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mercoledì 6 maggio 2020

IL PRESIDENTE DONALD TRUMP (USA) E BOLSONARO (PRESIDENTE DEL BRASILE) INSIEME AD ALTRI FOLLI O "FINTI" FOLLI (COME IL PRESIDENTE BIELORUSSO ALEXANDER LUKASHENKO) VOGLIONO ADDEBITARE LA TOTALE COLPA DELLA PANDEMIA AL GOVERNO DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE PER COPRIRE O NASCONDERE LE VERE CAUSE DELL'EPIDEMIA DEL COVID19: I CAMBIAMENTI CLIMATICI CAUSATI DALLA DEFORESTAZIONE SELVAGGIA E DALLO SFRUTTAMENTO INDISCRIMINATO DELLE RISORSE DEL PIANETA TERRA!!!


DEFORESTAZIONE IN AMAZZONIA (BRASILE)

New York (USA) - Deforestazione in #SudAmerica (soprattutto #Brasile) in #Australia (quasi 9MILIONI di ettari in fumo, 1MILIARDO di animali e insetti uccisi dagli incendi, più di 1MILIARDO di alberi inceneriti!) in #Europa e #Africa, #Asia ed in generale in tutto il #mondo! Questo è il VERO motivo del proliferare di PERICOLOSI #Virus come l'ultimo #Coronavirus o l'#Hiv ad esempio! Altro che complotti e laboratori segreti (che segreti non sono!) di #Wuhan!

INCENDI NELLE FORESTE DELL'AUSTRALIA
Io non credo alla tesi di Pompeo e degli #StatiUniti che già nel 2003 con le "famose prove" delle armi di distruzione di massa in mano a #SaddamHussein (rivelatesi FALSE anche per AMMISSIONE stessa degli ex-ministri #USA dell'epoca!) hanno spinto i governi di mezzo pianeta a scatenare guerre disastrose per esportare la nostra #democrazia occidentale #capitalista...piano poi rivelatosi FALLIMENTARE! SOLO #MORTE E #DISTRUZIONE più e peggio di prima! Come purtroppo poi hanno continuato in #Siria (armi batteriologiche farsa!) #Libia (idem!) se anche fosse uscito da quel laboratorio ma ne dubito, l'unica causa è ACCIDENTALE! #covid19 #Cina #USA
L'AUSTRALIA VISTA DAL SATELLITE NELL'ESTATE 2019 CON LE FORESTE IN FIAMME

Nel 1997 sulle foreste pluviali indonesiane incombevano nuvole di fumo. In quei giorni si stava bruciando un’area grande quanto la Pennsylvania per fare spazio a coltivazioni agricole. Soffocati da quella coltre, gli alberi non produssero frutti e ciò costrinse le volpi volanti a dirigersi da qualche altra parte per procacciarsi del cibo, portando con loro una malattia mortale.
Poco tempo dopo che le volpi volanti si erano trasferite sugli alberi da frutto della Malesia, i maiali che vivevano nei paraggi iniziarono ad ammalarsi - probabilmente dopo aver mangiato i frutti caduti che le volpi volanti avevano morsicato. La stessa malattia colpì i loro allevatori. Entro il 1999 ben 265 persone avevano sviluppato una grave infiammazione al cervello e 105 erano morte. Si trattò del primo episodio conosciuto di virus Nipah sugli esseri umani, che da allora ha continuato a svilupparsi a ondate in tutto il sud-est asiatico. 
E questa è solo una delle tante malattie infettive che normalmente colpiscono gli animali selvatici ad aver raggiunto l’uomo, in aree colpite da un'intensa deforestazione.
Negli ultimi due decenni molti studi scientifici hanno suggerito che proprio la deforestazione crea le condizioni perché un’ampia gamma di patogeni (come il virus Nipah o il virus Lassa e i parassiti che causano la malaria e la malattia di Lyme) colpiscano l’uomo.
Nel frattempo vasti incendi continuano a colpire le foreste tropicali dell’Amazzonia e anche alcune aree dell’Africa e del sud-est asiatico, e gli esperti manifestano preoccupazione per la salute delle persone che vivono nei pressi di quei territori. Temono che dalle foreste del nostro pianeta possa emergere la prossima grave pandemia.“Che la deforestazione possa essere un importante fattore nella trasmissione di malattie infettive è una cosa piuttosto nota” dice Andy MacDonald, ecologo delle malattie all’Earth Research Institute dell’università della California, Santa Barbara. “È una questione di numeri: più danneggiamo gli habitat forestali, più è probabile che si vada incontro a epidemie di malattie infettive”.
Si è a lungo sospettato che la malaria, che ogni anno uccide oltre un milione di persone a causa dell’infezione del parassita Plasmodium, trasmesso dalle zanzare, sia progredita di pari passo con la deforestazione. In Brasile, dove in passato gli sforzi per controllare questa malattia hanno fortemente ridotto la trasmissione della malaria, passando dai 6 milioni di casi in un anno negli anni Quaranta ad appena 50.000 negli anni Sessanta, gli episodi hanno cominciato ad aumentare in modo stabile parallelamente alla rapida deforestazione e all’espansione dell’agricoltura. Nel passaggio al nuovo secolo, nel bacino dell’Amazzonia si riscontravano oltre 600.000 casi in un anno. 
Alla fine degli anni Novanta, uno studio di Amy Vittor, epidemiologa all’Emerging Pathogens Institute dell’università della Florida, e altri suoi colleghi ha suggerito il motivo. Sembra infatti che radere al suolo pezzi di foreste crei l’habitat ideale per la riproduzione della zanzara Anopheles darlingi, il più importante vettore della malaria in Amazzonia. Nel corso di alcune scrupolose indagini nell’Amazzonia peruviana, Vittor ha scoperto una maggiore quantità di larve all’interno delle pozze calde e parzialmente ombreggiate che si creano al fianco delle strade ricavate dal taglio degli alberi e nelle pozzanghere dietro ai detriti dove l’acqua non viene più assorbita dagli alberi. 
“Quelli erano i luoghi dove la zanzara anofele adorava vivere” ricorda Vittor.
In una complessa analisi di dati satellitari ed epidemiologici pubblicata di recente dalla rivista Proceedings of the National Academy of Sciencies, MacDonald e Erin Mordecai della Stanford University hanno riferito di un significativo impatto della deforestazione sulla trasmissione della malaria nel bacino dell’Amazzonia, in linea con alcune ricerche precedenti.
In media, hanno stimato che tra il 2013 e il 2015 un incremento della perdita di foresta del 10% l’anno abbia portato a un incremento del 3% dei casi di malaria. Ad esempio, nel corso di un anno di studio, la cancellazione di una porzione di foresta di 1600 chilometri quadrati (l’equivalente di 300.000 campi di calcio) è stata correlata a 10.000 casi aggiuntivi di malaria. Un effetto ancora più pronunciato nelle aree più interne della foresta, dove alcune porzioni sono rimaste intatte e forniscono l’habitat umido che piace alle zanzare.
Con i continui incendi amazzonici, questi risultati non promettono nulla di buono. Gli ultimi dati, pubblicati questa settimana, dicono che fino ad ora è stata distrutta un’area pari a 12 volte New York City. 
“Sono preoccupato di come possa procedere la trasmissione della malattia alla fine di questi incendi”, dice MacDonald. 
Vittor sottolinea che con l’ecologia delle zanzare è difficile fare delle generalizzazioni, perché molto dipende dalle specie e dalle regioni. In Africa gli studi hanno trovato scarse associazioni tra malaria e deforestazione - forse perché lì le zanzare preferiscono riprodursi in corpi d’acqua illuminati dal sole e privilegiano le colture all’aperto alle aree forestali ombreggiate. Ma a Sabah, nel Borneo malese, le epidemie di malaria si verificano in tandem con le deforestazioni effettuate per far spazio alle palme da olio e altre colture.  
Le zanzare non sono gli unici animali in grado di trasmettere malattie mortali all’uomo. Infatti il 60% delle nuove malattie infettive che colpiscono l’uomo - comprese HIV, Ebola e Nipah, tutte originate da animali che vivevano nella giungla - vengono trasmesse da altri animali, la maggior parte dei quali selvatici. 
In uno studio del 2015, i ricercatori della Ecohealth Alliance, una no-profit di base a New York che tiene traccia delle malattie infettive nel mondo, hanno scoperto che “quasi un’epidemia su tre di malattie nuove ed emergenti è collegata all’utilizzo della terra, come la deforestazione”, secondo quanto ha twittato Peter Daszak, presidente dell’organizzazione. 
Nella foresta molti virus convivono con gli animali senza conseguenze perché gli animali sono evoluti insieme a loro. Può capitare, però, che gli uomini ospitino - inconsapevolmente - questi virus nel momento in cui si spingono all’interno di foreste o cambino habitat forestale.
“Stiamo trasformando completamente la struttura della foresta” dice Carlos Zambrana-Torrelio, ecologo delle malattie alla Ecohealth Alliance.
Può anche capitare che una malattia si sviluppi perché una specie vettore che viveva nella foresta, viene attratta in un nuovo habitat.
Ad esempio in Liberia la deforestazione per fare spazio alle palme da olio attrae orde di topi che vivono in queste aree, attratti dall’abbondanza dei frutti prodotti - appunto - dalle palme nelle piantagioni e negli insediamenti circostanti. L’uomo può contrarre il virus Lassa quando entra in contatto con cibo od oggetti contaminati dalle feci o dall’urina dei roditori o con liquidi corporei di persone già infette. Negli uomini il virus provoca febbre emorragica - lo stesso tipo di sintomo causato da Ebola - e in Liberia ha ucciso il 36% delle persone contagiate. 
Roditori con il virus in corpo sono stati osservati anche nelle aree deforestate a Panama, in Bolivia e in Brasile. Alfonso Rodriguez-Morales, medico ricercatore ed esperto di malattie tropicali all’Universidad Tecnologica de Pereira in Colombia, teme che possano diffondersi anche altrove in seguito alla ripresa degli incendi amazzonici avvenuta nel 2019. 
Questi processi non si limitano alle malattie tropicali. Alcune ricerche di MacDonald hanno rivelato una curiosa associazione tra deforestazione e malattia di Lyme negli Stati Uniti nord-orientali. 
Borrelia burgdorferi, il batterio che provoca la malattia di Lyme, viene trasmesso dalle zecche che si riproducono sui cervi di foresta, ricavando il sangue necessario per sopravvivere. Ma MacDonald dice che il batterio è stato anche trovato nel topo dai piedi bianchi, che prospera nelle foreste frammentate dagli insediamenti umani.
Il passaggio di queste malattie dagli animali all’uomo - aggiunge - avviene più facilmente ai tropici perché in queste aree c’è maggiore diversità di fauna e di patogeni. Da quelle parti, diverse malattie trasmesse da un’ampia varietà di animali - dalle cimici che succhiano il sangue alle lumache - sono state correlate alla deforestazione. Oltre alle malattie già note, i ricercatori temono che diverse ancora sconosciute rimangano in agguato nelle foreste e potrebbero manifestarsi nel momento in cui l’uomo ci si avventura.
Secondo Zambrana-Torrelio le probabilità che le malattie passino all’uomo potrebbe aumentare man mano che il clima si riscalda, spingendo gli animali (e con loro, i virus che ospitano) verso regioni dove non sono mai stati in precedenza. 
Se queste malattie rimarranno confinate nelle foreste o si faranno spazio negli organismi umani, scatenando una potenziale pandemia, dipende dal modo in cui si trasmettono. Vittor aggiunge che alcuni virus, come Ebola o Nipah, possono trasmettersi direttamente da una persona all’altra consentendo, potenzialmente, la loro propagazione in tutto il mondo. 
Al virus Zika, che è stato scoperto nelle foreste ugandesi nel Ventesimo secolo, basterebbe viaggiare via nave per infettare milioni di esseri umani, dal momento che ha trovato un vettore in Aedes aegypti, una zanzara che prospera nelle aree urbane. 
“Non vorrei mai che uno o altri patogeni possano fare la stessa cosa, ma sarebbe stupido non pensare che questa sia una possibilità alla quale dobbiamo prepararci”, dice Vittor. 
I ricercatori di Ecohealth Alliance propongono che il contenimento delle malattie debba essere considerato un nuovo servizio ecosistemico, cioè un beneficio che gli esseri umani ottengono liberamente dagli ecosistemi naturali, come l’immagazzinamento del carbonio e la fotosintesi. 
Il team di ricercatori sta lavorando nel Borneo malese per quantificare il costo esatto della malaria, fino al singolo posto letto in ospedale e la siringa usata dai medici. Hanno scoperto che in media il governo spende intorno ai 5.000 dollari per trattare ogni singolo nuovo caso di malaria nella regione, e in alcune aree persino di più di quanto spende per il controllo della malattia.
Queste cifre si sommano nel tempo, superando i profitti che potrebbero essere ottenuti abbattendo le foreste. Questo sarebbe, dice Daszak, un convincente argomento finanziario per lasciare alcune foreste in piedi. Lui e i suoi colleghi stanno iniziando a lavorare con il governo malese per incorporare questi studi alla pianificazione dell’uso della terra. Progetti simili sono in corso anche con le autorità della Liberia per calcolare il costo causato dalle epidemie di febbre di Lassa. 
MacDonald vede in questa idea un valore: “Se riusciamo a proteggere l’ambiente, forse riusciremo a proteggere anche la salute”, dice, “questo penso sia il lato positivo che dobbiamo sempre tenere a mente”. 
 
