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19 MARZO FESTA DEL PAPÀ ❤️ AUGURI A TUTTI I BABBI, PADRI, PAPÀ DEL MONDO!

#19marzofestadelpapà: anche i papà e i babbi più deboli e fragili, per i propri figli sono EROI! Buona #festadelpapà a tutti i...

sabato 26 maggio 2012

La famiglia del 'Corvo' in Vaticano vive nel palazzo della madre Orlandi...La moglie e i figli di Paolo Gabriele, maggiordomo del Papa arrestato con l'accusa di aver trafugato lettere private del pontefice, abita nello stesso stabile della mamma di Emanuela scomparsa nel 1983...


Paolo Gabriele, il maggiordomo del Papa arrestato dalla gendarmeria vaticana, abita con la famiglia nella stessa palazzina, all'interno della Città del Vaticano, in cui vive la madre di Emanuela Orlandi, la ragazza scomparsa nel 1983 e mai ritrovata.
Al terzo e ultimo piano dell'edificio le tapparelle di casa Gabriele sono abbassate. Nessuno risponde al citofono, sul quale accanto al nome del maggiordomo di Ratzinger appare quello della moglie Manuela Citti. Inutile anche cercare di parlare con qualcuno dei vicini. La signora Gabriele e i tre figli della coppia si sarebbero trasferiti nella casa di Ostia, sul litorale di Roma, secondo quanto si dice.
Nel cortile i due posti parcheggio riservati alla famiglia Gabriele, come indicano dei cartelli al muro, sono occupati da una Ford Mondeo e da una Opel Agila. Poco più in la un altro posto è destinato alla famiglia Orlandi. A pochi metri dalla palazzina si trovano il parcheggio e gli uffici della gendarmeria vaticana, che ha arrestato Gabriele con l'accusa di aver trafugato lettere private del pontefice. 
Fonte: http://roma.repubblica.it

Una lettera anonima arrivata prima delle confessioni di Sabrina Minardi. E ripescata oggi tra i faldoni dell’inchiesta, visto che sembra coincidere perfettamente con la storia, salvo in un particolare: nessun complotto. Solo un monsignore, e De Pedis come persona che ha smaltito il cadavere. Ne parla il Corriere della Sera:

È anonima, evidentemente, scritta da persona informatissima. Perlomeno di quel che sarebbe successo di lì a breve. Il testo «anticipa» la confessione- choc e sembra preparare il terreno alla pista della banda della Magliana. Allude, lancia messaggi in codice. A leggerla bene, chissà quanti indizi contiene. «Prima di tutto la notizia peggiore ma forse liberatoria: Emanuela è morta la notte della sua scomparsa…», premette la misteriosa autrice, che dice di sé: «Nel 1983 ero l’amante di De Pedis, non per amore ma per trasgressione. Facevo da autista e segretaria… Ritiravo buste al banco di Santo Spirito dell’Eur e le consegnavo a politici, magistrati, poliziotti, preti…». In pratica, è l’autoritratto della Minardi, che parlò anche di incontri di «Renatino» con Andreotti.

Fonte: http://www.giornalettismo.com


VATICANO - Arrestato il maggiordomo del Papa era il corvo della Santa sede!
Sarebbe Paolo Gabriele la spia del Vaticano. Il cameriere di Ratzinger è stato arrestato questa mattina dalla gendarmeria vaticana perché in possesso di documenti riservati. "La fragilità umana c'è a qualunque livello” ha commentato il cardianle Angelo Bagnasco riguardo la tensione che si vive nello stato pontificio. Ieri è stato "silurato" il presidente dello Ior...
“La fragilità umana c'è a qualunque livello” ha commentato così il cardianle Angelo Bagnasco la tensione che c'è in Vaticano. Qualcuno dei fedeli già lo immaginava da solo, qualcuno lo sospettava dopo lo scandalo sui preti pedofili, i soldi dati dallo Ior a Don Verzè su cui indaga la procura di Milano, e ora perfino un arresto. Il maggiordomo del papa Paolo Gabriele, identificato come il corvo perché rivelava i segreti della Santa sede. Ce ne sarebbe di materiale per i migliori giallisti o registi. Gabriele, 'aiutante di camera' della famiglia pontificia, in sostanza il cameriere del papa, è stato arrestato questa mattina dalla gendarmeria vaticana: era in possesso di documenti riservati. Lo ha detto padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede, rispondendo a delle domande della stampa, come informa la Radio Vaticana. Il gesuita ha spiegato che "l'attività di indagine avviata dalla Gendarmeria" sulla diffusione di documenti riservati vaticani "secondo istruzioni ricevute dalla Commissione cardinalizia e sotto la direzione del Promotore di Giustizia, ha permesso di individuare una persona in possesso illecito" di tale materiale. "Questa persona - ha aggiunto - si trova ora a disposizione della magistratura vaticana per ulteriori approfondimenti". 

Fonte: http://mobile.ilmanifesto.it 

La gendarmeria vaticana arresta la presunta spia del Papa!

Terremoto nella Santa Sede. Il maggiordomo di fiducia di Ratzinger sotto interrogatorio da parte dei magistrati vaticani: sarebbe lui il divulgatore dei documenti riservati consegnati a Nuzzi per il suo libro. È stato individuato dalla Gendarmeria  in possesso di documenti riservati. Appena ieri il "licenziamento" del presidente dello Ior, la banca vaticana!

La notizia è stata diffusa dall’agenzia Ansa. Sarebbe in stato di arresto un uomo che lavora all’interno della Città del Vaticano come cameriere del Papa. L’uomo è  Paolo Gabriele, “aiutante di camera” dal 2006 della famiglia pontificia. In altri termini, sarebbe il maggiordomo di fiducia, uno dei pochissimi laici ammessi nella cerchia del Papa.  Oltre a lui, ci sono anche quattro donne laiche, coordinate da una suora tedesca.
Gabriele, che aiuta il Papa a vestirsi e gli serve pranzo e cena, accede a tutte le porte, scale e ascensori tra i più riservati del mondo; è presente a tutte le udienze. È stato individuato dalla Gendarmeria del Vaticano come in possesso di documenti riservati.  Questa mattina Paolo Gabriele è stato ascoltato in un interrogatorio dal promotore di giustizia vaticano, Nicola Picardi. L’uomo “è a disposizione della magistratura vaticana”.
L’indagine della Gendarmeria vaticana sulla diffusione di documenti segreti è stata confermata da padre Federico Lombardi, spiegando che questa persona si trova ora “a disposizione della magistratura vaticana per ulteriori approfondimenti”.
Padre Lombardi, rispondendo a delle domande della stampa, ha detto  che “l’attività di indagine avviata dalla Gendarmeria” sulla diffusione di documenti segreti vaticani “secondo istruzioni ricevute dalla Commissione cardinalizia e sotto la direzione del Promotore di Giustizia, ha permesso di individuare una persona in possesso illecito” di tale materiale. “Questa persona – ha aggiunto il direttore della Sala Stampa vaticana – si trova ora a disposizione della magistratura vaticana per ulteriori approfondimenti”. Gabriele è cittadino vaticano e risiede entro le Mura con la moglie e tre figli.
Nei giorni scorsi il Vaticano aveva definito «atto criminoso» la pubblicazione di documenti riservati e di lettere private al Papa in un libro del giornalista Gianluigi Nuzzi, “Sua Santità. Le carte segrete di Benedetto XVI”.  Il libro pubblica centinaia di documenti che svelano la quotidiana affannosità della Chiesa, tra affari molto poco trasparenti e congiure di palazzo. È il Gabriele l’uomo che anonimamente ha consegnato i documenti scottanti a Nuzzi? Secondo atre fonti in Vaticano si tratta di un errore: l’uomo è indicato  come assolutamente devoto e affezionato al Papa.
È di appena ieri sera la notizia della sfiducia al presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi. Il banchiere guidava lo Ior, l’Istituto per le opere di religione, considerata la banca vaticana, dal 2009, senza essere riuscito a risolvere i principali problemi di relazione con il sistema bancario italiano ed europeo. Era anche circolata la voce che “il corvo” fosse lui.

