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mercoledì 11 settembre 2013

11 SETTEMBRE 1973 - 11 SETTEMBRE 2013: ACCADEVA 40 ANNI FA, Il GOLPE CILENO DEL 1973 - PINOCHET AL POTERE...

11 SETTEMBRE 1973 - CILE

Golpe cileno del 1973

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Golpe cileno del 1973
parte della guerra fredda
Il Palacio de La Moneda sotto i bombardamenti
Il Palacio de La Moneda sotto i bombardamenti

Data 11 settembre 1973
Luogo Cile
Esito rovesciamento del governo
inizio della dittatura di Augusto Pinochet
Schieramenti
Comandanti




Voci di colpi di stato presenti su Wikipedia
Il golpe cileno dell'11 settembre 1973 fu un evento fondamentale della storia del Cile e della Guerra Fredda. Gli storici hanno da allora discusso su quello che è considerato uno degli avvenimenti più controversi del secolo scorso. Allo stesso modo tali eventi sono diventati un simbolo della guerra fredda come una guerra tra servizi segreti che ha avuto effetti sconvolgenti sulla vita di milioni di persone.
Nelle elezioni presidenziali cilene del 1970, in accordo con la costituzione, il Congresso risolse la situazione creatasi con il risultato del voto — tra Salvador Allende (con il 36,3%), il conservatore (ed ex presidente) Jorge Alessandri Rodríguez (35,8%), e il cristiano-democratico Radomiro Tomic (27,9%) — votando per l'approvazione della maggioranza relativa ottenuta da Allende. Diversi settori della società cilena continuavano ad opporsi alla sua presidenza, così come gli Stati Uniti, che esercitarono una pressione diplomatica ed economica sul governo. L'11 settembre 1973 le forze armate cilene rovesciarono Allende, che morì durante il colpo di Stato. Una giunta guidata da Augusto Pinochet prese il potere.

La situazione prima del colpo di Stato

Quando Allende salì al potere nel 1970, la società cilena era già afflitta da difficoltà economiche. Problemi come la lenta crescita, l'inflazione, la cattiva distribuzione delle entrate, e la concentrazione dei poteri economici rimanevano ostinati e intrattabili. La maggioranza della popolazione cilena era posta sul gradino più basso della scala socio-economica ed era ormai stanca dei problemi perenni che affliggevano la nazione.

Allende diventa presidente

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Elezioni presidenziali cilene del 1970.
Esistono essenzialmente due visioni del voto del 1970. Gli oppositori di Salvador Allende rilevano che ottenne solo una maggioranza relativa del 37,8% del voto. Chi lo appoggiava invece faceva notare il fatto che le forze di sinistra avevano ottenuto chiaramente la maggioranza assoluta: in aggiunta ad Allende, candidato della coalizione Unidad Popular (UP, Unità Popolare), il cristiano-democratico Radomiro Tomic ottenne il 27,9% dei voti con una piattaforma molto simile a quella di Allende. L'ex presidente conservatore Jorge Alessandri ricevette poco meno del 35,8% dei voti.
   Candidato   Voti  %
Allende 1.066.372  36,29% 
 Alessandri  1.050.863 35,76%
Tomic 821.350 27,95%
Tot. votanti    2.943.561    Fonte: PDBA
In base alla costituzione, il Congresso doveva scegliere tra i due candidati che avevano ricevuto più voti. Il precedente, basato sulle tre occasioni dal 1932 in cui era sorta questa situazione, prevedeva che il Congresso scegliesse semplicemente il candidato che aveva ottenuto il più alto numero di voti; tanto è vero che l'ex presidente Alessandri era stato eletto nel 1958 con il 31,65% del voto popolare.
In questo caso, comunque, esisteva un'attiva campagna contro la conferma di Allende da parte del Congresso, e la sua presidenza venne ratificata solo dopo che ebbe firmato uno "Statuto di garanzie costituzionali".
Si è sostenuto che dato che meno della maggioranza degli elettori votò per lui, Allende non avesse un chiaro "mandato" per imbarcarsi nell'ampio programma di riforme che voleva attuare. Ma la legalità dell'elezione in sé non è in discussione.

Gli anni di Allende

Durante il suo ufficio, Salvador Allende perseguì una politica che egli chiamava "La vía cilena al socialismo". Questa comprendeva la nazionalizzazione di determinate grandi imprese (soprattutto quella del rame), la riforma del sistema sanitario, una continuazione delle riforme del suo predecessore Eduardo Frei Montalva riguardanti il sistema scolastico, un programma per la distribuzione di latte gratis per i bambini, e un tentativo di riforma agraria[1]. Il precedente governo di Eduardo Frei aveva già parzialmente nazionalizzato il rame, acquisendo il 51% delle miniere di proprietà straniera. Allende espropriò la percentuale restante senza ricompensare le compagnie statunitensi che possedevano le miniere.
I presidenti cileni avevano un mandato massimo di sei anni, il che può spiegare la fretta di Allende nel ristrutturare l'economia. Non solo Allende aveva organizzato un significativo programma di riforme, ma questo doveva anche essere un successo perché venisse eletto un successore ad Allende.
Gli sforzi del governo nel portare avanti queste riforme condussero ad una forte opposizione da parte dei proprietari terrieri, di alcuni settori del ceto medio, della destra rappresentata dal Partito Nazionale, della Chiesa Cattolica Romana (che era scontenta della direzione cui puntava la riforma scolastica[2]), ed infine dei cristiano democratici.
La riforma della terra che Allende evidenziò come una delle politiche centrali del suo governo aveva già avuto inizio con il suo predecessore Eduardo Frei Montalva, che aveva espropriato tra un quinto ed un quarto di tutte le proprietà soggette ad esproprio[3]. L'intenzione del governo Allende era di prendere tutte le proprietà di più di ottanta ettari irrigati[4]. Allende intendeva inoltre migliorare il benessere socio-economico dei cileni più poveri. Un elemento chiave era quello di fornire occupazione, sia tramite le nuove imprese nazionalizzate, che con progetti di lavori pubblici.
Nel primo anno del mandato di Allende, i risultati a breve termine dell'impressionante politica monetaria del Ministro dell'Economia Pedro Vuskovic, furono senza ombra di dubbio favorevoli: 12% di crescita industriale e 8,6% di incremento del PIL, accompagnati da un considerevole declino dell'inflazione (in discesa dal 34,9% al 22,1%) e della disoccupazione (scesa al 3,8%). Comunque, questi risultati non vennero mantenuti e nel 1972 l'escudo cileno aveva un'inflazione galoppante al 140%. La combinazione di inflazione e calmieramento dei prezzi ordinato dal governo, diede vita al mercato nero di riso, fagioli, zucchero e farina, e alla "scomparsa" di questi beni di prima necessità dagli scaffali dei supermercati.
Verso la fine del 1971, Fidel Castro girò il Cile in lungo e in largo nel corso di una visita di quattro settimane[5]. Questo diede credito al convincimento della destra che la "Via cilena al socialismo" era un tentativo di mettere il Cile sullo stesso binario di Cuba.
L'ottobre del 1972 vide la prima di quella che sarebbe stata un'ondata di scioperi da parte di alcuni settori della società cilena. Ad uno sciopero dei camionisti si aggiunsero quelli dei piccoli imprenditori, di alcuni sindacati (principalmente di professionisti), e di alcuni gruppi studenteschi. Oltre all'inevitabile danno all'economia, l'effetto principale dello sciopero di 24 ore fu di portare il capo dell'esercito, generale Carlos Prats, all'interno dell'esecutivo come Ministro degli Interni.
In aggiunta alle condizioni per favorire l'impiego discusse in precedenza, Allende alzò i salari in diverse occasioni durante il 1970 e il 1971. Questi aumenti venivano annullati dai continui rialzi nel prezzo degli alimentari. Anche se la crescita dei prezzi aveva avuto inizio sotto Frei (27% all'anno tra il 1967 e il 1970), un paniere base di beni di consumo crebbe del 120%, da 190 a 421 escudos, in un solo mese, nell'agosto 1972. Nel periodo 1970-72, mentre Allende era al governo, le esportazioni calarono del 24% e le importazioni crebbero del 26%, con l'importazione di alimentari stimata in crescita del 149%[6]. Anche se i salari nominali crescevano, gli aumenti non corrispondevano ad un commisurato aumento nello standard di vita della popolazione cilena.
Il crollo delle esportazioni era dovuto principalmente al crollo del prezzo del rame. Il Cile era alla mercé delle fluttuazioni nel valore del suo più importante prodotto da esportazione. Come per quasi la metà dei paesi in via di sviluppo, più del 50 percento degli introiti delle esportazioni del Cile derivava da una singola materia prima[7]. Le fluttuazioni avverse nel prezzo internazionale del rame ebbero un'influenza negativa sull'economia cilena durante il 1971-2. Il prezzo del rame cadde da un massimo di 66$ a tonnellata nel 1970 a solo 48-9$ nel 1971 e 1972 [Nove, 1986]. Questo crollo nel valore del rame si sarebbe combinato ad una mancanza di aiuto economico, per creare le condizioni economiche che avrebbero in seguito portato agli eventi del 1973.
Nonostante gli indicatori economici in declino, la coalizione "Unità Popolare" di Allende aumentò leggermente i suoi voti (al 43 percento) nelle elezioni parlamentari di inizio 1973. Comunque, a questo punto, quella che era iniziata come un'alleanza informale con i Cristiano-Democratici[8] era ormai scomparsa: I Cristiano-Democratici ora si schieravano con la destra rappresentata dal Partito Nazionale per opporsi al governo Allende: i due partiti si fecero chiamare Confederación Democrática (CODE). Il conflitto tra esecutivo e legislatura paralizzò le iniziative di entrambe le parti.
Il 29 giugno 1973, un reggimento corazzato al comando del colonnello Roberto Souper circondò il palazzo presidenziale (la Moneda) in un violento ma infruttuoso tentativo di golpe[9]. Quel colpo fallito venne seguito da un ulteriore attacco alla fine di luglio, cui questa volta si aggiunsero anche i minatori di rame di El Teniente. Il 9 agosto, il generale Prats venne nominato Ministro della Difesa, ma questa decisione si rivelò così impopolare presso i militari che il 22 agosto fu costretto a dimettersi, non solo da quell'incarico, ma anche da quello di comandante in capo dell'esercito; venne sostituito in quest'ultimo ruolo da Pinochet.
La protesta popolare era canalizzata dal movimento gremialista. Ormai da alcuni mesi il governo temeva il dover mobilitare la polizia nazionale, nota come carabineros, per paura della sua mancanza di lealtà. Nell'agosto 1973, una crisi costituzionale era chiaramente alle porte: la Corte Suprema si lamentò pubblicamente dell'incapacità del governo di far rispettare la legge e il 22 agosto la Camera dei deputati (con i Cristiano-Democratici ora fermamente uniti al Partito Nazionale) accusò il governo Allende di atti incostituzionali e fece appello ai ministri militari per assicurare l'ordine costituzionale.
All'inizio di settembre del 1973, Allende ventilò l'ipotesi di risolvere la crisi con un plebiscito.

La Camera dei deputati si appella ai militari

Come menzionato, il 22 agosto 1973 i membri Cristiano-Democratici e del Partito Nazionale, della Camera dei deputati si appellarono ai militari[senza fonte] per "porre fine immediata" a quello che descrivevano come "infrangimento della Costituzione... con lo scopo di reindirizzare l'attività del governo sul percorso della Legge ed assicurare l'ordine costituzionale della nostra Nazione e le basi essenziali della coesistenza democratica tra i cileni."
Anche se questo documento venne invocato per giustificare il colpo dell'11 settembre, è chiaro che il programma del colpo era qualcosa di differente dal ripristino dell'ordine costituzionale.
Il documento[10] accusava il governo Allende di cercare "...di conquistare il potere con l'ovvio scopo di assoggettare tutti i cittadini al più stretto controllo politico ed economico da parte dello Stato... [con] lo scopo di stabilire un sistema totalitario," e sosteneva che avesse compiuto "violazioni della Costituzione" come "sistema permanente di condotta". Molte delle accuse si abbassarono fino all'ignorare la separazione dei poteri e all'arrogarsi le prerogative legislative e giudiziarie all'interno dell'esecutivo.
Tra gli altri particolari il governo venne accusato di:
  • governare per decreto, impedendo così il funzionamento del normale sistema legislativo.
  • rifiutarsi di attuare le decisioni giudiziarie contro i suoi sostenitori e "non eseguire le sentenze e le risoluzioni giudiziarie che contravvengono ai suoi obbiettivi."
  • ignorare i decreti dell'indipendente Ufficio del Controllore Generale.
  • varie offese riferite ai media, tra cui usurpare il controllo della rete televisiva nazionale e "applicare... pressioni economiche contro quegli organi di informazione che non appoggiano incondizionatamente il governo..."
  • permettere ai suoi sostenitori di radunarsi anche quando armati, impedendo al tempo stesso i raduni legali dei suoi oppositori.
  • "...aver appoggiato più di 1.500 'espropri' illegali di fattorie..."
  • repressione illegale dello sciopero di El Teniente.
  • limitazione illegale dell'emigrazione.
Ultimo, ma non meno importante, il governo venne accusato di un "crollo delle regole della Legge per mezzo della creazione e dello sviluppo di gruppi armati protetti dal governo i quali... sono guidati verso il confronto con le forze armate." Gli sforzi di Allende di riorganizzare l'esercito e la polizia (dei quali aveva chiaramente ragione di temere nella loro forma attuale) furono caratterizzati come "espliciti tentativi di usare le forze armate e di polizia per fini di parte, distruggendo la loro gerarchia istituzionale, e infiltrando politicamente le loro file."
La tesi di una possibile guerra civile imminente fu sostenuta anche da Patricio Aylwin: "Il governo di Allende aveva esaurito, con un totale fallimento, la via cilena verso il socialismo e si apprestava a consumare un autogolpe per instaurare con la forza la dittatura comunista. Il Cile visse sull’orlo del "Golpe di Praga" che sarebbe stato tremendamente sanguinoso, e le Forze Armate non fecero altro che anticipare quel rischio imminente".[11]

La risposta di Allende

Due giorni dopo, il 24 agosto 1973, Allende rispose[12][13], dipingendo la dichiarazione del Congresso come "destinata a danneggiare il prestigio della nazione all'estero e a creare confusione interna", e predicendo che "Faciliterà le intenzioni sediziose di certi settori". Egli puntualizzò che la dichiarazione non era riuscita ad ottenere la maggioranza dei due terzi richiesta dalla costituzione per muovere le accuse contro il presidente: essenzialmente il congresso stava "invocando l'intervento delle forze armate e dell'ordine contro un governo democraticamente eletto" e "subordinando la rappresentazione politica della sovranità nazionale alle istituzioni armate, che non possono né devono assumere le funzioni politiche o la rappresentanza della volontà popolare."
Allende sostenne di aver seguito mezzi costituzionali nel portare membri dell'esercito nel gabinetto "al servizio della pace civica e della sicurezza nazionale, difendendo le istituzioni repubblicane contro l'insurrezione e il terrorismo." Per contro, egli disse che il Congresso stava promuovendo un colpo di Stato e una guerra civile, usando una dichiarazione "piena di affermazioni che sono state già confutate in precedenza" e che, nella sostanza e nei fatti (consegnandola direttamente a diversi ministri invece che presentarla al presidente) violava una dozzina di articoli della costituzione in vigore. Inoltre sostenne anche che la legislatura stava cercando di usurpare il ruolo dell'esecutivo.
"La democrazia cilena," scrisse, "è una conquista di tutto il popolo. Non è né l'opera né il dono delle classi sfruttatrici, e verrà difesa da coloro i quali, coi sacrifici accumulati nelle generazioni, l'hanno imposta... Con una coscienza tranquilla... Io sostengo che mai prima d'ora il Cile ha avuto un governo più democratico di quello che io ho l'onore di presiedere... Reitero solennemente la mia decisione di sviluppare la democrazia e lo Stato di diritto fino alle conseguenze ultime... Il Parlamento si è fatto bastione contro i cambiamenti... e ha fatto tutto ciò che poteva per perturbare il funzionamento delle finanze e delle istituzioni, rendendo sterili tutte le iniziative creative."
Allende continuò sostenendo che i parlamentari usavano l'espressione "Estado de Derecho" ("Stato di diritto", ma anche "Stato di giustezza") per riferirsi ad "una situazione che presuppone l'ingiustizia economica e sociale... che il nostro popolo ha rigettato." Forti mezzi economici e politici, disse, sarebbero necessari per portare la nazione fuori dalla sua attuale crisi, e il Congresso stava ostacolando questi mezzi; avendo già "paralizzato" lo Stato, stavano ora cercando di "distruggerlo".
Allende concluse appellandosi "ai lavoratori, a tutti i democratici e i patrioti" perché si unissero a lui nella difesa della costituzione e del "processo rivoluzionario".

Il colpo di Stato militare del 1973


Pinochet raffigurato poco dopo la realizzazione del golpe
Il generale Pinochet, alla guida dell'esercito, prese il potere con un colpo di Stato, l'11 settembre 1973, cingendo d'assedio il Palazzo Presidenziale, attaccandolo via terra e bombardandolo con dei caccia Hawker Hunter di fabbricazione britannica. Allende morì nel corso dell'attacco. Le cause della sua morte sono rimaste controverse: la tesi ufficiale divulgata subito dopo l'attacco fu che Allende si fosse suicidato con un fucile mitragliatore AK-47 che stava utilizzando durante l'assedio (si presume che sia quello che gli era stato regalato personalmente da Fidel Castro) e la stessa autopsia etichettò il suo decesso come suicidio. Tuttavia, soprattutto da parte degli oppositori al nuovo regime, sia in Cile sia all'estero, si sostenne subito la tesi dell'assassinio da parte dalle truppe di Pinochet durante l'irruzione finale all'interno del palazzo che stava difendendo[14][15].
Alcuni anni dopo il suo medico personale, che era tra quelli che insieme con Allende si trovavano all'interno della Moneda, diede in un'intervista (trasmessa negli anni ottanta dalla trasmissione televisiva Mixer di Giovanni Minoli) una versione dettagliata dell'accaduto. Secondo il suo racconto a seguito del bombardamento aereo e del successivo incendio del palazzo Allende avrebbe detto a quelli che stavano con lui a difendere la Moneda dalle finestre del I piano di uscire dal Palazzo ormai indifendibile e sarebbe rimasto solo nell'ufficio. Tuttavia, sempre secondo il suo racconto, il medico sarebbe rientrato nell'ufficio nel momento in cui Allende si stava suicidando con una scarica di mitragliatore alla testa dal basso in alto. In particolare il medico disse di aver visto la parte superiore della calotta cranica di Allende volar via per effetto della scarica. L'autenticità di tale racconto rimane comunque incerta, considerando anche la situazione cilena negli anni in cui tali dichiarazioni sono state rilasciate. Comunque, nel luglio 2011 una nuova autopsia effettuata sul corpo riesumato di Allende da esperti internazionali e divulgata dal Servizio Sanitario di Santiago ha confermato la tesi del suicidio.
Inizialmente la junta che prese il potere era formata da quattro capi: oltre a Pinochet della fanteria, c'erano Gustavo Leigh Guzmán dell'aviazione, José Toribio Merino Castro della marina, e César Mendoza Durán dei carabineros. I capi del golpe si accordarono subito per una presidenza a rotazione (cosa che Pinochet non farà mai) e nominarono Pinochet capo permanente della giunta.
Pinochet si mosse subito per consolidare il suo controllo contro ogni opposizione. Il 13 settembre, la giunta militare sciolse il Congresso. Nel frattempo, progettando l'eliminazione di tutte le forze di opposizione lo Stadio Nazionale venne temporaneamente trasformato in un enorme campo di concentramento. All'interno dello stadio, in quei mesi, avvenivano torture e interrogatori violentissimi e moltissime donne vennero stuprate dai militari addetti al "campo". Approssimativamente 130.000 individui vennero arrestati nei seguenti tre anni, con il numero di "scomparsi" (noti come desaparecidos, dal termine spagnolo) che raggiunse le migliaia nel giro di pochi mesi. Moltissime di queste persone sono state uccise: alcune lanciate dagli aerei in stato semicomatoso, spesso accompagnati da sacerdoti che "benedicevano" tali atti,[senza fonte] altri ancora sono scomparsi nel nulla, cancellati dai registri da un regime che avrebbe voluto eliminare tutte le opposizioni. Altro fatto accertato è il rapimento dei bambini degli oppositori, che venivano affidati a sostenitori del regime. Gran parte delle persone prese di mira erano stati sostenitori di Allende. Inoltre il "decreto del 13 settembre" mise fuori legge tutti i partiti che avevano fatto parte di Unità Popolare.
Nelle sue memorie, Pinochet afferma che fu l'organizzatore principale del golpe ed usò la sua posizione di comandante dell'esercito per coordinare un piano estensivo, che era stato concordato con altri settori militari. Negli anni recenti, comunque, alti gradi delle forze armate dell'epoca hanno dichiarato che Pinochet si fece coinvolgere con riluttanza nel colpo di Stato, pochi giorni prima della data stabilita.[senza fonte] Tale tesi, tutta da accertare, sembra comunque in contrasto con il ruolo di potere immediatamente assunto dal generale, che si assunse immediatmente le maggiori cariche di Stato. Infatti quando la giunta giunse al potere, Pinochet ne consolidò ben presto il controllo, prima mantenendo la guida solitaria della giunta (che in base agli accordi originali doveva ruotare tra i membri), e poi facendosi proclamare Presidente della Repubblica.

