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mercoledì 2 febbraio 2011

Libero: patto D'Alema - De Gennaro per far fuori 550 agenti segreti?

Roma, 2 Febbraio 2011 - "La data non è ancora stata fissata. Ma probabilmente - scrive Fosca Bincher su LIBERO - entro il prossimo mese di marzo la prima sezione del Tar del Lazio dovrà decidere nel merito della più incredibile causa sindacale che sia mai stata avviata. Da una parte 250 dirigenti e agenti dei servizi segreti italiani, difesi dal professore Francesco Castiello. Dall'altra parte il direttore del Dis, Gianni De Gennaro rappresentato dalla presidenza del Consiglio dei ministri. In mezzo a loro un dpcm segreto, pubblicato solo per incomprensibile sintesi in Gazzetta ufficiale. Non è noto chi l'abbia firmato, ma è ben noto dentro i Dis, l'Aisi e l'Aise (i tre servizi segreti nati dalla riforma del 2007) quale ne sia il contenuto e chi i reali proponenti. Il decreto è stato concepito dallo stesso De Gennaro, che ne ha portato la prima bozza al presidente del Copasir, Massimo D'Alema per averne l'imprimatur. Contiene quello che per quasi tutti i dipendenti dei servizi è stato letto come uno "spoil system" e che formalmente è un atto di prepensionamento che riguarda da luglio prossimo in poche finestre ben 550 dipendenti dei servizi, alcuni anche con funzioni apicali.
E conosciuto all'interno con la formula 57-20-40. Perchè manda obbligatoriamente in pensione tutti gli007 che abbiano compiuto 57 anni, o abbiano 40 anni di contributi versati o almeno 20 anni di rapporto di lavoro con i servizi. A che serve questo maxi-prepensionamento? Formalmente a ridurre la spesa dei servizi segreti italiani in tempo di crisi. Ma secondo i dipendenti ad effettuare un sostanziale spoil system. E evidente che chi ha 20 anni di lavoro dietro le spalle non è legato agli attuali direttori di Dis, Aisi e Aise. Che avrebbero voglia di mettere al loro posto uomini di propria fiducia. Per questo De Gennaro ha chiesto per primo l'assenso di D'Alema. Poi ha incontrato il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti che ha dato il suo beneplacito un po' distratto: "se tagliate spese, a me va sempre bene".

Infine - prosegue Bincher su LIBERO - con i due imprimatur è approdato a palazzo Chigi a farsi controfirmare il decreto da Gianni Letta. Qui non è stata una passeggiata, perchè non pochi sono stati i timori avanzati dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, compresi quelli sulla legittimità stessa dell'atto. Ma dopo un po' di incontri il via libera è arrivato anche da lì. A quel punto chi rischia di essere mandato a casa non è rimasto con le mani in mano. Uno dopo l'altro sono andati a bussare alla porta del professor Castiello, uno dei massimi esperti di diritto amministrativo militare. Alle fine sono diventati 250 e per loro è stato presentato al Tar del Lazio, prima sezione, il ricorso contro il dpcm.
Qualche giorno fa il loro avvocato ha presentato istanza di acquizione del contenuto integrale del dpcm, che al momento risulta segretato. I nomi dei ricorrenti per decisione del Tar non sono indicati visto il mestiere che fanno. Ma secondo alcune indiscrezioni fra loro ci sarebbero alcuni dei dirigenti più importanti dei servizi. Nel ricorso fanno presente che la formazione di un vero 007 può durare anche tre lustri e che in questo modo si allontanano dal servizio gli uomini più esperti. A palazzo Chigi è perfino arrivata una protesta formale della Cia, che ha rapporti consolidati di lavoro con alcuni di loro. Nel merito gli 007 in attesa di epurazione contestano il riferimento alla riforma Brunetta per il loro allontanamento e soprattutto la decisione successiva al dpcm di inserire in finanziaria un aumento di 78 milioni di euro per i servizi segreti con possibilità di procedere a 200 nuove assunzioni. Se il prepensionamento serviva a risparmiare, i conti finali dunque non tornano perchè il budget aumenta. Ma è chiaro a tutti - anche al Tar che dovrebbe prendere la decisione prima dell'apertura della finestra pensionistica di luglio - che qui il tema non sia di finanza pubblica: a giudizio è uno spoil system per la prima volta applicato al settore più delicato dello Stato: quello della sicurezza nazionale e internazionale". (Il Velino)