Fonte: http://www.ilvostro.it
 
Gli inquirenti convinti di aver scoperto il corvo responsabile delle fughe di notizie. Una svolta, ma nel giallo ci sono ancora troppi misteri. Anche se non si ha la certezza che sia davvero il "corvo", quello che la gendarmeria vaticana ha fermato, di certo Paolo Gabriele, il maggiordomo del Papa era in possesso di documenti che non avrebbe dovuto avere. Il sospetto è che possa averli fatti uscire fuori dalle mura vaticane. Ma questa è una circostanza oggetto in queste ora delle indagini, sulle quali il Vaticano mantiene il più stretto riserbo. Già padre Federico Leonardi aveva fatto sapere una persona "si trova ora a disposizione della magistratura vaticana per ulteriori approfondimenti". Appunto Paolo Gabriele, assistente di camera del Papa.
Una mole ingente di documenti riservati è stata trovata dalla Gendarmeria Vaticana in un appartamento di via di Porta Angelica, dove abita con la moglie e i tre figli Paolo Gabriele, l'assistente di camera, cioè il maggiordomo, di Benedetto XVI. Romano, poco più che 40enne, l'uomo lavora nell'appartamento pontificio dal 2006, ed è stato inserito nella Famiglia del Papa dopo essere stato a servizio del prefetto della Casa Pontificia, monsignor James Harwey.
Ieri pomeriggio Gabriele è stato prima fermato dagli agenti comandati dall'ispettore generale Domenico Giani e poi interrogato dal promotore di giustizia, Nicola Picardi, che lo ha dichiarato in arresto.
A quanto si è appreso, i sospetti sul maggiordomo sono stati raccolti dalla Commissione Cardinalizia che indaga sulle fughe di notizie direttamente nell'appartamento del Papa. E se anche qualcuno ora si domanda in Vaticano se si tratti del "Corvo" o di un "capro espiatorio", sembra molto difficile che l'arresto sia stato compiuto con leggerezza trattandosi di un "familiare" del Papa.  

Fonte: http://www.globalist.it 

Enrico De Pedis, Banda della Magliana, Emanuela Orlandi, pedofilia e droga dentro gli ambienti del Vaticano, speculazioni finanziarie sotto la Santa Sede! Qual'è la vera verità?

Lunedì dopo una settimana di stop, dovrebbero riprendere a Sant'Apollinare gli esami in corso sui resti ossei trovati nella cripta della chiesa romana in cui era sepolto il boss della banda della Magliana Enrico De Pedis, il cui nome qualcuno vorrebbe collegato con il caso Orlandi. Accertamenti sono in corso su ossa che avrebbero non più di 30 anni: si è parlato anche del ritrovamento di una mandibola con dei denti. Al di là della coincidenza temporale, fonti bene informate fanno sapere che una serie di elementi portano a escludere che si tratti di resti ossei di Emanuela. Ma se davvero sono ossa di 30 anni fa, resta da capire perché si trovavano in quella cripta. Intanto una marcia per Emanuela Orlandi attraverserà domani il centro di Roma. Per chiedere «verità e giustizia» su un mistero che accompagna la storia italiana dal 22 giugno 1983 e letteralmente riesploso negli ultimi mesi sulla spinta delle iniziative promosse dai familiari, dell'opinione pubblica e delle novità arrivate dall'inchiesta. La marcia di domani - che cade in un momento quanto mai critico per la Santa Sede, dopo l'arresto del presunto «corvo» e la sfiducia a Gotti Tedeschi, fino all'altro ieri presidente dello Ior - produce anche l'effetto di avvicinare storie lontane tra loro, cronologicamente e per contenuti, ma legate da un filo rosso: il Vaticano. Il punto di partenza sarà il Campidoglio, ore 9.30. Il punto d'arrivo piazza San Pietro, ore 12, per l'Angelus del Papa. Nella piazza che ospita i palazzi del Comune della Capitale l'iniziativa prenderà il via con un intervento del fratello di Emanuela, Pietro, che da tempo si batte per tenere i riflettori accesi sul caso. La sua idea di promuovere una petizione on line nell'ottobre scorso, ha funzionato un pò da detonatore e l'interesse tra la gente è cresciuto. In decine di migliaia hanno firmato l'appello, diretto al Papa, per chiedere che il Vaticano faccia luce sulla storia di una sua cittadina, figlia di un commesso pontificio, scomparsa nel giugno di 29 anni fa. E l'appello non è caduto nel nulla, perchè mai come negli ultimi tempi da parte della Santa Sede sono arrivati segnali di collaborazione. Dopo Pietro, prenderanno la parola l'ex sindaco di Roma Walter Veltroni, che si è speso per questa causa, il presidente della Provincia Nicola Zingaretti, e il sindaco Gianni Alemanno. Sulla facciata del Campidoglio verrà srotolata una gigantografia di Emanuela. Ci saranno anche sindaci di altre città, come Osimo, che ha già esposto una grande foto di Emanuela sulla facciata del palazzo municipale. Poi i partecipanti si metteranno in marcia per raggiungere prima piazza Pia, quindi in gruppi più piccoli e senza striscioni, piazza San Pietro, per l'Angelus. «La speranza è che il Papa possa dire una parola - afferma Pietro -. E mi sarebbe piaciuto anche poter incontrare il segretario di Stato, cardinal Bertone». Al fratello di Emanuela sono arrivate molti segnali da parte del mondo della cultura: «Marco Bellocchio, Liliana Cavani, Dacia Maraini, Lidia Ravera, Francesca Archibugi, Marco Tullio Giordana mi hanno espresso la loro solidarietà, forse qualcuno domani verrà», dice Pietro. E aggiunge che per documentare l'iniziativa «ci saranno anche le telecamere della Bbc e della tv tedesca».

Fonte: http://www.lastampa.it 

La storia di uno dei feroci boss della banda della Magliana, assassinato il 2 Febbraio 1990, si lega ad una pista sulla scomparsa di Emanuela Orlandi...chi era Enrico De Pedis?

Enrico De Pedis, detto Renatino, e' stato uno dei feroci boss della banda della Magliana, assassinato in strada a Roma il 2 febbraio 1990. Perche' e' stato legato alla scomparsa di Emanuela Orlandi? Nel 2005, dopo diversi servizi a lui dedicati dal programma 'Chi l'ha visto?', arrivo' in trasmissione una telefonata anonima in cui una voce maschile diceva: ''Riguardo al fatto di Emanuela Orlandi, per trovare la soluzione del caso, andate a vedere chi e' sepolto nella cripta della Basilica di Sant'Apollinare e del favore che Renatino fece al cardinal Poletti, all'epoca''.
In effetti a due passi da piazza Navona a Roma si trova la basilica di Sant'Apollinare. Nella cripta, dove riposano le spoglie di Papi, cardinali e martiri cristiani, c'e' la tomba del potente De Pedis. Ora c'e' anche la conferma: il corpo e' proprio il suo.
Dopo l'uccisione del boss, il rettore della basilica, monsignore Piero Vergari, con una lettera ne attesto' lo status di grande benefattore: ''Si attesta che il signor Enrico De Pedis nato in Roma - Trastevere il 15/05/1954 e deceduto in Roma il 2/2/1990, è stato un grande benefattore dei poveri che frequentano la basilica ed ha aiutato concretamente a tante iniziative di bene che sono state patrocinate in questi ultimi tempi, sia di carattere religioso che sociale. Ha dato particolari contributi per aiutare i giovani, interessandosi in particolare per la loro formazione cristiana e umana''.
Poi l'allora Vicario generale della diocesi di Roma e presidente della Cei, cardinale Ugo Poletti, rilascio'  il nulla osta alla sepoltura di De Pedis all'interno della basilica. Il 24 aprile dello stesso anno la salma di De Pedis venne tumulata e le chiavi del cancello consegnate alla vedova.
Solo nel 1995 il magistrato responsabile delle indagini sulla banda della Magliana, Andrea De Gasperis, venuto a conoscenza di voci sul fatto, aveva incaricato la Direzione Investigativa Antimafia di verificare. Nell'estate del 1997  ''Il Messaggero'' pubblico la notizia, suscitando proteste. Ma tutto prosegui' come se nulla fosse fino al 2012, quando la procura di Roma decise che la tomba si doveva aprire.
Fonte: http://www.lastampa.it 
  

Sparizione di Emanuela Orlandi


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il manifesto affisso nel 1983
Il caso della sparizione di Emanuela Orlandi (nata a Roma il 14 gennaio 1968) è un fatto di cronaca nera avvenuto a Roma il 22 giugno 1983; la vittima, una cittadina vaticana figlia di un commesso della Prefettura della Casa Pontificia, sparì in circostanze misteriose all'età di 15 anni.
Quella che all'inizio poteva sembrare la "normale" sparizione di un'adolescente, magari per un allontanamento volontario da casa, divenne presto uno dei casi più oscuri della storia italiana che coinvolse lo Stato Vaticano, lo Stato Italiano, l'Istituto per le Opere di Religione (IOR), la Banda della Magliana, il Banco Ambrosiano e i servizi segreti di diversi Paesi, in maniera a tutt'oggi non ancora compiutamente risolta.
Alla scomparsa di Emanuela fu collegata la sparizione di un'altra adolescente romana, Mirella Gregori, scomparsa il 7 maggio 1983 e mai più ritrovata.

