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martedì 10 febbraio 2009

Curiosità: Pier Paolo Pasolini sulla legge Merlin...

Tratto da "Comizi d'amore", di Pier Paolo Pasolini (1964)

Vox Populi speciale: Giorno del Ricordo Febbraio 2008...

VOX POPULI il blog: Intervista alla professoressa Tramontina sull'eccidio delle foibe. Leggi l'articolo "il coraggio di restare italiani!" su voxpopulisalerno.blogspot.com

Fonte: http://www.youtube.com/user/VoxPopuliSalerno

GIORNO DEL RICORDO

GIORNO DEL RICORDO 2008...

Video del Concerto Letterario del Mitteleuropa Ensemble Chamber Quartet.

Un evento multimediale di musica e poesia.

Musica popolare dell'Istria veneta, canti dell'Esodo e i grandi poeti istroveneti del '900

Mitteleuropa Ensemble Chamber Quartet

La via del Jazz Italiano all'intersezione di popoli e culture dell'Adriatico orientale e Mitteleuropa

Sabrina Sparti, vocal
Laura Bagarella, voce recitante
Mario Fragiacomo, tromba e flicorno
Roberto Favilla jr., pianoforte

Video realizzato da Samuele Fragiacomo per Mitteleuropa Ensemble.
Realizzazione 2008

Ancora ricordiamo un anno dopo...sempre...
IL GIORNO DEL RICORDO DELLE VITTIME DELLE FOIBE!

Fonte: http://www.youtube.com/user/MITTELEUROPAENSEMBL

Chinese Premier Wen Jiabao in China Sichuan Earthquake...

IO STO CON LA CINA!!!

L'America in Europa nell'immediato dopo guerra ha contribuito al finanziamento della ricostruzione con il piano Marshall, considerando la situazione in cui le Nazioni Europee versavano, non credo si possa criticare tale piano anche se poi qualche buon tempone Statunitense nè ha sicuramente approfittato per speculare e fare affari con i politicanti e gli imprenditori locali...l'egemonia Americana in Europa era cominciata da lì!!! Ma oggi con l'Unione Europea di quella egemonia non nè rimane che qualche scampolo....per quanto riguarda il Tibet ribadisco il necessario dialogo tra il Dalai Lama ed il Governo Cinese per trattare una più ampia autonomia ma senza concedere l'indipendenza dalle autorità e dai confini Cinesi!!!

di Alexander Mitrokhin

Wen Jiabao visited Chinatown in London on 31st Jan 2009

La Cina e l'emergenza mussulmana...