 
15/04/2020
 
Il coronavirus che ha scatenato l'epidemia COVID-19 proviene dai patogeni degli animali selvatici: ciò significa che gli animali selvatici sono pericolosi o colpevoli?
No, al contrario, i colpevoli siamo noi. Gli animali, se lasciati in pace, non creano alcun problema. Ma se li cacciamo e distruggiamo i loro habitat, veniamo a stretto contatto coi loro virus, contro i quali non abbiamo difese. Quando il virus fa il salto di specie (detto spillover), scoppia l'epidemia.
È già successo e continuerà a succedere: il 75% delle nuove patologie infettive sono causate da virus provenienti dagli animali. È quanto è successo negli ultimi anni: SARS, MERS, influenza aviaria, influenza suina, e altre, che hanno ucciso ogni un numero enorme di persone.
Non parliamo del singolo animale che esce dal bosco per avvicinarsi alla città (e, comunque, se lo fanno, è solo a causa della distruzione del loro ambiente e delle caccia), ma di quantità enormi di animali sterminati, per mangiarli o per predare le risorse dell'ambiente in cui vivono.

Gli allevamenti amplificano i pericoli

I virus provengono dai selvatici, ma sono soprattutto gli allevamenti di animali per il consumo umano a scatenare il problema. Per tre ragioni:
  • primo, perché spesso il virus fa il salto di specie prima dagli animali selvatici a quelli allevati, e poi da questi all'uomo; negli allevamenti trova vita facile, dato l'affollamento, il numero enorme di animali e le loro pessime condizioni di salute.
  • Secondo, perché la creazione di nuovi allevamenti è una delle cause primarie di distruzione degli habitat, di deforestazione, soprattutto nelle foreste tropicali; si deforesta per far spazio ad allevamenti, oppure a coltivazioni per i mangimi degli animali allevati in altri posti.
  • Terzo, perché, quando nelle stesse aree disboscate vengono creati allevamenti, c'è una pericolosa vicinanza tra animali selvatici e allevati che aumenta moltissimo la probabilità di diffusione dei virus.

La deforestazione e gli allevamenti

Il geologo e divulgatore scientifico Mario Tozzi afferma: "Di particolare gravità è la deforestazione, come dimostra il caso del virus Nipah, comparso in Malesia nel 1998, e probabilmente legato all’intensificarsi degli allevamenti intensivi di maiali al limite della foresta, dove cioè si disboscava per ottenere terreni a spese dei territori di pertinenza dei pipistrelli della frutta, portatori del virus".
D'altra parte, se si vuole continuare con gli attuali consumi di carne, non esiste altra soluzione che disboscare (non solo nelle foreste tropicali, ma dappertutto): non c'è più spazio sul pianeta.
La foresta Amazzonica viene continuamente distrutta, incendiata per far spazio a pascoli e coltivazioni per i mangimi degli animali. Si parla di 13 milioni di ettari di foreste tropicali distrutti annualmente e in Amazzonia negli ultimi anni le cose stanno peggiorando: siamo arrivati a 10 mila km quadrati di foresta amazzonica disboscata.
Di nuovo Mario Tozzi spiega che il salto di specie dei virus è ancora più probabile quando la deforestazione avviene "a spese della foresta tropicale, cioè proprio dove la fauna selvatica è più importante per numero di specie e di individui e dove, di conseguenza, i patogeni sono più presenti e importanti".

Diamoci un taglio: alla carne, non alle foreste

Possiamo fare la nostra parte nel preservare le foreste e tutto l'ambiente naturale in un modo molto semplice: smettendo di consumare prodotti animali. Daremo così il nostro contributo per prevenire altre epidemie simili a quella del COVID-19, che continuano a verificarsi a distanza di pochi anni in diverse parti del mondo.
La nostra guida pratica ti aiuta nella transizione e ti spiega le tante ragioni aggiuntive per passare a un'alimentazione basata sui vegetali: quelle etiche e quelle salutistiche. Richiedila, è gratuita: la puoi scaricare e leggere subito.  
 




sabato 29 dicembre 2012

La tragedia di due nordcoreani delusi dal Sud: Tornati al Nord hanno rilasciato una conferenza stampa a Pyongyang!

Quello che mi accingo a narrare in questa pagina è una storia molto triste, i cui protagonisti, entrambi nordcoreani, sono stati vittime della propaganda e della diffidenza reciproca di due nazioni divise e ancora ferocemente in guerra fra loro, anche se si tratta ora solo più di una guerra di menzogne da entrambe le parti.
Attorno al 2008 la venticinquenne Ko Jong Nam e il ventitreenne Kim Kwang Hyok, che allora non si conoscevano, insoddisfatti della vita che conducevano in Nord Corea e illusi dalla propaganda sudcoreana che dipinge il Sud Corea come una specie di paradiso in terra, affrontando un gravissimo pericolo personale fuggono indipendentemente dal Nord per passare al Sud, dove sperano di essere accolti a braccia aperte.
Il Centro di reinsediamento dei rifugiati nordcoreani, un’organizzazione sudcoreana nata per aiutare chi diserta dalla Corea del Nord, trova per l’uno e per l’altra una qualche sistemazione per i primi tempi. Passano i mesi e queste due persone non riescono a trovare un lavoro decente, probabilmente vivono di stenti, circondati dalla diffidenza nei loro confronti da parte dei locali che li considerano dei disertori e dei potenziali traditori.
I due si incontrano nel 2009, si innamorano, si sposano e hanno un bambino. Ma, senza un lavoro stabile, la vita è quasi impossibile. Lui, a quanto pare, ha la tubercolosi e, anche per questo motivo, non viene assunto, lei segue un corso da infermiera, ma per il momento non trova lavoro. Quello che pensavano potesse essere un paradiso si rivela per loro un inferno, tanto da portarli alla disperazione.
In questa tragedia, che ci arriva per sentito dire, conta molto anche il fatto che, da entrambe le parti, quello che ci viene comunicato può non essere l’intera verità. Si tratta sempre di propaganda, da una parte e dall’altra. Chi ci va di mezzo sono queste due persone e il loro figlioletto, che non sono i protagonisti di un un romanzo di fantasia, ma persone reali coinvolte in una vicenda più grande di loro. Comunque vada a finire la cosa, è certo che non avranno mai più una vita normale.
L’articolo che viene qui sotto riportato è tratto dalla pagina “Daegu Stunned by Re-defection Press Conference” pubblicato il 9 novembre 2012 dal quotidiano su Internet DailyNK, mentre le fotografie sono tratte dalla pagina “Daegu Re-Defectors Give Press Conference” dello stesso quotidiano che riporta le immagini della conferenza trasmessa dalla televisione nordcoreana come sono state ricevute nella Corea del Sud.
In questi giorni nel Sud Corea sta montando un movimento di rabbia contro l’Agenzia nordcoreana per la sicurezza nazionale (North Korean National Security Agency, o NSA) che cerca di adescare i nordcoreani fuggiti al Sud per farli tornare al Nord. Si vedano gli articoli Re-defections Chalked Up by Musan NSA e North Must Leave the Defectors Alone! pubblicati in data 13 novembre 2012.
Una nota linguistica: In coreano il termine usato per indicare una persona che è fuggita dalla Corea del Nord e che si è rifugiata nella Corea del Sud è 탈북자 (letteralmente “persona fuggita dal Nord”), molto meno dispregiativo del termine “defector” (disertore) usato comunemente dai quotidiani sudcoreani in inglese. In italiano il termine “disertore” viene usato quasi esclusivamente per indicare un “soldato che abbandona furtivamente e contro il giuramento prestato la propria bandiera” (Vocabolario della lingua italiana di Devoto-Oli).

L’articolo del DailyNK:

L’8 novembre 2012 una coppia di nordcoreani tornata in Nord Corea a settembre dopo aver vissuto per circa quattro anni nella città di Daegu, in Sud Corea, ha tenuto una conferenza stampa a Pyongyang. Secondo l’agenzia di informazioni statale nordcoreana Korean Central News Agency (KCNA) i due hanno lasciato la Corea del Sud perché “delusi dalla sua società ingannevole, corrotta, ingiusta e ineguale”.

La conferenza stampa rilasciata da Kim e Ko a Pyongyang l’8 novembre 2012. I due sono al tavolo centrale sul fondo, attorniati da numerosi giornalisti.
Molti a Daegu sono costernati per l’apparizione alla televisione centrale della Corea del Nord dei due residenti della città sudcoreana, qualificatisi come gli ultimi nordcoreani tornati in Nord Corea perché delusi dalla natura della società sudcoreana.
Nella comunità dei nordcoreani che hanno disertato il loro paese e che ora risiedono al Sud ci sono forti dubbi sulle vere ragioni che hanno spinto il ventisettenne Kim Kwang Hyok e la ventinovenne moglie Ko Jong Nam a tornare al Nord.
Un funzionario del Centro di reinsediamento dei rifugiati nordcoreani (‘Hana Center’) di Daegu, che ha aiutato Kim a sistemarsi nella città dopo la sua defezione avvenuta nel 2008, ha detto: “Suo fratello minore e sua madre vivono anch’essi a Daegu, e sono stati assolutamente sorpresi di vederlo mentre teneva una conferenza stampa in Nord Corea. Non riescono a capirlo e sono davvero molto frustrati.”
Non soltanto i due sono tornati in Nord Corea dopo essersi incontrati e sposati in Corea del Sud nel 2009, ma hanno anche portato con sé nella Corea del Nord il loro figlio di due anni, come si nota nel filmato della conferenza stampa di Pyongyang.
Secondo uno degli amici di Kim che vive a Daegu, uno dei principali motivi di confusione per chi lo ha conosciuto è il fatto che lui era diventato un devoto cattolico quando viveva in Corea del Sud, mentre la religione è qualcosa che il Nord Corea non approva.

