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martedì 19 marzo 2019

DOMENICA 17 MARZO 2019 - ROMA - L'ASSEMBLEA NAZIONALE DEL PARTITO DEMOCRATICO UFFICIALIZZA NICOLA ZINGARETTI SEGRETARIO NAZIONALE DEL PD, VICE-SEGRETERIA CON ANNA ASCANI E DEBORAH SERRACCHIANI, TESORIERE LUIGI ZANDA, PAOLO GENTILONI PRESIDENTE DEL PARTITO...

ASSEMBLEA NAZIONALE 17 MARZO 2019
PRIMO DISCORSO UFFICIALE DI
NICOLA ZINGARETTI DA SEGRETARIO PD
 
 


Assemblea Pd, Zingaretti proclamato segretario: "Serve un nuovo partito, deve cambiare tutto". Gentiloni eletto presidente. Il livetweet

Assemblea Pd, Zingaretti proclamato segretario: "Serve un nuovo partito, deve cambiare tutto". Gentiloni eletto presidente. Il livetweet
NICOLA ZINGARETTI ELETTO SEGRETARIO NAZIONALE DEL PD CON IL 66% DEI VOTI
Al governatore del Lazio 1 milione e 35 mila voti, pari a 653 delegati in Assemblea. Zanda nominato tesoriere. Renzi, assente, manda auguri su Facebook. Eletta anche la direzione del partito. Come primo atto il leader dem porta una corona a Porta San Paolo, luogo simbolo della resistenza romana.
 
 
"Serve un nuovo Pd, deve cambiare tutto a cominciare dallo statuto per impedire la salvinizzazione del Paese". È il grido di battaglia che il neosegretario Nicola Zingaretti lancia dal palco dell'Assemblea del Pd riunita all'hotel Ergife di Roma, dove è stato proclamato ufficialmente segretario dopo la vittoria alle primarie del 3 marzo scorso. Paolo Gentiloni è stato invece eletto presidente del partito con 86 astenuti e nessun contrario. Una candidatura, quella dell'ex premier, su cui c'è stata la convergenza anche dei renziani, come annunciato prima dell'inizio dei lavori da Maria Elena Boschi (che ha salutato calorosamente il neosegretario al suo arrivo e che è rientrata in direzione) e dall'area che fa capo a Guerini e Lotti. "L'obiettivo è quello di tornare a vincere", dice Gentiloni ringraziando i presenti per la sua nomina. E nomina vicepresidenti Anna Ascani e Deborah Serracchiani. Luigi Zanda è stato invece eletto tesoriere con 83 astenuti.
È partita dunque oggi l'era zingarettiana del Pd, in un'Assemblea affollatissima, forse la più partecipata di sempre con oltre 2.000 persone tra delegati e ospiti, che rispecchia i valori in campo alle primarie con le truppe del neosegretario in netto vantaggio (con il 66 per cento) sull'ex maggioranza renziana. In camicia azzurra e cravatta blu, Zingaretti viene proclamato segretario da parte del presidente della Commissione Congresso, Gianni Dal Moro, dopo la prammatica lettura dei risultati definitivi delle primarie (votanti: 1.582.083. Martina ha ottenuto 345.318 voti pari al 22%, Zingaretti 1.035.955 pari al 66%, Giachetti 188.355 voti pari al 12%. I componenti dell'Assemblea sono così suddivisi: 119 membri dalle liste collegate a Giachetti, 228 per l'area Martina, 653 delegati per Zingaretti). Poi il neosegretario fa un lungo intervento, circa un'ora e un quarto, in cui tocca tutti i punti principali del suo programma per un nuovo Pd.

L'intervento di Zingaretti

"Ricordiamo che oggi 17 marzo si festeggia l'Unità di Italia  - esordisce Zingaretti - un augurio al Paese che amiamo e per il quale lottiamo. Ora dobbiamo muoverci. Insieme, io mi auguro, dobbiamo metterci di nuovo in cammino".
"Non è in gioco solo il governo ma le fondamenta irrinunciabili della nostra comunità politica", continua il segretario dem. "Il Paese è bloccato e sta decadendo. Il pil è fermo - prosegue - nel prossimo autunno ci sarà bisogno di una manovra di decine di miliardi di euro e sarà drammatica".
"Su tutte le questioni più urgenti - osserva ancora- abbiamo un governo che pronuncia solo degli imbarazzanti 'ni' con un fraseologia tipica della prima Repubblica. L'Italia è un grande Paese che non si governa con i 'ni', non si governa con l'immobilismo".
"Dobbiamo rimettere al centro la persona umana -  continua Zingaretti -  come hanno fatto le ragazze e i ragazzi scesi in piazza per il clima. Serve più riformismo per affrontare il futuro. Dobbiamo rimettere al centro la giustizia sociale, perché la lotta alla povertà è la condizione per stare meglio tutti". Altro obiettivo è "ricostruire una classe dirigente italiana. Mettiamoci alle spalle le contese sugli equilibri interni, avviamo una dialettica nuova tra le componenti. Non dobbiamo più neppure lambire una politica lontana dalla vita".

I quattro pilastri: infrastrutture green, Rete, scuola e welfare

Quattro sono i pilastri del nuovo Pd di Zingaretti: "In primo luogo le infrastrutture materiali: serve un grande piano per un'Italia più sicura ma anche più rispettosa dell'ambiente. Perché solo con una svolta green si può tornare a produrre ricchezza. La riconversione ecologica dell'economia è il futuro. L'Italia deve contribuire all'obiettivo di emissioni zero in Europa". Il secondo pilastro sono le infrastrutture immateriali, la Rete: "Serve un grande piano per rilanciare innovazione e sapere e superare il digital divide". Terzo è l'infrastruttura della conoscenza: "Investire sulla scuola e sull'istruzione pubblica come architrave di un'ampia operazione di crescita culturale". Quarto, infine, è il welfare e la sanità: "Non crediamo nella monetizzazione del welfare, ci batteremo per la sanità pubblica promuovendo quota 10, ossia un incremento di 10 miliardi per aumentare i livelli di assistenza e assumere 100mila nuovi operatori nella sanità pubblica italiana. La vera priorità di questa epoca è il lavoro, in tutto il Paese ma soprattutto nel Mezzogiorno".