di Alberto Rosselli

Lo spirito revanscista che da anni agita il multiforme ed inquieto mondo islamico non soltanto continua a mantenere in allarme l’Occidente (vedi il recente e sanguinoso attentato di Londra), ma coinvolge e destabilizza anche l’apparentemente granitico pianeta Cina, proiettato, almeno sotto il profilo economico, verso un futuro liberista, ma comunque condizionato da un sistema di governo marxista, dispotico, accentratore e schizofrenico: accondiscendente cioè nei confronti della nuova ‘casta’ dei neocapitalisti, ma totalmente contrario a concedere le libertà più elementari al popolo e alle molteplici minoranze etnico-religiose del paese, fomentando – è il caso della numerosa comunità mussulmana – un senso di ribellione che sta tramutandosi in una dura opposizione in parte strumentalizzata da diversi movimenti terroristici mediorientali (1).
L’esecuzione avvenuta pochi mesi fa a Kashi (nel Sinkiang, estremo lembo occidentale della Cina) di nove guerriglieri mussulmani accusati di “sedizione armata”, ha segnato l’ultimo drammatico capitolo di una vasta e assai poco nota rivolta che da anni insanguina questa remota regione percorsa nel Medioevo dalle carovane che collegavano l’Impero Celeste all’Occidente.
Nata in maniera spontanea (ma successivamente appoggiata e finanziata dai movimenti talebani afgani, da alcune frange fondamentaliste legate ad Al Khaida e a Bin Laden e, sembra, dal Sudan e dall’Iran) nel corso del 2002 la ribellione mussulmana ha iniziato ad estendersi, costringendo il governo di Pechino a dispiegare nel Sinkiang - e, più precisamente, nella regione dell’Uighur - quasi 80.000 soldati e decine di migliaia di, agenti e poliziotti, dotati di carri armati, mezzi blindati, armi pesanti, aerei ed elicotteri. Gli Uighur, etnia di religione mussulmana e di lingua turca (gruppo che costituisce il 60% della popolazione dell’intera regione, abitata da 16 milioni di individui), sono stati infatti i primi ad aderire in massa alla sommossa anti-cinese.
Come è noto, dalla fine della Guerra Civile (1949) Pechino vanta, almeno formalmente, e nonostante gravi attriti con Mosca, un totale ed ormai riconosciuto controllo su tutto il Sinkiang, estesa e desolata regione, abitata oltre che dagli Uighur anche da elementi tagiki, kazaki e kirghisi, anch’essi in gran parte mussulmani e tradizionalmente insofferenti sia nei confronti della Russia sia nei confronti della Cina. Nel XVIII e nel XIX secolo il Turkestan orientale (o Sinkiang), il bacino del Tarim e la Zungaria furono teatro di numerose ribellioni islamiche, soppresse nel sangue dagli imperatori celesti e, successivamente, nel XX secolo, la porzione più rilevante di questi popoli, sottomessi con la forza da Mosca, tentò a sua volta di ribellarsi contro il sistema comunista sovietico, dando vita negli anni Venti alla famosa, ma sfortunata ‘Rivolta dei Basmachi’ guidata dall’ex leader ottomano Enver Pasha, fautore e capo del Movimento Panturanico (2).
Ma ritorniamo al presente. Da circa cinquant’anni, nel tentativo di colonizzare con elementi cinesi il Sinkiang, spodestando ed assimilando di fatto gli Uighur, Pechino ha emanato ‘a beneficio’ di questa minoranza numerosi provvedimenti restrittivi della libertà di assemblea e di parola, esercitando sulla regione – forse in maniera ancora più dura di quanto non abbia fatto in Tibet – un controllo poliziesco asfissiante. Controllo che ha indotto i più autorevoli rappresentati del Movimento Islamico Cinese a parlare, per il Sinkiang, di una vera e propria “politica di conquista e di discriminazione nei confronti della popolazione locale di chiaro stampo stalinista, non esente da persecuzioni carcerarie, deportazioni e omicidi”. Nel 1942, l’etnia Uighur costituiva il 78% della popolazione del bacino del Tarim, ma attualmente questa percentuale sembra essere scesa al 48% “proprio e soprattutto a causa delle numerose deportazioni di massa che il governo cinese ha attuato a partire dal 1949”. Già nei primi anni Cinquanta, le continue vessazioni ai quali erano sottoposti avevano costretto circa 20.000 Uighur a fuggire oltre confine e a trovare asilo nelle repubbliche sovietiche confinanti, dove ricevettero però un trattamento non certo migliore. Per tentare di ridurre al minimo la popolazione mussulmana delle regioni occidentali, verso la metà degli anni Settanta, il governo di Pechino intensificò il processo di colonizzazione, trasferendo nel Sinkiang decine di migliaia di contadini cinesi Han, avviando nel contempo una massiccia campagna di sterilizzazione forzata che ebbe come obiettivo le donne Uighur. Ma a rendere ancora più cruciali i rapporti tra cinesi e Uighur furono però i cosiddetti “piani economici popolari” varati negli anni Ottanta che favorirono di fatto lo sviluppo e la crescita economica dell’etnia cinese locale. Il tutto a detrimento dei diritti e della libertà degli Uighur.