Ruolo statunitense nel colpo di Stato del 1973

« Non vedo perché dovremmo restare con le mani in mano a guardare mentre un Paese diventa comunista a causa dell'irresponsabilità del suo popolo. La questione è troppo importante perché gli elettori cileni possano essere lasciati a decidere da soli. »
(Henry Kissinger a proposito dell'elezione di Salvador Allende in Cile)
Mentre l'ostilità del governo statunitense nei confronti del governo Allende non è messa in discussione, il ruolo degli USA nel colpo di Stato rimane una questione controversa. Documenti declassificati durante l'amministrazione Clinton mostrano che il governo degli Stati Uniti e la CIA avevano cercato di rovesciare Allende nel 1970, immediatamente dopo la sua elezione ("Progetto FUBELT"; gli sforzi statunitensi per impedire l'elezione di Allende sono discussi in elezioni presidenziali cilene del 1970), ma le pretese del loro coinvolgimento diretto nel colpo di Stato non sono né dimostrate né contraddette dalle prove documentali disponibili al pubblico; molti documenti potenzialmente rilevanti rimangono tuttora coperti da segreto. Riguardo all'ascesa al potere di Pinochet, la CIA intraprese un'analisi esaustiva delle sue registrazioni e delle memorie individuali, oltre a condurre interviste di ex agenti, e concluse in un rapporto del 2000 che la CIA "non assistette Pinochet nell'assumere la presidenza"[16].
La CIA venne avvisata da suoi informatori dell'imminente colpo di Pinochet con due giorni di anticipo, ma sostiene di "non aver giocato alcun ruolo diretto" nel golpe. Dopo che Pinochet prese il potere, il Consigliere Nazionale per la Sicurezza Henry Kissinger disse al presidente Richard Nixon che gli Stati Uniti "non lo avevano fatto" (riferendosi al colpo di Stato), ma ne avevano "creato le condizioni il più possibile"[17].
Immediatamente dopo l'insediamento del governo Allende, gli USA cercarono di applicare una pressione economica sul Cile. Documenti del Consiglio Nazionale per la Sicurezza, in seguito declassificati dalla presidenza Clinton[18], comprendono il "decision memorandum no. 93", datato 9 novembre 1970, scritto da Kissinger ed indirizzato ai capi della diplomazia, della difesa e dell'intelligence. Questo documento dichiarava che la pressione doveva essere posta sul governo Allende per impedirne il consolidamento e limitarne la capacità di implementare politiche avverse agli USA e ai suoi interessi nell'emisfero, come la completa nazionalizzazione da parte di Allende di diverse imprese straniere e dell'industria del rame. Nello specifico, Nixon indicò che nessun nuovo aiuto economico bilaterale doveva essere intrapreso con il governo del Cile [Kissinger, 1970].
Tra il 1964 e il 1970 (sotto il governo Frei), oltre un miliardo di dollari in assistenza economica fluì verso il Cile; durante il governo Allende (1970-73) gli esborsi furono inesistenti o trascurabili [Petras & Morley, 1974]. La riduzione negli aiuti, combinata alla caduta del valore del rame da un massimo nel 1970 di 66$ a tonnellata ad un minimo di 48$, minò la ristrutturazione dell'economia cilena proposta da Allende. Essendo il programma dipendente dalle spese governative, questo causò un declino delle condizioni socio-economiche dei cittadini cileni più poveri.
Esponenti del governo statunitense ordinarono misure che arrivavano fino a comprendere il supporto ad un potenziale colpo di Stato per impedire ad Allende di insediarsi alla presidenza, anche se ci sono opinioni contrastanti sul fatto se gli USA si ritirarono successivamente da tale posizione. Che gli USA pianificassero un potenziale colpo di Stato risulta evidente da una comunicazione segreta inviata da Thomas Karamessines, il Vice Direttore delle Operazioni della CIA, alla stazione della CIA di Santiago, datata 16 ottobre 1970, dopo le elezioni ma prima dell'insediamento di Allende. "È politica ferma e in atto che Allende venga rovesciato da un golpe ... è imperativo che queste operazioni vengano intraprese clandestinamente e in sicurezza, in modo tale che la mano americana e dell'USG [Governo degli Stati Uniti] rimanga ben nascosta" [Karamessines, 1970]. In ogni caso documenti pubblicati nel 2004 chiariscono il ruolo di sostegno fornito dal governo USA al golpe[19].
Una volta diventato chiaro che Allende aveva vinto con la maggioranza relativa dei voti nel 1970, la CIA propose due piani. Track I era pensato per persuadere il Congresso cileno, attraverso il presidente Cristiano-Democratico uscente Eduardo Frei, a confermare il candidato conservatore Jorge Alessandri come presidente. Alessandri si sarebbe dovuto dimettere poco dopo, rendendo Frei eleggibile per sfidare Allende in nuove votazioni. Comunque, il Track I venne scartato, poiché Frei, nonostante fosse fermamente contro Allende, era anche chiaramente contrario a mettersi contro la lunga tradizione democratica del Cile.
La CIA aveva anche previsto un secondo piano, Track II, nel caso il Track I fosse fallito. L'agenzia avrebbe cercato generali desiderosi di impedire ad Allende di assumere la presidenza, per fornirgli supporto per un golpe. Si presumeva che una giunta militare provvisoria avrebbe potuto indire nuove elezioni nelle quali Allende poteva essere sconfitto.
La CIA venne in contatto con il generale Roberto Viaux, che stava progettando un golpe assieme ad ufficiali a lui fedeli. Una parte importante del piano di Viaux era il rapimento del Capo di Stato Maggiore dell'esercito, generale René Schneider, il quale, da costituzionalista, si opponeva all'idea di un colpo condotto da una classe militare storicamente apolitica. La CIA mantenne i contatti con Viaux, ma alla fine decise di non appoggiare il suo piano, cercando invece altri generali disposti a prendere parte ad un colpo. Circa la situazione di Viaux, Kissinger disse a Nixon, il 15 ottobre 1970, "Questa sembra senza speranza. L'ho abbandonata. Niente sarebbe peggio di un colpo fallito."
Comunque, il 22 ottobre, Viaux andò avanti con il suo piano, che venne eseguito con incompetenza. Il generale Schneider estrasse una rivoltella per difendersi dagli assalitori, che a loro volta estrassero le loro armi colpendolo in quattro punti vitali; venne dichiarato morto all'ospedale militare di Santiago del Cile. L'evento provocò un'ondata di sdegno nazionale. Per quanto riguarda il coinvolgimento statunitense, il Comitato Church, che investigò il coinvolgimento USA in Cile in quel periodo, determinò che le armi usate in quella debacle "erano, con tutta probabilità, diverse da quelle fornite dalla CIA ai cospiratori."
Non esistono prove che gli USA appoggiarono direttamente il colpo di Stato di Pinochet nel 1973, ma l'amministrazione Nixon fu indubbiamente contenta del suo esito; Nixon aveva parlato con disappunto del colpo fallito in precedenza nello stesso anno. Se Allende fosse riuscito a completare il suo mandato di 6 anni, la CIA avrebbe probabilmente e semplicemente fornito fondi per appoggiare la candidatura di un rivale non marxista, come aveva fatto nel 1964 e nel 1970.
Gli USA fornirono supporto materiale al regime dopo il golpe, anche se lo criticavano in pubblico. Un documento pubblicato dalla CIA nel 2000, intitolato "Le attività della CIA in Cile", rivelò che la CIA appoggiò attivamente la giunta militare dopo il rovesciamento di Allende e che molti degli ufficiali di Pinochet divennero informatori pagati della CIA o dell'esercito statunitense, anche se alcuni erano noti per essere coinvolti in abusi dei diritti umani[20]. Le politiche pubblicamente dichiarate della CIA rispetto agli informatori pagati sono da allora state modificate per escludere soggetti coinvolti in quel tipo di abusi, ma all'epoca venivano valutate caso per caso e misurate rispetto al valore delle informazioni fornite.
I documenti prodotti da varie agenzie statunitensi furono forniti dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti nell'ottobre 1999. La collezione di 1.100 documenti trattava degli anni che portarono al colpo di Stato. Uno di questi documenti stabilisce che l'aiuto militare statunitense venne innalzato notevolmente dopo la salita al potere di Allende nel 1970, quando ammontava ad 800.000 dollari annui, giungendo ai 10,2 milioni di dollari del 1972. Il governo statunitense appoggiò il governo di Pinochet dopo che questi prese il potere.
La Cia inoltre fornì fondi e appoggio propagandistico agli oppositori di Allende durante le elezioni presidenziali cilene del 1964 e del 1970, così come durante l'amministrazione Allende.
Il 10 settembre 2001, venne aperta una causa da parte della famiglia del generale costituzionalista René Schneider, già Capo di Stato Maggiore cileno, che accusava l'ex segretario di Stato statunitense Henry Kissinger di aver organizzato l'assassinio di Schneider nel 1970, perché questi si sarebbe opposto ad un colpo di Stato militare[21]. Comunque, i documenti della CIA indicano che mentre questa aveva discusso possibili piani per il suo rapimento, la sua uccisione, che venne commessa da un gruppo di militari ribelli con contatti CIA, non fu mai prevista. Inoltre, Nixon e Kissinger avevano deciso una settimana prima dell'uccisione, che il generale Viaux, organizzatore del complotto che portò alla morte di Schneider, non era adatto per il colpo.
Il governo statunitense di Richard Nixon non nascose mai l'antipatia per il governo Allende, è dunque difficile che ci si potesse aspettare che gli fornisse un appoggio attivo. Non è chiaro se le politiche statunitensi nei confronti del Cile causarono la crisi economica o aggravarono semplicemente ciò che era già una situazione ingestibile. È realistico far notare che queste politiche ebbero un effetto negativo sulle possibilità di Allende di alleviare la crisi.
Il colpo di Stato, indipendentemente dal grado di coinvolgimento degli USA, fece raggiungere al governo statunitense l'obbiettivo di sradicare la minaccia del socialismo in Cile e portò al potere un regime favorevole agli interessi statunitensi. Nella sua valutazione della politica estera USA attorno al periodo del golpe in Cile, Jeanne Kirkpatrick, futura ambasciatrice statunitense alle Nazioni Unite, sottollineò la mancanza di aggressività dichiarata della sua nazione, nei paesi in via di sviluppo, mentre si svolgevano gli eventi in Cile. "Particolarmente nell'ultimo decennio abbiamo praticato ovunque un notevole attendismo" [Kirkpatrick, 1979]. Mentre questo è vero per le politiche pubbliche degli USA, gravemente limitate dal movimento che era cresciuto in opposizione alla Guerra del Vietnam, cionondimeno, come discusso in precedenza, come minimo le politiche statunitensi circa gli aiuti contribuirono alla caduta di Allende, e del resto gli USA in alcuni momenti appoggiarono attivamente la progettazione di colpi di Stato, anche se probabilmente non quello che si svolse realmente.
In un'intervista del 2003 al network televisivo Black Entertainment Television, venne chiesto al Segretario di Stato Colin Powell il perché gli USA si vedevano come "moralmente superiori" nel conflitto iracheno, citandogli il golpe del Cile come un esempio di intervento statunitense che andava contro i desideri della popolazione locale. Powell rispose: "Rispetto ai tuoi commenti precedenti sul Cile negli anni settanta e a ciò che successe a Mr. Allende, non è una parte della storia americana di cui siamo fieri". I quotidiani cileni salutarono la notizia come la prima volta che il governo statunitense ammetteva un ruolo nella questione.

L'influenza nel mondo del colpo di Stato cileno

Il golpe di Pinochet ebbe un'influenza politica enorme in tutto il mondo, e l'eco di questo avvenimento si farà sentire significativamente anche in Italia negli anni settanta. Salvador Allende rimane tuttora uno dei pochi presidenti che, eletti democraticamente, abbiano tentato la costruzione di una società socialista. Con l'appoggio a Pinochet, gli USA vollero preventivamente stroncare sul nascere la pericolosa via al socialismo, mandando un segnale di avvertimento a tutti i partiti socialisti, comunisti e organizzazioni terroristiche che cercavano di conquistare il potere in vari paesi del mondo.

Augusto Pinochet

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Augusto Pinochet Ugarte
Pinochet in abiti civili nel 1990
Pinochet in abiti civili nel 1990

Presidente della Giunta militare del Cile
Durata mandato 11 settembre 1973 –
27 giugno 1974
Predecessore Salvador Allende (come 29º Presidente del Cile)
Successore sé stesso (come Capo Supremo della Nazione)

Capo Supremo della Nazione del Cile
Durata mandato 27 giugno 1974 –
17 dicembre 1974
Predecessore se stesso (come Presidente della Giunta militare)
Successore se stesso come Presidente

30º Presidente del Cile
Durata mandato 17 dicembre 1974 –
11 marzo 1990
Predecessore se stesso come Capo Supremo della Nazione
Successore Patricio Aylwin

Dati generali
Partito politico Indipendente, dittatura militare
Tendenza politica Conservatorismo
Nazionalismo
Pinochetismo
Titolo di studio Accademia militare
Alma mater Scuola militare di Santiago del Cile
Professione militare
Firma Firma di Augusto Pinochet Ugarte
Augusto Pinochet Ugarte
Pinochet in alta uniforme su un francobollo paraguaiano
Pinochet in alta uniforme su un francobollo paraguaiano
25 novembre 1915 - 10 dicembre 2006
(91 anni)
Soprannome don Augusto[1][2], Pinocho[3]
Nato a Valparaíso
Morto a Santiago del Cile
Cause della morte naturale
Luogo di sepoltura Los Boldos
Religione Cattolicesimo
Dati militari
Nazione servita Cile Cile
Forza armata Esercito cileno
Corpo Fanteria
Unità Reggimenti "Chacabuco", "Maipo", "Carampangue", "Rancagua", "Primera división"
Anni di servizio 1931 - 1998
Grado Generale Capo di stato maggiore
Comandanti Carlos Prats (fino al 1973)
Battaglie Presa del Palazzo presidenziale
Comandante di Capo di stato maggiore delle forze armate; Esercito di terra del Cile; reggimento "Esmeralda"; seconda e sesta divisione; divisione Garrison.
Studi militari Scuola militare di fanteria di Santiago del Cile
Frase celebre "A volte la democrazia ha bisogno di essere lavata nel sangue, perché continui ad essere democrazia"[4][5]
Altro lavoro Politico
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Augusto José Ramón Pinochet Ugarte (Valparaíso, 25 novembre 1915Santiago del Cile, 10 dicembre 2006) è stato un generale e politico cileno, che governò il suo paese come dittatore dall'11 settembre 1973 all'11 marzo 1990.
Con un colpo di Stato militare si autonominò presidente e, durante la sua dittatura militare, venne attuata una forte repressione dell'opposizione, ritenuta un vero sterminio di massa, con l'uccisione di circa 3000 oppositori politici - 2279 è una delle cifre, 3197 la cifra ufficiale stabilita dal governo democratico cileno dopo la fine del regime[6] - su 130.000 arrestati in maniera arbitraria, e sistematiche violazioni dei diritti umani, anche se c'è chi sostiene che i morti furono invece più di 40.000, comprese le sparizioni forzate[7], con 600.000 tra arrestati e torturati.[8]
Generale dell'esercito, di orientamento fortemente conservatore, guidò un governo considerato militarista e reazionario anche se distante dai fascismi storici[9], nonostante la definizione di simpatizzante o appartenente a tali regimi, data da molti oppositori[10], poiché privo delle strutture corporative e sociali di tali regimi. Il reale orientamento politico del generale, al di là del suo governo di stampo conservatore e accanitamente anticomunista, è stato discusso: indubbia è l'ammirazione che Pinochet aveva nei confronti del generale Francisco Franco, dittatore spagnolo, anticomunista e filo-fascista.[11] Pinochet arrivò al potere a seguito del golpe del 1973, inizialmente sollecitato da parte del Parlamento: il colpo di Stato militare - appoggiato da Stati Uniti, nelle persone di Richard Nixon ed Henry Kissinger, in funzione anticomunista - e da esponenti di ceti elevati cileni, rovesciò il legittimo governo del Presidente socialista Salvador Allende, il quale perse la vita nel golpe.
Pinochet attuò una politica economica fortemente liberista, con l'assistenza di un gruppo di giovani economisti cileni, guidati da José Piñera, detti Chicago boys, poiché formati a Chicago da Milton Friedman. Per alcuni questa politica durante il periodo di Pinochet, provocò una grande crescita economica, il cosiddetto miracolo del Cile. Un referendum nel 1988 mise fine alla dittatura, lo costrinse ad avviare la transizione, e reintrodusse la democrazia con libere elezioni nel 1989. Lasciò ufficialmente il potere solo nel 1990, rimanendo però capo delle forze armate fino al 1998. Divenne poi senatore a vita, godendo dell'immunità parlamentare. Arrestato nel Regno Unito su mandato del governo spagnolo per la sparizione di cittadini iberici e accusato di crimini contro l'umanità, di corruzione ed evasione fiscale, non fu però mai condannato per motivi di salute: rientrò in Cile, dove riuscì ad evitare i processi e dove morì nel 2006. Il suo governo coincise con l'inizio della maggior parte delle sanguinose dittature militari in America Meridionale, come quella della confinante Argentina, con cui Pinochet rischiò anche una guerra per contrasti di confine.

Le origini

Suo padre era Augusto Pinochet Vera, medico e nipote di contadini. Gli avi paterni di Pinochet lasciarono Lamballe in Bretagna nel XVIII secolo per trasferirsi in Cile, mentre sua madre Evelina Ugarte Martínezil era invece di origine basca.

