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giovedì 19 aprile 2018

IL PRESIDENTE DONALD TRUMP, CONSIGLIATO MALE DAI SUOI COLLABORATORI E MILITARI, PROPRIO COME UN ANNO FA NELL'APRILE 2017, E' CADUTO NELLA TRAPPOLA DEI RIBELLI ANTI-ASSAD CHE INSIEME ALL'AIUTO DEI SERVIZI SEGRETI FRANCESI, HANNO ORCHESTRATO LA FARSA DELL'ATTACCO CHIMICO, FAKE NEWS CHE AVEVA L'INTENTO DI PROVOCARE LA REAZIONE DEGLI AMERICANI CHE PROPRIO TRE GIORNI PRIMA DEL FALSO ATTACCO CHIMICO AVEVANO ANNUNCIATO IL RITIRO DELLE TRUPPE DALLA SIRIA...IL PRESIDENTE MACRON COME IL SUO EX-COLLEGA SARKOZY, E' PARTE ATTIVA PERCHE' VUOLE PREDOMINARE IN NORD-AFRICA PER AMMINISTRARE LE MATERIE PRIME COME ORO, DIAMANTI, COLTAN E LE RISORSE PETROLIFERE ESCLUDENDO DALL'AREA GLI ALTRI PAESI EUROPEI, IN PRIMIS L'ITALIA (RICORDIAMO I MILIARDI DI EURO ANDATI IN FUMO, CONTRATTI STIPULATI TRA LE IMPRESE ITALIANE COME L'ENI, CON IL GOVERNO LIBICO POI STRACCIATI PER COLPA DELLA GUERRA SCATENATA, SEMPRE GRAZIE A FAKE NEWS ED ALLE PRIMAVERE ARABE CAUSATE E FOMENTATE AD ARTE DAI SERVIZI SEGRETI FRANCESI, DALL'OCCIDENTE E DALLA NATO CONTRO GHEDDAFI) IL PRESIDENTE LEGITTIMO ASSAD E' L'UNICO BALUARDO CONTRO IL CAOS, IL SOLO CAPACE DI MANTENERE UNA SIRIA UNITA, LAICA E TOLLERANTE CONTRO IL FONDAMENTALISMO ISLAMICO! IN QUESTO CASO, VLADIMIR PUTIN CI HA VISTO GIUSTO!

FAKE NEWS SULLA SIRIA E SU ASSAD
 
La solita #FakeNews già dell'#Aprile2017 (primo lancio di 59 #missili da parte delle #ForzeArmate #Usa ordinato dall'allora neo-eletto Presidente #DonaldTrump contro la #Siria di #Assad) a distanza di un anno preciso ritorna riesumata a fare danni...#Trump è di nuovo caduto nella trappola tesa dai ribelli anti-Assad, guarda caso proprio tre giorni dopo l'annuncio dello stesso #tycoon sulla volontà di ritirare presto le truppe USA dal territorio Siriano! Pare che questa #farsa... sia stata montata ad arte dai #servizisegreti Francesi, già attivi e distruttivi con le loro fake nella #Libia di #Gheddafi e dunque già esperti nel manipolare cose e uomini per fornire ad hoc prove false contro il governo di #Damasco!!! In questo #Aprile2018 è necessario ora attivare tutti i canali diplomatici e fare pressing sull'#ONU per far terminare finalmente una #guerra sanguinosa che dura ormai da 7 anni...ricordiamoci che è solo grazie alle #primaverearabe fomentate dall'#occidente con in testa la #Francia, dobbiamo la nascita del #Califfato dell'#ISIS con tutti i morti causati non solo dalle guerre civili, ma anche dagli attentati compiuti in mezzo mondo negli ultimi 8 anni per non parlare dei milioni di #profughi che sono scappati dall'inferno della #guerrasanta in #Europa inceppando la macchina degli aiuti e dell'#accoglienza!!!
 
 

Il video di un presunto attacco chimico girato e diffuso da un gruppo ribelle jihadista può bastare a scatenare la guerra? Se pensiamo alla storia recente e alle immagini finte o contraddittorie emerse dal caos siriano la risposta  può essere soltanto no. Ecco cinque casi d’autore che c’impongono di dubitare e riflettere anziché seguire chi invita alla guerra contro la Siria di Bashar al Assad.
 