Indice

Scomparsa

Emanuela Orlandi frequentava una scuola di musica in piazza Sant'Apollinare a Roma. Il giorno della scomparsa, nel tragitto che dal Vaticano la portava alla scuola, incontrò uno sconosciuto, alla guida di una BMW verde, che le offrì un lavoro di vendita di cosmetici per la Avon, da svolgere durante una sfilata di moda e pagato esageratamente (circa 375.000 lire dell'epoca, l'equivalente di uno stipendio di allora). Emanuela rispose che prima di accettare avrebbe dovuto chiedere il permesso ai genitori. Verso le ore 19:00, dopo essere uscita in anticipo dalla lezione, telefonò a casa per riferire la proposta che le era stata fatta: la sorella le disse che diffidava molto della troppo allettante proposta, e comunque di tornare quanto prima a casa per parlarne con la madre. Questo fu l'ultimo contatto che Emanuela ebbe con la famiglia.
Dopo la telefonata, Emanuela si confidò con un'amica e compagna della scuola di musica, Raffaella Monzi, che la accompagnò alla fermata dell'autobus, lasciandola alle 19:30. Poco dopo, Emanuela fu vista da un vigile urbano in servizio davanti al Senato (al quale chiese dove si trovasse la Sala Borromini). Il vigile, interrogato dalle forze dell'ordine una volta iniziate le indagini per la scomparsa, riferì che la ragazza era in compagnia di un uomo alto circa 1 m e 75, sui 35 anni, snello, con il viso lungo, stempiato, con una valigetta e una BMW scura metallizzata[1]. Altri testimoni la videro salire sull'auto. Dall'identikit che fu tracciato, un carabiniere del Nucleo Operativo di via in Selci notò la somiglianza con Enrico De Pedis[2], membro della Banda della Magliana, ma la cosa, stranamente, non ebbe un immediato seguito investigativo; pare che una giustificazione sarebbe nel fatto che all'epoca si riteneva il soggetto criminale latitante all'estero, ma un riscontro approfondito in merito non venne effettuato.

Le ricerche e le telefonate

Poiché le forze dell'ordine avevano inizialmente pensato ad una scappatella, le prime ricerche furono condotte autonomamente dalla famiglia. Il 25 giugno, però, dopo una serie di telefonate non attendibili, arrivò agli Orlandi una chiamata da parte di un uomo che diceva di chiamarsi Pierluigi, il quale raccontò che la sua fidanzata aveva incontrato a Campo dei Fiori due ragazze, una delle quali vendeva cosmetici, aveva con sé un flauto e diceva di chiamarsi Barbara. "Pierluigi" riferì anche che "Barbara", all'invito di suonare il flauto, si sarebbe rifiutata a causa della vergogna che provava nell'indossare gli occhiali.
Tre ore più tardi "Pierluigi" richiamò, aggiungendo che gli occhiali di "Barbara" erano "a goccia, per correggere l'astigmatismo". Queste chiamate si rivelarono preziose per i familiari, poiché in effetti Emanuela era astigmatica, si vergognava di portare gli occhiali e suonava il flauto. Il 26 giugno "Pierluigi", durante un'altra chiamata, aggiunse alcune informazioni su se stesso: disse di avere 16 anni e di trovarsi in quella giornata con i genitori in un ristorante al mare. Comunicò anche che "Barbara" avrebbe suonato il flauto al matrimonio della sorella ma rifiutò ogni ulteriore collaborazione per rintracciare Emanuela e di incontrare di persona lo zio.
Il 28 giugno fu il turno di un certo "Mario" che, con un forte accento romano, disse di avere 35 anni. Anch'egli sosteneva di aver visto un uomo e due ragazze che vendevano cosmetici, una delle quali diceva di essere di Venezia e chiamarsi Barbara. Significativo risulta, durante la telefonata di "Mario", un piccolo dettaglio: quando gli viene chiesta l'altezza della ragazza, egli esita, come se non lo sapesse. In sottofondo, si sente una seconda voce, che dice "No, de più"[3]. Sembra quindi che ci fosse un secondo uomo con lui, il quale aveva visto la ragazza, al contrario di "Mario".
In una seconda telefonata, "Mario" spiegò che "Barbara" gli aveva confidato di essersi allontanata volontariamente da casa. La famiglia, considerando quest'ipotesi impossibile, perse a questo punto fiducia nelle telefonate di "Mario" e "Pierluigi". "Mario" venne, dopo molti anni, identificato con forte probabilità in un uomo vicino alla Banda della Magliana.

Ipotesi

Presunti collegamenti con l'attentato a Giovanni Paolo II

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce attentato a Giovanni Paolo II.
Domenica 3 luglio 1983 il Papa di allora, Giovanni Paolo II, durante l'Angelus, rivolse un appello ai responsabili della scomparsa di Emanuela Orlandi, ufficializzando per la prima volta l'ipotesi del sequestro.[4]
Il 5 luglio, giunse una chiamata alla sala stampa vaticana. All'altro capo del telefono un uomo, che parlava con uno spiccato accento anglosassone (e per questo subito ribattezzato dalla stampa "l'Amerikano"), affermò di tenere in ostaggio Emanuela Orlandi, sostenendo che molti altri elementi erano già stati forniti da altri componenti della sua organizzazione, Pierluigi e Mario, e richiese l'attivazione di una linea telefonica diretta con il Vaticano[4]. Chiamava in causa Mehmet Ali Ağca, l'uomo che aveva sparato al Papa in Piazza San Pietro un paio di anni prima, chiedendo un intervento del pontefice, Giovanni Paolo II affinché venisse liberato entro il 20 luglio.
Un'ora dopo, l'uomo chiamò a casa Orlandi, e fece ascoltare ai genitori un nastro con una voce di ragazza, forse di Emanuela che diceva di frequentare la Scuola Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II, e di dover iniziare a settembre il terzo liceo scientifico.
L'8 luglio 1983 un uomo con inflessione mediorientale telefonò a una compagna di classe di Emanuela, dicendo che la ragazza era nelle loro mani, che avevano 20 giorni di tempo per fare lo scambio con Alì Agca, e chiedendo una linea telefonica diretta con il Cardinale Segretario di Stato Agostino Casaroli.
Il 17 luglio, venne fatto ritrovare un nastro, in cui si confermava la richiesta di scambio con Ağca, la richiesta di una linea telefonica diretta con il cardinale Casaroli, e si sentiva la voce di una ragazza che implorava aiuto, dicendo di sentirsi male. La linea fu installata il 18 luglio. Alcuni giorni più tardi, in un'altra telefonata, "l'Amerikano" chiese allo zio di Emanuela di rendere pubblico il messaggio contenuto sul nastro, e di informarsi presso il cardinale Agostino Casaroli, riguardo ad un precedente colloquio.
In totale, le telefonate dell'"Amerikano" furono 16, tutte da cabine telefoniche. Nonostante le richieste di vario tipo, e le presunte prove, l'uomo (mai rintracciato) non aprì nessuna reale pista.
Nel comunicato n. 20 del 20 novembre 1984, i Lupi grigi dichiarano di custodire nelle loro mani entrambe le ragazze. La "pista turca" dei Lupi grigi, tuttavia, è stata sconfessata dall'ex ufficiale della Stasi Günter Bohnsack, il quale ha dichiarato che i servizi segreti della Germania Est sfruttarono il caso di Emanuela Orlandi scrivendo finte lettere a Roma per consolidare la tesi che metteva in relazione Ağca con i Lupi Grigi, al fine di scagionare la Bulgaria dalle accuse durante le indagini per l'attentato a Papa Giovanni Paolo II[5]. L'estraneità dei Lupi grigi fu confermata da un pentito della Banda della Magliana Antonio Mancini, che nel 2007 ha dichiarato «Si diceva che la ragazza era robba nostra, l'aveva presa uno dei nostri»[6].
Nel 2010, Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, ha un colloquio con Mehmet Ali Ağca, nel quale l'ex terrorista conferma l'ipotesi del rapimento per conto del Vaticano, già menzionata nella telefonata del 5 luglio 1983 e fa il nome di un cardinale, Giovanni Battista Re, ritenendolo persona informata sui fatti[7]; Un anno dopo, la registrazione del colloquio viene pubblicata dalla trasmissione Chi l'ha visto? che censura il nome del cardinale. Pietro Orlandi, in quel momento in collegamento, comunica di essere andato a parlare con lo stesso Re, che ha smentito le parole dell'ex terrorista.[8]