Pinochet e la moglie

Gli inizi della carriera

Pinochet frequentò la scuola primaria e secondaria al Seminario San Rafael di Valparaíso, l'Istituto "Rafael Ariztía" di Quillota (tenuto dai Fratelli maristi), la Scuola dei Fratelli francesi di Valparaíso, e la Scuola Militare, nella quale entrò nel 1931 dopo essere stato bocciato due volte. Dopo quattro anni di studio, si diplomò in quest'ultima con il grado di alférez di fanteria. Nel settembre 1937, si unì al Reggimento Chacabuco, a Concepción. Due anni dopo, nel 1939, con il rango di sottotenente, si trasferì al Reggimento Maipo, di stanza a Valparaíso. Ritornò alla scuola di Fanteria nel 1940. Nel gennaio del 1943 sposò la ventunenne Lucía Hiriart Rodríguez, figlia di un senatore radicale che fu anche ministro dell'Interno, con la quale ebbe cinque bambini: tre figlie e due figli, che chiamò Marco Antonio e Cesare Augusto, a motivo della sua passione per la storia romana che lo portò a paragonarsi a Cincinnato. Alla fine del 1945, entrò nel Reggimento Carampangue, a Iquique. Nel 1948 entrò nell'Accademia di Guerra, ma dovette posporre i suoi studi, perché, essendo l'ufficiale più giovane, doveva portare a termine una missione nella zona carbonifera di Lota. L'anno seguente ritornò ai suoi studi in Accademia.
Dopo aver ottenuto il titolo di ufficiale di Stato maggiore, nel 1951, ritornò ad insegnare alla Scuola Militare. Nello stesso periodo, lavorò come aiuto insegnante all'Accademia di Guerra nei corsi di geografia e geopolitica militare. In aggiunta a questo, era attivo come direttore della rivista istituzionale Cien águilas (Cento Aquile), un organo che rappresentava la voce degli ufficiali. Durante l'inizio del 1953, con il grado di Maggiore, fu inviato per due anni al Reggimento Rancagua ad Arica. Mentre si trovava là, fu nominato professore dell'Accademia di Guerra, e ritornò a Santiago del Cile per occupare il suo nuovo incarico. Ottenne un baccalaureato e, con questo diploma, entrò nella Scuola di Legge dell'Università del Cile. All'inizio del 1956 Pinochet fu scelto, insieme ad un gruppo di giovani ufficiali per formare una missione militare che avrebbe collaborato con l'organizzazione dell'Accademia della Guerra dell'Ecuador a Quito, il che lo obbligò a sospendere i suoi studi di legge. Rimase con la missione a Quito per tre anni e mezzo, tempo durante il quale si dedicò allo studio della geopolitica, della geografia militare e dell'intelligence.

Pinochet in divisa
Alla fine del 1959, ritornò in Cile e fu inviato al Quartier generale della 1ª Divisione dell'esercito, ad Antofagasta. L'anno successivo, fu assegnato al comando del 7º Reggimento Esmeralda, a Line. Grazie al suo successo in questa posizione, fu nominato vice-direttore dell'Accademia di Guerra nel 1963. Nel 1968, fu nominato comandante in capo della 2ª Divisione dell'esercito, a Santiago, e alla fine dell'anno fu nominato generale di Brigata e Comandante in Capo della 6ª Divisione del presidio di Iquique. Nella sua nuova funzione, fu anche nominato intendente rappresentante della regione di Tarapacá.
Nel gennaio del 1971, salì al grado di generale di Divisione e fu nominato generale comandante della guarnigione dell'esercito di Santiago. All'inizio del 1972, fu nominato generale capo di stato maggiore dell'esercito. Mentre i conflitti interni crescevano in Cile, Pinochet fu nominato comandante in capo dell'esercito, il 23 agosto 1973, dal Presidente, il socialista Salvador Allende, che lo considerava fedele e lo definì un militare tutto d'un pezzo.

La situazione sociale prima del golpe

Al momento del colpo di Stato, l'economia era in forte crisi. Il presidente Salvador Allende, che era stato eletto nel 1970 con il 36 per cento dei voti, per risollevare l'economia del Paese, aveva varato numerose riforme economiche e sociali, come la nazionalizzazione delle miniere di rame, carbone e ferro, riforma costituzionale approvata all'unanimità dal parlamento, controllate fino allora da imprese straniere, un'autentica riforma agraria e la nazionalizzazione di piccole e medie imprese strategiche e banche. Queste riforme non erano però gradite dalla borghesia cilena e dagli investitori stranieri. Il 15 luglio 1971 i commercianti cominciarono ad accaparrare generi alimentari e di prima necessità, mettendo in ginocchio economicamente il Paese.
Il 4 giugno 1972 i camionisti cileni organizzarono uno storico sciopero contro il governo, provocando l'interruzione dei rifornimenti di carburante ed aggravando ancor di più la situazione a livello di approvvigionamento alimentare; il primo Dicembre le donne del Barrio Alto (quartieri eleganti come Las Condes, ecc. letteralmente "quartiere alto") scesero nelle strade per un "cacerolazo", forma di protesta sonora con concerto di pentole vuote. L'università era sotto il controllo del Movimento gremialista di Jaime Guzmán.
Il 22 agosto 1973 il Congresso cileno votò una risoluzione in cui si elencavano le violazioni delle legalità compiute dal governo Allende e si invitava l'esercito a rimuovere il presidente. Secondo la costituzione cilena, per essere approvata una risoluzione simile necessitava del voto favorevole di due terzi del parlamento. La votazione si concluse con una maggioranza di voti favorevoli, ma senza raggiungere i due terzi richiesti.
La tesi della guerra civile imminente, e di Allende ormai esautorato dalle forze di guerriglia comunista, fu sostenuta anche da Patricio Aylwin, il primo presidente del ritorno alla democrazia negli anni '90: "Il governo di Allende aveva esaurito, con un totale fallimento, la via cilena verso il socialismo e si apprestava a consumare un autogolpe per instaurare con la forza la dittatura comunista. Il Cile visse sull’orlo del "Golpe di Praga" che sarebbe stato tremendamente sanguinoso, e le Forze Armate non fecero altro che anticipare quel rischio imminente".[12]

Colpo di Stato del 1973

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Golpe cileno del 1973.
I vertici militari cileni, l'11 settembre 1973, destituirono Allende con un colpo di Stato militare. I leader del golpe usarono aerei da combattimento Hawker Hunter per bombardare il Palazzo Presidenziale che lo ospitava. Lì morì Salvador Allende, ma la reale causa della sua morte rimane un mistero: secondo la versione ufficiale si suicidò (come afferma anche l'autopsia effettuata nel 2011 sui resti di Allende), mentre altri sostengono che fu ucciso dai golpisti di Pinochet durante la difesa del palazzo presidenziale. Come sostenuto dalla figlia, egli si uccise pur di non arrendersi a Pinochet, che voleva offrigli l'esilio al posto dell'arresto, almeno a parole[13](forse per inscenare poi un incidente aereo[14]), anche se i golpisti sono considerati senza dubbio i responsabili morali della sua fine.[15] Pinochet fu nominato a capo del concilio di governo della giunta vittoriosa, e si mosse per frantumare l'opposizione socialista del Cile, arrestando approssimativamente 130.000 individui in un periodo di tre anni.
Il ruolo di Pinochet nella pianificazione del colpo di Stato è oggetto di discussione. È comunemente accettato che Pinochet sia stato il capo dei congiurati e che abbia usato la sua posizione di Comandante dell'esercito per coordinare un piano ad ampio raggio con le altre forze militari. Questa è la versione degli eventi che Pinochet stesso conferma nelle sue memorie. In anni recenti, comunque, alti ufficiali militari del tempo hanno raccontato che Pinochet, riluttante, fu coinvolto da Nixon nel colpo di Stato solo pochi giorni prima che questo avvenisse. Quale che fosse la verità, una volta che la Giunta fu al potere, Pinochet presto consolidò il suo controllo su di essa. In contrasto con la maggior parte delle altre nazioni dell'America Latina, il Cile aveva avuto, prima del colpo di Stato, una lunga tradizione di governi democratici civili, con l'eccezione del governo di Gabriel González Videla il decennio precedente, civile e salito al potere regolarmente, ma trasformatasi presto in dittatura; l'intervento militare in politica era stato raro. Alcuni ricercatori politici hanno ascritto la violenza del colpo di Stato alla stessa stabilità del sistema democratico esistente, che richiese azioni estreme per essere rovesciato.
La politica economica di Allende implicava il possesso da parte dello Stato di molte compagnie chiave, soprattutto le miniere di rame possedute dagli U.S.A. In altri termini Allende si attirò l'odio dei grandi proprietari terrieri cileni, che accentravano nelle proprie mani una gran parte della ricchezza del paese. Inoltre rifiutava la politica di privatizzazione delle risorse primarie dello Stato cileno, temendo abusi, e arrivò persino a statalizzare il sistema bancario. Pinochet promise di promuovere lo sviluppo di un mercato più aperto o, per usare le sue parole, "di fare del Cile non una nazione di proletari, ma una nazione di imprenditori".
Il governo di Allende era in rapporti amichevoli con Cuba. Archivi declassificati degli USA provano che gli Stati Uniti d'America approvarono fondi per azioni che prevenissero l'elezione di Allende e, più tardi, per destabilizzare il suo governo. Il ruolo degli USA nel colpo stesso non è stato stabilito, ma un documento rilasciato dalla CIA nel 2000, intitolato "CIA Activities in Chile", rivelava che l'agenzia americana supportò attivamente la giunta militare prima e dopo il rovesciamento di Allende e che essa fece di molti ufficiali di Pinochet degli agenti pagati dalla CIA o dai militari USA, anche se l'agenzia sapeva che erano coinvolti in sistematiche e ampie violazioni dei diritti umani[16].

Tra repressione e normalizzazione

« In Cile non si muove una foglia senza che io lo sappia. »
(Augusto Pinochet[17])
Fino al 27 giugno 1974 Pinochet era semplicemente il presidente della Giunta militare, leadership che avrebbe dovuto alternarsi con quelle dei comandanti delle altre forze armate. Da quella data assume il titolo di "Capo Supremo della Nazione", poi ufficializzato in Presidente del Cile, usato soprattutto dopo il trasferimento del generale alla Moneda ricostruita, e l'apparente smilitarizzazione del governo (Pinochet cominciò ad apparire in pubblico, nelle occasioni politiche e non militari, in abiti civili anziché in divisa). Il 17 dicembre 1974 è la data ufficiale dell'insediamento come presidente della Repubblica.

Pinochet nel 1971
La violenza e il bagno di sangue del colpo di Stato continuarono però durante l'amministrazione di Pinochet. Una volta al potere, Pinochet governò con pugno di ferro. La tortura contro i dissidenti era pratica comune, sia per avere informazioni, sia come metodo per incutere terrore, in modo che, se un oppositore fosse stato rilasciato, non avrebbe più avuto la forza di impegnarsi politicamente. Molte delle persone sequestrate, a differenza di quanto avvenne in Argentina, furono poi rilasciate dopo tempi più o meno lunghi di detenzione, ma costrette all'esilio o all'isolamento sociale e politico (come accadde al futuro scrittore e regista Luis Sepúlveda). I dissidenti assassinati per aver pubblicamente parlato contro la politica di Pinochet venivano invece definiti "scomparsi" (desaparecidos). Non si sa esattamente quanta gente sia stata uccisa dalle forze del governo e dei militari durante i diciassette anni che rimase al potere, ma la Commissione Rettig, voluta dal nuovo governo democratico, elencò ufficialmente 2.095 morti e 1.102 "scomparsi". L'ultimo computo aggiornato, presentato nell'agosto 2011 da una commissione incaricata dal governo, porta il numero totale delle vittime a 40.018[7].
Tra le vittime, ucciso nello Estadio Nacional de Chile insieme a molti altri durante i giorni del golpe, anche il regista e cantante Víctor Jara. Migliaia di cileni lasciarono il Paese per sfuggire al regime. Tranne che per la strage dell'Estadio Nacional de Chile, Pinochet tentò di insabbiare questi crimini parlando di morti in scontri di guerriglia o di esiliati, anziché di sequestri e omicidi. Pinochet sostenne anche, interrogato in Inghilterra dopo la fine del regime, di non aver mai personalmente ordinato torture, ma solo di aver usato la mano dura sul comunismo, scaricando la responsabilità delle violenze sui capi della DINA, come Manuel Contreras.[18]
La presidenza di Pinochet era frequentemente resa instabile da sollevazioni e da isolati attacchi violenti. I tentativi di assassinio erano comuni, il che aumentò la paranoia del governo e probabilmente alimentò il ciclo dell'oppressione. La situazione in Cile raggiunse l'attenzione internazionale nel settembre 1976 quando Orlando Letelier, un ex-ambasciatore cileno negli Stati Uniti e ministro del governo Allende, fu assassinato con un'autobomba a Washington. Il generale Carlos Prats, predecessore di Pinochet come comandante dell'esercito, che si era dimesso piuttosto che sostenere le azioni contro Allende, era morto in circostanze simili a Buenos Aires, Argentina due anni prima. Nell'ottobre del 1999, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America declassificò una collezione di 1.100 documenti prodotti da varie agenzie degli USA che trattavano degli anni che portarono al colpo di Stato militare. Uno di questi documenti diede indicazione della scala della collaborazione degli USA con Pinochet.

Pinochet con la fascia presidenziale nel 1980
L'aiuto militare USA crebbe drammaticamente tra la venuta al potere di Allende nel 1970, quando ammontava a 800.000 dollari all'anno, fino a 10,9 milioni di dollari nel 1972, quando avvenne il colpo di Stato. Il 10 di settembre del 2001, una causa fu intentata dalla famiglia del generale René Schneider, una volta capo dello staff del generale cileno, accusando il precedente Segretario di Stato Henry Kissinger di aver preparato il suo assassinio nel 1970 per essersi opposto al colpo di Stato militare[19]. Nonostante il regime di Pinochet sia durato 17 anni, non tutti i Paesi riconobbero il nuovo Governo. L'Italia e la Svezia non riconobbero mai il cambio degli ambasciatori, e formalmente rimasero in carica quelli nominati da Salvador Allende.

Politica economica


Pinochet e i membri della giunta fotografati ad una sfilata militare il 1º maggio 1975
La brutale repressione politica di Pinochet esistette in parallelo alle riforme economiche. Per formulare la sua politica economica, Pinochet si affidò ai cosiddetti Chicago Boys, che erano giovani economisti cileni istruiti all'Università di Chicago e fortemente influenzati dalle politiche monetaristiche di Milton Friedman: privatizzazione, taglio della spesa pubblica e politiche anti-sindacali colpirono soprattutto i ceti meno abbienti della nazione, sebbene strati della società abbiano beneficiato di una crescita reale. Sotto i primi anni del governo Pinochet l'economia cilena mise in campo un massiccio recupero.
Alcuni economisti mondiali lo chiamarono il miracolo del Cile, mentre altri hanno contraddetto questa affermazione teorizzando che, anche se le riforme di Pinochet attrassero grossi investimenti esteri, poca parte di quei soldi venne investita a fini produttivi. Il regime dei cambi fissi strideva, però, con il paradigma liberista del regime e nel 1982 infatti l'aumento dei tassi di interesse internazionale innescò una fortissima recessione.
Nei primi anni '80, alcune personalità che avevano sostenuto il golpe come un male necessario, cominciarono a prendere le distanze, una volta appresi i crimini che Pinochet perpetrava ai danni degli oppositori: tra i critici vi furono il suo ministro José Piñera, autore della riforma liberista delle pensioni, il quale intercedette per un importante leader sindacale, impedendo il suo arresto e anche il suo esilio. L'economista lasciò la giunta, e nel 1988 lui e suo fratello Sebastián, ricco imprenditore e futuro presidente cileno, si schierarono contro il generale nel plebiscito che lo costrinse al ritiro.
Dal maggio 1983, l'opposizione e il movimento sindacale organizzarono dimostrazioni e scioperi contro il regime, provocando una violenta risposta da parte delle forze di sicurezza. Molte piccole imprese dichiararono bancarotta, mentre l'economia, comprese le industrie appena privatizzate finirono per essere dominate da monopoli favoriti dalle connessioni della giunta e dai legami con le imprese straniere.
L'inflazione dopo aver toccato il suo massimo nel 1976 (a causa della crisi petrolifera), venne ridotta mediante una politica di stabilizzazione dei cambi e l'economia iniziò a crescere di nuovo verso la fine degli anni settanta con la ripresa economica mondiale. Benché la disoccupazione rimanesse alta, la povertà iniziò a diminuire. Comunque, una seconda recessione colpì il Cile nel 1982, e l'economia non ripartì fino al 1986, quando ci fu un nuovo boom economico, che da allora non si è più arrestato.

Il generale in Argentina nel 1975
Anche la disoccupazione cominciò a calare, arrivando al 7,8% nel 1990, quando Pinochet lasciò la presidenza. La crescita durante quel periodo fu superiore di molto al resto dell'America Latina. Al 2004, il Cile è considerato un esempio di successo economico nell'America Latina, avendo sostenuto la crescita delle esportazioni e del PIL per diversi anni. La relazione tra le politiche economiche di Pinochet e questo boom rimangono materia di discussione.

Ritorno alla democrazia

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Plebiscito cileno del 1988 e Elezioni presidenziali cilene del 1989.
Nel settembre del 1986, un attentato alla vita di Pinochet venne organizzato, senza successo, dal Fronte Patriottico Manuel Rodríguez (FPMR), che si pensava fosse connesso al fuorilegge Partito Comunista. Pinochet subì solo ferite superficiali. La giunta cominciò ad allentare la morsa del proprio potere: nel 1988, in accordo con le norme transitorie della nuova Costituzione del Cile (che Pinochet stesso aveva voluto, e scritta da Jaime Guzmán), venne deciso di indire un plebiscito nell'ottobre dello stesso anno, per votare un nuovo mandato presidenziale di 8 anni per Pinochet, convinto che avrebbe vinto. A seguito del plebiscito del 1988, che si svolse senza brogli e il cui esito fu considerato regolare, a sorpresa i sostenitori del "NO" vinsero con il 55,99% dei voti contro il 44,01% dei favorevoli a Pinochet e, in accordo con le norme della costituzione, elezioni libere furono convocate e tenute l'anno successivo. Pinochet lasciò la presidenza l'11 marzo del 1990, e gli succedette il Presidente eletto Patricio Aylwin.

Capo delle Forze armate

Grazie alle norme transitorie della costituzione, Pinochet ebbe nel 1990 la carica di comandante in capo delle Forze armate del Cile democratico, dove restò fino al marzo 1998. Una volta abbandonato questo ruolo, divenne senatore a vita e gli fu garantita l'immunità parlamentare.

Fotografia propagandistica di Pinochet per la campagna elettorale del plebiscito

Rapporti con il Regno Unito

Pinochet permise il rifornimento di carburante agli aerei britannici durante la Guerra delle Falkland, cementando così la propria alleanza con il Regno Unito e con il Primo Ministro Margaret Thatcher. Successivamente andò in visita da Margaret Thatcher per il tè e per molte altre occasioni[20]. I rapporti controversi di Pinochet con la Thatcher furono oggetto di scherno da parte del Primo Ministro laburista Tony Blair, che, nel 1999, derise il Partito Conservatore britannico definendolo "il partito di Pinochet".

L'arresto


Pinochet nel 1995
Nell'ottobre del 1998, mentre si trovava a Londra, Pinochet fu arrestato e fu posto agli arresti domiciliari, prima nella clinica nella quale era appena stato sottoposto ad un intervento chirurgico alla schiena e poi in una residenza in affitto. Il mandato di arresto era stato emesso dal giudice spagnolo Baltasar Garzón per crimini contro l'umanità e le accuse includevano 94 casi di tortura contro cittadini spagnoli e un caso di cospirazione per commettere tortura. La Gran Bretagna aveva solo di recente firmato la Convenzione internazionale contro la tortura, e tutte le accuse erano per fatti avvenuti negli ultimi 14 mesi del suo regime.
Il governo del Cile si oppose al suo arresto, alla sua estradizione e al suo processo. Ci fu una dura battaglia legale nella Camera dei lord, il massimo organo giurisdizionale britannico, che durò 16 mesi. Pinochet rivendicò l'immunità diplomatica in quanto ex capo di Stato, ma i Lords gliela negarono in considerazione della gravità delle accuse e concessero l'estradizione, pur con vari limiti. Poco tempo dopo però una seconda pronuncia della Camera dei lord consentì a Pinochet di evitare l'estradizione a causa delle sue precarie condizioni di salute (aveva 82 anni al momento del suo arresto).
Dopo alcuni accertamenti sanitari, l'allora ministro degli esteri britannico Jack Straw consentì a Pinochet, dopo quasi due anni di arresti domiciliari o in clinica, di fare ritorno nel suo Paese. Al suo rientro in Cile (3 marzo 2000), comunque, un giudice era stato nominato per indagare su di lui a seguito di numerose accuse, e il generale viene nuovamente arrestato, in Cile.
Nonostante il suo rilascio per cause di cattiva salute, la detenzione di Pinochet in uno Stato straniero per crimini contro l'umanità commessi nel suo Paese costituisce un punto di svolta molto rilevante nel diritto internazionale. Il mandato d'arresto emesso da Baltasar Garzón si fondava infatti in maniera significativa sul principio della giurisdizione universale: alcuni crimini internazionali sono talmente gravi che qualsiasi Stato può procedere per eseguire la loro punizione.