1) Febbraio 2003. Il segretario di Stato Usa Colin Powell si presenta davanti al Consiglio di Sicurezza dell’Onu  per convincere il mondo a intervenire contro Saddam Hussein accusato di possedere arsenali chimici e biologici in grado di minacciare la comunità internazionale. Tra le altre prove esibisce le immagini di alcuni laboratori mobili utilizzati per spostare i gas e gli agenti nervini. I laboratori e i depositi di armi chimiche non verranno mai ritrovati. E alla fine gli Stati Uniti dovranno ammettere che la guerra a Saddam Hussein è stata lanciata sulla base d’informazioni d’intelligence sbagliate o manipolate. 
 2) Febbraio 2011. Pochi giorni dopo lo scoppio della rivolta anti Gheddafi televisioni e giornali di tutto il mondo pubblicano le foto di quelle che vengono definite fosse comuni utilizzate per seppellire le vittime della violenta repressione attuata dal regime. Pochi giorni dopo si scoprirà che quelle sono le immagini del cimitero di Sidi Habed. E che le presunte vittime della repressione sono un’invenzione della propaganda anti-regime orchestrata da  Al Jazeera  e dal Qatar di concerto con i gruppi jihadisti protagonisti della ribellione. Il tutto sotto gli occhi di una Francia ansiosa di trovare un pretesto per l’intervento.
 3)  Agosto 2016.  Le immagini del bambino Omran  fanno piangere il mondo. Il bimbo, si dice, è stato estratto dai cosiddetti Elmetti Bianchi dalle macerie della sua casa di Aleppo Est distrutta da una bomba russa. Le foto vengono diffuse dall’Aleppo Media Center, l’ufficio stampa  di Jabhat Al Nusra, la costola siriana di Al Qaida  che al tempo controlla quella zona della città. Ma i media internazionali  non ci fanno caso e danno per buona la storia. Dopo la liberazione di Aleppo dai ribelli, Mohamad  Kheir Daqneesh, il padre di Omran,  racconterà che i cosiddetti “Elmetti Bianchi”  gli strapparono  il figlio dalle braccia e, anziché portarlo all’ospedale, persero tempo a    fotografarlo e filmarlo.
 4) Siria (?) 2014  Il filmato di un bambino siriano che salva la sorellina dai colpi dei cecchini di Bashar Assad nonostante sia stato lui stesso ferito fa il giro del web raccogliendo milioni di commenti entusiastici.  A novembre il regista norvegese Lars Klevberg racconta di aver girato quel video a Malta usando il set del film “Il Gladiatore”,   alcuni attori professioni e qualche comparsa arruolata tra i rifugiati siriani. Proprio per dimostrare come in guerra realtà e finzione possono venir facilmente capovolte.
 5)  Aprile 2018.  Un video diffuso sabato 7 aprile  dai  ribelli di Jaysh Al Islam,   la fazione jihadista finanziata dall’Arabia Saudita  che in quei giorni controlla ancora la  città di Douma nella regione di Ghouta,  mostra le terribili conseguenze di un presunto attacco con agenti chimici messo a segno  poche ore prima  da  due elicotteri governativi. Da tempo però gira in rete un filmato in cui si vede come nelle scuole controllate dai  ribelli s’insegni  ai bimbi a mimare le conseguenze di un finto attacco chimico. Le immagini sono facilmente sovrapponibili. E ben difficilmente distinguibili. 
 
Il presidente USA Donald Trump ha attaccato la Siria  nella notte di Sabato 13 Aprile 2018 con una serie di bombardamenti aerei contro alcuni importanti siti strategici di armi chimiche controllati dal regime di Bashar al-Assad (qui puoi seguire tutti gli aggiornamenti).
L’intervento militare a guida USA, con il supporto delle forze aeree di Francia e Regno Unito, giunge in risposta all’attacco chimico di Douma di una settimana fa, che ha causato la morte di almeno 100 persone. Sui social media di tutto il mondo sono stati diffusi video falsi sull’attacco di sabato notte avvenuto in Siria da parte degli aerei statunitensi, francesi e britannici.
Tuttavia, come succede anche per altri eventi come per esempio quando si verificano attacchi terroristici, viene diffusa molta disinformazione, anche dai media.
Ecco alcuni dei video e delle immagini condivisi ampiamente su Twitter e Facebook che in realtà non corrispondono agli attacchi aerei avvenuti la notte del 13 aprile 2018 in Siria.

