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19 MARZO FESTA DEL PAPÀ ❤️ AUGURI A TUTTI I BABBI, PADRI, PAPÀ DEL MONDO!

#19marzofestadelpapà: anche i papà e i babbi più deboli e fragili, per i propri figli sono EROI! Buona #festadelpapà a tutti i...

domenica 30 settembre 2012

Finalmente è uscita una scomoda verità che comunque già sapevamo tutti: Gheddafi è stato ucciso da uno 007 Francese e non dai ribelli Libici così come il Governo Francese di Nicolas Sarkozy voleva far credere a tutto il Mondo...il Leader Libico celava molti segreti politici della "Guerra Fredda" e con i suoi 41 anni passati al Governo di Tripoli sapeva abbastanza per far si che l'Occidente desse l'ordine di eliminarlo fisicamente; inoltre nel 2007 contribuì a finanziare la campagna elettorale proprio del Presidente Francese Nicolas Sarkozy! La "Guerra Sporca" contro Gheddafi è stata fomentata e ampiamente voluta dalla Francia in primis, dagli USA e dall'Europa poi, non solo per il petrolio, ma anche per "spazzare via" definitivamente uno degli ultimi personaggi politici piu' longevi dal post-Guerra Fredda in po, un personaggio "scomodo" per tutte le decadenti e corrotte Democrazie Occidentali!

Ma quali ribelli! Gheddafi fu ucciso da un agente segreto francese. Il mito della primavera araba, il ruolo di Assad e il fantasma di Musa Sadr... 
La rivolta libica non è mai esistita. Parigi sognava un'operazione stile Suez 1956, ma i "ribelli" hanno messo nel sacco gli stessi francesi. Il risultato è la morte di Chris Stevens e la trasformazione della Libia in una Somalia Mediterranea. Lo squallido patto mafioso tra Nicolas Sarkozy e Assad. Trentatre anni dopo la vendetta è stata fatta!

MISURATA - (LIBIA) - Una mano straniera dietro la morte di Gheddafi. A sparare il colpo di pistola alla testa che avrebbe ucciso il Colonnello lo scorso 20 ottobre dell’anno scorso alla periferia di Sirte sarebbero stati i servizi inviati da Parigi e non le brigate rivoluzionarie libiche. Lo rende noto il giornalista del Corriere della Sera Lorenzo Cremonesi che riporta l’intervista a Mahmoud Jibril, ex premier del governo transitorio. Il leader libico intervistato due giorni fa dall’emittente egiziana “Sogno Tv” al Cairo ha così rilanciato la versione del complotto ordito da un servizio segreto estero. Sul perchè la pista più battuta sia quella francesce è facile dirlo. Gheddafi aveva minacciato di rivelare particolari sulle relazioni tra la Libia e l’allora presidente francese Sarkozy, il principale sostenitore dell’intervento Nato in Libia. Sarebbero stati rivelati i finanziamenti utili per la candidatura a presidente nel 2007. Un motivo che avrebbe spinto gli 007 francesi a intervenire per eliminarlo. I servizi di Parigi ottennero informazioni utili dal governo siriano. Stando a quello che riferisce Cremonesi sarebbe stato lo stesso rais Assad a rivelare il numero del satellitare di Gheddafi. Una mossa del dittatore di Damasco per strappare alla Francia la promessa di alleggerire la pressione sulla Siria.

DAMASCO - (SIRIA) - Assassinare Muhammar Gheddafi, per evitare che – una volta catturato – potesse svelare dettagli imbarazzanti sul sostegno libico nell’elezione di Nicolas Sarkozy. A sparare il colpo di pistola che ha ucciso Gheddafi il 20 ottobre 2011 alle porte della sua roccaforte, Sirte, sarebbe stato un agente straniero francese, aiutato dai siriani in cambio dell’alleggerimento delle pressioni internazionali su Damasco. Il dubbio che la morte del colonnello non sia avvenuta per mano di un guerrigliero locale, ma per l’intervento diretto di un commando-killer della Nato circola da tempo, in Libia. La conferma viene ora da uno dei politici-chiave del cambio di regime in Libia, Mahmoud Jibril, già a capo del Cnt, il Consiglio Nazionale di Transizione. Riprendendo l’intervista di Jibril, rilasciata il 29 settembre 2012 al Cairo, il “Corriere della Sera” riporta nuovi particolari che confermano in parte quanto rivelato appena pochi giorni dopo la morte di Gheddafi da un altro quotidiano italiano, “Il Giornale”.
Gheddafi poco prima della brutale esecuzioneMahmoud JibrilA Lorenzo Cremonesi, inviato del “Corriere” a Tripoli, l’ex responsabile libico per i rapporti con le agenzie di informazioni straniere, Rami El Obeidi, racconta che dietro la localizzazione del raìs, in fuga da settimane, ci sarebbe addirittura il presidente siriano Bashar Assad. Sarebbe infatti stato il numero uno di Damasco, secondo la fonte libica, a fornire agli 007 francesi il numero del telefono satellitare “Iridium” di Gheddafi per l’intercettazione del segnale e la localizzazione del fuggiasco. In cambio della “cooperazione”, sempre secondo El Obeidi, la Francia avrebbe promesso di limitare le pressioni sul regime di Assad impegnato nella repressione della rivolta siriana, degenerata in guerra civile e assistita da forze arabe e occidentali con l’appoggio della Turchia. La Francia, scrive il “Giornale”, era stata uno dei pochi paesi ad aver dichiarato apertamente la possibilità di un intervento militare in Siria, motivato con la necessità di assicurare zone franche ai civili.
Sempre sul “Giornale”, già il 23 ottobre 2011 Fausto Biloslavo rivelava una pista siriana: «La fine di Gheddafi forse è arrivata con una telefonata a Damasco, dal suo apparecchio satellitare, intercettato dalla Nato a Sirte». Un anno dopo, torna l’ombra di un intervento francese: ne parla anche il “Corriere”, citando ambienti diplomatici internazionali. Nella ricostruzione degli ultimi minuti di vita del Colonnello, compaiono «due caccia francesi» che avrebbero colpito per primi il convoglio su cui viaggiava Gheddafi, obbligando il raìs e i suoi compagni a trovare rifugio nei tubi di cemento in cui saranno poi stanati da un primo gruppo di insorti. Soltanto dopo sarebbe intervenuto un secondo gruppo, un commando di professionisti. L’impressione, racconta una fonte libica, è che il commando incaricato di assassinare Gheddafi «sapesse esattamente cosa fare e avesse ordini precisi di eliminare i prigionieri».

La polizia Spagnola malmena il "barista eroe" di Madrid: IO PROPONGO DI REVOCARE SUBITO IL PREMIO NOBEL PER LA PACE A BARACK OBAMA ED A MICHAIL GORBACIOV: RESTITUIRE QUESTI DUE PREMI NOBEL AL BARISTA SPAGNOLO MALMENATO DALLA POLIZIA NEL SUO BAR, NELLA SUA PROPRIETA' PRIVATA, NEL SUO LUOGO DI LAVORO DA LIBERO PROFESSIONISTA!!! SOLO PERCHE' DISARMATO, HA DATO RIPARO AI GIOVANI DISOCCUPATI SPAGNOLI DISARMATI PER NON FARLI MASSACRARE A MANGANELLATE! ALLA FINE LE MANGANELLATE LE HA PRESE LUI, PER DIFENDERE IL LAVORO E LA DIGNITA' UMANE! EUROPA VIGLIACCA: VERGOGNA!!!

Una immagine veramente VERGOGNOSA: il "barista eroe" di Madrid che aveva offerto riparo ai giovani indignados inermi per evitare che fossero pestati dalla Polizia, è stato gonfiato di botte.
I poliziotti spagnoli si sono  vigliaccamente"vendicati!" Di seguito le immagini del barista eroe che hanno fatto il giro del mondo, dando una lezione di DIGNITA', CORAGGIO E UMANITA' a tutti noi:
Al barista EROE di Madrid porgiamo tutta la nostra solidarietà, ed invitiamo chiunque si trovi o si rechi a Madrid a recarsi da lui per ringraziarlo: di avere difeso quei ragazzi evidentemente inermi (vedi foto: certo non sono "black block" o facinorosi) ma anche per la LEZIONE DI DIGNITA' che ci ha impartito... GRAZIE. In un mondo di egoismo, indifferenza, squallore, questo barista ci ha dato una GRANDISSIMA lezione, grazie ancora...

