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BUON 1 MAGGIO: FESTA DEI LAVORATORI E DEL LAVORO...

Buon #primomaggio 🌷🌷🌷 #festadeilavoratori 🌷🌷🌷 per approfondire: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Festa_dei_lavoratori

mercoledì 6 maggio 2020

IL PRESIDENTE DONALD TRUMP (USA) E BOLSONARO (PRESIDENTE DEL BRASILE) INSIEME AD ALTRI FOLLI O "FINTI" FOLLI (COME IL PRESIDENTE BIELORUSSO ALEXANDER LUKASHENKO) VOGLIONO ADDEBITARE LA TOTALE COLPA DELLA PANDEMIA AL GOVERNO DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE PER COPRIRE O NASCONDERE LE VERE CAUSE DELL'EPIDEMIA DEL COVID19: I CAMBIAMENTI CLIMATICI CAUSATI DALLA DEFORESTAZIONE SELVAGGIA E DALLO SFRUTTAMENTO INDISCRIMINATO DELLE RISORSE DEL PIANETA TERRA!!!


DEFORESTAZIONE IN AMAZZONIA (BRASILE)

New York (USA) - Deforestazione in #SudAmerica (soprattutto #Brasile) in #Australia (quasi 9MILIONI di ettari in fumo, 1MILIARDO di animali e insetti uccisi dagli incendi, più di 1MILIARDO di alberi inceneriti!) in #Europa e #Africa, #Asia ed in generale in tutto il #mondo! Questo è il VERO motivo del proliferare di PERICOLOSI #Virus come l'ultimo #Coronavirus o l'#Hiv ad esempio! Altro che complotti e laboratori segreti (che segreti non sono!) di #Wuhan!

INCENDI NELLE FORESTE DELL'AUSTRALIA
Io non credo alla tesi di Pompeo e degli #StatiUniti che già nel 2003 con le "famose prove" delle armi di distruzione di massa in mano a #SaddamHussein (rivelatesi FALSE anche per AMMISSIONE stessa degli ex-ministri #USA dell'epoca!) hanno spinto i governi di mezzo pianeta a scatenare guerre disastrose per esportare la nostra #democrazia occidentale #capitalista...piano poi rivelatosi FALLIMENTARE! SOLO #MORTE E #DISTRUZIONE più e peggio di prima! Come purtroppo poi hanno continuato in #Siria (armi batteriologiche farsa!) #Libia (idem!) se anche fosse uscito da quel laboratorio ma ne dubito, l'unica causa è ACCIDENTALE! #covid19 #Cina #USA
L'AUSTRALIA VISTA DAL SATELLITE NELL'ESTATE 2019 CON LE FORESTE IN FIAMME