Kim Kwang Hyok e la moglie nel corso della conferenza stampa
“Attorno a giugno dell’anno scorso, Kim ha manifestato il suo convincimento religioso andando ad un ritiro sul monte Woomyeon a Seoul,” ha ricordato l’amico. “A quell’epoca fece alcune chiamate video a sua moglie: appariva felice e io pensai che la loro relazione fosse veramente bella.”
Tuttavia, la coppia era perseguitata da problemi di salute. In particolare, Kim soffriva di tubercolosi (TBC), e questo significava che non poteva trovare lavoro. D’altra parte, come spiega il funzionario del Centro Hana: “Anche se la vita era per loro difficile a causa di problemi finanziari, sua moglie aveva appena ottenuto una licenza da assistente infermiera e stava per trovare lavoro.”
Così, considerando che Kim veniva curato per la sua tubercolosi e che sua moglie era in una buona posizione per avere un lavoro molto presto, è difficile pensare che ci fosse un motivo per tornare in Nord Corea in questa circostanza particolare. Di conseguenza, c’è chi a Daegu pensa che le autorità della Corea del Nord possano aver minacciato il resto della famiglia di Kim per far rientrare la coppia al Nord.
Nella loro apparizione televisiva, i due hanno detto che la delusione per la vita in Corea del Sud li ha spinti a tornare al Nord, con Ko che marchia la società sudcoreana come “ingannevole e corrotta” e Kim che dichiara che “da nessuna parte si possono trovare gentili sentimenti umani” nella Corea del Sud “ingiusta e ineguale”.
In particolare, Ko ha affermato che il loro bambino sarebbe stato condannato a sopportare terribili discriminazioni e sofferenze se non avessero preso la decisione di tornare al Nord Corea, e che la sua decisione era stata incoraggiata dall’avere assistito a una visita che Kim Jong Un (l’attuale leader nordocoreano) aveva fatto in un asilo nido a Pyongyang con sua moglie Ri Sol Joo.
Le autorità sudcoreane hanno confermato che la coppia si è effettivamente insediata nella Corea del Sud prima del loro rientro al Nord, ma non sono state ancora in grado di confermare la strada seguita e il metodo del loro ritorno in Nord Corea, e neppure il motivo che li ha spinti a tornarvi.

domenica 13 maggio 2012

domenica 15 aprile 2012

Dal film di Wall Street - Monologo di Gordon Gekko (Michael Douglas) su Denaro e Avidità!!! Così ci vuole il Governo Monti e dei Banchieri dell'Unione Europea: IL GOVERNO MONTI HA il record dei suicidi e delle persone che si danno fuoco davanti agli uffici dell'Agenzia delle Entrate! Tutto in pochi mesi, nelle prime settimane del 2012! Con Berlusconi tutto questo non è mai successo! Perchè i Comunisti, gli Anarchici, gli anti-Berlusconiani e gli Indignati non sono scesi in piazza a protestare contro il Governo Monti? Tanti suicidi per la crisi, brutte storie dall'Italia che soffre per colpa del Governo delle Banche di Mario Monti che si è rivelato essere l'usuraio Nazionale, il BOIA della povera gente e delle classi medio-basse! Il Governo dei Banchieri ci vuole o SCHIAVI O MORTI! Mario Monti "STERMINATOR" CHE LAVORA PER LA GOLDMAN SACHS E CHE E' A CAPO DI UN GOVERNO CRIMINALE E SANGUISUGA , UN GOVERNO CHE FA GLI INTERESSI SOLO DELLE BANCHE E MORTIFICA LE CLASSI PIU' POVERE DELLA SOCIETA' ITALIANA!

 
Sopra il video, tratto dal Film "Wall Street - il denaro non dorme mai!" con il memorabile discorso di Gordon Gekko (Michael Douglas) tenuto in una facoltà universitaria, dove si parla di soldi, speculazione e avidità del Capitalismo moderno del Terzo Millennio...
 
 
Sopra il monologo di GORDON GEKO sul denaro nel primo film "WALL STREET" del 1987
 


(ANSA) - GELA (CALTANISSETTA), 03 APRILE 2012 - ''Mia madre ha saputo ieri, da noi figli, che la sua pensione non era piu' di 800 euro ma di 600. E questa notizia l'ha letteralmente sconvolta. Non sapeva darsi pace perche' la riteneva un'ingiustizia''. Lo dice Bruno, 43 anni, proprietario di una pizzeria, il piu' piccolo dei quattro figli della donna di Gela che si e' suicidata dopo avere scoperto che l'Inps le aveva tagliato la pensione del 25%.
''Le notizie della crisi economica in Tv e i tagli operati dal governo - prosegue - l'avevano allarmata, come a tutti gli italiani; purtroppo la riduzione della pensione ha avuto in lei un effetto dirompente''.(ANSA).

Suicidi per la crisi, aumento del 24,6%

5 Aprile 2012: Suicidi per la crisi? Aumento del 24,6%

Tra il 2008 ed il 2010, segnala la CGIA di Mestre, i suicidi per motivi economici sono aumentati del 24,6%, mentre i tentativi di suicidio, sempre legati alle difficoltà economiche, sono cresciuti leggermente meno: + 20%.
Dopo l’ennesimo suicidio di un imprenditore avvenuto oggi a Roma, la CGIA di Mestre torna su questa piaga sociale analizzando i dati sui suicidi denunciati alle forze dell’ordine in questi ultimi anni di dura crisi economica. Purtroppo, segnalano dalla CGIA, i dati forniti dall’Istat non ci consentono di riconoscere la professione svolta da queste persone (ovvero, se fossero imprenditori, lavoratori dipendenti, pensionati, etc.).
In termini assoluti, a fronte di 150 suicidi per ragioni economiche registrati nel 2008, nel 2010 (ultimo anno disponibile) i gesti estremi per motivi economici sono saliti a 187, mentre i tentativi di suicidio sono passati da 204 a 245.
“Dopo l’ennesimo gesto estremo che si è verificato oggi – sottolinea il segretario della CGIA, Giuseppe Bortolussi – è necessario intervenire con misure emergenziali. Sicuramente c’è un effetto imitazione e, come spesso succede in questi casi, il denominatore comune di tutte queste tragedie è la crisi economica. La sua gravità ha suscitato in molti piccoli imprenditori la perdita di sicurezza, solitudine, disperazione e ribellione contro un mondo che si sta rivelando cinico e inospitale. Come Associazione – conclude Bortolussi – ci siamo attivati sia a livello nazionale, sia a livello regionale per dar vita ad un fondo di solidarietà col fine di evitare i suicidi tra i piccoli imprenditori.   La Regione Veneto, che presenterà questa iniziativa nelle prossime settimane, ha in serbo un provvedimento di legge, con un  plafond di 6 milioni di euro, che costituirà una prima risposta a questa grave emergenza che ha colpito soprattutto il Nordest!"

Suicidi per la crisi, storie dall'Italia che soffre per colpa del Governo delle Banche di Mario Monti l'usuraio Nazionale, il BOIA della povera gente e delle classi medio-basse!

Ben 13 negli ultimi mesi del 2012, ripercorriamoli caso per caso!

Ecco una lunga e triste lista di coloro che hanno scelto di togliersi la vita schiacciati dal peso dei problemi economici. Suicidi per la crisi, una piaga che non accenna a sanarsi:       
         