Non in Siria, ma in Ucraina: Il video più ampiamente condiviso, anche da grandi testate internazionali come NBC News, PressTV e Telemundo, presumibilmente mostra diversi missili che colpiscono obiettivi in Siria. Il video tuttavia non è stato girato durante gli attacchi aerei di sabato in Siria, ma in Ucraina. Il filmato è stato caricato per la prima volta nel febbraio 2015.

Per ulteriori approfondimenti con video integrali clicca qui sul link:

di Fabrizio Casari tratto da http://www.altrenotizie.org/

Senza lo straccio di una prova, senza nessuna verifica circa l’accertamento dei fatti e le responsabilità, senza nessuna certezza sul materiale chimico utilizzato e, con esso, sull’identità dell’eventuale possessore, gli Stati Uniti hanno sferrato un attacco a base di missili Tomahawk sulla base militare siriana di Al Shayrat. Il Presidente Trump ha così avuto il suo “battesimo del fuoco”, rito di passaggio di ogni presidente statunitense che segna il passaggio dalla sua elezione all’assunzione effettiva di ruolo.
Stavolta è toccato alla Siria, il cui governo sembra effettivamente poco entrarci con le armi chimiche che hanno avvelenato decine di vittime. Ma non c’è nessuna prova che accusi le forze armate siriane dell’accaduto, che riferiscono invece di aver centrato con i loro aerei un deposito di armi dei terroristi jahidisti, dove evidentemente erano stoccate anche quelle chimiche.
Che l’Isis e le fazioni terroristiche facenti riferimento ad Al-Nusra dispongano di armi chimiche non è un segreto: gliele hanno fornite i turchi un anno fa su indicazione statunitense. Le hanno già usate in diverse occasioni, a Palmira come ad Aleppo, ma nel silenzio dei media occidentali che, del resto, tacciono anche sul flagello saudita su Sana’a e derubricano a incidente il massacro USA a Mosul. Come a dire che le vittime pesano a seconda di chi le fa.
Ma in guerra, come in politica, di fronte agli eventi domandarsi a chi giovano è esercizio ineliminabile se si vuole limitare i danni della propaganda. E anche in questo caso andrebbe fatto. E qui davvero non si comprende quale utilità avrebbe avuto Assad all’utilizzo di armi chimiche. In primo luogo la guerra in Siria è agli sgoccioli e l’alleanza tra Damasco e Mosca, con l’aiuto di Teheran e Hezbollah libanesi, ha praticamente vinto. Dunque perché provocare la comunità internazionale quando si sta già decidendo sede e composizione del tavolo della pace sulla Siria?
In secondo luogo: visto che la Siria ha dichiarato di aver inviato a suo tempo a Gioia Tauro tutte le armi chimiche siriane e che la Russia si è resa garante internazionalmente della moratoria sul loro uso, perché mai effettuare una sortita così goffa che distruggere la credibilità di Mosca e Damasco di fronte alla comunità internazionale? E tutto questo, ovvero un prezzo altissimo, sarebbe stato pagato per avere ragione di una casamatta dell’Isis in un paese senza particolare importanza, quando per la stessa presa di Aleppo, ben più importante strategicamente e politicamente, non è stato fatto?
Per sostenere la tesi dell’attacco aereo con armi chimiche su Khan Sheikhoun bisognerebbe ritenere che Assad sia stupido. Ma stupido non è. Lo fosse, non avrebbe resistito per anni e vinto una guerra con la quale tutto l’Occidente, in forma diretta e per procura con i terroristi islamici, ha tentato di spodestarlo. Damasco può semmai essere accusata di cinismo, di opportunismo, autoritarismo, ma certo non di stupidità.
La nuova crociata intrapresa si spiega con ragioni di politica interna statunitense, abilmente sollecitate. L’intenzione di Trump è di offrire spazio all'apparato militare statunitense per poter rafforzare una presidenza altrimenti già in crisi di credibilità, caratterizzata ogni giorno da licenziamenti, dimissioni e gaffes. L'apparato bellico statunitense, già in disaccordo con Obama sul mancato attacco in Siria, è il bastone indispensabile per Trump, l'unico in grado di bilanciare l'ostilità di CIA e FBI verso il tycoon, che deve quindi, in primo luogo, divincolarsi dalle accuse di collusione con Putin. In questa direzione va il licenziamento di Bannon, voluto dal falco McMaster: Trump cerca di acconsentire alle tesi guerrafondaie dei neocons, per cumulare forze utili a ridurre l’impatto dell’offensiva democratica, che punta a costruire le condizioni per arrivare in tempi rapidi all’impeachment.
