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domenica 24 agosto 2008

LA CARTA DEL CARNARO D'ANNUNZIANA DEL 1920...QUANDO FIUME FU' LIBERATA!

La Carta del Carnaro promulgata l'8 settembre 1920 fu concettualmente concepita da De Ambris, ma curata nello stile da D'Annunzio. Vi si affermava non soltanto l'italianità di Fiume, ma si sosteneva un futuro stato rivoluzionario-corporativo.
Premessa
Il Popolo della Libera Città di Fiume, in nome delle sue secolari franchigie e dell'inalienabile diritto di autodecisione, riconferma di voler far parte integrante dello Stato Italiano mediante un esplicito atto d'annessione; ma poiché l'altrui prepotenza gli vieta per ora il compimento di questa legittima volontà, delibera di darsi una Costituzione per l'ordinamento politico ed amministrativo del Territorio (Città, Porto e Distretto) già formante il "corpus separatum" annesso alla corona ungarica, e degli altri territori adriatici che intendono seguirne le sorti.
Parte generale
1 - La Libera Città di Fiume, col suo porto e distretto, nel pieno possesso della propria sovranità, costituisce unitamente ai territori che dichiarano e dichiareranno di volerle essere uniti, la Repubblica del Carnaro.
2 - La Repubblica del Carnaro è una democrazia diretta che ha per base il lavoro produttivo e come criterio organico le più larghe autonomie funzionali e locali.Essa conferma perciò la sovranità collettiva di tutti i cittadini senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di classe e di religione; ma riconosce maggiori diritti ai produttori e decentra per quanto è possibile i poteri dello Stato, onde assicurare l'armonica convivenza degli elementi che la compongono.
3 - La Repubblica si propone inoltre di provvedere alla difesa dell'indipendenza, della libertà e dei diritti comuni, di promuovere una più alta dignità morale ed una maggiore prosperità materiale di tutti i cittadini; di assicurare l'ordine interno con la giustizia.
4 - Tutti i cittadini della Repubblica senza distinzione di sesso sono uguali davanti alla legge. Nessuno può essere menomato o privato dell'esercizio dei diritti riconosciuti dalla Costituzione se non dietro regolare giudizio e sentenza di condanna.
La Costituzione garantisce a tutti i cittadini l'esercizio delle fondamentali libertà di pensiero, di parola, di stampa, di riunione e di associazione. Tutti i culti religiosi sono ammessi; ma le opinioni religiose non possono essere invocate per sottrarsi all'adempimento dei doveri prescritti dalla legge.L'abuso delle libertà costituzionali per scopi illeciti e contrari alla convivenza civile può essere punito in base a leggi apposite, le quali però non potranno mai ledere il principio essenziale delle libertà stesse.
5 - La Costituzione garantisce inoltre a tutti i cittadini senza distinzione di sesso, l'istruzione primaria, il lavoro compensato con un minimo di salario sufficiente alla vita, l'assistenza in caso di malattia o d'involontaria disoccupazione, la pensione per la vecchiaia, l'uso dei beni legittimamente acquistati, l'inviolabilità del domicilio, l'habeas corpus, il risarcimento dei danni in caso di errore giudiziario o di abuso di potere.
6 - La Repubblica considera la proprietà come una funzione sociale, non come un assoluto diritto o privilegio individuale. Perciò il solo titolo legittimo di proprietà su qualsiasi mezzo di produzione e di scambio è il lavoro che rende la proprietà stessa fruttifera a beneficio dell'economia generale.
7 - Il porto e le ferrovie comprese nel territorio della Repubblica sono proprietà perpetua ed inalienabile dello Stato con un ordinamento autonomo tale da consentire a tutti i popoli amici che ne hanno bisogno di servirsene con garanzia di assoluta parità di diritti commerciali con i cittadini fiumani.
8 - Una Banca della Repubblica controllata dallo Stato avrà l'incarico dell'emissione della carta-moneta e di tutte le altre operazioni bancarie. Un'apposita legge ne regolerà il funzionamento e stabilirà i diritti e gli oneri delle banche esistenti o che intendessero stabilirsi nel territorio della Repubblica.
9 - L'esercizio delle industrie, delle professioni e dei mestieri è libero per tutti i cittadini della Repubblica. Le industrie stabilite o da stabilirsi con capitale straniero saranno soggette alle norme di una legge speciale che regolerà pure l'esercizio professionale degli stranieri.
10 - Tre elementi concorrono a formare le basi costituzionali della Repubblica:- a) i Cittadini;- b) le Corporazioni;- c) i Comuni.
Dei cittadini
11 - Sono cittadini della Repubblica tutti gli attuali cittadini della Libera Città di Fiume e degli altri territori che ad essa dichiarano di volersi unire; tutti coloro cui venga conferita la cittadinanza per meriti speciali; tutti coloro che ne faranno domanda, quando questa sia accettata dagli organi competenti, in base alla apposita legge.
12 - I cittadini della Repubblica entrano nel pieno possesso di tutti i diritti civili e politici non appena compiuto il ventesimo anno di età, diventando perciò elettori ed eleggibili per tutte le cariche pubbliche senza distinzione di sesso. Saranno tuttavia privati dei diritti politici, con regolare sentenza, tutti quei cittadini:a) che risultano condannati a pene infamanti;b) che rifiutano di prestare il servizio militare per la difesa del paese o di pagare le tasse;c) che vivono parassitariamente a carico della collettività, salvo casi d'incapacità fisica al lavoro dovuta a malattia od a vecchiaia.
Delle corporazioni
13 - I cittadini che concorrono alla prosperità materiale ed allo sviluppo civile della Repubblica con un continuativo lavoro manuale ed intellettuale sono considerati cittadini produttivi e sono obbligatoriamente inscritti in una delle seguenti categorie, che costituiscono altrettante corporazioni, e cioè:
1a. Operai salariati dell'industria, dell'agricoltura, del commercio e dei trasporti. A questa categoria appartengono pure i piccoli artigiani ed i piccoli proprietari di terre che non hanno dipendenti se non in limitatissimo numero o come aiuto saltuario e temporaneo.
2a. Personale tecnico ed amministrativo di aziende private industriali ed agricole, purché non si tratti di comproprietari delle aziende stesse.
3a. Addetti alle aziende commerciali non operai propriamente detti, purché non si tratti di comproprietari delle aziende stesse.
4a. Datori di lavoro dell'industria, dell'agricoltura, del commercio e dei trasporti. S'intendono datori di lavoro coloro che, essendo proprietari o comproprietari di aziende, si occupano personalmente direttamente e continuativamente della gestione delle aziende stesse.
5a. Impiegati pubblici statali e comunali di qualsiasi ordine.
6a. Insegnanti delle scuole pubbliche e studenti degli istituti superiori.
7a. Esercenti professioni libere non comprese nelle 5 categorie precedenti.Le cooperative di produzione, lavoro e consumo tanto agricole che industriali costituiscono esse pure una corporazione che può essere rappresentata esclusivamente dagli amministratori delle cooperative stesse.
14 - Le corporazioni godono di piena autonomia per quanto riguarda la loro organizzazione e funzionamento interno. Esse hanno il diritto d'imporre una tassa commisurata sul salario, stipendio profitto d'azienda, o lucro professionale degli inscritti, per provvedere ai propri bisogni finanziari. Le corporazioni hanno pure il diritto di possedere in nome collettivo beni di qualsiasi specie.I rapporti della Repubblica con le corporazioni e delle corporazioni fra loro sono regolati dalle norme contemplate agli art. 16, 17 e 18 della presente Costituzione per i rapporti fra i poteri centrali della Repubblica e i Comuni, e dei Comuni fra loro.Gli inscritti a ciascuna corporazione costituiscono un corpo elettorale per l'elezione dei propri rappresentanti al Consiglio Economico secondo le norme fissate dall'art. 23 della Costituzione.
Dei Comuni
15 - I Comuni sono autonomi fin dove l'autonomia non è limitata dalla Costituzione ed esercitano tutti i poteri che non sono da questa attribuiti agli organi legislativi esecutivi e giudiziari della Repubblica.
16 - I Comuni sono in diritto di darsi quella Costituzione interna che ritengono migliore; ma devono chiedere per le loro costituzioni la garanzia della Repubblica che l'assume quando:a) esse nulla contengono di contrario alle prescrizioni della Costituzione della Repubblica;b) risultino accettate dal popolo e possano essere riformate quando la maggioranza assoluta dei cittadini lo richieda.
17 - I Comuni hanno diritto di stipulare fra loro accordi, convenzioni e trattati sopra oggetti di legislazione e di amministrazione; però devono presentarli all'esame del potere esecutivo della Repubblica, il quale, se ritiene che tali accordi, convenzioni o trattati siano in contrasto con la Costituzione della Repubblica o con i diritti di altri Comuni, li rimanda al giudizio della Corte Suprema che può dichiararne l'incostituzionalità. In tal caso il potere esecutivo della Repubblica è autorizzato ad impedirne l'esecuzione.
18 - Allorché l'ordine interno di un Comune è turbato o quando è minacciato da un altro Comune, il potere esecutivo della Repubblica è autorizzato ad intervenire:
a) se l'intervento è richiesto dalle autorità del Comune interessato;
b) se l'intervento è richiesto da un terzo dei cittadini in possesso dei diritti politici del Comune stesso.
19 - I Comuni hanno segnatamente il diritto:
a) di organizzare l'istruzione primaria in base alle norme stabilite dall'art. 38 della Costituzione;
b) di nominare i giudici comunali;
c) di organizzare e mantenere la polizia comunale;
d) d'imporre tasse;
e) di contrarre prestiti nel territorio della Repubblica. Quando invece tali prestiti devono essere contratti all'estero occorre la garanzia del governo che la concede soltanto in caso di riconosciuta necessità.
Del potere legislativo
20 - Il potere legislativo è esercitato da due corpi elettivi:
a) La Camera dei Rappresentanti;
b) Il Consiglio Economico.
21 - La Camera dei Rappresentanti viene eletta a suffragio universale diretto e segreto da tutti i cittadini della Repubblica che hanno compiuto il 20° anno di età e che sono in possesso dei diritti politici. Ogni cittadino della Repubblica avente diritto a voto è eleggibile a membro della Camera dei Rappresentanti.
I rappresentanti vengono eletti per un periodo di tre anni, in ragione di uno ogni mille elettori ed in ogni caso in numero non inferiore a 30. Tutti gli elettori formano un unico corpo elettorale e l'elezione si compie a suffragio universale segreto e diretto col sistema della rappresentanza proporzionale.
22 - La Camera dei Rappresentanti tratta e legifera sui seguenti oggetti che sono di sua competenza:
a) Codice Penale e Civile;
b) Polizia;
c) Difesa Nazionale;
d) Istruzione pubblica secondaria;
e) Belle Arti;
f) Rapporti dello Stato con i Comuni.La Camera dei Rappresentanti si riunisce ordinariamente una volta all'anno nel mese di ottobre.
23 - Il Consiglio Economico si compone di 60 membri eletti nelle seguenti proporzioni a suffragio universale segreto e diretto, col sistema della rappresentanza proporzionale:- 15 dagli operai e lavoratori della terra;- 15 dai datori di lavoro;- 5 dai tecnici industriali ed agricoli;- 5 dagli impiegati amministrativi delle aziende private;- 5 dagli insegnanti delle scuole pubbliche e dagli studenti degli istituti superiori;- 5 dai professionisti liberi;- 5 da impiegati pubblici;- 5 dalle cooperative di lavoro e di consumo.