I rapporti con il Vaticano

Papa Giovanni Paolo II visitò il Cile nell'aprile 1987 e incontrò Pinochet[21]. A volere fortemente quel viaggio fu l'allora nunzio apostolico nel Paese sudamericano Angelo Sodano. Suscitarono polemiche l'affacciarsi del Papa al balcone del Palazzo della Moneda con il generale e la benedizione impartita, nel cortile interno dello stesso palazzo ai funzionari del governo[22][23].
Il 18 febbraio del 1993 giunsero a Pinochet due lettere di auguri da parte del papa Wojtyła e del Segretario di Stato Angelo Sodano in occasione della ricorrenza delle sue nozze d'oro[24].

Processo in patria per crimini contro l'umanità

Nel 2000 la Corte d'Appello di Santiago votò per togliere a Pinochet l'immunità parlamentare (13 voti a favore e 9 contrari), ed egli venne quindi inquisito. Comunque, il caso venne annullato dalla Corte Suprema per motivi medici (demenza vascolare) nel luglio 2002. Poco dopo il verdetto, Pinochet si dimise dal Congresso, e visse quietamente da ex senatore. Fece rare apparizioni pubbliche, e fu soprattutto assente dagli eventi che celebravano il 30º anniversario del golpe, l'11 settembre 2003.
Il 28 maggio 2004, la Corte d'Appello votò per revocare lo stato di demenza di Pinochet (14 voti a favore e 9 contrari), e quindi la sua immunità al processo. Nel sostenere il suo caso, l'accusa presentò una recente intervista televisiva concessa da Pinochet ad un canale televisivo di Miami. I giudici trovarono che l'intervista sollevava dubbi sulle reali facoltà mentali di Pinochet. Il 26 agosto 2004, con un voto di 9 a 8, la Corte Suprema confermò la decisione che Pinochet dovesse perdere l'immunità senatoriale ed affrontare il processo, portando i suoi critici a sperare di vederlo giudicato per le numerose violazioni di diritti umani. Come parte importante del processo, il suo reale stato di salute mentale è stato valutato da un gruppo di esperti proposto dal giudice e dalle parti (12 ottobre 2004). Il 2 dicembre 2004, la Corte d'Appello di Santiago del Cile ha tolto a Pinochet l'immunità dal processo per l'assassinio del suo predecessore, generale Carlos Prats, che fu ucciso nel 1974 da un'autobomba mentre era in esilio in Argentina.
Dal 13 dicembre 2004 fu messo agli arresti domiciliari. Lo annunciò il giudice Juan Guzmán, il magistrato che indagava sul ruolo di Pinochet nella Operazione Condor, il piano concordato negli anni settanta tra le dittature latinoamericane e gli Stati Uniti d'America per reprimere le derive progressiste del continente.
Nel gennaio del 2005 viene pubblicato il Rapporto Valech il quale ha indicato in 35.000 i casi di torture commesse dal regime, di cui 28.000 provate.

Sostenitori di Pinochet

La Riggs Bank e i processi per evasione fiscale e riciclaggio

Un comitato investigativo del Senato degli Stati Uniti, ha rilasciato il 15 luglio 2004, dopo un anno di lavori, un rapporto sulla Riggs Bank, che valutò tra i quattro e gli otto milioni di dollari del patrimonio di Pinochet. Secondo il rapporto, la Riggs partecipò al riciclaggio di denaro per conto di Pinochet, costituendo società di comodo offshore (riferendosi a Pinochet solo come a "un ex funzionario pubblico") e nascondendo i suoi conti correnti alle agenzie regolatrici. Il rapporto diceva che le violazioni erano "sintomatiche di una scorretta e, a volte, inefficace applicazione di tutte le regolamentazioni bancarie federali o del compimento da parte della banca degli obblighi contro il riciclaggio di denaro".
Cinque giorni dopo una corte cilena aprì formalmente un'investigazione sulle finanze di Pinochet, per la prima volta, con accuse di frode, appropriazione indebita di fondi e corruzione. Quindi, poche ore dopo, il procuratore di Stato del consiglio di difesa statale del Cile (Consejo de Defensa del Estado), presentò una seconda richiesta allo stesso giudice per investigare sul patrimonio di Pinochet, ma senza accusarlo direttamente di reati. Il 1º ottobre 2004, il Servizio delle Imposte Interne cileno (Servicio Impuestos Internos) istruì un'azione legale contro Pinochet, accusandolo di frode ed evasione fiscale, per un totale di 3,6 milioni di dollari in conti di investimento alla Riggs, tra il 1996 e il 2002. Pinochet avrebbe potuto affrontare sanzioni per un totale pari a tre volte tale somma e la pena della detenzione se fosse stato condannato.

Gli ultimi anni

Dall'età di ottantatré anni ha vissuto nella sua villa di Santiago, afflitto da problemi di salute. Pur essendo finito per ben quattro volte agli arresti domiciliari (l'ultima delle quali il 30 ottobre 2006 per i crimini avvenuti nel centro di detenzione clandestino di Villa Grimaldi) riesce ad evitare fino alla fine un processo vero e proprio.

La morte


Pinochet nella bara durante i funerali
Il 3 dicembre 2006, all'età di 91 anni, viene ricoverato in un ospedale militare di Santiago per un arresto cardiaco e un edema polmonare, e subisce un intervento di bypass. Il giorno seguente si aggrava ulteriormente, al punto tale da ricevere il sacramento dell'estrema unzione.
Il 10 dicembre 2006, Pinochet muore per scompenso cardiaco presso l'Ospedale Militare di Santiago del Cile. Anche da morto il dittatore ha diviso il suo Paese: nel giorno della sua morte sono state fermate, a Santiago del Cile ed in un'altra dozzina di città, 53 persone, in seguito a scontri tra i sostenitori dell'ex dittatore, che ne piangevano la morte, e gli oppositori che manifestavano per festeggiare l'evento.

Esequie militari di Pinochet
Il Presidente della repubblica, la socialista Michelle Bachelet, il cui padre morì in prigione a causa di Pinochet (lei e sua madre furono arrestate e poi esiliate), ha negato al generale i funerali di Stato, ma non ha potuto evitare le esequie militari. Sessantamila persone hanno reso omaggio alla salma. Poco prima della cerimonia religiosa hanno fatto il loro ingresso, alla scuola militare di Santiago del Cile, 3.000 persone (altre 5.000 sono rimaste fuori). Alla cerimonia era presente, per il governo, il Ministro della Difesa Vivianne Blanlot. La salma è stata cremata, probabilmente per evitare profanazioni del corpo come accaduto al presidente argentino Perón[25], e le ceneri sono state tumulate a Los Boldos, in un terreno annesso a una residenza di famiglia, dopo il rifiuto delle Forze armate di accoglierle in un terreno di proprietà dell'esercito. Parallelamente al funerale un migliaio di oppositori ha reso omaggio alla memoria di Salvador Allende.

Eredità politica

I cileni rimangono divisi tra quanti vedono in lui un brutale dittatore, che pose fine al governo democratico di Allende e guidò un regime caratterizzato da violente repressioni, e quanti affermano che egli abbia evitato al Paese una deriva verso il comunismo e guidato la trasformazione dell'economia cilena in un'economia moderna. Anche se vi è un crescente riconoscimento della innegabile brutalità del suo regime, i suoi sostenitori giustificano ciò nel contesto della crescente violenza nella società cilena provocata dai gruppi politici armati rivoluzionari nel decennio che precedette il colpo di Stato. La sua azione politica ha ispirato il movimento cileno di estrema destra detto pinochetismo. Nel 2012 il governo conservatore di Sebastián Piñera (fratello di José Piñera), benché sia un governo completamente democratico e rispettoso dei diritti civili, è stato accusato di promuovere il revisionismo e il negazionismo nei confronti della dittatura pinochetista: in particolare il Ministero dell'Istruzione ha ordinato di cancellare la parola "dittatura" per descrivere il periodo di Pinochet nei libri di scuola elementare. Le disposizioni, che hanno suscitato moltissime polemiche, definiscono il suo governo solo come "regime militare", che ristabilì l'ordine in un periodo di guerra civile e violenze in tutto il Cile.[26]

Pinochet nella cultura popolare

Pinochet e il suo ruolo dittatoriale sono abbastanza presenti nella cultura popolare:

Musica

Romanzi

Cinema

Onorificenze

Onorificenze cilene

Gran Maestro dell'Ordine di Bernardo O'Higgins - nastrino per uniforme ordinaria Gran Maestro dell'Ordine di Bernardo O'Higgins


Gran Maestro dell'Ordine al Merito - nastrino per uniforme ordinaria Gran Maestro dell'Ordine al Merito


Onorificenze straniere

Gran Croce dell'Ordine di Maggio (2 - Argentina) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Croce dell'Ordine di Maggio (2 - Argentina)


Salvador Allende

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Salvador Allende Gossens
Salvador Allende Argentina.jpg

29º Presidente del Cile
Durata mandato 3 novembre 1970 –
11 settembre 1973
Predecessore Eduardo Frei Montalva
Successore Augusto Pinochet
(come Presidente della giunta militare)

Ministro della Sanità e delle Politiche Sociali
Durata mandato 1938 –
1942
Presidente Pedro Aguirre Cerda, Jerónimo Méndez Arancibia
Predecessore José Tomás Reyes Vicuña
Successore Tomás Pablo Elorza

Presidente del Senato
Durata mandato 1966 –
1969
Presidente Eduardo Frei Montalva

Dati generali
Partito politico Emblem of the Socialist Party of Chile.svgPartito Socialista Cileno
Unidad Popular.png Coalizione di Unidad Popular
Titolo di studio Laurea in medicina
Alma mater Universidad de Chile
Professione medico
Firma Firma di Salvador Allende Gossens
« Noi partiamo da diverse posizioni ideologiche. Per voi essere un comunista o un socialista significa essere totalitario, per me no... Al contrario, io credo che il socialismo liberi l'uomo. »
(Salvador Allende, risposta al giornalista Joseph Novitski durante l'intervista al New York Times del 4 ottobre 1970[1])
Salvador Guillermo[3][4] Allende Gossens[2] (pron. [salbaˈðoɾ ɡiˈʝeɾmo aˈʝende ˈɣosens]; Valparaíso, 26 giugno 1908[5]Santiago del Cile, 11 settembre 1973) è stato un politico cileno, primo Presidente marxista democraticamente eletto nelle Americhe[6] e, secondo alcuni, al mondo[7].
Allende fu Presidente del Cile dal 3 novembre 1970 fino alla destituzione violenta a seguito di un colpo di stato militare appoggiato dagli Stati Uniti, avvenuta l'11 settembre 1973, giorno della sua morte.
Laureatosi in medicina all'Universidad de Chile, ne fu allontanato e venne inquisito per motivi politici alla fine degli studi. Nel 1933 partecipò alla fondazione del Partito socialista cileno. Successivamente eletto deputato del parlamento cileno nel 1937; quindi nel 1943 venne scelto come segretario dei socialisti e ricoprì la carica di ministro della sanità; infine nel 1945 divenne senatore. Nel 1970 ottenne la vittoria elettorale, come candidato apertamente "marxista", alla nomina a Presidente della repubblica del Cile, quindi presiedette un governo di coalizione. Nel 1973 un golpe organizzato dall'esercito causò la sua morte in circostanze drammatiche - probabilmente suicida - nel palazzo presidenziale a Santiago del Cile, portando al governo il generale Augusto Pinochet che instaurò una dittatura militare. I suoi sostenitori si riferiscono a lui come Compañero Presidente ("Compagno Presidente") e lo ricordano come uno dei pochi rivoluzionari non violenti.[8]

Biografia

Origini e famiglia


I genitori di Allende: Salvador Allende Castro e Laura Gossens Uribe

Allende e la moglie Hortensia
Nacque a Valparaíso il 26 giugno del 1908 con il nome di Salvador Isabelino del Sagrado Corazón de Jesus Allende Gossens[9], che successivamente cambiò in Salvador Guillermo Allende Gossens, figlio di Salvador Allende Castro, un avvocato e politico cileno di origini basche e spagnole, e da Laura Gossens Uribe, cilena di origini vallone e profondamente religiosa. Entrambi i genitori appartenevano ad abbienti famiglie borghesi di tradizioni progressiste. Il suo nome fu ripreso da quello di uno dei suoi fratelli, morto ancora piccolo.[10] Il nonno Ramón Allende Padin Huelvo fu Serenissimo Gran Maestro della Gran Loggia del Cile, la principale loggia massonica del paese e fondatore della Loggia di Valparaiso, del quale fecero parte Allende e suo padre.[11] Nel 1940 Allende sposò Hortensia Bussi, soprannominata "Tencha", dalla quale ebbe tre figlie, Carmen Paz, Isabel e Beatriz. Inoltre si occupò della famiglia della giovanissima cugina e futura scrittrice Isabel Allende Llona, abbandonata dal padre, che Allende considerava come una nipote (lei stessa lo chiamava zio).[12] Allende ebbe anche numerose relazioni extraconiugali nel corso della sua vita.[13]

Inizio dell'attività politica

Allende frequentò il Liceo Eduardo de la Barra a Valparaíso; proprio in quegli anni conobbe l'anarchico Juan De Marchi, calzolaio di origini italiane emigrato da Torino, che influenzò la sua formazione giovanile[14].

Allende nel 1937
Pedro Vuskovic, Ministro del governo Allende ed ex sindaco di Valparaíso, affermò che Allende era un marxista non ortodosso, socialista libertario e anti-leninista, in quanto rifiutava l'idea del monopartitismo e quella della dittatura del proletariato.[15] Dopo gli studi, esercitò dapprima la professione di medico. Nella sua tesi di laurea vi erano anche idee che successivamente avrebbe rinnegato, tra le quali un'adesione parziale alle teorie criminologiche ed eugenetiche di Cesare Lombroso, che però lo stesso Allende critica per le sue rigide e pseudoscientifiche formulazioni di criminologia.[16] Nella stessa tesi esprime apprezzamento per le idee mediche di Nicola Pende ed Enrico Ferri[17], scienziati italiani che avevano sottoscritto e sostenuto il Manifesto della razza del fascismo. Nel 1937 fu però tra i firmatari di un telegramma al governo tedesco in cui si protestava contro la persecuzione degli ebrei, dimostrando la sua avversione all'antisemitismo.[18] Ateo e massone, Salvador Allende, da marxista, criticò aspramente il sistema capitalista. Probabilmente già durante gli studi universitari si avvicinò al nascente Partito Socialista Cileno, del quale sarebbe molto presto divenuto cofondatore e principale leader. Allende fu dapprima ministro in governi di coalizione e successivamente presidente del Senato cileno.

Allende ministro

Da Ministro della sanità incrementò il sistema pubblico in favore delle classi povere. Allende fu autore di una vasta gamma di riforme sociali progressiste, comprese le leggi sulla sicurezza e la protezione dei lavoratori nelle fabbriche, l'aumento delle pensioni per le vedove, leggi sulla maternità, il cibo e programmi gratuiti per bambini in età scolare.

La campagna elettorale del 1958, con il cosiddetto "treno della vittoria"

Controversie

Allende sostenne anche una controversa legge, ispirata all'eugenetica e sul modello di quelle esistenti allora, ad esempio, negli Stati Uniti e in Svezia, che rendeva possibile, secondo i detrattori e anche per alcuni storici, la sterilizzazione da adulti di malati di mente, alcolisti cronici, epilettici, personalità definite "asociali" e individui affetti dalla corea di Huntington, e istituiva inoltre il trattamento sanitario obbligatorio della tossicodipendenza e delle malattie sessuali (compresa l'omosessualità, che la psichiatria di allora considerava una malattia, e che anche un altro leader marxista, Fidel Castro, considerava una deviazione). La legge non fu approvata.[19][20][21][22][23][24][25]

Candidature, campagne elettorali ed elezione

Nel 1968 Allende si adoperò per salvare i sopravvissuti della spedizione fallita di Ernesto Che Guevara in Bolivia, consentendo loro di tornare a Cuba; inoltre venne in possesso del diario personale di Guevara, redatto nei giorni precedenti alla sua morte, e lo spedì a L'Avana.[26] Nel 1970 Allende si candidò per la terza volta (dopo le sconfitte del 1952 e del 1958) alla presidenza. Oltre all'appoggio degli operai e degli studenti, ebbe l'aiuto della borghesia progressista (professionisti e piccoli imprenditori vicini alla sinistra) e del mondo intellettuale, tra cui spiccarono il poeta Pablo Neruda (inizialmente candidato comunista), il cantante Victor Jara e gli altri membri della Nueva Canción Chilena, come gli Inti-Illimani che eseguirono spesso l'inno della campagna di Unidad Popular, Venceremos, il cui testo era opera di Jara. Promise che se, eletto presidente, era sua intenzione promuovere riforme socialiste, la cosiddetta "via cilena al socialismo".

Copertina del settimanale argentino Primera plana, che annuncia la vittoria elettorale di Salvador Allende

Le manovre della CIA

Una volta che Allende fosse stato eletto, con l'appoggio della Democrazia Cristiana, la CIA condusse operazioni nel tentativo di spingere il Presidente uscente del Cile, Eduardo Frei Montalva, a bloccare la ratifica, da parte del Congresso, della nomina di Allende a nuovo Presidente. Il piano della CIA era di persuadere il Congresso Cileno ad eleggere presidente l'avversario di Allende, il candidato del Partito Liberal Conservatore Jorge Alessandri Rodríguez.
Sempre secondo il piano, Alessandri avrebbe prontamente rassegnato le dimissioni dopo essere stato eletto, per poter indire nuove elezioni. Con il ricorso a questo trucco, Eduardo Frei avrebbe così potuto ripresentarsi alle elezioni nell'apparente formale rispetto della legalità (la Costituzione cilena allora vigente vietava infatti più di due mandati presidenziali, ma solo se questi erano consecutivi), e presumibilmente avrebbe sconfitto Allende.
In ogni caso, alla fine, Frei, nonostante le fortissime pressioni statunitensi, non se la sentì di forzare la Costituzione bloccando la ratifica, così il Congresso scelse di designare Allende come presidente, a patto però che firmasse uno "Statuto di Garanzie Costituzionali" nel quale garantiva che le sue riforme socialiste non avrebbero stravolto nessun elemento della Costituzione Cilena.

Presidenza

Arrivato al potere con il 36% dei suffragi, chiarì subito di sentirsi il presidente di tutti i cileni, all'interno della coalizione che lo aveva sostenuto e che annoverava, accanto ai partiti di ispirazione marxista, i cattolici e la sinistra. Le accuse di sbilanciamento a sinistra, però, trovavano allarmata attenzione presso gli Stati Uniti, che manifestarono di considerare pericolosa la sua crescita politica, ovviamente non solo per motivi legati all'ideologia, stanti gli enormi interessi economici americani in quell'area. Documenti recentemente declassificati del governo USA[27] hanno confermato che precisi ed inequivocabili ordini erano stati diramati agli agenti della CIA per prevenire l'elezione di Allende alla presidenza o, ove ciò non si fosse potuto impedire, per creare condizioni favorevoli per un golpe. Allende fu eletto presidente, dopo aver tentato per tre volte la corsa presidenziale, il 5 settembre 1970 con poco più di un terzo dei voti, come leader della coalizione Unidad Popular. Ottenne il primo posto al voto con 1.070.334 preferenze, ma, non avendo il 50% dei voti (36,3% a lui, il 34% all'ex presidente Jorge Alessandri conservatore, e il 27,4% a Radomiro Tomic, della Democrazia Cristiana Cilena), il Congresso avrebbe dovuto decidere tra lui ed il secondo più votato, ma riuscì comunque a spuntarla. Anche prima della sua vittoria elettorale, Allende attirò rapidamente su di sé il veto dell'establishment politico statunitense. A causa delle sue idee socialiste, si cominciò a temere che ben presto il Cile sarebbe diventato una nazione comunista e sarebbe entrato nella sfera d'influenza dell'Unione Sovietica. Per di più gli USA avevano cospicui interessi economici in Cile, con società come ITT, Anaconda, Kennecott ed altre. L'amministrazione Nixon, in particolare, fu la più strenua oppositrice di Allende, per il quale nutriva un'ostilità che il Presidente ammetteva apertamente. Durante la presidenza Nixon, i cosiddetti "consiglieri" statunitensi (che avrebbero imperversato in buona parte dell'America Latina per tutti gli anni settanta e ottanta) tentarono di impedire l'elezione di Allende tramite il finanziamento dei partiti politici avversari. Si sostiene che lo stesso Allende abbia ricevuto finanziamenti da movimenti politici comunisti esteri, ma tale ipotesi rimane ufficialmente non confermata, ed in ogni caso la portata degli eventuali contributi sarebbe stata ben minore rispetto alle possibilità di "investimento" statunitensi.