Vietato dire: "Maometto pedofilo!" Ma in Nord-Africa, dopo le "Primavere Arabe" sponsorizzate dall'Occidente, vogliono far sposare le bimbe! Proprio in Egitto vogliono riportare l'età legale per il matrimonio ad appena nove anni...

Foto
Egitto - (Nord-Africa) - Mentre un filmato di 13 minuti su YouTube in cui si dipinge Maometto come pedofilo scatena le manifestazioni violente in tutto l’islam, un deputato della Assemblea costituente egiziana va in tv e come se niente fosse butta là la proposta di consentire di nuovo i matrimoni alle bambine dai 9 anni di età. Con una scelta di tempi discutibile (per tacere dei contenuti), Muhammad Saad Al Azhari, membro islamista dell’Assemblea Costituente egiziana, ha fatto sapere che il limite per l’età del matrimonio dovrebbe essere abbassato, consentendo agli uomini di sposare anche le bambine.Il deputato dice di fare la proposta in questione pensando al bene delle bambine: «il matrimonio è un diritto delle ragazze», fin dal compimento del nono anno, ben inteso: se hanno già raggiunto la pubertà (le arabe sono precoci...). Al Azhari, intervenendo telefonicamente in un programma televisivo serale, ha sostenuto che la Costituzione egiziana dovrebbe prendere in considerazione le «specificità egiziane», per esempio il fatto che i beduini del Sinai sposano ragazze molto giovani. Ogni tentativo di cambiare abitudini radicate da migliaia di anni è, secondo il deputato, «un discorso illogico», votato al fallimento. Ogni civiltà insomma ha le sue proprie particolarità.
Al Azhari ha aggiunto che, in Occidente, le relazioni sessuali complete sono consentite fin dall’età di quattordici anni e sono anche studiate nelle scuole. Solo che, nella versione musulmana, il sesso sarebbe consentito anche (se non solo) con uomini maturi.
Una posizione aberrante che, per fortuna, ha suscitato qualche reazione indignata qua e là; come quella di Mustafa Al Najjar, attivista politico e parlamentare nella precedente legislatura, il quale ha replicato duramente, affermando che le proposte di «alcuni salafiti» è «un salto all’indietro, disumano, un insulto per le donne egiziane e una violazione di tutte le norme sui diritti umani».
In Arabia Saudita però la possibilità è già reale. Grazie a una fatwa del Mufti Supremo dell’Arabia Saudita, emessa a maggio, è diventato perfettamente legale che bambine di almeno 10 anni si sposino con uomini. Secondo le Nazioni Unite nel mondo musulmano ci sono 60 milioni di “spose bambine”, la cui età è inferiore ai 13 anni. Il marito è sempre un uomo molto più anziano, mai incontrato prima, spesso un parente
L’organizzazione americana International Center for Research on Women (Icrw) ha compilato una “classifica” dei venti paesi in cui i matrimoni di minorenni sono più diffusi: il Niger è al primo posto, seguito da Ciad, Bangladesh, Mali, Guinea, Repubblica Centrafricana, Nepal, Mozambico, Uganda, Burkina Faso, India, Etiopia, Liberia, Yemen, Camerun, Eritrea, Malawi, Nicaragua, Nigeria, Zambia.

sabato 29 settembre 2012

La Siria non si arrende, l'esercito di Assad ha sferrato un duro colpo ad Al Qaeda! Scandalosamente e incredibilmente, c'è stato il panico a Washington...

Washington - (USA) -  Tutti i siti cospirazionisti ormai hanno la notizia. La prendiamo dal Réseau Voltaire: 
«Anche se non annunciata dalle autorità saudite, la morte del principe Bandar bin Sultan bin Abdulaziz al-Saud è stata confermata in via ufficiosa al Réseau Voltaire. Il principe Bandar era stato nominato capo dei servizi segreti sauditi il 24 luglio. Una promozione interpretata come ricompensa per aver organizzato l’attentato del 18 luglio a Damasco.
I servizi sauditi, con il sostegno logistico della CIA, erano riusciti a far saltare in aria il quartier generale della sicurezza nazionale siriana durante una riunione della cellula di crisi: i generali, Assef Shawkat Daoud Rajha e Hassan Turkmani morirono nell’esplosione.
Il generale Hisham Ikhtiar moriva poco dopo, per le ferite. Questa operazione, denominata ‘Vulcano di Damasco’, aveva dato il segnale di attacco alla capitale a un esercito di mercenari, in gran parte provenienti dalla Giordania.
Il principe Bandar è stato lui stesso vittima di un attentato dinamitardo il 26 luglio, come hanno annunciato i media yemeniti. Sarebbe deceduto per le ferite.
Personalità brillante e cinica, il principe Bandar aveva 63 anni.
Era figlio del principe Sultan (l’inamovibile ministro della Difesa dal 1963, fino alla morte nel 2011) e di una schiava. Confidente di re Fahd, è stato ambasciatore a Washington durante il suo regno (1983-2005). Si era poi legato a George H. Bush (allora vicepresidente degli Stati Uniti) ed era diventato per lui un ‘figlio adottivo’, ragione per cui la stampa statunitense l’aveva soprannominato ‘Bandar Bush’.Un vero genio delle operazioni segrete, ha organizzato la vendita di armi al-Yamamah, riuscendo a intascare oltre un miliardo di sterline, secondo fonti ufficiali inglesi. Ha poi usato questo colpo di fortuna, e molti altri, per finanziare le attività dei gruppi jihadisti di tutto il mondo, tra cui al-Qaeda.
All’inizio del 2010, il principe Bandar aveva tentato di rovesciare re Abdullah per sostituirlo con suo padre Sultan. Il complotto fallì e fu bandito dal regno, ma col declino della salute del monarca, riuscì a tornare in Arabia Saudita l’anno dopo.
Dopo la morte del principe Sultan, era diventato il leader de facto della casa dei Sudeiri, il clan di falchi nella famiglia reale.La sua morte è un grave colpo per l’intero sistema occidentale delle operazioni segrete nel mondo musulmano.
Alla Siria sarebbe bastata solo una settimana per avviare questa spettacolare operazione di rappresaglia».
Bandar era l’uomo chiave della corte saudita, il trait-d’union con il potere americano, era soprattutto il vero fondatore e finanziatore di «Al Qaeda nel mondo», quella che sta servendo così egregiamente l’imperialismo americano nel mondo islamico.
Sicuramente è stato lui il mandante dell’attentato che, il 18 luglio, ha decimato la Direzione della Sicurezza siriana nel cuore di Damasco. È lui l’organizzatore dei «ribelli siriani» armatissimi che vogliono abbattere il potere degli Assad in Siria. Della sua morte in questo attentato parlano Russia Today, parla l’iraniana Press TV.
Ne parla il sito libanese Middle East Strategic Perspective (per tentare di negarne la morte), ne parla l’israeliano DEBKA Files, attribuendo l’attentato ai servizi iraniani (il chiodo fisso sionista).
La cosa più sensazionale è che non ne parlano i media arabi sauditi. Passano le ore, e da Ryad, sulla morte del principe «figlio adottivo di Bush», non viene nè una smentita nè una conferma.
Questo silenzio, come nota giustamente DEBKA, «significa che il panico ha invaso la Corte saudita». Questi principi miliardari, con centinaia di miliardi di dollari al sicuro nei paradisi fiscali, credevano di poter impunemente portare morte e distruzione, coi loro jihadisti, all’interno della Siria, si sentivano al sicuro, senza alcun pericolo personale. Ora si accorgono di poter essere colpiti sanguinosamente nel loro guardatissimo centro di potere, e hanno paura. Una paura folle. E poi: se l’attentato all’uomo-chiave fosse una congiura di palazzo? Una frattura nella compagine dei prìncipi sauditi stessi? Sicuramente in queste ore si sta cercando di capirlo a Ryad, nel panico e nell’angoscia.Ma ancor più clamoroso, se possibile, il silenzio di Washington.
Passano le ore, passano i giorni, e il Dipartimento di Stato tace sulla morte di Bandar. Tacciono i «grandi» giornali americani. Salvo errore, tace persino la BBC, leggendaria per essere sempre sulla notizia.
È una botta per Al Qaeda, e l’America è in guerra con Al Qaeda; dovrebbe esultare. Oppure no?Il sito Washington’s Blog evoca sardonico il 1984 di Orwell. Nel romanzo, la dittatura di Oceania è in guerra da innumerevoli anni con Eurasia. Di colpo, il regime di Oceania cambia alleanza: si allea con Eurasia, e insieme lottano in una guerra perpetua con Estasia. Lo Stato di Estasia diventa il mortale nemico.
E la propaganda del regime convince il popolo che «Siamo sempre stati in guerra con Estasia»; ovviamente la popolazione, istupidita dalla propaganda del Grande Fratello, si mette ad inveire contro Estasia e ad applaudire il nuovo alleato Eurasia.«Siamo sempre stati in guerra con Estasia».
Gli americani sono pregati di dimenticare – e dimenticano subito, grazie a CNN e Fox News, al Washington Post e al New York Times – che ufficialmente erano da decenni in guerra con Al Qaeda su tutti i fronti possibili e immaginabili, perchè Al Qaeda appare dovunque, in Somalia, in –Nordafrica, in Iraq, in Siria, in Libano. Solo che stavolta, Al Qaeda combatte contro il regime laico di Assad in Siria, e l’Occidente dà una mano ai ribelli, ossia ad Al Qaeda.
Già in Libia, l’alleanza fra Al Qaeda (Bandar bin Sultan) e gli occidentali è apparsa evidente. Oggi «Al Qaeda» controlla la Libia, e manda combattenti in Siria, che commettono atrocità contro la popolazione civile.È un’alleanza antica.
Zbigniew Brzezinski, che fu il consigliere di Sicurezza Nazionale di Jimmy Carter, ha raccontato come l’America creò, sostenne e finanziò Bin Laden e gli altri fondatori di Al Qaeda per combattere i sovietici in Afghanistan.
Lo stesso Brzezinski ha raccontato, in una audizione al Senato USA del 2007, che «la guerra al terrore islamico» (Al Qaeda) è «un mito storico, una narrativa».(SFRC Testimony - Zbigniew Brzezinski, February 1, 2007)
Al Qaeda servì agli USA per prendere piede in Bosnia ed addestrarvi terroristi jihadisti contro la Serbia.
Varie testimonianze, fra cui quelle di commandos francesi che erano giunti a tiro di Bin Laden in Afghanistan, hanno testimoniato che i comandi americani lo lasciarono fuggire deliberatamente, per aver la scusa di continuare la «lunga lotta al terrore». (Afghan article says US Bin-Ladin hunt phoney).
Le Figaro rivelò che il capostazione della CIA nella zona aveva fatto visita e colloquiato con Bin Laden in una clinica di Dubai due mesi prima dell’11 settembre. (CIA agent alleged to have met Bin Laden in July)
Eccetera, eccetera. Ma «Siamo sempre stati in guerra con Estasia».
Solo che il silenzio e lo sgomento di Washington per la morte del principe Bandar svela che qualcosa s’è rotto nella «narrativa».