Cambiare tutto

Zingaretti poi spiega come dovrà cambiare il Pd: "Dobbiamo cambiare tutto, penso a un nuovo statuto da scrivere insieme. Credo in un partito aperto e pluralista, aperto al civismo e al volontariato, basta con il correntismo esasperato che ha lasciato fuori troppe persone. A noi serve un Pd forte ma anche una rete di corpi intermedi. Dobbiamo costruire un campo democratico largo più allargato e inclusivo, senza settarismi. Potranno farne parte anche forze diverse, forze civiche ma anche di orientamento liberale, persino nobilmente conservatrici che sono ugualmente lontane da Salvini". Insiste sul movimento ambientalista di Greta Thunberg: "Spalanchiamo le porte del nostro partito a questa nuova generazione, ai ragazzi come Greta, non abbiamo paura di coinvolgerli".
Più attenzione anche alle donne: "Abbiamo bisogno di un protagonismo delle donne, già da domani e nelle prossime settimane avvierò le procedure per ricostituire la Conferenza nazionale delle donne democratiche". E critica la conferenza sulla famiglia in programma a Verona, a cui parteciperà anche Matteo Salvini, contro la quale il Pd organizzerà una contromanifestazione il 30 marzo.
Quanto alle europee, Zingaretti conferma che la collocazione del Pd sarà nel gruppo dei socialisti e democratici, "grazie alla scelta di Matteo Renzi, che ha sciolto (quando era segretario, ndr) il nodo della nostra collocazione".  E aggiunge: "Vi propongo la nostra prima iniziativa. Facciamo nostro e rilanciamo l'appello lanciato da Romano Prodi di fare del 21 marzo una giornata per la nuova Europa, esponendo la bandiera europea".
Nella replica finale il segretario dem ribadisce: "Da 10 anni parlo di un partito pluralista, dobbiamo riconoscere questo valore e questa ricchezza senza costruire tra di noi caricature delle posizioni degli altri. Diamo il buon esempio, anche sul web, perchè se no questo genera confusione. È un invito che faccio a tutti, voltiamo pagina, gli avversari non sono tra di noi ma fuori di noi, raccontiamoci per la forza delle nostre idee".
Matteo Renzi, assente invece per motivi privati, manda un augurio al neosegretario su Facebook: "Oggi Nicola Zingaretti inizia il suo lavoro come Segretario Nazionale del Pd. Un abbraccio a lui e a tutta la squadra che lavorerà con lui. L'Italia si aspetta dal Pd una risposta allo sfascio di Salvini e Di Maio, non più polemiche interne. Avanti tutta! Buon lavoro, Nicola".

I candidati delle altre mozioni

Forti le frecciate di Roberto Giachetti ai bersaniani che hanno lasciato il Pd. "Saremo una minoranza leale, non faremo guerra a questa dirigenza. Ma chiedo a Zingaretti di non cambiare lo Statuto nel punto del doppio incarico del segretario che è anche candidato premier".
"Questo è un partito, non una 'baracca' - sottolinea invece Maurizio Martina - Siamo pronti a dare una mano, saremo una minoranza, non un'opposizione. Vogliamo dare il senso del riformismo radicale che abbiamo messo nella nostra mozione". E aggiunge rivolto al segretario: "Non lascerei mai la battaglia del salario minimo a questa maggioranza di governo", ribadendo che "il mio avversario è questa destra, non è dentro questa sala. Il Pd se vuole essere grande deve essere plurale".

La direzione

A chiusura dell'Assemblea, è stata letta da Gentiloni anche la lista dei 120 componenti della direzione, approvata a stragrande maggioranza. Fra di essi Sesa Amici, Goffredo Bettini, Francesco Boccia, Carlo Calenda, Monica Cirinnà, Tommaso Nannicini, Cesare Damiano, Paola De Micheli, Marianna Madia, Marco Minniti, Antonio Misiani, Andrea Orlando, Roberta Pinotti, Barbara Pollastrini, Lia Quartapelle, Marina Sereni, Sandra Zampa, Matteo Richetti, Alessia Morani, Francesco Russo, Alessia Rotta, Dario Stefàno, Beppe Fioroni, Giuditta Pini, e la già citata Maria Elena Boschi. Tra i venti componenti scelti direttamente da Zingaretti si segnalano Marco Furfaro e Maria Pia Pizzolante (entrambi dell'associazione Futura di cui Laura Boldrini è presidente), Ermete Realacci, Arianna Furi, Patrizia Prestipino, l'economista e vice presidente dell'Emilia Romagna Elisabetta Gualmini, il sindaco di Ravenna Michele De Pascale.

La corona a Porta San Paolo

Dopo la chiusura dell'Assemblea, il primo atto di Zingaretti da segretario è stato quello di portare una corona commemorativa a Porta San Paolo, luogo simbolo dell'inizio della Resistenza romana.
Assemblea Pd, Zingaretti proclamato segretario: "Serve un nuovo partito, deve cambiare tutto". Gentiloni eletto presidente. Il livetweet
Nicola Zingaretti a Porta San Paolo a Roma



mercoledì 6 marzo 2019

Grandioso successo politico delle Primarie Pd, dati finali: oltre un milione e 800 mila votanti. Zingaretti il 66% dei consensi. Ed il Premier Conte telefona al neosegretario...

NICOLA ZINGARETTI
IL NUOVO SEGRETARIO DEL PD
 
Affluenza superiore alle aspettative soprattutto nei grandi centri urbani. Zingaretti vince. Martina al 22%, Giachetti al 12. Veltroni: "Primarie segnale di luce nel buio"
La partecipazione alle primarie del Pd di ieri è stata più larga del previsto. La commissione Congresso del Partito Democratico rende noti i risultati dopo lo scrutinio del 93% dei collegi scrutinati. La partecipazione dovrebbe attestarsi intorno a 1.600.000 votanti. Al momento Nicola Zingaretti si attesta tra il 66% e il 66,5% dei consensi ; Maurizio Martina tra il 22,5% e 23%; Roberto Giachetti fra il 12,5% e il 13%, con un margine di errore di più o meno lo 0,5%.

In serata il premier Giuseppe Conte, a quanto si apprende da fonti di Palazzo Chigi, ha telefonato a Zingaretti per congratularsi per la vittoria.

Oggi Walter Veltroni, tra in fondatori del partito, ha definito le primarie "un segnale di luce" nel "buio" della perdita di speranza, pure escludendo per sé ruoli attivi nel Pd.


Ragionando in termini di macroregioni è stato in particolare il Centro-Nord a premiare Zingaretti, sebbene non vi sia area in cui non abbia raggiunto e superato abbondantemente la soglia del 50%. Secondo i dati di YouTrend, infatti, Zingaretti si è affermato con il 68,15% al Nord, con il 66,53% nella "zona rossa" (Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche) e con il 59,43% al Sud.


Gianni Dal Moro, presidente della commissione Congresso ha affermato che "l'affluenza è stata omogenea in tutto il territorio nazionale, senza sacche di difficoltà e con un leggero picco al centro-sud, in particolare nel Lazio e in Campania". Osservando la mappa del voto regione per regione spicca anche un altro elemento, ossia l'aumento del voto nelle città, con Roma dove il gradimento per Zingaretti ha toccato quasi l'80%.

Ora, il voto dei gazebo sarà ratificato dall'Assemblea nazionale, che si terrà domenica 17 marzo.
 

