Rimpianto di una migliore qualità della vita e espressione di appartenenza ad un comune milieu culturale, la jugo-nostalgia esula da una sfera unicamente politica e coinvolge vecchi e giovani. Che ora dicono: "Era meglio".
Neppure un mese fa, il 25 maggio, gente comune e ex combattenti partigiani hanno celebrato il compleanno di Josip Broz Tito, il presidente jugoslavo morto nel 1980, a Kumrovec, suo luogo di nascita. Ora, il 22 giugno prossimo, Zagabria ospiterà la presentazione del libro “Lessico della mitologia jugoslava”. I due eventi, apparentemente non collegati fra loro, dimostrano che una parte della popolazione croata continua a serbare una certa nostalgia per la Jugoslavia, il rimpianto per la vita nell’ex Stato dei Serbi, Croati, Bosniaci, Sloveni, Montenegrini, Macedoni e Albanesi.
Mentre il raduno nella Kumrovec di Tito, luogo che una volta rappresentava la meta obbligatoria di gite scolastiche, rappresenta una cerimonia quasi rituale dei rimanenti antifascisti, il libro che verrà presentato a Zagabria è una vera enciclopedia della jugo-nostalgia.
Uno degli editori, Đorđe Matić, di Zagabria, afferma che questo libro, piuttosto corposo, con le sue 400 pagine e quasi un migliaio di note, è un promemoria di ogni cosa che i cittadini della ex Jugoslavia ricordano ancora oggi con rimpianto a proposito dei suoi 50 anni di esistenza. Tra le mille voci del “Lessico della Mitologia Jugoslava” ci sono notizie sulla prima macchina jugoslava, la italiana Fiat 750, costruita sotto licenza; i viaggi a Trieste per comprare beni dell’Europa occidentale che non si potevano trovare nei negozi della Jugoslavia; i primi gruppi rock jugoslavi; le vacanze di massa nelle residenze estive dei lavoratori, i viaggi delle squadre di lavoro giovanili, e personalità come quella del presidente Tito.
La nostalgia per la Jugoslavia è davvero così diffusa nella società croata odierna? La questione è stata nuovamente sollevata quando i voti della Croazia hanno assegnato il massimo dei punti alla canzone della Serbia e Montenegro al festival della canzone Eurovision, che si è tenuto a Istanbul all’inizio di maggio.
Se una cosa simile fosse capitata solo 5 o 6 anni fa, durante la presidenza di Franjo Tuđman, si sarebbero avute grandi reazioni da parte dei politici e commenti sui giornali e le televisioni controllati dal governo, che avrebbero definito l’episodio come un tradimento. Allo stesso tempo, si sarebbe lanciata una battaglia contro le “forze non ancora sconfitte” che rifiutano di vedere la Croazia come un Paese autonomo, sovrano e indipendente, e che invece cercano di restaurare la Jugoslavia.
In effetti, la jugo-nostalgia era considerata più o meno come tradimento durante il governo autocratico del presidente croato Franjo Tuđman (1990-1999). La paranoia di Tuđman aveva portato a cambiare i nomi delle squadre di calcio, anche se i tifosi della popolarissima “Dinamo” di Zagabria, il cui nome era stato cambiato in “Croazia”, continuavano a gridare il “sacro nome di Dinamo” durante le partite. Tuđman aveva detto loro che se volevano tifare la Dinamo era meglio se si trasferivano nella cittadina jugoslava di Pančevo, che aveva una squadra con lo stesso nome.
Ogni qualvolta ci fosse stata una espressione pubblica di rimpianto nei confronti di qualcosa che era bello nella Jugoslavia – fossero anche state cose assolutamente non minacciose come la musica o il cinema – lo si etichettava come jugo-nostalgia. Uno jugo-nostalgico era meritevole di disprezzo e persona non gradita nella società croata.
E tuttavia, il fatto che oggi i Croati abbiano attribuito il massimo dei punti proprio alla canzone della Serbia e Montenegro non ha causato particolare turbamento. Allo stesso modo, ora non c’è più molto trambusto rispetto alle magliette con l’immagine di Josip Broz Tito che vengono vendute in molti mercati in Croazia.
“Le magliette sono acquistate soprattutto dalla generazione più giovane, quelli che non erano neppure nati quando Tito è morto - ci dice un venditore al mercato di Osijek, la quarta città più grande della Croazia, nel nord est del Paese. Vedono queste magliette così come noi vedevamo quelle con il volto di Che Guevara, dice il negoziante, il cui commercio sembra andare bene.”
“I film serbi si vendono bene - dichiara il proprietario di una videoteca di Vukovar, la città croata che ha più patito durante la guerra tra Croazia e Jugoslavia nel 1991, e che è oggi considerata come un simbolo della sofferenza della Croazia. Io credo che si tratti di jugo-nostalgia. La gente si sente più vicina a questi film che a quelli stranieri. Capiscono la lingua, e le situazioni affrontate sono simili a quelle che vedono nel proprio Paese.”
Dražen Lalić, noto sociologo di Zagabria, ha un’opinione simile: “La jugo-nostalgia è un sentimento molto comune in un segmento della popolazione, e non solo tra i più anziani, ma anche tra i più giovani. Questi ultimi, tuttavia, lo sentono solamente a livello culturale, e non politico”, spiega Lalić. “Dopo una lunga insistenza sul fatto che la Croazia appartiene esclusivamente al milieu culturale della Europa centrale e mediterranea, ora diventa sempre più evidente che, prendendo in considerazione lo stile di vita dei propri cittadini, la mentalità, i simboli e tutto quanto costituisce la cultura, la Croazia appartiene anche al milieu culturale balcanico. E noi associamo questo con la Jugoslavia, così che tutti quelli che sentono come proprio questo milieu – perché ne comprendono la lingua e la vicinanza culturale – vengono definiti jugo-nostalgici.”.