Nel 1997 sulle foreste pluviali indonesiane incombevano nuvole di fumo. In quei giorni si stava bruciando un’area grande quanto la Pennsylvania per fare spazio a coltivazioni agricole. Soffocati da quella coltre, gli alberi non produssero frutti e ciò costrinse le volpi volanti a dirigersi da qualche altra parte per procacciarsi del cibo, portando con loro una malattia mortale.
Poco tempo dopo che le volpi volanti si erano trasferite sugli alberi da frutto della Malesia, i maiali che vivevano nei paraggi iniziarono ad ammalarsi - probabilmente dopo aver mangiato i frutti caduti che le volpi volanti avevano morsicato. La stessa malattia colpì i loro allevatori. Entro il 1999 ben 265 persone avevano sviluppato una grave infiammazione al cervello e 105 erano morte. Si trattò del primo episodio conosciuto di virus Nipah sugli esseri umani, che da allora ha continuato a svilupparsi a ondate in tutto il sud-est asiatico. 
E questa è solo una delle tante malattie infettive che normalmente colpiscono gli animali selvatici ad aver raggiunto l’uomo, in aree colpite da un'intensa deforestazione.
Negli ultimi due decenni molti studi scientifici hanno suggerito che proprio la deforestazione crea le condizioni perché un’ampia gamma di patogeni (come il virus Nipah o il virus Lassa e i parassiti che causano la malaria e la malattia di Lyme) colpiscano l’uomo.
Nel frattempo vasti incendi continuano a colpire le foreste tropicali dell’Amazzonia e anche alcune aree dell’Africa e del sud-est asiatico, e gli esperti manifestano preoccupazione per la salute delle persone che vivono nei pressi di quei territori. Temono che dalle foreste del nostro pianeta possa emergere la prossima grave pandemia.“Che la deforestazione possa essere un importante fattore nella trasmissione di malattie infettive è una cosa piuttosto nota” dice Andy MacDonald, ecologo delle malattie all’Earth Research Institute dell’università della California, Santa Barbara. “È una questione di numeri: più danneggiamo gli habitat forestali, più è probabile che si vada incontro a epidemie di malattie infettive”.
Si è a lungo sospettato che la malaria, che ogni anno uccide oltre un milione di persone a causa dell’infezione del parassita Plasmodium, trasmesso dalle zanzare, sia progredita di pari passo con la deforestazione. In Brasile, dove in passato gli sforzi per controllare questa malattia hanno fortemente ridotto la trasmissione della malaria, passando dai 6 milioni di casi in un anno negli anni Quaranta ad appena 50.000 negli anni Sessanta, gli episodi hanno cominciato ad aumentare in modo stabile parallelamente alla rapida deforestazione e all’espansione dell’agricoltura. Nel passaggio al nuovo secolo, nel bacino dell’Amazzonia si riscontravano oltre 600.000 casi in un anno. 
Alla fine degli anni Novanta, uno studio di Amy Vittor, epidemiologa all’Emerging Pathogens Institute dell’università della Florida, e altri suoi colleghi ha suggerito il motivo. Sembra infatti che radere al suolo pezzi di foreste crei l’habitat ideale per la riproduzione della zanzara Anopheles darlingi, il più importante vettore della malaria in Amazzonia. Nel corso di alcune scrupolose indagini nell’Amazzonia peruviana, Vittor ha scoperto una maggiore quantità di larve all’interno delle pozze calde e parzialmente ombreggiate che si creano al fianco delle strade ricavate dal taglio degli alberi e nelle pozzanghere dietro ai detriti dove l’acqua non viene più assorbita dagli alberi. 
“Quelli erano i luoghi dove la zanzara anofele adorava vivere” ricorda Vittor.
In una complessa analisi di dati satellitari ed epidemiologici pubblicata di recente dalla rivista Proceedings of the National Academy of Sciencies, MacDonald e Erin Mordecai della Stanford University hanno riferito di un significativo impatto della deforestazione sulla trasmissione della malaria nel bacino dell’Amazzonia, in linea con alcune ricerche precedenti.
In media, hanno stimato che tra il 2013 e il 2015 un incremento della perdita di foresta del 10% l’anno abbia portato a un incremento del 3% dei casi di malaria. Ad esempio, nel corso di un anno di studio, la cancellazione di una porzione di foresta di 1600 chilometri quadrati (l’equivalente di 300.000 campi di calcio) è stata correlata a 10.000 casi aggiuntivi di malaria. Un effetto ancora più pronunciato nelle aree più interne della foresta, dove alcune porzioni sono rimaste intatte e forniscono l’habitat umido che piace alle zanzare.
Con i continui incendi amazzonici, questi risultati non promettono nulla di buono. Gli ultimi dati, pubblicati questa settimana, dicono che fino ad ora è stata distrutta un’area pari a 12 volte New York City. 
“Sono preoccupato di come possa procedere la trasmissione della malattia alla fine di questi incendi”, dice MacDonald. 
Vittor sottolinea che con l’ecologia delle zanzare è difficile fare delle generalizzazioni, perché molto dipende dalle specie e dalle regioni. In Africa gli studi hanno trovato scarse associazioni tra malaria e deforestazione - forse perché lì le zanzare preferiscono riprodursi in corpi d’acqua illuminati dal sole e privilegiano le colture all’aperto alle aree forestali ombreggiate. Ma a Sabah, nel Borneo malese, le epidemie di malaria si verificano in tandem con le deforestazioni effettuate per far spazio alle palme da olio e altre colture.  