Vladimir Zirinovsky: "Se ogni combattente Ceceno avesse avuto una donna al suo fianco, non ci sarebbe mai stata la guerra in Cecenia!" Ergo: le guerre spesso sono lo specchio delle frustrazioni sessuali estremizzate dell'uomo, e comunque questa frase pronunciata in una delle sue tante passate interviste al vetriolo di quasi 20 anni fa, ha attualizzato il vecchio detto: "Fate l'amore e non la guerra!" Dunque anche oggi il grande Vladimir Zirinovsky avrebbe ragione su tutte le guerre sporche che si combattono nel Mondo, soprattutto di quelle che si combattono in Africa, Nord-Africa, Asia Centrale e in Medio-Oriente...

Partito Liberal-Democratico di Russia

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Partito Liberal-Democratico di Russia
(RU) Либерально-Демократическая Партия России (ЛДПР)
Liberal'no-Demokratičeskaja Partija Rossii (LDPR)
Leader Vladimir Zhirinovsky

Stato Bandiera della Russia Russia
Fondazione 1989
Sede Mosca

Ideologia Nazionalismo,[1]
Populismo di destra,[1]
Euroscetticismo,
Anti-globalismo,
Conservatorismo sociale,
Conservatorismo liberale
Collocazione Estrema destra
Seggi Duma
56 / 450
 (2011)

Colori blu e oro
Il Partito Liberal-Democratico di Russia (in russo Либерально-Демократическая Партия России, Liberal'no-Demokratičeskaja Partija Rossii, LDPR) è un partito politico russo, fondato nel 1989 con il nome di Partito Liberal-Democratico dell'Unione Sovietica, che si ispira al nazionalismo e al populismo di destra.[1]
È stato guidato sin dalla sua fondazione da Vladimir Zhirinovsky.
Alle elezioni del 1993 LDPR, puntando su programma nazionalista, ottenne il 22,9% dei voti ed elesse 64 deputati su 450. Nel 1995, LDPR scese all'11, 2%, eleggendo comunque 54 deputati, a causa del buon risultato della neonata "la Russia è la Nostra Casa", che raccolse consensi nello stesso elettorato di LDPR. Nel 1999 LDPR, dimezzò ancora i propri voti (6%) ed ottenne appena 17 seggi. Le elezioni del 2003 videro il ritorno di LDPR all'11,5% dei suffragi ed a 37 seggi. Il buon risultato fu dovuto al fatto che sia LDPR, che il Partito Comunista della Federazione Russa vennero considerati dagli elettori l'unica alternativa al partito del presidente Vladimir Putin, Russia Unita.
Alle elezioni politiche del 2007, LDPR è sceso all'8,1% dei consensi. Ciò nonostante i liberal-nazionalisti hanno ottenuto 40 seggi, 3 in più rispetto al 2003. Ciò è dovuto all'introduzione del nuovo sistema elettorale interamente proporzionale, che eliminando la quota maggioritaria ed elevando lo sbarramento al 7%, ha impedito l'accesso alla Duma ai partiti minori (Partito Agrario di Russia, Jabloko, Unione delle Forze di Destra) ed agli indipendenti, ben 71 nella Duma precedente.

Ideologia

LDPR si autodefinisce come un movimento centrista e riformista. Il nome Liberal-Democratico, infatti, nacque per distinguersi dai partiti filo-europei, liberisti di Unione delle Forze di Destra e socio-liberali di Jabloko, e dai comunisti del Partito Comunista della Federazione Russa.
Più propriamente però, LDPR va considerato come un partito della destra populista, con tendenze nazionaliste, ostile sia al comunismo dell'era sovietica sia al capitalismo selvaggio degli anni novanta.[1]
Il programma di PDPR si schiera su posizioni sia stataliste sia liberiste, esprimendo interesse anche per progetti di carattere nazionalista come la riunificazione della Russia con alcune ex repubbliche sovietiche. È a favore dell'iniziativa privata in economia, ma con un ruolo dirigista da parte dello Stato.
Nello specifico i principali punti d'azione programmatica di LDPR sono:
  • La riunificazione di alcune delle ex-repubbliche sovietiche in un stato unitario, con una forte presidenza, ed una sola lingua ufficiale (il russo);
  • Il consolidamento della riforma del sistema giudiziario;
  • La pena capitale per i condannati per terrorismo, omicidio premeditato ed altri gravi reati;
  • L'abolizione delle religioni "non-tradizionali" e delle sette religiose;
  • La statalizzazione delle risorse di settori strategici dell'economia, in particolare per le quelle naturali, l'alcool, tabacco, e agricoltura;
  • Meno tasse per i produttori nazionali;
  • Il diritto al lavoro e agli utili dell'impresa;
  • Radicale riforma del sistema di assicurazioni sociali;
  • Sostegno statale per la scienza, le tecnologie e l'agricoltura intensiva;
  • L'abolizione di corruzione del governo;
  • Sovranità economica russa / protezionismo;
  • Il controllo di tutti i terreni agricoli da parte dello Stato.