24 - I membri del Consiglio Economico vengono eletti per un periodo di due anni. Per essere eleggibili occorre appartenere alla categoria rappresentata.
25 - Il Consiglio Economico si aduna ordinariamente due volte all'anno, nei mesi di maggio e di novembre, per trattare e legiferare sui seguenti oggetti, che sono di sua competenza:
a) Codice Commerciale e Marittimo;
b) Disciplina del lavoro;
c) Trasporti;
d) Lavori pubblici;
e) Trattati di commercio, dogane, ecc.;
f) Istruzione tecnica e professionale;
g) Legislazione sulle Banche, sulle Industrie e sull'esercizio delle professioni e mestieri.
26 - La Camera dei Rappresentanti ed il Consiglio Economico si riuniscono insieme una volta all'anno nella prima quindicina di dicembre formando l'Assemblea Nazionale, che tratta e legifera sui seguenti oggetti di sua competenza:
a) rapporti internazionali;
b) finanza e tesoro della Repubblica;
c) istruzione superiore;
d) revisione della Costituzione.
Del potere esecutivo
27 - Il potere esecutivo della Repubblica si compone di sette Commissari eletti nel modo che segue:- Presidenza e Affari Esteri, Finanza e Tesoro, Istruzione pubblica: dall'Assemblea Nazionale;- Interni e Giustizia, Difesa Nazionale: dalla Camera dei Rappresentanti;- Lavoro, Economia pubblica: dal Consiglio Economico.
28 - Il potere esecutivo siede in permanenza e delibera collettivamente su tutti gli oggetti che non siano d'ordinaria amministrazione. Il Presidente rappresenta la Repubblica di fronte agli altri paesi, dirige le discussioni ed ha voto decisivo in caso di parità. I Commissari sono eletti per un anno e sono rieleggibili per una volta soltanto. Dopo l'interruzione di un anno possono però essere nuovamente eletti.
Del potere giudiziario
29 - Il potere giudiziario si compone:
a) dei giudici municipali;
b) dei giudici del lavoro;
c) dei giudici di secondo grado;
d) della giuria;
e) della Corte Suprema.
30 - I giudici municipali giudicano sulle controversie civili e commerciali fino al valore di cinquemila lire e sui crimini che importano pene non superiori ad un anno. I giudici di primo grado sono eletti in proporzione della popolazione da tutti gli elettori dei vari comuni.
31 - I giudici del lavoro giudicano sulle controversie individuali fra salariati o stipendiati e datori di lavoro. Essi costituiscono uno o più collegi di giudici eletti dalle Corporazioni che eleggono il Consiglio Economico, nelle seguenti proporzioni: due dagli operai industriali e dai lavoratori della terra, due dai datori di lavoro, uno dai tecnici industriali ed agricoli, uno dai professionisti liberi, uno dagli impiegati amministrativi delle aziende private, uno dagli impiegati pubblici, uno dagli insegnanti pubblici e dagli studenti degli istituti superiori, uno dalle cooperative di lavoro e di consumo. Ogni collegio di giudici del lavoro si divide in sezioni, per il più sollecito disbrigo dei giudizi. Le sezioni riunite costituiscono il giudizio di appello.
32 - I giudici di secondo grado giudicano su tutte le questioni civili, commerciali e penali che non sono di competenza dei giudici municipali e dei giudici del lavoro - (salve quelle di spettanza della giuria) - e funzionano da Tribunale d'Appello per le sentenze dei giudici municipali. I giudici di secondo grado sono scelti in base a concorso dalla Corte Suprema, fra i cittadini muniti della laurea di dottore in legge.
33 - Tutti i delitti politici e tutti i crimini e delitti che comportano la privazione della libertà personale per un tempo superiore ai tre anni sono giudicati da una giuria composta di sette cittadini assistiti da due supplenti e presieduti da un giudice di secondo grado.
34 - La Corte Suprema viene eletta dall'Assemblea Nazionale e si compone di 5 membri effettivi e due supplenti. Almeno due dei membri effettivi ed un supplente dovranno essere muniti della laurea di dottore in legge.La Corte Suprema è competente a giudicare:
a) sulla costituzionalità degli atti dei poteri legislativo ed esecutivo;
b) su tutti i conflitti di carattere costituzionale fra i poteri legislativo ed esecutivo, fra la Repubblica ed i Comuni, fra i Comuni fra loro, fra la Repubblica e Corporazioni o privati, fra i Comuni e Corporazioni o privati;
c) sui casi di alto tradimento contro la Repubblica ad opera di membri del potere legislativo o esecutivo;
d) sui crimini e delitti contro il diritto delle genti;
e) nelle contestazioni civili fra la Repubblica ed i Comuni; fra i Comuni tra loro;
f) sui casi di responsabilità dei membri dei poteri della Repubblica e di funzionari;g) nelle questioni circa i diritti di cittadinanza e circa i privi di patria.
La Corte Suprema giudica inoltre le questioni di competenza fra i vari organi giudiziari, rivede in ultima istanza le sentenze pronunziate da questi, e nomina i giudici di secondo grado in base a concorso.I membri della Corte Suprema non possono coprire alcuna altra carica, neppure nei rispettivi comuni, né esercitare qualsiasi altra professione, industria o mestiere per tutta la durata della carica.
Del Comandante
34 [sic] - In caso di grave pericolo per la Repubblica l'Assemblea Nazionale può nominare un Comandante per un periodo non superiore ai sei mesi. Il Comandante durante il periodo in cui rimane in carica esercita tutti i poteri politici e militari, sia legislativi che esecutivi. I membri del potere esecutivo funzionano come suoi segretari. Può essere eletto Comandante qualunque cittadino, nel possesso dei diritti politici, facente parte o no dei poteri della Repubblica.Allo spirare del termine fissato per la durata della carica del Comandante, l'Assemblea Nazionale si riunisce nuovamente e delibera sulla conferma in carica del Comandante stesso, sulla sua eventuale sostituzione o sulla cessazione della carica.
Della difesa nazionale
35 - Tutti i cittadini della Repubblica, senza distinzione di sesso, sono obbligati al servizio militare nell'età dai 17 ai 52 anni per la difesa della Repubblica. Gli uomini dichiarati validi presteranno questo servizio nelle varie armi dell'esercito. Le donne e gli uomini non validi saranno adibiti, secondo le loro attitudini, ai servizi ausiliari, amministrativi e di sanità.Tutti coloro che a causa del servizio militare perdono la vita o soggiacciono ad un'imperfezione fisica permanente, hanno diritto per sé e per le loro famiglie in caso di bisogno, al soccorso della Repubblica.
36 - La Repubblica non può mantenere truppe permanenti. L'esercito e la flotta della Repubblica saranno organizzati sulla base della Nazione Armata con apposita legge. I cittadini prestano il servizio militare soltanto per i periodi d'istruzione od in caso di guerra per la difesa del paese.Il cittadino non perde nessuno dei suoi diritti civili e politici durante i periodi d'istruzione o quando venga chiamato in servizio per la difesa della Repubblica, salve le necessità del servizio militare.
Dell'istruzione pubblica
37 - La Repubblica considera come il più alto dei suoi doveri l'istruzione e l'educazione del popolo, non soltanto per quel che riguarda la scuola primaria o professionale, ma anche per le manifestazioni superiori della scienza e dell'arte, che devono essere rese accessibili a tutti coloro che dimostrano capacità d'intenderle. Le scuole superiori esistenti verranno perciò riunite in un'Università libera e completate con nuovi corsi e facoltà, in base ad una apposita legge la quale dovrà contemplare puranche la istituzione di una scuola di Belle Arti e di un Conservatorio Musicale.
38 - L'organizzazione delle Scuole medie e affidata alla Camera dei Rappresentanti e quella delle Scuole tecniche e professionali al Consiglio Economico. Nelle Scuole medie sarà obbligatorio l'insegnamento delle diverse lingue parlate nel territorio della Repubblica.L'istruzione primaria è gratuita ed obbligatoria. Essa resta affidata ai Comuni che la organizzano in base a programmi stabiliti da un Comitato di Istruzione primaria composto di un rappresentante per ciascun comune, di due rappresentanti delle scuole medie, di due rappresentanti delle scuole tecniche professionali, e di due rappresentanti degli istituti superiori, eletti dagli insegnanti e dagli studenti.L'insegnamento primario verrà impartito nella lingua parlata dalla maggioranza degli abitanti di ciascun comune accertata, ove occorra, per mezzo di referendum; ma fra le materie d'insegnamento dovrà in ogni caso essere compresa la lingua parlata dalla minoranza. Inoltre quando lo richieda un numero di alunni sufficiente, a giudizio del Comitato per l'istruzione primaria, il Comune sarà obbligato ad istituire corsi paralleli nella lingua parlata dalla minoranza.In caso di rifiuto da parte del Comune, il Governo della Repubblica ha diritto d'istituire esso stesso i corsi paralleli caricandone la spesa al Comune.
39 - Le scuole pubbliche devono poter essere frequentate dai seguaci di tutte le confessioni religiose e da chi non professa nessuna religione, senza pregiudizio della libertà di coscienza di chicchessia.
Della revisione costituzionale
40 - Ogni dieci anni l'Assemblea Generale si riunisce in sessione straordinaria per la riforma della Costituzione.
La Costituzione può però esser riformata in ogni tempo:
a) quando lo chieda uno dei due rami del potere legislativo;
b) quando lo chieda almeno un terzo dei cittadini aventi diritto al voto di cui all'art. 12.
Sono in diritto di proporre modificazioni alla Costituzione:
a) i membri dell'Assemblea Nazionale;
b) le rappresentanze dei Comuni;
c) la Suprema Corte;
d) le Corporazioni.
Del diritto d'iniziativa
41 - I componenti dei corpi elettorali hanno diritto di proporre leggi di loro iniziativa sulle materie spettanti ai rispettivi corpi legislativi, purché l'iniziativa sia proposta da almeno un quarto dei componenti il corpo elettorale competente.
Del referendum
42 - Tutte le leggi approvate dai due rami del potere legislativo possono essere sottoposte a referendum quando questo sia chiesto da un numero di elettori non inferiore ad un quarto dei cittadini aventi diritto al voto.
Del diritto di petizione
43 - Tutti i cittadini hanno diritto di petizione in confronto dei corpi legislativi che hanno diritto di eleggere.
Incompatibilità
44 - Nessuno può esercitare più di un potere o far parte contemporaneamente di due corpi legislativi.
Revocabilità
45 - Tutte le cariche sono revocabili:a) quando gli eletti perdano i diritti politici mediante sentenza confermata dalla Corte Suprema;b) quando la metà più uno dei componenti il corpo elettorale voti regolarmente la revoca.
Responsabilità
46 - Tutti i membri dei poteri e tutti i funzionari della Repubblica sono penalmente e civilmente responsabili dei danni che possono derivare alla Repubblica, ai Comuni, alle Corporazioni od ai privati in caso di abuso o di trascuranza nell'adempimento dei propri doveri. La Corte Suprema giudica su questi casi. I membri della Corte Suprema sono giudicati in questi casi dall'Assemblea Nazionale.
Indennità
47 - Tutte le cariche contemplate dalla Costituzione sono retribuite mediante indennità da fissarsi per legge votata annualmente dall'Assemblea Nazionale.