Intervistato in proposito, il sindaco di Retina, città situata non lontano da Kashghar, lungo la leggendaria Via della Seta, sostiene che da anni Pechino stia investendo centinaia di milioni di dollari in un grande progetto di irrigazione che consentirà a circa un milione di agricoltori del Sichuan di traslocare nella regione e prendere possesso delle terre mussulmane. (2) “I cinesi ci stanno privando di tutto. Prima Pechino utilizzava le nostre terre per effettuare i suoi esperimenti nucleari (tra il 1965 e il 1999, nella zona del Lop Nor, sono stati fatti esplodere 45 ordigni all’idrogeno, causando l’irradiamento e la morte di non meno di 250.000 Uighur, ndr) ed ora vuole addirittura cacciarci dai nostri campi e dalle nostre abitazioni”.
Ma non è tutto. Come riferiscono esponenti mussulmani, i molti funzionari e burocrati di etnia Han inviati nel Sinkiang per “dirigere e coordinare lo sviluppo della regione” hanno istituito un sistema di gestione del territorio e della sua popolazione estremamente rigido e discriminatorio, escludendo da tutti i centri di potere e decisionali, anche quelli marginali, i membri della comunità Uighur. E tutto ciò, “in nome dello sviluppo armonico della grande e solidale ‘famiglia cinese’,proiettata verso un futuro di pace e di progresso”. Da qui l’ondata delle violente ribellioni che da dieci anni stanno mettendo a soqquadro l’intera Cina occidentale, senza per altro suscitare la benché minima attenzione da parte dell’ONU o dei movimenti pacifisti – soprattutto italiani - evidentemente troppo impegnati a seguire le disavventure di altre minoranze, come quella palestinese. Dal canto loro, le grandi potenze occidentali, probabilmente non molto interessate a mettere il naso negli affari interni del governo di Pechino, già infastidito per le troppe attenzioni concesse, soprattutto dagli Usa, ai tibetani e al loro paese soggiogato e governato con la forza, alla stregua di una colonia, preferiscono – almeno per il momento -tenersi alla larga dall’’emergenza Sinkiang’.
Isolata, ma non certo rassegnata, dall’inizio degli anni Novanta, la minoranza mussulmana del Sinkiang ha imboccato dunque la strada della resistenza, sia passiva che attiva, contro la Cina, organizzando grandi manifestazioni di protesta ed iniziando ad allacciare rapporti con i movimenti fondamentalisti islamici ed attuando anche diversi attentati, il primo dei quali è stato compiuto nella città di Urumqui. Il 25 febbraio 1997, un gruppo di insorti ha, infatti, piazzato ordigni esplosivi su tre autobus, uccidendo 5 persone e ferendone 60. E sempre nel ‘97, nella città di frontiera di Yining migliaia di manifestanti sono scesi in piazza in seguito all’arresto, da parte della polizia cinese, di alcune dozzine di mussulmani accusati di “sovversione ed alto tradimento”. Secondo resoconti clandestini, centinaia di giovani hanno affrontato la polizia, scontrandosi con essa. Poi hanno sfasciato negozi e auto, attaccando ed incendiando uffici pubblici e abitazioni dei cinesi appartenenti all’etnia Han.
Tre giorni dopo le violenze ad Urumuqi, il governo di Pechino ha commentato sinteticamente gli episodi di violenza, sottolineando però “l’assoluta sicurezza della regione, controllata dalle forze di polizia”. Le autorità cinesi hanno addossato la colpa dei gravi disordini di Yining - che hanno provocato diversi morti, centinaia di feriti e alcuni milioni di euro di danni - ad un “minuscolo gruppo di elementi sovversivi mussulmani” accusati di “volere frantumare l’unità della patria”. Versione, quest’ultima, ovviamente, contestata dai capi del Movimento Islamico. “Sono stati i cinesi ad avviare una politica di violenta repressione nei nostri confronti. Noi Uighur combatteremo per la nostra libertà e indipendenza”, ha dichiarato il leader mussulmano Azat Akimbeck testimone – così, almeno egli sostiene - di altre “precedenti, civili manifestazioni, soffocate nel sangue dalla polizia cinese”.
Secondo i resoconti di Akimbeck, nella notte del 4 febbraio 1996, numerosi reparti cinesi della Sicurezza Pubblica circondarono – “senza alcun valido motivo” - il quartiere mussulmano di Yining, effettuando perquisizioni nelle abitazioni e nelle moschee ed arrestando centinaia di religiosi e civili. E il mattino seguente, un migliaio di giovani mussulmani scese per le strade della città protestando per l’accaduto e pretendendo che i capi della polizia comunista riferissero circa il destino delle persone arrestate nella notte. “Si trattò - ha precisato Muhitdin Mukhlisi, uno dei capi del movimento mussulmano di Almaty – di un corteo assolutamente pacifico. Purtroppo, la polizia comunista agì con la forza, pestando ed arrestando alcune centinaia di ragazzi.” Mukhlisi ha ammesso tuttavia che alcuni dimostranti, armati di pietre e bastoni, assalirono un gruppo di poliziotti dotati di fucili a ripetizione, ma non ha spiegato se prima o dopo le cariche degli agenti. Durante i tafferugli almeno una decina di Uighur rimasero uccisi o feriti e così altrettanti poliziotti. Secondo alcuni testimoni occidentali, le forze dell’ordine cinesi utilizzarono gas lacrimogeni e cannoni ad acqua, ma anche armi da fuoco. In seguito a questo scontro, la polizia e l’esercito misero la città in stato d’assedio, chiudendo il vicino confine con il Kazakistan per cinque giorni. I media governativi riferirono della morte, per mano dei rivoltosi, di circa una decina di persone. Anche se, come da copione, i capi del Movimento Islamico in esilio ad Almaty sostennero che la polizia cinese uccise 70 manifestanti, più ad altri 31 successivamente freddati nel cortile della locale caserma di Pubblica Sicurezza.