Note

  1. ^ a b c d (EN) Parties and elections - Russia. URL consultato in data 11 giugno 2012.

sabato 22 settembre 2012

Kate Middleton nuda: ecco le foto...io appoggio la Principessa Inglese, violata scandalosamente nella sua privacy dai media Europei bigottoni e ipocriti, che pensano solo al loro profitto calpestando sentimenti, umanità, ideali e vita privata di qualsiasi personaggio famoso gli capiti a tiro! Festeggiamo la Principessa piu' bella del Mondo, un vero monumento vivente alla Dea Venere della bellezza! Kate Middleton naked: here are the pictures ... I support the English Princess, scandalously violated his privacy by the media bigottoni and hypocrites! Celebrating the Princess most 'beautiful of the world, a true living monument to the goddess Venus of beauty!





ROMA - Da questa mattina web in tilt per i fans della principessa Kate, o semplicemente per i gossippari e i guardoni. E' infatti il giorno della pubblicazione su una rivista danese di altre foto, ancora più hard rispetto al castigato topless che ha creato un caso planetario e fatto infuriare Buckingham Palace a colpi di querele.
La rivista "Se og Hor" ha pubblicato non solo le ormai note foto della duchessa in topless, ma anche alcuni scatti (opportunamente pixelati) che la ritraggono senza slip. Immagini finora lasciate nel cassetto e che attireranno sicuramente le ire di Buckingham Palace.
Kate Middleton appare senza slip, mentre si cambia il costume, sulla terrazza del castello della Provenza in cui stava trascorrendo qualche giorno di vacanza assieme al principe William. Secondo il Sun, lo scatto piu' "intimo" di Kate sarà proprio quello in cui viene ripresa da davanti completamente nuda.
Il direttore della rivista danese Henningsen non si limita a sfidare la Corona pubblicando le foto proibite, poche ore dopo la decisione dei giudici di Parigi di vietare alla rivista Closer la cessione a terzi delle immagini. «Avrebbe pubblicato le immagini a seno nudo della principessa di Danimarca Mary?», gli domanda il Sun. La risposta di Henningsen e' sprezzante: «Lei sa come comportarsi da membro della famiglia reale. Impossibile trovarla in foto di quel tipo».
Giovedì 20 Settembre 2012 - 12:48
Ultimo aggiornamento: Sabato 22 Settembre - 14:11
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Fonte: http://www.ilmessaggero.it 

ROME - From this morning's web haywire for fans of Princess Kate, or simply for the gossippari and voyeurs. And 'in fact on the day of publication in a Danish magazine for more photos, more hard than punished topless has created a global event and angered Buckingham Palace with strokes of complaints.
The magazine "
If og Hor" published not only the well-known photo of the Duchess in topless, but also some shots (suitably pixelated) of the actress without panties. Images so far left in the drawer and that surely will attract the ire of Buckingham Palace.
Kate
Middleton appears without panties, while changing the costume, on the terrace of the castle of Provence where he was spending a few days holiday with Prince William. According to the Sun, shooting more '"intimate" Kate will be just what you are shooting from the front completely naked.
The director of the
Danish magazine Henningsen not only to challenge the Crown publishing photos prohibited, a few hours after the decision of the courts of Paris to prohibit Closer magazine assignment to third parties of images. "He published topless pictures of Princess Mary of Denmark?" Asks the Sun's answer Henningsen and 'dismissive: "Do you know how to behave as a member of the royal family. Can not find it in the picture of that type. "


domenica 16 settembre 2012

La vérité sur Houlé - La verità sul "falso" massacro di Houle in Siria: come la propaganda dei ribelli terroristi manipola l'informazione così come è accaduto in Libia; menzogne, falsità, bugie per accattivarsi il favore e l'appoggio militare dell'Occidente e dell'opinione pubblica mondiale! Ma sono i ribelli Siriani i veri terroristi e il vero pericolo per la pace in Medio-Oriente...