domenica 20 aprile 2008

Gabriele D'Annunzio...in breve chi era il "Vate" d'Italia! L'uomo d'azione!

Amando definire «inimitabile» la sua vita, Gabriele D'Annunzio costruisce intorno a sé il mito di una vita come un'opera d'arte.
Gabriele D'Annunzio nasce a Pescara il 12 marzo 1863 da famiglia borghese, che vive grazie alla ricca eredità dello zio Antonio D'Annunzio. Compie gli studi liceali nel collegio Cicognini di Prato, distinguendosi sia per la sua condotta indisciplinata che per il suo accanimento nello studio unito ad una forte smania di primeggiare. Già negli anni di collegio, con la sua prima raccolta poetica Primo vere, pubblicata a spese del padre, ottiene un precoce successo, in seguito al quale inizia a collaborare ai giornali letterari dell'epoca. Nel 1881, iscrittosi alla facoltà di Lettere, si trasferisce a Roma, dove, senza portare a termine gli studi universitari, conduce una vita sontuosa, ricca di amori e avventure. In breve tempo, collaborando a diversi periodici, sfruttando il mercato librario e giornalistico e orchestrando intorno alle sue opere spettacolari iniziative pubblicitarie, il giovane D'Annunzio diviene figura di primo piano della vita culturale e mondana romana.
Dopo il successo di Canto novo e di Terra vergine (1882), nel 1883 hanno grande risonanza la fuga e il matrimonio con la duchessina Maria Hardouin di Gallese, unione da cui nasceranno tre figli, ma che, a causa dei suoi continui tradimenti, durerà solo fino al 1890. Compone i versi l'Intermezzo di rime ('83), la cui «inverecondia» scatena un'accesa polemica; mentre nel 1886 esce la raccolta Isaotta Guttadàuro ed altre poesie, poi divisa in due parti L'Isottèo e La Chimera (1890).
Ricco di risvolti autobiografici è il suo primo romanzo Il piacere (1889), che si colloca al vertice di questa mondana ed estetizzante giovinezza romana. Nel 1891 assediato dai creditori si allontana da Roma e si trasferisce insieme all'amico pittore Francesco Paolo Michetti a Napoli, dove, collaborando ai giornali locali trascorre due anni di «splendida miseria». La principessa Maria Gravina Cruyllas abbandona il marito e va a vivere con il poeta, dal quale ha una figlia. Alla fine del 1893 D'Annunzio è costretto a lasciare, a causa delle difficoltà economiche, anche Napoli.
Ritorna, con la Gravina e la figlioletta, in Abruzzo, ospite ancora del Michetti. Nel 1894 pubblica, dopo le raccolte poetiche Le elegie romane ('92) e Il poema paradisiaco ('93) e dopo i romanzi Giovanni Episcopo ('91) e L'innocente ('92), il suo nuovo romanzo Il trionfo della morte. I suoi testi inoltre cominciano a circolare anche fuori dall'Italia.
Nel 1895 esce La vergine delle rocce, il romanzo in cui si affaccia la teoria del superuomo e che dominerà tutta la sua produzione successiva. Inizia una relazione con l'attrice Eleonora Duse, descritta successivamente nel romanzo «veneziano» Il Fuoco (1900); e avvia una fitta produzione teatrale: Sogno d'un mattino di primavera ('97), Sogno d'un tramonto d'autunno, La città morta ('98), La Gioconda ('99), Francesca da Rimini (1901), La figlia di Jorio (1903).
Nel '97 viene eletto deputato, ma nel 1900, opponendosi al ministero Pelloux, abbandona la destra e si unisce all'estrema sinistra (in seguito non verrà più rieletto). Nel '98 mette fine al suo legame con la Gravina, da cui ha avuto un altro figlio. Si stabilisce a Settignano, nei pressi di Firenze, nella villa detta La Capponcina, dove vive lussuosamente prima assieme alla Duse, poi con il suo nuovo amore Alessandra di Rudinì. Intanto escono Le novelle della Pescara (1902) e i primi tre libri delle Laudi: Maia, Elettra, Alcyone (1903).
Il 1906 è l'anno dell'amore per la contessa Giuseppina Mancini. Nel 1910 pubblica il romanzo Forse che sì, forse che no, e per sfuggire ai creditori, convinto dalla nuova amante Nathalie de Goloubeff, si rifugia in Francia.
Vive allora tra Parigi e una villa nelle Lande, ad Arcachon, partecipando alla vita mondana della belle époque internazionale. Compone opere in francese; al «Corriere della Sera» fa pervenire le prose Le faville del maglio; scrive la tragedia lirica La Parisina, musicata da Mascagni, e anche sceneggiature cinematografiche, come quella per il film Cabiria (1914).
Nel 1912, a celebrazione della guerra in Libia, esce il quarto libro delle Laudi (Merope. il quinto, Asterope, sarà completato nel 1918 e i restanti due, sebbene annunciati, non usciranno mai). Nel 1915, nell'imminenza dello scoppio della prima guerra mondiale, torna in Italia. Riacquista un ruolo di primo piano, tenendo accesi discorsi interventistici e, traducendo nella realtà il mito letterario di una vita inimitabile, partecipa a varie e ardite imprese belliche, ampiamente autocelebrate. Durante un incidente aereo viene ferito ad un occhio. A Venezia, costretto a una lunga convalescenza, scrive il Notturno, edito nel 1921.
Nonostante la perdita dell'occhio destro, diviene eroe nazionale partecipando a celebri imprese, quali la beffa di Buccari e il volo nel cielo di Vienna. Alla fine della guerra, conducendo una violenta battaglia per l'annessione all'Italia dell'Istria e della Dalmazia, alla testa di un gruppo di legionari nel 1919 marcia su Fiume e occupa la città, instaurandovi una singolare repubblica, la Reggenza italiana del Carnaro, che il governo Giolitti farà cadere nel 1920. Negli anni dell'avvento del Fascismo, nutrendo una certa diffidenza verso Mussolini e il suo partito, si ritira, celebrato come eroe nazionale, presso Gardone, sul lago di Garda, nella villa di Cargnacco, trasformato poi nel museo-mausoleo del Vittoriale degli Italiani. Qui, pressoché in solitudine, nonostante gli onori tributatigli dal regime, raccogliendo le reliquie della sua gloriosa vita, il vecchio esteta trascorre una malinconica vecchiaia sino alla morte avvenuta il primo marzo 1938.