Roma, 4 aprile 2012 - La spada di Damocle della crisi: un problema per tanti, un dramma per alcuni.  Alla ribalta delle cronache, negli ultimi mesi, una lunga e triste lista di persone che hanno deciso di togliersi la vita, schiacciate dai problemi economici.
Incapaci di reagire, o forse solo sfiniti dal non vedere una luce in fondo al tunnel. L'imprenditore romano e il camionista di Milano sono solo le ultime vittime. Ripercorriamo, una per una, tutte queste storie in tempo di crisi. Con i due di oggi, il numero dei suicidi sale a 13. E non sono contemplati quelli, tanti, che hanno tentato ma, fortunatamente, non sono riusciti nel loro intento.
- Il 3 aprile un’anziana 78/enne di Gela si uccisa lanciandosi dal terrazzo di casa. L’Inps le aveva ulteriormente ridotto la pensione di 200 euro (da 800 a 600) e lei, Nunzia C., ha deciso di farla finita.
- L'1 aprile un artigiano di 57 anni si è impiccato all’interno della sua bottega di conici a Roma a causa dei ‘’problemi economici’’.
- Il 27 marzo scorso Giuseppe Pignataro, 49 anni, di Trani, si è ucciso dopo essersi lanciato dal balcone della sua abitazione. L’uomo, che faceva l’imbianchino, si è tolto la vita a causa delle difficoltà nel trovare un’occupazione stabile in grado di fornire un reddito degno alla propria famiglia.
- Il 23 marzo un imprenditore quarantaquattrenne di Cepagatti (Pescara) si è impiccato nella sua azienda. Strozzato dai debiti, non ha retto alla vergogna di non poter pagare gli stipendi ai dipendenti e all’incertezza sulla sua capacita’ di garantire un futuro al figlio e alla compagna.
- Il 21 marzo un uomo di 47 anni che gestiva un’attività commerciale, ma da due anni era senza lavoro, si è ucciso con un colpo di pistola nella sua automobile nel cosentino.
- Il 21 marzo un imprenditore edile, di 53 anni, in crisi da tempo per i crediti che non riusciva a riscuotere e che vantava nei confronti di pubbliche amministrazione e di privati, si e’ tolto la vita impiccandosi in una baracca dietro casa nel bellunese, mentre i familiari lo aspettavano a cena.
- Il 20 marzo un giovane artigiano di 29 anni si è impiccato a Scorano (Lecce). L’uomo ha lasciato un biglietto spiegando che non riusciva a trovare un altro lavoro e che era disperato.
- Il 9 marzo Vincenzo Di Tinco, titolare 60/enne di un negozio di abbigliamento si è impiccato ad un albero a Ginosa Marina (Taranto). In pochi giorni si era visto addebitare, forse per errore, 4.500 euro di commissioni bancarie e rifiutare un prestito di poco piu’ di mille euro.
- A febbraio un elettricista di Sanremo, 47 anni, si è suicidato sparandosi al capo con una pistola. L’uomo era stato licenziato qualche settimana fa dalla ditta nella quale lavorava da molti anni.
- Un imprenditore 64/enne si è impiccato nello stesso mese all’interno del capannone della sua azienda, nel fiorentino. All’origine del gesto motivi economici.
- A Paternò (Catania) un altro imprenditore di 57 anni ha posto fine alle sue ansie con il suicidio: si è impiccato, in un deposito di proprietà della ditta della quale era titolare, in preda alla disperazione a causa dei debiti contratti dalla sua azienda.
BOLZANO - L'uomo trovato arso vivo nella sua auto sulla corsia d'emergenza dell'Autobrennero a sud di Bolzano si sarebbe ucciso per motivi economici. È questa l'ipotesi più probabile che emerge delle indagini della questura di Bolzano.
La polizia sta controllando la situazione economica dell'uomo che pare fosse caratterizzata da debiti personali. In un primo momento tutto faceva pensare a un tragico incidente: l'uomo di 39 anni, nato a Padova ma che lavorava a Bolzano pur essendo residente in Val di Fiemme in Trentino, sembrava avesse fermato l'auto in fiamme sulla corsia d'emergenza, senza aver fatto in tempo a scendere.
I pompieri, intervenuti sul posto, hanno però trovato nell'abitacolo due taniche di benzina, mentre il fuoristrada andava a gasolio. Sarebbe il terzo caso di suicidio per motivi economici negli ultimi mesi in Alto Adige, dopo la vicenda di un commerciante del centro di Bolzano e di un fotografo del Brennero che, soffocati dai debiti, avevano deciso di togliersi la vita.
ROMA - Senza futuro. Deve essersi sentito così, Mario Frasacco, l’imprenditore di 59 anni che ieri pomeriggio si è ucciso - sparandosi un colpo di fucile - all’interno della sua azienda, la Cpa, centro di progettazione alluminio a Pietralata, immediate propaggini di Roma. L’ha trovato uno dei tre figli, insieme ad una lettera di spiegazioni e di scuse. Ultima vittima di una Spoon river - sono almeno dieci le vittime da inizio d’anno - che al mordere della crisi non vede altra soluzione che l’annientamento. Artigiani, piccoli imprenditori, pensionati.
«Monti si porterà i morti sulla coscienza. Mario non ha retto il peso di mettere in cassa integrazione almeno tre dipendenti» ha commentato sconvolto un amico d’infanzia dell’imprenditore. Perché la Cpa era ad un passo dal fallimento e Frasacco ha scelto di fare come Pasquale Clotilde, il corniciaio di Centocelle che, assediato dai debiti, l’altro ieri, s’è impiccato nel retrobottega. Come la 78enne di Gela che ieri s’è lanciata dalla finestra, perché le era stata decurtata la pensione, da 800 a 600 euro. Come Giuseppe Polignino che, perso il lavoro dopo la separazione dalla moglie, ieri s’è impiccato nella cantina comune di un caseggiato di viale Ungheria, a Milano. «Siamo sgomenti. Non possono più essere rinviate risposte concrete ai problemi delle imprese e riguardo allo sviluppo» ha detto il presidente di Confcommercio Roma, Giuseppe Roscioli. «Stava lottando per salvare la sua azienda - racconta Erino Colombi, presidente Cna Roma - Doveva partecipare ad una missione a Dubai, a maggio. Ha rinunciato, ma non immaginavo che la situazione fosse così grave».
«Siamo entrati in una contabilità di suicidi drammatica - dice il direttore della Cna romana, Lorenzo Tagliavanti - La politica ha il dovere di rispondere. Meno lacrime e più fatti». E il 18 aprile, a Roma, è stata organizzata una fiaccolata per i suicidi da crisi. 
MESTRE - Tra il 2008 ed il 2010, segnala la CGIA di Mestre, i suicidi per motivi economici sono aumentati del 24,6%, mentre i tentativi di suicidio, sempre legati alle difficoltà economiche, sono cresciuti leggermente meno: + 20%.
Dopo l’ennesimo suicidio di un imprenditore avvenuto oggi a Roma, la CGIA di Mestre torna su questa piaga sociale analizzando i dati sui suicidi denunciati alle forze dell’ordine in questi ultimi anni di dura crisi economica. Purtroppo, segnalano dalla CGIA, i dati forniti dall’Istat non ci consentono di riconoscere la professione svolta da queste persone (ovvero, se fossero imprenditori, lavoratori dipendenti, pensionati, etc.).
In termini assoluti, a fronte di 150 suicidi per ragioni economiche registrati nel 2008, nel 2010 (ultimo anno disponibile) i gesti estremi per motivi economici sono saliti a 187, mentre i tentativi di suicidio sono passati da 204 a 245. "Dopo gli ennesimi gesti estremi che si sono verificati in questi giorni - sottolinea il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, è necessario intervenire con misure emergenziali. Sicuramente c'è un effetto imitazione e, come spesso succede in questi casi, il denominatore comune di tutte queste tragedie è la crisi economica. La sua gravità ha suscitato in molti piccoli imprenditori la perdita di sicurezza, solitudine, disperazione e ribellione contro un mondo che si sta rivelando cinico e inospitale. Come Associazione - conclude Bortolussi - ci siamo attivati sia a livello nazionale, sia a livello regionale, per dare vita ad un fondo di solidarietà col fine di evitare i suicidi tra i piccoli imprenditori".
Qualcuno sopravvive, ed è forse la cosa più dura. Per chi ha tentato negli ultimi due mesi di togliersi la vita, schiacciato dai debiti dell’azienda o dalla disoccupazione incancrenita, svegliarsi in ospedale è un nuovo giro di ruota. Fuori restano ad aspettarlo i debiti, le tasse, le banche che non prestano denaro, la famiglia che non ha più soldi in banca, gli esattori che non mollano.
Darsi fuoco, come i monaci tibetani, è tornato in voga da noi. L’estremo gesto l’hanno scelto in due, a distanza di 20 ore l’uno dall’altro, un ventisettenne marocchino di Verona e un muratore casertano di quasi 60 anni nella provincia di Bologna. Il primo – che urlava, tra le fiamme, “sono quattro mesi che non vengo pagato” – è quasi intatto, ragione sufficiente per derubricarlo a “gesto folle” e a chiederne la perizia psichiatrica.  Il secondo è ad un passo dalla morte, ustioni gravissime su tutto il corpo: era in macchina, davanti all’Agenzia delle Entrate, con due lettere sul sedile del passeggero. Una per la moglie, l’altra per l’Erario. “Ho sempre pagato le tasse, lasciate stare mia moglie”, dice il biglietto. Forse si salverà dalle ustioni, ma non dalla cartella esattoriale.
I numeri. Tra il 2010 e il 2011, 2 lavoratori e 2 imprenditori hanno tentato il suicidio, schiacciati dalla crisi dell’azienda o dal lavoro perduto: negli ultimi due mesi, ci hanno provato in dodici, e otto ce l’hanno fatta. C’è di tutto. Imprenditori sessantenni che si vergognano di dover licenziare i dipendenti di una vita; disoccupati piegati da mesi di ricerche a vuoto, con le tasche vuote e famiglie affamate; commercianti in rovina sotto la scure dell’Agenzia delle entrate. In tutta Italia, va detto, perché non c’è questione meridionale che tenga. La mappa è agghiacciante. Verona, Bologna, Ozzano Emilia (BO), Trani, Cepagatti (PE), Crispiano (TA), Belluno, Lucca, Noventa di Piave (VE), Firenze, Trento, Catania. Un suicida ogni 4 giorni fa pensare, quando il Governo dice che “siamo sulla giusta strada”.
Il binario giusto. Forse ha ragione la Commissaria europea Viviane Reding, “la Fornero riporta l’Italia sul binario giusto”, con la “certezza dei diritti per i lavoratori e flessibilità per le imprese”. Però i fatti sembrano parlare di un’italia diversa, tutt’altro che “paese forte”: un paese dove si muore per tutti i motivi sbagliati.
Che l’art.18 cambi o meno, i suicidi “economici” non caleranno. Perché non è questo il problema, non è qui che la disperazione della gente tocca il fondo. Il vero dramma è la speranza che non c’è più. Qualcuno l’ha tolta, agli italiani: l’ha tolta in vent’anni, con le mille promesse di prosperità e la ghigliottina della realtà. Di che cosa vogliamo occuparci allora, di gente disperata o di sondaggi elettorali rovinati da una firma alla riforma del Lavoro? Vogliamo stringere il cappio a chi si impicca disperato, o vogliamo allentarglielo e magari tagliare qualche spesa davvero inutile in bilancio?
Tra il 2008 e il 2010 i suicidi per motivi economici sono aumentati in Italia del 24,6%, mentre i tentativi di suicidio legati alle difficoltà economiche sono cresciuti del 20%. Lo sostiene la Cgia di Mestre, che ha analizzato i dati sui suicidi denunciati alle forze dell’ordine negli ultimi anni di crisi economica.
«Purtroppo - sottolinea la Cgia - i dati forniti dall’Istat non ci consentono di riconoscere la professione svolta da queste persone: se fossero imprenditori, lavoratori dipendenti, pensionati o altro».
Dopo gli ultimi gesti estremi - dal suicidio dell’anziana di Gela la cui pensione è stata ridotta a quello di un imprenditore che si è tolto la vita a Roma - il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi ha dichiarato che «è necessario intervenire con misure emergenziali: sicuramente c’è un effetto imitazione e, come spesso succede in questi casi, il denominatore comune di queste tragedie è la crisi economica».
In termini assoluti, a fronte di 150 suicidi e 204 tentati suicidi per ragioni economiche registrati nel 2008, nel 2010 - ultimo anno disponibile - i gesti estremi sono saliti a 187 per i suicidi e a 245 per i tentativi di suicidio.
«Come associazione ci siamo attivati a livello nazionale e regionale per dar vita a un fondo di solidarietà con il fine di evitare i suicidi tra i piccoli imprenditori - afferma Bortolussi - la Regione Veneto, che presenterà questa iniziativa nelle prossime settimane, ha in serbo un provvedimento di legge con un plafond di sei milioni di euro che costituirà una prima risposta a questa grave emergenza che ha colpito soprattutto il Nordest».
«La gente non arriva a fine mese, molti si stanno suicidando, lei questi suicidi ce li ha sulla coscienza» ha detto il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, parlando in aula alla Camera rivolgendosi al presidente del Consiglio, Mario Monti, che però era assente. Si allunga sempre più la lista delle persone che hanno tentato il suicidiocome ultimo, estremo, gesto a causa della crisi. Dipendenti licenziati, giovani disoccupati, persone attanagliate dai debiti, padri di famiglia che non riuscivano più a dar da mangiare ai figli e, ultimo caso di una macabra serie, i pensionati, sempre più poveri.

La tragedia della disperazione questa volta si è consumata a Gela, in provincia di Caltanissetta, dove una donna di 78 anni si è suicidata lanciandosi dal balcone di casa, al quarto piano di uno stabile. Alla base del gesto ci sarebbe il timore di non riuscire ad arrivare a fine mese dopo la decurtazione della pensione di 200 euro (da 800 a 600 euro). Una paura che avrebbe alimentato nell’anziana una depressione culminata nel suicidio. La tragedia di Gela, l’ennesima vergogna dello Stato italiano che usa la scure con i più deboli e che invece si dimostra genuflesso quando si tratta di ingrassare le banche e foraggiare l’intera cloaca di ladri parlamentari con privilegi e vitalizi, è solo l’ultima di una lunga serie. Il tutto mentre il governo della macelleria sociale, ansioso di rendere più facili i licenziamenti, si riempie la bocca di parole come mobilità flessibilità. Dall’inizio dell’anno sono già 16 le persone che si sono tolte la vita a causa della crisi. Segnali inquietanti. Un disagio mai preso in considerazione dalle isituzioni. A riguardo il silenzio imbarazzante dei professori-tecnici va a braccetto con le dichiarazioni complici del peggiore presidente che la storia della Repubblica abbia mai avuto, Giorgio Napolitano: «Non vedo esasperazioni, nutro molta fiducia sulla capacità di comprensione degli italiani sulla necessità di affrontare i cambiamenti e sulle strade nuove che questi cambiamenti prevedono». In tutta Italia, la mappa è agghiacciante: Verona, Bologna, Ozzano Emilia, Trani, Cepagatti, Crispiano, Belluno, Lucca, Noventa di Piave, Firenze, Trento, Gela. Un suicida ogni 4 giorni dovrebbe fare riflettere, quando il Governo dice che “siamo sulla giusta strada”. Invece no. Per Mario Monti, appena rientrato dal lungo viaggio asiatico, in una intervista al quotidiano La Stampa, ha affermato: «Sono cose drammatiche, anche in Grecia i suicidi sono molto aumentati, l’unica risposta adeguata e seria che possiamo dare è quella di risanare e rilanciare il Paese». Che l’art.18 cambi o meno, i suicidi “economici” non caleranno. Perché non è questo il problema, non è qui che la disperazione della gente tocca il fondo. Il vero dramma è la speranza che non c’è più. La politica, infarcita di ladri e parassiti, l’ha tolta, agli italiani con promesse di prosperità e la realtà della ghigliottina.
 