VOX CLAMANTIS – 26 Maggio 2012
Traduzione dal francese a cura della Fraternità Maria Gabriella
Domandiamo agli nostri lettori di non lasciarsi impressionare dalla campagna mediatica a proposito del massacro di Houle. Contrariamente a quanto viene affermato dai media e dalle nostre prime informazioni raccolte, l’armata siriana regolare non si è posizionata e non ha bombardato Houlè.
Si tratta, da parte dei terroristi, di un colpo montato al quale l'opinione pubblica è già molto abituata e, da parte del governo di una dimissione inaccettabile, che lascia civili innocenti affidati alla sua protezione e forze dell'ordine in numero insignificante essere oggetto di impressionanti attacchi da parte di centinaia di miliziani feroci, pronti a tutto ed armati fino ai denti, con la pura missione di “creare” le  vittime per sfruttare mediaticamente il loro sangue.
Questo coincide con l'annuncio della prossima visita di Kofi Annan e lo scopo è quello di screditare questa missione, gettandone tutto il biasimo sulle legittime  autorità siriane. Le notizie che noi forniamo vengono da testimoni oculari che vivono sui luoghi. Essi non hanno per finalità quella di “proteggere” il regime ma di “proteggere” la popolazione civile, abbandonata dal governo e consegnata alla selvaggia furia dei terroristi.
La verità su Houle
Ecco ciò che noi abbiamo ricevuto da un testimone oculare di Kfar Laha, vicino a Houle: “Le bande armate sono uscite da Rastan e da Saan, tra Homs e Hama verso le otto di sera. Hanno attaccato le barricate delle forze dell'ordine intorno all'ospedale e hanno ucciso e ferito circa 35 elementi tra le forze dell'ordine, poi sono penetrati nell'ospedale statale. All'interno dell'ospedale si trovavano i pazienti e le equipes sanitarie e alcuni familiari che accompagnavano i malati, circa 25 persone. Le bande armate hanno massacrato tutte le persone presenti poli hanno bruciato l'ospedale dopo aver trasportato i cadaveri. Sui canali video dei ribelli si vede che quelli che trasportano i cadaveri lo fanno su coperte sulle quali è scritto in arabo “ministero della salute”. Questo prova che essi sono gli autori del crimine. Le bande armate si sono in seguito dirette verso le case circostanti, hanno massacrato i loro abitanti, hanno bruciato cinque case dopo aver trasportato i cadaveri. Dei rinforzi sono arrivati da parte delle forze dell'ordine. Ci sono stati scambi di fuoco e nove terroristi sono stati uccisi.
Sulla via, essi si sono introdotti in una farmacia ed hanno fucilato il farmacista per punirlo di aver venduto dei medicinali a un membro del servizio dell'ordine ed hanno bruciato la sua farmacia.
Verso le 22 le bande armate si sono dirette verso il villaggio di Tel Do. Hanno investito il quartiere sud e hanno massacrato famiglie alauite, uomini, donne e bambini, poi hanno appiccato fuoco dopo aver trasportato i cadaveri.
I cadaveri raccolti sono stati ammassati  in una moschea per mostrarli agli osservatori dell'ONU come se fosse stato un massacro perpetuato dall'armata regolare.
Diverse notizie dalla regione di Homs e di Hama
A Salamiyeh, grosso villaggio a est di Hama, sulla strada di Aleppo, abitato da una maggioranza di ismaeliti di cui un gran numero sono oppositori ( comunisti e houranis) c'era un funerale e le persone venivano a presentare le loro condoglianze, bande armate vestite con degli “schmakhs”, copricapi dei beduini del deserto, senza dubbio per incitare gli abitanti di Salamiyeh a credere che questi fossero i loro vicini i beduini del deserto “badiyat” e fomentare la guerra civile. Le bande armate di PKC hanno aperto il fuoco sulla folla per cinque minuti, uccidendo sette persone e ferendone un gran numero.
Nel villaggio di Siphonyeh, presso Kattineh, a 15 km a nord di Homs, bande armate si sono introdotte in gran numero e hanno massacrato due famiglie: Abdallah Abdel Nabi e i suoi  6 bambini e anche il suo vicino e suo figlio. Hanno anche bruciato le case prima di ritirarsi.
Tutta la campagna di Kusayr è a ferro e  fuoco, in un vuoto di sicurezza spaventoso. Da due settimane  la guerra civile è cominciata tra i villaggi sunniti e i villaggi sciiti. E sunniti del villaggio di Saargi, contrabbandieri e banditi, hanno cominciato a uccidere e rapire civili dei villaggi sciiti di Safsafè, Zeytè, Hawik . Per proteggersi gli sciiti hanno dovuto prendere le armi perché i sunniti attaccavano con fucili, mitragliatrici e mortai e RPG. Gli sciiti sono stati presi di sorpresa perché essi non erano armati ma alcuni possedevano armi personali. Gli sciiti hanno rapito due sunniti della famiglia Hseykeh e fino ad oggi l'atmosfera è molto tesa. Un antico contenzioso opponeva questi due villaggi ma essi avevano celebrato una grande riconciliazione con la presenza dello Cheikh Naim Qassem, il vice presidente di Hezbollah. Erano stati invitati villaggi all'intorno e i notabili cristiani di Kusayr  erano stati invitati. Purtroppo la consegna delle bande armate è di accendere ad ogni costo il conflitto religioso e, nell'assenza di forze dell'ordine o davanti alla loro impotenza, non c'è altra alternativa per gli abitanti che proteggersi dalle bande armate prendendo essi stessi le armi.
Come abbiamo spiegato nel nostro articolo di ieri, le città e villaggi si organizzano verso un'autonomia di sicurezza a partire dalle alleanze e dagli equilibri tribali sottili e inimmaginabili, per esempio ,come noi dicevamo, l'accordo realizzato tra Nebek e Flitta: “non rapite più i nostri sennò noi interdiremo agli abitanti di Flitta di entrare a Nabek.”
Il regime sta per accettare la realtà di una disaffezione della sua presenza rispetto alla sicurezza, in virtù della quale il mosaico siriano si fratturi in una logica di affinità confessionali tribali o politiche, in base ad alleanze, a rifiuti, a tradimenti , per un riallineamento alla maniera libanese? Sinistra prospettiva….
Vox Clamantis
Vox Clamantis est un centre d’information du diocèse grec melkite catholique de Homs, Hama et Yabroud.
AGGIORNAMENTO DA VOX CLAMANTIS 
31 Maggio 2012 – Redatto da Frére Jean
Il generale Suleiman, Presidente del tribunale militare, capo dell'investigazione sul massacro di Houlé (del 26 maggio 2012) ha dato questa sera i risultati preliminari, basati su dichiarazioni di testimoni oculari presenti sulla scena, ed anche sullo studio dei rilievi militari e penali: Il Generale ha detto che dopo la preghiera del venerdì, 600-800 uomini armati hanno attaccato di sorpresa le 5 postazioni di controllo tenute dalle forze di sicurezza siriane nella regione di Taldo. Tutte le armi furono utilizzate in questo attacco, compresi cannoni di mortaio. Le forze di sicurezza hanno cercato di respingere questi attacchi. Allo stesso tempo delle bande armate si sono sparpagliate intorno alle posizioni del national hospital di Taldo e della piazza dell'orologio. Hanno massacrato famiglie parenti del Deputato Abdel Karim di Taldo che ha sfidato l'embargo dell'opposizione nelle ultime elezioni parlamentari. Le famiglie massacrate sono note per essere pacifiche e vicine al regime. I cadaveri sono stati trasportati su veicoli dei terroristi per essere riuniti nella moschea. Un altro gruppo armato si è diretto su Shumariyeh a pochi chilometri di distanza e ha massacrato famiglie appartenenti alla confessione di Sciita, anch’esse vicino al regime. Anche questi cadaveri sono stati anche ammassati nella moschea. Il Generale Suleiman ha assicurato che l'osservazione dei morti mostra che essi furono tutti uccisi da vicino, o da arma da fuoco o da un strumento tagliente. Nessuno porta traccia di obus o schegge metalliche. Nessuno sembra essere stato colpito da un oggetto provocato da un bombardamento. Al momento del massacro di forze siriane stavano respingendo vari attacchi e non potevano disperdersi per un'altra missione. Più quartieri dove i massacri siano stati commessi sono sotto l'autorità dei miliziani ribelli ed è praticamente impossibile alle forze di ordine entrarvi. Mr Jihad Makdessi, portavoce del Ministero degli affari esteri ha segnalato che appena al  corrente degli eventi drammatici di Hula, le autorità siriane hanno contattato il Generale Mood, capo osservatore della Nazioni Unite, per chiedergli di recarsi sulla scena. I miliziani ribelli lo attendevano con i corpi delle vittime raccolte da loro. Mr Jihad Makdessi, dopo questo atto criminale gravemente condannato dal suo governo, sta cercando di dimostrare che la Siria soccombe a una guerra settaria. Anche Vox Clamantis i.D.D. ha saputo da un testimone oculare che il 29 maggio, h 5 del mattino, bande armate attaccarono la stazione di polizia nel villaggio di Dmeineh, sulla strada per Qusayr. Questo villaggio è interamente cristiano e conta circa 400 famiglie greco-cattoliche. Gli scontri sono durati più di due ore e due case hanno ricevuto tutta la forza di proiettili lanciati dai terroristi. La stazione di polizia ha respinto l'attacco in cui un ufficiale di polizia ha perso la vita, e molti sono rimasti feriti. Si sono registrati sette morti tra i miliziani. La città di Dmeineh, tagliata fuori come Kusayr del mondo esterno, vive difficili giorni e si prepara a sua volta a evacuare, come è avvenuto per Kusayr e i quartieri cristian di Homs.
Vox Clamantis in Deserto Damasci è il centro di informazione delle diocesi greco-cattolica di Homs, Hama e Yabroud.
Syrien Eine Auslöschung 
13.06.2012 · Das Massaker von Hula ist ein Wendepunkt im syrischen Konflikt. Die westliche Öffentlichkeit beschuldigt, gestützt auf die UN-Beobachter, die syrische Armee. Diese Version kann auf Grundlage von Augenzeugenberichten bezweifelt werden. Demnach wurden die Zivilisten von sunnitischen Aufständischen getötet. 
  

Ascolta il Messaggio del Nunzio Mons Zenari a Radio Vaticana:

"Il massacro di bambini innocenti è un crimine insopportabile, che getta una nuova ombra su questa orribile guerra. Tuttavia, le reazioni indignate degli organi internazionali non bastano. L'Onu deve sostenere e dare voce alle iniziative delle comunità siriane, che tentano di reagire alle violenze in modo costruttivo e non con la vendetta". "Non importa chi sia l'autore di queste stragi - continua il prelato - la spirale di sangue e violenza deve cessare". "Gli osservatori Onu non stanno facendo molto - racconta mons. Zenari - e vi è poca fiducia fra la popolazione sui risultati concreti del piano di Kofi Annan. La popolazione sta tentando di organizzarsi da sola per trovare soluzioni alternative". In questi giorni a Homs, una delle città simbolo della rivolta contro il regime, i leader cristiani cattolici e ortodossi, alawiti, sunniti e rappresentanti della società civile, hanno organizzato una serie di incontri per cercare una soluzione non violente al conflitto. "L'idea - aggiunge il nunzio - è quella di dare un segno di speranza ai siriani e invitarli a mettersi in gioco e a reagire in modo costruttivo e pacifico, contro chi vuole distruggere il Paese". Tali iniziative continueranno nei prossimi giorni e saranno proposte anche in altre città della Siria.

