Enrico De Pedis, detto Renatino, e' stato uno dei feroci boss della
banda della Magliana, assassinato in strada a Roma il 2 febbraio 1990.
Perche' e' stato legato alla scomparsa di Emanuela Orlandi? Nel 2005,
dopo diversi servizi a lui dedicati dal programma 'Chi l'ha visto?',
arrivo' in trasmissione una telefonata anonima in cui una voce maschile
diceva: ''Riguardo al fatto di Emanuela Orlandi, per trovare la
soluzione del caso, andate a vedere chi e' sepolto nella cripta della
Basilica di Sant'Apollinare e del favore che Renatino fece al cardinal
Poletti, all'epoca''.
In effetti a due passi da piazza Navona a Roma si trova la basilica
di Sant'Apollinare. Nella cripta, dove riposano le spoglie di Papi,
cardinali e martiri cristiani, c'e' la tomba del potente De Pedis. Ora
c'e' anche la conferma: il corpo e' proprio il suo.
Dopo l'uccisione del boss, il rettore della basilica, monsignore
Piero Vergari, con una lettera ne attesto' lo status di grande
benefattore: ''Si attesta che il signor Enrico De Pedis nato in Roma -
Trastevere il 15/05/1954 e deceduto in Roma il 2/2/1990, è stato un
grande benefattore dei poveri che frequentano la basilica ed ha aiutato
concretamente a tante iniziative di bene che sono state patrocinate in
questi ultimi tempi, sia di carattere religioso che sociale. Ha dato
particolari contributi per aiutare i giovani, interessandosi in
particolare per la loro formazione cristiana e umana''.
Poi l'allora Vicario generale della diocesi di Roma e presidente
della Cei, cardinale Ugo Poletti, rilascio' il nulla osta alla
sepoltura di De Pedis all'interno della basilica. Il 24 aprile dello
stesso anno la salma di De Pedis venne tumulata e le chiavi del cancello
consegnate alla vedova.
Solo nel 1995 il magistrato responsabile delle indagini sulla banda
della Magliana, Andrea De Gasperis, venuto a conoscenza di voci sul
fatto, aveva incaricato la Direzione Investigativa Antimafia di
verificare. Nell'estate del 1997 ''Il Messaggero'' pubblico la notizia,
suscitando proteste. Ma tutto prosegui' come se nulla fosse fino al
2012, quando la procura di Roma decise che la tomba si doveva aprire.
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il manifesto affisso nel 1983
Il caso della
sparizione di Emanuela Orlandi (nata a
Roma il
14 gennaio 1968) è un fatto di
cronaca nera avvenuto a
Roma il
22 giugno 1983; la vittima, una cittadina
vaticana figlia di un commesso della
Prefettura della Casa Pontificia, sparì in circostanze misteriose all'età di 15 anni.
Quella che all'inizio poteva sembrare la "normale" sparizione di
un'adolescente, magari per un allontanamento volontario da casa, divenne
presto uno dei casi più oscuri della storia italiana che coinvolse lo
Stato Vaticano, lo
Stato Italiano, l'
Istituto per le Opere di Religione (IOR), la
Banda della Magliana, il
Banco Ambrosiano e i servizi segreti di diversi Paesi, in maniera a tutt'oggi non ancora compiutamente risolta.
Alla scomparsa di Emanuela fu collegata la sparizione di un'altra adolescente
romana,
Mirella Gregori, scomparsa il
7 maggio 1983 e mai più ritrovata.
Scomparsa
Emanuela Orlandi frequentava una scuola di musica in piazza
Sant'Apollinare a
Roma. Il giorno della scomparsa, nel tragitto che dal Vaticano la portava alla scuola, incontrò uno sconosciuto, alla guida di una
BMW verde, che le offrì un lavoro di vendita di cosmetici per la
Avon,
da svolgere durante una sfilata di moda e pagato esageratamente (circa
375.000 lire dell'epoca, l'equivalente di uno stipendio di allora).
Emanuela rispose che prima di accettare avrebbe dovuto chiedere il
permesso ai genitori. Verso le ore 19:00, dopo essere uscita in anticipo
dalla lezione, telefonò a casa per riferire la proposta che le era
stata fatta: la sorella le disse che diffidava molto della troppo
allettante proposta, e comunque di tornare quanto prima a casa per
parlarne con la madre. Questo fu l'ultimo contatto che Emanuela ebbe con
la famiglia.
Dopo la telefonata, Emanuela si confidò con un'amica e compagna della
scuola di musica, Raffaella Monzi, che la accompagnò alla fermata
dell'autobus, lasciandola alle 19:30. Poco dopo, Emanuela fu vista da un
vigile urbano in servizio davanti al
Senato (al quale chiese dove si trovasse la
Sala Borromini).