Lalić sostiene che gli jugo-nostalgici politici comprendono un numero poco significativo di anziani e di persone che hanno perso le proprie posizioni politiche al momento della divisione del Paese. Oggi, ricorda Lalić, le persone di questo tipo sono molto poche.
“La jugo-nostalgia esiste, ma la gente non rimpiange la Jugoslavia come ex Stato; rimpiangono la qualità della vita di cui lì potevano godere. Credono che la vita fosse molto migliore in Jugoslavia – erano più sicuri, avevano uno standard di vita superiore, un lavoro sicuro e un miglior sistema sanitario di quello che hanno ora” - afferma Milanka Opačić, 36 anni, vice presidente del partito socialdemocratico (SDP), un partito che i nazionalisti accusavano di tendenze pro jugoslave mentre era al potere nel corso degli ultimi 4 anni.
Le parole della nota esponente politica della giovane generazione riecheggiano in quelle di Josip Horvat, un pensionato, che lavorava per la grande ditta di Zagabria “Rade Končar”.
“Avevo un lavoro sicuro, una cosa che i miei figli non hanno; non dovevo pagare per la assicurazione medica addizionale, cosa che i miei figli invece devono fare; potevo camminare per Zagabria nel mezzo della notte, senza preoccuparmi del fatto che qualcuno avrebbe potuto derubarmi, cosa che ora invece neppure oso fare. Era meglio, la vita era più semplice e non c’erano così tanta criminalità e furti - dice Horvat.”
I politici e i media croati non spaventano più il pubblico con la possibilità di una restaurazione della Jugoslavia, come durante i tempi di Tuđman. La Croazia si sta avvicinando alla Unione Europea, nella quale spera di entrare nel 2007, insieme a Bulgaria e Romania. La Jugoslavia viene ora considerata come un qualcosa di andato per sempre, un tentativo politico fallito impossibile da resuscitare. Questo è il motivo per cui i rimanenti jugo-nostalgici in Croazia sono ormai considerati come dei romantici, non dei nemici dello Stato, come durante il periodo del governo del nazionalista Franjo Tuđman.
Fonte: http://www.osservatoriobalcani.org
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mercoledì 22 aprile 2009
Josip Broz Tito: La jugo-nostalgia dei croati!!!
Tribute to Josip Tito Broz...Nostalgia di Tito, riappare la scritta gigante!!!
Le dico: «Nonna, sai che è tornata la scritta Na Tito sul monte Sabotino?». Mia nonna stacca un attimo lo sguardo da Domenica in e mi risponde: «E dov' è il monte Sabotino?». Na Tito invece sa cosa significa. Lei, istriana di Orsera, sposa di un cannoniere della Marina che si è portato il ritratto di Mussolini fino a Trieste, lei italianissima figlia di contadini italianissimi, sa comunque cosa significa. Quell' espressione era dentro le canzonette che cantavano i drusi quando scendevano in paese a far baldoria. Le sue figlie - mia madre, mia zia - le canticchiavano anche in casa, per la felicità di mio nonno. Na Tito, Na Tito, nostro Tito. «Tito non era nostro, ma tua zia si tirava dietro tua madre (tu mare) alle feste, non se ne perdevano una, ballavano come matte». I miei nonni sono partiti per Trieste nel ' 49. Non erano certo dei simpatizzanti di Tito, ma non sono fuggiti, non sono stati scacciati. Se ne sono andati perché mia madre si era ustionata un piede e in più di sette mesi non avevano trovato un medico in grado di curarla. Ecco cosa ricorda mia nonna «fascista», ricorda la miseria, l' arretratezza di quei primi anni di regime titino, non la furia genocida, non le foibe. Le foibe sono una sciagura umana, vanno riesplorate, raccontate, analizzate nei libri di storia, ma non rappresentano che in minima parte i rapporti tra la popolazione italiana e quella iugoslava, né dell' epoca né di oggi. Esattamente come non li rappresenta il nostalgico revanscismo di quella cinquantina di sloveni che notte tempo hanno ricostruito, masso dopo masso, la scritta che grida - un po' striscione ultras, un po' HOLLYWOOD sulle colline di Los Angeles - il suo intransigente bagliore verso Gorizia. Decine e decine di pietre del peso di cinquanta chili l' una, ridisposte con cura certosina sulla parte meno cespugliosa della pendice Sud, per un' estensione di venticinque metri di altezza e cento di lunghezza. Un lavoro che sa tanto di risposta, di replica: sul monte Sabotino prima c' era un' innocua sigla SLO, composta il 25 giugno scorso per celebrare l' indipendenza della Slovenia. Ma prima non c' erano neanche i rigurgiti pseudo-foibologisti delle fiction televisive, non c' erano neanche le strumentalizzazioni di un dramma misteriosamente rimosso per cinquant' anni tanto da sinistra che da destra. Il «Cuore nel pozzo» è stato trasmesso anche dalla tv slovena. I sindaci del litorale sloveno stanno preparando un documento di condanna per come sono stati raccontati i fatti. E' ovvio - si tratta dell' ovvietà dei comportamenti umani - che qualche partigiano titino, di quelli che cantavano alle feste con mia zia e mia madre senza aver mai infoibato nessuno, finisse per alzarsi dal divano, spegnere la tv e tornare nei boschi a riscoprir vessilli. Na Tito, Na Tito. Questa terra di tutto ha bisogno tranne che di rivangare, sarebbe bene che i cantori della memoria (fino a ieri smemorati) lo tenessero a mente. I problemi veri sono quelli del presente. Sono, semmai, quelli