Preghiera e digiuno nell’inferno della lotta: l’esperienza di un prete cattolico
Nel bel mezzo di massacri, violenze, spari, rapimenti, vendette, una piccola fiammella di fede e di amore si è accesa nella città di Qusayr (nei pressi di Homs), uno dei luoghi dove la guerra infuria più violentemente: come l’Agenzia Fides apprende da fonti locali, un prete cattolico, che per ora preferisce conservare l’anonimato, si è coraggiosamente stabilito in città, in una casa parrocchiale, con il solo scopo di fare un’esperienza di continua preghiera e digiuno, per implorare da Dio la pace e la riconciliazione.
Proprio laddove “si sta scatenando l’inferno”, la sua presenza, spiega il sacerdote, vuole essere un “segno forte di non violenza, una testimonianza di fede e di amore per il popolo siriano”. Il suo essere “segno di contraddizione”, sarà un’esperienza che i fedeli di tutte le religioni potranno comprendere, in quanto “le armi della preghiera e del digiuno sono importanti nel cristianesimo e nell’islam”. Vuole essere un modo, rimarca, “per ricordare a tutti gli uomini, a chi sta combattendo e uccidendo, che l’unica fonte di speranza è Dio: il Dio della vita, il Dio della pace, il Dio della riconciliazione, che ci rende fratelli e non nemici”.
Fonti di Fides non escludono che, mentre la sua esperienza si diffonde in città, fedeli cristiani e musulmani possano unirsi a lui, nonostante i pericoli, e che nella città martoriata dal conflitto possa accendersi un nuovo lume di speranza per la Siria, grazie a uomini e donne che rifiutano l’odio e scelgono la non violenza, in nome della loro fede. La religione e la fede – notano le fonti di Fides – sono infatti una componente importante della vita e dell’identità del popolo siriano e, in queste ore difficili di brutalità, occorre fare leva sulla componente spirituale, che restituisce all’uomo la sua vera dimensione, la sua autentica dignità. (PA) (Agenzia Fides 28/5/2012)

PATRIARCA GREGORIO III LAHAM, “FERMARE STRAGI, PIENO APPOGGIO AL PIANO ANNAN

“Fermare subito gli scontri e la violenza e dare pieno appoggio al piano di Kofi Annan”: dalla Germania, dove si trova in visita, a parlare è Gregorio III Laham, patriarca di Antiochia dei greco-melkiti. In una dichiarazione rilasciata al Sir il presule, commentando le ultime stragi a Hula, Hama, con molti bambini tra le vittime, torna ad invocare “la fine delle violenze che stanno gettando il Paese nel baratro. Con l’aiuto dello Spirito Santo prego che tutte le parti coinvolte possano trovare vie di dialogo. La comunità internazionale, l’Europa in testa, sappiano aiutare la Siria ad uscire da questa grave situazione. Il mondo aiuti tutti i siriani, Regime, militari, opposizione, donne e uomini a dialogare. Basta con le stragi, con la violenza - papa Benedetto XVI lo ricorda sempre - non si ottiene nulla. Come vescovi di Siria lo abbiamo detto più volte ed oggi lo ribadisco, diamo pieno appoggio al piano di pace di Kofi Annan”.

DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, P. FEDERICO LOMBARDI, A PROPOSITO DELLA STRAGE DI HULA

La recente strage di Hula, dove ha perso la vita un centinaio di persone, tra cui numerosi bambini, addolora e preoccupa profondamente il Santo Padre e l’intera comunità cattolica, nonché la comunità internazionale, che ha condannato unanimemente l’accaduto.
Nel rinnovare il suo appello alla cessazione di ogni forma di violenza, la Santa Sede esorta le parti interessate e tutta la comunità internazionale a non risparmiare alcuno sforzo per risolvere la crisi attraverso il dialogo e la riconciliazione. Anche i leaders e i credenti delle diverse religioni, con la preghiera e la collaborazione vicendevole, sono chiamati a promuovere con grande impegno l’auspicata pace, per il bene di tutta la popolazione.




Drammatiche testimonianze dalla Siria in fiamme: «I ribelli ci uccidono. L’esercito di Assad deve restare!» Ci sentiamo indignati e impotenti di fronte al tipo di informazioni che circolano in Europa e fanno opinione, sostenendo le sanzioni internazionali! Solo il Governo di Assad è quello legittimo e giusto per la Siria...

Tratto da "Avvenire" - TESTIMONIANZE - 11 Aprile 2012
Maalula, Monastero S. Tecla
Viviamo in Siria da più di sette anni, amiamo questo Paese e il suo popolo. Ci sentiamo indignati e impotenti di fronte al tipo di informazioni che circolano in Europa e fanno opinione, sostenendo le sanzioni internazionali, una delle armi più inique che l’Occidente usa per tenersi le mani pulite e dirigere comunque la storia di altri popoli. Pulite fino a un certo punto: si moltiplicano le segnalazioni della presenza di personale militare inglese, francese (e di altri Paesi) a fianco degli insorti per organizzare le azioni di guerriglia, grave violazione internazionale che passa sotto silenzio.
Sono state raccolte firme e fondi per aiutare la “primavera” del popolo siriano.
Ma chi ha dato – in perfetta buona fede – offerte e sostegno della “liberazione” della Siria deve sapere che ha finanziato assassini inumani, procurando loro armi, contribuito alla manipolazione dell’informazione, fomentato una instabilità civile che richiederà anni per essere risolta. Sconvolgendo l’equilibrio in un Paese dove la convivenza era pane quotidiano. Perché intervenendo senza conoscere la realtà non siamo più liberi, ma funzionali ad altri interessi che ci manipolano.
Non è nostro compito fornire una lettura socio-politica globale della vicenda siriana, altri lo stanno facendo meglio di noi. E chi lo vuole davvero può trovare informazioni alternative. Noi ci limitiamo a raccontare solo ciò che i nostri occhi vedono, qui nel piccolo villaggio di campagna dove viviamo. E dove, quasi ogni notte, i soldati presenti nella piccola guarnigione che lo presidia sono attaccati. Sia dagli insorti presenti nella zona, sia da bande mercenarie che passano il confine siriano nel tentativo di sopraffare l’esercito e aprire un varco per il flusso di armi e combattenti. I militari rispondono? Certo, e la gente ne è contenta perché di armi e mercenari il Paese è già pieno.
Sta per scadere l’ultimatum per il ritiro dell’esercito, che qui nessuno – nel senso letterale del termine – vuole. La gente si sente sicura solo quando i militari sono presenti. Ormai le violenze compiute dai cosiddetti liberatori nelle città, nei villaggi, sulle strade, sono tante e così brutali che la gente desidera solo vederli sconfitti. Gli abusi sono continui: uccisioni, case e beni requisiti o incendiati, persone, bambini usati come scudi umani. Sono i ribelli a bloccare le strade, a sparare sulle auto dei civili, a stuprare, a massacrare e rapire per estorcere denaro alle vittime. Invenzioni? La notte del Venerdì Santo, non lontano da dove abitiamo, hanno ucciso un ragazzo e ne hanno feriti altri due: tornavano alle loro case per celebrare la Pasqua. Il ragazzo morto aveva 30 anni ed era del nostro villaggio. Non sono i primi tra la nostra gente a pagare di persona. Ormai prima di spostarsi a fare la spesa o anche solo per andare a lavorare ci si assicura che l’esercito controlli la zona. Anche a noi è capitato di trovarci bloccati dalle sparatorie per tre ore in un tratto di autostrada e siamo riusciti a ripartire solo quando si è formato un corridoio di carri armati che proteggevano gli automobilisti in transito dai tiri dei rivoltosi.
Perché di tutto questo non si parla? Perché non si parla dei tanti militari assassinati in vari agguati, gli ultimi ieri ad Aleppo? Sono tanti i drammatici esempi che potremmo citare. Il fratello di un nostro operaio, tenuto prigioniero a Homs dai ribelli insieme ad altri civili, è ormai considerato morto, due padri di famiglia del nostro villaggio sono stati sempre a Homs dai rivoltosi perché compravano e distribuivano pane a chi era rimasto isolato. La questione che qui, però, ci preme sottolineare e per la quale invitiamo tutti a mobilitarsi è quella delle sanzioni internazionali. Chi sta pagando e pagherà ancora di più fra poco, è la gente povera.
Non c’è lavoro, non ci sono le materie prime e le esportazioni di prodotti locali, come bestiame e uova, sono ferme. Quel poco che c’è, poi, si vende a prezzi esorbitanti.
Tra le principali urgenze c’è quella del latte per i bambini. I prezzi dei cartoni sono raddoppiati, passando da 250 lire siriane a 500 (la paga giornaliera di un operaio è di 7-800 lire). Scarseggia il mangime per il bestiame: le poche confezioni disponibili sono passate da 650 a 1850 lire. Mancano i medicinali specialistici, scarseggia l’elettricità perché i ribelli hanno fatto saltare più volte le centrali e le linee di conduzione. Non c’è gasolio (e l’inverno è stato molto freddo quest’anno), perché la Siria non può più esportare il suo greggio in cambio di petrolio raffinato. I trattori quindi sono fermi e non si può lavorare la terra. Sono bloccati perfino i camion che prelevano la spazzatura. Ci sono problemi con l’acqua perché le pompe funzionano col gasolio. Il nostro villaggio e quello vicino – che condividono lo stesso pozzo – hanno acqua un unico giorno alla settimana e solo per 3-4 ore. Si rischia una vera carestia per l’avvenire: presto mancherà il grano e quindi anche il pane, il solo alimento che, per ora, il governo riesce a distribuire a un prezzo calmierato, anche ai più poveri. E poi si protesta perché la Croce Rossa non può portare aiuti. È possibile arrivare a sanzionare addirittura l’importazione di pannolini per i lattanti?
Tutto questo è profondamente ingiusto. Non si è riusciti a rovesciare il governo con le armi, lo si vuole fare esasperando la gente. Certo, è proprio questa la logica delle sanzioni. Quando, però, una grande maggioranza della popolazione – che piaccia o meno – non vuole un cambiamento violento della situazione, tale sistema diventa una vera sopraffazione. Chiediamo con forza a chi può fare qualcosa di sospendere le sanzioni e di intervenire. Che la nostra tanto osannata democrazia si dimostri capace di servire il vero bene del popolo.
 
