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venerdì 15 febbraio 2019

Matteo Renzi si racconta nel suo nuovo libro: "Sono stato arrogante, ho sottovalutato le fake news!" Esce nelle librerie italiane il nuovo saggio di politica scritto da Matteo Renzi: "UN'ALTRA STRADA: IDEE PER L'ITALIA DI DOMANI!"

MATTEO RENZI: "UN'ALTRA STRADA!"
 
ROMA (ITALIA) - Quando la politica diventa solo propaganda, bisogna avere la forza e il coraggio di affermare la verità. Probabilmente uno degli errori più clamorosi che mi si possano imputare è proprio questo: ho sottovalutato la portata del fenomeno fake news. Per quale ragione? Forse per una forma di arroganza o di sopravvalutazione delle mie capacità comunicative. Pensavo di poter spiegare la verità, mi sono sempre fidato della realtà, quando invece contro di me hanno messo in campo strumenti di odio e di falsità. Ho dato per scontato che il mio racconto della verità sarebbe stato accolto e ho sottovalutato la loro capacità di raccontare bugie. Sia chiaro, non provo alcun rancore. Bisogna saper sorridere di tutto, anche di queste cose. Ho imparato a sorridere della colata di fango che mi è stata rovesciata addosso e non consentirò a chi mi ha massacrato mediaticamente di guastarmi il carattere: sono più forte delle menzogne che mi hanno cucito addosso e vado avanti. Ma so anche che in tanti hanno sofferto, a cominciare dalla mia famiglia, per l’odio gratuito con cui hanno investito la mia vita. Proviamo a fare mente locale. Non mi hanno accusato solo per l’aereo di Stato e per i sacchetti di plastica, ma sono diventati virali in rete video delle mie vacanze in Lamborghini a Ibiza a spese degli italiani, notizie su mio fratello portaborse, mia cugina imprenditrice, mia sorella raccomandata. Tutte false, ovviamente. E, ancora, i bambini africani dell’Unicef, i Rolex arabi, gli sms per i terremotati, le spese folli e altre folli accuse. Si prende una storia e, di condivisione in condivisione, la si rende virale. E quello che era un semplice boy scout di provincia diventa un gangster che si è montato la testa e vive nel lusso alle spalle dei cittadini. Manca una sola accusa: essere il mandante del mostro di Firenze. E magari qualcuno prima o poi farà girare anche questa: del resto sono stato eletto nel collegio che comprende anche Scandicci. 
Il sorriso va bene come reazione di difesa personale, ma alla fine c’è ben poco da ridere. Il tema è serio, ha a che fare con la manipolazione della realtà ed è dunque una questione decisiva per ogni paese democratico che voglia dirsi e rimanere tale. Riflettere pacatamente sul problema non vuol dire abdicare al senso di giustizia, e in alcuni casi ritengo doveroso dare avvio ad azioni legali in sede penale e civile. Difendo senza remore il ruolo e la funzione dei giornalisti, ma penso che se qualcuno rilancia volutamente una campagna di diffamazione quasi persecutoria vada querelato o comunque sia giusto agire in sede civile per la quantificazione del danno. Ho scelto di farlo in una decina di casi per affermare un principio di civiltà giuridica. Ma resta il fatto che se dovessi perseguire tutti quelli che mentono su di me, di mestiere farei più processi di un cancelliere di tribunale. E comunque rimane l’odore del fango, che non va più via. La strumentalizzazione di notizie false su di me e sulle persone a me vicine resterà negli annali delle tecniche di propaganda e di character assassination. Non avevano nulla. Mi hanno passato al setaccio per anni, mi hanno seguito fin da quando ero sindaco, controllato i movimenti bancari, le vacanze, i mutui, le macchine, persino le sigarette che non fumo. E comunque non avevano niente per attaccarmi. Bel problema per chi voleva distruggere la mia immagine: alla fine hanno fatto prima. Hanno inventato. Tuttavia sarebbe miope pensare che la rilevanza del tema sia legata al solo piano personale, mentre è emergenza politica di enorme portata: da che mondo è mondo la propaganda è un modo di fare politica, un’arma di gestione del potere. E allora proviamo ad allargare il ragionamento. Oltre la mia persona, oltre il nostro paese. Estratto da: Matteo Renzi, Un’altra strada. Idee per l’Italia di domani, Marsilio (pp. 240, euro 16). In libreria dal 15 febbraio 2019.
 
