostegno che si è via via raffreddato durante lo storico bis nel 2013 al Quirinale che ha visto Silvio Berlusconi condannato e spesso i suoi all'attacco politico del presidente. L'elezione del 2006 non era per niente scontata. La sua provenienza dal Pci lo faceva guardare con sospetto dal centrodestra berlusconiano. Ma il fatto di essere il primo dirigente comunista a diventare presidente della Repubblica non ha impedito al Cavaliere di riservargli, dopo poco, pubbliche lodi. Fino alla richiesta di far restare lui al Quirinale per superare quella turbolenta fase politica. Un Parlamento annichilito, dopo aver bruciato nel segreto dell'urna calibri come Franco Marini e Romano Prodi gli consegnò di nuovo lo scettro del Colle, inondandolo di applausi mentre Napolitano teneva nell'aula di Montecitorio un discorso durissimo nei confronti di un'intera classe politica. Le sue capacità di tenuta psicologica e mediazione gli sono state unanimemente riconosciute negli anni. Persino la Lega ha dovuto inizialmente riconoscergli l'impegno sul fronte del federalismo, nonostante più volte il capo dello Stato abbia redarguito il Carroccio sul tema dell'Unita nazionale. Lasciata con dispiacere l'amatissima casa nel rione Monti, ha dedicato grande attenzione alle relazioni internazionali. Indubitabile è stata infatti la stima che ha goduto all'estero: Washington, ad esempio, lo ha sempre considerato uno fra gli interlocutori più autorevoli e affidabili. Europeista convinto, Napolitano ha sempre sostenuto l'indispensabilità dell'Unione europea convincendosi via via che, così come in Italia, solo decise riforme dell'euroburocrazia potevano frenare il distacco dei cittadini e raffreddare il populismo crescente. Affabile e cortese, dai toni sempre misurati, si è trovato a dover affrontare un muro contro muro solo con Grillo e il suo movimento, visto dal capo dello Stato, almeno nelle sue componenti più estreme, come il germe dell'antipolitica. Uno degli elementi caratterizzanti della sua presidenza è' stato il tentativo di parlare all'Italia intera, di sedare lo scontro fra le correnti (a partire da quelle del Pd), di promuovere il dialogo fra le forze politiche nell'interesse del Paese. Compito non facile durante gli anni turbolenti dei suoi mandati. I primi due dei quali li passa monitorando le fibrillazioni che tengono il governo Prodi costantemente sul filo del rasoio. Fino alla caduta e al ritorno del Cavaliere a palazzo Chigi. I successivi tre anni scorrono nello sforzo di arginare l'attivismo di Berlusconi, evitando che le furiose polemiche sulle leggi ad personam prima e sugli scandali sessuali poi minassero la saldezza delle istituzioni. Tentando di non fare sconti al centrodestra, ma preferendo l'arma della moral suasion a quella, ben più dirompente, del rinvio dei provvedimenti alle Camere. Ma il passaggio che lo consegnerà alla storia come 're Giorgio' (così lo incoronò il New York Times) è quello che nel novembre 2011 porta Mario Monti a palazzo Chigi. I critici parleranno di Repubblica presidenziale, di interpretazione estensiva delle sue prerogative. Evitato il default, l'Italia non riesce però a schivare la recessione. L'immagine del governo tecnico del presidente risulta danneggiata. I risultati elettorali che non diedero una maggioranza chiara, i veti incrociati dei partiti spinsero quindi Napolitano a nominare Enrico Letta sulla base di una larga intesa. Poi l'ascesa irrefrenabile di Renzi con il quale, nonostante la differenza di età, ha saputo costruire un rapporto sincero e pragmatico. Napolitano ha rassegnato le dimissioni il 14 gennaio 2015. È divenuto poi senatore di diritto a vita quale presidente emerito della Repubblica.

ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!