DALAI LAMA E BARACK OBAMA DUE (FALSI) PREMI NOBEL PER LA PACE NEL MONDO |
IL DALAI LAMA GUERRAFONDAIO VISTO DA MITROKHIN... |
Il Dalai Lama nel 1989 è stato premiato con il più
benemerito titolo mondiale che un uomo politico possa desiderare, il
Premio Nobel per la Pace...ma il Dalai Lama in realtà è una oscura
figura strumentalizzata dal Capitalismo Occidentale e dagli Stati Uniti
d'America in primis, per contrastare il Regime di Pechino nella
Repubblica Popolare Cinese; il "pacifico" Dalai Lama Tibetano viene
utilizzato come un "Cavallo di Troia" delle idee e della Politica per
insinuarsi ed insidiare le fondamenta del solido Partito Comunista
Cinese e della Repubblica Maoista Cinese sperando di fomentare la
rivolta armata in Tibet, ovviamente finanziata e armata dalla ormai
collaudata CIA, ovvero dai Servizi Segreti più potenti e più ricchi del
Mondo, per la causa della Libertà e dell'Indipendenza del Tibet dalla
"Madre Patria" Asiatica!!! Il Premio Nobel per la Pace Tibetano dunque,
in realtà stà girando mezzo Mondo per fomentare il fanatismo religioso
Buddista del suo Paese...frasi come "Inferno in Terra!" o come "Siamo
pronti a morire per il Tibet libero!" la dicono tutta sulle reali
intenzioni di un falso Pacifista e visionario come è in realtà il Dalai
Lama!!! "Bisogna vivere senza sesso, astinenza totale dal sesso vera
felicità dell'uomo e vero segreto per una vità più lunga e sana!" Questo
è altro il patrimonio culturale e religioso che il falso pacifista
Tibetano vuole lasciare ai posteri...già ma senza sesso come crede di
crescere, progredire e proliferare il tanto orgoglioso popolo
Tibetano??? Da poche settimane il nostro caro Sindaco di Roma Gianni
Alemanno ha dato la cittadinanza Onoraria al Dalia Lama...sarebbe meglio
togliergliela subito a questo pazzo, fanatico guerrafondaio viscido e
pericoloso sanguinario che lavora e spera nel bagno di sangue degli
innocenti in Tibet per costituire uno stato indipendente foraggiato
segretamente dalla CIA, dal Capitalismo Occidentale e dalla Massoneria
Europea!!! Solidarietà alla Cina e al Governo di Pechino...perchè veri
garanti dell'ordine, del progresso economico e della pace in Tibet!!!
Alexander Mitrokhin
Il guerrafondaio e il "Nirvana"
Criticato dai pacifisti di tutta Italia e di tutto il mondo per la
guerra in Afghanistan e in Iraq, George W. Bush, l’assetato di sangue,
il leader delle crociate in nome della pace e degli equilibri
internazionali ha ricevuto il Dalai Lama nello scorso mese di ottobre. Il governo cinese si infuriò e il portavoce del ministero degli esteri dichiarò che considerava il comportamento di Bush una grave ingerenza nella politica cinese.
Per la Cina il Dalai Lama sarebbe solo un rifugiato politico che
utilizza una copertura religiosa per ordire le trame indipendentiste del
Tibet. Il presidente americano non fu minimamente scalfito dalle
obbiezioni cinesi e il Dalai Lama rispose con un frase che mi è sembrata l’emblema della sua considerazione dell’ordinarietà degli affanni contingenti degli uomini. “Succede tutte le volte”, disse sorridendo.
Poi, parlando di Bush, ha aggiunto: «Ci conosciamo, e abbiamo creato,
credo, una vera profonda amicizia è come una riunione di famiglia».
In Italia, ovviamente, in un paese dove la precarietà e quindi l’insicurezza hanno preso pieno possesso non solo del lavoro ma anche dei principi e dei valori umani, la preoccupazione maggiore è andata alla materialità dei piccoli affari delle imprese italiane in Cina. Parlo di piccoli affari perché noi non abbiamo le sede della Nike o di qualche altra multinazionale in quei territori d’oriente, ma abbiamo una serie di medie e grandi aziende che hanno iniziato a aprire stabilimenti in Cina negli ultimi anni. Preoccupate di chi sa quale forma di boicottaggio le autorità italiane si sono defilate abilmente e hanno preferito non incontrare il Dalai Lama. Bertinotti il grande difensore dei diritti umani, civili ha deciso di non concedere l’aula di Montecitorio, Napolitano, nostro Presidente della Repubblica, si è defilato evitando abilmente di fornire spiegazioni ufficiali, Rutelli gli ha dato il benvenuto, ma ha preferito non vederlo, e, a questo punto, considerate le terribili ritorsioni che potevano subire le nostre imprese, gli unici che lo hanno ricevuto sono stati i politici dell’ opposizione (Roberto Formigoni e Marco Zacchera) e Beppe Grillo, noto antipolitico. Le nostre imprese hanno iniziato a investire in Cina da alcuni anni, e negli anni 2002 e 2003 ebbi modo di conoscere l’allora Ambasciatore cinese in Italia, in occasione di un incontro con imprese italiane della toscana che avevano intenzione di investire nelle terre visitate da Marco Polo. I nostri imprenditori furono rassicurati su molti aspetti: logistici, fiscali, e organizzativi. Addirittura per superare l’ostacolo della lingua le autorità cinesi dissero che avrebbero inserito un funzionario in ogni azienda per redarre le pratiche burocratiche di routine e ogni adempimento annuale, questo almeno agli inizi.