della nostra omologazione, non della nostra diversità. Se uno si fa un giretto per i casinò di Nova Gorica, così sinistramente uguali a una qualsiasi delle nostre aree suburbane di svago, trova i pescatori di vongole di Chioggia, i mobilieri di Oderzo, i giocatori veneti, i poveri coi soldi, modelli di riferimento per i giovani sloveni, che pensano alla nuova fratellanza europea come via d' accesso per quel tipo di benessere, quel tipo di felicità. Certo, una fiction ambientata sulle Alpi Giulie di oggi sarebbe meno eroica, gronderebbe meno sangue, risulterebbe senz' altro meno seguita, ma magari aiuterebbe a capire di più chi siamo, cosa siamo diventati. Oggi la vanga non serve e quella scritta sul monte sarà presto mangiata dalle piogge. Riconsegno mia nonna a Domenica in e me ne vado con la convinzione che il monte Sabotino meriterebbe un film di Kusturica - con il prima e il dopo, con le scritte di pietre e il ritratto di Mussolini nel cassetto di mio nonno, con i drusi, mia zia, mia madre che ballano in piazza a Orsera - ecco cosa meriterebbe questo pezzettino d' Europa, più di mille ricostruzioni ad uso propagandistico. www.maurocovacich.it Le tappe 1945 Finita la Seconda guerra mondiale, nasce la Repubblica popolare e federale della Jugoslavia con a capo Josip Broz, detto Tito (nella foto): la Slovenia vi aderisce come repubblica federata 1991 Nella primavera del ' 90 la Slovenia è la prima Repubblica jugoslava a indire elezioni libere e a porre fine a 45 anni di comunismo. In seguito a un referendum, il 25 giugno 1991, proclama la sua indipendenza. L' anno dopo il nuovo Stato è riconosciuto dalla Comunità europea 2004 Il 16 aprile 2004 la Slovenia firma ad Atene la sua adesione all' Unione europea. Il 1° maggio ne entra a far parte a tutti gli effetti insieme ad altri nove Paesi LA STORIA E LA BEFFA
Covacich Mauro
Pagina 18
(21 marzo 2005) - Corriere della Sera
Fonte: http://archiviostorico.corriere.it
Forever Hero [Tito - Yugoslavia] - EX JUGOSLAVIA: CON CRISI CRESCE NOSTALGIA PER TITO!!!
(di Franco Quintano) (ANSA) - BELGRADO, 22 APR - A quasi trent'anni dalla morte, la figura di Jozip Broz Tito appare piu' popolare che mai in tutti i Paesi della ex Jugoslavia dove - complice la sfiducia e lo scoraggiamento legati alla crisi economica - si assiste a un fenomeno di autentica nostalgia nei confronti del maresciallo che guido' con la mano forte e con successo la Jugoslavia dalla fine della seconda guerra mondiale fino alla sua morte, il 4 maggio 1980. Proprio ieri le autorita' di Lubiana, la capitale slovena, hanno deciso di intitolare nuovamente a Tito una delle strade principali della citta' che nel 1991, con la proclamazione dell'indipendenza, era stata battezzata 'Via della Slovenia'. Strade e piazze intitolate a Tito restano a Belgrado (Serbia), Zagabria (Croazia), Podgorica (Montenegro), Sarajevo (Bosnia-Erzegovina), in Macedonia. A Belgrado riscuotono successo anche due iniziative turistico-rievocative: un giro attraverso i luoghi legati alla vita e all'attivita' del maresciallo, e un viaggio in treno, nel corso di un intero weekend, a Uzice (170 km a sudovest della capitale), principale centro del primo territorio in Europa liberato nel 1941 dall'occupazione nazista, grazie a Tito. Sempre nella capitale serba e' in corso una mostra, con grande afflusso di visitatori da tutta la ex Jugoslavia, dove sono in visione oggetti, ritratti e doni offerti a Tito (sia quando era in vita sia anche dopo la sua morte) da personalita' politiche, organizzazioni di lavoratori e semplici cittadini, desiderosi di esprimere la loro ammirazione e riconoscenza per quella che viene ritenuta la saggia guida politica del maresciallo. Una mostra - come ha spiegato all'ANSA la curatrice Marina Dokmanovic - ''che parla non solo di Tito ma anche di noi, dei cittadini dell'intera ex Jugoslavia, di come eravamo e di come ci comportavamo allora''. ''Con te sono andati via tutti i vantaggi che avevamo: la sicurezza, il lavoro, la casa, i generi alimentari, i viaggi, una vita migliore'', si legge su un tessuto ricamato a mano da una ammiratrice di Tito, in visione alla mostra, intitolata 'Effetto Tito'. ''Sono nata nel 1945, sono cresciuta con Tito e con la nostra bellissima Jugoslavia che non potro' mai dimenticare. Sono felice che qualcuno ancora si ricorda del nostro amato compagno Tito'', ha scritto una visitatrice sul registro del pubblico. Non lontano dal Museo e dalla mostra - nel quartiere residenziale di Dedinje - si trova la Casa dei Fiori, un edificio moderno all'interno di un grande parco, con lo studio privato del maresciallo. E' li' che e' situata la tomba di Tito, morto a 88 anni (era nato il 25 maggio 1892). ''Non e' solo nostalgia. La gente ha capito quali erano i valori e l'aspetto umano della vita ai tempi di Tito. Allora tutti avevano un lavoro, non c'era disoccupazione. Con Tito potevamo viaggiare senza problemi, oggi noi serbi abbiamo bisogno del visto. Mi creda, allora stavamo sicuramente meglio'', dice convinta Mira Tokanovic, presidente del minuscolo partito comunista jugoslavo, venuta a deporre una corona di fiori sulla tomba di Josip Broz Tito. (ANSA). Y1Y-QN
22/04/2009 17:38
Fonte: http://www.ansa.it
Ahmadinejad criticism of Israel sparks UN walkout en masse...