L'investitura presidenziale di Allende

Governo

Allende entrò quindi in carica nominando il suo governo. Ecco l'elenco completo dei ministri, iniziali e quelli che subentrarono:

Francobollo della DDR dedicato ad Allende dopo il golpe. La scritta dice: "Solidarietà al popolo cileno"

Il governo Allende al momento dell'insediamento

La via cilena al socialismo

Una volta insediato il governo di Unidad Popular, Allende iniziò ad operare per realizzare la sua "piattaforma" di riforma socialista della società cilena. Le riforme socialiste di Allende presero il nome di "rivoluzione con empanadas[28] e vino rosso", a sottolinearne il carattere pacifico.[29]

Nazionalizzazioni

Fu avviato un programma di nazionalizzazione delle principali industrie private, fra cui le miniere di rame fino ad allora sotto il controllo della Kennecott e della Anaconda (aziende americane), si diede mano alla riforma agraria, fu creata una sorta di tassa sulle plusvalenze. Il governo annunciò una sospensione del pagamento del debito estero e al tempo stesso non onorò i crediti dei potentati economici e dei governi esteri.[30] Tutto ciò irritò fortemente la media e alta borghesia e da qui la tensione politica nel paese, oltre ovviamente a creare un discreto dissenso internazionale. Vi fu la nazionalizzazione delle banche, delle compagnie di assicurazione e, in generale, di tutte quelle attività che condizionavano lo sviluppo economico e sociale del paese. Tra queste la produzione e la distribuzione di energia elettrica, i trasporti ferroviari, aerei e marittimi, le comunicazioni, la siderurgia, l’industria del cemento, della cellulosa e della carta. Nel 1973 lo Stato controllava il 90% delle miniere, l'85% delle banche, l'84% delle imprese edili, l'80% delle grandi industrie, il 75% delle aziende agricole ed il 52% delle imprese medio-piccole.[31]

Allende firma il decreto della nazionalizzazione delle miniere di rame

Laicità

Vi furono l'introduzione del divorzio e l'annullamento delle sovvenzioni statali alle scuole private, leggi che irritarono i vertici della Chiesa cattolica (nonostante molti preti e anche vescovi, seguaci della teologia della liberazione, sostenessero Unidad Popular[32]).

Protezione dell'infanzia, alfabetizzazione e stato sociale

Furono introdotti la garanzia di mezzo litro di latte ad ogni bambino, l'incentivo all'alfabetizzazione, l'aumento dei salari, degli stipendi e delle tutele sociali, il prezzo fisso del pane, che non poté superare una certa soglia; 55.000 volontari furono inviati al sud del paese per insegnare a leggere e scrivere e a fornire assistenza medica ad un settore della popolazione che era stato precedentemente ignorato, una commissione centrale venne istituita per sovrintendere un piano di pagamento tripartito nella quale uguale posto venne dato a governo, lavoratori e datori di lavoro, e venne firmato un protocollo d'intesa con i rappresentanti dei lavoratori che concedette i diritti di rappresentanza nel consiglio di finanziamento del Ministero di pianificazione sociale.[33]
Venne imposta la riduzione degli affitti, riprogrammata la costruzione della metropolitana di Santiago, in modo da servire meglio i quartieri operai, avviate nuove opere pubbliche, costruite numerose case popolari, distribuito cibo gratis agli indigenti. Nelle campagne furono favoriti i contadini braccianti e i piccoli imprenditori coltivatori (in gran parte ex braccianti che avevano acquistato piccole proprietà o imprese familiari), che godettero di sovvenzioni e sgravi fiscali notevoli.[31]

Attivisti di Unidad Popular realizzano un murales di propaganda, al tempo della vittoria elettorale
I servizi igienico-sanitari vennero aumentati e resi gratuiti o a basso costo. Furono espropriati i latifondi e i tutte le proprietà più grandi di ottanta ettari, provocando l'avversione dei proprietari terrieri. Furono aumentate le pensioni minime.[31] La spesa sociale è stata notevolmente aumentata, in particolare per l'alloggio, l'istruzione e la salute, mentre un grande sforzo è stato fatto per ridistribuire la ricchezza per i cileni più poveri, tra cui gli indigeni mapuche.[31] Come risultato di nuove iniziative in nutrizione e salute, insieme con salari più alti, molti cileni più poveri sono stati in grado di nutrirsi da soli e si vestirà meglio di quanto non fossero in grado di prima. L'accesso del pubblico al sistema di sicurezza sociale è stato aumentato, mentre i benefici statali come gli assegni familiari sono state sollevate in modo significativo.[31] La ​​redistribuzione del reddito salariale abilitato e impiegati per aumentare la loro quota di reddito nazionale dal 51,6% (la media annuale tra il 1965 e 1970) al 65%, mentre i consumi delle famiglie è aumentato del 12,9% nel primo anno del governo Allende. Inoltre, mentre l'incremento medio annuo della spesa personale era stato del 4,8% nel periodo 1965-1970, ha raggiunto il 11,9% nel 1971.[31]

Politica culturale

Il governo Allende ha anche cercato di diffondere l'arte tra la popolazione cilena, attraverso il finanziamento di una serie di attività culturali.[34] Con la concessione del voto ai giovani di 18 anni e agli analfabeti, la partecipazione di massa al processo decisionale fu incoraggiato, e le tradizionali strutture gerarchiche contestate dall'egualitarismo socialista.[31] Il governo Allende fu in grado di utilizzare l'idealismo dei suoi sostenitori, con squadre di "Allendistas", che viaggiavano verso la campagna e la baraccopoli a svolgere attività di volontariato. Nel 1971, l'acquisto di una casa editrice privata da parte dello Stato ha dato origine a "Quimantu Editoriale", che divenne il centro delle attività culturali del governo Allende. Nel giro di due anni, 12 milioni di copie di libri, riviste e documenti (8 milioni dei quali erano libri) specializzati in analisi sociale, vennero pubblicati.[31] Edizioni economiche di grandi opere letterarie furono prodotte su base settimanale, e nella maggior parte dei casi furono vendute in un giorno. La cultura entrò nelle masse per la prima volta, il popolo risposecon entusiasmo.[31] L'"Editoriale Quimantu" incoraggiò la costituzione di biblioteche in organizzazioni comunitarie e in organizzazioni sindacali. Attraverso la fornitura di libri di testo a buon mercato, ha permesso alla sinistra di progredire attraverso il contenuto ideologico della letteratura messa a disposizione dei lavoratori.[31]
Il governo Allende virò il sistema educativo verso i cileni più poveri, ampliando le iscrizioni attraverso sussidi governativi. La "democratizzazione" della formazione universitaria venne così ottenuta, rendendo il sistema quasi gratuito. Ciò ha portato ad un aumento dell'89% nelle iscrizioni universitarie tra il 1970 e il 1973.[31] Il governo Allende ha aumentato anche l'iscrizione nelle scuole secondarie dal 38% del 1970 al 51% nel 1974. L'iscrizione nella formazione ha raggiunto livelli record, tra cui 3,6 milioni i giovani, e otto milioni di libri scolastici sono stati distribuiti tra 2.600.000 alunni nella scuola primaria. 130.000 studenti sono stati immatricolati dalle università, che divenne accessibile a contadini e operai. Il tasso di analfabetismo venne ridotto dal 12% del 1970 al 10,8% nel 1972, mentre l'iscrizione alla scuola primaria è aumentato da una media annua del 3,4% nel periodo 1966-1970 al 6,5% nel 1971/72. L'istruzione secondaria è cresciuta ad un tasso del 18,2% nel 1971/72 e l'iscrizione alla scuola media di bambini tra i 6 ei 14 anni è passata dal 91% (1966-1970) a 99%.[31]

Diritti delle donne

Per migliorare le condizioni sociali ed economiche delle donne, venne fondata nel 1971 la Segreteria delle Donne che si occupò di assistenza prenatale, servizi di lavanderia, programmi alimentari pubblici, centri diurni, e cura della salute delle donne. La durata del congedo di maternità è stata estesa da 6 a 12 settimane.[35]

Telecomunicazioni

Allende si impegnò inoltre nel Progetto Cybersyn, un sistema di macchine telex, in una rete controllata dai primi computer in circolazione. Cybersyn è stato sviluppato da esperti britannici di cibernetica. La rete avrebbe dovuto trasmettere i dati dalle fabbriche al governo di Santiago, consentendo la pianificazione economica in tempo reale, ma mai non venne mai effettivamente completato.[36]

Salvador Allende

Successi e critiche

Durante la sua presidenza Allende non ebbe facili rapporti col Congresso Cileno, in cui era forte l'influenza della Democrazia Cristiana Cilena, partito cristiano-sociale. I Cristiano-Democratici continuavano ad affermare che Allende stava conducendo il Cile verso un regime dittatoriale, sulla falsariga del governo cubano di Castro, e cercavano di moderare molte delle sue maggiori riforme costituzionali. Alcuni membri del Congresso addirittura invocarono l'intervento delle forze armate, tradizionalmente neutrali, a compiere un golpe per "proteggere la costituzione". Appena prima del golpe del 1973, l'inflazione annuale era cresciuta di più del 700%.[37] Secondo lo storico Paul Sigmund, anche qualora il golpe non si fosse verificato, il governo Allende non sarebbe giunto al termine del mandato dei sei anni a meno di modificare radicalmente il proprio operato.[38]

Allende con il leader cubano Fidel Castro e altri
Nel 1971, a seguito di una singolare visita ufficiale, durata addirittura un mese, del presidente cubano Fidel Castro (con il quale aveva stretto una profonda amicizia personale), Allende annunciò il ripristino delle relazioni diplomatiche con Cuba, nonostante in una dichiarazione dell'Organizzazione degli Stati Americani, cui il Cile aderiva, si fosse stabilito che nessuna nazione occidentale avrebbe concesso aperture verso quello Stato. Allende strinse un rapporto anche col presidente argentino Héctor José Cámpora, peronista di sinistra, e incontrò nel 1973 anche Juan Domingo Perón, leader da sempre malvisto dagli Stati Uniti. La politica di Allende, sempre più sbilanciata a sinistra verso il socialismo (in parte in accoglimento delle pressioni di alcune delle frange più massimaliste della sua coalizione), e gli stretti rapporti con Cuba[39], allarmarono Washington. L'amministrazione Nixon cominciò ad esercitare una pressione economica sempre più crescente attraverso molti canali, alcuni dei quali erano legali (come l'embargo), ma molti di più illegali, attraverso il finanziamento degli oppositori politici nel Congresso Cileno e nel 1972 attraverso l'inconsueto appoggio economico erogato al sindacato dei camionisti, che paralizzò il paese. Va notato però che la banca americana Import-Export non aveva concesso prestiti nemmeno a Frei, il predecessore di Allende, e che le pressioni per saldare i debiti provenivano spesso da banche private, e quindi le motivazioni erano di carattere economico e non politico.[38] Allende ricevette il premio Lenin per la pace da parte dell'Unione Sovietica. Fu anche criticato per non aver concesso, così come i predecessori e il successore, l'estradizione in Germania del criminale nazista Walter Rauff, rintracciato in Cile dal centro di Simon Wiesenthal.[40]

Relazioni esterne durante la Presidenza di Allende

Coinvolgimento sovietico

Il materiale basato sull'"Archivio Mitrokhin"

Secondo il più che discusso archivio Mitrokhin, il KGB disse di Allende che "gli fu fatta capire la necessità di riorganizzare l'Esercito Cileno ed i servizi segreti, istituendo un rapporto tra i servizi d'intelligence Cileni e quelli dell'Unione Sovietica". Fu inoltre sostenuto che ad Allende furono dati $30 000 "al fine di consolidare i rapporti di fiducia" con lui.[41] Secondo Vasili Mitrokhin, un importante ex archivista del KGB, di alto livello nella sede del KGB di Yasenevo, Allende presentò una richiesta personale per del denaro sovietico attraverso i suoi contatti personali, l'ufficiale del KGB Svyatoslav Kuznetsov, venuto urgentemente in Cile, da Città del Messico per aiutare Allende.[42] L'assegnazione originale di denaro per queste elezioni con il KGB fu di $400 000 con l'aggiunta di un contributo personale di $50 000, furono inviati direttamente ad Allende.[42]

Allende in visita a Mosca
Lo storico Christopher Andrew sostenne che l'aiuto del KGB fu un fattore decisivo, in quanto Allende vinse con un margine ristretto di 39.000 voti su un totale di tre milioni. Dopo le elezioni, il direttore del KGB, Yuri Andropov, ottenne il permesso per l'erogazione di ulteriori fondi e di altre risorse da parte del Comitato Centrale del PCUS al fine di garantire la vittoria di Allende al Congresso. Nella sua richiesta del 24 ottobre, dichiarò che il KGB "effettuerà misure volte a promuovere e consolidare la vittoria di Allende e la sua elezione alla carica di Presidente del Paese". Nel suo file del KGB, Allende fu segnalato per avere "dichiarato la sua disponibilità a collaborare in via riservata e a fornire tutta l'assistenza necessaria, dal momento che si considerava un amico dell'Unione Sovietica". Condivideva volentieri l'informazione politica.[42]

Un celebre ritratto fotografico di Salvador Allende, riprodotto qui in una stampa per un francobollo sovietico
Andrew scrisse che, dopo le elezioni di Allende, furono mantenuti contatti regolari con il suo agente del KGB, Svyatoslav Kuznetsov, che fu incaricato dalla sede centrale di "esercitare un'influenza favorevole sulla politica del governo cileno ". Secondo il file del KGB su Allende, "gli fu fatta capire la necessità di riorganizzare l'Esercito Cileno ed i servizi segreti e di istituire relazioni tra le intelligence di Cile e URSS". Fu detto che Allende reagì positivamente.
Come poi la Storia ha però dimostrato, l'URSS "non mosse un dito" per evitare che si determinasse la spirale che poi portò al golpe dei militari ed alla morte di Allende.
Una ipotesi più realistica fu quella inerente ad un possibile "aiuto" da parte di Fidel Castro il quale, contravvenendo per altro alle indicazioni dell'URSS, suggerì e propose ad Allende un aiuto cubano in consiglieri militari da "infiltrare" nello Stato Maggiore dell'esercito cileno. Ma la cosa si concluse unicamente con un regalo costituito da uno stock di fucili d'assalto Kalashinkov AK47 per la guardia personale di Allende (il GAP, Grupos Amigos del Presidente) che effettivamente combatté disperatamente con quei fucili l'11 settembre 1973 contro i militari golpisti.
L'ipotesi di un sostegno sovietico al Cile di Allende perde così ogni fondamento, anche perché, come da pianificazione predefinita in pieno clima di 'guerra fredda', l'URSS non avrebbe consentito la creazione di "una nuova Cuba" in Cile.

Coinvolgimento degli Stati Uniti

La possibilità di vittoria di Allende alle elezioni cilene del 1970 fu considerata un disastro dal governo statunitense che voleva proteggere gli interessi commerciali e prevenire la diffusione del comunismo durante la Guerra Fredda.[43] Nel settembre 1970, il Presidente Nixon informò la CIA che un governo di Allende in Cile non sarebbe stato accettato ed autorizzò $10.000.000 per fermare Allende nella sua corsa al potere o per spodestarlo[44]. I piani della CIA finalizzati ad impedire l'investitura di Allende a Presidente del Cile erano conosciuti come "Track I" e "Track II"; con Track I si cercò di impedire che Allende prendesse il potere attraverso il cosiddetto "inganno parlamentare", mentre sotto l'iniziativa del Track II, la CIA cercò di convincere gli ufficiali chiave delle Forze Armate cilene ad effettuare il colpo di stato.[44]

Sostenitori di Allende

La crisi e il primo tentativo di golpe

Tentativo di sfiducia del Congresso

Il Parlamento tentò di sfiduciare Allende, approfittando del suo calo di consenso anche in Unidad popular, senza ottenere la maggioranza. La dichiarazione doveva ottenere i due terzi della maggioranza: passò alla Camera dei deputati con 81 voti favorevoli e 47 contrari, ma non ottenne la maggioranza dei due terzi del Senato, costituzionalmente necessaria per condannare il presidente per abuso di potere.

Risoluzione della Corte suprema contro Allende

Il 26 maggio 1973, la Corte Suprema del Cile denunciò all'unanimità il governo di Allende per distruzione della legalità della Nazione nel mancato rispetto delle decisioni giudiziarie, a seguito del continuo rifiuto nel consentire le risoluzioni di polizia giudiziaria in contrasto con le misure del governo.

Il fallito golpe di giugno

Il 29 giugno 1973, il colonnello Roberto Souper circondò con il suo reggimento La Moneda con l'intento di deporre il governo di Allende.[45] Il fallito colpo di stato è conosciuto come Tanquetazo o golpe dei carri armati e fu organizzato dal gruppo paramilitare Patria y Libertad, ma fallì per l'intervento del generale Carlos Prats, fedele ad Allende; fu seguito, alla fine del mese di luglio, da uno sciopero generale che includeva i minatori di El Teniente.

Appello ai militari degli avversari

Nell'agosto 1973 si verificò una crisi costituzionale, e la Corte Suprema, lamentando pubblicamente l'incapacità del governo di Allende di applicare la legge nel Paese e la Camera dei deputati (con i Cristiano Democratici Uniti al Partito Nazionalista), accusarono il 22 agosto il Presidente di atti incostituzionali, a seguito del suo rifiuto di promulgare emendamenti costituzionali già approvati dalla camera, i quali impedivano al suo governo l'applicazione dei massicci piani di statalizzazione.[46] Venivano altresì invitati i militari a far rispettare l'ordine costituzionale.[47]

Le dimissioni di Prats e la nomina di Pinochet

Per mesi, il governo Allende aveva temuto l'invio dei Carabineros (Carabinieri), la polizia nazionale, ritenuti sleali verso il proprio governo. Il 9 agosto, il Presidente Allende nominò il Gen. Carlos Prats Ministro della Difesa. Il 24 agosto 1973, Prats fu costretto a rassegnare le dimissioni come Ministro della Difesa e come Comandante in capo delle Forze Armate Cilene, imbarazzato dall'incidente automobilistico con Alejandrina Cox (in cui Prats sparò alcuni colpi contro l'auto di una donna che l'aveva tamponato, in quanto era spaventato per un possibile attentato) e per una protesta pubblica inscenata dalle mogli dei suoi generali sotto la propria abitazione. Lo stesso giorno il Gen. Augusto Pinochet, che Allende considerava fedele, lo sostituì come comandante in capo[47], nonostante gli avvertimenti di Fidel Castro sulle infiltrazioni della destra cilena nelle forze armate.[48]

La risposta del Presidente Allende alle accuse


L'ufficio presidenziale di Allende, oggi restaurato. È visibile il divano sul quale Allende si sparò alla testa l'11 settembre 1973
Il 24 agosto 1973, il Presidente Allende rispose,[49] dichiarando che, in sostanza, il Congresso stava invocando l'intervento delle forze armate e dell'Ordine contro un governo democraticamente eletto e subordinando alle istituzioni armate la rappresentanza politica della sovranità nazionale, che non possono e non devono farsi carico o funzioni politiche, in quanto essa è la rappresentanza della volontà popolare, caratterizzando la dichiarazione del Congresso come destinata a danneggiare il prestigio del Paese ed a creare confusione interna, predicendo che Ciò faciliterà la sediziosa intenzione di determinati settori.