Presunti collegamenti con lo scandalo IOR ed il caso Calvi

Secondo alcuni giornali e pubblicazioni, l'identikit dell'Amerikano, stilato dall'allora vicecapo del SISDE Vincenzo Parisi in una nota rimasta riservata fino al 1995, corrisponderebbe a monsignor Paul Marcinkus, che all'epoca era presidente dello IOR, la "banca" vaticana: gli specialisti del SISDE, analizzando i messaggi e le telefonate pervenute alla famiglia, per un totale di 34 comunicazioni, ne ritennero affidabili e legati a chi aveva effettuato il sequestro 16, che riguardavano una persona con una conoscenza approfondita della lingua latina, migliore di quella italiana (ritenendo possibile che fosse stata appresa successivamente al latino), probabilmente di cultura anglosassone e con un elevato livello culturale e una conoscenza del mondo ecclesiastico e del Vaticano, oltre alla conoscenza approfondita di diverse zone di Roma (dove probabilmente aveva abitato).[9]

Presunti collegamenti con la Banda della Magliana

Nel luglio del 2005, alla redazione del programma Chi l'ha visto?, in onda su Rai 3, arrivò una telefonata anonima in cui si diceva che per risolvere il caso di Emanuela Orlandi era necessario andare a vedere chi è sepolto nella basilica di Sant'Apollinare e controllare «del favore che Renatino fece al cardinal Poletti». Si scoprì così che "l'illustre" defunto altri non era che il capo della Banda della Magliana, Enrico De Pedis. L'inviata Raffaella Notariale era riuscita a ottenere le foto della tomba e i documenti originali relativi alla sepoltura del boss in territorio vaticano, voluta dal cardinale Ugo Poletti, allora presidente della Cei.
Il 20 febbraio 2006, un pentito della Banda, Antonio Mancini, sostenne di aver riconosciuto nella voce di Mario quella di un killer al servizio di De Pedis, tale "Rufetto"[10]. Le indagini condotte dalla Procura della Repubblica però, non confermarono quanto dichiarato da Mancini.[senza fonte] Alla redazione del già citato programma di Rai Tre giunse poi una cartolina raffigurante una località meridionale che presentava il seguente testo: «Lasciate stare Renatino».
Il 30 giugno 2008, Chi l'ha visto? trasmise la versione integrale della telefonata anonima del luglio 2005, lasciata inedita fino ad allora. Dopo le rivelazioni sulla tomba di De Pedis e del cardinal Poletti, la voce aggiungeva «E chiedete al barista di via Montebello, che pure la figlia stava con lei...con l'altra Emanuela». Il bar si rivelò appartenere alla famiglia di Mirella Gregori, altra ragazza scomparsa a Roma il 7 maggio 1983 in circostanze misteriose ed il cui rapimento venne collegato a quello Orlandi[11]. La redazione di Chi l'ha visto? è stata minacciata nel luglio 2008 anche da un'altra telefonata anonima da parte di un certo "biondino".
Nel luglio 2011 la procura distrettuale di Roma ha arrestato alcuni componenti della famiglia romana De Tomasi, accusati di reati tra i quali usura e riciclaggio di denaro; secondo gli inquirenti, Giuseppe De Tomasi, noto Sergione, affiliato alla Banda della Magliana, è la stessa persona che nel 1983 telefonò la famiglia Orlandi identificandosi con il nome "Mario", mentre il figlio, Carlo Alberto De Tomasi, è l'autore della telefonata a "Chi l'ha visto?" del luglio 2005.[12].