Futurismo: Marinetti e la rivista "Poesia"!


Nascita della rivista “Poesia”

L’avvocato di Voghera Enrico Marinetti, dopo aver sposato la milanese Amalia Grolli, si trasferisce ad Alessandria d’Egitto e si arricchisce notevolmente aprendo prima uno e poi diversi altri studi di civilista ad Alessandria e in altre città egiziane. Dalla coppia nascono due figli, Leone, il primogenito, e poi - il 22 dicembre 1876 - Filippo Tommaso. I ragazzi studiano in Egitto in scuole di lingua francese. Non appena i ragazzi hanno terminato gli studi liceali, forse per consentire loro di frequentare un’università italiana o forse perché ormai si era arricchita a sufficienza, la famiglia lascia l’Egitto e si trasferisce a Milano in via Senato 2, in un grande appartamento al primo piano della casa all’angolo con corso Venezia, tuttora esistente. L’appartamento viene arredato in stile moresco con oggetti acquistati in Oriente. I milanesi, colpiti dalle grandi disponibilità finanziarie dei Marinetti, sostengono malignamente che l’avvocato aveva fatto i soldi con la tratta delle bianche.
Siamo nel 1893, Leone e Tommaso si iscrivono, su insistenza del padre, alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Pavia, ma l’improvviso cambiamento di clima provoca ben presto una terribile tragedia. Leone, già sofferente di reumatismi, viene colpito da una forma acuta di artrite che gli danneggia il cuore e lo uccide. Per evitare altre tragedie, Tommaso viene mandato a studiare a Genova dove si laurea nel 1899. Tornato a Milano, Tom (così infatti era chiamato in famiglia) inizia a frequentare letterati e critici come Giovanni e Francesco Pozza, Sem Benelli, Guido da Verona e Umberto Notari. Il suo interesse va però prevalentemente a quanto sta succedendo a Parigi, fucina dei nuovi movimenti artistici “simbolista” e “umanista”. A Parigi pubblica nel 1902 un poema epico, La Conquête des Étoiles, che inizia a far circolare il suo nome in quell’ambiente, seguito a due anni di distanza da Destruction, sempre in francese.
Nel frattempo muore la madre. I due maschi superstiti, padre e figlio, decidono di dividere in due parti il grande appartamento di via Senato per acquistare entrambi una maggiore libertà d’azione, specialmente in caso di avventure galanti. Tom però non pensa solo alle donne e decide di utilizzare il suo nuovo spazio per avviare un’iniziativa editoriale di prestigio che gli consenta di essere maggiormente conosciuto in Italia e all’estero. Fonda perciò nel 1904 una rivista letteraria dal nome molto sintetico e diretto - “Poesia” - il cui primo numero esce nel gennaio 1905. E’ una pubblicazione molto elegante, dal formato grande, quasi quadrato, stampata su una splendida carta a mano a caratteri grandi. La copertina, che cambia colore ad ogni numero, è disegnata dall’incisore Alberto Martini di Oderzo. Vi compare raffigurata una rupe che si leva su un piano coperto di sozze figure striscianti nel fango. Sulla vetta una figurina di donna nuda (la Poesia) con in mano un arco che ha colpito con una freccia il mostro padre-madre che sta allattando un mostriciattolo. Non abbiamo purtroppo riferimenti espliciti sul significato preciso del mostro a tre teste in lotta con la Poesia. Le illustrazioni nelle pagine interne della rivista sono molto scarse. Compaiono di tanto in tanto dei ritratti a penna realizzati da Ugo Valeri.
La rivista doveva uscire ogni mese al prezzo di una lira per numero. Di fatto usciranno molti numeri doppi o tripli ma di notevole spessore per compensare gli abbonati. La rivista, che porta il sottotitolo di “Rassegna internazionale” contiene realmente molti contributi poetici stranieri, soprattutto francesi e mira principalmente a sprovincializzare l’ambiente letterario italiano, seguendo un filone tipicamente milanese, inaugurato mezzo secolo prima da Carlo Cattaneo e Carlo Tenca. Malgrado la violenta copertina, mancano invece gli accenti polemici, anzi, Marinetti mira soprattutto a farsi accettare da tutti gli ambienti letterari italiani ai quali la pubblicazione è diretta ed è molto scrupoloso nell’assicurarsi la presenza di ciascuna delle diverse tendenze.
Sulla copertina dei primi sette numeri figurano come direttori, oltre a Marinetti, anche Sem Benelli e Vitaliano Ponti, ma la loro collaborazione cesserà a partire dal n. 8 del 1906. Comunque il lavoro organizzativo è assicurato da due fedelissimi di Marinetti, Elisa Spada per la parte amministrativa e Decio Cinti per quella redazionale.
Pur impegnato in questa iniziativa, Marinetti continua a tenere strette relazioni con Parigi dove nel 1905 viene pubblicata e rappresentata la sua prima opera teatrale, la tragedia satirica Roi Bombace (Re Baldoria). Il dramma è dedicato “Ai grandi cuochi della felicità universale: Filippo Turati, Enrico Ferri e Arturo Labriola”. Marinetti aveva partecipato ai grandi comizi di Milano svoltisi in occasione dello sciopero generale del settembre 1904 e ne aveva tratto una sua filosofia sociale che vedeva il mondo diviso “tra chi mangia troppo e chi mangia troppo poco”. Qualsiasi rivoluzione comunque avrebbe riportato le cose, prima o dopo, a questo punto di partenza.
Milano in questi anni sta attraversando un periodo di grande travaglio politico. Le lotte sociali portano nel 1906 alla formazione della Confederazione Generale del Lavoro e della Lega degli industriali. Cominciano a circolare “gli automobili” (allora si usava il maschile) e i primi aeromobili. Il traforo del Sempione e molte altre innovazioni tecnologiche esplodono nell’Esposizione internazionale del 1906 al Parco Sempione. L’Umanitaria, forte dei milioni ereditati da Moisè Loria, costruisce il Quartiere Solari, il primo esempio moderno di edilizia popolare mentre al Teatro Dal Verme la borghesia è estasiata dalla Vedova allegra di Franz Lehar.
Il 1906 è anche l’anno dello scandalo seguito alla pubblicazione del romanzo Quelle signore di Umberto Notari accusato di oltraggio al pudore. Marinetti interviene al processo come esperto per attestare il carattere artistico dell’opera, mentre tra gli avvocati difensori si mette in luce Cesare Sarfatti, un socialista veneziano da poco arrivato a Milano con la moglie Margherita (vedi in questo sito), grande appassionata d’arte. E’ il preludio ad un secondo processo, ancora più famoso, che toccherà direttamente Marinetti nel 1910.