Le parole dell’ Ambasciatore furono queste: “noi abbiamo bisogno di imparare il vostro modo di produrre e essere organizzati. Abbiamo bisogno che i nostri dirigenti e i nostri operai imparino il know how gestionale e di funzionamento dei macchinari. In cambio vi mettiamo in condizione di fare i vostri miliardi”. Noi gli serviamo quanto loro servono a noi se ragioniamo in una logica strettamente materialista, ed è probabile che, una volta messa in moto una struttura economica solida e autosufficiente anche grazie a ciò che avranno imparato dagli occidentali, possano fare a meno dei nostri aiuti, delle nostre imprese e dei nostri capitali. Se il Dalai Lama fosse stato ricevuto ufficialmente si sarebbero limitati alle solite proteste, come “succede tutte le volte”. Si sa come vanno certe cose: qualche nota diplomatica, un chiarimento, alcuni articoli sui quotidiani, un paio di passaggi nei telegiornali e dopo qualche settimana tutto passa. Inoltre la via d’uscita diplomatica l’avevano suggerita le stesse autorità cinesi: sarebbe stato sufficiente, se proprio fosse stato necessario, specificare che veniva ricevuto in qualità di leader religioso e spirituale e non come rappresentante del governo in esilio, e aggiungere che tale visita non doveva essere interpretata come una presa di posizione politica dell’Italia a favore dell’indipendenza del Tibet.
I rappresentanti delle nostre istituzioni si sono dimostrati timorosi e attaccati a contingenti convenienze, che peraltro non erano a rischio, mentre hanno perso un’ occasione di avvicinarsi al nirvana. C’è riuscito molto meglio George W. Bush.
In Italia, ovviamente, in un paese dove la precarietà e quindi l’insicurezza hanno preso pieno possesso non solo del lavoro ma anche dei principi e dei valori umani, la preoccupazione maggiore è andata alla materialità dei piccoli affari delle imprese italiane in Cina. Parlo di piccoli affari perché noi non abbiamo le sede della Nike o di qualche altra multinazionale in quei territori d’oriente, ma abbiamo una serie di medie e grandi aziende che hanno iniziato a aprire stabilimenti in Cina negli ultimi anni. Preoccupate di chi sa quale forma di boicottaggio le autorità italiane si sono defilate abilmente e hanno preferito non incontrare il Dalai Lama. Bertinotti il grande difensore dei diritti umani, civili ha deciso di non concedere l’aula di Montecitorio, Napolitano, nostro Presidente della Repubblica, si è defilato evitando abilmente di fornire spiegazioni ufficiali, Rutelli gli ha dato il benvenuto, ma ha preferito non vederlo, e, a questo punto, considerate le terribili ritorsioni che potevano subire le nostre imprese, gli unici che lo hanno ricevuto sono stati i politici dell’ opposizione (Roberto Formigoni e Marco Zacchera) e Beppe Grillo, noto antipolitico. Le nostre imprese hanno iniziato a investire in Cina da alcuni anni, e negli anni 2002 e 2003 ebbi modo di conoscere l’allora Ambasciatore cinese in Italia, in occasione di un incontro con imprese italiane della toscana che avevano intenzione di investire nelle terre visitate da Marco Polo. I nostri imprenditori furono rassicurati su molti aspetti: logistici, fiscali, e organizzativi. Addirittura per superare l’ostacolo della lingua le autorità cinesi dissero che avrebbero inserito un funzionario in ogni azienda per redarre le pratiche burocratiche di routine e ogni adempimento annuale, questo almeno agli inizi.
Le parole dell’ Ambasciatore furono queste: “noi abbiamo bisogno di imparare il vostro modo di produrre e essere organizzati. Abbiamo bisogno che i nostri dirigenti e i nostri operai imparino il know how gestionale e di funzionamento dei macchinari. In cambio vi mettiamo in condizione di fare i vostri miliardi”. Noi gli serviamo quanto loro servono a noi se ragioniamo in una logica strettamente materialista, ed è probabile che, una volta messa in moto una struttura economica solida e autosufficiente anche grazie a ciò che avranno imparato dagli occidentali, possano fare a meno dei nostri aiuti, delle nostre imprese e dei nostri capitali. Se il Dalai Lama fosse stato ricevuto ufficialmente si sarebbero limitati alle solite proteste, come “succede tutte le volte”. Si sa come vanno certe cose: qualche nota diplomatica, un chiarimento, alcuni articoli sui quotidiani, un paio di passaggi nei telegiornali e dopo qualche settimana tutto passa. Inoltre la via d’uscita diplomatica l’avevano suggerita le stesse autorità cinesi: sarebbe stato sufficiente, se proprio fosse stato necessario, specificare che veniva ricevuto in qualità di leader religioso e spirituale e non come rappresentante del governo in esilio, e aggiungere che tale visita non doveva essere interpretata come una presa di posizione politica dell’Italia a favore dell’indipendenza del Tibet.
I rappresentanti delle nostre istituzioni si sono dimostrati timorosi e attaccati a contingenti convenienze, che peraltro non erano a rischio, mentre hanno perso un’ occasione di avvicinarsi al nirvana. C’è riuscito molto meglio George W. Bush.
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