Le testimonianze di Sabrina Minardi e la ripresa delle indagini

Nel 2006 la giornalista Raffaella Notariale raccolse un'intervista di Sabrina Minardi, ex-moglie del calciatore della Lazio Bruno Giordano, che tra la primavera del 1982 ed il novembre del 1984 ebbe una relazione con Enrico De Pedis. Due anni e mezzo dopo, il 23 giugno del 2008, la stampa italiana riportò le dichiarazioni che Sabrina Minardi aveva reso agli organi giudiziari che avevano deciso di ascoltarla: Emanuela Orlandi sarebbe stata uccisa ed il suo corpo, rinchiuso dentro un sacco, gettato in una betoniera a Torvaianica. In quella occasione, secondo la Minardi, De Pedis si sarebbe sbarazzato anche del cadavere di un bambino di 11 anni ucciso per vendetta, Domenico Nicitra, figlio di uno storico esponente della banda. Il piccolo Nicitra fu però ucciso il 21 giugno 1993, ben dieci anni dopo l'epoca alla quale la Minardi fa risalire l'episodio, e tre anni dopo la morte dello stesso De Pedis, avvenuta all'inizio del 1990. Stando a quanto riferito da Sabrina Minardi, il rapimento di Emanuela Orlandi sarebbe stato effettuato materialmente da Enrico De Pedis, su ordine del monsignor Paul Marcinkus «come se avessero voluto dare un messaggio a qualcuno sopra di loro».
Nel particolare, la Minardi ha raccontato di essere arrivata in auto (una Autobianchi A112 bianca) al bar del Gianicolo, dove De Pedis le aveva detto di incontrare una ragazza che avrebbe dovuto «accompagnare al benzinaio del Vaticano». All'appuntamento arrivarono una BMW scura, con alla guida "Sergio", l'autista di De Pedis e una Renault 5 rossa con a bordo una certa "Teresina" (la governante di Daniela Mobili, amica della Minardi) e una ragazzina confusa, riconosciuta dalla testimone come Emanuela Orlandi. "Sergio" l'avrebbe messa nella BMW alla cui guida andò la Minardi stessa. Rimasta sola in auto con la ragazza, la donna notò che questa «piangeva e rideva insieme» e «sembrava drogata». Arrivata al benzinaio, trovò ad aspettare in una Mercedes targata Città del Vaticano, un uomo «che sembrava un sacerdote» che la prese in consegna.[6]
La ragazza avrebbe quindi trascorso la sua prigionia a Roma, in un'abitazione di proprietà di Daniela Mobili in via Antonio Pignatelli 13 a Monteverde nuovo - Gianicolense, che aveva «un sotterraneo immenso che arrivava quasi fino all'Ospedale San Camillo» (la cui esistenza, oltre ad un piccolo bagno ed un lago sotterraneo, è stata accertata dagli inquirenti il 26 giugno 2008[11]). Di lei si sarebbe occupata la governante della signora Daniela Mobili, "Teresina"; secondo la Minardi, la Mobili, sposata con Vittorio Sciattella, era vicina a Danilo Abbruciati, altro esponente di spicco della Banda della Magliana, coinvolto nel caso Calvi e che dispose il restauro della palazzina in via Pignatelli.[3]
La Mobili ha negato di conoscere la Minardi o di avere avuto un ruolo nel rapimento, poiché in quegli anni si trovava, così come il marito, in prigione. Tuttavia la Minardi si è sempre riferita alla governante "Teresina", che effettivamente lavorava nell'appartamento in quel periodo, anche se non aveva la patente.[13][14] Successivamente, la Minardi ha citato un altro componente della Banda (corrispondente ad un vecchio identikit[15]) che, rintracciato dalle forze dell'ordine, ha confessato che il rifugio in via Pignatelli era sì un nascondiglio, «ma non per i sequestrati, [bensì] per i ricercati. Era il rifugio di "Renatino"», negando la connessione fra l'ex boss della Magliana e il rapimento Orlandi[16].
Affiora anche il personaggio di Giulio Andreotti, presso il quale la Minardi racconta di essere andata a cena due volte, insieme al compagno De Pedis, a quel tempo già ricercato dalla polizia. La donna specifica però che Andreotti «non c'entra direttamente con Emanuela Orlandi, ma con monsignor Marcinkus sì».[6]
Le dichiarazioni della Minardi, benché siano state riconosciute dagli inquirenti come parzialmente incoerenti (anche a causa dell'uso di droga da parte della donna in passato) hanno acquistato maggior credibilità nell'agosto 2008, a seguito del ritrovamento della BMW che la stessa Minardi ha raccontato di aver utilizzato per il trasporto di Emanuela Orlandi e che risulta appartenuta prima a Flavio Carboni, imprenditore indagato e poi assolto nel processo sulla morte di Roberto Calvi, e successivamente ad uno dei componenti della Banda della Magliana[17].
La pubblicazione dei verbali resi alla magistratura dalla Minardi ha suscitato le proteste del Vaticano, che, per bocca di padre Federico Lombardi, portavoce della Sala Stampa della Santa Sede, ha dichiarato che oltre alla «mancanza di umanità e rispetto per la famiglia Orlandi, che ne ravviva il dolore», ha poi definito come «infamanti le accuse rivolte a Mons. Marcinkus, morto da tempo e impossibilitato a difendersi».[18]
Il 19 novembre 2009 Sabrina Minardi, interrogata presso la Procura di Roma dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dal pubblico ministero Simona Maisto, sembrerebbe aver riconosciuto l'identità di "Mario", ossia l'uomo che nei giorni immediatamente successivi alla scomparsa di Emanuela Orlandi telefonò ripetutamente alla famiglia.[19][20][21][22]
Il 21 novembre, su Rai News 24, andò in onda un'altra intervista a Sabrina Minardi, curata da Raffaella Notariale. La Minardi raccontò che Emanuela Orlandi aveva trascorso i primi quindici giorni di prigionia a Torvaianica, nella casa al mare di proprietà dei genitori della Minardi stessa.[23].
Il 2 febbraio 2010 Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, ha incontrato Alì Aǧca, dal quale ha ricevuto rassicurazioni sul fatto che «Emanuela è viva e ritornerà presto a casa»[24]. Secondo l'ex Lupo grigio, la ragazza «ora vive reclusa in una mega villa in Francia o in Svizzera. Tornerà a casa».
Il 10 marzo 2010 è stata resa nota l'esistenza di un nuovo indagato, Sergio Virtù, indicato da Sabrina Minardi come l'autista di fiducia di Renatino, il quale avrebbe avuto un ruolo operativo nel sequestro della ragazza. L'uomo è indagato per i reati di omicidio volontario aggravato e sequestro di persona. Virtù è stato arrestato il giorno dell'interrogatorio per altri reati e trasferito nel carcere di Regina Coeli. All'ex autista di De Pedis infatti, erano state inflitte in passato due condanne perché coinvolto in reati di truffa. Davanti ai pm titolari dell'inchiesta, Virtù ha negato ogni addebito sulla vicenda, in particolare di avere mai conosciuto né avuto rapporti di amicizia con De Pedis. A carico dell'ex autista ci sono anche alcune dichiarazioni di un'altra donna, definita dagli inquirenti una sua ex convivente, la quale avrebbe raccontato di aver avuto un ruolo nel sequestro della Orlandi e di averne per questo anche ricevuto compenso.
Nel luglio 2010[25] è stato dato, dal Vicariato di Roma, il via libera all'ispezione della tomba di Enrico De Pedis nella basilica di Sant'Apollinare. Questo è il contenuto della nota, inviata dal Vicariato alla trasmissione di Raitre Chi l'ha visto?, che ne ha diffuso il testo e che il 5 luglio è tornata ad occuparsi della scomparsa di Emanuela.
Il 17 giugno 2011, durante un dibattito sul libro di Pietro Orlandi "Mia sorella Emanuela" in diretta tv su RomaUno un uomo dichiaratosi ex-agente del SISMI afferma che «Emanuela e' viva, si trova in un manicomio in Inghilterra ed è sempre stata sedata». Aggiunge che causa del rapimento fu la conoscenza da parte di Ercole Orlandi, padre di Emanuela, di attività di riciclaggio di denaro "sporco" legate ad Antonveneta, essendo quindi il rapimento collegato a Calvi e al crack dell'Ambrosiano.[26]
Il 24 luglio 2011 Antonio Mancini, in un'intervista a La Stampa, dichiara che effettivamente la Orlandi fu rapita dalla Banda della Magliana per ottenere la restituzione del denaro investito nello IOR attraverso il Banco Ambrosiano, come ipotizzato dal giudice Rosario Priore. Mancini aggiunge di ritenere sottostimata la cifra di 20 miliardi e che fu Enrico De Pedis a far cessare gli attacchi contro il Vaticano, malgrado i soldi non fossero stati tutti restituiti, ottenendo in cambio, fra le altre cose, la possibilità di essere sepolto nella Basilica di Sant'Apollinare, come poi effettivamente avvenne.[27]
Il 14 maggio 2012 finalmente viene aperta la tomba di De Pedis, ma al suo interno vi si trovano solamente i resti del defunto. Allora si scava più approfonditamente, ma vengono trovate solo nicchie con resti di ossa risalenti al periodo napoleonico.
Quattro giorni dopo, il 18 maggio, viene indagato Don Pietro Vergari per concorso in sequestro di persona.
Secondo una pista investigativa Emanuela Orlandi sarebbe stata attirata ed uccisa in un giro di festini a sfondo sessuale in cui erano coinvolti esponenti del clero, un gendarme vaticano e personale diplomatico di un'ambasciata straniera presso la Santa Sede. [28]

La teoria Nicotri

Nel 2002, con la pubblicazione del libro Mistero Vaticano, e nel 2009, con la pubblicazione di Emanuela Orlandi - La verità, il giornalista Pino Nicotri, già redattore de l'Espresso, sovverte completamente tutte le ipotesi relative al rapimento, riconducendole ad un insabbiamento finalizzato a nascondere la realtà dei fatti. La Orlandi, secondo Nicotri, sarebbe morta in Vaticano il giorno stesso della scomparsa, durante un incontro con una persona molto in alto nella gerarchia ecclesiastica, un'ipotesi che avvicina il caso Orlandi a quello di Wilma Montesi. A tal proposito il giornalista Max Parisi afferma di essere a conoscenza di questo nome e di esserne stato colpito, ma che non intende divulgarlo.[29]
Nei libri il giornalista afferma che l'aggancio alla vicenda dei servizi segreti dell'est (che nel caso non sarebbero coinvolti affatto) non sarebbe altro che un'opportunistica manovra degli stessi, volta a indebolire papa Wojtyła e impedirgli di dare forza a Solidarność. Così pure la ragnatela di comunicati, le presunte "svolte" nelle indagini, le dichiarazioni di improbabili testimoni succedutesi negli anni, il presunto coinvolgimento di organizzazioni criminali, non sarebbero da ricondursi a un complotto internazionale, ma obbedirebbero a una catena di eventi opportunistici di cui le alte sfere vaticane si sarebbero servite per insabbiare la scabrosa vicenda.[30]

