Tratto da ITALIA SOCIALE di Antonio Del Prete - Rousseau spezza il nesso consequenziale tra individualismo e assolutismo stabilito da Hobbes attraverso una ridefinizione dello stato naturale in senso più assolutamente individualistico. La sua ipotesi di partenza, infatti, è quella di un’insocievolezza maggiore di quella descritta nella visione hobbesiana. Nell’analisi roussoviana dello stato di natura non è presente il conflitto, ma solo perché l’individuo non incontra facilmente i propri simili ovvero, in tale eventualità, se ne separa immediatamente. La sovranità originata dal contratto sociale dovrà essere dunque più estremizzata, dato che gli uomini non sono associati nemmeno dalla guerra reciproca. La condizione di felicità dell’individuo primitivo risiede nell’espressione della propria intima essenza, in quanto il paradigma della perfezione è determinato dal livello di autoidenticazione raggiunto. “L’uomo naturale è tutto per sé; è l’unità numerica, l’intero assoluto che non ha altro rapporto con sé stesso e col suo simile”. L’individualismo roussoviano non è circoscritto alla descrizione dello stato di natura, giacché lo stesso uomo civile dovrebbe restare “in-dividuo”, evitando le contraddizioni causa della divisione dell’uno. Purtroppo ciò non accade poiché l’ambizione degli uomini, costretti ad apparire diversi da ciò che sono, determina un processo di mascheramento e mistificazione che introduce una pericolosa frattura nell’Io. Qual è il motore dell’umana ambizione ? Rousseau sostiene che sia il “vivere sociale”. Infatti egli rinviene nella società il nucleo costitutivo delle passioni, definite l’origine stessa del male. Corruzione, disuguaglianza tra gli uomini e disordine sono dunque determinati da quell’ amour propre che ha sostituito “l’amore di sé”, caratterizzante lo stato naturale. La spiegazione di tale affermazione è data dalle definizioni delle due differenti passioni. L’”amore di sé” è un sentimento assoluto, naturale e buono perché assicura l’autoconservazione dell’individuo ed esprime il suo diritto alla vita, determinando nel primitivo compassione e pietà verso i simili. La nascita dei legami sociali, d’altra parte, implica una valutazione relativa di sé ed il desiderio di eccellere sugli altri. In tal senso si parla di amour propre, che è sempre negativo, in quanto, nascendo dal confronto con gli altri, si configura come sentimento sociale ed è quindi subordinato all’opinione. Dice in proposito Rousseau: “La sensibilità positiva deriva immediatamente dall’amore di sé. È naturale che colui che si ama cerchi di estendere il suo essere e i suoi godimenti e di appropriarsi, coi legami affettivi, di ciò che egli sente possa essere per lui un bene. … Ma non appena questo amore assoluto degenera in amor proprio, e in rivalità comparativa, ecco che produce la sensibilità negativa; appena, infatti, si prende l’abitudine di misurarsi con altri ed uscire da se stessi per assegnarsi il primo e il miglior posto, è impossibile non provare avversione per tutto ciò che … ci impedisce di essere tutto”. Le differenti qualità naturali divengono oggetto di valutazione morale e di pubblico riconoscimento, causando l’insorgere della disuguaglianza: “chi cantava o danzava meglio; il più bello, il più forte. Il più abile o il più eloquente divenne il più considerato, e ciò fu il primo passo verso la disuguaglianza, e verso il vizio allo stesso tempo: di queste prime preferenze nasceranno da un lato la vanità e il disprezzo, dall’altro la vergogna e l’invidia; e la fermentazione causata dai nuovi fermenti prodotti infine da composti funesti alla felicità e all’innocenza”. L’originaria integrità dell’Io non va mai, dunque, completamente perduta, in quanto rappresenta il fondamento stesso di un possibile recupero dell’autenticità. L’uomo deve tornare alla propria interiorità, sciogliere la scissione tra l’essere e l’apparire per riaccedere allo stato di quiete e di pacificazione del puro sentimento dell’esistenza. In questo modo si rende possibile il sentimento della philia, frutto dell’Io autentico ed alternativo all’amor proprio. Si palesa così, nuovamente, l’individualismo roussoviano: l’amicizia è un sentimento confinato in una piccola comunità retta da un’economia rurale e tradizionale tesa alla produzione di valori d’uso, mentre la philia sembra possibile solo tra individui legati da un rapporto di prossimità e di familiarità fraterna.
Fonte: www.ladestra.info
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