Grecia: anziano suicida in Piazza Syntagma per la 'crisi economica'! Ieri mattina la Grecia è stata scossa dalla notizia del suicidio in piazza Syntagma di uomo di 77 anni, Dimitris Christoulas, il quale intorno alle 9 si è sparato alla testa. L'uomo era un farmacista in pensione, che aveva venduto la sua farmacia nel 1994 e che prima di uccidersi avrebbe più volte gridato di non voler lasciare debiti ai suoi figli. Diffusasi la notizia, è stato creato un evento su Facebook con l'invito di trovarsi in serata in piazza Syntagma: "Tutti a Syntagma. Non abituiamoci alla morte".
Asteris Masouras, autore di Global Voices, ha creato un pezzo su Storify  raccogliendo vari materiali online sull'evento. In particolare Twitter è stato l'ambito dove reazioni e commenti si sono succeduti in maniera costante nell'arco dell'intera giornata. 
 



MONTI "STERMINATOR" CHE LAVORA PER LA  GOLDMAN SACHS E' A CAPO DI UN GOVERNO CRIMINALE E SANGUISUGA! 
 

Goldman Sachs, il lato ombra di Draghi e Monti:

Nei giorni scorsi Le Monde ha scritto che la Goldman Sachs rappresenta il lato ombra di Mario Draghi, ex governatore della Banca d’Italia e attuale presidente della Bce. Alla lista va aggiunto anche Mario Monti. Vediamo perché.
La Goldman Sachs è la più potente banca d’affari americana, che condiziona mercati e governi. Ha detto la verità il trader indipendente Alessio Rastani, prendendosi gioco della Bbc e rilasciando un’intervista in cui dichiarava che “i governi non  governano il mondo, Goldman Sachs governa il mondo. Nel film Inside Job, del regista Charles Ferguson, la banca d’affari risulta tra le protagoniste della crisi economica innescata nel 2008 negli Stati Uniti. In questo lungo post sul mio blog trovate la storia completa.
Ma è interessante notare come gli uomini della Goldman hanno ricoperto incarichi importanti nell’amministrazione Usa, arrivando a ruoli di primo piano. Durante l’amministrazione Clinton l’ex direttore generale della Goldman Sachs, Robert Rubin, divenne sottosegretario al Tesoro. Nel 2004, Henry Paulson, amministratore delegato dalla Goldman, fece approvare alla Commissione dei Titoli e Scambi un aumento dei limiti sul rapporto di indebitamento, permettendo alle banche d’investimento di avere ulteriori prestiti da utilizzare  per manovre di speculazione. Nel 2005 Raghuram Rajan, capo economista del Fondo Monetario Internazionale (2003-2007) pubblicò un rapporto in cui annunciava il rischio che le società finanziarie, assumendo grandi rischi per realizzare enormi profitti a breve termine, avrebbero potuto far collassare il sistema economico. Nella prima metà del 2006 la Goldman Sachs vendette 3,1 miliardi di dollari di Cdo e in quel periodo l’amministratore delegato era proprio Henry Paulson. Il 30 maggio 2006 George Bush lo nominò segretario del Tesoro e fu costretto a vendere le sue azioni della Goldman, intascando 485 milioni di dollari (e grazie a una legge di Bush padre non pagò nessuna tassa).
Nell’aprile del 2010 i dirigenti della Goldman Sachs furono costretti a testimoniare al Congresso americano: Daniel Sparks, ex capo reparto mutui della Goldman (2006-2008) dovette riferire su alcune email in cui definiva certe transazioni “affari di m…”. Fabrice Tourre, direttore esecutivo prodotti strutturati della Goldman Sachs vendeva azioni che definiva “cacca”. Llyod Blankfein, presidente di Goldman, e David Viniar, vicepresidente esecutivo, sotto le pressanti domande del senatore Carl Levin furono costretti ad ammettere che sapevano di vendere spazzatura.
Purtroppo anche Barack Obama ha confermato il potere della banca d’affari. Il nuovo presidente della Federal Reserve Bank di New York (principale azionista della Fed) è William Dudley, ex capo economista della Goldman (che nel 2004 lodava i derivati). Capo del personale del dipartimento del Tesoro è Mark Patterson, ex lobbista della Goldman Sachs. A capo della Cfct si è insediato Gary Gensler, ex dirigente della Goldman Sachs che aiutò ad abolire la regolarizazione dei derivati.
Anche in Europa la Goldman manovra da tempo. Nel 1999 la Grecia non aveva i numeri per entrare nell’euro. Quindi truccò i bilanci. Su Presseurope Gabriele Crescente scrive: Nel 2000 Goldman Sachs International, la filiale britannica della banca d’affari americana, vende al governo socialista di Costas Simitis uno “swap” in valuta che permette alla Grecia di proteggersi dagli effetti di cambio, trasformando in euro il debito inizialmente emesso in dollari. Lo stratagemma consente ad Atene di iscrivere il ‘nuovo’ debito in euro ed escluderlo dal bilancio facendolo momentaneamente sparire. E così Goldman Sachs intasca la sua sostanziosa commissione e alimenta una volta di più la sua reputazione di ottimo amministratore del debito sovrano.”
Ora torniamo a Mario Draghi. Dal 2002 al 2005 è stato vicepresidente e membro del management Committee Worldwide della Goldman Sachs. Insomma: proprio nel periodo in cui in America le banche d’affari erano scatenate in manovre speculative e scavavano il baratro finanziario che si è materializzato nel 2008, trascinando il resto del mondo. Non sapeva nulla di queste tendenze l’economista italiano?
Anche Mario Monti lavora per la banca d’affari: dal 2005 è International Advisor per Goldman Sachs e precisamente membro del Research Advisory Council del “Goldman Sachs Global Market Institute”. Cioè dall’anno in cui si stava progettando la crisi economica mondiale, di cui parlerò in una conferenza gratuita.
Queste informazioni, purtroppo, la stampa italiana le ha ignorate. Ma la Rete no.  Durante la seconda puntata di Servizio Pubblico il blogger Claudio Messora ha spiegato il rapporto tra Mario Monti e la Goldman. E ha citato un articolo di Milano Finanza che – unica eccezione – ha rivelato il ruolo della Goldman Sachs nel rialzo dello spread dei titoli italiani in questi giorni. In pochi minuti su Facebook è cambiata l’opinione degli utenti all’interno di un sondaggio: prima volevano Monti presidente del Consiglio, dopo le rivelazioni hanno cambiato idea. E’ la prova che se l’informazione facesse il suo dovere avremmo meno lobby al potere e più democrazia.



Dopo aver affamato i pensionati, aumentato la benzina e l’iva, spremuto i contribuenti con nuove tasse al punto da violentare lo “stato di diritto”, adesso Mario Monti vuole i licenziamenti di massa perché lo richiede il mercato che vuole tornare a investire in Italia. Naturalmente è l’ennesima balla, perché le aziende straniere non investiranno mai un centesimo finché  regnerà la corruzione, la burocrazia, la giustizia lenta e la casta politica. Ma l’attuale premier usa le televisioni in perfetto stile berlusconiano (spiega una balla come fosse una verità) e procede nel suo progetto di ferire il tessuto sociale, favorendo l’aumento della disoccupazione in nome di una parola che sta svuotando le democrazie e impoverendo il mondo: il mercato.
E’ un metodo inaccettabile. Forse il Professore lo ha imparato lavorando per Goldman Sachs, la banca d’investimenti americana che ha contribuito a innescare la crisi finanziaria del 2008, trascinando nel baratro le economie del mondo. Una banca a delinquere accusata di truffa e finita sotto inchiesta, definita da un ex manager – poche settimane fa – “un ambiente tossico e distruttivo” che considera i clienti dei “pupazzi” a cui vendere derivati avvelenati, pensando unicamente al dio denaro. E’ questo il suo mercato, mister Monti? Non prova imbarazzo, egregio presidente del Consiglio, per l’incarico che ha ricoperto all’interno di una piovra finanziaria che rappresenta un pericolo per le democrazie mondiali?
Nella conferenza stampa in cui Monti & Company hanno fatto a pezzi l’articolo 18 nessun giornalista ha chiesto come mai il debito pubblico italiano è aumentato di 59 miliardi durante la permanenza del professore a Palazzo Chigi, sfiorando ormai i 2 mila miliardi. Oppure perché il suo governo non ha tassato i grandi patrimoni, ha abbassato la testa di fronte alla lobby dei tassisti, ha ammorbidito la posizione verso le banche, ha bloccato la vendita delle frequenze televisive (il cosiddetto Beauty contest tanto caro a Berlusconi). Eppure anche questo è mercato, no?
Diciamo la verità: l’intezione di facilitare i licenziamenti ha rivelato il vero volto di mister Monti. È un uomo del mercato: freddo, tecnico, insensibile al dolore della gente che perde il lavoro e la speranza nel futuro. Un uomo delle banche che mette al riparo i ricchi e indebita il popolo. Un alleato della Banca centrale europea di Mario Draghi, anche lui consulente della Goldman Sachs, a cui deve assicurare che gli interessi del mercato verranno salvaguardati. Insomma, un premier arrogante che pensa allo spread e lascia in lacrime gli italiani. Il suo ministro del Lavoro, Elsa Fornero, adesso dice: “O si approva la riforma del lavoro o si va tutti a casa”. Ecco, vada tranquillamente a casa mister Monti, insieme ai suoi tecnici. E si occupi con sobrietà delle sue consulenze con le banche del mercato.