Un gruppo di italiani che vive in Siria (Testo raccolto da Giorgio Paolucci)

Fonte: http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/i-ribelli-ci-uccidono.aspx 

IL GRIDO DEI CRISTIANI SIRIANI AL PAPA

I Vescovi di Aleppo,
costretti a rinunciare all’incontro con il Papa,
lanciano un appello a Benedetto XVI°
per il cessate il fuoco e la riconciliazione!
 
Agenzia Fides 14/9/2012
Aleppo è da più di due mesi al centro degli scontri armati tra i ribelli e l’esercito siriano. Il Consiglio dei sei Vescovi cattolici della seconda metropoli della Siria ha dovuto rinunciare a malincuore a recarsi all’incontro con il Papa in Libano per rimanere al fianco dei propri fedeli. Ma dalla città devastata dal conflitto hanno lanciato un appello a Benedetto XVI, chiedendo al Papa di richiamare la comunità internazionale all’urgenza di trovare una soluzione pacifica e porre fine a un conflitto “che sta distruggendo il Paese e seminando dovunque miseria e desolazione”.
Nel loro appello, inviato all’Agenzia Fides, i Vescovi di Aleppo (greco-cattolico, siro-cattolico, armeno-cattolico, maronita, caldeo e latino) pregano ardentemente Benedetto XVI di sottoporre ai capi delle nazioni e agli organismi internazionali due richieste: “Esigere che cessino definitivamente i combattimenti sul suolo della Siria”, per poi “incoraggiare e appoggiare le parti in conflitto affinché giungano a un dialogo serio e efficace in vista di una riconciliazione nazionale”.
I Vescovi di Aleppo descrivono la condizione vissuta dal popolo siriano in termini angosciati: “Il Paese si distrugge, il numero delle vittime si moltiplica, e quello dei feriti aumenta di giorno in giorno. Molte abitazioni sono distrutte, e i poveri vedono le proprie risorse diminuire progressivamente. Tutto ciò fa precipitare le famiglie in uno stato di disperazione e spinge molte di esse a emigrare”.
L’ appello si conclude con il ringraziamento a Benedetto XVI “per tutte le iniziative che Voi prendete al servizio della pace”, e con l’augurio “che la Vostra voce arrivi alle orecchie dei popoli e raggiunga quelli che hanno il potere di decidere”.
“Fedeli, non lasciate la Siria!”
Il messaggio dei Patriarchi di Damasco,
stretti attorno al Papa Benedetto XVI°!
 
(Agenzia Fides 14/9/2012)
“Con tutto il cuore chiediamo ai fedeli cristiani della Siria di non abbandonare il nostro amato paese, nonostante la violenza, le sofferenze, lo sfollamento”: è quanto chiedono i Patriarchi delle Chiese cristiane in Siria, da questa mattina in Libano per “stringersi attorno a Benedetto XVI, pellegrino di pace in Medio Oriente”. In un messaggio reso noto tramite l’Agenzia Fides, i leader cristiani, dando il benvenuto a Benedetto XVI, rimarcano il tema più caro alle Chiese locali: la presenza delle comunità cristiane in Medio Oriente. A condividere il messaggio sono quattro leader con sede a Damasco: il Patriarca greco-cattolico Gregorio III Laham; il Patriarca greco-ortodosso Ignatius IV Hazim; il Patriarca siro-cattolico Ignatius III Younan; il Patriarca siro-ortodosso Zakka I Iwas.
In particolare oggi in Siria c’è il pericolo di un esodo dei fedeli, molti dei quali sono già fortemente colpiti dalla povertà, sono stati costretti a lasciare le loro case per gli scontri armati, e vivono da sfollati interni o nei paesi limitrofi. In queste tragiche ore, i Patriarchi chiedono ai fedeli: “Abbiate pazienza, non fuggite”, invitando a “sopportare il dolore”, per amore di Cristo.
I leader cristiani in Siria deplorano l’atteggiamento di alcune Cancellerie occidentali che, esplicitamente o in modo implicito, stanno offrendo ai fedeli siriani l’opportunità di emigrare, notando che questo “costituisce una tentazione”, ma che non è la soluzione per i cristiani in Siria. Il rischio, notano, è una “libanizzazione del conflitto siriano” (oltre il 50% dei cristiani fuggì dal Libano, al tempo della guerra) o lo scenario iracheno (negli ultimi anni le comunità cristiane locali, sotto la pressione del terrorismo, sono notevolmente diminuite).
I Patriarchi sostengono con forza il recente appello del Santo Padre al dialogo e alla riconciliazione in Siria, definite dal Papa “prioritarie per tutte le parti implicate” e auspicano che il viaggio di Benedetto XVI possa lasciare “una profonda traccia di pace”.
Come riferito a Fides, simbolo potente della solidarietà e dell’amore verso il Papa è, in particolare, la presenza del Patriarca siro-ortodosso Zakka I Iwas che, nonostante la malattia e le cure di dialisi di cui necessita, ha voluto comunque essere presente accanto a Benedetto XVI.
 
Nunzio a Damasco: Benedetto XVI°
sia un faro per tutto il Medio Oriente
 
Damasco (AsiaNews) - "Il viaggio del Papa in Libano sarà un faro per tutto il Medio oriente, soprattutto per i cristiani della Siria. Mi auguro che la presenza del Pontefice incoraggi la comunità internazionale ad aiutare le parti in conflitto ad abbandonare le armi e sedersi sul tavolo dei negoziati per porre fine a questa carneficina". È la speranza di mons. Mario Zenari, Nunzio apostolico a Damasco, a poche ore dalla visita di Benedetto XVI che nel Libano, che inizia oggi e termina il 16 settembre. 
"Il Papa - sottolinea Zenari - segue da mesi la situazione siriana e non ha mai smesso di far sentire la sua voce negli incontri pubblici. Egli conosce quali sono i desideri dei cristiani siriani e dei loro vescovi, che da oltre un anno tentano di testimoniare la pace nel Paese piegato dagli odi confessionali ed etnici".
Il Nunzio spiega che per le condizioni critiche vissute dal Paese la visita non ha avuto molta risonanza fra la popolazione, che in molte zone non ha accesso a giornali e televisioni. Tuttavia, parrocchie e diocesi stanno facendo di tutto per richiamare i fedeli a questo importante appuntamento. "La situazione ad Aleppo e in alcune zone di Damasco è drammatica - afferma il prelato - combattimenti fra ribelli ed esercito avvengono in ogni angolo del Paese". L'insicurezza delle strade e degli aeroporti civili, utilizzati da Assad come piste per i suoi aerei da guerra e tenuti sotto tiro dall'artiglieria del Free Syrian Army, non permetterà ai vescovi siriani di salutare di persona il pontefice. "I vescovi di Aleppo - racconta Zenari - hanno inviato una lettera di benvenuto, dove spiegano la loro situazione. Ma saranno presenti con la preghiera".