Il vigile, interrogato dalle forze dell'ordine una volta iniziate le
indagini per la scomparsa, riferì che la ragazza era in compagnia di un
uomo alto circa 1 m e 75, sui 35 anni, snello, con il viso lungo,
stempiato, con una valigetta e una BMW scura metallizzata
[1].
Altri testimoni la videro salire sull'auto. Dall'identikit che fu
tracciato, un carabiniere del Nucleo Operativo di via in Selci notò la
somiglianza con
Enrico De Pedis[2], membro della
Banda della Magliana,
ma la cosa, stranamente, non ebbe un immediato seguito investigativo;
pare che una giustificazione sarebbe nel fatto che all'epoca si riteneva
il soggetto criminale latitante all'estero, ma un riscontro
approfondito in merito non venne effettuato.
Le ricerche e le telefonate
Poiché le forze dell'ordine avevano inizialmente pensato ad una
scappatella, le prime ricerche furono condotte autonomamente dalla
famiglia. Il
25 giugno,
però, dopo una serie di telefonate non attendibili, arrivò agli Orlandi
una chiamata da parte di un uomo che diceva di chiamarsi Pierluigi, il
quale raccontò che la sua fidanzata aveva incontrato a
Campo dei Fiori
due ragazze, una delle quali vendeva cosmetici, aveva con sé un flauto e
diceva di chiamarsi Barbara. "Pierluigi" riferì anche che "Barbara",
all'invito di suonare il flauto, si sarebbe rifiutata a causa della
vergogna che provava nell'indossare gli occhiali.
Tre ore più tardi "Pierluigi" richiamò, aggiungendo che gli occhiali
di "Barbara" erano "a goccia, per correggere l'astigmatismo". Queste
chiamate si rivelarono preziose per i familiari, poiché in effetti
Emanuela era astigmatica, si vergognava di portare gli
occhiali e suonava il
flauto. Il
26 giugno
"Pierluigi", durante un'altra chiamata, aggiunse alcune informazioni su
se stesso: disse di avere 16 anni e di trovarsi in quella giornata con i
genitori in un ristorante al mare. Comunicò anche che "Barbara" avrebbe
suonato il flauto al matrimonio della sorella ma rifiutò ogni ulteriore
collaborazione per rintracciare Emanuela e di incontrare di persona lo
zio.
Il
28 giugno
fu il turno di un certo "Mario" che, con un forte accento romano, disse
di avere 35 anni. Anch'egli sosteneva di aver visto un uomo e due
ragazze che vendevano cosmetici, una delle quali diceva di essere di
Venezia e chiamarsi Barbara. Significativo risulta, durante la
telefonata di "Mario", un piccolo dettaglio: quando gli viene chiesta
l'altezza della ragazza, egli esita, come se non lo sapesse. In
sottofondo, si sente una seconda voce, che dice "No, de più"
[3]. Sembra quindi che ci fosse un secondo uomo con lui, il quale aveva visto la ragazza, al contrario di "Mario".
In una
seconda telefonata,
"Mario" spiegò che "Barbara" gli aveva confidato di essersi allontanata
volontariamente da casa. La famiglia, considerando quest'ipotesi
impossibile, perse a questo punto fiducia nelle telefonate di "Mario" e
"Pierluigi". "Mario" venne, dopo molti anni, identificato con forte
probabilità in un uomo vicino alla
Banda della Magliana.
Ipotesi
Presunti collegamenti con l'attentato a Giovanni Paolo II
Domenica
3 luglio 1983 il Papa di allora,
Giovanni Paolo II, durante l'
Angelus, rivolse
un appello ai responsabili della scomparsa di Emanuela Orlandi, ufficializzando per la prima volta l'ipotesi del sequestro.
[4]
Il
5 luglio,
giunse una chiamata alla sala stampa vaticana. All'altro capo del
telefono un uomo, che parlava con uno spiccato accento anglosassone (e
per questo subito ribattezzato dalla stampa "l'Amerikano"), affermò di
tenere in ostaggio Emanuela Orlandi, sostenendo che molti altri elementi
erano già stati forniti da altri componenti della sua organizzazione,
Pierluigi e Mario, e richiese l'attivazione di una linea telefonica
diretta con il Vaticano
[4]. Chiamava in causa
Mehmet Ali Ağca, l'uomo che aveva sparato al Papa in
Piazza San Pietro un paio di anni prima, chiedendo un intervento del pontefice,
Giovanni Paolo II affinché venisse liberato entro il
20 luglio.