La Goldman Sachs? Una banca d’affari che in Europa ha «tessuto una rete d’influenza unica sedimentata nel corso dei lustri grazie a una fitta trama sia pubblica, sia sotterranea».
A dirlo non sono i soliti quattro gatti appassionati di trame e complotti internazionali, ma quelli di Le Monde. La bibbia dei “gauche caviar” d’Oltralpe parte da Mario Monti e Mario Draghi per accusare la banca d’affari statunitense di gestire un occulto direttorio europeo capace di manovrare, in base ai propri interessi, gli uomini chiamati prima a generare e poi governare la crisi dell’euro.
La caccia di Le Monde ai Goldman’s Boy parte proprio da Mario Monti. Come ricorda il quotidiano francese il nostro premier in pectore ha collezionato non solo l’incarico di consigliere internazionale della Goldman Sachs, conferitogli nel 2005, ma anche le cariche, non proprio ininfluenti, di presidente della Commissione Trilaterale e di socio del Bilderberg Group.
Ma l’appartenenza alla Trilaterale e al Bilderberg sembrano dei requisiti irrinunciabili per tutti i Messia delle disastrate nazioni europee.
Non a caso Peter Denis Sutherland presidente non esecutivo della Goldman Sachs International, membro del Bilderberg Group e presidente onorario della Trilaterale, è stato chiamato a dirigere le operazioni per il salvataggio dell’economia irlandese. Peccato che la Commissione Trilaterale, ideata nel 1973 da David Rockfeller, venga spesso accusata di non essere non soltanto un “think tank” dedito al coordinamento delle politiche di Asia, Europa e Stati Uniti, ma un centro di potere occulto creato - scriveva il senatore repubblicano Barry Goldwater - per sviluppare «un potere economico mondiale superiore ai governi politici delle nazioni coinvolte».
Ben peggiori sono però, ricorda Le Monde, i sospetti che circondano Mario Draghi l’attuale governatore della Bce, titolare tra il 2002 e il 2005 della carica di vice presidente della Goldman Sachs International. In quel fatale 2005 la Goldman Sachs rifila alla Grecia gli strumenti finanziari indispensabili per nascondere i debiti e metter piede nell’euro. A render possibile il raggiro targato Goldman Sachs contribuisce non poco Lucas Papadémos, il premier greco, membro come Mario Monti della Commissione Triennale, chiamato oggi - al pari del “Supermario” nostrano - a salvare la patria in pericolo.
Una patria accompagnata da lui stesso sull’orlo del precipizio quando, da governatore della Banca Centrale di Atene, affida a Petros Christodoulos, un ex gestore di titoli della Goldman, lo scellerato maquillage dei conti ellenici.
Tra i Goldman’s Boys nostrani Le Monde dimentica Romano Prodi. A puntare il dito sull’ex premier dell’Ulivo ci pensa già nel 2007 il Daily Telegraph accusandolo di esser stato sul libro paga della Goldman una prima volta tra il 1990 e il 1993 e poi di nuovo dopo il 1997.
Ma alla luce dello scenario disegnato da Le Monde è assai interessante anche il “cursus honorum” di Massimo Tononi, il 47enne manager bocconiano nominato nel 2006 sottosegretario all’Economia del governo Prodi dopo una fulgida carriera in Goldman Sachs. Tornato alla Goldman dopo quell’esperienza, Tononi è oggi il presidente di Borsa Italiana, la società di proprietà del London Stock Exchange che controlla Piazza Affari. Una carica assunta lo scorso giugno, poche settimane prima del fatidico decollo dello spread. Uno di quei casi che solo Dio sa spiegare. Non a caso Lloyd Craig Blankfein, presidente dal 2006 della Goldman Sachs e grande finanziatore delle campagne elettorali di Obama, spiega così il suo mestiere di banchiere.

Cresce la lista degli imprenditori e disoccupati che, strozzati dai debiti, decidono di togliersi la vita!

Si è ucciso con un colpo alla testa venerdì scorso a Mamoiada (Nuoro) perchè era stato costretto a licenziare i suoi due figli. L'imprenditore, 55 anni, è solo l'ultima vittima della crisi: sono molti i casi di imprenditori e disoccupati, gravati dai problemi economici, che hanno compiuto gesti estremi. Ecco i precedenti.

- 27 APRILE 2012: Imprenditore edile di 55 anni, G.M. che sembra legato alla crisi che aveva messo in ginocchio la sua impresa edile, soprattutto dopo l'abbandono di un fratello socio, anche se in paese non tutti vogliono crederci.

- 24 APRILE 2012: Diego Peludo, imprenditore di 52 anni, si lancia dall'ottavo piano della sua abitazione situata in via Cilea, nel centro del Vomero, quartiere collinare di Napoli.

- 22 APRILE 2012: Un artigiano edile di Bosa, 52 anni, si suicida perchè dopo aver perso il lavoro non riusciva a mandare avanti la famiglia. L'uomo aveva chiesto aiuto anche al sindaco. I motivi del gesto lasciati in un messaggio: «Scusatemi, ma forse non è solo colpa mia».

- 13 APRILE 2012: A Donnalucata, nel ragusano, un imprenditore agricolo in difficoltà a causa della crisi economica si suicida impiccandosi. L'uomo di 28 anni, titolare di impianti serricoli, lascia moglie e due figli. Il cadavere viene ritrovato dal padre, che avverte i carabinieri.

- 13 APRILE 2012: Un imprenditore, la cui azienda è in crisi, tenta di uccidersi sparandosi un colpo di fucile in piazza a Montecchio Maggiore (Vicenza).

- 12 APRILE 2012: Un agricoltore di 53 anni si uccide ad Altivole, in provincia di Treviso, perchè non in grado di coprire una serie di debiti che gravavano sulle sue spalle. La crisi e un'annata di siccità, che avrebbe compromesso il raccolto, le cause del drammatico gesto.

- 9 APRILE 2012: Una donna di 32 anni disoccupata tenta il suicidio perchè non riusciva a trovare un lavoro in provincia di Asti.

- 5 APRILE 2012: Un artigiano edile cinquantatreenne viene trovato morto, impiccato, all'interno di una abitazione che stava ristrutturando, nel centro di Savona. Sono i colleghi a scoprire il corpo senza vita.

- 21 MARZO 2012: A Crispiano, in provincia di Taranto, un uomo di 60 anni, disoccupato da due anni e invalido civile, a causa dello sconforto per le precarie condizioni economiche, si rinchiude nello sgabuzzino della propria abitazione e tenta il suicidio impiccandosi. La moglie, non vedendolo più in casa e notando la porta del ripostiglio chiusa a chiave, si preoccupa e telefona ai carabinieri e tra grida e lacrime chiede il loro aiuto. Grazie all'intervento dei carabinieri e del personale del 118 l'uomo viene salvato.

- 20 MARZO 2012: Un uomo di 53 anni, residente in provincia di Belluno, a Sospirolo, viene trovato senza vita, impiccato, in una baracca dietro alla sua abitazione. Da qualche tempo era in difficoltà economiche non riuscendo a incassare alcuni crediti. Il gesto estremo è maturato dopo che l'uomo è stato multato e si è visto sequestrare l'auto per guida senza patente.

- 15 MARZO 2012: Una donna di 37 anni tenta il suicidio per aver perso il lavoro in provincia di Lucca. La vittima ingerisce del liquido per sgorgare gli scarichi, un prodotto fortemente tossico, e finisce in ospedale.

- 9 MARZO 2012: Un commerciante di 60 anni, in provincia di Taranto, durante la notte si toglie la vita impiccandosi in contrada 'Ciaurrò, nella Marina della cittadina jonica. La causa del gesto è da attribuirsi a problemi di natura economica.

- 9 MARZO 2012: Un falegname di 60 anni si toglie la vita a Noventa di Piave (Venezia) per motivazioni riconducibili a problemi di carattere sia economico che personale. L'uomo lascia una lettera prima di compiere il folle gesto con una corda recuperata in azienda.

- 27 FEBBRAIO 2012: A Verona un piccolo imprenditore edile, dicendo di vantare crediti con vari clienti per circa 34mila euro, si presenta in banca chiedendo un prestito di 4mila euro. L'uomo, un 50enne titolare di un'impresa edile, vistosi negare il prestito dalla sua banca, verso cui era già debitore, esce dalla filiale e si cosparge di alcol tentando il suicidio . I carabinieri della Compagnia di Verona, intervenuti sul posto lo salvano.

- 26 FEBBRAIO 2012: Un imprenditore si toglie la vita impiccandosi nel capannone della sua ditta, in provincia di Firenze. Il cadavere viene trovato dai famigliari. All'origine del gesto le preoccupazioni dell'uomo, 64 anni, per la crisi economica che aveva investito la sua azienda: questo il senso del messaggio lasciato dall'imprenditore in un biglietto ritrovato accanto al corpo. L'uomo si impicca con una corda a una trave del capannone.

- 21 FEBBRAIO 2012: Un piccolo imprenditore trentino, oppresso dai debiti, cerca di suicidarsi gettandosi sotto un treno merci, nei pressi della stazione ferroviaria di Trento. Viene salvato dal tempestivo intervento di agenti.

- 15 FEBBRAIO 2012: A Paternò, in provincia di Catania, un imprenditore 57enne si uccide impiccandosi in preda alla disperazione a causa dei debiti della sua azienda. Il cadavere viene rinvenuto in un capannone in un deposito di proprietà della ditta della quale era titolare.

- 12 DICEMBRE 2011: Un imprenditore si suicida per problemi economici a Vigonza, nel padovano. Prima di uccidersi con un colpo di pistola nel suo ufficio lascia un biglietto sulla scrivania con scritto: «Perdonatemi non ce la faccio più». Soffriva perchè costretto ad accettare la cassa integrazione per i suoi dipendenti a causa di mancanza di liquidità.

10 FEBBRAIO 2011: Un commerciante si toglie la vita impiccandosi nel suo negozio situato al centralissimo corso Umberto a Napoli. è il figlio a fare la tragica scoperta. Prima di suicidarsi l'uomo lascia un biglietto ai suoi famigliari: «Perdonatemi, non ce la faccio più».

- 13 SETTEMBRE 2010: Troppi debiti. Questa la motivazione che spinge un imprenditore 57enne a bruciare nella notte, a Firenze, il ristorante che gestiva da tre anni, e poi a togliersi la vita impiccandosi nel gazebo esterno al locale. L'uomo, secondo quanto emerso, aveva uno scoperto di 18mila euro in banca. Prima di compiere il tragico gesto, invia degli sms ai suoi collaboratori, scrivendo: «Mi avete ammazzato con le vostre pretese, non riceverete più una lira, addio, arrangiatevi». L'imprenditore doveva ai suoi dipendenti degli stipendi arretrati.

- 2 MARZO 2010 - Un imprenditore si suicida a Camposampiero, nel padovano, per le difficoltà della sua azienda.

Le banche istigano al suicidio, una procura avvia le indagini:

E' questa una delle accuse mosse da Adusbef in un esposto inviato alle maggiori procure italiane. Sono ipotizzati anche i reati di truffa, peculato, abuso d’ufficio e appropriazione indebita. La novità delle ultime ore sta nel fatto che, secondo quanto detto ad Affaritaliani.it dal presidente di Adusbef Elio Lannutti, "una delle procure ha già affidato le deleghe per l’inizio delle indagini alla guardia di finanza!"


Le banche istigano al suicidio. E' questa una delle accuse mosse da Adusbef in un esposto inviato alle maggiori procure italiane. Oltre all’istigazione al suicidio, sono ipotizzati altri reati: truffa, peculato, abuso d’ufficio e appropriazione indebita. La novità delle ultime ore sta nel fatto che, secondo quanto detto ad Affaritaliani.it dal presidente di Adusbef Elio Lannutti, “una delle procure ha già affidato le deleghe per l’inizio delle indagini alla guardia di finanza”.
L’accusa parte dalle due operazioni di Ltro. Cioè dai finanziamenti concessi dalla Bce a un tasso agevolato dell'1%. L'iniziativa ha permesso agli istituti italiani di incamerare 251 miliardi di euro. Una iniezione di liquidità che, secondo Adusbef, gli istituti hanno tenuto per sé. “Quel finanziamento – afferma Lannutti – doveva servire a immettere nuova liquidità sul mercato e aumentare la disponibilità di credito verso le aziende. E invece è stato usato per pagare i bonus dei manager o per ripianare i bilanci delle banche. Mentre la crisi ha portato una catena di fallimenti, licenziamenti e suicidi”. La nostra, prosegue Lannutti, “è una campagna contro le banche e i banchieri, che ormai si credono padroni del mondo e hanno potere di vita o di morte sui governi”. Il tono dell’esposto presentato da Abusbef è duro quanto le parole del suo presidente: “Siamo dinanzi ad un modus operandi – si legge nel testo della denuncia - che se da un lato integra l’ipotesi di una vera e propria truffa, dall’altra apre le porte ad ipotesi delittuose vicine alla distrazione di denaro pubblico per fini privatistici e riservato ai compari di merende!"

di Paolo Fiore

Notizie estrapolate in Internet da Alexander Mitrokhin






Quello che non vedrete mai su una Tv Italiana: "Le rivelazioni choc di un broker Inglese sulla reale situazione della grave crisi economica Mondiale!"