Un certo numero di capi Uighur della comunità di Almaty è convinto che il governo cinese stia per scatenare una vasta campagna di soppressione e che una particolare direttiva segreta emanata dal partito comunista (documento del Partito Centrale N° 8), contro “il separatismo nazionale e le attività religiose illegali” confermerebbe questa ipotesi. D’altra parte, ricordiamo che nel 1950 la prima Repubblica cinese mussulmana creata nel 1944, venne schiacciata da Mao, e che la successiva promessa di dare vita ad una Regione Autonoma Uighur non fu mai mantenuta né da Mao né dai suoi successori. “Le cosiddette ‘tutele’ contenute nella costituzione cino-comunista relative alla libertà di religione sono soltanto una truffa”, ha dichiarato Babur Makhsut, ex-membro del partito comunista ed ex sindaco mussulmano di Hetian, fuggito nel 1995 in occidente. “In questi ultimi anni – continua Makhsut – in molte città del Sinkiang si sono verificate spontanee sollevazioni da parte della popolazione mussulmana: rivolte che hanno portato all’arresto di circa 3.000 persone”.
Secondo gli scarni e reticenti resoconti ufficiali redatti dalle autorità di Pechino (ed in seguito confermati da esponenti del Movimento islamico), la prima grande insurrezione mussulmana nel Sinkiang sembra essersi verificata nel 1990 a Barin, vicino alla città di Kashghar. Qui, un grosso gruppo di ribelli mussulmani armati occupò per qualche ora il locale municipio, massacrando tutti i funzionari cinesi e proclamando una sorta di auto-governo. Poche ore più tardi, un reparto blindato dell’esercito cinese riconquistò l’edificio, uccidendo almeno 200 rivoltosi. Successivamente, le autorità proclamarono la legge marziale e il coprifuoco. In quell’occasione, Pechino riferì che queste straordinarie misure restrittive si erano rese anche necessarie “per contenere le bande di criminali mussulmani che, attraverso il traffico della droga e il contrabbando di armi, alimentano il Movimento islamico separatista in Cina occidentale”. Accuse, queste, che vennero respinte con decisione dai rappresentanti mussulmani Uighur in esilio. “La loro strategia è quella di impedire agli Uighur di riunirsi e di praticare i più elementari diritti, compreso quello del credo religioso. La verità è che Pechino vuole annientare la nostra comunità” sostiene Babur Makhsut.
Sempre secondo Makhsut, nel luglio 1995, a Hetian, sul confine meridionale del deserto di Takimakan, la polizia cinese cercò di impedire alla comunità mussulmana di assistere al servizio di preghiera del venerdì officiato dall’imam locale, che in seguito fu arrestato con l’accusa di fomentare la rivolta. Secondo l’ex-sindaco della città, Babur Makhsut, fuggito in Occidente, “ad Hetian la polizia cinese uccise una cinquantina di persone e ne ha arrestate non meno di 500”. Ma c’è dell’altro. “Nel 1996, nella città di confine di Aksu, a sud di Yining, migliaia di Uighur sono stati arrestati senza motivo dalla polizia e 20 di questi condannati a morte dai tribunali militari”. Almeno così sostengono i leader mussulmani. Tra il 20 aprile e il 9 giugno 1996 – sostengono altri osservatori - una durissima repressione delle forze dell’ordine cinesi avrebbe portato alla carcerazione di 2.700 Uiughur, anche se rappresentanti di questa minoranza all’estero si è parlato addirittura di 18.000 arresti.
Secondo le ultime notizie provenienti dal Dipartimento degli Esteri statunitense e dalla CIA, attualmente la situazione nel Sinkiang “mussulmano” si sta facendo sempre più pesante e il rigido atteggiamento di Pechino altro non farebbe che renderla ancora più esplosiva. Preoccupati dal progressivo estendersi del fenomeno fondamentalista e da quello del terrorismo internazionale di matrice islamica, gli Stati Uniti (accusati, una decina di anni fa, da Pechino di appoggiare attraverso la CIA gli “indipendentisti islamici”) auspicherebbero, da parte del governo cinese, una politica più attenta, severa, ma anche e soprattutto più saggia, in modo da isolare le cellule rivoluzionarie più estremiste, salvaguardando però l’insieme della popolazione mussulmana del Sinkiang incline per tradizione a professare un credo religioso abbastanza moderato. Staremo a vedere come la Cina saprà gestire un problema che essa, purtroppo, giudica di sua esclusiva competenza, ma che in realtà, e malauguratamente, riguarda, per i suoi risvolti e i suoi inevitabili contraccolpi, l’intero consesso internazionale.