Note

  1. ^ L'intervista a Chi l'ha visto? del vigile urbano
  2. ^ Puntata di Chi l'ha visto? del 30 giugno 2008, I Parte
  3. ^ a b Puntata di Chi l'ha visto? andata in onda il 7 luglio 2008
  4. ^ a b Emanuela Orlandi sul sito di Chi l'ha visto? di RAI3. Poiché la prima rivendicazione del rapimento è del 5 luglio 1983, solo una fonte interna al Vaticano, a conoscenza dei fatti, e dotata di sufficiente autorevolezza per influire sul comportamento del Papa, avrebbe potuto suggerire al Papa stesso di prendere la drammatica iniziativa di lanciare un appello ai rapitori. Unico precedente di un simile "appello ai rapitori" da parte di un Papa è il triplice "appello ai rapitori di Aldo Moro" lanciato da Papa Paolo VI nel 1978 (vedi Caso Moro, I comunicati e la trattativa)
  5. ^ Marco Ansaldo. «Lo scambio Orlandi-Ali Agca fu un' invenzione di noi della Stasi». Repubblica.it, 26 6 2008.
  6. ^ a b c Marino Bisso; Giovanni Gagliardi. «Caso Orlandi, parla la superteste, "Rapita per ordine di Marcinkus"». Repubblica.it, 23 6 2008.
  7. ^ Ali Agca-Pietro Orlandi: il colloquio segreto "Questa storia nasce in Vaticano" - Repubblica.it
  8. ^ Video Rai.TV - Orlandi: la ricerca in Inghilterra
  9. ^ Estratti del libro EXTRA OMNES L'infinita scomparsa di Emanuela Orlandi di Gaja Cenciarelli, ZONA 2006, ISBN 88-89702-17-6 , relativi ai documenti desecretati delle inchieste del SISDE svolte al tempo
  10. ^ Il video dal sito di Chi l'ha visto?, aggiornamento del 23 giugno 2008
  11. ^ a b Emanuela Orlandi sul sito di Chi l'ha visto?, aggiornamento del 30 giugno 2008
  12. ^ http://www.agi.it/in-primo-piano/notizie/201107131256-ipp-rt10073-usura_arresto_famiglia_de_tomasi_legata_a_caso_emanuela_orlandi
  13. ^ Marino Bisso. «"Non sono io la carceriera, quando è scomparsa ero in galera"». Repubblica.it, 26 6 2008.
  14. ^ «L’ex donna del boss: «Io col rapimento non c'entro nulla»». il Giornale.it, 26 6 2008.
  15. ^ Marino Bisso. «Caso Orlandi, un nuovo sospettato. Perquisizione a un ex della Magliana». Repubblica.it, 29 6 2008.
  16. ^ Marino Bisso. «"La Orlandi? In quel bunker si nascondeva Renatino"». Repubblica.it, 4 7 2008.
  17. ^ Fabrizio Caccia. ««Sequestro Orlandi, ecco l’auto». Parcheggiata da 13 anni». Corriere.it, 14 8 2008.
  18. ^ Vatican Diplomacy: «Il Vaticano: “Accuse infamanti su Marcinkus”»
  19. ^ «Caso Orlandi, dopo 26 anni un testimone». La Repubblica, 19 11 2009.
  20. ^ «Dopo 26 anni la teste rivela: « Emanuela Orlandi è morta»». Corriere.it, 19 11 2009.
  21. ^ «Caso Orlandi, il rapitore ha un nome: testimoni lo riconoscono dalle foto». Repubblica.it, 21 11 2009.
  22. ^ «Il mistero di Emanuela nelle stanze del Vaticano». Repubblica.it, 20 11 2009.
  23. ^ Caso Orlandi. Intervista a Sabrina Minardi
  24. ^ Emanuela Orlandi:fratello incontra Agca - Top News - ANSA.it
  25. ^ Caso Orlandi, sì del Vicariato a ispezione tomba De Pedis - Tg24 - Sky.it
  26. ^ [1], [2]
  27. ^ L’ex della Magliana: "Sì, siamo stati noi a rapire la Orlandi"- LASTAMPA.it
  28. ^ http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/455110/
  29. ^ Dynapress - Sito ufficiale di Max Parisi
  30. ^ Emanuela Orlandi, la verità: le bugie del Vaticano e gli appelli omicidi di Wojtyla. Parla Pino Nicotri - Politica e Società 2.0

Bibliografia

  • Fabrizio Peronaci e Pietro Orlandi- "Mia sorella Emanuela", Edizioni anordest, 2011
  • Ugo Barbàra. In terra consacrata. Piemme, 2009. ISBN 978-88-566-0457-3
  • Rita Di Giovacchino, Storie di alti prelati e gangster romani. I mistreri della chiesa di Sant'Apollinare e il caso Orlandi, Fazi, 2008. ISBN 978-88-8112-984-3
  • Gaja Cenciarelli. Extra Omnes. L'infinita scomparsa di Emanuela Orlandi. Bologna, Zona Editore, 2006. ISBN 88-89702-17-6.
  • Massimiliano Cesaretti. Ovunque tu sia. Roma, Edizioni Progetto Cultura, 2007. ISBN 978-88-6092-082-9.
  • Vittorio Di Cesare, Sandro Provvisionato. Vaticano rosso sangue. Firenze, Olimpia, 2006. ISBN 978-88-253-0117-5.
  • Gennaro Egidio. La strategia delle ombre. I mille volti del crimine. Milano, Mursia, 1988.
  • Antonio Fortichiari. È viva. La scomparsa di Emanuela Orlandi. Un'inchiesta. Tropea, 2003. ISBN 88-438-0403-0.
  • Ferdinando Imposimato, Vaticano. Un affare di Stato. Le infiltrazioni - L'attentato - Emanuela Orlandi. Koiné, 2003
  • Otello Lupacchini, Max Parisi. Dodici donne un solo assassino. Da Emanuela Orlandi a Simonetta Cesaroni. Koinè Nuove Edizioni, 2006. ISBN 88-87509-71-9.
  • Pino Nicotri. Emanuela Orlandi. La verità. Dai lupi grigi alla banda della Magliana. Baldini Castoldi Dalai, 2008. ISBN 8860734747.
  • Pino Nicotri. Mistero Vaticano. La scomparsa di Emanuela Orlandi. Roma, Kaos edizioni, 2002. ISBN 88-7953-112-3.
  • Raffaella Notariale, Segreto Criminale. La vera storia della banda della Magliana, Newton Compton, 2010. ISBN 978-88-541-2143-0
  • Jacopo Pezzan, Giacomo Brunoro. I Misteri del Vaticano: Il Caso Orlandi. LA CASE, 2011. ISBN 9788890589607.
  • Martin de Wolf, Die Orlandi-Verschwörung, BoD Norderstedt, ISBN 978-3-8370-9641-5

Voci correlate

Collegamenti esterni

Enrico De Pedis - Chi era il Boss Mafioso della Banda della Magliana? Perchè la Santa Sede ha dato sepoltura a questo criminale dentro la chiesa di Sant'Apollinare a Roma?

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Enrico De Pedis, fotografia originale realizzata negli anni '80 per utilizzo su documento di identità
Enrico De Pedis, detto Renatino o Renato (Roma, 15 maggio 1954Roma, 2 febbraio 1990), è stato un criminale italiano, boss dell'organizzazione criminale romana nota come Banda della Magliana.
De Pedis risultava a capo del gruppo dei Testaccini, ruolo che venne favorito dalla prematura scomparsa dei soci Giuseppucci ed Abbruciati, entrambi morti di morte violenta. Si presume che il De Pedis abbia avuto stretti contatti con potenti esponenti delle organizzazioni di criminalità organizzata, in particolare siciliana. Negli ultimi anni di vita intraprese un'attività di reinvestimento di ingenti somme di denaro in affari speculativi, in campo finanziario ed edilizio. Non è quindi escluso che possa esserci un collegamento, tra i capitali investiti, anche con le vicende del crack del Banco Ambrosiano e dello IOR. Nei suoi ultimi anni di vita, tentò probabilmente di affrancarsi dai suoi trascorsi malavitosi, per migrare verso uno stato sociale più consono alle proprie aspirazioni, in ciò favorito dalle ingenti risorse finanziarie di cui disponeva. In questo periodo era solito farsi chiamare "il presidente". Cominciò altresì ad interessarsi di opere d'arte, gioielli ed a frequentare le migliori botteghe antiquarie della capitale. Questa sua passione favorì in un certo senso la preparazione dell'agguato nel quale perse la vita, organizzato con molta probabilità dai superstiti membri dell'ala maglianese. Il suo nome, oltre a molti dei misfatti della Banda, è mediaticamente legato (ma solo per le "confessioni" di una donna che è stata sua amante e che finora non hanno trovato alcun riscontro) alla vicenda di Emanuela Orlandi, la ragazza di cittadinanza vaticana scomparsa nel 1983, il cui caso è stato spesso messo in relazione con il caso Calvi e i rapporti tra Vaticano e Banco Ambrosiano, ma più propriamente con l'attentato a Giovanni Paolo II avvenuto il 13 maggio 1981.