Il golpe dell'11 settembre 1973

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Golpe cileno del 1973.
Nel settembre del 1973, i continui scioperi, l'altissimo tasso di inflazione e la mancanza di materie prime a causa del boicottaggio avevano precipitato il paese nel caos. Le forze ostili ad Allende, che avevano manovrato onde condurre il paese sull'orlo di una guerra civile che giustificasse un colpo di stato, si preparavano ad agire. Il generale Pinochet fu messo a capo delle operazioni, in quanto comandante delle forze armate. I conservatori ripresero gli argomenti del Congresso accusando il governo di violenze e repressioni degli scioperi, censura, corruzione[50], e, con una campagna di stampa continuata dopo il golpe a opera dei militari, misero in giro voci diffamatorie sulla vita privata e sui piani politici di Allende, accusandolo di voler diventare un dittatore inscenando un finto colpo di stato per esautorare il Parlamento, diffondendo queste illazioni giustificandole con la presenza nel paese delle formazioni paramilitari di estrema sinistra, come il MIR, che sostenenevano la coalizione di governo, ma non avevano rinunciato alla lotta armata.[51] Allende rifiutò fino all'ultimo di usare la forza e la legge marziale, che i poteri presidenziali permettevano, per evitare una guerra civile e per non tradire i propri principi, anche se una legislazione di emergenza avrebbe potuto salvare il governo.[52] La tesi della guerra civile imminente, e di Allende ormai esautorato dalle forze di guerriglia comunista, fu sostenuta anche da Patricio Aylwin, il primo presidente del ritorno alla democrazia negli anni novanta: "Il governo di Allende aveva esaurito, con un totale fallimento, la via cilena verso il socialismo e si apprestava a consumare un autogolpe per instaurare con la forza la dittatura comunista. Il Cile visse sull’orlo del "Golpe di Praga" che sarebbe stato tremendamente sanguinoso, e le Forze Armate non fecero altro che anticipare quel rischio imminente".[53]
L'esercito attaccò quindi Santiago, cogliendo il presidente alla sprovvista, bombardando La Moneda e arrestando o uccidendo gli oppositori. Era l'11 settembre e le forze armate cilene guidate dal generale Augusto Pinochet misero quindi in atto il piano del golpe contro Allende.

La morte di Allende


Il palazzo presidenziale colpito dai bombardamenti
Durante l'assedio e la successiva presa del Palacio de La Moneda, Allende morì in circostanze non del tutto chiarite[54], dopo un ultimo discorso alla radio, concluso con le seguenti parole:
« Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l'uomo libero, per costruire una società migliore. Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole e ho la certezza che il mio sacrificio non sarà vano. Ho la certezza che, per lo meno, ci sarà una lezione morale che castigherà la vigliaccheria, la codardia e il tradimento. »
(Estratto dall'ultimo discorso radiofonico di Salvador Allende, poche ore prima della sua morte, l'11 settembre 1973[55])
Secondo la ricostruzione degli eventi il presidente si asserragliò con la sua guardia di sicurezza, un pugno di uomini conosciuti come Grupo de Amigos Personales o Grupo Amigos del Presidente (GAP) all'interno degli uffici della Moneda. Tra le persone rimaste vi erano il direttore generale dei Carabineros, Sepulveda, e la segretaria personale di Allende, Miria Contreras detta la Payita, che si era trattenuta, nascondendosi, contro il volere del Presidente che aveva fatto uscire tutte le donne e coloro che non sapevano maneggiare armi. Il presidente, ignaro che la sua casa era anch'essa stata bombardata, fece uscire due delle sue tre figlie, che si trovavano lì, raccomandando loro di raggiungere la madre e la sorella.[56] Allende respinse ogni ipotesi di fuga, sia organizzata dai suoi uomini, sia come un possibile aiuto fornito dalla Massoneria ad un confratello in grave pericolo.[57] Circa le circostanze della sua morte, la versione ufficiale, confermata dal suo medico personale, Patricio Guijon[58], è che il Presidente si sarebbe tolto la vita con un fucile AK-47 donatogli da Fidel Castro, mentre altri[59] sostengono che fu ucciso dai golpisti di Pinochet mentre difendeva il palazzo presidenziale (un racconto di tali momenti fu scritto da Gabriel García Márquez). Negli anni ottanta il medico diede in un'intervista (trasmessa dalla trasmissione televisiva Mixer di Giovanni Minoli) la versione dettagliata dell'accaduto. Secondo il racconto del medico, che era insieme con Allende all'interno della Moneda, a seguito del bombardamento aereo e del successivo incendio, Allende disse a coloro che con lui difendevano la Moneda dalle finestre del primo piano di uscire dal Palazzo ormai indifendibile rimanendo solo nell'ufficio, e che lui sarebbe uscito per ultimo. Il medico rientrò poco dopo nell'ufficio, proprio nel momento in cui Allende, seduto su un divano, si stava uccidendo con una scarica di mitragliatore alla testa dal basso in alto. In particolare, il medico disse di aver visto la parte superiore della calotta cranica di Allende volar via per effetto della scarica.[60] Anche altri testimoni videro Allende con il fucile in mano, sdraiato sul divano, dopo lo sparo. Sono state avanzate ipotesi di omicidio anche da parte di una guardia del corpo cubana su ordine di Castro, per poterne usare la morte a fine propagandistico, ma tale ipotesi, propugnata da storici ostili ad Allende[61], non trova riscontri.[62]

Esposizione di una lente degli occhiali indossati da Allende

Le autopsie e i funerali

La famiglia, con qualche dubbio della moglie che riteneva possibile l'omicidio da parte dei soldati di Pinochet, ha sempre accettato la versione ufficiale del suicidio: nel 2011 la figlia Isabel Allende Bussi ha chiesto la riesumazione del corpo, dal Cimitero monumentale di Santiago del Cile dove riposa dal 1990 in un grande mausoleo (nel 1973 fu sepolto senza funerale in un luogo nascosto, a Viña del Mar e sotto un falso nome, benché tutti sapessero della tomba del Chicho[63], il diminutivo affettuoso di Allende[64][65]); l'autopsia ha accertato che si tratta sicuramente del corpo di Allende e ha confermato senza ombra di dubbio la versione del suicidio.[66] Come sostenuto dalla figlia, egli si uccise pur di non arrendersi a Pinochet, che voleva offrigli l'esilio al posto dell'arresto, almeno a parole[67] (forse per inscenare poi un incidente aereo[68]), anche se i golpisti sono considerati senza dubbio i responsabili morali della sua fine.[69] Una foto del corpo senza vita di Allende fu scattata dai militari[70], mentre la moglie non poté invece vederlo chiaramente; l'autopsia del 1973 fu superficiale; in altre immagini dei reperti della scena si nota che la pallottola aveva trapassato e rotto i suoi occhiali.

Statua di Allende alla Moneda. La targa riporta un estratto dell'ultimo discorso e porta incise le parole: «Salvador Allende Gossens 1908-1973 "Ho fede nel Cile e nel suo destino" 11 settembre 1973»

Le conseguenze del golpe e la memoria di Allende

« Il sangue del Compagno Presidente / Colpisce più forte che le bombe e la mitraglia. »
(Víctor Jara, Estadio Chile[71])
In seguito al colpo di stato, in Italia ci furono molti scioperi in solidarietà con Allende e il popolo cileno. Italia e Svezia non riconobbero mai il regime di Pinochet e per tutti i 17 anni di dittatura ufficialmente rimasero in carica gli ambasciatori accreditati da Salvador Allende. Il colpo di Stato, che molti cileni speravano proteggesse la costituzione, ora si manifestava in tutto il suo orrore. I soldati fucilarono i primi dissidenti catturati nell'Estadio Nacional de Chile, tra di essi il cantante Victor Jara, mentre i sostenitori di Unidad popular venivano sequestrati, torturati e, molti, uccisi. Pablo Neruda sarebbe morto invece in ospedale, in circostanze poco chiare. Il 13 settembre la giunta sciolse il parlamento e proibì i partiti politici. Alla famiglia Allende fu concesso di andare in esilio all'estero, prima a Cuba e poi in Messico o negli Stati Uniti (la figlia Beatriz e la sorella Laura si sarebbero successivamente suicidate, mentre la nipote Isabel, la moglie Hortensia e la figlia Isabel rientrarono in Cile nel 1990), mentre i collaboratori di governo di Allende e i membri più influenti dei partiti democratici furono internati all'Isola Dawson fino al 1976. Pinochet avrebbe invece di fatto "regnato", non democraticamente eletto, per i successivi diciassette anni. La violazione dei diritti umani da parte del suo governo è stata, così come testimoniano precise prove documentali, sistematica prassi quotidiana e alla fine del lungo periodo di dittatura si stimarono più di 3000 vittime (anche non cilene), fra morti e desaparecidos e circa 30.000 persone torturate (le cifre sono tratte dal Rapporto Rettig, un'inchiesta ufficiale condotta in Cile dopo la fine della dittatura di Pinochet, nel 1990), anche se alcuni conti indicano 40000 vittime, cifra non ufficiale. Tranne che per la strage dell'Estadio Nacional de Chile, Pinochet tentò di insabbiare questi crimini parlando di morti in scontri di guerriglia o di esiliati, anziché di sequestri e omicidi. Molti cileni continuarono a rimpiangere Allende nonostante la repressione e la censura dei militari. Documenti americani declassificati a partire dalla presidenza Clinton indicano altresì come la CIA, il servizio segreto degli Stati Uniti d'America, sia stato la "longa manus" del governo di quest'ultimo Paese, appoggiando il rovesciamento con la forza di Allende e incoraggiando l'uso della tortura da parte delle forze armate di Pinochet.

L'eredità spirituale ed il dibattito successivo

« Come Giacomo Matteotti, andò consapevolmente incontro al suo tragico destino. Egli, come Matteotti, ha gettato tra la libertà e la dittatura il suo corpo - ridotto ormai a una macchia di sangue dalla selvaggia aggressione - perché esso fosse il primo spalto della lotta dei cileni contro la dittatura. »
(Sandro Pertini)

Il grande mausoleo di Salvador Allende, al Cimitero monumentale di Santiago del Cile: veduta del complesso funebre dal viale principale (a sinistra) e tomba di Allende (a destra)
Più di trent'anni dopo la sua morte, Allende rimane un personaggio controverso. Un ampio e partecipato dibattito si è aperto in tutto il mondo su come avrebbe potuto evolvere la storia del Cile se Allende non fosse morto. Ma in queste riflessioni Allende è un simbolo, che impersona le idee sostenute ed in via di applicazione, mentre il dibattito fu ed è di idee.
Elemento fattuale comune a tutte le impostazioni polemiche è che, in concreto, si è subito sospettato ed abbiamo oggi per ben certo (per loro stessa ammissione documentale) che gli Stati Uniti abbiano quantomeno favorito un arresto coatto e violento di un processo politico democratico interno di un altro paese. Ciò ovviamente veniva interpretato alternativamente come un'insostenibile sopraffazione imperialista o come un opportuno intervento per impedire avanzamenti dell'ideologia sovietica in America Latina, considerata dagli Stati Uniti il proprio 'cortile di casa' sin dai tempi della Dottrina Monroe.
Dalla sinistra dunque Allende è considerato un martire, caduto per la causa del socialismo. I militanti di sinistra, e non solo, si volsero ben presto ad identificare negli Stati Uniti, e specificamente in Henry Kissinger, con l'avallo del Presidente Richard Nixon, e nella CIA (in particolare nel suo agente principale in Sudamerica, Michael Townley), i diretti responsabili della sua morte e lo vedono come una delle vittime dell'"Imperialismo Americano". Il suo viso è stato anche stilizzato e riprodotto come un simbolo del Marxismo, così come era accaduto per la famosa immagine di Che Guevara. Allende e altri leader sono stati l'ispirazione del cosiddetto socialismo del XXI secolo. Dalla destra si guarda invece meno favorevolmente alla figura di Allende. La sua stretta amicizia con Fidel Castro ha portato molti ad accusarlo di essere un comunista. Affermano anche che le profonde riforme che aveva attuato mentre era al potere avevano messo in ginocchio l'economia del paese, tentando di instaurare il socialismo reale di stampo sovietico, o una dittatura sul modello di Castro, cosa sempre negata da Allende, che si ispirava ad un socialismo democratico marxista ma riformista.

Francobollo sovietico
Il coinvolgimento degli USA nel golpe che depose Allende rimane un argomento scottante sulla condotta della Casa Bianca durante la Guerra Fredda in territorio extra-statunitense. L'abbattimento del governo democratico di Allende resta sicuramente tra i più controversi colpi di stato in America Latina. Pressati dall'opinione pubblica internazionale, a partire dalla presidenza di Jimmy Carter gli Stati Uniti cominciarono a prendere le distanze dal regime dittatoriale cileno. Come dimostrato in parte dai documenti poi declassificati e resi pubblici dal presidente americano Bill Clinton, è oggi provato l'appoggio americano al colpo di stato. Solo negli anni 2000, Colin Powell, segretario di stato (cioè Ministro degli Esteri) del presidente statunitense repubblicano George W. Bush, ha dichiarato che il sostegno al golpe cileno "non è un momento della storia degli Stati Uniti di cui andiamo particolarmente orgogliosi".[72]

11 settembre 1973, disegno di Carlos Latuff che raffigura Allende che difende la Moneda dal golpe
Il festival del cinema latino-americano di Trieste assegna ogni anni il "Premio Salvador Allende", a chi si è distinto con il proprio impegno culturale, politico o sociale nel "riscattare la memoria e la storia dei popoli latinoamericani". Tra i vari vincitori Miguel Littín e Bettino Craxi (premio alla memoria).[73]

Influenza culturale

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Salvador Allende nella cultura popolare.

Galleria fotografica

Bibliografia

  • Patricio Guzmán, Salvador Allende,film documentario, La parabola umana, intellettuale e politica del presidente della Repubblica del Cile, Feltrinelli, 2006 ISBN 978-88-07-74017-6
  • Patricia Verdugo, Salvador Allende. Anatomia di un complotto organizzato dalla CIA, Dalai editore, 2004
  • Luciano Aguzzi, Salvador Allende. L'uomo, il leader, il mito, Ediesse, 2003
  • Christopher Hitchens, Processo a Henry Kissinger (tit. or.: The Trial of Henry Kissinger, London, Verso 2002). Milano, Editrice Fazi, 2005. ISBN 88-8112-613-3: sul ruolo di Kissinger come organizzatore del golpe contro Allende
  • Patricio Guzmán, Salvador Allende - La memoria ostinata. DVD. Con libro, Feltrinelli 2006
  • D. Fernando García, Oscar Sola, Salvador Allende, Sperling e Kupfer, 1998
  • Victor Farías, Salvador Allende. La fine di un mito. Il socialismo tra ossessione totalitaria e corruzione. Nuove rivelazioni, Medusa edizioni, 2007
  • Andrea Mulas, Allende e Berlinguer. Il Cile dell'Unidad Popular e il compromesso storico italiano, Manni, 2005

Onorificenze

Onorificenze cilene

Gran Maestro dell'Ordine di Bernardo O'Higgins - nastrino per uniforme ordinaria Gran Maestro dell'Ordine di Bernardo O'Higgins


Gran Maestro dell'Ordine al Merito - nastrino per uniforme ordinaria Gran Maestro dell'Ordine al Merito


Onorificenze straniere

Ordine di José Martí (Cuba) - nastrino per uniforme ordinaria Ordine di José Martí (Cuba)


Ordine dei Compagni di O.R. Tambo in Oro (Sudafrica) - nastrino per uniforme ordinaria Ordine dei Compagni di O.R. Tambo in Oro (Sudafrica)

— 16 giugno 2004
Premio Lenin per la Pace (URSS) - nastrino per uniforme ordinaria Premio Lenin per la Pace (URSS)

— Mosca, 1972


giovedì 5 settembre 2013

8 SETTEMBRE 1943 - 8 SETTEMBRE 2013: ACCADEVA 70 ANNI FA, IL TRADIMENTO DEL MARESCIALLO BADOGLIO VERSO IL P.N.F., LA FUGA VILE DEL RE E DEL GOVERNO ITALIANO DA ROMA VERSO IL SUD ITALIA, LA SCELLERATA E FRETTOLOSA DECISIONE DELL'ARMISTIZIO CHE SPINSE L'ITALIA INTERA VERSO UNA SANGUINOSISSIMA GUERRA CIVILE! DOPO L'8 SETTEMBRE INIZIARONO I GENOCIDI DELLE POPOLAZIONI ITALICHE DA PARTE DELLE TRUPPE TEDESCHE PRESENTI SUL TERRITORIO, GLI ULTIMI 2 ANNI DI GUERRA (1943 - 1945) FECERO PIÙ VITTIME CIVILI IN ITALIA DI TUTTI GLI ANNI DALL'INIZIO DEL CONFLITTO MONDIALE... (1939 IN POLONIA - 1940 L'INIZIO PER L'ITALIA)

Proclama Badoglio dell'8 Settembre 1943

Il tradimento del Maresciallo Badoglio

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Pietro Badoglio, capo del governo italiano che concluse l'armistizio di Cassibile
Il proclama Badoglio dell'8 settembre 1943, che fece seguito a quello del generale Dwight D. Eisenhower delle 18.30,[1] trasmesso dai microfoni di radio Algeri, fu il discorso letto alle 19.42 dai microfoni dell'EIAR da parte del Capo del Governo, maresciallo d'Italia Pietro Badoglio con il quale si annunciava l'entrata in vigore dell'armistizio di Cassibile firmato con gli anglo-americani il giorno 3 dello stesso mese.

Il proclama letto alla radio

« Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta.
Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo.
Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza. »

Le conseguenze del proclama Badoglio

La fuga dalla Capitale dei vertici militari, del Capo del Governo Pietro Badoglio, del Re Vittorio Emanuele III, e di suo figlio Umberto dapprima verso Pescara, poi verso Brindisi, e la confusione, provocata soprattutto dall'utilizzo di una forma che non faceva comprendere il reale senso delle clausole armistiziali e che fu dai più invece erroneamente interpretata per la seconda volta come la fine della guerra, generarono ulteriore confusione presso tutte le forze armate italiane in tutti i vari fronti sui quali ancora combattevano, e che, lasciate senza precisi ordini, si sbandarono.[2] Oltre 600.000 soldati italiani vennero catturati dall'esercito germanico, e destinati a diversi Lager con la qualifica di I.M.I. (internati militari italiani) nelle settimane immediatamente successive.
Più della metà dei soldati in servizio abbandonarono le armi e tornarono alle loro case in abiti civili. La ritorsione da parte degli ormai ex-alleati nazisti, i cui alti comandi, come quelli italiani[3] avevano appreso la notizia dalle intercettazioni del messaggio radio di Eisenhower, non si fece attendere tanto che fu immediatamente attuata "l'operazione Achse" (asse), ovvero l'occupazione militare di tutta la penisola italiana; il 9 settembre l'affondamento della Corazzata Roma alla quale nella notte precedente era stato ordinato, assieme a tutta la flotta della Regia Marina, di far rotta verso Malta in ottemperanza alle clausole armistiziali anziché, come precedentemente stabilito, attaccare gli alleati impegnati nello sbarco di Salerno.
Nelle stesse ore una parte delle forze armate rimase fedele al Re Vittorio Emanuele III come la Divisione Acqui sull'isola di Cefalonia che fu annientata; una parte si diede alla macchia dando vita alle prime formazioni partigiane come la Brigata Maiella. Altri reparti, soprattutto al nord, come la Xª Flottiglia MAS e la MVSN, decisero di rimanere fedeli al suo vecchio alleato e al fascismo. Nonostante il proclama di Badoglio, gli alleati ostacolarono una massiccia e immediata scarcerazione dei prigionieri di guerra italiani.

Note

  1. ^ Le 17.30 di Algeri [1]
  2. ^ P. Pieri, dal Dizionario biografico degli Italiani, Ist. Treccani. URL consultato in data 03-09-2010.
  3. ^ L’eroica fine della corazzata Roma

Filmografia

Scritta antibadogliana riapparsa a Verbania-Pallanza (piazza del Municipio) allo sbiadire di una mano di calce data per cancellarla. Testo: "Abbasso Badoglio, abbasso i traditori del PNF.