Roma e Lazio

È stata di circa 190 mila persone l'affluenza a Roma e nel Lazio, in crescita rispetto alla scorsa tornata. E per Nicola Zingaretti, governatore del Lazio, i risultati sono stati superiori a quelli della media nazionale, con quasi l'80% dei consensi. Insomma un vero successo. L'affluenza delle primarie è così suddivisa: circa 92 mila votanti a Roma, 43 mila nella sua provincia, 15 mila a Viterbo, 20 mila a Frosinone, 12 mila a Latina, 5 mila a Rieti. Alle precedenti primarie nel Lazio votarono circa 177 mila persone, di cui 77 mila a Roma città e 41 mila nella sua provincia.

Torino e Piemonte

Superata quota 81.793 votanti nella regione, Zingaretti ha vinto in tutti e 317 seggi con il 66.7% delle preferenze, (Martina il 19%, Giachetti il 14,28%). A Torino città il numero è cresciuto a 22.780, ossia poco in più rispetto al 2017. In tutta la provincia di Torino i votanti sono stati 50.091.

 Firenze e Toscana

L'affluenza in Toscana ha registrato circa 160mila votanti. Nicola Zingaretti è andato oltre il 60% dei consensi e per la classe dirigente renziana è un terremoto. Il governatore del Lazio sfiora il 62 per cento quasi dovunque, anche a Firenze città e la sua affermazione cambia la geografia del Pd locale a trazione renziana.

Marche

Nelle Marche sono stati 38.813 i votanti alle primarie del Pd, un numero leggermente inferiore al 2017 (quando furono 47.106). Nei 264 seggi allestiti (un migliaio i volontari) Zingaretti ha prevalso con il 66,12% di voti.

Veneto

Nella regione governata dalla Lega i votanti sono stati 86.900, in leggero aumento rispetto all'ultima tornata, in cui avevano votato 86.756 persone.

Sardegna

Nicola Zingaretti vince a mani basse, con circa il 70% anche in Sardegna, dove l'affluenza è stata attorno ai 48 mila votanti, superiore ai 47.210 delle precedenti consultazioni del 2017 per la segreteria nazionale del partito.
 

Palermo e Sicilia

La Sicilia non si discosta dal dato nazionale e regala un largo successo a Nicola Zingaretti nelle primarie del Pd. Il dato più significativo quello di Palermo. Il governatore del Lazio va oltre il 67 per cento, contro il 23 della mozione Martina e il 9,5 di Giachetti. In tutto i votanti sono stati circa 15.500.  Zingaretti ha sfondato in città (74 per cento) e ha raggiunto il 60 per cento nei Comuni dell'hinterland palermitano. Singolare il caso di Ragusa dove Zingaretti ha vinto con il 70% e dove, guarda caso, vengono girate le scene della serie "Il commissario Montalbano" con protagonista il fratello Luca.
 

Bologna ed Emilia Romagna

Nicola Zingaretti trionfa alle primarie Pd. E Bologna ha fatto la sua parte: in città e provincia hanno votato quasi 50mila persone e il 71,22% ha scelto il candidato favorito. In totale ben 141.101 cittadini dell'Emilia Romagna hanno partecipato al voto. Rispetto al 2017 (215.958) c'è un calo, ma non il temuto crollo in una delle regioni tradizionalmente più importanti del Pd.

Milano e Lombardia

Nella città metropolitana di Milano le primarie del Pd sono state vinte da Zingaretti con il 68,2% dei voti, seguito da Maurizio Martina col 19,3 e da Roberto Giachetti con il 12,5. Non è però questo il risultato più eclatante, ma quello della partecipazione: nei 351 seggi allestiti hanno infatti votato 96.874 persone, cioè il 9,5% in più del 2017.
 
Genova e la Liguria
 
Oltre ventitremila i votanti solo nel genovese, superiori a quelli per le primarie 2017. Il governatore della Liguria Toti si complimenta: "Le #primariePd sono state un bello spettacolo di #democrazia. Complimenti a chi ha votato e ai candidati. E auguri di buon lavoro al nuovo segretario Nicola #Zingaretti".

Friuli Venezia Giulia

In Friuli Venezia Giulia hanno partecipato 24.691 elettori. La distribuzione territoriale per ambiti provinciali vede a Gorizia 3.191 elettori a Pordenone 5747 a Udine 10894 e a Trieste 4.859. Zingaretti ottiene 17.554 voti, pari al 71,40%, Martina 4.519, pari al 18,38%, e Giachetti 2.510, pari al 10,21%.

Napoli e Campania

Più di 50mila votanti nel capoluogo, per un totale di oltre 80mila voti nell'intera regione.

 Bari e Puglia

Oltre 80mila votanti in Puglia, dove i risultati sono definitivi, dunque ampiamente superata la quota di 50mila votanti che era stata giudicata soddisfacente alla vigilia delle votazioni. Zingaretti vince con il 65% e fa il pieno di voti in tutte e sei le province pugliesi, con un picco del 78,07% in quella di Lecce.

Umbria e Basilicata

Rispetto al 2017 l’affluenza cala in entrambe le regioni per le quali già ci sono dati definitivi: in Umbria si passa dai poco più di 40 mila voti del 2017 a circa 30.700 votanti oggi. Mentre in Basilicata si assiste a un vero e proprio crollo: da 41.700 votanti di due anni fa ai 15.600 di oggi.

Reggio Calabria

Anche nella città di Reggio Calabria, dove hanno votato in tutto 6930 persone, Zingaretti è risultato il candidato più votato. Il governatore del Lazio ha ottenuto il 54,5% dei consensi (3780 voti), al secondo posto è arrivato Martina con il 32.7% (2.263 Voti), al terzo posto il duo 'Giachetti-Ascani' con il 12,8% (887 voti).

Valle d'Aosta

Sono stati 1.500 i votanti  in Valle d'Aosta. A Nicola Zingaretti sono andati 927 voti, pari al 62,17% dei consensi, Maurizio Martina ha ottenuto 347 voti, il 23,27% e Roberto Giachetti 217, il 14,55%.

Estero

Anche gli elettori del Pd all'estero danno fiducia a Zingaretti. Quando mancano solo i dati del Nord America, appare chiara infatti la vittoria del governatore del Lazio anche fuori i confini nazionali, con il 58,4% di preferenze. A seguire Martina, che incassa circa il 33% di preferenze e Giachetti, con l'8,5%.Guardando alle varie circoscrizioni, in Europa 1 Zingaretti prende il 53,4% contro il 36,4% di Martina e il 10,2% di Giachetti; in Europa 2 Zingaretti si impone ancora più nettamente con il 64,6%, Martina si ferma al 24,8% e Giachetti al 10,6%. In America Centrale invece Martina si impone nettamente con il 90%, davanti a Zingaretti con il 6,3%. In America del Sud Zingaretti prende il 55,8% davanti a Martina con il 42,3% e a Giachetti con l'1,9%. Nella circoscrizione Asia, Africa, Oceania e Antartide, invece, Zingaretti prende il 77,1% e e Martina il 22,9%. 
 

mercoledì 27 febbraio 2019

IN SARDEGNA IL PD CRESCE NEI CONSENSI ANCHE SE DI POCO RECUPERA PIAN PIANO IL SUO ELETTORATO: E' IL PRIMO PARTITO DELL'ISOLA CON IL 13,48 % DEI VOTI DI LISTA: SONO CIRCA 100.000 PERSONE CHE HANNO FATTO LA X SUL SIMBOLO DEL PARTITO DEMOCRATICO!!!