Dozens of delegates have walked out of a United Nations conference on racism after Mahmoud Ahmadinejad, Iran's president, described Israel as a "racist government".
Ahmadinejad told delegates at the summit in Switzerland on Monday, that after the Second World War the United States and other nations had established a "cruel, oppressive and racist regime in occupied Palestine".
"The UN security council has stabilised this occupation regime and supported it in the last 60 years giving them a free hand to continue their crimes," he told delegates at the Durban Review Conference hall in Geneva.
Dozens of diplomats from countries including Britain and France left the hall in protest as he made the remarks.
Ahmadinejad also asked the conference: "What were the root causes of the US attacks against Iraq or invasion of Afghanistan?
"The Iraqi people have suffered enormous losses ... wasn't the military action against Iraq planned by the Zionists ... in the US administration, in complicity with the arms manufacturing companies?".
Many delegates who remained in the hall applauded Ahmadinejad's comments.
At least three demonstrators, dressed as clowns and shouting "racist, racist," were expelled as Ahmadinejad began to speak.
Alan Fisher, Al Jazeera's correspondent at the conference, said Ahmadinejad had reiterated his views on Israel, especially over its 22-day war on Gaza.
He said: "At the time [of the offensive] he said what was going on in Gaza was a genocide ... this was an opportunity for him to say that at a world forum.
"There are people in the hall who believe that what Ahmadinejad was saying is correct - that is why there is such a split here."
Alireza Ronaghi, Al Jazeera's correspondent in Tehran, said: "Ahmadinejad's words are being criticised in Iran, not just among the youth, but among the different political factions.
"This is the exact attitude he has been criticised for some time."
"Even among the conservatives they have said such remarks are totally uncalled for."
Nicolas Sarkozy, the French president, condemned Ahmadinejad's "speech of hate" and called for a "firm and united" reaction from the European Union.
Jonas Gahr Store, Norway's foreign minister, said the Iranian leader's comments had "run counter to the very spirit of dignity of the conference ... he made Iran the odd man out".
The speech by Ahmadinejad, who is a frequent critic of Israel and has cast doubt on the extent of the killing of Jews during the Second World War, coincided with Holocaust Remembrance Day in Israel, which begins at sundown on Monday.
The United States, Canada, Israel, Australia, New Zealand, Germany, Poland and the Netherlands, had earlier said they would not attend the conference amid fears Ahmadinejad would use the summit to propagate anti-Semitic views.
Washington also said it believed a draft text to be discussed was overly critical of Israel and its treatment of the Palestinians.
Opening the five-day summit earlier, Ban Ki-Moon, the United Nation's secretary general, said he was "profoundly disappointed" that some western countries were not attending, but also condemned those who sought to deny or minimise the extent of the Holocaust.
He said: "Some nations who by rights should be helping us to forge a path to a better future are not here ... I deeply regret that some have chosen to stand aside."
Israel had withdrawn its ambassador to Switzerland in protest over a meeting between Ahmadinejad and Hans-Rudolf Merz, his Swiss counterpart.
The UN organised the summit to help heal the wounds left by its last racism conference in Durban, South Africa, in 2001, when the US and Israel walked out after Arab states sought to define Zionism as being racist.
Barack Obama, the US president, announcing his administration's decision not to attend the conference, said Washington wanted a "clean slate" before tackling race and discrimination issues at the UN.
Several Muslim nations at the summit called for moves to prevent perceived insults to Islam, which they say have proliferated since the attacks on the US on September 11, 2001.
Fonte: http://www.youtube.com/user/MiddleEastNews
Consuete falsità del TG5; Ahmadinejad, Israele razzista e le solite reazioni...
"Dopo la Seconda Guerra Mondiale hanno fatto ricorso alle aggressioni militari per privare della memoria un'intera nazione col pretesto della sofferenza ebraica", ha detto il presidente iraniano, le cui parole sono state tradotte da un interprete.
"E hanno inviato immigrati dall'Europa, dagli Stati Uniti e da altre parti del mondo al fine di stabilire un governo totalmente razzista nella Palestina occupata", ha aggiunto.
"E, di fatto, come indennizzo per le terribili conseguenza del razzismo in Europa, hanno contributo a portare al potere il più crudele e repressivo regime razzista in Palestina".
"La parola sionismo personifica il razzismo che falsamente fa ricorso alla religione e insulta i sentimenti religiosi per nascondere il suo volto di odio", ha detto Ahmadinejad.
Fonte: http://www.youtube.com/user/egoticness
MILANO - All'indomani dell'attacco sferrato dal presidente iraniano, Mahmud Ahmandinejad, nel corso della conferenza di Ginevra sul razzismo, Israele commemora la Shoah, l'olocasusto che vide vittime sei milioni di ebrei nei campi di sterminio nazisti, con due minuti di silenzio nel corso dei quali l'intero Paese si è fermato. Alle 10 in punto (le 9 in Italia) tutte le persone hanno interrotto le proprie attività e si sono bloccate in mezzo alla strada, rimanendo immobili in raccoglimento. Le cerimonie in Israele per l'annuale giornata del ricordo dell'Olocausto sono iniziate al tramonto di ieri sera e si concluderanno al tramonto di martedì. A Gerusalemme le parole pronunciate dal presidente iraniano a Ginevra hanno suscitato vive proteste. Dall'ex campo di sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau, nel sud della Polonia, il vice premier di Israele Silvan Shalom contrattacca Ahmandinejad e il governo di Teheran: «L'Iran - dice Shalom - è come la Germania di Hitler».