Bibliografia

  • Elena Aga-Rossi, Una nazione allo sbando. L'armistizio italiano del settembre 1943 e le sue conseguenze. Bologna, Il Mulino, 2003
  • Silvio Bertoldi, Apocalisse italiana. Otto settembre 1943. Fine di una nazione. Milano, Rizzoli, 1998.
  • Davide Lajolo, Il voltagabbana. 1963
  • Oreste Lizzadri, Il regno di Badoglio. Milano, Edizioni Avanti!, 1963
  • Luigi Longo, Un popolo alla macchia. Milano, Mondadori, 1952
  • Paolo Monelli, Roma 1943. Torino, Einaudi, 1993
  • Ruggero Zangrandi, 1943: 25 luglio-8 settembre. Milano, Feltrinelli, 1964
  • Ruggero Zangrandi, Il lungo viaggio attraverso il fascismo. Milano, FelTrinelli, 1976
  • Ruggero Zangrandi, L'Italia tradita. 8 settembre 1943. Milano,

Voci correlate

Armistizio di Cassibile

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Armistizio di Cassibile
Il generale Castellano (in borghese) ed il generale Eisenhower si stringono la mano dopo la firma dell'armistizio a Cassibile, il 3 settembre 1943
Il generale Castellano (in borghese) ed il generale Eisenhower si stringono la mano dopo la firma dell'armistizio a Cassibile, il 3 settembre 1943

Data 3 settembre 1943
Luogo Cassibile, Siracusa
Esito Cessazione delle ostilità dell'Italia contro le Forze Alleate
Parti contraenti
voci di trattati presenti su Wikipedia
L'armistizio di Cassibile (detto anche armistizio corto), fu un armistizio siglato segretamente, nella cittadina di Cassibile, il 3 settembre del 1943, e l'atto con il quale il Regno d'Italia cessò le ostilità contro le forze Anglo-Americane Alleate, nell'ambito della seconda guerra mondiale. In realtà non si trattava affatto di un armistizio, ma di una vera e propria resa senza condizioni.
Poiché tale atto stabiliva la sua entrata in vigore dal momento del suo annuncio pubblico, esso è comunemente citato come "8 settembre", data in cui, alle 18:30,[1] fu reso noto prima dai microfoni di Radio Algeri da parte del generale Dwight Eisenhower e, poco più di un'ora dopo, alle 19:42, confermato dal proclama del maresciallo Pietro Badoglio trasmesso dai microfoni dell'EIAR.[2]

Antefatti

Nella prima metà del 1943, in una situazione generale di grave preoccupazione, indotta dall'opinione, sempre più condivisa, che la guerra fosse ormai perduta e che stesse apportando insopportabili e gravissimi danni al Paese, Benito Mussolini, capo del fascismo, operò una serie di avvicendamenti, che investirono alcuni dei più significativi centri di potere, e delle alte cariche dello Stato,[3] rimuovendo, tra l'altro, alcuni personaggi che reputava ostili alla prosecuzione del conflitto accanto alla Germania, o comunque più fedeli al Re che non al regime. Secondo alcuni studiosi, fu a seguito di tali sostituzioni, finalizzate a rafforzare il regime in crisi di consenso, se non apertamente ostili al Quirinale (dal quale giungevano da tempo segnali critici occulti nei confronti del governo[4]), che Vittorio Emanuele avrebbe rotto gli indugi ed iniziato a progettare in via esecutiva un piano che consentisse la destituzione del duce.
Per questo fu avvicinato Dino Grandi, uno dei gerarchi più intelligenti e prestigiosi dell'élite di comando, che in gioventù si era evidenziato come il solo vero potenziale antagonista di Mussolini all'interno del Partito Nazionale Fascista, e del quale si aveva motivo di sospettare che avesse di molto rivisto le sue idee sul regime. A Grandi, attraverso garbati e fidati mediatori fra i quali il Conte d'Acquarone, ministro della Real Casa, e lo stesso Pietro Badoglio, si prospettò l'opportunità di avvicendare il dittatore e si convenne che la stagione del fascismo originale, quello dell'"idea pura" dei fasci di Combattimento, era finita ed il regime si era irrimediabilmente annacquato in un qualunque sistema di gestione del potere, avendo perso ogni speranza di sopravvivere a se stesso.
Grandi riuscì a coinvolgere nella fronda sia Giuseppe Bottai, altro importantissimo gerarca che sosteneva l'idea originaria e "sociale" del fascismo operando sui campi della cultura, sia Galeazzo Ciano, che oltre che ministro ed altissimo gerarca anch'egli, era pure genero del Duce. Con essi diede vita all'Ordine del Giorno che avrebbe presentato alla riunione del Gran Consiglio del Fascismo il 25 luglio 1943 e che conteneva l'invito rivolto al re a riprendere le redini della situazione politica. Mussolini fu arrestato e sostituito da Badoglio, anziché, come era stato sempre detto a Grandi, da Enrico Caviglia, generale di più stimate qualità personali e professionali.
La nomina di Badoglio, che aveva aperto la strada ad un istintivo entusiasmo popolare durato poche ore, non significava la fine della guerra, che continuava "a fianco dell'alleato germanico", sebbene fosse un tassello della manovra sabauda per giungere alla pace. Attraverso canali dei più disparati, si cercò un produttivo contatto con le potenze alleate, cercando di ricostruire quei passaggi delle trattative (sempre indicate come spontanee ed indipendenti) già intessute da Maria José, consorte di Umberto II di Savoia, che potevano stavolta meritare l'avallo del re.

Verso la firma

Fu a Lisbona che si decise di agire, e fu qui che il 16 agosto fu inviato il generale Giuseppe Castellano, per prendere contatti con i rappresentanti delle potenze avversarie. Furono inviati in Portogallo (o vi si presentarono per loro conto), separatamente fra loro, anche altri due generali, ufficialmente latori delle stesse aperture; gli alleati faticarono a comprendere quale dovesse essere il loro interlocutore, e misero a confronto i tre generali, che si abbandonarono a una singolare lunga contesa circa le rispettive pretese di superiorità di grado.[senza fonte] Identificato in Giuseppe Castellano il "vero" inviato, l'ambasciatore britannico Ronald Campbell e i due generali inviati nella capitale portoghese dal generale Dwight David Eisenhower, lo statunitense Walter Bedell Smith e il britannico Kenneth Strong, ricevettero la disponibilità di Roma alla resa.
La proposta di resa, in realtà non era considerata con grande euforia da parte alleata, in quanto le sorti della guerra erano già evidentemente segnate verso una probabile prossima sconfitta delle armate italiane. Comunque la resa avrebbe significato un'accelerazione del corso della guerra verso la sconfitta tedesca, anche se poteva limitare in parte i vantaggi che le forze alleate intendevano trarre dalla vittoria militare.[5]
Da autorevoli commenti successivi, e anche dalla vasta memorialistica prodotta nel dopo-guerra dai soggetti coinvolti (uno dei quali era proprio Eisenhower), si è dedotto che comunque fu l'incertezza nei rapporti fra le potenze alleate, e l'intento di evitare, a guerra ancora aperta, pericolose frizioni di interesse fra loro, che spinse gli alleati ad accettare di parlarne con concreta attenzione. Se l'Italia fosse stata conquistata, ad esempio, dagli statunitensi (già in posizione di supremazia militare nell'alleanza), l'Inghilterra e l'URSS avrebbero ovviamente distinto le loro posizioni per garantirsi equilibri che ne pareggiassero la strategica acquisizione, e avrebbero combattuto per loro conto, forse - eventualmente - anche contro gli stessi statunitensi. In più, in un'eventuale spartizione, era assolutamente da evitare (secondo gli altri) che l'Italia cadesse in mano britannica, giacché Londra avrebbe potuto monopolizzare il traffico commerciale, coloniale e soprattutto petrolifero del Mediterraneo. Se ancora Jalta non era alla vista, se ne cominciava ad avvertire l'incombere.[5]
Accettare la resa (rinunciando a conquistare militarmente l'Italia), divenne dunque la scelta più utile, per la quale spendere molte energie diplomatiche, sia da parte americana che degli altri alleati.
Il 30 agosto, Badoglio convocò Castellano, rientrato il 27 da Lisbona con qualche prospettiva. Il generale comunicò la richiesta di un incontro in Sicilia, che era già stata conquistata. La proposta fu avanzata dagli Alleati per il tramite dell'ambasciatore britannico in Vaticano, D'Arcy Osborne che collaborava a stretto contatto con il collega statunitense Myron Charles Taylor. Si è congetturato che la scelta proprio di quel diplomatico non fosse stata casuale, a significare che il Vaticano, già attraverso monsignor Montini ben immerso in trattative diplomatiche per il futuro post-bellico, e sospettato dal Quirinale di aver osteggiato la pace in trattative precedenti, stavolta avallasse, o almeno non intendesse ostacolare, il perseguimento di un simile obiettivo.

Scelta delle condizioni

Badoglio, ritenendo per suo conto che vi fossero anche gli spazi per una trattativa nella quale contrattare e "vendere" la resa a buon prezzo, quantunque si trattasse in realtà di una richiesta di cessazione delle ostilità, chiese a Castellano di farsi portavoce di alcune proposte presso gli Alleati: in particolare Castellano avrebbe dovuto insistere sul fatto che l'Italia avrebbe accettato l'armistizio solo a condizione che prima si effettuasse un massiccio sbarco alleato nella penisola. Badoglio si spinse anche a chiedere agli alleati di conoscere quali fossero i loro programmi militari, sebbene la guerra fosse ancora in corso.
Tra le tante altre condizioni che furono richieste agli alleati, solo quella di inviare 2.000 unità paracadutate su Roma per la difesa della Capitale fu accolta, anche perché in parte già prevista dai piani alleati (ma sarebbe stata poi snobbata dagli stessi comandi italiani).[senza fonte]
Il 31 agosto il generale Castellano arrivò in aereo a Termini Imerese e fu quindi trasferito a Cassibile, nei pressi di Siracusa. Nello staff di Castellano si insinuò in qualche modo, e senza apparente ragione, né successiva spiegazione, anche un avvocato siciliano, Vito Guarrasi, all'epoca ufficiale di collegamento, il cui nome sarebbe poi emerso in correlazione con molti altri oscuri eventi regionali successivi.[senza fonte]
I colloqui comunque videro le parti relativamente distanti: Castellano chiese garanzie agli Alleati rispetto alla inevitabile reazione tedesca contro l'Italia alla notizia della firma dell'armistizio e, in particolare, uno sbarco alleato a nord di Roma precedente all'annuncio dell'armistizio; da parte alleata si ribatté che uno sbarco in forze e l'azione di una divisione di paracadutisti sulla capitale (un'altra richiesta su cui Castellano insistette) sarebbero stati in ogni caso contemporanei e non precedenti alla proclamazione dell'armistizio. In serata Castellano rientrò a Roma per riferire.
Il giorno successivo Castellano fu ricevuto da Badoglio; all'incontro parteciparono il ministro degli esteri Raffaele Guariglia e i generali Vittorio Ambrosio e Giacomo Carboni. Emersero posizioni non coincidenti: Guariglia e Ambrosio ritenevano che le condizioni alleate non potessero a quel punto che essere accettate; Carboni dichiarò invece che il Corpo d'armata da lui dipendente, schierato a difesa di Roma, non avrebbe potuto difendere la città dai tedeschi per mancanza di munizioni e carburante. Badoglio, che nella riunione non si pronunciò, fu ricevuto nel pomeriggio dal re Vittorio Emanuele III, che decise di accettare le condizioni dell'armistizio.

L'arrivo di Castellano a Cassibile

Un telegramma di conferma fu inviato agli Alleati; in esso si preannunciava anche l'imminente invio del generale Castellano. Il telegramma fu intercettato dalle forze tedesche in Italia che, già in sospetto di una simile possibile soluzione, presero a mettere sotto pressione, attraverso il comandante della piazza di Roma, Badoglio: questi enfaticamente spese molte volte la propria parola d'onore per smentire[senza fonte] qualsiasi rapporto con gli americani, ma in Germania cominciarono ad organizzare delle contromisure.
Il 2 settembre Castellano ripartì per Cassibile, per dichiarare l'accettazione da parte italiana del testo dell'armistizio; non aveva tuttavia con sé alcuna autorizzazione scritta a firmare. Badoglio, che non gradiva che il suo nome fosse in qualche modo legato alla sconfitta[senza fonte], cercava di apparire il meno possibile e non gli aveva fornito deleghe per la firma, auspicando evidentemente che gli Alleati non pretendessero altri impegni scritti oltre al telegramma spedito il giorno precedente.
Castellano sottoscrisse il testo di un telegramma da inviare a Roma, redatto dal generale Bedell Smith, in cui si richiedevano le credenziali del generale, cioè l'autorizzazione a firmare l'armistizio per conto di Badoglio, che non avrebbe più potuto evitare il coinvolgimento del suo nome; si precisò che, senza tale firma, si sarebbe prodotta l'immediata rottura delle trattative. Ciò, naturalmente, perché in assenza di un accredito ufficiale, la firma di Castellano avrebbe impegnato solo lo stesso generale, certo non il governo italiano. Nessuna risposta pervenne tuttavia da Roma.
Al che, nella prima mattinata del 3 settembre, per sollecitare la delega, Castellano inviò un secondo telegramma a Badoglio, che questa volta rispose quasi subito con un radiogramma in cui chiariva che il testo del telegramma del 1º settembre era già un'implicita accettazione delle condizioni di armistizio poste dagli Alleati.
Ma di fatto continuava comunque a mancare una delega a firmare e si dovette attendere un ulteriore telegramma di Badoglio, pervenuto solo alle 16,30: oltre all'esplicita autorizzazione a firmare l'armistizio per conto di Badoglio, il telegramma informava che la dichiarazione di autorizzazione era stata depositata presso l'ambasciatore britannico in Vaticano D'Arcy Osborne.
A quel punto si procedette alla firma del testo dell'armistizio 'breve'.

Le firme

Il generale Giuseppe Castellano firma l'armistizio a Cassibile per conto di Badoglio. In piedi Walter Bedell Smith (a destra) ed il funzionario del ministero degli esteri Franco Montanari (a sinistra)
L'operazione ebbe inizio intorno alle 17: apposero la loro firma Castellano, a nome di Badoglio, e Walter Bedell Smith (futuro direttore della CIA) a nome di Eisenhower. Alle 17,30 il testo risultava firmato. Fu allora bloccata in extremis dal generale Eisenhower la partenza di cinquecento aerei già in procinto di decollare per una missione di bombardamento su Roma, minaccia che aveva corroborato lo sveltimento dei dubbi di Badoglio e che probabilmente sarebbe stata attuata se la firma fosse saltata.
Harold Macmillan, il ministro britannico distaccato presso il quartier generale di Eisenhower, informò subito Churchill che l'armistizio era stato firmato "[...] senza emendamenti di alcun genere".
A Castellano furono solo allora sottoposte le clausole contenute nel testo dell'armistizio 'lungo', già presentate invece a suo tempo dall'ambasciatore Campbell al generale Giacomo Zanussi, anch'egli presente a Cassibile già dal 31 agosto, che tuttavia, per ragioni non chiare, aveva omesso di informarne il collega. Bedell Smith sottolineò che le clausole aggiuntive contenute nel testo dell'armistizio "lungo" avevano tuttavia un valore dipendente dalla effettiva collaborazione italiana alla guerra contro i tedeschi.
Nel pomeriggio dello stesso 3 settembre Badoglio si riunì con i ministri della Marina, De Courten, dell'Aeronautica, Sandalli, della Guerra, Sorice, presenti il generale Ambrosio e il ministro della Real Casa Acquarone: non fece cenno alla firma dell'armistizio, riferendosi semplicemente a trattative in corso.
Fornì invece indicazioni sulle operazioni previste dagli Alleati; in particolare, nel corso di tale riunione, avrebbe fatto cenno allo sbarco in Calabria, ad uno sbarco di ben maggiore rilievo atteso nei pressi di Napoli ed all'azione di una divisione di paracadutisti alleati a Roma, che sarebbe stata supportata dalle divisioni italiane in città perché ormai l'Italia avrebbe agevolato gli alleati.
Intanto Hitler, il 7 settembre, aveva chiesto al suo comando di formalizzare in un ultimatum le pressanti richieste che i comandi militari tedeschi facevano al comando supremo italiano.[6] Le richieste comprendevano la libertà di movimento delle truppe tedesche in ogni parte del territorio italiano, in particolare le installazioni della marina militare, il ritiro delle truppe italiane dalle zone di confine con il reich, la sottomissione di tutte le truppe italiane presenti nella valle del Po alle direttive del Heeresgruppe B, creazione di un grande contingente di truppe italiane per la difesa dell'Italia del sud dall'invasione alleata e modifica della catena di comando in favore di un controllo tedesco delle forze armate italiane. L'ultimatum doveva essere firmato da Hitler il 9 settembre, ma l'annuncio dell'armistizio lo rese inutile.[6]

L'otto settembre

Nelle prime ore del mattino, dopo un bombardamento aeronavale alleato delle coste calabresi, ebbe inizio fra Villa San Giovanni e Reggio Calabria lo sbarco di soldati della 1ª Divisione canadese e di reparti britannici; si trattò di un imponente diversivo per concentrare l'attenzione dei tedeschi molto a sud di Salerno, dove avrebbe avuto invece luogo lo sbarco principale.
Due americani, il generale di brigata Maxwell D. Taylor e il colonnello William T. Gardiner, furono inviati in segreto a Roma per verificare le reali intenzioni degli italiani e la loro effettiva capacità di supporto per i paracadutisti americani. La sera del 7 settembre incontrarono il generale Giacomo Carboni, responsabile delle forze a difesa di Roma. Carboni manifestò l'impossibilità delle forze italiane di supportare i paracadutisti americani e la necessità di rinviare l'annuncio dell'armistizio. Gli americani chiesero di vedere Badoglio, il quale confermò l'impossibilità di un immediato armistizio. Eisenhower, avvisato dei fatti, fece annullare l'azione dei paracadutisti, che avevano già parzialmente preso il decollo dalla Sicilia, e decise di rendere pubblico l'armistizio. Alle 18:30 dell' 8 settembre gli alleati annunciarono l'armistizio dai microfoni di Radio Algeri. Alle 18:45 un bollettino della Reuters raggiunge Vittorio Emanuele e Badoglio al Quirinale; il re decise di confermare l'annuncio degli americani.[7]
L'armistizio fu reso pubblico alle 19:45 dell'8 settembre dai microfoni dell'EIAR che interruppero le trasmissioni per trasmettere l'annuncio (precedentemente registrato) della voce di Badoglio che annunciava l'armistizio alla nazione.