ELEZIONI REGIONALI IN SARDEGNA 2019 - 1593 SEZIONI SCRUTINATE SU 1840
Sardegna - I dati definitivi sono arrivati nel pomeriggio di Martedì 26 Febbraio 2019 dall’ufficio elettorale della Regione. Christian Solinas è il candidato che ha ottenuto più preferenze: 47,81%, 363.946 voti. Secondo il candidato di centro sinistra ed ex sindaco di Cagliari, Massimo Zedda con il 32,91%, che corrisponde a 250.560 voti. Terzo posto per il candidato del Movimento Cinque Stelle, Francesco Desogus che si aggiudica l’11,18% dei voti (85.046).


 
 

sabato 9 febbraio 2019

Nicola Zingaretti: “Basta con il partito degli ‘anti’, l’Italia aspetta il Pd” - Maurizio Martina: “I miei nemici sono fuori da questa stanza” - Roberto Giachetti: “L’unità ci deve essere dopo il Congresso, una volta discusso e scelto” - Il Partito Democratico verso le primarie del 3 Marzo 2019


CONVENZIONE NAZIONALE DEL PD - 2019
ROMA (ITALIA) - Il primo a parlare dei tre candidati alle primarie è Roberto Giachetti. L’inizio è dedicare ai ringraziamenti: “Voglio ringraziare tutti, innanzitutto il Partito democratico, i suoi dipendenti che nelle condizioni difficili date hanno garantito lo svolgimento corretto di questo Congresso e grazie a coloro che hanno sostenuto la mia candidatura, che si sono impegnati e hanno permesso questo risultato. Voglio ringraziare i candidati, Nicola e Maurizio, ma sopratutto Maria, Dario e Francesco”.
Poi continua con una stoccatina a Zingaretti che giorni fa aveva parlato di ‘un partito di macerie’:  “Centonovantamila votanti tra i nostri iscritti. E’ una cosa meravigliosa, e alle primarie saranno ancora di più. Guardate le primarie farsa della Lega con diecimila persone, o i trentasettemila click per indicare il leader del M5s. Il nostro percorso partecipato non ha paragoni. E dico Basta anche al nostro interno, non ci sono macerie all’interno del nostro partito. Ci sono persone che si confrontano e combattono anche per noi e che dobbiamo aiutare. Basta dire di noi cose che nemmeno i nostri avversari hanno il coraggio di dire”.
E poi un invito agli sfidanti: “Io a Maurizio e Nicola faccio l’invito di fare dibattiti insieme per consentire che cresca l’attenzione per queste primarie. Spieghiamo alla nostra gente le nostre ragioni. Chiediamo alle televisioni di fare confronti tra noi, accendiamo il faro sulle primarie affinché appassioni le persone”.
I RISULTATI DEI CONGRESSI DEI CIRCOLI
Sul congresso e sull’unità Giachetti ha una visione diversa rispetto a quanto detto in mattinata: “Io vorrei che tra noi ci dicessimo una cosa chiara, il momento del Congresso non è il momento dell’unità, ma quello in cui devono emergere le nostre diversità. Se non ci fossero posizioni diverse ci sarebbe un solo candidato. L’unità ci deve essere dopo il Congresso, una volta discusso e scelto. L’unità che non c’è stata nei cinque anni scorsi e che è l’unica che io riconosco all’interno del partito”. Posizione che ha tuttavia suscitato la standing ovation della sala.
Poi ancora una stoccata a Nicola Zingaretti e alle tante contraddizioni, che secondo Giachetti, sono presenti all’interno dei sostenitori della sua mozione: “Io non ho appoggi parlamentari. Nelle altre mozioni ci sono schiere di parlamentari. Io mi chiedo, senza voler essere divisivo, come si può avere delle mozioni dove c’è tutto e il contrario di tutto. Come possono stare insieme chi ha realizzato il Jobs act e chi vuole cancellare, dove c’è chi come Marco Minniti ha fatto una straordinaria politica sull’immigrazione e chi lo considera uno schiavista. Come può stare insieme il mio presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e chi ritiene che l’operato di quel governo è senza appello. E’ un problema che non riguarda me, ma che deve emergere. Dobbiamo dirci come stanno le cose”.
E conclude con un duro attacco ai ministri e i parlamentari che sostengono Maurizio Martina e Nicola Zingaretti: “Noi pensiamo che la risposta ai problemi del Paese sia stata già tracciata e dev’essere implementata. Voglio fare un appello a tutti i parlamentari che appoggiano le altre mozioni, il lavoro che serve a questo Paese è il vostro lavoro. La nostra mozione dice che noi rivendichiamo il lavoro fatto al governo. Noi difendiamo le riforme che hanno fatto la storia di questo Paese, noi a differenza delle altre mozioni che sostenete difendiamo il lavoro che parlamentari e ministri hanno fatto nella passata legislatura”.
CALENDA SI O NO?
“E poi sulle alleanze, vogliamo dire agli elettori quali sono le alleanze che vogliamo fare. Il campo è lo stesso, gli unici nel nostro campo che non sono stati nostri alleati erano quelli di Leu. Se mi dite che l’allargamento delle alleanze significa allearsi con loro, io dico senza di noi”.
In conclusione, Giachetti ha annunciato che conAnna Ascani aprità la campagna per le primarie a Danzica, la città dove circa un mese fa è stato ucciso il sindaco oppositore del governo polacco.
L’intervento di Maurizio Martina inizia con un lungo elenco, quello degli avversari: “I miei avversari non sono Giachetti e Zingaretti, ma questo governo bugiardo che sta portando il Paese dentro una crisi profonda. I miei avversari sono Lega e M5s senza ambiguità, perché sono la nuova destra illiberale.I miei avversari sono quelli che evocano i protocolli dei savi di Sion e non vengono cacciati dal loro movimento. I miei avversari sono quelli che sono contro i vaccini. I miei avversari sono quelli che umiliano le donne, che prendono in giro i disabili. I miei avversari sono quelli che lisciano il pelo al razzismo, che chiudono il centro di Castelnuovo di Porto e lasciano aperta la sede di Casapound”. E propone ai parlamentari del Pd di presentare una mozione di sfiducia al ministro Salvini perché “ha violato la legge”.
E poi il momento delle proposte e indirettamente una risposta a Giachetti con l’orgoglio per ciò che è stato fatto nei governi  Renzi e Gentiloni: “Il Pd che propongo, che proponiamo con la nostra mozione, è il Pd che costruisce l’alternativa a tutto questo. Io so quello che ho fatto al governo e non è materia congressuale tra noi. So di quando ho fatto la legge sul caporalato. So di quando ho difeso i diritti civili anche al nostro interno. So quello che ho fatto, insieme a tutti voi, quando abbiamo sfidato la corrente di terrore dopo il Bataclan con la proposta un euro in sicurezza, un euro in cultura, quello è il mio riferimento. Io rivendico con orgoglio tutto quello fatto quando eravamo al governo del Paese”.
NICOLA ZINGARETTI - MAURIZIO MARTINA