AHMADINEJAD IN TRIONFO - Ahmadinejad, nel frattempo ha avuto un'accoglienza da eroe al ritorno stamane a Teheran dopo la sua partecipazione alla conferenza Onu, la cosiddetta «Durban 2». Al presidente iraniano sono stati offerti fiori e una folla di studenti militanti fondamentalisti ha gridato ripetutamente lo slogan «Morte all'America». «Prenderò parte a tutte le conferenze internazionali - ha affermato Ahmadinejad - nonostante il volere dell'Occidente». «Quella gente grida slogan sulla tolleranza degli oppositori e sulla libertà di parola - ha detto ancora Ahmadinejad - ma insulta l'onore delle nazioni e i valori divini». Il presidente iraniano ha affermato che i Paesi occidentali «non hanno tollerato una parte delle parole di chi si oppone loro». «Questa - ha concluso - è la natura del pensiero disumano del liberalismo».
LA SANTA SEDE DEPLORA GLI ESTREMISMI - La Santa Sede, in un comunicato, ha ribadito che il Forum dell'Onu deve servire a «dialogare insieme». Di conseguenza «deplora l'utilizzazione di questo Forum dell'Onu per assumere posizioni politiche, estremiste e offensive, contro qualsiasi Stato». Assumere posizioni offensive - rimarca la nota, firmata dalla Sala Stampa della Santa Sede, «non contribuisce al dialogo e provoca una conflittualità inaccettabile». «Si tratta, invece, di valorizzare tale importante occasione - si legge nel comunicato - per dialogare insieme, secondo la linea di azione che la Santa Sede ha sempre adottato, in vista di una lotta efficace contro il razzismo e l'intolleranza che ancor oggi colpiscono bambini, donne, afro-discendenti,migranti, popolazioni indigene, ecc. in ogni parte del mondo». «La Santa Sede, mentre rinnova l'appello del Papa, assicura che con tale spirito la sua Delegazione è presente e lavora alla Conferenza». Nella nota si ricorda che Benedetto XVI ha parlato domenica dell'incontro dell'Onu. «Formulo i miei sinceri voti affinchè -aveva detto all'Angelus in piazza San Pietro - i delegati presenti alla Conferenza di Ginevra lavorino insieme, con spirito di dialogo e di accoglienza reciproca, per mettere fine ad ogni forma di razzismo, di discriminazione e intolleranza, segnando così un passo fondamentale verso l'affermazione del valore universale della dignità dell'uomo e dei suoi diritti, in un orizzonte di rispetto e di giustizia per ogni persona e popolo».
21 aprile 2009(ultima modifica: 22 aprile 2009)
Fonte: http://www.corriere.it/
GINEVRA - AHMADINEJAD DEFINISCE ISRAELE GOVERNO RAZZISTA E UE ABBANDONA LA SALA!!!
rappresentanti degli Stati dellUnione europea hanno abbandonato la sala in cui si sta svolgendo la conferenza Onu sul razzismo a Ginevra nel momento in cui il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, nel suo intervento, si è riferito allo stato di Israele (pur senza mai pronunciarne il nome) come ad un governo razzista.
Nel suo discorso il presidente Ahmadinejad ha criticato listituzione di un governo razzista in Medio Oriente dopo il 1945, alludendo chiaramente a Israele. Ma il presidente Ahmadinejad ha ricevuto anche applausi dalla platea: la prima volta quando ha accusato gli Stati occidentali di essere rimasti in silenzio di fronte ai crimini commessi da Israele a Gaza e la seconda volta quando ha detto che occorre rivedere le organizzazioni internazionali e il loro modo di lavorare. Consensi al presidente iraniano sono arrivati anche quando ha parlato della crisi economica mondiale sottolineando che continua ad aggravarsi e non ci sono speranze che possa essere superata.
Poco prima, nel momento in cui il capo di stato iraniano ha preso la parola davanti ai delegati, almeno tre manifestanti con parrucche multicolori e nasi rossi da clown hanno gridato razzista, razzista allindirizzo di Ahmadinejad.
I tre sono stati espulsi dalla sala delle conferenze.
La lotta al razzismo è una priorità per Italia e Germania, nonostante i due partner europei abbiano deciso di boicottare la conferenza internazionale contro il razzismo. Lo ha sottolineato il ministro degli Esteri Franco Frattini, in una conferenza stampa con il collega tedesco Frank-Walter Steinmeier al termine di un bilaterale a Berlino.
La nostra assenza (dalla conferenza, ndr) vuol dire evitare che un testo che non condividiamo sia utilizzato per veicolare messaggi sbagliati, ha precisato il titolare della Farnesina, aggiungendo che Germania e Italia sono fortissimamente impegnate nella lotta al razzismo e contro ogni forma di discriminazione.
È necessaria una estrema fermezza dell Unione europea ha detto il presidente francese Nicolas Sarkozy, definendo il discorso del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad alla conferenza Onu sul razzismo a Ginevra un appello intollerabile allodio razziale.
Fonte: http://www.youtube.com/user/neoumanesimo
Ahmadinejad provoca lo sdegno dei delegati europei alla conferenza Onu contro il razzismo: nuovo attacco del leader iraniano!!!
TEHERAN
Ha preso il via a Ginevra la terza giornata di lavori della Conferenza dell’Onu sul razzismo (Durban 2) dopo l’approvazione per acclamazione - ieri con tre giorni di anticipo - del documento finale per ribadire la lotta a tutte le forme di intolleranza con un richiamo al piano delineato dalle Nazioni Unite otto anni fa a Durban. In mattinata sono attesi gli interventi, tra gli altri, dei delegati di Gran Bretagna, Francia e Svezia, che parlerà a nome dell’Ue in veste di prossimo presidente di turno, dal momento che la delegazione della Repubblica Ceca (attuale presidente dei 27) due giorni fa ha deciso di lasciare definitivamente i lavori della Conferenza come «risposta al discorso del presidente iraniano Ahmadinejad nel quale si descrive Israele come un Paese con un governo razzista».