Il primo gruppo di poeti

Tra i primissimi collaboratori di “Poesia” vanno ricordati soprattutto due poeti, che sono ancora oggi figure di primo piano della letteratura italiana del Novecento: Gian Pietro Lucini (vedi schede ) e Paolo Buzzi (vedi schede ).
Gian Pietro Lucini nasce a Milano nel 1867 e rappresenta un ponte tra la seconda Scapigliatura milanese e le nuove tendenze di rottura del nuovo secolo. Gravemente ammalato di tubercolosi ossea che lo aveva costretto a farsi amputare una gamba, Lucini è un personaggio anomalo nell’ambiente milanese, fortemente critico nei confronti della cultura ufficiale. L’incontro con Marinetti lo spinge verso un maggiore sperimentalismo che sfocerà nella sua proposta del Verso libero, prima pietra fondamentale della futura poesia futurista. Paolo Buzzi, nato nel 1874 e quasi coetaneo di Marinetti, diventa ben presto molto amico dell’estroso poeta di Alessandria. Laureato in legge e poi avvocato. Entra quasi subito nell’Amministrazione Provinciale di Milano e inizia una brillante carriera di funzionario che lo porterà in pochi anni a ricoprire la carica di Primo Segretario. Con Marinetti inizia una doppia vita che lo vedrà impeccabile funzionario di giorno e (prudentemente) scatenato futurista di notte.
Nel 1907 muore il padre di Marinetti e l’appartamento di via Senato 2 viene riunito. In quell’occasione Marinetti fa togliere dalla casa tutti gli specchi compreso quello dello sportello di un grande armadio che viene sostituito con un pannello decorato. Aveva infatti il terrore degli specchi rotti tanto che in viaggio portava con sè soltanto uno specchio di acciaio.
Grazie alla maggiore disponibilità economica acquisita in seguito all’eredità, Marinetti può allargare le attività della rivista, della quale diventa caporedattore l’amico Buzzi. Per aggregare nuove voci attorno al ristretto gruppo degli amici iniziali, organizza concorsi per giovani poeti. Il premio per il migliore libro di versi era di L. 3000, una cifra molto elevata che corrisponde a più di 50 milioni di oggi. La prima gara è vinta da Emilio Zanetti, la seconda da Enrico Cavacchioli (vedi scheda) con L’incubo velato. I testi vincenti vengono pubblicati dalla stessa rivista che inizia così una propria attività editoriale. I libri avevano copertine semplici senza fronzoli, destinate a colpire con il titolo. A partire dal 1907 uno dei compiti principali della rivista diventa quello di pubblicizzare, anche mediante brevi anticipazioni, le nuove pubblicazioni e principalmente quelle di Lucini, di Buzzi e di Cavacchioli.

Muore la rivista e nasce il nuovo
Movimento futurista

Nella primavera del 1908, Marinetti accetta l’invito a partecipare ad una manifestazione irredentista a Trieste dove porta tutto il suo entusiasmo e la sua euforia. Al suo ritorno a Milano decide di prendere la patente di guida e di acquistare un automobile. Alla prima uscita da Milano capita però un incidente che poteva essere molto grave, ma che è ritenuto da Marinetti il fattore scatenante grazie al quale nascerà il movimento futurista. L’episodio è riportato nel testo del celebre Manifesto del Futurismo pubblicato in francese sul giornale “Figaro” del 20 febbraio 1909 e ripubblicato da “Poesia” nel numero 1-2 dello stesso anno (vedi Appendice). Nel Manifesto l’episodio è raccontato con molte “licenze poetiche”. Un racconto più veritiero anche se espresso nel suo geniale linguaggio futurista ce lo fornisce lo stesso Marinetti nel suo ultimo libro, La grande Milano tradizionale e futurista:
Non sono versi liberi ma parole in libertà i ruggiti del tubo di scappamento della mia centocavalli che senza sapere guidare guido in vie deserte o spaventate fin in Piazza d'Armi
Velocità crescente e impeto del motore che vuole strapparmi il volante dalle mani mie fragili di poeta
Nessuno davanti al mio slancio ed è un inaspettato lirismo che spalanca orizzonti sbaraglia a destra e a sinistra caseggiati che il sogno sonno immensifica
Rasentare un canale di fangosa acqua d'officina e scorgere a 100 metri due incauti ciclisti già promessi alla furente ingordigia delle mie ruote ed eccomi pietoso al punto di rosicchiare colle mie ruote di destra l'orlo del fosso mentre ricordo d'aver letto la morte del mio amico Simon parigino sventratosi in un rovesciamento d'automobili
Istintivamente per questo scarto il mio ventre dal volante quando sento planetariamente capovolgersi lenta meno lenta prestissimo la mia centocavalli su me
Tattilismo olfattivo di mota bava mentastri petrolio untume forfora sudori olio benzina sterpi fieno moscaio formicaio scorie limature carbone con il corpo inerte di 80 chili del meccanico a caldo liquido premente sempre più quintale
Atroce impasto che spera dispera
E sotto sotto sotto torcersi di una seconda imbottitura tattile di plumbeo destino che ha sapore-odore di aceto melassa spinaci in bocca e nei bronchi catarri a furente tubo di scappamento e acidi gas fischianti corpo a corpo collo smisurato cetaceo ruote all'aria roteanti
Pesantissimo cielo che mi schiaccia coi suoi blocchi di cobalto
No no no no non dilaniarmi la schiena
Faticosamente a rantoli mentre operai accorrono
- Prest prest ciapa i cord che se dev tirà su i reud prima che el motor ciapa feug Giovan porta el cric e i cord
- Sunt mort sotta prest tira su
Mi estraggono straccio fangoso elettrizzato da una gioia acutissima che collauda con spasimosi rigurgiti di orgoglio volitivo il Futurismo
Orestano la definirà giustamente poesia ad ogni costo ...
(da La grande Milano..., p. 88)
Salvo per miracolo e medicato alla meglio, parte per un lungo viaggio in Europa al ritorno dal quale, l’11 ottobre 1908, riesce a racchiudere le sue idee in un’unica parola: Futurismo. Il primo nome che aveva pensato per il movimento era “elettricismo”, ma temeva che li avrebbero chiamati “elettricisti”. Poi “dinamismo”, ma anche questo non era proprio soddisfacente.
Il fatto che sia stato pensato il giorno 11 ci ricorda inoltre che questo numero, e i suoi multipli, era considerato “fausto” da Marinetti. Molte sue successive pubblicazioni, e soprattutto i vari Manifesti, portano infatti la data dell’11. (Manifesti futuristi on line )
Il manifesto del nuovo movimento, come si è detto, verrà pubblicato per la prima volta da “Le Figaro” il 20 febbraio 1909. In realtà doveva essere pubblicato prima dalla rivista “Poesia”, ma il terremoto di Messina (28 dicembre 1908) lo convince a rinviare l’annuncio di un mese perché l’attenzione di tutti era concentrata in quel momento sul tragico avvenimento. Una preoccupazione superflua perché nessun giornale in Italia registra la nuova iniziativa culturale che fu del tutto ignorata dall’opinione pubblica. Solo alcuni letterati entusiasti vi aderiscono e inviano alla rivista il loro plauso e le loro opere. Il gruppetto iniziale di poeti si arricchisce così di nuovi nomi, tra i quali troviamo Aldo Palazzeschi, Luciano Folgore, Auro d’Alba e Libero Altomare. Anche i poeti del vecchio gruppo, come rinvigoriti dalla nascita del movimento, pubblicano in quest’anno alcune delle loro opere migliori. Paolo Buzzi pubblica Aeroplani, Enrico Cavacchioli Le ranocchie turchine, Gian Pietro Lucini Revolverate.Quest’ultimo titolo viene suggerito a Lucini da Marinetti che lo convince ad accettarlo dopo molte insistenze e sapienti “ruffianerie”. Sarà però l’ultima volta che Lucini si farà convincere. Staccatosi dal movimento in disaccordo con la violenta requisitoria contro gli amati musei e biblioteche, Lucini si ritira a Breglia sul lago di Como dove muore nel 1914 a soli 47 anni.
Marinetti dal canto suo pubblica a Parigi il suo libro più famoso: Mafarka le Futuriste.
Con il 1909 la rivista cessa le pubblicazioni e si trasforma in Casa editrice mentre il movimento futurista, che all’estero aveva già cominciato a suscitare un certo interesse, si prepara a decollare.