I valori sono un passo molto importante nel discorso di Maurizio Martina: “Chiedo di poter lavorare ad una nuova stagione del Pd, ed avanzare una nuova proposta di riformismo radicale intransigente su valori non negoziabili. I valori di umanità, di rispetto della vita e delle persone. E per questo sono orgoglioso di essere salito sulla Sea Watch 3, e mesi prima davanti alla Diciotti. Io non ci sto ad un governo che lascia quelle persone in mare affinché il ministro della propaganda esibisca lo scalpo”.
E infine la conclusione, con il richiamo all’unità: “Il mio Pd non avrà cedimenti alla deriva in cui viene messa in discussione la democrazia rappresentativa, diciamo no alla proposta Fraccaro. Le ragioni che ci sono fuori di qui devono costituire i presupposti perché il Congresso sia un mezzo per l’unità del partito. Perché se diciamo che fuori del Pd c’è un pericolo democratico allora dobbiamo comportarci di conseguenza, prima di tutto tra noi. Questo non è un Congresso normale, ci giochiamo il futuro del Paese e il nostro futuro. Solo noi possiamo costruire un’alternativa nel Paese”.
L’ultimo candidato ammesso alle primarie intervenuto dal palco della Convenzione nazionale del Pd è stato Nicola Zingaretti, arrivato primo nei congressi di circolo con il 47,38% dei voti.
Dopo aver ringraziato gli iscritti che hanno votato al congresso, Zingaretti ha espresso, attraverso la sua candidatura, la volontà di “indicare al nostro Paese una via possible per tornare a vincere e salvare l’Italia e l’Europa. L’obiettivo del congresso è innanzitutto questo”.
Per Zingaretti “la sconfitta del 4 marzo è stata drammatica, nostra ma anche di un intero campo culturale e sociale. Grazie dunque a chi si è appassionato a questo congresso, perché non era affatto scontato”.
“Dopo la sconfitta – è l’analisi del candidato arrivato primo nel voto tra gli iscritti – siamo stati aggrediti dalla spinta di chi ha tentato di annientare il nostro ruolo. Invece no, eccoci qua, aggrappati per salvare l’Italia”.
In un intervento più volte interrotto da applausi e standing ovation, Zingaretti ha ricordato come “Per tutti noi viene oggi la prova più difficile e importante, e cioè capire come aprire una fase nuova nei confronti del nostro Paese. Dobbiamo ributtarci con passione e umiltà nella società, sapendo che anche quando la pensiamo in modo diverso abbiamo il dovere di dimostrare di vivere in un’unica comunità politica”.
E passando a parlare del governo: “Quando ti rifiuti di porgere la mano a 40 essere umani che ti chiedono aiuto non c’entra niente la politica. Stia zitto il ministro Salvini, non è in questione l’immigrazione, l’integrazione o la sicurezza, si tratta di altro, di una regressione antropologica e umana nel fare politica e di esercitare la forza del potere”.
Ed è qui, nel ragionamento di Zingaretti, che sta principalmente il ruolo del Pd, perché “si apre l’abisso allarmante di una società fondata sulla violenza. Hanna Arendt ci ricorda come nel secolo scorso come tutto sia partito da piccoli soprusi che non hanno suscitato reazioni. Ecco a cosa serve il Pd: a suscitare questa reazione”
E tornando a parlare della maggioranza attualmente alla guida del Paese: “Il nostro ruolo non è solo testimonianza di valori. Noi diciamo che è giusta la lotta alla povertà, ma diciamo anche che cancellare le politiche per il lavoro trasformerà il reddito di cittadinanza in un reddito di sudditanza”.
“Loro -ha rimarcato -che hanno vinto in nome della speranza, stanno togliendo la fiducia all’Italia. L’Italia è in una tenaglia e quando crescerà questa consapevolezza, se non sarà pronta un’alternativa vivremo un’ulteriore fase drammatica, che potrebbe portare a un colpo alle istituzioni repubblicane. Ecco l’urgenza del Partito democratico. Ecco perché la grande questione è il recupero della nostra credibilità”.
E toccando dunque il delicato tasto delle possibili future alleanze, Zingaretti ha chiarito come per lui il Pd debba passare “dalla propaganda alla politica, e politica significa pensare a come aprire contraddizioni nell’avversario, come aprire spazi, come indovinare le parole in grado di dare agli elettori un riferimento democratico”.
“Io mi sono perfino stancato di dire – ha detto dunque Zingaretti in un passaggio particolarmente applaudito – che non intendo favorire nessuna alleanza con i M5S, li ho sconfitti due volte e non governo con loro. Chi mi accusa del contrario imparasse a sconfiggerli. Ma se l’elettorato della Lega è un monolite, c’è un elettorato dei cinque stelle che è un  coacervo di contraddizioni e che erano nostri elettori, e noi non possiamo non porci il problema di guardare a loro e di riconquistarli. Altro che accordi, non facciamo le caricature perché la fine del gioco non ha nessun vincitore”.
E a proposito delle polemiche degli ultimi giorni: “Voltare pagine significa aprire una stagione nuova. Se dietro a una mozione ci sono pluralismo e diversità questo non deve essere un problema. Nel mio partito non ci saranno mai avversari ma concorrenti” e “noi diremo sempre che di fronte a regimi come quello di Maduro saremo sempre da un’altra parte, saremo sempre un’altra cosa, di fronte al Medioevo riproposto dalla legge Pillon e noi solleveremo l’Italia per impedire che venga approvata”.
“E voltare pagina – ha aggiunto – significa mettersi al servizio di una missione unitaria di tutto il Paese. Perquesto propongo che nei nuovi organismi dirigenti vengano invitati in forma permanente esponenti delle associazioni del volontariato, del mondo studentesco. Voltare pagina non è cercare abiure, ma mettere insieme ai successi anche i nostri limiti e la rottura del nostri rapporti con milioni di italiani, per la nostra difficoltà a leggere il dramma profondo che stavano vivendo milioni di persone”.
Ecco perché per ricominciare abbiamo scritto “prima le persone”. Non serve uno spostamento del Pd più a sinistra, ma una rigenerazione programmatica e ideale che guardi al futuro.
“Non è antico ma modernissimo dire che dobbiamo ripartire dallo sforzo di accorciare le differenze tra chi ha troppo e chi non ha nulla. Per questo dobbiamo offrire all’Italia un’altra identità, un buon futuro contro l’empatia dell’odio. Non dobbiamo limitarci ad aiutare chi è rimasto indietro, ma rompere lo schema per cui una grossa fetta rimane indietro”.
E passando a parlare di Europa “L’Europa è il nostro destino, senza Europa nessun Paese europeo ha un futuro. “L’Europa è fiaccata da una condizione che ha imposto l’austerità” e dunque “per difendere l’Europa dobbiamo cambiarla, come è scritto nel manifesto di Calenda che è uno straordinario contributo. Il Pd dovrà svolgere un ruolo positivo, ho detto che il simbolo non è un dogma perché non servono schemini ma la sostanza, e noi ci batteremo per un’unione politica, per un’Europa che rilanci la sua identità sociale. Il nuovo gruppo dirigente del Pd avrà una missione decisiva e tutti collaboreremo”.
E tornando a parlare della necessità della coesione all’interno del Pd,un tasto su cui Zingaretti ha più volte spinto nel suo intervento: “Se vogliamo l’unità prepariamo l’unità, ascoltiamo le differenze, altrimenti saremo sempre gli stessi con vestiti differenti”.
Ma, ha sottolineato in chiusura: “Per fare questo serve un nuovo Pd. In tanti attendono un colpo che segni  l’apertura di una fase nuova. Apriremo una fase costituente ma la vera riforma non sarà mai organizzativa, quello che dobbiamo cambiare è la nostra cultura politica, troppo fondata sul sospetto e troppo poco sul rispetto. E allora riforma del partito e per ciascuno di noi deve significare fuggire alle tentazione di costruire identità contro qualcuno: basta con un partito fondato sugli anti renziani, anti gentilioniani o anti boschiani, con quello che sta succedendo nel Paese. L’Italia si aspetta che tornino in campo i democratici italiani e lo sforzo lo dovremo fare tutti, perché alle persone non interessa nulla delle nostre piccolezze. Mi candido per questo, proiettarci nel futuro e ritrovare l’entusiasmo per il quale siamo nati”.