Fonte: http://www.iostoconoriana.it

Londra, scarpa contro il premier Cinese Wen Jiabao...

Mentre Eluana Englaro veniva trasferita alla Clinica medica di Udine dove poi morirà la sera del 9 Febbraio 2009 per volontà umana, il Premier Cinese Wen jabao schivava una scarpa lanciata da uno studente durante una visita all'Università di Cambridge. Protagonista del gesto di protesta appunto fù il primo ministro cinese Wen Jiabao...

DOPO LA MORTE DI ELUANA PDL E PD PIU' VICINI SUL TESTAMENTO BIOLOGICO...

Maggioranza e opposizione hanno trovato l'accordo su come proseguire l'iter parlamentare di discussione del disegno di legge sul testamento biologico.

In tarda serata, dopo che la notizia della morte di Eluana Englaro si era diffusa alle 20.10, Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd al Senato, chiedeva formalmente al governo di sospendere la discussione sul disegno di legge che sarebbe servito per riprendere l'alimentazione e l'idratazione di Eluana. La proposta era quella di riprendere il confronto sul testamento biologico nella Commissione Sanita' di Palazzo Madama.

Il si' a questa ipotesi e' venuto da Maurizio Sacconi, ministro del Welfare, che pur dicendosi rammaricato per il ritardo parlamentare che in caso contrario avrebbe potuto salvare Eluana, concordava sull'idea di riprendere la discussione sul testamento biologico dopo aver avuto il tempo per lavorare a un testo ampiamente condiviso. ''Se la novita', come appare, e' costituita dalla disponibilita' dell'opposizione a garantire un esame del provvedimento di regolazione della fine vita, penso sia accettabile l'ipotesi di avviare l'esame nelle prossime due settimane con l'impegno che il presidente del Senato voglia garantire un iter certo dei lavori'', ha detto il ministro Sacconi nell'Aula del Senato.

