All'inizio del 1917, la Russia era un paese in preda ad una forte tensione sociale, causata dall'andamento della guerra.
Al fronte, infatti, le pesanti sconfitte, la perdita di milioni
di uomini ed un sistema precario di rifornimenti avevano sostanzialmente
depresso il morale dell'esercito, composto in gran parte da contadini
che non desideravano null'altro se non tornare al proprio villaggio[6].
Oltre che per i soldati al fronte, le condizioni di vita erano
difficili anche per la popolazione civile, in quanto la mobilitazione di
grandi masse di contadini aveva drasticamente ridotto il numero di
persone addette ai lavori agricoli e ciò aveva causato un crollo
verticale della produzione cerealicola mentre nelle città, anche a causa
dello stato disastroso in cui versava il sistema ferroviario, mancavano viveri e combustibile.
Le difficili situazioni economiche erano esacerbate dal collasso del potere esecutivo: con la partenza dello zar, Nicola II,
che aveva l'obiettivo di condurre personalmente le campagne militari
dal fronte, il governo, minato all'interno da continue lotte di potere,
che avevano portato ad un continuo cambio di ministri, aveva perso ogni
compattezza e la capacità di controllare il paese reale; ormai gran
parte della gestione dei rifornimenti e della produzione era caduta
sostanzialmente nelle mani di cooperative e sindacati[7].
Una prima scintilla fu l'anniversario della domenica di sangue del 1905, quando ancora una volta la polizia sparò sulla folla a San Pietroburgo, uccidendo diversi manifestanti[8]. Nonostante la riapertura della Duma, il 14 febbraio, dal 18 febbraio cominciarono scioperi nelle principali fabbriche della capitale Pietrogrado.
Nei giorni successivi al 23 febbraio venne proclamato uno
sciopero generale, mentre le file dei manifestanti erano sempre più
folte[9]. Nicola II sciolse la Duma ed ordinò di reprimere queste manifestazioni, opponendosi a qualsiasi concessione ai rivoltosi[10].
Arresto di alcuni poliziotti
in abiti civili
Nei giorni seguenti la situazione precipitò: gran parte della
guarnigione di Pietrogrado si unì agli scioperanti, distribuendo loro
armi; la Duma, le cui sedute erano state sospese dallo zar, formò un
comitato, che si riunì nel palazzo di Tauride, per cercare di costituire
un governo maggiormente rappresentativo, mentre operai e soldati
diedero vita al soviet[11]. Mentre a Pietrogrado i rivoltosi occupavano i principali luoghi di controllo, a Mosca scoppiò la rivolta, che portò in breve la città a cadere in mano agli insorti.
A questo punto la situazione era sostanzialmente decisa e
compromessa per l'autocrazia: Nicola II fece un tentativo di concedere
riforme, ma il 2 marzo il Comitato ed i soviet si accordarono per la
deposizione dello zar e l'istituzione di un governo provvisorio, formato
da rappresentanti dei cadetti, menscevichi e socialisti rivoluzionari,
avente il seguente programma di governo: amnistia per i reati politici e
religiosi; libertà di parola, di stampa, di associazione, di riunione e
di sciopero; eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge senza
limitazioni di condizione, di religione e di nazionalità; abolizione
della polizia, sostituita dalla milizia popolare; convocazione di
un'Assemblea costituente ed elezioni delle amministrazioni locali per
voto universale, diretto, eguale e segreto; permanenza nella capitale
delle guarnigioni rivoluzionarie; diritti civili garantiti ai militari
compatibilmente con il servizio[12].
La notte successiva, Nicola II abdicò in favore del fratello, il granduca Michail,
il quale, constatata l'impopolarità raggiunta dalla famiglia imperiale,
rinunciò a salire sul trono, secondo un manifesto del governo
provvisorio[13]. L'intera famiglia imperiale venne tratta in arresto, ponendo fine al regno della dinastia Romanov.
I bolscevichi
non avevano avuto un ruolo da protagonisti nella rivoluzione di
febbraio; infatti, il partito, praticamente clandestino, benché avesse
cinque rappresentanti alla Duma, era privo dei suoi dirigenti migliori, tutti rifugiati all'estero o prigionieri in Siberia. Anche nei soviet che si andavano ricostituendo in tutta la Russia, dopo l'esperienza del 1905, la maggioranza era quasi sempre costituita da menscevichi e socialisti rivoluzionari.
Non appena appreso dei fatti di febbraio, Lenin, capo del partito, che da alcuni anni si trovava in Svizzera, decise di tornare in Russia. Sia la Francia che il Regno Unito rifiutarono di concedergli il visto di transito per raggiungere la Svezia e di lì, attraverso la Finlandia, San Pietroburgo (Russia). Le potenze dell'Intesa sapevano infatti che uno degli obiettivi dei bolscevichi era l'immediata apertura di trattative con la Germania
per giungere alla pace, mentre era loro interesse che la Russia
continuasse ad impegnare sul fronte orientale parte dell'esercito
tedesco.