Il 3 marzo 2019 si tengono le primarie del Partito democratico: la Direzione nazionale del Pd ha approvato il regolamento del congresso con 4 astenuti e nessun voto contrario.
Tra le regole stabilite, rimane il contributo di due euro a carico dei “simpatizzanti” del Pd che voteranno alle primarie del 3 marzo 2019. Nicola Zingaretti, uno dei candidati, aveva proposto di eliminare il contributo. Oltre ai due euro, ai gazebo occorrerà firmare una dichiarazione “di riconoscersi nella proposta politica del Pd, di sostenerlo alle elezioni, accettando di essere registrati nell’Albo pubblico delle elettrici e degli elettori del Pd”.
La prima fase dell’iter che porta al Congresso è la costituzione delle Commissioni congressuali provinciali e Regionali, entro il 4 dicembre 2018. Entro il 12 dicembre poi occorre presentare le candidature corredate dalle firme di almeno 1.500 iscritti di cinque regioni appartenenti ad almeno tre circoscrizioni elettorali per il Parlamento europeo.
Le riunioni dei circoli per il voto dei soli iscritti al partito si svolgono dal 7 al 23 gennaio 2019. 
Il 2 febbraio 2019 poi verrà ufficializzato il risultato del voto degli iscritti e i 3 candidati più votati parteciperanno alle primarie del 3 marzo 2019.
Dopo questa data, nelle settimane successive ciascuno dei tre candidati dovrà presentare una o più liste a suo sostegno in ciascuna provincia, dalle quali usciranno i 1.000 eletti all’Assemblea nazionale, il massimo organo del partito.
Per votare il 3 marzo occorrerà presentarsi al proprio seggio con un documento di identità e con la tessera elettorale. Le elezioni si svolgono il 3 marzo dalle 8:00 alle 20:00.
Il 17 marzo si svolgerà l’Assemblea nazionale. Qui verrà proclamato segretario il candidato che ha ottenuto almeno il 50 per cento + 1 dei voti. Se nessun candidato raggiunge la maggioranza assoluta, in sede di Assemblea si tiene un ballottaggio tra i due candidati più votati. Per iscriversi al Pd e avere la tessera del partito è possibile farlo on line da lunedì 3 dicembre alle 12:00 del 21 dicembre 2018.
 





lunedì 28 gennaio 2019

Mentre in Sardegna il Partito Democratico si riprende il suo 40% nonostante la grande astensione degli elettori, in Provincia di Massa-Carrara (Toscana) il Partito Democratico sembra tornare pian piano in forma: al Congresso PD oltre il 50% degli iscritti (1200 tesserati nel 2018 in una Provincia che conta circa 200MILA abitanti) hanno votato per le diverse mozioni congressuali dove, con il 57,6% dei votanti vince provvisoriamente l'ex-Segretario Maurizio Martina seguito dal Governatore del Lazio Nicola Zingaretti con il 24,6% circa! Curiosamente Nicola Zingaretti stravince con il 64% dei voti tra i soli circoli PD del Comune di Carrara! Il Partito Democratico vola nei sondaggi nazionali al 30% dei consensi lasciandosi alle spalle il 18% del 4 Marzo 2018!