domenica 13 gennaio 2008

Il Senatore a vita Giulio Andreotti sarebbe dovuto stare a capo della nuova giunta militare dei Golpisti di Borghese?

A seguito della decisioni, nel 1999 e nel 2000, dell'allora presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, di desecretare documenti, fino a quel momento inaccessibili, custoditi dalla Central Intelligence Agency, meglio nota come Cia, e dal suo predecessore, l'Oss (Office of strategic services), alcune pagine della storia italiana, in questo dopoguerra, dovranno necessariamente essere riscritte.
Fra queste, anche il tentato colpo di Stato, nella notte fra il 7 e l'8 dicembre del 1970, organizzato dal "principe nero" Junio Valerio Borghese, al centro anche di una approfondita inchiesta nella trasmissione di RaiTre, "La storia siamo noi" condotta da Giovanni Minoli in una puntata della stagione televisiva del 2005.
In questa puntata, di particolare interesse, le confessioni di uno dei partecipanti al golpe, l'ormai settantenne Adriano Monti, ex medico di Rieti, in predicato di essere nominato, dai congiurati, nientemeno che ministro degli Esteri. Dal suo racconto, 35 anni dopo, squarci di luce su un avvenimento, che in Italia si cercò di far passare come il delirio inoffensivo di qualche ufficiale in pensione.
Un "colpo da operetta", si disse.
Spunto, non a caso, qualche anno dopo, anche di un divertente film, "Vogliamo i colonnelli", interpretato da Ugo Tognazzi.
Il consenso Americano: Ricostruendo i lunghi preparativi della notte di "Tora-Tora", così chiamata in codice dai golpisti, Adriano Monti, non solo ha testimoniato del consenso dato dagli americani al progetto, ma anche la condizione, da loro posta per aderirvi, e cioè la nomina a capo della giunta militare di Giulio Andreotti. Una rivelazione clamorosa, ma non così infondata.
Fu, infatti, proprio Giulio Andreotti nel 1974, in veste di ministro della Difesa, ad impegnarsi nella cancellazione dai dossier informativi, approntati dai Sid per la magistratura, i nomi degli alti ufficiali piduisti coinvolti nei piani eversivi di quella notte, tra gli altri, di Giovanni Torrisi, successivamente nominato capo di Stato maggiore della Difesa, ma anche dello stesso Licio Gelli, il cui incarico, si scoprì, consisteva nel rapimento, alla guida di un gruppo di armati, del presidente della Repubblica Giuseppe Saragat.
Nelle parole di Adriano Monti anche la storia degli incontri in Spagna con Otto Skorzeny, passato alla storia come il "liberatore" al Gran Sasso di Benito Mussolini, il 12 settembre del 1943, ma soprattutto uno degli organizzatori di "Odessa", la rete di salvataggio approntata nel dopoguerra dai criminali nazisti. Venne reclutato, ci dice Monti, dalla Cia come molti altri.
Non fu dunque un caso che al centro del tentato colpo di Stato, nella notte tra il 7 e l'8 dicembre, si trovasse una figura del calibro di Junio Valerio Borghese.Come ormai risulta dagli stessi documenti americani, l'ex- comandante della "Decima Mas", fu reclutato dagli Stati Uniti, ancor prima della fine della guerra, e successivamente utilizzato, insieme ad ex-appartenenti alle formazioni militari della RSI e agenti dell'Ovra, per operazioni "coperte".
La prima fu a Portella della Ginestra , il 1° maggio del 1947, dove squadre di ex-fascisti, unitamente a gruppi di mafiosi e ai banditi di Salvatore Giuliano, spararono, su una folla di contadini, uccidendo 11 persone e ferendone altre 57.