Oggi c'è stato un nuovo attacco del leader iraniano, Mahmoud Ahmadinejad che, in una conferenza a Teheran, ha nuovamente denunciato Israele di aver messo in atto contro i palestinesi una «pulizia etnica», e di aver compiuto «atti brutali». Ahmadinejad ha ribadito che quello di Israele a Gaza è stato un «genocidio» e che i «criminali» dovranno essere puniti. «Dovranno - ha detto il leader iraniano - dare conto di tutta la loro brutalità».
Ahmadinejad ha quindi ribadito di aver chiesto all’Interpol l’arresto di 25 «criminali di guerra sionisti». «La Repubblica islamica - ha detto - si aspetta da loro che ottemperino i loro doveri legali». Le dichiarazioni di Ahmadinejad arrivano all’indomani delle forti accuse lanciate dal leader iraniano dalla platea della conferenza Onu sul razzismo a Ginevra in cui Ahmadinejad aveva denunciato Israele di essere «un governo totalmente razzista» fondato «sul pretesto della sofferenza israeliana». Affermazioni che avevano profondamente irritato i delegati europei, usciti dalla sala. Lo stesso presidente Usa aveva definito le dichiarazioni del presidente iraniano «spaventose e criticabili».
La conferenza sul razzismo delle Nazioni Unite in questi giorni avrebbe segnato una sconfitta di Israele, secondo il Presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, che lunedì era intervenuto a Ginevra, unico capo di stato a farlo. Israele, ha detto, «uccide innocenti, costruisce bombe atomiche, usa la questione dei diritti umani per giustificare le sue azioni disumane come fa con l’Olocausto».
Ahmadinejad ha inoltre spiegato di «aver respinto» la raccomandazione del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, a tenere un discorso dai toni morbidi dalla platea della conferenza di Ginevra. «Gli abbiamo risposto se ci stava chiedendo di non parlare dei crimini di Gaza, degli attacchi contro i nostri paesi vicini, e del terrore dei palestinesi. Se non possiamo parlare di queste cose a una conferenza dell’Onu, dove dobbiamo farlo?».
«Gli israeliani volevano dare una nuova definizione di razzismo ma per la prima volta la libertà delle nazioni e dei governi ha neutralizzato i suoi piani diabolici e ha vinto», ha dichiarato Ahmadinejad, dopo aver incontrato a Teheran un gruppo di magistrati.
Fonte: http://www.lastampa.it
ONU - Ahmadinejad infiamma Durban 2 - Rappresentati Paesi dell'Ue lasciano la sala a Ginevra...
(ANSA) - GINEVRA, 20 APR - Il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, attacca Israele nel suo intervento alla Conferenza dell'Onu sul razzismo a Ginevra. Ahmadinejad ha criticato l'insediamento di un ''governo razzista'' in Medio Oriente dopo il 1945, alludendo chiaramente allo stato di Israele, senza pero' mai nominarlo. Alle sue parole, i rappresentanti degli Stati dell'Unione europea - quelli presenti ai lavori, Italia e Germania non ci sono- hanno abbandonato la sala.
Usa, discorso Ahmadinejad odioso, fa una grave ingiustizia al popolo iraniano
(ANSA) - NEW YORK, 20 APR - Il discorso del presidente Ahmadinejad alla conferenza sul razzismo di Ginevra e' stato ''vile'' e ''odioso''. Lo ha detto l'incaricato d'affari americano all'Onu, Alejandro Wolff. ''Non posso usare altra parola che vergognoso'', ha detto. Ahmadinejad ha accusato Israele di aver creato un ''regime razzista, repressivo e crudele''. Secondo Wolff il discorso ''fa una grave ingiustizia alla nazione iraniana e al popolo iraniano''.
SKYTG24: http://www.youtube.com/
Mahmud Ahmadinejad ha attaccato Israele denunciando la "formazione di un governo razzista in Medio Oriente" e i delegati dell'Unione europea hanno reagito lasciano la Conferenza di Ginebvra 'Durban 2', già disertata da molte delegazioni occidentali.
Poco prima, nel momento in cui il capo di stato iraniano ha preso la parola davanti ai delegati, almeno tre manifestanti con parrucche multicolori e nasi rossi da clown hanno gridato "razzista, razzista" all'indirizzo di Ahmadinejad. I tre sono stati espulsi dalla sala delle conferenze.
Sarkozy: necessaria estrema fermezza dell'Ue
E' necessaria una "estrema fermezza" dell' Unione europea. Lo ha detto il presidente francese Nicolas Sarkozy, definendo il discorso del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad alla conferenza Onu sul razzismo a Ginevra un "appello intollerabile all'odio razziale".
Kouchner: nessun compromesso possibile
"Nessun compromesso è possibile", dopo le dichiarazioni anti-Israele pronunciate dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad alla conferenza Onu sul razzismo a Ginevra, ha dichiarato il ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner. "Avevo avvisato che la Francia non avrebbe tollerato l'uso della conferenza per delle dichiarazioni d'odio", ha sottolineato Kouchner. "Così, seguendo le mie istruzioni, il nostro ambasciatore Onu a Ginevra, Jean-Baptiste Mattei, ha abbandonato la sala con i suoi colleghi europei e numerose altre delegazioni". "Spero - ha osservato il capo della diplomazia francese - che questo gesto di protesta faccia riflettere la comunità internazionale: in nome della protezione dei diritti umani e della lotta contro tutte le forme di razzismo le nazioni devono unirsi contro tutte le dichiarazioni di odio".
Israele critica Ban Ki-moon per l'incontro con Ahmadinejad
Israele ha deplorato oggi il faccia a faccia tra il segretario generale dell'Onu, Ban Ki Moon, e il presidente dell'Iran, Mahmud Ahmadinejad, a margine della conferenza di Ginevra sul razzismo.