Il Futurismo

Il 1910 è l’anno del trionfo futurista. In gennaio Marinetti conosce Umberto Boccioni che porta nel gruppo anche gli amici Luigi Russolo e Carlo Carrà, con i quali frequentava il Caffè del Centro in via Carlo Alberto. Sempre attraverso Boccioni entreranno nel movimento anche il suo maestro Balla che stava a Roma e l’amico Severini che risiedeva da qualche anno a Parigi. Il nuovo gruppo firma l’11 febbraio il Manifesto dei pittori futuristi che viene stampato e diffuso in migliaia di copie. Marinetti intanto, dall’inizio dell’anno ha avviato il programma delle “Serate futuriste”, una serie di interventi provocatori in alcuni dei maggiori teatri italiani per scuotere l’opinione pubblica ed arrivare finalmente a far parlare i giornali del Futurismo. Il programma inizia il 12 gennaio dal Politeama di Trieste. Il 15 febbraio al Teatro Lirico di Milano Palazzeschi (vedi scheda) declama le poesie Fontana malata (vedi testo on line) e L’orologio, ma il putiferio si scatena alla lettura delle liriche di Paolo Buzzi scritte in onore del tenente generale Asinari di Bernezzo, che era stato messo a riposo per punizione dopo un suo violento discorso antiaustriaco. La rissa dentro e fuori il teatro non si verifica quindi per motivi estetici, ma tra persone favorevoli o contrarie alle lotta per la liberazione di Trento e Trieste. Paolo Buzzi in ogni caso, per la carica pubblica che ricopriva, deve tenersi prudentemente tra le quinte.
Il programma delle manifestazioni futuriste continua l’8 marzo al Teatro Chiarella di Torino dove Boccioni declama il Manifesto dei pittori futuristi al quale seguirà l’11 aprile un testo più dettagliato: il Manifesto tecnico della pittura futurista. Le manifestazioni pubbliche si concludono con uno spettacolare lancio di volantini dalla Torre dell’Orologio in piazza San Marco a Venezia. Il volantino, intitolato Contro Venezia passatista è una violenta requisitoria contro la mentalità tradizionalista.
Ormai il movimento è lanciato. In una piccola sezione di una mostra organizzata dalla Famiglia artistica a Milano compaiono in pubblico i primi quadri futuristi di Boccioni, Carrà e Russolo, tra i quali spicca Una baruffa, poi intitolato Rissa in galleria (Brera, Collezione Jesi), ancora post-impressionista nella tecnica ma già influenzato dal Futurismo nella ricerca del movimento e nel soggetto che racconta uno scontro avvenuto realmente tra pacifisti e nazionalisti. Balilla Pratella completa il quadro scrivendo il Manifesto dei musicisti tecnici, pubblicato l’11 gennaio 1911.
La campagna pubblicitaria a favore del Futurismo è degnamente completata dal processo che si apre l’8 ottobre 1910 contro la traduzione italiana del romanzo Mafarka il Futurista di Marinetti, accusato di oltraggio al pudore. Luigi Capuana interviene come tecnico citando una serie di classici licenziosi a dimostrazione della possibilità di convivenza tra arte ed erotismo. Tra gli avvocati spicca anche in questo caso Cesare Sarfatti, che tramite la moglie Margherita (amica, forse amante, di Boccioni) aveva ormai allacciato stretti legami con i futuristi. La stampa dà grande risalto al processo che si conclude con un’assoluzione in primo grado, seguita da una condanna a due anni e mezzo con la condizionale in Appello e in Cassazione.

Il trasloco da via Senato 2 alla Casa Rossa

Nel 1911 Marinetti trasloca da via Senato in un appartamento al primo piano della Casa Rossa, la grande casa dei fratelli Ciani decorata con modanature e rilievi in cotto di soggetto risorgimentale. Si trovava al numero 61 di corso Venezia, all’angolo con via Boschetti. Demolita nel 1928, è stata sostituita da un grande palazzo moderno che porta oggi il numero 37. Qui vengono trasportati anche tutti gli arredi orientali della famiglia compreso il grande armadio ormai privo dello specchio. E’ proprio durante questo trasloco che Balla vede l’armadio e si offre di ridecorarne il pannello di legno. Oggi questo celebre armadio appartiene ad una collezione americana.
Ormai il Futurismo è un caso nazionale. Il 30 aprile in un padiglione dismesso della ditta Ricordi si apre la Prima esposizione d’arte libera con 50 quadri futuristi di Boccioni, Carrà e Russolo. Boccioni espone Care puttane (La retata, Coll. privata) che solleva uno scandalo per il titolo. Espone anche uno dei suoi quadri più noti, La risata (New York, Museum of Modern Art) (vedi l'interpretazione del quadro), che viene sfregiato da un visitatore e parzialmente ridipinto. La mostra solleva moltissime critiche denigratorie dal parte della critica tradizionale, accolte con viva soddisfazione dal gruppo, ma anche critiche spiacevoli.
Il pittore toscano Ardengo Soffici li critica pesantemente sulla “Voce” del 22 giugno accusandoli di provincialismo e di non conoscere il cubismo, il movimento artistico più interessante sorto in quegli anni in Europa.
“... [i dipinti futuristi] non rappresentano in nessun modo una visione d’arte personalissima come forse crede qualche intrepido gazzettiere. No. Sono anzi sciocche e laide smargiassate di poco scrupolosi messeri, i quali vedendo il mondo torbidamente, senza senso di poesia, con gli occhi del più pachidermico maialaio d’America, voglion far credere di vederlo fiorito e fiammeggiante, e credono che lo stiaffar colore da forsennati su un quadro di bidelli d’Accademia, o il ritirare in piazza il filacciume del divisionismo, questo morto errore segantiniano, possa far riuscire il loro gioco al cospetto della folla babbea.”
La reazione è rabbiosa. Viene organizzata una spedizione punitiva a Firenze che viene così descritta da Carrà nelle sue memorie:
“Giunti, ci recammo guidati da Palazzeschi al Caffè delle Giubbe Rosse, dove sapevamo di trovare il gruppo vociano. Ben presto infatti ci fu indicato Soffici e Boccioni lo apostrofò: E’ lei Ardengo Soffici? alla risposta affermativa volò uno schiaffo. Soffici reagì energicamente tirando colpi a destra e a sinistra col suo bastone. In breve il pandemonio fu infernale: tavolini che si rovesciavano trascinando con sè i vassoi carichi di bicchieri e di chicchere, vicini che scappavano gridando, camerieri che accorrevano per ristabilire l’ordine; e arrivò anche un commissario di polizia che si interpose facendo cessare la mischia.”
L’ostilità tra i futuristi e i vociani perdurerà ancora per due anni e si placherà solo quando alcuni vociani usciranno dalla rivista per fondare “Lacerba”.
La critica però ha toccato un tasto dolente che induce i pittori futuristi a prendere atto del cubismo e ad abbandonare le ultime tracce di divisionismo ancora largamente presenti. Boccioni avvia la preparazione degli Stati d’animo, che alcuni ritengono il suo capolavoro. Anche Marinetti, sull’onda del successo-scandalo della pittura futurista, rilancia con Uccidiamo il chiaro di luna (vedi testo on line) e il Manifesto tecnico della letteratura futurista (vedi testo on line) più avanzate proposte letterarie. Il gruppo dei poeti è cresciuto ed è ormai possibile pubblicare l’antologia I poeti futuristi che raccoglie il meglio della loro produzione.
Intanto anche la politica italiana sta diventando sempre più “futurista”, vale a dire nazionalista e guerrafondaia. In settembre inizia la spedizione in Libia alla quale si aggrega Marinetti come corrispondente del giornale parigino “L’intransigeant”.
L’assenza di Marinetti da Milano consiglia di spostare all’anno successivo la grande mostra d’arte che si voleva organizzare a Parigi e che verrà inaugurata alla galleria Berheim Jeune nel febbraio del 1912. La mostra è accompagnata da un’importante prefazione scritta da Boccioni, Carrà, Russolo, Balla e Severini, nella quale si sottolineano le differenze rispetto al cubismo, che non conosce il dinamismo.
Boccioni espone La città che sale, (New York, Museum of Modern Art, bozzetto al CIMAC, Coll. Jesi), dipinto nel 1910-11, il primo suo quadro che cerca di attuare pienamente il programma futurista, gli Stati d’animo (CIMAC, New York), Visioni simultanee (Wuppertal, Var der Heydt Museum), La strada entra nella casa (Hannover, Sprengler Museum) tutti dipinti nel 1911. Lasciata Parigi, la mostra si sposta in tutte le principali città europee - Londra, Berlino, L’Aja, Amsterdam, Monaco, Amburgo - diffondendo sempre più il vangelo futurista, che ha già raggiunto l’arte della fotografia e che presto si estenderà alla scultura, al teatro e alla danza. La poesia futurista, superato il verso libero che sembra ormai troppo tradizionalista, scopre le “parole in libertà” una tecnica dove arte e poesia si fondono in un collage di parole e simboli disposti liberamente sul foglio. Carrà nel 1913 arriva a pubblicare La pittura dei suoni, rumori e odori (vedi il testo on line), dove tutto si mescola nel più assoluto disordine.