In questo modo si stemperavano le polemiche con le quali era stata accolta la notizia della morte di Eluana Englaro.

Il Pd decideva intanto, in segno di rispetto per la defunta, di rinviare tutte le iniziative pubbliche previste per la giornata di oggi (anche la manifestazione a Roma in difesa della Costituzione a cui avrebbe dovuto prendere parte Oscar Luigi Scalfaro, presidente emerito della Repubblica).

Questa mattina l'Aula del Senato si limitera' a discutere una mozione presentata dalla maggioranza in cui la nutrizione e l'idratazione forzate non sono equiparate al cosiddetto ''accanimento terapeutico''.

Non e' stato facile giungere a questo accordo bipartisan.

Dopo che Renato Schifani, presidente del Senato, aveva chiesto un minuto di silenzio dell'Aula di Palazzo Madama dopo aver appreso la notizia della morte di Eluana Englaro, si era infatti scatenata la bagarre tra maggioranza e opposizione.

''Eluana non e' morta, e' stata ammazzata'', diceva ad esempio Gaetano Quagliariello, vice capogruppo del Pdl. ''Si sta compiendo sulla morte di Eluana l'ennesimo atto di sciacallaggio politico'', replicava Anna Finocchiaro dai banchi del Pd. Il presidente del Senato e' stato percio' costretto a sospendere la seduta per evitare la degenerazione del dibattito in Aula.

A usare parole molto polemiche era anche Maurizio Gasparri: ''E' stata eutanasia''. Il presidente dei senatori del Pdl attaccava anche il capo dello Stato Giorgio Napolitano, che pochi minuti prima aveva raccomandato ''il silenzio che un naturale rispetto umano esige da tutti''. Per Gasparri, invece: ''Questo non e' il tempo del silenzio.

Quando si fara' la storia di questa vicenda peseranno le firme messe e quelle non messe''.

Il riferimento alla mancata firma del presidente Napolitano sul decreto legge messo a punto dal governo venerdi' scorso ha suscitato la ferma reazione di Gianfranco Fini, presidente della Camera: ''Gasparri e' un irresponsabile che dovrebbe imparare a tacere perche' il rispetto per la massima autorita' dello Stato dovrebbe animare chiunque, in particolar modo il presidente del gruppo di maggioranza numericamente piu' consistente''.

Il premier Silvio Berlusconi si limitava a precisare di aver appreso ''con profondo dolore la notizia della morte di Eluana Englaro'' e di avvertire un sentimento di ''grande rammarico per il fatto che sia stata resa impossibile l'azione del governo per salvare una vita''.

''Che il signore l'accolga e perdoni chi l'ha portata a questo punto. se l'intervento umano si fosse rivelato decisivo per la morte di Eluana continuerei a ritenerlo un delitto'', e' stato il commento del cardinale Javier Lozano Barragan, ministro della salute del Vaticano.

C'e' anche uno strascico polemico che riguarda i media.

Enrico Mentana ha annunciato le dimissioni da direttore editoriale di Mediaset perche' ''di fronte a un dramma che scuoteva il paese intero, si e' deciso di non cambiare di una virgola la programmazione di Canale 5''. Mentana ha potuto mandare in onda la sua trasmissione ''Matrix'' solo intorno alla mezzanotte di ieri, dopo la conclusione della puntata di ''Il grande fratello''.

Fonte: www.asca.it

Chi era Eluana Englaro...

E’ sempre stata una ragazza dal caratterino poco malleabile, Eluana, la donna che, nel silenzio del suo stato vegetativo, ha quasi lacerato il sistema istituzionale, messo in crisi i rapporti tra i vertici dello stato, incrinato quelli con il Vaticano, lacerato tutte le coscienze. Ne sanno qualcosa i suoi genitori ai quali, a soli 11 anni, come racconta il padre, aveva detto una volta mentre tentavano di dissuaderla da una sua impresa: “Che cosa c’entrate voi con la mia vita?”. Se aveva risposto così al padre e alla madre che l’adoravano chissà come si sarebbe ribellata quando la sua vita è stata invasa in ogni dettaglio ed erano in tanti a voler decidere sulla sua morte.