Un'ora dopo, l'uomo chiamò a casa Orlandi, e fece ascoltare ai genitori un
nastro con una voce di ragazza,
forse di Emanuela che diceva di frequentare la Scuola Convitto
Nazionale Vittorio Emanuele II, e di dover iniziare a settembre il terzo
liceo scientifico.
L'
8 luglio 1983
un uomo con inflessione mediorientale telefonò a una compagna di classe
di Emanuela, dicendo che la ragazza era nelle loro mani, che avevano 20
giorni di tempo per fare lo scambio con Alì Agca, e chiedendo una linea
telefonica diretta con il
Cardinale Segretario di Stato Agostino Casaroli.
Il
17 luglio,
venne fatto ritrovare un nastro, in cui si confermava la richiesta di
scambio con Ağca, la richiesta di una linea telefonica diretta con il
cardinale Casaroli, e si sentiva la voce di una ragazza che implorava
aiuto, dicendo di sentirsi male. La linea fu installata il 18 luglio.
Alcuni giorni più tardi, in un'altra telefonata, "l'Amerikano" chiese
allo zio di Emanuela di rendere pubblico il messaggio contenuto sul
nastro, e di informarsi presso il cardinale Agostino Casaroli, riguardo
ad un precedente colloquio.
In totale, le telefonate dell'"Amerikano" furono 16, tutte da cabine
telefoniche. Nonostante le richieste di vario tipo, e le presunte prove,
l'uomo (mai rintracciato) non aprì nessuna reale pista.
Nel comunicato n. 20 del
20 novembre 1984, i
Lupi grigi
dichiarano di custodire nelle loro mani entrambe le ragazze. La "pista
turca" dei Lupi grigi, tuttavia, è stata sconfessata dall'ex ufficiale
della
Stasi Günter Bohnsack, il quale ha dichiarato che i servizi segreti della
Germania Est
sfruttarono il caso di Emanuela Orlandi scrivendo finte lettere a Roma
per consolidare la tesi che metteva in relazione Ağca con i Lupi Grigi,
al fine di scagionare la Bulgaria dalle accuse durante le indagini per
l'attentato a Papa Giovanni Paolo II
[5]. L'estraneità dei Lupi grigi fu confermata da un pentito della
Banda della Magliana Antonio Mancini, che nel
2007 ha dichiarato «Si diceva che la ragazza era robba nostra, l'aveva presa uno dei nostri»
[6].
Nel
2010, Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, ha un colloquio con
Mehmet Ali Ağca, nel quale l'ex terrorista conferma l'ipotesi del rapimento per conto del Vaticano, già menzionata nella telefonata del
5 luglio 1983 e fa il nome di un cardinale,
Giovanni Battista Re, ritenendolo persona informata sui fatti
[7]; Un anno dopo, la registrazione del colloquio viene pubblicata dalla trasmissione
Chi l'ha visto?
che censura il nome del cardinale. Pietro Orlandi, in quel momento in
collegamento, comunica di essere andato a parlare con lo stesso
Re, che ha smentito le parole dell'ex terrorista.
[8]
Presunti collegamenti con lo scandalo IOR ed il caso Calvi
Secondo alcuni giornali e pubblicazioni, l'identikit dell'Amerikano, stilato dall'allora vicecapo del
SISDE Vincenzo Parisi in una nota rimasta riservata fino al
1995, corrisponderebbe a monsignor
Paul Marcinkus,
che all'epoca era presidente dello IOR, la "banca" vaticana: gli
specialisti del SISDE, analizzando i messaggi e le telefonate pervenute
alla famiglia, per un totale di 34 comunicazioni, ne ritennero
affidabili e legati a chi aveva effettuato il sequestro 16, che
riguardavano una persona con una conoscenza approfondita della lingua
latina, migliore di quella italiana (ritenendo possibile che fosse stata
appresa successivamente al latino), probabilmente di cultura
anglosassone e con un elevato livello culturale e una conoscenza del
mondo ecclesiastico e del Vaticano, oltre alla conoscenza approfondita
di diverse zone di Roma (dove probabilmente aveva abitato).
[9]
Presunti collegamenti con la Banda della Magliana
Nel
luglio del
2005, alla redazione del programma
Chi l'ha visto?, in onda su
Rai 3, arrivò una
telefonata anonima in cui si diceva che per risolvere il caso di Emanuela Orlandi era necessario andare a vedere chi è sepolto nella
basilica di Sant'Apollinare e controllare «
del favore che Renatino fece al cardinal Poletti». Si scoprì così che "l'illustre" defunto altri non era che il capo della
Banda della Magliana,
Enrico De Pedis.