Dall’arte alla politica

Finita la guerra di Libia, una ben più grave tempesta si sta profilando all’orizzonte, non solo per l’Italia. L’anno 1914 segna per il movimento futurista il passaggio dalle teorie estetiche all’intervento politico. In quest’anno Balla, Carrà, Marinetti, Piatti, Russolo e Boccioni pubblicano il manifesto: Sintesi futurista della guerra. In settembre Marinetti, Boccioni e altri seguaci del movimento vengono arrestati durante una manifestazione interventista e restano per cinque giorni in carcere perché avevano bruciato in piazza del Duomo otto bandiere austriache. Nel febbraio del 1915 Marinetti è nuovamente arrestato a Roma durante una manifestazione interventista davanti al Parlamento. Con lui viene arrestato Mussolini, che Marinetti aveva conosciuto socialista nel salotto della Sarfatti in corso Venezia e che ora da qualche mese aveva rotto con i socialisti e si era lanciato in una campagna per l’intervento. I due si trovano ora a fianco nella stessa lotta, che li vedrà ancora in guardina assieme in aprile in seguito ai disordini scoppiati durante un’altra delle tante manifestazioni interventiste che si susseguono in tutta l’Italia.
Quando finalmente l’Italia decide di intervenire nel conflitto, Marinetti, Sant’Elia, Boccioni, Russolo, Carrà, Funi, Erba, Sironi e Piatti si arruolano nel “Battaglione lombardo volontari ciclisti” e partono per il fronte. In settembre passano negli alpini o in fanteria. La sorte disporrà molto diversamente per ciascuno di loro. Boccioni, tornato dal fronte in dicembre, utilizza i primi mesi del 1916 per sperimentare un nuovo tipo di pittura, molto lontana dal Futurismo. Dipinge il Ritratto del maestro Ferruccio Busoni (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), il Ritratto della Signora Busoni II (CIMAC) e il suo ultimo olio, la Natura morta (CIMAC) dove è evidente l’influsso di Cézanne. Richiamato alle armi in luglio, muore a Verona il 16 agosto in seguito a una caduta da cavallo.
Carrà, arruolatosi pieno di entusiasmo per la guerra, dopo molte peripezie burocratiche finisce col prestare servizio presso l’ospedale di Ferrara dove conosce De Chirico, Savinio e De Pisis assieme ai quali elabora la “pittura metafisica”, uno stile artistico agli antipodi del futurismo.
Antonio Sant’Elia, il giovane e geniale architetto che si era rivelato con una serie di disegni nel maggio del 1914, muore sul campo di battaglia il 10 ottobre 1917, a soli 29 anni. Luigi Russolo viene ferito sul Monte Grappa. Anche Marinetti viene ferito nel 1917 durante la battaglia del Kuk. Ritorna però a combattere, partecipando all’ultima campagna di Vittorio Veneto che pone termine alla guerra, dove prenderà una seconda medaglia al valore. Tornato a Milano, scrive il Manifesto del partito futurista italiano che dà il via alla fondazione dei Fasci futuristi a Ferrara, Firenze, Roma e Taranto.
I legami con Mussolini “il rivoluzionario” in questo periodo si fanno sempre più stretti fino alla storica manifestazione del 23 marzo 1919 nel palazzo di piazza San Sepolcro, alla quale Marinetti interviene con un discorso. In seguito Marinetti sarà ancora presente nella cosiddetta “battaglia di via Mercanti” del 15 aprile, culminata con l’assalto alla redazione dell’Avanti! e nel maggio successivo ospiterà nella sua casa di corso Venezia il primo nucleo milanese degli Arditi fondato da Ferruccio Vecchi, malgrado le proteste dei condomini e delle sue vecchie cameriere.
E’ candidato (con Arturo Toscanini e altri uomini di cultura) nella lista del Partito fascista alle elezioni politiche del 16 novembre 1919, ma la lista ottiene pochissimi voti e Marinetti torna alla letteratura. Cerca di riprendere le pubblicazioni di “Poesia”, ma ormai è passato il tempo dei dibattiti letterari e l’impresa si ferma al primo numero. Ormai il futurismo è un movimento d’avanguardia come molti altri, che non solleva più un eccessivo scandalo, ma può esplorare molte direzioni espressive grazie anche all’ingresso in campo di nuove leve come Fortunato Depero e altri. Nel 1925, in un’Italia ormai “pacificata” da Mussolini, Marinetti si traferisce con la moglie a Roma dove vivrà per il resto della sua vita con le figlie Vittoria, Ala e Luce, ricevendo persino nel 1929 il titolo, paradossale, di Accademico d’Italia.
Lo spirito futurista però non si è affatto spento, e soprattutto la passione per la guerra. Dal 22 ottobre 1935 all’aprile 1936, alla bella età di 60 anni, partecipa come volontario alla guerra d’Etiopia e durante la seconda guerra mondiale, tra il 1942 e il 1943, trascorre alcuni mesi con l’esercito italiano in Russia. Rientrato in Italia, trascorre l’inverno tra il 1943 e il 1944 a Venezia dove scrive un libro di rievocazioni del suo glorioso passato milanese: La grande Milano tradizionale e futurista, pubblicato dopo la guerra. Nell’agosto del 1944 si traferisce a Cadenabbia e poi a Bellagio dove muore colpito da infarto il 2 dicembre dello stesso anno. Pochi giorni dopo si svolgono a Milano i funerali solenni con un grande concorso di cittadini che accompagnano il poeta fino al Cimitero Monumentale dove viene sepolto. Interpretando questo episodio come un omaggio al fascismo da parte della città, Mussolini decide di tenere il 16 dicembre al Teatro Lirico quello che sarà il suo ultimo comizio politico.

Bibliografia

Sul web c'è un numero enorme di siti dedicati al Futurismo. Ne abbiamo scelto alcuni: Vedi anche questo grande sito sul Futurismo in inglese.
Belloli, Carlo (a cura di), Aspetti inediti e meno noti del futurismo in Lombardia, fascicolo speciale della "Martinella", XXX, fasc. I-II, gennaio-febbraio 1976
Borghese, Alessandra, Intorno al futurismo, Roma, Leonardo-De Luca Illuminato, Sergio 1991
Carrà, Carlo, La mia vita, Milano, Feltrinelli 1981
Coen, Ester, Futurismo, allegato n. 2, maggio 1986, di "Art e dossier"
Grimoldi, A., Il folle palazzo Fidia, in "Ottagono", n. 58, settembre 1980
Marinetti, Filippo, La grande Milano tradizionale e futurista, Milano, Tommaso Mondadori 1969 (Opere di F.T. Marinetti, vol. III-IV) (Brera T 69 D 174)
Marinetti e Fillia, La cucina futurista, Milano, Longanesi 1986 (Brera Coll. It. P 425/135)
Ravegnani, Giuseppe (a cura di), Poeti futuristi, Milano, Nuova Accademia, 1963
Vaccari, Walter, Vita e tumulti di Marinetti, Milano, Omnia 1959 (Brera Coll. It. P 157/2)
Verzotti, Giorgio, Boccioni. Catalogo completo, Firenze, Cantini 1989
La raccolta completa di "Poesia" dal 1905 al 1909 più il numero unico del 1920 si trova a Brera con la collocazione Per 818.

domenica 25 novembre 2007

"Il piacere" di Gabriele D'Annunzio...una delle sue opere più belle!




Il piacere è un romanzo di Gabriele d'Annunzio, scritto nel 1888 e pubblicato nel 1889.
Così come un secolo prima Le ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo aveva diffuso in Italia la corrente e la sensibilità romantica, Il piacere e il suo protagonista Andrea Sperelli introducono nella cultura italiana di fine Ottocento la tendenza decadente e l'Estetismo. Come affermò Benedetto Croce, con d'Annunzio "risuonò nella letteratura italiana una nota, fino ad allora estranea, sensualistica, ferina, decadente", in contrapposizione al naturalismo ed al positivismo che in quegli anni sembravano aver ormai conquistato la letteratura italiana, con la pubblicazione del Mastro-don Gesualdo di Giovanni Verga. Per uscire dai canoni del naturalismo, d'Annunzio inaugura un tipo di prosa psicologica, che avrà in seguito un grande successo e gli permetterà di indagare gli errori e le contrarietà della vita dell'"ultimo discendente d'una razza intellettuale".