Per gli stessi motivi la Germania concesse invece il permesso di
transito. Lenin era perfettamente conscio che il tornare in patria
attraverso la Germania lo avrebbe esposto all'accusa di essere un agente
del nemico, ma, insieme a trenta altri esuli russi, decise comunque di
tornare con il cosiddetto vagone piombato, ossia su una carrozza
ferroviaria che aveva tre porte su quattro sigillate e il divieto di
avere qualsiasi contatto con l'esterno.
Il 3 aprile Lenin arrivò alla stazione di Pietrogrado: ad
attenderlo vi era una folla enorme, a riprova della rilevanza che le
tesi dei bolscevichi cominciavano ad avere all'interno del movimento
rivoluzionario.
La rivoluzione d'ottobre è la fase finale e decisiva della Rivoluzione russa iniziata in Russia nel febbraio 1917 del calendario giuliano, che segnò dapprima il crollo dell'Impero russo e poi l'instaurazione della Russia sovietica.
Dopo il rovesciamento della monarchia,
per alcuni mesi la Russia fu sconvolta da conflitti tra i partiti
politici e dalla crescente disgregazione militare ed economica, e il Partito Operaio Socialdemocratico Russo (bolscevico) guidato da Lenin e Lev Trockij decise l'azione armata contro il debole governo provvisorio di Aleksandr Fëdorovič Kerenskij per assumere tutto il potere a nome dei Soviet degli operai, dei soldati e dei contadini.
L'insurrezione, avviata nella notte tra il 6 e il 7 novembre dell'odierno calendario gregoriano (24 e 25 ottobre del calendario giuliano) 1917 a Pietrogrado, si concluse con successo; i bolscevichi formarono un governo rivoluzionario
presieduto da Lenin e furono in grado di estendere progressivamente il
loro potere su gran parte dei territori del vecchio Impero zarista. La
reazione armata delle forze controrivoluzionarie e l'intervento delle
potenze straniere provocò l'inizio di una cruenta guerra civile che si concluse con la vittoria bolscevica tra il 1921 e il 1922.
La Rivoluzione d'ottobre diede quindi inizio alla difficile e contrastata costruzione del primo stato socialista della storia e segnò in modo determinante tutto il ventesimo secolo; l'esperimento di socialismo ugualitario e di comunismo nella tradizione teorica di Karl Marx e Lenin, in contrapposizione al modello di sviluppo sociale ed economico capitalistico, si è concluso con la dissoluzione dell'Unione Sovietica nel 1991 e il ritorno del capitalismo negli stati successori dello stato sovietico[1].
Fin da settembre Lenin e Trockij ritenevano indispensabile non
perdere l'occasione rivoluzionaria che si era venuta a creare e
insistettero per la sollevazione armata. Già decisa in linea teorica dal
VI Congresso del partito a luglio, essa fu deliberata in concreto il 10 ottobre (23 del calendario gregoriano) dal Comitato centrale, con una votazione di 10 a 2 e con la ferma contrarietà di Lev Kamenev e Grigorij Zinov'ev.[16][17]
La posizione di questi ultimi si fondava su una scarsa fiducia nella
possibilità del successo e sul timore che tale azione avrebbe
compromesso l'intera rivoluzione; essi ritenevano pertanto più opportuna
una lunga opposizione nei Soviet e nella futura Assemblea costituente.
La maggioranza replicava invece che le masse stesse si sarebbero
rivolte contro i bolscevichi se questi avessero temporeggiato, e allo
stesso tempo esprimevano la convinzione che la rivoluzione si sarebbe
estesa a livello europeo garantendo il necessario sostegno
all'insurrezione in Russia.[18]
Il 24 ottobre del calendario giuliano, mentre a Pietrogrado
arrivavano i delegati del II Congresso dei Soviet, si attivarono i
soldati, gli operai, che a differenza di febbraio erano armati e
costituivano le cosiddette "Guardie rosse", i marinai della Flotta del Baltico.[19] Tra la notte seguente e il mattino del giorno 25[20] vennero occupati i punti chiave della città,[21][22] e fu conseguito un agevole successo militare.[19]
Alle ore 10 Lenin, che con Trockij aveva avuto il ruolo principale
nella direzione degli eventi, poté proclamare il rovesciamento del
Governo e il passaggio del potere al Comitato militare rivoluzionario,[19] che due settimane prima era stato costituito in seno al Soviet di Pietrogrado per coordinare l'azione delle guarnigioni.[23] La sera gli insorti occuparono il Palazzo d'Inverno e arrestarono i ministri, mentre Kerenskij era già riuscito a lasciare la città.[24]
Contemporaneamente si insediò presso l'Istituto Smol'nyj
il Congresso dei Soviet, cui fu formalmente consegnato il potere
conquistato con la rivoluzione. L'assemblea, dove siedevano 338 delegati
bolscevichi su 648 complessivi, ratificò l'acquisizione del potere con
una maggioranza dei tre quarti dei voti e fu così instaurato il nuovo