CONGRESSO PD - CIRCOLI DI MASSA-CARRARA - Fonte: www.iltirreno.it
CONGRESSO PD - CIRCOLI DI CARRARA
Fonte: www.iltirreno.it
CAGLIARI - (SARDEGNA) - Le elezioni suppletive che si sono svolte domenica 20 gennaio 2019 in Sardegna, in provincia di Cagliari, consegnano due dati importanti: da una parte un’astensione record, con solamente il 15% degli aventi diritti che ha votato; dall’altra una vittoria del centrosinistra che ribalta completamente il risultato del 4 marzo 2018. I cittadini della provincia cagliaritana sono stati chiamati a votare per eleggere il sostituto di Andrea Mura, il velista candidato con il Movimento 5 Stelle che, una volta eletto, ha deciso di dimettersi dopo la polemica sulle sue assenze alla Camera dei deputati. A prevalere è stato Andrea Frailis, candidato del centrosinistra sostenuto dal Pd e da altre liste, con il 40,4% dei voti. L’elezione suppletiva riguardava la Camera e in particolare il collegio uninominale 01-Cagliari, della XXVI circoscrizione Sardegna. Al voto erano chiamati 251mila elettori. Il risultato ribalta completamente quello delle elezioni politiche, quando il M5s aveva preso quasi il 40% dei voti. Eletto alla Camera è Andrea Frailis, 62enne, giornalista e anchorman della tv Videolina. Era il candidato dei Progressisti di Sardegna. Rispetto alle elezioni politiche il passo in avanti per il centrosinistra è evidente: il 4 marzo il Pd, senza Leu, aveva preso il 19%. Ieri ha invece raccolto 15.581 voti. Dietro il 40% del candidato di centrosinistra c’è Luca Caschili del Movimento 5 Stelle, che si ferma al 28,9%. Poi Daniela Noli, del centrodestra, al 27,8%. Anche il centrodestra è in calo rispetto al 4 marzo, quando prese il 32%. Il quarto candidato era Enrico Balletto di Casapound, rimasto sotto il 3%. Per i Cinque Stelle e per il centrodestra non è quindi bastata la discesa in campo dei leader nazionali: Di Maio, Toninelli, Salvini e Berlusconi sono andati in Sardegna durante la campagna elettorale. L’astensione record: si passa dal 67% dei votanti del 4 marzo 2018 al 15% del 20 gennaio 2019. Si sono recate alle urne solamente 39.101 persone. Il 15,54% degli aventi diritto. Al voto erano chiamate 251mila persone per un totale di 305 sezioni. Hanno votato gli abitanti di Cagliari, Quartu, Quartucciu, Monserrato, Maracalagonis, Sinnai, Burcei e Villasimius. Affluenza più alta, pur rimanendo a livelli bassissimi, si è registrata a Cagliari, dove ha votato il 17,17% degli aventi diritto. In tutti gli altri comuni il dato è inferiore al 16%. Frailis ha vinto soprattutto grazie ai voti raccolti a Cagliari, dove ha ottenuto più del 45% dei consensi. In altri comuni la sfida è stata più equilibrata. Il candidato del Movimento 5 Stelle, Caschili, ha prevalso a Quartucciu e Sinnai. La candidata del centrodestra, Noli, ha invece ottenuto più voti a Burcei, Villasimius e Maracalagonis.
 


mercoledì 5 dicembre 2018

TENIAMOCI STRETTO QUESTO NOSTRO PARTITO DEMOCRATICO: IL PD SARA' PIU' FORTE DI PRIMA, NON CAMBIERA' NOME E NE SIMBOLO, SARA' RIFORMATO DALL'INTERNO...

ALLE EUROPEE 2019 VOTA PD
Esistono più di cento ragioni per lamentarsi del PD, partendo dai suoi ritardi per arrivare alle sue inadeguatezze e passando per il peso di portare su di sé le sacrosante aspettative di una comunità politica in carne e ossa che vi dedica ogni giorno tempo e passione.
Ma esiste una ragione che più di ogni altra deve spingerci a difenderlo dalla narrazione (o dall’auspicio) di certa stampa sulla sua “irrilevanza”: non sappiamo ancora quale sarà il profilo politico, la leadership e la sostanza dell’alternativa che alle prossime elezioni legislative si contrapporrà ai kamikaze gialloverdi; ma sappiamo con certezza che quell’alternativa non potrà che ruotare intorno al Partito Democratico, che in ogni caso ne rappresenterà l’asse centrale e il principale serbatoio di idee e di consenso. La possibilità stessa di sconfiggere il disegno nazionalpopulista, e con esso il trascinamento dell’Italia dentro il pozzo dell’isolamento e della decrescita, passa dunque per la tenuta e la ripresa di un PD capace sia di conservare il proprio elettorato sia di rivolgersi a quella parte del paese che si sta accorgendo del catastrofico inganno gialloverde.
Significa forse che dovremmo tenerci il PD così com’è? Ovviamente no: tutto (o quasi) andrebbe cambiato dentro e intorno al PD, anche perché fin dalla sua nascita troppo poco è stato fatto per adeguarne la forma e il funzionamento ad un contesto che andava già cambiando con ritmi rapidissimi. In questo senso la sconfitta del 4 marzo è solo parte di un problema più ampio, perché la crisi della rappresentanza politica che riguarda tutta Europa precede quella sconfitta di almeno un decennio e ha concorso anche fuori d’Italia all’affermazione delle ricette sovraniste.
Dalle nostre parti quella crisi ha assunto forme particolarmente violente e pericolose, che con Lega e Cinque Stelle si saldano in un attacco alle basi stesse della nostra convivenza repubblicana. Ragione di più per difendere uno strumento e una comunità che hanno resistito – persino nella sconfitta – alla valanga sovranista più di quanto non sia accaduto in altri paesi europei che non avevano conosciuto, come l’Italia dei primi anni Novanta, una crisi radicale dei vecchi partiti repubblicani e che per questo non si erano dovuti attrezzare come noi con partiti capaci non di frammentare ma di aggregare culture e tradizioni politiche diverse.
Dentro la casa del PD tutto è da migliorare, da rimettere in ordine, da allargare, da rendere più efficace e più inclusivo soprattutto verso quelle forme di protagonismo della società civile ed economica che finalmente segnalano l’aprirsi di una crepa sostanziale nel rapporto tra il governo e l’Italia reale. E in questo senso anche il congresso, per quanto tardivo, rappresenta la duplice occasione sia per un confronto laico e non troppo drammatizzato tra opzioni di leadership diverse, sia per una discussione sul paese che vorremmo dopo la sconfitta dei nazionalpopulisti.
Perché in fin dei conti quello che davvero conterà, quando gli italiani dovranno nuovamente scegliere a chi affidare le chiavi della casa comune, saranno le offerte politiche che sapremo mettere in campo. I kamikaze gialloverdi non si estingueranno per cause naturali né si consumeranno in un falò autoprodotto, ma saranno sconfitti da una proposta di governo alternativa. E prima di buttar via il famoso bambino con la famosa acqua sporca, teniamoci stretto un partito che anche nel momento più difficile della sua giovane storia sta mostrandosi capace di restarne l’unico baricentro possibile.
 
 
 

mercoledì 28 novembre 2018

VERSO IL CONGRESSO NAZIONALE DEL PARTITO DEMOCRATICO: E' UFFICIALE, LE PRIMARIE CI SARANNO IL 3 MARZO 2019

PRIMARIE PD IL 3 MARZO 2019 - CONGRESSO PD
 













 