Il contesto storico


Nel 1876 cade la Destra storica che aveva governato l'Italia dalla formazione del Regno nel 1861. Il re chiama al governo Agostino Depretis, un ex-mazziniano che forma un ministero con uomini della Sinistra parlamentare, tenendo il potere fino al 1887. A Depretis succede Francesco Crispi, che governa, a fasi alterne, fino al '96. Politica economica della Sinistra: protezionismo delle industrie e delle grandi aziende agrarie nazionali, fino alla guerra doganale con la Francia. Politica estera: 1882: Triplice Alleanza, a carattere difensivo, con Austria e Germania. Inaugurazione di una politica coloniale, con l'occupazione dell'Eritrea sfociata nella sconfitta di Dogali del 1887. Governo Crispi: nuovo codice penale - codice Zanardelli - che abolisce la pena di morte;azione repressiva nei confronti delle associazioni cattoliche e del movimento operaio; ulteriore spinta al protezionismo; rigida applicazione del trattato di alleanza con Austria e Germania; ripresa della politica coloniale: 1889 trattato di Uccialli e costituzione della colonia Eritrea. I fatti qui citati si collocano nel pieno della "grande depressione" economica che colpì l'Europa alla fine del secolo scorso. Il periodo fu caratterizzato da alcuni mutamenti nella struttura socio-economica delle grandi nazioni occidentali: concentrazioni industriali e finanziarie (trust, monopoli) sostenute dallo Stato (protezionismo); conseguente crisi del liberalismo e nascita di nuove tendenze autoritarie. Queste tendenze si scontrano con le conquiste sociali precedentemente ottenute dalle classi lavoratrici e con la conseguente formazione di grandi partiti di massa (socialisti e socialdemocratici), che diventano la struttura portante della società industriale. In questa situazione, artisti e intellettuali scelgono spesso una collocazione divergente o di autoemarginazione dalle masse, dalla vita "ordinaria" promossa dal nuovo modello produttivo capitalistico, e dalla mercificazione dell'opera d'arte, assumendo atteggiamenti accentrici ed elitari, o provocatori e demistificanti.


Il protagonista: Andrea Sperelli


“Egli era per così dire tutto impregnato d’arte, […] poté compiere la sua straordinaria educazione estetica sotto la cura paterna, […]. Dal padre appunto ebbe il culto delle cose d’arte, il culto spassionato della bellezza, il paradossale disprezzo de’ pregiudizi, l’avidità del piacere. […] fin dal principio egli fu prodigo di sé; poiché la grande forza sensitiva, ond’egli era dotato, non si stancava mai di fornire tesori alle sue prodigalità. Ma l’espansione di quella forza era in la distruzione di un’altra forza, della forza morale che il padre stesso non aveva ritegno a reprimere. [...] Il padre gli aveva dato, tra le altre, questa massima fondamentale: bisogna fare la propria vita come un’opera d’arte. Bisogna che la vita d’un uomo d’intelletto sia opera di lui. La superiorità vera è tutta qui”. Il protagonista del romanzo è un esteta - come il Barone Des Esseintes di Joris Karl Huysmans o il Dorian Gray di Oscar Wilde - che, seguendo la tradizione di famiglia, ricerca il bello e disprezza il mondo borghese, conduce una vita eccezionale, vive la sua vita come un’opera d’arte e rifiuta le regole basilari del vivere morale e sociale. La sua sensibilità straordinaria implica, però, una certa corruzione, evidente nella sadica sovrapposizione delle due donne, corruzione che fa parte di quella necessità ideologica e psicologica del dandy, cagionata anche dalla Roma corrotta e lussuriosa. Anche se Andrea Sperelli la vive non senza un’intima sofferenza, dovuta dalla degradazione di quella forza morale, della sua personalità, perché le massime paterne presumono uno spirito forte, che domini le proprie debolezze. Questo suo atteggiamento ha, dunque, una ragione più profonda. Infatti, ha vissuto la separazione dei genitori, la madre ha anteposto l'amante al figlio e il padre lo ha spinto verso l'arte, l'estetica e gli amori e le avventure facili. È forse per questa infanzia che Andrea passa da una storia all'altra, senza nessun rimpianto o amarezza, che studia cinicamente e accuratamente ciò che dovrà dire ad una donna per sedurla ed ottenere da lei quello che lui vuole. Insomma, Andrea diventa una figura intermedia tra il superuomo e l’inetto, che ha perso il dominio di sé, la propria genuinità, la facoltà di agire senza ambivalenze e di godere a pieno i piaceri agognati. Perciò la sua eccezionalità ha anche un secondo risvolto negativo: è sempre e comunque destinato al fallimento, soprattutto in amore, prima con Elena Muti, poi con Maria Ferres. Questo personaggio, che è tipico della letteratura decadente e crepuscolare, segue l’ideologia dannunziana, non solo per quello che concerne l’estetismo, ma soprattutto perché denuncia la crisi dei valori ed egli ideali aristocratici a causa della violenza del mondo borghese. È importante che non si cada nel luogo comune che vuole Andrea Sperelli come l’alter ego di Gabriele D’Annunzio: l’autore si identifica, il narratore se ne distacca e lo critica pesantemente. Nel primo caso Andrea è ciò che D’Annunzio è e che vorrebbe essere, poiché impersona le sue esperienze effettive e quelle aspirate, è nobile e ricco, intellettuale e seduttore a tratti timido come Cherubino o cinico come Don Giovanni, accede facilmente ai ritrovi mondani e ai salotti della nobiltà. Nel secondo, la critica è indirizzata soprattutto all' “anima camaleontica, mutabile, fluida, virtuale”, alla sua falsità, alla sua doppiezza, alla menzogna e all’inganno che usa nei confronti delle donne da lui amate e possedute: il personaggio si scinde, infatti, in ciò che è internamente e in ciò che deve essere in realtà, in ciò che è e in ciò che vorrebbe essere.


La figura della donna: Elena Muti & Maria Ferres


L’immaginario della donna ne Il Piacere si lega a quello del Decadentismo: oscilla tra la sensualità sottile, metamorfica e finemente viziosa e l’immagine, prettamente stilnovista e preraffaelita, della donna delicata ed eterea, anche se entrambe estremizzante e molte volte mescolate. Tale immaginario si sdoppia tra la seduzione sessuale e passionale di Elena Muti, esponente di una cultura mediocre, dell’eros, dell’istinto carnale, espressione di piacere e lascivia, che ricorre spesso ai versi di Goethe (poeta sensuale) e la sanità spirituale e quasi mistica di Maria Ferres, colta, intelligente e sensibile all’arte e alla musica, legata alla famiglia ed in particolare alla figlia Delfina, molto religiosa, che nel corso del romanzo assume una natura quasi misteriosa, passionale, inafferrabile, ricorrendo ai versi di un poeta malinconico, quale Shelley. La contrapposizione tra le due si fa emblematica anche nel nome: la prima ricorda colei che fece scoppiare la guerra di Troia, la seconda la madre di Cristo. La donna, però, non deve essere concepita come un personaggio autonomo, ma piuttosto come lo specchio del conflitto interno dell’uomo, tormentato dalla volontà di autoaffermarsi e di dominare l’altro e dal fascino dei fantasmi di distruzione della propria potenza, rappresentati dalla donna. Questo appare palese nella deforme mistione cerebrale che Andrea fa tra le due donne: è un processo di identificazione, che conduce dapprima ad una sovrapposizione sentimentale e poi allo scambio dell’una con l’altra.


La struttura del romanzo


Il lessico utilizzato è conforme al comportamento ed all’educazione da esteta di Andrea Sperelli: pregiato, quasi artefatto, aulico e molto elaborato, in particolar modo nella descrizione degli ambienti e nell’analisi degli stati d’animo; si prendano ad esempio l’uso di parole tronche, o le forme arcaiche e letterarie, come nel caso di articoli e preposizioni articolate. Anche se l’eloquenza e la ricercatezza tendono ad appiattire il registro verbale, come succede per l’uso di metafore e comparazione che talvolta complicano ed intensificano momenti carichi di tensione. È naturale che la sintassi sia prettamente paratattica, in grado di rafforzare la tendenza all’elencazione, alla comparazione, all’anafora e che la prosa sia ricca, allusiva e musicale, tanto da assumere una funzione espressiva, non più comunicativa. Non dimentichiamo che D’Annunzio affida la narrazione delle vicende ad un narratore onnisciente in terza persona; che usa fare riferimenti ad opere letterarie ed artistiche per conferire un tono più elevato al romanzo, senza prescindere da vocaboli in inglese, francese e latino. In ultimo, per smorzare una narrazione generalmente statica, segnata da un’eccessiva narrazione che prevale sui dialoghi, e nel tentativo di coinvolgere l’autore, D’Annunzio fa uso del flashback.



ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!