L'inviata Raffaella Notariale era riuscita a ottenere le foto della
tomba e i documenti originali relativi alla sepoltura del boss in
territorio vaticano, voluta dal cardinale
Ugo Poletti, allora presidente della
Cei.
Il
20 febbraio 2006, un pentito della Banda, Antonio Mancini, sostenne di aver riconosciuto nella voce di
Mario quella di un killer al servizio di De Pedis, tale "Rufetto"
[10].
Le indagini condotte dalla Procura della Repubblica però, non confermarono quanto dichiarato da Mancini.[senza fonte]
Alla redazione del già citato programma di Rai Tre giunse poi una
cartolina raffigurante una località meridionale che presentava il
seguente testo: «
Lasciate stare Renatino».
Il
30 giugno 2008,
Chi l'ha visto? trasmise la
versione integrale della telefonata anonima del
luglio 2005, lasciata inedita fino ad allora. Dopo le rivelazioni sulla tomba di De Pedis e del cardinal Poletti, la voce aggiungeva «
E chiedete al barista di via Montebello, che pure la figlia stava con lei...con l'altra Emanuela». Il bar si rivelò appartenere alla famiglia di
Mirella Gregori, altra ragazza scomparsa a Roma il
7 maggio 1983 in circostanze misteriose ed il cui rapimento venne collegato a quello Orlandi
[11]. La redazione di
Chi l'ha visto? è stata minacciata nel
luglio 2008 anche da un'
altra telefonata anonima da parte di un certo "biondino".
Nel
luglio 2011 la procura distrettuale di
Roma ha arrestato alcuni componenti della famiglia romana De Tomasi, accusati di reati tra i quali
usura e
riciclaggio di denaro; secondo gli inquirenti, Giuseppe De Tomasi, noto
Sergione, affiliato alla Banda della Magliana, è la stessa persona che nel
1983
telefonò la famiglia Orlandi identificandosi con il nome "Mario",
mentre il figlio, Carlo Alberto De Tomasi, è l'autore della telefonata a
"Chi l'ha visto?" del
luglio 2005.
[12].
Le testimonianze di Sabrina Minardi e la ripresa delle indagini
Nel
2006 la giornalista Raffaella Notariale raccolse un'intervista di Sabrina Minardi, ex-moglie del calciatore della
Lazio Bruno Giordano, che tra la primavera del
1982 ed il
novembre del
1984 ebbe una relazione con
Enrico De Pedis. Due anni e mezzo dopo, il
23 giugno del
2008,
la stampa italiana riportò le dichiarazioni che Sabrina Minardi aveva
reso agli organi giudiziari che avevano deciso di ascoltarla: Emanuela
Orlandi sarebbe stata uccisa ed il suo corpo, rinchiuso dentro un sacco,
gettato in una betoniera a
Torvaianica.
In quella occasione, secondo la Minardi, De Pedis si sarebbe sbarazzato
anche del cadavere di un bambino di 11 anni ucciso per vendetta,
Domenico Nicitra, figlio di uno storico esponente della banda. Il
piccolo Nicitra fu però ucciso il
21 giugno 1993,
ben dieci anni dopo l'epoca alla quale la Minardi fa risalire
l'episodio, e tre anni dopo la morte dello stesso De Pedis, avvenuta
all'inizio del
1990.
Stando a quanto riferito da Sabrina Minardi, il rapimento di Emanuela
Orlandi sarebbe stato effettuato materialmente da Enrico De Pedis, su
ordine del monsignor Paul Marcinkus «come se avessero voluto dare un
messaggio a qualcuno sopra di loro».
Nel particolare, la Minardi ha raccontato di essere arrivata in auto (una
Autobianchi A112 bianca) al bar del
Gianicolo,
dove De Pedis le aveva detto di incontrare una ragazza che avrebbe
dovuto «accompagnare al benzinaio del Vaticano». All'appuntamento
arrivarono una BMW scura, con alla guida "Sergio", l'autista di De Pedis
e una
Renault 5
rossa con a bordo una certa "Teresina" (la governante di Daniela
Mobili, amica della Minardi) e una ragazzina confusa, riconosciuta dalla
testimone come Emanuela Orlandi. "Sergio" l'avrebbe messa nella BMW
alla cui guida andò la Minardi stessa. Rimasta sola in auto con la
ragazza, la donna notò che questa «piangeva e rideva insieme» e
«sembrava drogata». Arrivata al benzinaio, trovò ad aspettare in una
Mercedes targata Città del Vaticano, un uomo «che sembrava un sacerdote»
che la prese in consegna.