"E' deplorevole che il segretario generale dell'Onu abbia creduto bene di incontrare il piu' grande negazionista d'oggi (Ahmadinejad), il quale e' alla testa di un Paese membro dell'Onu che invoca la distruzione di un altro Paese (Israele) pure membro dell'Onu, nel giorno della commemorazione della Shoah", si legge in una nota del ministero degli Esteri israeliano. Nella nota si sottolinea inoltre che "sarebbe meglio" se tutti "i dirigenti della comunità internazionale si astenessero dall'incontrare" il presidente iraniano.
Nelle ore precedenti Israele aveva protestato in modo ancor più vigoroso contro l'accoglienza fastosa riservata ad Ahmadinejad a Ginevra dal presidente svizzero, Hans Rudolf Merz, richiamando il proprio ambasciatore a Berna per consultazioni.
Ahmadinejad: "arrogante ed egoista" chi non è venuto
Mahmoud Ahmdinejad ha accusato i Paesi che hanno boicottato la conferenza Onu sul razzismo di Ginevra di essere "arroganti ed egoisti".
Tra quanti hanno deciso di non partecipare Israele, che è stata nuovamente attaccata dal presidente iraniano, l'Italia e gli Stati Uniti.
Fonte: http://www.rainews24.rai.it
Il nuovo Iran di Amadinejad...
Nello scorso mese di giugno si sono svolte in Iran le elezioni presidenziali. A sorpresa, ha prevalso l’ex sindaco di Teheran, Mahmoud Ahmadinejad, superando nel ballottaggio il favorito Akbar Hashemi Rafsanjani, che già aveva ricoperto la carica di presidente della repubblica negli anni dal 1989 al 1997. Dopo lo spoglio delle schede, lo sconfitto ha rivolto pesanti accuse di brogli elettorali, sostenendo che il Ministero della Cultura, la Guardia rivoluzionaria ed il Basiji (la milizia volontaria nazionale) avevano favorito lo sfidante grazie ad una campagna denigratoria dell’immagine sua e della sua famiglia orchestrata utilizzando denaro pubblico ed istituzioni statali; tuttavia, il Consiglio dei Guardiani, cioè la corte costituzionale chiamata a sovrintendere alle elezioni, ha minimizzato la portata delle accuse chiudendo definitivamente la partita.
Il risultato elettorale è stato presentato dalla stampa come il prodotto dello scontro fra il pragmatico conservatore Rafsanjani che aveva promesso aperture economiche, l’intensificazione dei rapporti con l’Occidente e riforme democratiche, e l’ultraconservatore ortodosso ed estremista Ahmadinejad, custode dei valori e degli ideali della rivoluzione khomeinista del 1979. La realtà, però, è, come spesso accade, un po’ più complessa di quella tratteggiata da una schematizzazione giornalistica.
Il quadro sociale e politico delle elezioni
Tra i mille e più che avevano presentato la propria candidatura, il Consiglio dei Guardiani ha dischiuso le porte della competizione a soli otto fedeli servitori della repubblica islamica, di cui tre riformatori e cinque conservatori. Il primo turno ha visto prevalere da un lato Rafsanjani, in partenza dato per favorito, e dall’altro l’outsider Ahmadinejad, sconosciuto ai più fino a quando non era diventato sindaco di Teheran e giunto al ballottaggio prevalendo per un soffio su candidati più accreditati di lui. I sondaggi davano vincente l’ex presidente, ma l’esito finale del voto ha sorprendentemente ribaltato tutte le previsioni.
Rafsanjani ha, innanzitutto, pagato la sostanziale astensione del fronte moderato, che non ha mostrato la necessaria compattezza. Benché godesse dell’appoggio delle classi medie, dei settori imprenditoriali e del mondo degli affari, è stato abbandonato da consistenti fasce del blocco sociale riformista che l’hanno più o meno apertamente boicottato a causa della sua fama di corrotto, nonostante gli inviti della stampa moderata a convergere su di lui. Ed a nulla gli è valso l’espresso sostegno dell’establishment politico statunitense ed europeo che confidava in una sua vittoria per incrementare massicciamente gli affari con il paese islamico: “I riformatori dovrebbero smettere di parlare di boicottare la consultazione e votare invece per l’ex presidente. Rafsanjani è la scelta migliore sia per il paese sia per il resto del mondo, soprattutto se mantiene le promesse di avviare un dialogo con gli Stati Uniti” (Los Angeles Times).
Con Ahmadinejad, invece, si sono schierate le classi povere, i disoccupati e gli emarginati che non hanno goduto della ricchezza che il petrolio, con le sue enormi entrate valutarie, ha portato solo ad alcuni settori sociali. Quelle stesse classi subalterne che, anche in odio all’affarismo ed alla corruzione sempre più presenti nella vita politica del paese, sono state spaventate dagli annunciati piani di privatizzazioni da parte di Rafsanjani, che, com’è ovvio, avrebbero indebolito la rete di tutele a protezione dei deboli. A ciò si aggiunga il disgusto per quella nomenclatura cresciuta nel regime teocratico iraniano e considerata traditrice degli ideali della rivoluzione. In Ahmadinejad le classi subalterne hanno visto un paladino in grado di sconfiggere le corrotte élite di governo e di combattere la povertà sempre più diffusa nonostante gli enormi profitti derivanti dalle vendite di petrolio; e, benché abbia goduto del sostegno esplicito della Guida suprema della rivoluzione, l’ayatollah Ali Khamenei, e della Guardia rivoluzionaria, il nuovo presidente - un laico di 49 anni - è stato percepito come una figura estranea al regime clericale. Così, oggi l’Iran, per la prima volta dal 1981 (da quando, cioè, Bani Sadr venne deposto), ha di nuovo un presidente non appartenente al clero sciita.