Dopo una lunga militanza nel Msi, dove ricoprì, negli anni '50, anche l'incarico di presidente del partito, la sua ultima creatura fu nel 1968 il Fronte Nazionale, in realtà un coordinamento delle principali organizzazioni della destra extraparlamentare, da Ordine Nuovo a Avanguardia Nazionale, in funzione del colpo di Stato.
Finanziato da alcuni non trascurabili settori imprenditoriali, soprattutto liguri, il Fronte Nazionale puntò, nel meridione, ad alimentare la rivolta di Reggio Calabria, dando vita, in particolare attraverso Avanguardia Nazionale, ad una campagna di attentati. Intensi anche i rapporti con la mafia siciliana e la 'ndrangheta calabrese, di cui si tentò anche un coinvolgimento nei piani golpisti. In anni recenti pentiti di queste organizzazioni criminali hanno anche svelato retroscena importanti, come la partecipazione il 22 luglio 1970 al deragliamento della "Freccia del Sud" (6 morti e 54 feriti), poco dopo l'inizio della rivolta di Reggio Calabria.
Tornando al golpe, secondo il rapporto della Questura di Roma, nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970: «Alcune centinaia di individui erano stati concentrati nella palestra di Via Eleniana, nelle sedi del Fronte Nazionale, di Avanguardia Nazionale, di Ordine Nuovo, del movimento politico Europa Civiltà, in prossimità dell'abitazione di Reitano Antonio, esponente dell'associazione universitaria di destra Fronte Delta, nello studio commerciale di Rosa Mario (dove si trovava il "comando politico", ndr), nell'ufficio di Orlandini Remo, a Montesacro (dove si trovava il "centro operativo", ndr)».
L'operazione rientrò all'ultimo momento, quando già il Viminale era stato occupato dagli uomini di Alleanza Nazionale ed erano in marcia le colonne dei cospiratori, non solo a Roma, ma anche nel Lazio, oltre che in Liguria, Umbria e Veneto.
Diverse migliaia di persone, tra civili e militari.
Uno scenario ben diverso dal quel «conciliabolo di 4-5 sessantenni» che si cercò di accreditare anni dopo.
La Corte d'Assise di Roma ricostruì la vicenda in modo assai riduttivo, grazie soprattutto al ruolo svolto dal pm Claudio Vitalone. Si escluse che il piano avesse carattere nazionale.
Il golpe venne definito come un atto «iscritto in un disegno lucido» ma «velleitario», nonostante esponenti di Avanguardia Nazionale fossero penetrati, con il consenso dei Carabinieri, fin dentro il ministero degli Interni, impossessandosi di ben 200 mitra. Si evitò di collegare fra loro i diversi progetti eversivi, si pensi alla "Rosa dei Venti", e, soprattutto, si lasciò nel buio più completo il ruolo giocato dai servizi segreti ed i rapporti con le Forze Armate.
Inutile dire che, dopo aver fatto cadere il delitto di insurrezione armata contro lo Stato, le assoluzioni riguardarono la maggior parte degli imputati e le poche condanne comminate (per cospirazione politica e associazione a delinquere) furono assai miti.
La Corte d'Assise d'Appello nel novembre 1984 assolse comunque definitivamente tutti da ogni accusa. Il 24 marzo 1986 la Cassazione confermò definitivamente l'assoluzione generale.
Per la giustizia, il golpe Borghese non era mai avvenuto.
Il "principe nero" non venne mai processato, fuggito in Spagna nel marzo del 1971, quando in seguito all'inchiesta giudiziaria esplose la notizia del tentato golpe, morì nel 1974 in circostanze mai chiarite. Si parlò anche di un suo possibile avvelenamento.



ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!