[6]
La ragazza avrebbe quindi trascorso la sua prigionia a Roma, in
un'abitazione di proprietà di Daniela Mobili in via Antonio Pignatelli
13 a Monteverde nuovo -
Gianicolense,
che aveva «un sotterraneo immenso che arrivava quasi fino all'Ospedale
San Camillo» (la cui esistenza, oltre ad un piccolo bagno ed un lago
sotterraneo, è stata accertata dagli inquirenti il
26 giugno 2008[11]).
Di lei si sarebbe occupata la governante della signora Daniela Mobili,
"Teresina"; secondo la Minardi, la Mobili, sposata con Vittorio
Sciattella, era vicina a
Danilo Abbruciati, altro esponente di spicco della Banda della Magliana, coinvolto nel caso
Calvi e che dispose il restauro della palazzina in via Pignatelli.
[3]
La Mobili ha negato di conoscere la Minardi o di avere avuto un ruolo
nel rapimento, poiché in quegli anni si trovava, così come il marito,
in prigione. Tuttavia la Minardi si è sempre riferita alla governante
"Teresina", che effettivamente lavorava nell'appartamento in quel
periodo, anche se non aveva la patente.
[13][14] Successivamente, la Minardi ha citato un altro componente della
Banda (corrispondente ad un vecchio identikit
[15])
che, rintracciato dalle forze dell'ordine, ha confessato che il rifugio
in via Pignatelli era sì un nascondiglio, «ma non per i sequestrati,
[bensì] per i ricercati. Era il rifugio di "Renatino"», negando la
connessione fra l'ex boss della Magliana e il rapimento Orlandi
[16].
Affiora anche il personaggio di
Giulio Andreotti,
presso il quale la Minardi racconta di essere andata a cena due volte,
insieme al compagno De Pedis, a quel tempo già ricercato dalla polizia.
La donna specifica però che Andreotti «non c'entra direttamente con
Emanuela Orlandi, ma con monsignor Marcinkus sì».
[6]
Le dichiarazioni della Minardi, benché siano state riconosciute dagli
inquirenti come parzialmente incoerenti (anche a causa dell'uso di
droga da parte della donna in passato) hanno acquistato maggior
credibilità nell'
agosto 2008,
a seguito del ritrovamento della BMW che la stessa Minardi ha
raccontato di aver utilizzato per il trasporto di Emanuela Orlandi e che
risulta appartenuta prima a
Flavio Carboni, imprenditore indagato e poi assolto nel processo sulla morte di
Roberto Calvi, e successivamente ad uno dei componenti della
Banda della Magliana[17].
La pubblicazione dei verbali resi alla magistratura dalla Minardi ha
suscitato le proteste del Vaticano, che, per bocca di padre
Federico Lombardi, portavoce della
Sala Stampa della Santa Sede,
ha dichiarato che oltre alla «mancanza di umanità e rispetto per la
famiglia Orlandi, che ne ravviva il dolore», ha poi definito come
«infamanti le accuse rivolte a Mons. Marcinkus, morto da tempo e
impossibilitato a difendersi».
[18]
Il
19 novembre 2009 Sabrina Minardi, interrogata presso la
Procura di Roma dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dal
pubblico ministero
Simona Maisto, sembrerebbe aver riconosciuto l'identità di "Mario",
ossia l'uomo che nei giorni immediatamente successivi alla scomparsa di
Emanuela Orlandi telefonò ripetutamente alla famiglia.
[19][20][21][22]
Il
21 novembre, su
Rai News 24,
andò in onda un'altra intervista a Sabrina Minardi, curata da Raffaella
Notariale. La Minardi raccontò che Emanuela Orlandi aveva trascorso i
primi quindici giorni di prigionia a Torvaianica, nella casa al mare di
proprietà dei genitori della Minardi stessa.
[23].
Il
2 febbraio 2010
Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, ha incontrato Alì Aǧca, dal quale
ha ricevuto rassicurazioni sul fatto che «Emanuela è viva e ritornerà
presto a casa»
[24]. Secondo l'ex Lupo grigio, la ragazza «ora vive reclusa in una mega villa in Francia o in Svizzera. Tornerà a casa».
Il
10 marzo 2010
è stata resa nota l'esistenza di un nuovo indagato, Sergio Virtù,
indicato da Sabrina Minardi come l'autista di fiducia di Renatino, il
quale avrebbe avuto un ruolo operativo nel sequestro della ragazza.
L'uomo è indagato per i reati di omicidio volontario aggravato e
sequestro di persona. Virtù è stato arrestato il giorno
dell'interrogatorio per altri reati e trasferito nel
carcere di Regina Coeli.