L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA. Eluana nasce a Lecco il 25 novembre del 1970. I genitori, papà Beppino e mamma Saturna (chiamata da tutti Sati) vorrebbero chiamarla Etrusca, ma l’ufficiale del comune si oppone. Così optano per Eluana. E’ un nome che non esiste, ma accontenta il desiderio di mamma e papà di rendere unica la loro bambina, doppiando le iniziali E.E. Eluana frequenta l’asilo, le scuole elementari e le medie negli istituti vicini a casa, una palazzina con vista sul lago, dove vivono ancora i genitori. Al momento dell’iscrizione alle superori sorgono i primi problemi. Vuole frequentare una scuola che le garantisca una buona preparazione delle lingue straniere, ma l’unica in città è gestita dalle suore, il liceo linguistico Maria Ausiliatrice di Lecco. Accetta malvolentieri, come racconterà il padre nel suo libro, perché è molto insofferente alle eccessive regole. Comunque frequenta regolarmente i cinque anni e si diploma nel 1989.

UNA GIOVANE DONNA. Alta, bella, magra, mora, i lunghi capelli sulle spalle, è una ragazza piena di voglia di vivere. Veste alla moda, ha molti amici, che la considerano un pò l’animatrice del loro gruppo. Ha un carattere molto forte e deciso, ma la sua esuberanza, nasconde anche una grande riservatezza. Non vuole venga invasa la sua intimità, ha un naturale pudore per tutto ciò che la riguarda. Difficile esca di casa se non si sente perfettamente a posto e a suo agio. Come tutte le donne del resto. Proprio conoscendo questo aspetto del suo carattere il padre si è opposto con tutte le sue forze a mostrare la figlia come era diventata. Terminate le superiori si iscrive alla facoltà di giurisprudenza alla Statale di Milano, ma il percorso di studi non le piace e nel 1991 passa alla Cattolica, facoltà di Lingua e Letteratura Straniere. Tra i corsi di studi Inglese e Tedesco. Non ha molto tempo per frequentare.

L’INCIDENTE. Tre mesi dopo l’iscrizioneall’università, l’incidente, il 18 gennaio del 1992, quando la sua auto, una Bmw, sbanda sull’asfalto ghiacciato e sfonda un muro. Riporta una trauma cranio-encefalico con lesione dei tessuti cerebrali corticali e subcorticali. Entra in stato di coma profondo, quindi in quello di stato vegetativo permanente con tetraparesi spastica e perdita di ogni facoltà psichica superiore, e di ogni funzione percettiva e cognitiva. Eluana passa da un ospedale all’altro. Per qualche tempo rimane ricoverata a Sondrio, in un reparto speciale dove vengono praticate terapie per risvegliare i pazienti in coma. Le amiche più care la vanno a trovare e le fanno ascoltare le canzoni di Claudio Baglioni, il suo cantante preferito. Nel 1995 viene trasferita a Lecco, nella clinica beato Luigi Talamoni, gestita dalle suore Misercordine. In un letto al secondo piano della casa di cura resta fino a lunedì notte della scorsa settimana, il 2 febbraio, quando viene portata a Udine. Aveva 21 anni quando i suoi sogni si sono spezzati nell’incidente. Ne aveva 38 quando è morta. Diciassette li ha passati addormentata in un letto di ospedale.

Fonte: http://smnewsblog.wordpress.com

Eluana Englaro, tutte le tappe della vicenda...