Le zanzare non sono gli unici animali in grado di trasmettere malattie mortali all’uomo. Infatti il 60% delle nuove malattie infettive che colpiscono l’uomo - comprese HIV, Ebola e Nipah, tutte originate da animali che vivevano nella giungla - vengono trasmesse da altri animali, la maggior parte dei quali selvatici. 
In uno studio del 2015, i ricercatori della Ecohealth Alliance, una no-profit di base a New York che tiene traccia delle malattie infettive nel mondo, hanno scoperto che “quasi un’epidemia su tre di malattie nuove ed emergenti è collegata all’utilizzo della terra, come la deforestazione”, secondo quanto ha twittato Peter Daszak, presidente dell’organizzazione. 
Nella foresta molti virus convivono con gli animali senza conseguenze perché gli animali sono evoluti insieme a loro. Può capitare, però, che gli uomini ospitino - inconsapevolmente - questi virus nel momento in cui si spingono all’interno di foreste o cambino habitat forestale.
“Stiamo trasformando completamente la struttura della foresta” dice Carlos Zambrana-Torrelio, ecologo delle malattie alla Ecohealth Alliance.
Può anche capitare che una malattia si sviluppi perché una specie vettore che viveva nella foresta, viene attratta in un nuovo habitat.
Ad esempio in Liberia la deforestazione per fare spazio alle palme da olio attrae orde di topi che vivono in queste aree, attratti dall’abbondanza dei frutti prodotti - appunto - dalle palme nelle piantagioni e negli insediamenti circostanti. L’uomo può contrarre il virus Lassa quando entra in contatto con cibo od oggetti contaminati dalle feci o dall’urina dei roditori o con liquidi corporei di persone già infette. Negli uomini il virus provoca febbre emorragica - lo stesso tipo di sintomo causato da Ebola - e in Liberia ha ucciso il 36% delle persone contagiate. 
Roditori con il virus in corpo sono stati osservati anche nelle aree deforestate a Panama, in Bolivia e in Brasile. Alfonso Rodriguez-Morales, medico ricercatore ed esperto di malattie tropicali all’Universidad Tecnologica de Pereira in Colombia, teme che possano diffondersi anche altrove in seguito alla ripresa degli incendi amazzonici avvenuta nel 2019. 
Questi processi non si limitano alle malattie tropicali. Alcune ricerche di MacDonald hanno rivelato una curiosa associazione tra deforestazione e malattia di Lyme negli Stati Uniti nord-orientali. 
Borrelia burgdorferi, il batterio che provoca la malattia di Lyme, viene trasmesso dalle zecche che si riproducono sui cervi di foresta, ricavando il sangue necessario per sopravvivere. Ma MacDonald dice che il batterio è stato anche trovato nel topo dai piedi bianchi, che prospera nelle foreste frammentate dagli insediamenti umani.
Il passaggio di queste malattie dagli animali all’uomo - aggiunge - avviene più facilmente ai tropici perché in queste aree c’è maggiore diversità di fauna e di patogeni. Da quelle parti, diverse malattie trasmesse da un’ampia varietà di animali - dalle cimici che succhiano il sangue alle lumache - sono state correlate alla deforestazione. Oltre alle malattie già note, i ricercatori temono che diverse ancora sconosciute rimangano in agguato nelle foreste e potrebbero manifestarsi nel momento in cui l’uomo ci si avventura.
Secondo Zambrana-Torrelio le probabilità che le malattie passino all’uomo potrebbe aumentare man mano che il clima si riscalda, spingendo gli animali (e con loro, i virus che ospitano) verso regioni dove non sono mai stati in precedenza. 
Se queste malattie rimarranno confinate nelle foreste o si faranno spazio negli organismi umani, scatenando una potenziale pandemia, dipende dal modo in cui si trasmettono. Vittor aggiunge che alcuni virus, come Ebola o Nipah, possono trasmettersi direttamente da una persona all’altra consentendo, potenzialmente, la loro propagazione in tutto il mondo. 
Al virus Zika, che è stato scoperto nelle foreste ugandesi nel Ventesimo secolo, basterebbe viaggiare via nave per infettare milioni di esseri umani, dal momento che ha trovato un vettore in Aedes aegypti, una zanzara che prospera nelle aree urbane. 
“Non vorrei mai che uno o altri patogeni possano fare la stessa cosa, ma sarebbe stupido non pensare che questa sia una possibilità alla quale dobbiamo prepararci”, dice Vittor. 
I ricercatori di Ecohealth Alliance propongono che il contenimento delle malattie debba essere considerato un nuovo servizio ecosistemico, cioè un beneficio che gli esseri umani ottengono liberamente dagli ecosistemi naturali, come l’immagazzinamento del carbonio e la fotosintesi. 
Il team di ricercatori sta lavorando nel Borneo malese per quantificare il costo esatto della malaria, fino al singolo posto letto in ospedale e la siringa usata dai medici. Hanno scoperto che in media il governo spende intorno ai 5.000 dollari per trattare ogni singolo nuovo caso di malaria nella regione, e in alcune aree persino di più di quanto spende per il controllo della malattia.
Queste cifre si sommano nel tempo, superando i profitti che potrebbero essere ottenuti abbattendo le foreste. Questo sarebbe, dice Daszak, un convincente argomento finanziario per lasciare alcune foreste in piedi. Lui e i suoi colleghi stanno iniziando a lavorare con il governo malese per incorporare questi studi alla pianificazione dell’uso della terra. Progetti simili sono in corso anche con le autorità della Liberia per calcolare il costo causato dalle epidemie di febbre di Lassa. 
MacDonald vede in questa idea un valore: “Se riusciamo a proteggere l’ambiente, forse riusciremo a proteggere anche la salute”, dice, “questo penso sia il lato positivo che dobbiamo sempre tenere a mente”. 
 