Chi è Ahmadinejad
Figlio del popolo - il padre era un maniscalco - Mahmoud Ahmadinejad ha costruito la propria figura pubblica soprattutto come sindaco di Teheran distinguendosi per la chiusura di centri culturali e per aver imposto restrizioni anche nell’abbigliamento agli impiegati comunali, così alimentando la sua fama di duro ed ultraconservatore che è poi stata amplificata dal suo avversario nella campagna elettorale per le presidenziali nel tentativo di screditarlo. Tuttavia, si è anche fatto conoscere come amministratore molto attento alle esigenze dei cittadini, che infatti hanno sentito vicino a loro quest’uomo austero, che esibisce la propria diversità rispetto ai rappresentanti dei settori clericali arricchitisi grazie alla corruzione e di cui il popolo è parso percepire più l’azione amministrativa in favore dei bisognosi che non l’ideologia conservatrice.
E, durante la competizione elettorale, questa immagine è servita a contrastare la campagna che i riformisti gli hanno lanciato contro per metterne in luce i tratti ultraortodossi ed oscurantisti. Ahmadinejad, pur rivendicando il “ritorno alle origini e agli ideali dell’Imam Khomeini”, ha lasciato più sullo sfondo i richiami ideologici privilegiando invece una propaganda elettorale fors’anche populista, ma di sicura presa, come quando ha proclamato che “i veri problemi del paese sono la situazione dell’occupazione e quella degli alloggi, non come ci si veste”, oppure quando ha promesso “un governo di 70 milioni di ministri”. D’altronde, anche la rivendicazione del ritorno ai valori originari della rivoluzione khomeinista non è mai fatta in funzione di un’astratta “purezza” arcadica, bensì nella consapevolezza, condivisa a livello di massa, della difesa dell’Islam come strumento della lotta per la giustizia sociale.
Dopo la vittoria
Subito dopo l’affermazione elettorale, le prime prese di posizione di Ahmadinejad sono state di rassicurazione al mondo arabo che l’Iran intende ricercare la via per una convivenza pacifica, tranne che con Israele; mentre non ritiene di instaurare con gli Usa alcun tipo di relazione internazionale. Ma il neo presidente è subito intervenuto su altri temi importanti della vita del suo paese, in particolare sull’economia, preannunciando un maggiore intervento dello stato nel settore petrolifero e bancario ed ipotizzando, soprattutto vista la dinamica ascendente dei prezzi del greggio, un ampliamento della rete protettiva del welfare state. E soprattutto non poteva mancare un riferimento al punto centrale di sofferenza nei rapporti fra l’Iran e l’Occidente: la ripresa del programma di sviluppo del nucleare a scopi pacifici.
Ahmadinejad ha sostenuto l’indispensabilità del riavvio del processo di arricchimento dell’uranio a scopi pacifici, definendolo “vitale” per l’economia iraniana. Il compromesso raggiunto nel novembre 2004 con l’Aiea (l’Agenzia internazionale dell’Onu per l’energia atomica) - cioè la sospensione delle attività dell’arricchimento di uranio in un quadro di colloqui bilaterali fra il governo dell’Iran ed una commissione composta dai rappresentanti di tre paesi europei (Germania, Francia e Gran Bretagna) per trovare una soluzione che soddisfacesse da un lato le preoccupazioni occidentali che il programma di lavorazione del materiale radioattivo non nasconde scopi militari e dall’altro la necessità da parte iraniana di riattivare le centrali per la produzione di energia - quel compromesso, dunque, è saltato nello scorso mese di agosto quando l’Iran ha riattivato la centrale di Isfahan, sia pure sotto il controllo dei tecnici Aiea, sostenendo il proprio diritto a portare avanti il programma per scopi soltanto civili.
Le reazioni internazionali
Già in linea generale, le reazioni internazionali non sono state favorevoli all’elezione di Ahmadinejad. Il governo israeliano è stato molto drastico nel sostenere che l’esito del voto iraniano rappresenta un “aggravamento dei problemi che Teheran rappresenta per il resto della comunità internazionale”. E negativi sono stati anche i giudizi da parte statunitense, divenuti ancor più drastici dopo la rottura dei colloqui fra le autorità iraniane ed i rappresentanti dell’Aiea: George W. Bush, infatti, si è dichiarato “pronto alla prova di forza contro l’Iran”[i].
Allo stato non è facile prevedere il grado di serietà della minaccia statunitense, visto l’impegno delle truppe americane in territorio iracheno e la crescente instabilità dell’Afghanistan. Quello che, certamente, potrebbe portare ad una recrudescenza dei rapporti fra Bush ed Amadinejad è il progetto, di cui si parla con insistenza in ambienti Opec, secondo cui l’Iran sarebbe intenzionato a costituire una Borsa del petrolio a Teheran con trattative in euro, cui potrebbero aderire la Russia e qualche altro paese: sarebbe una vera e propria manovra di destabilizzazione delle Borse del petrolio di New York e Londra ed un attacco diretto all’economia americana gravata da un deficit senza fondo. Il progetto, peraltro, non è nuovo: l’aveva iniziato, isolatamente, Saddam Hussein. E si è visto come s’è concluso!
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[i] Appena incidentalmente, però, è il caso di notare che, nonostante il divieto legislativo per le imprese americane di fare affari con i paesi sotto embargo (tra i quali rientra l’Iran), la Halliburton, società petrolifera dell’attuale vicepresidente Usa, Dick Cheney, fornisce agli iraniani, attraverso una sua controllata off shore, i componenti per la costruzione di un reattore nucleare.
Fonte: di Valerio Torre http://www.progettocomunista.it
ITALIA-CINA
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