All'ex autista di De Pedis infatti, erano state inflitte in passato due
condanne perché coinvolto in reati di truffa. Davanti ai pm titolari
dell'inchiesta, Virtù ha negato ogni addebito sulla vicenda, in
particolare di avere mai conosciuto né avuto rapporti di amicizia con De
Pedis. A carico dell'ex autista ci sono anche alcune dichiarazioni di
un'altra donna, definita dagli inquirenti una sua ex convivente, la
quale avrebbe raccontato di aver avuto un ruolo nel sequestro della
Orlandi e di averne per questo anche ricevuto compenso.
Nel
luglio 2010[25]
è stato dato, dal Vicariato di Roma, il via libera all'ispezione della
tomba di Enrico De Pedis nella basilica di Sant'Apollinare. Questo è il
contenuto della nota, inviata dal Vicariato alla trasmissione di Raitre
Chi l'ha visto?, che ne ha diffuso il testo e che il
5 luglio è tornata ad occuparsi della scomparsa di Emanuela.
Il
17 giugno 2011,
durante un dibattito sul libro di Pietro Orlandi "Mia sorella Emanuela"
in diretta tv su RomaUno un uomo dichiaratosi ex-agente del
SISMI
afferma che «Emanuela e' viva, si trova in un manicomio in Inghilterra
ed è sempre stata sedata». Aggiunge che causa del rapimento fu la
conoscenza da parte di
Ercole Orlandi, padre di Emanuela, di attività di riciclaggio di denaro "sporco" legate ad
Antonveneta, essendo quindi il rapimento collegato a
Calvi e al crack dell'
Ambrosiano.
[26]
Il
24 luglio 2011 Antonio Mancini, in un'intervista a
La Stampa,
dichiara che effettivamente la Orlandi fu rapita dalla Banda della
Magliana per ottenere la restituzione del denaro investito nello
IOR attraverso il
Banco Ambrosiano, come ipotizzato dal giudice
Rosario Priore. Mancini aggiunge di ritenere sottostimata la cifra di 20 miliardi e che fu
Enrico De Pedis
a far cessare gli attacchi contro il Vaticano, malgrado i soldi non
fossero stati tutti restituiti, ottenendo in cambio, fra le altre cose,
la possibilità di essere sepolto nella
Basilica di Sant'Apollinare, come poi effettivamente avvenne.
[27]
Il
14 maggio 2012
finalmente viene aperta la tomba di De Pedis, ma al suo interno vi si
trovano solamente i resti del defunto. Allora si scava più
approfonditamente, ma vengono trovate solo nicchie con resti di ossa
risalenti al periodo napoleonico.
Quattro giorni dopo, il
18 maggio, viene indagato Don Pietro Vergari per concorso in sequestro di persona.
Secondo una pista investigativa Emanuela Orlandi sarebbe stata
attirata ed uccisa in un giro di festini a sfondo sessuale in cui erano
coinvolti esponenti del clero, un gendarme vaticano e personale
diplomatico di un'ambasciata straniera presso la
Santa Sede.
[28]
La teoria Nicotri
Nel
2002, con la pubblicazione del libro
Mistero Vaticano, e nel
2009, con la pubblicazione di
Emanuela Orlandi - La verità, il giornalista
Pino Nicotri, già redattore de
l'Espresso,
sovverte completamente tutte le ipotesi relative al rapimento,
riconducendole ad un insabbiamento finalizzato a nascondere la realtà
dei fatti. La Orlandi, secondo Nicotri, sarebbe morta in Vaticano il
giorno stesso della scomparsa, durante un incontro con una persona molto
in alto nella gerarchia ecclesiastica, un'ipotesi che avvicina il caso
Orlandi a quello di
Wilma Montesi.
A tal proposito il giornalista Max Parisi afferma di essere a
conoscenza di questo nome e di esserne stato colpito, ma che non intende
divulgarlo.
[29]
Nei libri il giornalista afferma che l'aggancio alla vicenda dei
servizi segreti dell'est (che nel caso non sarebbero coinvolti affatto)
non sarebbe altro che un'opportunistica manovra degli stessi, volta a
indebolire papa Wojtyła e impedirgli di dare forza a
Solidarność.
Così pure la ragnatela di comunicati, le presunte "svolte" nelle
indagini, le dichiarazioni di improbabili testimoni succedutesi negli
anni, il presunto coinvolgimento di organizzazioni criminali, non
sarebbero da ricondursi a un complotto internazionale, ma obbedirebbero a
una catena di eventi opportunistici di cui le alte sfere vaticane si
sarebbero servite per insabbiare la scabrosa vicenda.