Indice

Scomparsa di Emanuela Orlandi

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Emanuela Orlandi.
Il legame tra Enrico De Pedis e il rapimento di Emanuela Orlandi è oggetto di indagini da parte della magistratura romana addirittura dal 2008, ed è scaturito da una sola dichiarazione, quella di Sabrina Minardi, e una sospetta quanto fragile coincidenza: l'insolita sepoltura di De Pedis, scoperta nel 1997, nella cripta della basilica di Sant'Apollinare a Roma, di proprietà dell'APSA (Amministrazione Patrimonio Sede Apostolica) e gestita pastoralmente dal Vicariato di Roma [1], accanto alla scuola di musica frequentata dalla Orlandi[2].
Nel 2007 un pentito della Banda della Magliana, Antonio Mancini, ritenuto inattendibile da diverse corti di Assise, disse ai magistrati della Procura di Roma che in carcere, all'epoca della scomparsa della quindicenne «Si diceva che la ragazza era robba nostra, l'aveva presa uno dei nostri»[3].
Nel giugno 2008, Sabrina Minardi, ex moglie del calciatore Bruno Giordano e per molti anni amante di De Pedis ha rilasciato alcune dichiarazioni (mai riscontrate, ma, piuttosto, spesso confutate), secondo le quali De Pedis avrebbe eseguito materialmente il sequestro per ordine del monsignor Paul Marcinkus (allora a capo dello IOR)[3]. A detta della Minardi, l'Orlandi fu giustiziata sei, sette mesi dopo e il cadavere sarebbe stato occultato da De Pedis presso Torvajanica in una betoniera, assieme ai resti di un altro giovanissimo ostaggio, Domenico Nicitra, 11 anni, figlio di un ex affiliato della banda della Magliana, il siciliano Salvatore Nicitra. Tuttavia il piccolo Nicitra scomparve solo nell'estate del 1993, tre anni dopo la morte di De Pedis[3]. Le dichiarazioni della Minardi, benché siano state riconosciute dagli inquirenti come incoerenti (anche a causa dell'uso di droga da parte della donna, non solo in passato[3]) hanno nuovamente attirato l'attenzione degli investigatori mesi dopo, a seguito del ritrovamento della BMW che la stessa Minardi ha raccontato di aver utilizzato per il trasporto di Emanuela Orlandi e che risulta appartenuta prima a Flavio Carboni, imprenditore indagato e poi assolto nel processo sulla morte di Roberto Calvi, e successivamente ad uno dei componenti della Banda della Magliana[4].
Nel dicembre 2009, molto tardivamente, due "pentiti" della Banda della Magliana hanno rilasciato dichiarazioni relative al coinvolgimento di De Pedis e di alcuni esponenti vaticani nella vicenda di Emanuela Orlandi. Antonio Mancini ha rivelato il 10 dicembre che il sequestro di Emanuela Orlandi venne gestito da De Pedis «nel quadro di problemi finanziari con il Vaticano»[5]. Maurizio Abbatino, altro collaboratore di giustizia della Banda, ha dichiarato al procuratore aggiunto titolare dell'inchiesta che - a seguito di confidenze raccolte fra i membri della banda - il sequestro e l'uccisione di Emanuela avvennero per opera di De Pedis e dei suoi uomini, nell'ambito di rapporti intrattenuti da lui con alcuni esponenti del Vaticano [6].

Morte di un bandito

De Pedis è stato ucciso in un agguato a Roma in Via del Pellegrino, davanti al numero civico 65 (nei pressi di Campo de' Fiori), mentre era a bordo del suo scooter: la sua uccisione va catalogata come un regolamento di conti tra "ex compari"[7].
De Pedis, infatti, al contrario degli altri appartenenti alla banda, fu uno dei pochi a possedere uno spiccato "spirito imprenditoriale": mentre molti altri sperperavano i propri bottini, egli, così come Ernesto Diotallevi, investiva, anche in attività legali, tali illeciti proventi (in imprese edili, ristoranti, boutique...).[8]
Arrivò al punto di non voler più dividere i proventi delle sue attività coi compari carcerati. Si sentiva sciolto da tale obbligo, in quanto ormai i suoi introiti provenivano in buona parte da attività proprie e non rientravano più nei bottini comuni. Gli altri interpretarono ciò come uno smacco da far pagare caro. Così nel 1989, uscì dal carcere Edoardo Toscano detto "Operaietto" (appartenente alla fazione Magliana, opposta a quella dei testaccini di cui De Pedis era il leader) e si mise sulle sue tracce. De Pedis, però, fu più rapido e fece uccidere Toscano dai suoi killer personali (tali Angelo Cassani detto Ciletto e Libero Angelico, meglio noto negli ambienti malavitosi col soprannome di Rufetto) dopo averlo fatto cadere in una imboscata con un pretesto.[8]
Quando evase successivamente dal carcere Marcello Colafigli, la fazione dei maglianesi iniziò a riorganizzarsi per eliminare De Pedis. L'occasione si presentò quando riuscirono a convincere tale Angelo Angelotti (anch'egli legato in passato alla famigerata banda romana) che già nel 1981, con le sue "soffiate", aveva permesso a Danilo Abbrucciati di uccidere Massimo Barbieri), a fissare un appuntamento con "Renatino". Cosa che avvenne il 2 febbraio 1990 in via del Pellegrino. Appena finita la conversazione con l'Angelotti, il De Pedis salì sul suo motorino Honda Vision e si avviò, ma venne affiancato da una potente motocicletta con a bordo due killer versiliesi, assoldati per l'occasione, che gli spararono un solo colpo alle spalle, Dante Del Santo detto "il cinghiale" e Alessio Gozzani, il quale però negli ultimi anni sembra sia stato scagionato dall'accusa di essere quel giorno alla guida della moto, condotta forse da Antonio D'Inzillo deceduto poi da latitante in Sud Africa nel 2008. Nei pressi erano appostati, su almeno due autovetture, diversi membri della banda, con funzione di copertura e supporto.
In base alle parole riferite dal Pm Andrea De Gasperis alla giornalista Raffaella Notariale, i killer di De Pedis erano stati seguiti sin dai primi passi della preparazione del delitto. Viene ritrovato un rapporto dell'alto commissariato per il coordinamento alla lotta contro la delinquenza mafiosa dove viene raccontato tutto l'attentato, dalla preparazione, alla città in cui si rifugiano dopo aver portato a termine l'omicidio ed anche alla loro cattura all'estero. Questo rapporto permette di mettere in piedi il processo agli assassini del De Pedis. Eppure chi stilò quel rapporto non mosse un dito. Si è sempre parlato di questo omicidio come una vendetta, di una faccenda di malavita romana. Ma resta comunque il sospetto che qualche agente dei servizi segreti deviati ci abbia messo del suo per sobillare i killer e far fuori lo scomodissimo Renatino, divenuto troppo potente e troppo informato.[9].

La sepoltura di De Pedis


« Nel carcere mai ho domandato a nessuno perché era là o che cosa aveva fatto. Tra le centinaia di persone incontrate dei più diversi stati sociali, parlavamo di cose religiose o di attualità; Enrico De Pedis veniva come tutti gli altri, e fuori dal carcere, ci siamo visti più volte: normalmente nella chiesa di cui ero rettore, sapendo i miei orari e altre volte fuori, per caso. Mai ho veduto o saputo nulla dei suoi rapporti con gli altri, tranne la conoscenza dei suoi familiari. Aveva il passaporto per poter andare liberamente all'estero. Mi ha aiutato molto per preparare le mense che organizzavo per i poveri. Quando seppi dalla televisione della sua morte in Via del Pellegrino, ne restai meravigliato e dispiaciuto. »

(Monsignor Piero Vergari[10])

« Ecco, magari non era proprio un benefattore per tutti. Ma per Sant'Apollinare sì »