Stato sovietico.[24]
I lavori del Congresso furono abbandonati dalla maggioranza dei
menscevichi e dei socialrivoluzionari, che tuttavia subirono la
scissione della propria ala sinistra;
essa continuò a partecipare ai lavori e vide propri rappresentanti
entrare a far parte del nuovo Comitato esecutivo centrale panrusso,
presieduto prima da Kamenev e poi da Sverdlov, ma non del Consiglio dei commissari del popolo (Sovnarkom), eletto la sera del 26 ottobre e composto di soli bolscevichi[25] guidati da Lenin.[26] Lo stesso giorno il Congresso aveva promulgato il decreto sulla terra e quello sulla pace:[27]
il primo proclamava la confisca delle terre dei possidenti e la loro
consegna ai comitati locali per la loro redistribuzione tra i contadini,
mentre il secondo costituiva un appello a tutti i popoli belligeranti
per una pace senza annessioni né indennità.[28]
La Rivoluzione si estese subito dopo a gran parte dei territori
dell'ex Impero russo: i bolscevichi presero il controllo della
maggioranza delle città della Russia europea in modo pacifico, mentre in alcune zone si ebbero accesi scontri con gli oppositori durati alcuni giorni, come a Mosca, o mesi, come in aree periferiche o in quelle abitate da minoranze nazionali quali i Cosacchi del Don e quelli del Kuban'.[29][30]
Fra i primi provvedimenti del nuovo governo ci furono la
distribuzione della terra ai contadini, le restrizioni al commercio, il
controllo operaio sulle industrie durato circa sei mesi, l'istituzione
della Čeka e dei tribunali rivoluzionari[31]. Nei mesi successivi venne introdotto l'obbligo della consegna dei raccolti alle autorità, che determinò numerose rivolte[32]. La mancata estensione della rivoluzione ai Paesi europei complicò le trattative per l'uscita dalla guerra, che si conclusero nel marzo 1918 con la sottoscrizione della Pace di Brest-Litovsk con la Germania.[33][34]
Le condizioni sfavorevoli a cui era stata costretta la Russia causarono
l'abbandono del governo da parte dei socialrivoluzionari di sinistra,[35] che erano entrati a far parte del Sovnarkom in dicembre.[36][37]
In estate, mentre veniva ratificata dal V Congresso panrusso dei Soviet la Costituzione della RSFS Russa,[38]
si ebbe proprio per mano dei socialrivoluzionari una serie di attentati
terroristici, in uno dei quali venne gravemente ferito Lenin, cui il
governo rispose con la proclamazione del cosiddetto "Terrore rosso"[39][40] e l'uccisione di un numero considerevole di oppositori politici di destra e di sinistra.[41]
Intanto, con l'intervento delle potenze straniere in supporto delle
realtà che internamente si opponevano al potere sovietico, già dalla
primavera si era riacceso lo scontro militare.[42][43]
Mentre iniziava a divampare la guerra civile, che avrebbe
provocato un grandissimo numero di morti, i bolscevichi vararono una
serie di misure sociali ed economiche, come la nazionalizzazione su
larga scala dell'industria e le requisizioni di grano dalle campagne,
che sarebbero state definite "comunismo di guerra".[44][45] Fra il 1920 e il 1921, quando l'Armata Bianca veniva definitivamente sopravanzata, si concludeva la Guerra sovietico-polacca e venivano recuperate dai bolscevichi vaste zone dell'Asia Centrale, dell'Estremo Oriente e del Caucaso,[46] il Paese fu investito da una drammatica crisi economica e da gravi carestie che causarono circa 5 milioni di morti[47] e determinarono una serie di rivolte contro le politiche del comunismo di guerra;[48] tra queste, assunsero particolare rilievo quella della provincia di Tambov, dove per tutto il 1921 l'Armata Rossa fronteggiò migliaia di insorti, e quella di Kronštadt.[49]
Tale situazione portò, a partire dal 1921, alla revoca del comunismo di guerra e al lancio della Nuova Politica Economica (NEP), che avrebbe garantito il superamento della crisi e l'allentamento della tensione sociale.[50]
Inoltre, il pericolo che il proletariato, provato dai grandi sforzi
degli anni precedenti, soccombesse di fronte al ritorno delle forze
capitaliste portò alla messa al bando delle altre organizzazioni
politiche e al divieto di frazionismo nel partito bolscevico,[51][52] che limitò quella che fino ad allora era stata una vita interna intensamente democratica.[53][54]
In questo contesto vennero condotte le trattative per l'unificazione delle Repubbliche sovietiche Russa, Ucraina, Bielorussa e Transacaucasica e la creazione dell'Unione Sovietica, che venne ratificata il 30 dicembre 1922 dall'assemblea del I Congresso dei Soviet dell'URSS, riunitosi a Mosca.[55]
Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Rivoluzione_russa e https://it.wikipedia.org/wiki/Rivoluzione_d%27ottobre