VERSO LE ELEZIONI EUROPEE 2019

Approvato il regolamento: il 2 Febbraio 2019 la convenzione nazionale, il 12 Dicembre 2018 il termine ultimo per presentare le candidature: la Direzione del Pd ha deciso: primarie il 3 Marzo 2019. Unanimità sul regolamento congressuale (con 4 astensioni).
Queste dunque le tappe verso il congresso #dem: convenzione nazionale il 2 Febbraio 2018, gazebo convocati per il 3 Marzo 2019, termine ultimo per la presentazione della candidature il 12 Dicembre 2018.
Darsi una leadership forte e una linea politica chiara. Il Congresso del Pd servirà a questo. Sembrano ovvietà. Però a nostro avviso bisognerebbe fare un po’ di chiarezza.
Secondo noi, per esempio, l’idea che nessun candidato ottenga il 50 per cento alle primarie è molto debole. Per il semplice fatto che ai gazebo verrà naturale polarizzare il voto sui due più forti emersi dai congressi di circolo. D’altronde finora è stato così: alle primarie sono sempre andati tre candidati e uno di loro ha preso più del 50.
Ma anche ove nessuno conquistasse la maggioranza e si dovesse decidere in Assemblea nazionale, secondo noi dovrebbe trattarsi di una proclamazione formale, essendo chiaro e condiviso che il primo arrivato alle primarie è il vincitore. Insomma, niente giochetti e meno che mai ribaltoni (tipo, il secondo e il terzo si mettono d’accordo contro il primo). Ci vorrebbe un agreement fra i tre candidati: chi arriva primo ai gazebo ha vinto, punto e basta. Se ha preso meno del 50% sarà un problema suo quello di rafforzarsi via via ma intanto il segretario è lui. Questa è la nostra personale convinzione.
Molti si lamentano della poca chiarezza circa le proposte dei vari candidati. Comprendiamo il rilievo ma confidiamo che nelle prossime settimane i candidati facciano capire meglio cosa vogliono e in cosa si differenziano fra loro. Sarebbe utile che producessero dei testi scritti – per carità, non di 100 pagine che non leggerebbe nessuno – nelle quali prospettare con chiarezza soprattutto due cose.
La prima riguarda la mitica “linea politica”. Cosa si vuol fare per accelerare la crisi del sistema gialloverde? Come si intende costruire un’ipotesi di governo riformista? Che tipo di rapporti si vogliono instaurare con pezzi fondamentali di società con cui si è perso il legame? Infine, che tipo di organizzazione si vuole dare ad un partito in gran debito di ossigeno? Non è poco. Ma a otto mesi dalla batosta del 4 marzo è ora di rialzarsi dal tappeto e guardare avanti: rendiamoci conto che qui è possibile che si vada a votare l’anno prossimo per le politiche (oltre che per le Europee).
Forse tenendo conto di questa obiettiva urgenza, ieri Walter Veltroni ha detto a Piazzapulita  che bisogna offrire  all’elettorato di Cinque Stelle un discorso “coinvolgente”: è talmente giusto che riteniamo che esso vada rivolto non solo a chi ha votato per Di Maio e Di Battista ma a tutti gli italiani. Cioè: bisogna avanzare una proposta “nazionale”, di governo, riformista. Per parlare ad un Paese che fra non molto avvertirà tutta la delusione per l’esperimento gialloverde ed avere una proposta di governo da sottoporre ai cittadini e alla forze politiche.
Infine, una notazione sulla questione della coincidenza fra segretario e candidato premier. Un forte leader di partito – un “capo” – è naturaliter candidato a palazzo Chigi. È lui la figura su cui il Pd deve puntare per candidarsi a governare. Il problema è che, rientrati (sciaguratamente) in un sistema proporzionale, bisognera fare i conti con gli alleati della coalizione, ed è possibile che questi ultimi non accetteranno il leader del Pd come capo del governo ma convergeranno su un’altra figura. E allora che si fa? Si sventola lo Statuto? Si ritorna dunque al gioco politico fra alleati: può non piacere ma è così. Qui non abbiamo la soluzione tecnica per dirimere la questione, ma il problema esiste. Tocca ai candidati prospettare la soluzione.
Con un lungo post su Facebook Matteo Richetti ha annunciato questa mattina il suo ritiro dalla corsa alla segreteria. Il senatore dem ha spiegato le motivazioni ed ha annunciato il suo sostegno a Maurizio Martina.
Richetti ha comunicato ai suoi sostenitori che Martina “ha accettato di fare sue le nostre proposte e il nostro stile. La nostra proposta su nuove generazioni, tirocini, praticantato, stage, protezione sociale europea, economia green sarà integralmente nel suo programma”.

Il messaggio

Ho promesso che avrei fatto politica diversamente. E’ il tempo di mantenere la promessa, anche se quando l’ho fatta credevo di darle vita in un altro modo. Arriva un tempo in cui servono fatti, per questo faccio spazio ad una nuova sfida. Servono gesti concreti che rendano credibili le parole. Piazza del Popolo me la ricordo. Molti mi chiedevano di candidarmi, ma tutti ancora di più ci chiedevano unità.
I nostri militanti li ho incontrati. Molti mi chiedevano di restare in campo, ma tutti ci chiedevano di non essere solo la somma di individualità.  I nostri elettori li ho ascoltati. Ho chiamato letteralmente al telefono anche quelli che non ci votano più. Nessuno ci chiedeva un nome solo. Un leader e basta. Tutti invece ci chiedevano di tornare credibili. Di chiudere con i litigi e le faide interne e di aprire al meglio della società.  Serve una alternativa forte, inclusiva, responsabile. Bisogna unire le forze.  Per me è difficile. Non potete capire quanto. 
Ma metto via ogni forma di ambizione per questo. Molti amici, incontrati in questi mesi intensi di iniziative e discussioni, mi hanno invitato a unire le forze, gli intenti, in un unico progetto con Maurizio Martina. Lui si è candidato dicendo “mi candido, anzi ci candidiamo”. Sono state le mie identiche parole. In tanti mi hanno chiesto un gesto di responsabilità. Un sacrificio personale. “Per andare oltre ogni tifoseria, pro e anti”. E’ stata anche la mia volontà. Oggi ho chiamato Maurizio. Gli ho promesso lealtà e sostegno, ma gli ho chiesto radicalità e coraggio. 
Maurizio ha accettato di fare sue le nostre proposte e il nostro stile. La nostra proposta su nuove generazioni, tirocini, praticantato, stage, protezione sociale europea, economia green sarà integralmente nel suo programma. Sosterremo Maurizio alla segreteria in una corsa comune, in cui contribuiremo con la nostra presenza, i nostri comitati, le nostre idee, alla campagna congressuale. 
Voglio dire una cosa, soprattutto ai più giovani: questo gesto di responsabilità, lo faccio soprattutto per voi. Per non sprecare il nostro percorso. Perciò, moltiplichiamo il nostro impegno, la nostra passione, il nostro entusiasmo. Non lasceremo nessuno solo. Porteremo le nostre idee in una esperienza grande, con generosità e disinteresse. Raccogliamo l’invito a lavorare insieme, ad essere generazione che prepara le prossime, a faticare e studiare, a chiederci cosa dare prima di cosa prendere.
Anche questo, soprattutto questo, è fare politica #diversamente.

I candidati alla segreteria

Nonostante il ritiro di Matteo Richetti la corsa alla segreteria dem rimane a 7, infatti a Boccia, Corallo, Damiano, Martina, Minniti e Zingaretti si è unita Maria Saladino, iscritta al Partito democratico dal 2014 e già candidata alle ultime Elezioni Europee nel Collegio Italia Meridionale.
 

 
 

ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!