Enrico De Pedis ha ricevuto una sepoltura del tutto inusuale per un comune cittadino, che risulta ancora più sorprendente trattandosi di un criminale della sua caratura: la sua tomba infatti si trova all'interno della cripta della basilica di Sant'Apollinare a Roma, nel rione Ponte, tra Piazza Navona e Palazzo Altemps, attualmente di proprietà dell'Opus Dei; solo alla moglie viene consentito l'accesso.
Il 6 marzo 1990, a soli 32 giorni dalla morte, il rettore della basilica, monsignor Piero Vergari, attestò con una lettera lo status di grande benefattore di De Pedis: «Si attesta che il signor Enrico De Pedis nato in Roma - Trastevere il 15/05/1954 e deceduto in Roma il 2/2/1990, è stato un grande benefattore dei poveri che frequentano la basilica ed ha aiutato concretamente a tante iniziative di bene che sono state patrocinate in questi ultimi tempi, sia di carattere religioso che sociale. Ha dato particolari contributi per aiutare i giovani, interessandosi in particolare per la loro formazione cristiana e umana».[12][13]
Dopo 4 giorni l'allora Vicario della diocesi di Roma, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Ugo Poletti, rilasciava il nulla osta alla sepoltura di De Pedis all'interno della basilica di Sant'Apollinare. Il 24 aprile la salma di De Pedis venne tumulata e le chiavi del cancello vennero consegnate alla vedova, Carla De Pedis.
Tale sepoltura potrebbe contrastare addirittura con il Diritto canonico, che sancisce che "Non si seppelliscano cadaveri nelle chiese, eccetto che si tratti di seppellire il Romano Pontefice oppure, nella propria chiesa, i Cardinali o i Vescovi diocesani anche emeriti." (Can. 1242)[14]. In assenza di pronuciamenti ufficiali in merito, dal vicariato si è solo detto che è comprensibile che essa generi perplessità ma che non si ritiene opportuna una estumulazione[15]. Pare comunque strano che entrambi i soggetti coinvolti nella decisione di tumulare De Pedis nella cripta ignorassero questa norma o che conoscendola abbiano deciso entrambi di violarla consapevolmente.
Il 9 luglio 1997, la giornalista Antonella Stocco scrisse su "Il Messaggero" della strana sepoltura riservata a Enrico De Pedis, che suscitò vive polemiche e persino un'interrogazione in Parlamento. A seguito di tale articolo venne preclusa al pubblico la discesa dei gradini che conducono alla cripta. Già in precedenza il giudice Andrea De Gasperis aveva dato incarico alla DIA di indagare su tale inusuale sepoltura.[16]
Nel luglio del 2005 il caso venne collegato alla vicenda di Emanuela Orlandi, quando alla redazione del programma televisivo Chi l'ha visto?, in onda su Rai 3, arrivò una chiamata anonima che diceva: «Riguardo al fatto di Emanuela Orlandi, per trovare la soluzione del caso, andate a vedere chi è sepolto nella cripta della Basilica di Sant'Apollinare, e del favore che Renatino fece al cardinal Poletti, all'epoca, e chiedete al barista di via Montebello, che pure la figlia stava con lei..». Partendo da questa telefonata, la giornalista Raffaella Notariale riuscì a trovare le fotografie della tomba e i documenti originali che autorizzavano lo spostamento dei resti di De Pedis dal cimitero del Verano, a Roma, alla cripta della basilica di Sant'Apollinare, firmati dal Cardinale Ugo Poletti e da monsignor Piero Vergari. Dopo questa telefonata, alla redazione della trasmissione Chi l'ha visto? è stato recapitato un biglietto anonimo con su scritto: "Lasciate in pace Renatino". Fino al 14 maggio 2012, malgrado proteste e reclami per tale insolita sepoltura si siano levati da più parti, la salma di De Pedis risultava ancora tumulata nella basilica di Sant'Apollinare, attualmente di proprietà della prelatura dell'Opus Dei. Il 4 luglio 2010, il Vicariato di Roma ha affidato un comunicato stampa alla redazione della trasmissione RAI Chi l'ha visto?, che l'ha diffuso attraverso il proprio sito web, nel quale si afferma che «in relazione alla vicenda riguardante la tumulazione del Signor Enrico De Pedis nelle camere mortuarie della Chiesa di Sant'Apollinare, avvenuta nel 1990, il Vicariato di Roma comunica: Nulla osta da parte dell'Autoritá ecclesiastica che, su richiesta dell'Autoritá giudiziaria italiana competente, la tomba del Signor De Pedis possa essere ispezionata. Nulla osta a che, su richiesta dell'Autoritá giudiziaria italiana competente o della famiglia del signor De Pedis, la salma possa essere traslata altrove».[17]

Apertura della tomba e della tripla bara

Il 14 maggio 2012, su disposizione dell'Autoritá giudiziaria italiana, si procede all'apertura del sarcofago di marmo contenente la bara di De Pedis, nella cripta della Chiesa di Sant'Apollinare. I primi accertamenti seguiti all'apertura della bara evidenziano la presenza del corpo di un uomo corrispondente a quello di Enrico De Pedis.[18][19] Nei pressi della sepoltura sono stati ritrovati altri resti ossei, probabilmente risalenti a 200 o 300 anni fa. La bara si mostra essere una tripla bara costituita da un contenitore di rame contenente la salma, deposta a sua volta in un feretro di zinco e questo nella tradizionale cassa lignea. All'altezza del volto è presente un oblò, in modo da rendere agevole la visione della salma.[20]

Nella cultura popolare

Enrico De Pedis ha ispirato il personaggio del Dandi, uno dei protagonisti del libro Romanzo criminale, scritto dal giudice Giancarlo De Cataldo e ispirato alla vera storia della Banda della Magliana.
Il personaggio del Dandi è presente anche nell'omonimo film del 2005 diretto da Michele Placido, interpretato da Claudio Santamaria, e nella serie televisiva del 2008, interpretato da Alessandro Roja.
Il cantautore Alessandro Raina ha composto un brano dal titolo De Pedis contenuto nel disco I Moralisti degli Amor Fou pubblicato dalla EMI nel 2010.

Note

  1. ^ Scheda sulla Basilica di Sant'Apollinare
  2. ^ Scheda su Enrico De Pedis sul sito di Chi l'ha visto?
  3. ^ a b c d Marino Bisso, Giovanni Gagliardi. «Caso Orlandi, parla la superteste "Rapita per ordine di Marcinkus"». Repubblica.it, 23 06 2008. URL consultato in data 17-06-2010.
  4. ^ «Sequestro Orlandi, ecco l’auto». Parcheggiata da 13 anni, articolo da "Il Corriere della Sera" del 14 agosto 2008
  5. ^ Lavinia Di Gianvito. «Un pentito della Magliana rilancia la pista del Vaticano». Corriere della Sera, 10 12 2009. URL consultato in data 17-06-2010.
  6. ^ ««È stato Renatino a rapire la Orlandi»». Corriere della Sera, 28 12 2009. URL consultato in data 17-06-2010.
  7. ^ Martirano Dino. «Alla sbarra i killer di "Renatino" Cinque anni fa la spietata esecuzione di via del Pellegrino, voluta dai boss della Magliana». Corriere.it, 9 3 1995. URL consultato in data 11-05-2009.
  8. ^ a b Valentina Errante e Cristina Mangani. «Il boss e la bella tra aerei privati, feste e cocaina». Il Messaggero.it. URL consultato in data 11-05-2009.
  9. ^ Vittorio Savino. «2 febbraio 90: ucciso De Pedis, boss della Magliana poi sepolto come un Papa». Cronaca, 02 02 2009. URL consultato in data 11-05-2009.
  10. ^ Attività pastorale di Vergari Mons. Piero. URL consultato il 06-03-2010.
  11. ^ Andrea Garibaldi. Andreotti: il boss nella cripta? Spostarlo non sarebbe rispettoso. corriere.it, 24 settembre 2005. URL consultato il 2009.07.01.
  12. ^ cristianesimo.it. A proposito della scomparsa di Emanuela Orlandi. URL consultato il 14-01-2012.
  13. ^ Chi l'ha visto?. [Enrico De Pedis Misteri - Enrico De Pedis]. URL consultato il 14-01-2012.
  14. ^ Curia romana. Codice di Diritto Canonico - LIBRO QUARTO LA FUNZIONE DI SANTIFICARE DELLA CHIESA - PARTE TERZA I LUOGHI E I TEMPI SACRI - TITOLO I I LUOGHI SACRI (Cann. 1205 – 1243) - CAPITOLO V I CIMITERI. URL consultato il 09-07-2008.
  15. ^ "Vicariato di Roma: i resti del capo della Banda della Magliana non saranno spostati" su mondoacolori.org del 04/10/2005 − archivio900.it
  16. ^ Andrea Garibaldi. Archivio '900: I nuovi misteri sul boss nella cripta da cardinale. URL consultato il 09-07-2008. Basato su un articolo del Corriere della Sera del 12/09/2005
  17. ^ Chi l'ha visto?. «Il Vicariato a "Chi l'ha visto?": Nulla osta all'ispezione della tomba e alla traslazione della salma di De Pedis». URL consultato in data 05-07-2010.
  18. ^ Redazione Roma Online. «Sant'Apollinare, il corpo è di De Pedis «Trovati anche altri resti nella cripta»». Corriere della Sera, 14 maggio 2012. URL consultato in data 14 maggio 2012.
  19. ^ Laura Bogliolo. «Caso Orlandi, aperta tomba di De Pedis La salma è quella del boss». Il Messaggero, 14 maggio 2012. URL consultato in data 14 maggio 2012.
  20. ^ Fabrizio Peronaci. «Lunedì si sposta la «tripla bara» di De Pedis». Corriere della Sera, 13 maggio 2012. URL consultato in data 14 maggio 2012.

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ITALIA-CINA

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