Tutto ciò non esaurisce le motivazioni dietro all’ordine di attacco impartito ieri, vi sono anche ragioni di politica internazionale ancor più serie, non ultima quella di assegnare al presidente un profilo di uomo determinato, capace di sorvolare sulle ragioni della mediazione politica a favore del decisionismo. Le coincidenze non vanno mai sottovalutate. Trump attacca Damasco soprattutto per inviare un monito a Pechino.
Ospite del governo statunitense in Florida, il Presidente cinese è stato il vero destinatario del messaggio. Il riferimento è al nuovo equilibrio di forze che Trump chiede alla Cina. Un avvertimento forte circa la Corea del Nord, sul quale Washington la ritiene non sufficientemente attiva nel controllo e poco trasparente nelle sue intenzioni.
Quello che Trump vuole è un sostanziale reset del quadro delle relazioni con i cinesi, che comprenda la disputa sul Mar della Cina, il destino di Taiwan e, appunto, la soluzione della questione spinosa di Pyongyang. In cambio di questo offre l’apertura di relazioni commerciali prive delle logiche protezionistiche che si vorrebbero imporre al resto del mondo. L’Asia, i suoi immensi mercati, il suo ruolo geostrategico sono l’essenza della visione di politica estera della Casa Bianca e raggiungere un accordo con la Cina che veda gli Stati Uniti come dominus nell’area è il suo vero indirizzo strategico in politica estera.
Le reazioni russe all’attacco sono state dure, ma si sono fermate allo scontro politico e diplomatico, almeno per ora. Ha sospeso il memorandum con la coalizione a guida americana per la prevenzione degli incidenti e la garanzia della sicurezza dei voli ed ha annunciato che rafforzerà la difesa aerea siriana e chiesto una riunione urgente del Consiglio di sicurezza dell’Onu.
Nella valutazione di Mosca pesa la sostanza militare dell’operazione, davvero per ora assai limitata. Il bombardamento ha colpito una base militare già evacuata, nessun missile ha colpito Damasco né obiettivi politici. Si può quindi definire l’azione militare una iniziativa che, sebbene rischi di innescare conseguenze gravi – resta comunque un gesto a carattere sostanzialmente dimostrativo.
La valutazione di Putin è che l’offensiva politica e diplomatica occidentale contro Mosca tende a stroncare sul nascere il clima di dialogo tra Putin e Trump. In questo senso pur muovendo le pedine politico-diplomatiche si guarda bene dall’incrementare lo scontro, consapevole che l’obiettivo strategico è quello di riportare il dialogo con Washington ad un livello che consenta il definitivo sdoganamento di Mosca nel grande risiko internazionale.
Obiettivo però ostacolato in diversi modi e da diverse forze. Gli interessi in gioco sono enormi e vanno da quelli del Pentagono, che senza la “minaccia russa” vedrebbe una diminuzione effettiva del suo ruolo e, in conseguenza, del budget per la Difesa. Ci sono poi gli interessi europei, tedeschi in testa, che puntano al rafforzamento della tensione con Mosca utilizzando la Crimea, l’Ucraina e le accuse di ingerenze russe nelle elezioni europee.
Parigi è interessata ad uno scontro politico aperto con Putin nella speranza che nell’attuale campagna elettorale francese questo possa danneggiare Marine Le Pen, che di Putin è estimatrice, mentre alla Germania giova un clima di tensione crescente con la Russia. Nella strategia tedesca c’è l’intenzione di candidare Berlino a un ruolo di garante politico verso i paesi dell’ex Patto di Varsavia.
La Germania pensa in sostanza di poterne rappresentare uno scudo politico e militare, prefigurando una sorta di suo protettorato verso Est e, in questa veste, disporre di una interlocuzione esclusiva con Mosca, bypassando la stessa UE, che considera un problema e non una soluzione.
Vedremo quali saranno gli sviluppi nelle prossime ore. Nel frattempo si può solo registrare come l’attacco alla Siria non abbia nulla a che vedere con la sorte delle vittime, a maggior ragione in un paese dove la guerra scatenata dall’Occidente in cinque anni ha lasciato sul terreno 270.000 morti di cui 14.000 bambini e mezzo milione di profughi. E’ solo il teatro cinico ed ipocrita di una colossale fake news avente come oggetto il tentativo disperato d’invertire le sorti del campo di battaglia, nella speranza di fermare una storia già scritta, quella della sconfitta occidentale in Siria.

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ITALIA-CINA

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