 
15/04/2020
 
Il coronavirus che ha scatenato l'epidemia COVID-19 proviene dai patogeni degli animali selvatici: ciò significa che gli animali selvatici sono pericolosi o colpevoli?
No, al contrario, i colpevoli siamo noi. Gli animali, se lasciati in pace, non creano alcun problema. Ma se li cacciamo e distruggiamo i loro habitat, veniamo a stretto contatto coi loro virus, contro i quali non abbiamo difese. Quando il virus fa il salto di specie (detto spillover), scoppia l'epidemia.
È già successo e continuerà a succedere: il 75% delle nuove patologie infettive sono causate da virus provenienti dagli animali. È quanto è successo negli ultimi anni: SARS, MERS, influenza aviaria, influenza suina, e altre, che hanno ucciso ogni un numero enorme di persone.
Non parliamo del singolo animale che esce dal bosco per avvicinarsi alla città (e, comunque, se lo fanno, è solo a causa della distruzione del loro ambiente e delle caccia), ma di quantità enormi di animali sterminati, per mangiarli o per predare le risorse dell'ambiente in cui vivono.

Gli allevamenti amplificano i pericoli

I virus provengono dai selvatici, ma sono soprattutto gli allevamenti di animali per il consumo umano a scatenare il problema. Per tre ragioni:
  • primo, perché spesso il virus fa il salto di specie prima dagli animali selvatici a quelli allevati, e poi da questi all'uomo; negli allevamenti trova vita facile, dato l'affollamento, il numero enorme di animali e le loro pessime condizioni di salute.
  • Secondo, perché la creazione di nuovi allevamenti è una delle cause primarie di distruzione degli habitat, di deforestazione, soprattutto nelle foreste tropicali; si deforesta per far spazio ad allevamenti, oppure a coltivazioni per i mangimi degli animali allevati in altri posti.
  • Terzo, perché, quando nelle stesse aree disboscate vengono creati allevamenti, c'è una pericolosa vicinanza tra animali selvatici e allevati che aumenta moltissimo la probabilità di diffusione dei virus.

La deforestazione e gli allevamenti

Il geologo e divulgatore scientifico Mario Tozzi afferma: "Di particolare gravità è la deforestazione, come dimostra il caso del virus Nipah, comparso in Malesia nel 1998, e probabilmente legato all’intensificarsi degli allevamenti intensivi di maiali al limite della foresta, dove cioè si disboscava per ottenere terreni a spese dei territori di pertinenza dei pipistrelli della frutta, portatori del virus".
D'altra parte, se si vuole continuare con gli attuali consumi di carne, non esiste altra soluzione che disboscare (non solo nelle foreste tropicali, ma dappertutto): non c'è più spazio sul pianeta.
La foresta Amazzonica viene continuamente distrutta, incendiata per far spazio a pascoli e coltivazioni per i mangimi degli animali. Si parla di 13 milioni di ettari di foreste tropicali distrutti annualmente e in Amazzonia negli ultimi anni le cose stanno peggiorando: siamo arrivati a 10 mila km quadrati di foresta amazzonica disboscata.
Di nuovo Mario Tozzi spiega che il salto di specie dei virus è ancora più probabile quando la deforestazione avviene "a spese della foresta tropicale, cioè proprio dove la fauna selvatica è più importante per numero di specie e di individui e dove, di conseguenza, i patogeni sono più presenti e importanti".

Diamoci un taglio: alla carne, non alle foreste

Possiamo fare la nostra parte nel preservare le foreste e tutto l'ambiente naturale in un modo molto semplice: smettendo di consumare prodotti animali. Daremo così il nostro contributo per prevenire altre epidemie simili a quella del COVID-19, che continuano a verificarsi a distanza di pochi anni in diverse parti del mondo.
La nostra guida pratica ti aiuta nella transizione e ti spiega le tante ragioni aggiuntive per passare a un'alimentazione basata sui vegetali: quelle etiche e quelle salutistiche. Richiedila, è gratuita: la puoi scaricare e leggere subito.  
 




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ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!