[30]
Note
- ^ L'intervista a Chi l'ha visto? del vigile urbano
- ^ Puntata di Chi l'ha visto? del 30 giugno 2008, I Parte
- ^ a b Puntata di Chi l'ha visto? andata in onda il 7 luglio 2008
- ^ a b Emanuela Orlandi sul sito di Chi l'ha visto? di RAI3. Poiché la prima rivendicazione del rapimento è del 5 luglio 1983,
solo una fonte interna al Vaticano, a conoscenza dei fatti, e dotata di
sufficiente autorevolezza per influire sul comportamento del Papa,
avrebbe potuto suggerire al Papa stesso di prendere la drammatica
iniziativa di lanciare un appello ai rapitori. Unico precedente di un
simile "appello ai rapitori" da parte di un Papa è il triplice "appello
ai rapitori di Aldo Moro" lanciato da Papa Paolo VI nel 1978 (vedi Caso Moro, I comunicati e la trattativa)
- ^ Marco Ansaldo. «Lo scambio Orlandi-Ali Agca fu un' invenzione di noi della Stasi». Repubblica.it, 26 6 2008.
- ^ a b c Marino Bisso; Giovanni Gagliardi. «Caso Orlandi, parla la superteste, "Rapita per ordine di Marcinkus"». Repubblica.it, 23 6 2008.
- ^ Ali Agca-Pietro Orlandi: il colloquio segreto "Questa storia nasce in Vaticano" - Repubblica.it
- ^ Video Rai.TV - Orlandi: la ricerca in Inghilterra
- ^ Estratti del libro EXTRA OMNES L'infinita scomparsa di Emanuela Orlandi di Gaja Cenciarelli, ZONA 2006, ISBN 88-89702-17-6 , relativi ai documenti desecretati delle inchieste del SISDE svolte al tempo
- ^ Il video dal sito di Chi l'ha visto?, aggiornamento del 23 giugno 2008
- ^ a b Emanuela Orlandi sul sito di Chi l'ha visto?, aggiornamento del 30 giugno 2008
- ^ http://www.agi.it/in-primo-piano/notizie/201107131256-ipp-rt10073-usura_arresto_famiglia_de_tomasi_legata_a_caso_emanuela_orlandi
- ^ Marino Bisso. «"Non sono io la carceriera, quando è scomparsa ero in galera"». Repubblica.it, 26 6 2008.
- ^ «L’ex donna del boss: «Io col rapimento non c'entro nulla»». il Giornale.it, 26 6 2008.
- ^ Marino Bisso. «Caso Orlandi, un nuovo sospettato. Perquisizione a un ex della Magliana». Repubblica.it, 29 6 2008.
- ^ Marino Bisso. «"La Orlandi? In quel bunker si nascondeva Renatino"». Repubblica.it, 4 7 2008.
- ^ Fabrizio Caccia. ««Sequestro Orlandi, ecco l’auto». Parcheggiata da 13 anni». Corriere.it, 14 8 2008.
- ^ Vatican Diplomacy: «Il Vaticano: “Accuse infamanti su Marcinkus”»
- ^ «Caso Orlandi, dopo 26 anni un testimone». La Repubblica, 19 11 2009.
- ^ «Dopo 26 anni la teste rivela: « Emanuela Orlandi è morta»». Corriere.it, 19 11 2009.
- ^ «Caso Orlandi, il rapitore ha un nome: testimoni lo riconoscono dalle foto». Repubblica.it, 21 11 2009.
- ^ «Il mistero di Emanuela nelle stanze del Vaticano». Repubblica.it, 20 11 2009.
- ^ Caso Orlandi. Intervista a Sabrina Minardi
- ^ Emanuela Orlandi:fratello incontra Agca - Top News - ANSA.it
- ^ Caso Orlandi, sì del Vicariato a ispezione tomba De Pedis - Tg24 - Sky.it
- ^ [1], [2]
- ^ L’ex della Magliana: "Sì, siamo stati noi a rapire la Orlandi"- LASTAMPA.it
- ^ http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/455110/
- ^ Dynapress - Sito ufficiale di Max Parisi
- ^ Emanuela Orlandi, la verità: le bugie del Vaticano e gli appelli omicidi di Wojtyla. Parla Pino Nicotri - Politica e Società 2.0
Bibliografia
- Fabrizio Peronaci e Pietro Orlandi- "Mia sorella Emanuela", Edizioni anordest, 2011
- Ugo Barbàra. In terra consacrata. Piemme, 2009. ISBN 978-88-566-0457-3
- Rita Di Giovacchino, Storie di alti prelati e gangster romani. I mistreri della chiesa di Sant'Apollinare e il caso Orlandi, Fazi, 2008. ISBN 978-88-8112-984-3
- Gaja Cenciarelli. Extra Omnes. L'infinita scomparsa di Emanuela Orlandi. Bologna, Zona Editore, 2006. ISBN 88-89702-17-6.