Fonte: http://www.asianews.it/notizie-it/Nunzio-a-Damasco:-Benedetto-XVI-un-faro-per-tutto-il-Medio-Oriente


 da TV7 del 14/09/12
Reportage di Gian Micalessin dalla Siria
"Voi Occidentali vi siete dimenticati di noi,
fratelli Cristiani d'Oriente!"
dal minuto 00.21.03 al minuto 00.27
 
Fonte: http://www.rai.tv/dl/replaytv/replaytv.html#ch=1&day=2012-09-14&v=146500&vd=2012-09-14&vc=1 
 

Intervista esclusiva a Jocelyne Khoueiry

sulla grave situazione Siriana


 Intervista esclusiva per “Ora pro Siria” a cura di Mario Villani, redattore di APPUNTI Attualità Politica Cultura.

Jocelyne Khoueiry è nata a Beirut il 15 agosto 1955. Maronita, è laureata in Teologia e giornalismo. Nel 1975, allo scoppio della guerra in Libano ha preso le armi per difendere i quartieri cristiani di Beirut mettendosi al comando di un gruppo di ragazze che si sono battute con coraggio non inferiore a quello degli uomini. A partire dagli anni '80, seguendo un suo processo di maturazione interiore e di approfondimento della Fede, ha lasciato le armi ed ha fondato un'associazione mariana chiamata “La Libanaise: Femme du 31 mai” con il compito principale di promuovere la formazione cristiana della donna. L'associazione ha avuto l'appoggio delle Suore Carmelitane del convento di Harissa (tra le quali vi era allora Suor Agnes Marie de la Croix).
Da allora ha agito su tre piani:1) ha tenuto migliaia di conferenze in tutto il mondo (di cui molte in Italia) per far conoscere e comprendere la situazione del Libano e, in generale, della regione; 2) ha svolto un'incessante opera di formazione cristiana delle donne e delle ragazze che aderiscono al movimento; 3) ha avviato un'opera di assistenza morale materiale a famiglie in difficoltà, con particolare riguardo per i bambini. A tal fine ha costituito un centro, dedicato a Giovanni Paolo II°, dove operano anche psicologi infantili e operatori sociali. Attualmente sta anche curando la ristrutturazione di un antico convento  a Jouniè che dovrebbe diventare un centro di spiritualità e ospitare pellegrini da tutto il paese. Conosce molto bene la situazione siriana, anche perchè è amica di suor Agnese ed ha con lei frequenti contatti.
Le ho rivolto alcune domande
1) Da quello che trasmettono in media libanesi che idea Ti sei fatta sulle cause della guerra in Siria ?
I media libanesi trasmettono quotidianamente i dettagli della guerra in Siria. Da quanto ci viene mostrato possiamo constatare che vi è in corso una crisi complessa che si sviluppa a diversi livelli. Il primo è quello delle rivendicazioni di riforme concernenti la costituzione del paese, in particolare in materia di libertà e pluralità politica. Il secondo è quello degli islamisti sunniti, o almeno delle sue fazioni più estremiste, che stanno cercando di prendere il potere. Questo livello non è più allo stadio di una richiesta di riforme, ma piuttosto ha l'aspetto di un colpo di stato armato e molto violento che non fa differenza tra civili e militari e che non esita a terrorizzare la popolazione per raggiungere i suoi scopi. D'altra parte abbiamo avuto un esempio di queste agitazioni anche in Libano, nelle regioni del nord, tra l'anno 2000 e il 2008, quando le operazioni terroriste di questi gruppi, legati a quelli siriani, si sono rivolte contro reparti dell'esercito libanese.
Il terzo livello della crisi è di ordine regionale e internazionale ed è allo stesso tempo politico e confessionale. Politico perchè strettamente legato al conflitto israelo-palestinese che ha diviso la regione in due fronti: il fronte israelo americano ed i suoi alleati sunniti (paesi dei petrodollari e Giordania) che vogliono un nuovo Medio Oriente segnato dalla supremazia di Israele, una predominanza sunnita ed una pace imposta secondo le condizioni (e gli interessi) di Israele. Questo progetto prevede la neutralizzazione di tutte le potenze che possono costituire un ostacolo alla sua realizzazione e che costituiscono il secondo dei fronti di cui ho parlato.
Secondo diverse analisi della situazione siriana, ed in considerazione agli avvenimenti della cosiddetta « primavera araba », la Siria sta affrontando un'operazione multidimensionale manipolata da una volontà straniera, ormai scoperta, che ha fissato il « timing » dell'azione, finanziato la sua realizzazione, fornito le armi ed i gruppi armati che provengono dalla Libia, attraverso il territorio turco, e dal nord del Libano. D'altra parte questo spiega perchè figure pacifiche e stimate dell'opposizione ( che da tempo chiedono legittimamente una riforma ed un cambiamento del regime) hanno contestato la violenza armata e l'ingerenza straniera.
2) Quale è la posizione della Chiesa libanese (in particolare del Patriarca Maronita Bechara Rai) sulla situazione siriana?
La posizione della Chiesa libanese, ed in particolare il Patriarca Maronita Bechara Rai prende in considerazione la totalità degli elementi che presenta la situazione. Dopo aver osservato e sperimentato le conseguenze della politica occidentale ed americana e dei suoi alleati sulla presenza cristiana in Iraq, Terra Santa ed Egitto; e dopo aver ascoltato i diversi interventi dei Vescovi orientali al Sinodo nell'ottobre 2010, i responsabili della Chiesa in Libano e in tutta la regione sono obbligati a essere più vigili nei loro giudizi che non devono andare contro la ragione ed i fatti reali. La Chiesa afferma la necessità di un cambiamento, di riforme e di un rispetto delle libertà, ma quello che sta avvenendo in Siria rischia di mandare al potere un regime teocratico e salafita che sarà molto diverso dagli slogan dietro ai quali ha nascosto le sue azioni. Un regime ideologicamente contrario alla libertà ed alle diversità culturali. La Chiesa vuole attirare l'attenzione su questo pericolo e considera che l'attuale regime ha ancora la possibilità di realizzare i cambiamenti richiesti da una grande parte del popolo siriano. Per questo la Chiesa ritiene che sia imperativo fermare la violenza, avviare un dialogo ed arrivare ad un minimo di intesa perchè una guerra civile in Siria si trasformerà immediatamente in una guerra confessionale che potrà incendiare tutta la regione e non solo il Libano.
3) Quali possono essere le conseguenze per il Libano della crisi in Siria?
La situazione politica, economica, confessionale e della sicurezza in Libano è direttamente influenzata dalla situazione siriana. Questo spinge i responsabili libanesi a voler controllare i movimenti del traffico di armi e il passaggio di gruppi armati tra i due territori. Non mi riferisco a quella parte della classe politica libanese che attende una sconfitta del regime siriano e che è stata paradossalmente la sua alleata privilegiata, contro i libanesi liberi, quando l'esercito siriano occupava il Paese dei Cedri.
4) Come sono i rapporti tra le comunità cristiane libanesi e quelle siriane?
I rapporti sono ottimi. Sono vissuti in uno spirito di scambio e di comunione ecclesiale e pastorale. D'altra parte le strutture dell'APECL (Assemblea dei Patriarchi e dei Vescovi Cattolici) facilita questa comunione nel quadro delle differenti attività. Noi pensiamo che questi rapporti possono costituire una realtà positiva e pacificante all'interno del conflitto. Sarà un passaggio non facile da realizzare, soprattutto nelle condizioni attuali, ma che potrebbe non essere impossibile in un futuro non troppo lontano.
 
 Mario Villani
 
  Articoli ripresi dal blog: http://oraprosiria.blogspot.it  

 


ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!