18 gen 1992 - Dopo un incidente d’auto, Eluana, 20 anni, cade in uno stato vegetativo permanente. Ricoverata a Lecco, è alimentata con un sondino. La ragazza respira autonomamente pur senza coscienza, a causa della corteccia cerebrale necrotizzata.
1993 - Dopo un anno, la regione superiore del cervello di Eluana è andata incontro a una degenerazione definitiva. I medici non lasciano alcuna speranza di ripresa.
1994 - Eluana entra nella casa di cura di Lecco “Beato L.Talamoni”, delle suore misericordine. Deve essere alimentata con un sondino nasogastrico e idratata. Le suore l’assistono con amore. Ogni giorno sistemano Eluana su una sedia a rotelle e la portano a fare un giro nel giardino.
1999 - Beppino Englaro chiede al tribunale di Lecco di poter rifiutare l’alimentazione artificiale della figlia. Ma i giudici dicono no.
2000 - Beppino si rivolge anche al presidente Ciampi, e dice che Eluana aveva detto che non avrebbe mai accettato di vivere in quelle condizioni.
2003 - Viene ripresentata la richiesta di lasciar morire Eluana, ma tribunale e Corte d’Appello la respingono. E così accadrà ancora nel 2006.
2005 - Il 20 aprile la Cassazione avalla la decisione dei giudici milanesi presa nel 203, ma apre uno spiraglio alla richiesta del padre, ritenendo che la stessa non poteva essere accolta perché, tra l’altro, mancavano “specifiche risultanze” sulle reali volontà della ragazza.
2007 - 16 ott la Cassazione rinvia di nuovo la decisione alla Corte d’Appello di Milano, sostenendo che il giudice può autorizzare l’interruzione in presenza di due circostanze concorrenti: lo stato vegetativo irreversibile del paziente e l’accertamento che questi, se cosciente, non avrebbe prestato il suo consenso alla continuazione del trattamento.
9 lug 2008 - la Corte d’appello di Milano riesamina la vicenda e autorizza la sospensione dell’alimentazione.
10 lug - Il quotidiano Avvenire parla di “pena di morte”, di una “mostruosità”, riferendosi alla sentenza di Milano, di fronte alla quale “non ci si può rassegnare all’inchino”.
14 lug - Giuliano Ferrara, direttore de il Foglio, promuove, assieme al Movimento per la Vita, l’iniziativa di deporre sul sagrato del duomo di Milano bottiglie di acqua per protestare contro una sentenza che condanna Eluana a morire di fame e di sete. Bottiglie d’acqua anche davanti al Campidoglio, a Roma.
16 lug - Camera e Senato sollevano un conflitto di attribuzione contro la Cassazione, il caso finisce in Corte Costituzionale. E scoppiano le polemiche. Il comitato “Scienza e Vita” lancia un appello contro la sospensione delle cure, cui aderiscono parlamentari e cittadini, Famiglia Cristiana, 25 neurologi, il quotidiano Avvenire. Intervengono anche le suore che si occupano della donna.
3 set - la famiglia chiede alla Regione Lombardia di indicare una struttura dove eseguire quanto stabilito dalla Corte d’appello, cioé interrompere definitivamente l’alimentazione artificiale e l’idratazione. Ma la Regione dice no.
8 ott - La Corte Costituzionale dà ragione a Cassazione e Corte d’Appello (che avevano stabilito le condizioni per l’interruzione dell’alimentazione).
11 ott - Le condizioni di Eluana si aggravano a causa di un’emorragia interna.
13 ott - Il prof. Umberto Veronesi, oncologo di fama mondiale e gà ministro della salute, dice che “come persona Eluana è morta 16 anni fa”.
10 nov - Il sottosegretario alla sanità Eugenia Roccella, già leader del comitato Scienza e Vita, lancia un appello alla Cassazione: “ci ripensi, perché sarebbe la prima volta in Italia che qualcuno muore, tra l’altro di fame e di sete e con un’agonia di almeno 15 giorni, per effetto di una sentenza”.
11 nov - Il card. Javier Lopez Barragan, dichiara che sospendere l’idratazione e l’alimentazione in un paziente in stato vegetativo è “una mostruosità disumana e un assassinio”. Secondo gli avvocati della famiglia Englaro, secondo i quali invece “è ora che Eluana venga lasciata morire come chiede suo padre da 16 anni”.
9 Febbraio 2009 - Dopo 4 giorni l'aver staccato la macchina che nutriva e dissetava Eluana, la ragazza alle 20:10 muore dopo un improvviso attacco cardiaco.

Fonte: http://blog.panorama.it/

ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!