"Proteggete i vostri beni, perché nel giro di 12 mesi milioni di persone vedranno i propri risparmi andare in fumo!" E i piani di salvataggio di cui si parla? "I governi non governano il mondo. Goldman Sachs governa il mondo!" e ancora: "Noi siamo dei broker, non ci interessa molto come sistemare l'economia mondiale né come aggiustare l'intera situazione. Il nostro lavoro è solo farci soldi sopra!" Prosegue: "Personalmente era da tre anni che sognavo un momento come questo. Ho una confessione da fare: io vado a letto ogni sera sperando in un'altra recessione!" Terribilmente continua: "Io voglio aiutare le persone, tutti possono fare soldi da questa crisi, non solo le élite. Quando i mercati crollano, quando l'Euro e le grandi valute crollano, se si ha un buon piano si possono fare tanti soldi!" Ma se non si agisce in tempo sono guai. "Questa crisi economica è come un cancro che cresce sempre di più. Preparatevi tutti quanti. Non è più tempo di rimanere fermi ad aspettare!"

Fonte: http://www.youtube.com/user/chira5?feature=watch



sabato 10 dicembre 2011

L'Ultima Parola - Capitalismo alla frutta?


http://www.byoblu.com Sintesi della discussione sulla crisi del debito, del capitalismo e della finanza. Claudio Messora (alias Byoblu) solleva la questione dell'Islanda e di come ha reagito, con due referendum, al fallimento delle banche che si voleva addossare sulle casse dello Stato e quindi sulle spalle dei cittadini.

sabato 8 ottobre 2011

STEVE JOBS - Discorso ai neolaureati di Stanford - (Sottotitoli in Italiano) - Non credete ai "Nuovi Eroi" del Capitalismo Mondiale!



« Stay hungry. Stay foolish. »
« Siate affamati. Siate folli. »
(Parole consclusive del discorso di Steve Jobs alla Stanford University

DIFFIDATE DAI FALSI MITI, 
DAI NUOVI SUPER-EROI DEL CAPITALISMO LIBERISTA!

CONSIDERAZIONI: Non vogliamo mettere in dubbio il grande talento e la genialità di un uomo che ha avuto il merito di aver creato un vero e proprio impero iper-tecnologico; di sicuro grazie alle sue intuizioni di Imprenditore di successo, partito dal "nulla" senza arte ne parte, senza nemmeno un titolo di studio adeguato, ha contribuito al progresso tecnologico dell'informatica ed ha fatto fare un grande balzo in avanti all'intera società umana, dapprima quella Americana e Occidentale, poi a tutta la società Mondiale.
Come lui e dopo di lui, pochi altri sono riusciti a scalare la vetta del successo partendo dalla base di una gavetta tutta sudore e intuizione, un esempio lo abbiamo di recente con il giovanissimo "inventore" di Face Book, il Social Network piu' famoso del Mondo, Mark Zuckerberg. O il multimiliardario Bill Gates, fondatore di Microsoft, il grande amico-rivale di Steve Jobs.
Ma Steve Jobs è stato reso piu' "Santo" di tutti dalla sua malattia, l'uomo invincibile, ammirato, odiato, amato da tutti, colui che con il suo impero si è arricchito a dismisura, colui che sembrava piegare tutto e tutti, è stato colpito proprio nel bel mezzo della sua folgorante carriera di imprenditore da quella strana e micidiale malattia che non guarda in faccia nessuno, quel "CANCRO-TUMORE" che non fa distinzioni ne di razza, ne di religione, ne di status sociale, ne di classe, ne di pensiero politico e ne di pensiero filosofico, il cancro forse è una tra le malattie piu' "democratiche" che esistano tra le tante malattie che ci sono in circolazione; il tumore può colpire con la sua crudeltà micidiale sia l'iper-miliardario che il piu' poveraccio che possa esistere sulla faccia della terra, puo' colpire l'attore piu' famoso o il cantante piu' amato, la star Hollywodiana piu' acclamata come l'impiegato comune, il muratore della porta accanto, lo studente squattrinato o il commerciante piu' occulato, il Presidente degli Stati Uniti d'America o quello della Federazione Russa, il Fascista o il Comunista, l'Anarchico o il Democratico, il Liberale o il Repubblicano, ogni essere umano che vive e respira in questo pianeta corre il rischio, ogni giorno che passa, di essere colpito da questa letale malattia ancora non del tutto sconfitta dalla medicina ufficiale.
Nemmeno i bambini sono al sicuro, nemmeno l'incallito fumatore come l'incallito salutista sono al sicuro, nessun individuo vegetariano od onnivoro che sia, nessuno può sfuggirgli se disgraziatamente nel suo DNA è stato scritto da Madre Natura che il suo organismo può essere esposto piu' di altri a tale rischio.
E Steve Jobs era uno di questi, colpito dal cancro proprio quando la sua vita era all'appice della sua folgorante carriera e del successo, quando dalla vita aveva avuto tutto o quasi: miliardi di dollari, case e automobili di lusso, grand hotel e ristoranti a cinque stelle, amicizie potenti e importanti sia nel mondo della politica, della moda, dello spettacolo, dell'economia e della società.
La malattia ieri e la recente "spettacolarizzazione" della sua morte oggi, lo ha reso "SANTO SUBITO" e consacrato uno degli uomini-simbolo piu' importanti del turbo-Capitalismo Statunitense e Mondiale, lo ha fatto salire sull'altare degli onori della cronaca e dell'Olimpo dell'economia liberista, di fatto lo ha reso un "MODELLO" di uomo invincibile e di sicuro successo, un modello che tutti i giovani soprattutto occidentali dovranno, anzi devono, da subito imitare per raggiungere "sicuri" risultati di successo nella vita e di grande fama, ricchezza, prestigio, potere e dominio sul mondo.
Mi dispiace se offendo qualcuno ma io dissento e voglio distaccarmi per un attimo da questo "teatrino" di auto-esaltazione che il Capitalismo Americano sta facendo oggi, speculando sulla morte sì di un grande genio, ma soprattutto di un essere umano, perchè Steve Jobs prima di tutto quello che voleva apparire era in realtà molto semplicemente un uomo, un individuo come lo siamo tutti noi.
Io non credo ai "NUOVI SUPER-EROI"del Capitalismo liberista, non credo a quel sistema dove là non lo dicono pubblicamente, ma le grandi vette del successo raggiunte da Steve Jobs sono dettate non solo dalle grandi intuizioni e dalle innovazioni scaturite dal genio, ma soprattutto sono dettate anche da una micidiale ed accannita concorrenza, a volte sleale, dove lo squalo piu' grande divora lo squalo piu' piccolo e dove non si guarda in faccia a nessuno, nemmeno ad una famiglia piena di stenti che non riesce ad arrivare alla fine del mese, nemmeno ai milioni di poveri di cui l'America è piena ma che nessuno ne parla e non vuole accorgersene, dove fino a prova contraria la Sanità Pubblica non esiste ancora del tutto e per avere un ricovero ospedaliero bisogna essere titolari di un assicurazione sanitaria.
Non credo nemmeno, appunto per quello che ho detto poc'anzi, che nella società Capitalista sul modello Americano, si possano fare soldi facili con successo garantito: la favola di Zuckerberg con Face Book, di Steve Jobs con Apple e così via, sono solo pochi esempi, sono la punta dell'Iceberg di una società basata su un vecchio detto di casa nostra, cioè "Mors tua Vita mea!" La tua morte è la mia vita, per proseguire nel mio successo devo abbatterti, non ho altra scelta come tu non ne hai un'altra se non per il fatto che mi devi abbattere se vuoi avere successo e piu' denaro, piu' ricchezza, piu' potere.
Purtroppo questo sistema Capitalista Americano, da quando è in atto il processo di Globalizzazione, stanno cercando piano piano di propinarcelo, di esportarcelo anche in Europa e in Italia, l'aggressione dei mercati è in espansione e lo stesso Capitalismo turbo-liberista ed edonistico ha bisogno soprattutto di questi "NUOVI EROI" per convincerci, proprio come Steve Jobs.
Invito per tanto a diffidare da questi falsi miti, che con la spettacolarizzazione della loro morte, ne fanno un'icona del modello piu' perfetto e piu' vincente che possa esistere...ma che in realtà è un sistema distruttivo, che arricchisce pochi e rende poveri tanti, che ti rende schiavo del lavoro e dei tuoi datori di lavoro, che ti annulla come individuo e ti rende succube del denaro e del potere, che non rispetta la tua famiglia, le tue opinioni, il tuo essere individuo in quanto tale e che non rispetta i tuoi ritmi ed i tuoi spazi vitali.
Spiegatemi che razza di sistema economico può essere un capitalismo liberista dove il tuo datore di lavoro può licenziarti da un giorno all'altro, per il solo fatto che magari da punto in bianco hanno deciso che per la tua azienda non servi piu' e sei diventato inutile solo per meri calcoli numerico-economici?
Il povero Steve Jobs era famoso piu' per le sue sfuriate, per i suoi sfoghi di collera verso i suoi dipendenti e collaboratori, per il suo maniacale perfezionismo che lo portava a tenere sotto pressione e sotto stress lavorativo non solo lui medesimo ma anche tutti i suoi subalterni; e se il suo modo di essere "figo" era quello di licenziare i suoi dipendenti dopo le vacanze di Natale avvisandoli proprio nei giorni di festa, bè, grazie, ritengo che l'Italia non abbia bisogno ne di modelli come Steve Jobs, ne di modelli come Zuckerberg o Bill Gates.
Diffidate dal Capitalismo liberista di stampo Statunitense, noi abbiamo bisogno di piu' umanità, di piu' libertà e democrazia, di piu' socializzazione.

Alexander Mitrokhin

LA BIOGRAFIA DI STEVE JOBS

Steve Jobs nel 2007
Steven Paul Jobs, noto semplicemente come Steve Jobs (San Francisco, 24 febbraio 1955[1]Palo Alto, 5 ottobre 2011), è stato un imprenditore e informatico statunitense.