Conseguenze dell'armistizio di Cassibile

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Consegna della flotta italiana agli Alleati e Internati Militari Italiani.
L'annuncio dell'armistizio da parte degli alleati colse del tutto impreparate e lasciò quasi prive di direttive le forze armate italiane che si trovavano impegnate nei fronti all'estero, e quelle all'interno della madrepatria: non vi erano ordini né piani, né ve ne sarebbero stati nei giorni a seguire.
Il mattino successivo, di fronte alle prime notizie di un'avanzata di truppe tedesche dalla costa tirrenica verso Roma, il re, la regina, il principe ereditario, Badoglio, due ministri del Governo e alcuni generali dello stato maggiore fuggirono da Roma dirigendosi verso il sud Italia per mettersi in salvo dal pericolo di una cattura da parte tedesca. La fuga si arrestò a Brindisi che divenne per qualche mese la nuova capitale del Regno. Il progetto iniziale era stato quello di trasferire con il re anche gli stati maggiori al completo delle tre forze armate, ma solo pochi ufficiali raggiunsero Brindisi.
Tristemente noto è l'episodio dell'imbarco nel porto di Ortona: poiché non c'era posto per tutti i componenti del numeroso seguito, molti di loro, pur essendo alti ufficiali delle Forze Armate, si gettarono inutilmente all'assalto della piccola corvetta "Baionetta", ed una volta respinti a terra, colti dal panico, vestirono abiti borghesi e, abbandonando bagagli ed uniformi per terra nel porto, si diedero alla macchia[8].
Così, mentre avveniva il totale sbandamento delle forze armate, le armate tedesche della Wehrmacht e delle SS presenti in tutta la penisola poterono far scattare l'Operazione Achse (secondo i piani già predisposti sin dal 25 luglio dopo la destituzione di Mussolini) occupando tutti i centri nevralgici del territorio nell'Italia settentrionale e centrale, fino a Roma, sbaragliando quasi ovunque l'esercito italiano: la maggior parte delle truppe fu fatta prigioniera e venne mandata nei campi di internamento in Germania, mentre il resto andava allo sbando e tentava di rientrare al proprio domicilio. Di questi ultimi, chi per motivi ideologici, o per opportunità, si diede alla macchia oppure andò a costituire i primi nuclei del movimento partigiano della resistenza italiana.
Nonostante alcuni straordinari episodi di valore in patria e su fronti esteri da parte del regio esercito italiano (tra i più celebri si ricordano quelli che si conclusero con l'eccidio di Cefalonia e con l'eccidio di Coo, avvenuto dopo la Battaglia di Coo), quasi tutta la penisola cadde sotto la pronta occupazione tedesca e l'esercito venne disarmato, mentre l'intera impalcatura dello Stato cadde in sfacelo. Le Forze Armate italiane riuscirono a sconfiggere e mettere in fuga il nemico tedesco solo a Bari, in Sardegna e in Corsica (che era stata occupata dall'Italia). A Napoli, invece, fu la popolazione a mettere in fuga le truppe nazifasciste dopo una battaglia durata 4 giorni (episodio che sarebbe poi passato alla storia come le cosiddette quattro giornate di Napoli. Una questione a parte si originò circa la mancata difesa di Roma, che poté essere facilmente espugnata dai tedeschi.
La Regia Marina, che era ancorata nei porti da circa un anno per penuria di carburante, dovette consegnarsi nelle mani degli Alleati a Malta come prescritto nelle condizioni di armistizio. Successivamente, dopo la consegna, le navi maggiori furono internate nei laghi amari mentre il naviglio minore si unì alle flotte alleate per combattere contro il nuovo nemico. In seguito buona parte della flotta, in ottemperanza del trattato di Parigi del 1946, venne ceduta alle potenze vincitrici o demolita.
La sera dell'8 settembre, quando il ministro della Marina De Courten annunciò alle basi di La Spezia e di Taranto l'armistizio e l'ordine del re di salpare con tutte le navi per Malta, tra gli equipaggi si rischiò la rivolta ed in quelle concitate ore c'era chi proponeva di lanciarsi in un ultimo disperato combattimento, chi di autoaffondarsi.[senza fonte]
De Courten nel pomeriggio telefonò a La Spezia all'ammiraglio Bergamini, ammettendo che l'armistizio era ormai imminente[9]; dovendo però andare al Quirinale, lasciò al suo vice, ammiraglio Sansonetti, ex compagno di corso di Bergamini, il compito di convincerlo. Bergamini, con riluttanza, accettò formalmente gli ordini lasciando gli ormeggi, ma De Courten nascose la clausola del disarmo che pure era tra le condizioni dell'armistizio così come alcune clausole del Promemoria Dick,[10] allegato all'armistizio.
Tale documento prevedeva, fra l'altro, di innalzare un pennello nero o blu scuro sull'albero di maestra e di porre in coperta grandi dischi neri[9]; questi segnali saranno innalzati dall'ammiraglio Oliva solo alle ore 7 del 10 settembre dopo comunicazione della Supermarina,[9] mentre Bergamini innalzò il gran pavese navigando verso Malta, la sua navigazione si concluse il pomeriggio del giorno seguente, quando la corazzata Roma venne sventrata da una bomba teleguidata Fritz-X lanciata da un Dornier Do 217 tedesco.
Il naviglio della Regia Marina perso a causa dell'armistizio, sia per autoaffondamento sia per cattura da parte dei tedeschi fu di 294.363 tonnellate per 392 unità già operative, e di 505.343 tonnellate per 591 unità se si aggiungono le unità in costruzione, questo dislocamento rappresentava il 70% del dislocamento di tutte le navi della Regia Marina all'inizio della guerra, ed era nettamente superiore al dislocamento del naviglio perso nei precedenti 39 mesi di guerra (334.757 tonnellate)[11]

martedì 3 settembre 2013

방송모임] 《장군님은 위대한 사랑의 화신입니다》중에서 - 조선외무성 대변인 인도주의대화분위기를 미국이 망쳐놓았다고 주장




 방송모임] 《장군님은 위대한 사랑의 화신입니다》중에서 



조선외무성 대변인 인도주의대화분위기를 미국이 망쳐놓았다고 주장

(평양 8월 31일발 조선중앙통신)
조선민주주의인민공화국 외무성대변인은 미국측이 우리가 타당한 리유도 없이 미국무성 인권 및 인도주의협조문제특사의 방문을 갑자기 불허한듯이 여론을 오도하고있는것과 관련하여 31일 조선중앙통신사 기자가 제기한 질문에 다음과 같이 대답하였다.
우리는 인도주의적견지에서 출발하여 미국측이 제기한 국무성특사의 방문을 수락하고 우리 나라에서 교화중인 미국인문제를 진지하게 론의하려고 하였다.
알려진바와 같이 최근 우리는 미국과 남조선이 우리를 반대하는 대규모합동군사연습을 벌려놓았지만 어떻게 하나 긴장격화의 악순환을 막기 위하여 최대한의 자제력을 발휘하여왔다.
그럼에도 불구하고 미국은 우리의 아량과 인내성있는 노력에 화답은 못할망정 오히려 전례없이 련속적으로 《B-52H》전략폭격기를 조선반도상공에 들이밀어 핵폭격훈련을 벌리는 엄중한 군사적도발을 감행하였다.
지난 4월 전쟁접경에 이르렀던 정세가 보여주듯이 전략폭격기의 조선반도상공진입은 우리에 대한 가장 명백한 핵공갈이며 합동군사연습의 공격성과 침략성을 가장 뚜렷이 드러내는 군사적위협행위이다.
이로써 미국은 모처럼 마련되였던 인도주의대화분위기를 한순간에 망쳐놓았다.
우리가 이에 대해 뉴욕접촉통로를 통하여 미국측에 명백히 통보하였음에도 불구하고 미국이 《놀랐다.》고 딴전을 피우는 자체가 놀라운 일이다.

경애하는 김정은원수님께서
조선인민내무군협주단의 음악무용종합공연을 관람하시였다
 
조선로동당 제1비서이시며 조선민주주의인민공화국 국방위원회 제1위원장이시며 조선인민군 최고사령관이신 경애하는 김정은원수님께서는 리설주동지와 함께 조선인민내무군협주단의 음악무용종합공연 《선군의 나의 조국》을 관람하시였다.
박봉주동지, 장성택동지, 김경희동지, 김기남동지, 김양건동지, 최부일동지와 인민보안원들, 조선인민내무군 장병들이 공연을 함께 보았다.
경애하는 김정은원수님을 모시고 공연을 보게 된 관람자들의 가슴은 끝없는 감격과 환희로 세차게 설레이고있었다.
경애하는 김정은원수님께서 극장관람석에 나오시자 폭풍같은 《만세!》의 환호가 터져올라 장내를 진감하였다.
전체 관람자들은 위대한 대원수님들의 불멸의 선군혁명사상과 업적을 만대에 길이 빛내이시며 우리 군대와 인민을 백승의 한길로 이끌어주시는 경애하는 원수님께 가장 뜨거운 감사의 인사를 드리였다.
경애하는 원수님께서는 관람자들의 열광적인 환호에 따뜻한 답례를 보내시였다.
공연무대에는 남성독창과 합창 《선군의 나의 조국아》, 합창 《조선의 장군》, 남성2중창과 합창 《승리자들》, 무용 《승리의 행진》, 양금과 녀성독창 《선군의 그 길을 생각할수록》, 어은금병창 《감사의 노래》, 녀성3중창 《먼저 찾아요》, 바얀2중주 《축배를 들자》, 혼성2중창 《우리 마을 우리 초소》, 손풍금과 색스폰3중주 《멋있는 사람》, 녀성기타병창 《보람찬 병사시절》, 남성고음3중창 《그보다 정다운 품 나는 몰라라》, 퉁소와 하모니카중주 《정말 좋은 세상이야》, 혼성4중창과 소합창 《공격전이다》, 녀성독창과 소합창 《래일을 믿으라》, 남성기타4병창 《오늘도 그날처럼》, 무용 《내가 지켜선 초소》, 녀성독창 《어느 사단 출신인가요》, 남성독창 《대렬훈련나날에 병사는 자랐네》, 남성독창과 방창 《뿌리가 되자》, 전자드람을 위한 경음악 《이 땅의 주인들은 말하네》, 설화시 《선군의 나의 조국》, 합창 《복받은 인민의 노래》, 《김정은장군 목숨으로 사수하리라》의 종목들이 올랐다.
공연을 통하여 출연자들은 한평생 선군혁명령도의 길에 계시며 조국과 인민의 무궁번영과 행복의 만년터전을 마련해주신 위대한 대원수님들의 영원불멸할 업적을 관람자들의 가슴마다에 뜨겁게 새겨주었다.
출연자들은 경애하는 원수님과 사상도 숨결도 운명도 함께 하며 당과 제도, 인민을 결사보위할 인민보안원들과 내무군장병들의 철석의 신념과 의지를 격조높이 구가하였다.
사회주의제도보위의 관문을 지켜선 인민보안원들과 내무군장병들의 불타는 충정과 고상한 정신세계, 전투적기백이 흘러넘치는 공연은 관람자들의 가슴을 세차게 울려주었다.
공연이 끝나자 또다시 폭풍같은 《만세!》의 환호성이 터져올랐다.
경애하는 김정은원수님께서는 열광의 환호를 올리는 출연자들과 관람자들에게 따뜻이 손저어주시며 공연성과를 축하하시였다.
경애하는 원수님께서는 출연자들이 자기 단체의 얼굴이 있고 특색이 있는 공연을 진행한데 대하여 커다란 만족을 표시하시였다.
경애하는 원수님께서는 공연무대를 다채롭고 다양하게 한것이 좋다고, 공연을 정말 잘 보았다고 하시면서 새것을 지향하는 참신하고 진취적인 내무군협주단 창작가, 예술인들의 창작, 창조기풍을 높이 평가하시였다.
경애하는 원수님께서는 제국주의자들의 사상문화적침투책동이 그 어느때보다 악랄해지고있는 오늘 사상교양사업을 순간도 멈추어서는 안된다고 하시면서 사상을 양보하면 사회주의를 지킬수 없다고 말씀하시였다.
경애하는 원수님께서는 오늘공연을 보면서 협주단예술인들의 맹세만이 아니라 혁명의 붉은 검을 억세게 틀어쥐고 우리의 사회주의제도를 수호해가려는 내무군장병들의 심장의 목소리를 들었다고, 공연이 자신께 큰 힘을 주었다고 말씀하시였다.
경애하는 원수님께서는 내무군협주단에서 공화국창건 65돐 경축공연준비를 잘할데 대한 과업을 주시였다.
경애하는 김정은원수님께서는 조선인민내무군협주단의 창작가, 예술인들이 당의 의도에 맞게 예술창조와 공연활동을 힘있게 벌림으로써 인민보안원들과 내무군장병들, 인민들을 혁명적으로 교양하고 그들의 투쟁을 적극 고무추동하리라는 기대와 확신을 표명하시였다.

본사정치보도반

공동선언리행은 북남관계개선의 근본열쇠

닫긴 문을 열자면 열쇠가 있어야 하듯이 불신과 대결로 꽁꽁 닫겨졌던 북남관계의 대문을 열자면 그 어느 일방에게도 치우치지 않고 우리 민족 누구에게나 접수될수 있는 합리적이고 공명정대한 열쇠가 있어야 한다.
그 열쇠가 바로 지난시기 실체험을 통하여, 또 오늘의 현 북남관계의 상황이 보여준바와 같이 6.15공동선언과 10.4선언을 존중하고 리행하는데 있다.
이전에도 그러하였지만 북남공동선언들을 철저히 리행하여 하루빨리 조국통일의 민족사적위업을 이룩하려는것은 우리의 시종일관한 립장이며 변함없는 의지이다.
지금 북과 남, 해외의 온 겨레는 우리의 성의있는 노력과 북남관계개선의지에 대해 적극적인 지지성원을 보내면서 모처럼 마련된 화해, 협력의 분위기가 고조되여 자주적평화통일과 민족공동의 번영의 길이 열리게 되기를 간절히 바라고있다.
경애하는 김정은동지께서는 다음과 같이 말씀하시였다.
《북남공동선언을 존중하고 리행하는것은 북남관계를 전진시키고 통일을 앞당기기 위한 근본전제입니다.》
조국통일은 우리 민족에게 있어서 더이상 미룰수 없는 지상의 과업이다.
만난을 무릅쓰고 조국을 통일하여 민족분렬의 비극의 력사, 치욕의 력사를 끝장내야 할 절박한 임무가 우리 세대에 지워져있다. 나라의 통일을 자주적으로, 평화적으로, 민족대단결의 원칙에서 이룩하는 최선의 방도는 력사적인 6. 15공동선언과 10. 4선언을 철저히 존중하고 리행해나가는데 있다.
북남수뇌상봉들을 통하여 채택된 민족공동의 통일대강이며 평화번영의 리정표인 북남공동선언들은 북과 남이 화해와 협력을 실현하고 관계를 발전시켜나가는데서 의거해야 할 유일한 지침이다.
6. 15시대는 력사적인 북남공동선언들이야말로 사상과 리념이 서로 다른 북과 남의 우리 민족에게 공감될수 있는 유일무이한 민족공동의 통일강령이며 어떤 정세하에서도 변함없이 높이 들고나가야 할 조국통일의 기치라는것을 뚜렷이 실증해주었다.
우리 공화국은 지금껏 모든 노력을 북남공동선언들을 리행하기 위한데로 지향시켜왔다.
6. 15공동선언과 10. 4선언은 북과 남이 합의하고 온 세상에 공표한 민족공동의 통일대강으로서 그 리행은 곧 조국통일이다. 북남선언들의 정당성과 생활력은 6. 15통일시대의 활력있는 전진과정에 뚜렷이 확증되였다.
북과 남이 불신과 대결, 말싸움으로 일관해오던 대화가 서로의 신뢰와 리해를 두터이하고 민족적단합을 강화하기 위한 대화로 전환된것은 선언들의 정신에 따라 북과 남이 각 분야에 걸쳐 대화와 협력을 확대해나갈 때 북남관계를 개선하고 조선반도의 공고한 평화와 자주통일을 이룩할수 있다는것을 보여주었다. 선언리행에 따라 북남사이에 막혔던 하늘길, 땅길, 배길도 새롭게 열리고 래왕과 협력도 활발히 이루어졌으며 평양과 서울, 백두산과 제주도, 금강산과 부산 등 온 삼천리강토가 겨레의 통일의지를 시위하는 6.15시대의 새로운 통일현장으로 되였다.
오늘날 온 겨레가 6.15통일시대를 잊지 못해하고 경각에 처하였던 개성공업지구가 정상화의 길을 걷게 된데 이어 흩어진 가족, 친척상봉을 위한 북남회담이 이루어진것에 대해 그토록 기뻐하며 하루빨리 북남선언들을 존중하고 리행할것을 강력히 요구하고있는것은 결코 우연한것이 아니다. 뿐만아니라 광범한 국제사회계도 북남관계개선과 관련한 우리의 조치들을 적극 지지환영하면서 조선반도에서 대화와 협력의 국면이 활짝 열리기를 기대하고있다.
현실은 력사적인 6. 15공동선언과 그 실천강령인 10. 4선언은 북남관계개선의 근본열쇠라는것을 똑똑히 보여주고있다.
북남공동선언을 리행해나가면 막혔던 문도 모두 열리게 되며 그 활로를 따라 외세를 배격하고 우리 민족모두가 손잡고 힘과 지혜를 합쳐 나아간다면 근 70년간 그토록 바라고 바라던 자주통일, 평화번영의 새 력사가 펼쳐지게 될것이다.
우리는 지난 시기와 마찬가지로 앞으로도 북남선언들의 기치를 높이 들고 민족의 화해와 단합을 실현하며 나라의 자주적평화통일을 이룩하기 위하여 적극 노력할것이다.
북과 남, 해외의 온 민족은 조국통일에 대한 락관과 확고한 신심을 안고 6. 15공동선언과 10. 4선언을 리행하여 자주통일, 평화번영을 이룩하기 위한 애국투쟁에 더욱 힘차게 떨쳐나서야 할것이다.

본사기자


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흐지부지된 《국정조사》, 더욱 고조되는 초불투쟁

지금 남조선에서 《정보원대선개입사건》의 진상규명을 요구하는 각계층의 투쟁이 더욱 고조되고있다.
알려진바와 같이 지난 7월 2일부터 50여일간에 걸쳐 남조선《국회》에서 진행된 《정보원대선개입사건》의 진상규명을 위한 《국정조사》가 8월 21일 3차《청문회》를 마치면서 사실상 마무리되였다.
알고있는것처럼 《국정조사》에서는 민주당의 요구에 따라 정보원의 《대선》개입의혹과 경찰의 수사은페 및 축소문제 등을 조사하기로 되여있었다. 그러나 《새누리당》을 비롯한 보수세력의 집요하고 로골적인 방해책동으로 이와 관련한 사실들을 명백히 밝히지 못하였을뿐만아니라 법기관에 넘기기로 되여있는 《조사결과보고서》도 작성하지 못한채 지금에 이르고있다.
남조선 각계의 항의에 못 이겨 마지못해 《국정조사》에 응해나선 《새누리당》은 조사 전기간 조사범위설정과 증인채택문제 등을 비롯하여 제기되는 모든 문제들에 대해 사사건건 물고늘어지면서 방해하였으며 회의들에 참가하지 않거나 집단퇴장하여 《국정조사》를 할수 없게 하였다.
뿐만아니라 사건의 주모자들인 전 정보원장 원세훈과 전 서울지방경찰청장 김용판이 《증인선서》를 거부하도록 부추기고 경찰의 수사은페를 폭로한 증인들에게 로골적으로 압력을 가하는가 하면 3차《청문회》때에는 보이코트까지 하였다. 여기에 정보원과 경찰들이 기자회견을 벌려놓고 야당을 공격하였으며 《조선일보》, 《동아일보》, 《MBC》를 비롯한 보수언론들도 《국정조사》정형을 외곡보도하거나 아예 취급하지도 않는 등 각방으로 훼방을 놓았다.
결국 《새누리당》과 보수세력의 끈질긴 방해책동으로 《정보원대선개입사건》의 진상규명을 위한 《국정조사》가 흐지부지되고말았다. 남조선 각계층에서는 이번 《국정조사》를 통하여 《새누리당》의 파렴치성이 다시한번 확인되였다는 목소리가 날로 높아지고있다.
3차《청문회》가 끝난 후 민주당은 청와대를 방문하여 《현 집권자가 침묵을 깨고 국민과 력사앞에 책임져야 한다.》는 내용의 공개서한을 발표하고 거리투쟁, 단식투쟁, 민주당소속 《국회의원》 전원총사퇴 등 강력한 투쟁을 벌리겠다고 선언하였다. 한편 남조선 각계층에서는 《정보원대선개입사건》진상규명과 책임자처벌, 《국정원 해체》, 《현 집권자의 사과》 등을 요구하는 항거의 초불이 더욱 세차게 타번지고있다.
8일 서울의 서초구, 도봉구, 금천구, 영등포구, 동작구, 강북구 등지에서 정보원규탄 초불집회와 함께 주민서명운동이 개최되고 금천구주민들은 6번째로 초불집회를 열었다. 도봉구주민들도 《정보원을 해체하라!》는 구호를 웨치며 정보원을 규탄하는 초불집회와 다양한 활동을 벌리였으며 25일 서울 종로구 청계광장에서는 《정보원대선개입사건》을 규탄하는 9차 범국민대회와 초불집회가 열리였다.
정보원의 《대선》개입을 규탄하는 수많은 시민사회단체들을 망라하여 조직된 한 단체는 기자회견을 열고 대규모초불투쟁을 계속 벌려나갈 의지를 표명하면서 《민중이 추겨든 항거의 초불에는 중단이라는것이 있을수 없다.》고 강조하였다.
《정보원대선개입사건》의 진상을 규명하고 민주화된 새 세상을 안아오려는 남조선인민들의 대중적투쟁은 시간이 흐를수록 더욱 고조되고있다.

본사기자  김 광 영

ITALIA-CINA

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PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!