- Massimiliano Cesaretti. Ovunque tu sia. Roma, Edizioni Progetto Cultura, 2007. ISBN 978-88-6092-082-9.
- Vittorio Di Cesare, Sandro Provvisionato. Vaticano rosso sangue. Firenze, Olimpia, 2006. ISBN 978-88-253-0117-5.
- Gennaro Egidio. La strategia delle ombre. I mille volti del crimine. Milano, Mursia, 1988.
- Antonio Fortichiari. È viva. La scomparsa di Emanuela Orlandi. Un'inchiesta. Tropea, 2003. ISBN 88-438-0403-0.
- Ferdinando Imposimato, Vaticano. Un affare di Stato. Le infiltrazioni - L'attentato - Emanuela Orlandi. Koiné, 2003
- Otello Lupacchini, Max Parisi. Dodici donne un solo assassino. Da Emanuela Orlandi a Simonetta Cesaroni. Koinè Nuove Edizioni, 2006. ISBN 88-87509-71-9.
- Pino Nicotri. Emanuela Orlandi. La verità. Dai lupi grigi alla banda della Magliana. Baldini Castoldi Dalai, 2008. ISBN 8860734747.
- Pino Nicotri. Mistero Vaticano. La scomparsa di Emanuela Orlandi. Roma, Kaos edizioni, 2002. ISBN 88-7953-112-3.
- Raffaella Notariale, Segreto Criminale. La vera storia della banda della Magliana, Newton Compton, 2010. ISBN 978-88-541-2143-0
- Jacopo Pezzan, Giacomo Brunoro. I Misteri del Vaticano: Il Caso Orlandi. LA CASE, 2011. ISBN 9788890589607.
- Martin de Wolf, Die Orlandi-Verschwörung, BoD Norderstedt, ISBN 978-3-8370-9641-5
Voci correlate
Collegamenti esterni
- Emanuela Orlandi su archivio900.it
- Resoconto Commissione Parlamentare d'Inchiesta "Dossier Mitrokin" del 14 aprile 2003
- Scheda di Emanuela Orlandi sul sito di Chi l'ha visto?
- Scheda di Enrico De Pedis sul sito di Chi l'ha visto?
- Caso Orlandi, parla la superteste, "Rapita per ordine di Marcinkus", articolo de "la Repubblica" del 23 giugno 2008
- Sabrina Minardi e Renatino De Pedis, Vita pericolosa della donna del boss, articolo de "la Repubblica" del 23 giugno 2008
- Il Vaticano: "Su Marcinkus-Orlandi, accuse infamanti verso un morto", articolo de "la Repubblica" del 24 giugno 2008
- La pista della Bmw portava alla Balduina, da "il Messaggero", 25 giugno 2008
- Orlandi, il sotterraneo della Banda, Il boss: "Qui portiamo i sequestrati", articolo de "la Repubblica" del 25 giugno 2008
- Orlandi, sotterranei al setaccio Tra i cunicoli spunta un bagno, articolo de "la Repubblica" del 26 giugno 2008
- Fotogalleria dei sotterranei presso l'appartamento in via Pignatelli 11, roma.repubblica.it, 27 giugno 2008
- "Non sono io la carceriera, quando è scomparsa ero in galera", articolo de "la Repubblica" del 26 giugno 2008
- "Credo a Sabrina Minardi ma poteva parlare prima", articolo de "la Repubblica" del 27 giugno 2008
- Orlandi, parla la famiglia De Pedis, "Renatino via da Sant'Apollinare", articolo de "la Repubblica" del 27 giugno 2008
- Caso Orlandi, un nuovo sospettato, Perquisizione a un ex della Magliana, articolo de "la Repubblica" del 29 giugno 2008
- "La Orlandi? In quel bunker si nascondeva Renatino", articolo de "la Repubblica" del 4 luglio 2008
- «Sequestro Orlandi, ecco l’auto». Parcheggiata da 13 anni da "Il Corriere della Sera", 14 agosto 2008
- «"Emanuela Orlandi è morta"», Il Tempo, 20 novembre 2009
- Rassegna video dei principali telegiornali italiani sul caso Orlandi
- "Emanuela Orlandi è viva ed è a Londra". La rivelazione arriva durante la diretta tv Adnkronos – ven 17 giu 2011
- petizione.emanuela@libero.it - Gruppo ufficiale fondato da Pietro Orlandi