Cofondatore di Apple Inc., di cui è stato AD fino al 24 agosto 2011, quando si è dimesso da CEO per divenire presidente del CdA; è stato proprietario di NeXT Computer e AD di Pixar prima dell'acquisto da parte della Disney. Era inoltre membro del CdA della Disney, di cui era anche il maggior azionista.
È noto per aver introdotto al grande pubblico il primo personal computer (Apple II) e prodotti di successo come iPod, iPhone e iPad. È stato tra i primi a riconoscere la potenzialità del mouse e dell'interfaccia a icone presenti sullo Xerox Star creando Macintosh. Jobs venne classificato primo tra i 25 uomini d'affari più potenti per il 2007 da Fortune[2] e persona dell'anno 2010 dal Financial Times.[3]
Nato da madre americana (Joanne Carole Schieble) e da padre siriano (Abdulfattah "John" Jandali, uno studente che sarebbe diventato più tardi professore di scienze politiche), Steve non fu educato dai suoi genitori naturali, ma fu dato in adozione appena nato. Fu adottato da Paul e Clara Jobs, residenti a Mountain View, nella contea di Santa Clara, in California. Steve ha una sorella biologica più giovane, Mona Simpson, scrittrice di successo.[4] Nel 1972 Jobs si diplomò all'istituto Homestead di Cupertino, in California, iscrivendosi al Reed College di Portland, nell'Oregon, ma abbandonò l'università dopo solo un semestre per andare a lavorare.
Nel 1974 era alla Atari con il suo amico Steve Wozniak, dove lavorarono su una prima versione della circuiteria del videogioco Breakout. Successivamente i due decisero di mettersi in proprio, fondando la Apple Computer il 1º aprile del 1976. Per finanziarsi, Jobs vendette il suo pulmino Volkswagen e Wozniak la propria calcolatrice. Apple fu fondata insieme a Ronald Wayne, che Jobs aveva conosciuto presso Atari: Wayne lasciò però quasi subito la società, non appena Apple ricevette la prima commessa. La prima sede della nuova società fu il garage dei genitori: qui lavorarono al loro primo computer, l'Apple I, inizialmente venduto ai membri dell'Homebrew Computer Club. Successivamente ottennero un finanziamento da un industriale, Mike Markkula, che versò nelle casse della società la somma di 250.000 dollari, ottenendo in cambio un terzo di Apple.
Nel 1977 Jobs e Wozniak lanciarono il primo personal computer (all'epoca si utilizzava ancora il termine microcomputer) destinato a conoscere una diffusione di massa: l'Apple II. Le vendite toccarono il milione di dollari. Nel 1980 la Apple si quotò in Borsa. Dalle ceneri della collaborazione con il PARC (Palo Alto Research Center) e dell'Apple Lisa (primo computer al mondo nella grande distribuzione a interfaccia grafica e mouse), il 24 gennaio 1984 Apple produsse un personal computer compatto e dotato di un nuovo sistema operativo a interfaccia grafica: l'Apple Macintosh. Dotato di icone, finestre e menu a tendina, il Mac riscosse un grande successo. Per il grande pubblico Jobs divenne la persona più in vista nel mondo dell'informatica. Dopo il lancio di Macintosh, il sodalizio Jobs-Wozniak si sciolse. Nel 1985 Wozniak lasciò Apple Computer per cambiare attività; Jobs a sua volta entrò in rotta di collisione con John Sculley, l'amministratore delegato che egli stesso aveva nominato, e anch'egli uscì dalla Apple. All'età di trent'anni decise di ripartire da capo, fondando una nuova compagnia, la NeXT Computer, con l'obiettivo di avviare una nuova rivoluzione tecnologica.
Nel 1986 acquistò la Pixar dalla LucasFilms, una casa di produzione cinematografica con l'ambizione di realizzare unicamente animazioni computerizzate. La NeXT produsse computer migliori e tecnologicamente più avanzati dei concorrenti, ma con prezzi più alti e non riuscì a imporsi sulla concorrenza, anche a causa della comparsa sul mercato di computer economici "cloni" dei PC IBM. Nel frattempo nel 1991 si sposò con Laurene Powell, con una cerimonia officiata da un monaco buddista. Dal matrimonio sono nati tre figli e successivamente Jobs ha anche riconosciuto la figlia Lisa, nata da una relazione con una pittrice. La Pixar si concentrò sulla produzione di lungometraggi al computer, riuscendo a sfondare nel 1995 con la produzione del film d'animazione Toy Story - Il mondo dei giocattoli, primo film d'animazione realizzato completamente in computer grafica 3D. Seguì un altro successo planetario con il film A Bug's Life. Nel 1996 la Apple Computer era in crisi; il sistema operativo Mac OS, montato sulle macchine Apple, era ormai obsoleto e l'azienda aveva necessità di cambiare e offrire qualcosa di nuovo sul mercato. L'azienda decise pertanto di acquistare una software house che disponesse di un moderno sistema operativo, da adattare successivamente a macchine con architettura PowerPC.
All'inizio la società pensò all'acquisizione della Be Inc., azienda fondata da due transfughi della Apple: il maggior candidato a diventare il nuovo sistema operativo di Apple sembrava quindi essere il BeOS, di cui era già in corso la portabilità per l'architettura PowerPC. In seguito, la Apple Computer contattò Steve Jobs. Jobs in cambio chiese che la Apple acquisisse la NeXT – in grave crisi – e l'affare andò in porto. Il NeXTSTEP, sistema operativo della NeXT, diviene la base di quello che fu il futuro OS di Apple, il Mac OS X, mentre lo sviluppo del vecchio Mac OS terminò con la versione 9.2.
Nel 1997, dopo risultati commerciali altalenanti, l'amministratore delegato di Apple Gil Amelio venne allontanato e Jobs assunse nuovamente la carica di CEO ad interim, ma senza stipendio (scherzosamente veniva chiamato iCEO; ricevendo la cifra simbolica di 1 dollaro all'anno). La sua mansione, peraltro, ha comportato diversi premi di produzione, tra i quali un jet privato da 90 milioni di dollari (1999), e poco meno di 30 milioni di dollari in azioni (2000-2002). Questo tipo di retribuzione non deve considerarsi straordinaria, infatti viene usata da molti dirigenti per i considerevoli vantaggi fiscali derivati dal capital gain.[senza fonte]
Mentre lo sviluppo di Mac OS X era ancora in corso, Jobs lanciò l'iMac, un fortunatissimo modello di personal computer all-in-one, cioè comprendente schermo e le altre componenti nello stesso telaio del computer, riducendo notevolmente l'ingombro sulla scrivania, rientrando nel mercato dei prodotti di massa. Fino ad allora la Apple si era accontentata di dominare due mercati di nicchia, quello della progettazione grafica e della musica, isolandosi dal mondo IBM. Il 2001 fu l'anno del lancio ufficiale di Mac OS X, basato sul NeXTSTEP, che come questo utilizza un kernel Unix.
Con il Mac OS X Apple consolidò la propria quota di mercato. Mac OS X da allora è stato costantemente aggiornato e migliorato ed è stato commercializzato in numerose versioni successive, ognuna presentata con significative innovazioni (quella distribuita dal 2011 è Mac OS X 10.7 Lion). Quasi contemporaneamente al lancio del nuovo sistema operativo e del nuovo computer, Jobs decise anche di lanciarsi nel settore della musica digitale con l'iPod, un lettore digitale di musica avanzato presentato il 21 ottobre 2001, e iTunes, un software attraverso cui è possibile ascoltare musica e acquistarla attraverso il servizio online iTunes Music Store, che stabilì ben presto un primato di vendite e fu riscritto in seguito anche per il sistema operativo Microsoft Windows per aumentarne ulteriormente la diffusione. Attualmente (2011) l'iPod è il lettore multimediale più venduto al mondo, con una quota di mercato superiore all'80%, mentre iTunes Store è il "mercato" digitale più usato al mondo, con 10 miliardi di brani venduti.[senza fonte] Per significare lo spostamento del proprio core business dal mercato dei computer a quello più generale del multimediale, Jobs fece ribattezzare Apple Computer Inc. nel gennaio 2007, chiamandola semplicemente Apple Inc. Dopo un battage pubblicitario durato diversi mesi, il 29 giugno 2007 Apple iniziò a commercializzare un nuovo prodotto lungamente atteso, l'iPhone, un telefono cellulare con un tasto solamente posto in basso col quale si interagisce tramite lo schermo multi-touch, comprendente anche le funzioni di navigazione su Internet tramite Wi-Fi (come un computer notebook), fotocamera, lettore di file multimediali (audio, video, immagini).
Con l'introduzione di tale prodotto, Steve Jobs pose le basi per l'ingresso di Apple nel settore della telefonia cellulare. Nei primi 200 giorni di vendita, l'iPhone conquistò il 19% del mercato degli smartphone con 4 milioni di unità vendute.[5] Attualmente la Apple è la prima produttrice di cellulari negli Stati Uniti. Il 27 gennaio 2010, Steve Jobs, alla conferenza Apple allo Yerba Buena Center for the Arts Theater di San Francisco, dopo una attesa reclamata a più voci da fan e media, presenta il tablet targato Apple: l'iPad. Alla base raccoglie il successo dell'iPhone, di nuovo introduce l'iBookstore, piazzando l'iPad come gestore e visualizzatore di libri e contenuti cartacei. Apple con la guida di Jobs continua a produrre e commercializzare Mac OS X, Mac, iPod, iPhone e iPad, prodotti che portarono l'azienda a divenire un riferimento nel campo dell'elettronica di consumo.
Dopo aver scoperto nel 2004 una rara forma di tumore maligno al pancreas, meno aggressiva della forma più comune,[6] sviluppatosi nei 9 mesi precedenti apparentemente senza sintomi, viene sottoposto a duodenocefalopancreatectomia per la rimozione del cancro. A causa della malattia, Jobs sviluppa il diabete di tipo uno e incarica Tim Cook come amministratore delegato Apple. Tuttavia nel 2009 vengono divulgate notizie contrastanti sulla salute di Steve Jobs, a causa anche della sua annunciata assenza al Macworld Conference & Expo di gennaio. Il 20 giugno 2009 esce un articolo sul sito internet del Wall Street Journal spiegando che nel corso del mese di aprile 2009, ha subito un trapianto di fegato nello stato del Tennessee e le sue condizioni di salute sono buone. Apple Inc. conferma il suo rientro per la fine del mese di giugno 2009.[7] Durante questo periodo Steve Jobs non sale sul palco del Moscone Center di San Francisco a presentare nuovi prodotti per ben due volte. La prima il 6 gennaio in occasione dell'ultima partecipazione di Apple al MacWorld Trade Show della casa editrice IDG, la seconda l'8 giugno per la WWDC 2009. In entrambi i casi sul palco è salito Phil Schiller, vice presidente per il product marketing a livello mondiale, per presentare tra gli altri i nuovi pacchetti iLife e iWork, il nuovo iPhone 3Gs e il rinnovo della linea MacBook Pro. Il 9 settembre 2009 Steve Jobs torna sul palco a presentare il rinnovo dell'intera gamma di iPod. Il 17 gennaio 2011 Apple annuncia che Steve Jobs ha richiesto un nuovo congedo medico, precisando che Jobs rimane il CEO di Apple continuando a occuparsi delle principali questioni strategiche, ma sostituito per le questioni di tutti i giorni da Tim Cook, il COO di Apple.[8] Il 2 marzo 2011, in occasione dell'evento di presentazione dell'iPad 2 compare sul palco a sorpresa. Il 24 agosto 2011 si dimette da amministratore delegato di Apple annunciando di volere chiedere al Consiglio di Amministrazione la conferma di Tim Cook come suo successore e nuovo CEO di Apple.[9][10]. La Apple ha rilasciato una sentita dichiarazione affermando che Jobs è morto a Palo Alto, in California, il 5 ottobre 2011, a 56 anni, ricordandolo come brillante e innovatore.
Molte persone note negli USA hanno rilasciato dichiarazioni sulla morte di Steve Jobs, fra cui il Presidente degli USA Barack Obama, il fondatore della Microsoft Bill Gates, Bob Iger della Walt Disney Company, il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg, Sergey Brin e Larry Page, fondatori di Google, Tim Cook, CEO di Apple, Meg Whitman, presidente e CEO di HP, Steve Ballmer, CEO di Microsoft, Choi Gee-Sung, CEO di Samsung, Peter Chou, CEO di HTC Co., Shantanu Narayen, presidente e CEO di Adobe System Inc. e Jong-seok Park, presidente e CEO di LG Electronics. Di altro tenore le dichiarazioni di Richard Stallman che ha affermato che «nessuno merita di dover morire, [...] ma tutti ci meritiamo la fine dell'influenza maligna di Jobs sul computing» e ha definito Jobs «il pioniere del computer inteso come prigione cool, progettato per separare gli stolti dalla propria libertà».[11][12]

Fonte: http://it.wikipedia.org 

ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!