 
Arriva in edicola e nelle librerie italiane il nuovo libro di Matteo Renzi, dal titolo “Un’altra strada: Idee per l’Italia di domani”. Un racconto spassionato dell’ex premier che analizza i frutti raccolti nel passato per presentare al futuro un nuovo modo di fare politica. Renzi analizza anche e soprattutto gli errori suoi, da quando era sindaco a Firenze 10 anni fa, passando per la segreteria del Partito Democratico e ancora il referendum ed infine ila disfatta del 4 marzo. Oggi Renzi non è segretario del Pd ed ha anche deciso di rinnovare la sua carriera debuttando in televisione con “Firenze secondo me”: quattro puntate dedicate alla città con l’ex premier a fare da Cicerone. Il libro serve proprio a certificare una nuova vita politica di Matteo Renzi, che risponde alle “fake news” e la macchina del fango: “Ho imparato a sorridere della colata di fango che mi è stata rovesciata addosso e non consentirò a chi mi ha massacrato mediaticamente di guastarmi il carattere”.
 


sabato 8 dicembre 2012

VECCHIE NOVITA' DAL WEB: "BE MY LOVER - GLI SGUARDI DELL'ANIMA" - Le copie del libro sono da collezionare, l'opera non verrà mai piu' ristampata! Prenota la tua copia su Ebay...

RACCOLTA DI POESIE

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La prima e unica raccolta di poesie d'amore e glamour mai pubblicata prima, edizione 2010, con la speciale partecipazione dell'attrice-modella Italiana emergente, Vanessa Grappa, classe 1989, che correda il libro con le sue bellissime fotografie; la copia del libro è da collezione, l'opera non verrà mai piu' ristampata...da non perdere!!!

"Questo libro non deve essere letto come una semplice raccolta di poesie, logica e sequenziale, bensì deve essere aperto e sfogliato pagina dopo pagina proprio come se questo fosse un album fotografico di famiglia, un album dove le fotografie dell'anima sono state disposte quasi a casaccio.
Ogni mia poesia è appunto come un'istantanea, una fotografia scattata con lo sguardo dell'anima che cattura come una vecchia Polaroid un'immagine, un'emozione, un sentimento, un verso, un semplice pensiero fuggente, una parola data o ricevuta, una sensazione... tutto ciò cristallizzato all'improvviso, tutto ciò fermato nello stesso tempo in cui quella particolare emozione è affiorata dalle profondità dell'animo umano, dalle viscere del cuore, dai meandri della coscienza per vedere la luce del sole ed evaporarsi subito dopo........"


BrutalBruzzi da "Prefazione" a "Be my lover Atto I"

Pensieri e poesie, immagini e sensazioni, fotografie dell'anima attraverso gli occhi dell'autore... che diventeranno anche i vostri. Un libro illustrato con splendide foto.... Da leggere. Da guardare. Da sentire. Per poi sognare.


Casa Editrice "Il Pineto"

venerdì 18 giugno 2010

BE MY LOVER - GLI SGUARDI DELL'ANIMA (ATTO I°) DAL 1 LUGLIO 2010 IN TUTTE LE LIBRERIE D'ITALIA E ON-LINE GIA' DISPONIBILE DA OGGI...

(DAL 1 LUGLIO 2010 IN TUTTE LE LIBRERIE D'ITALIA)

DA OGGI SI PUO' PRENOTARE ON-LINE
CLICCANDO SUL LINK DELLA COPERTINA QUI' SOPRA!


Segnalazione di un nostro amico Poeta alla sua Prima Pubblicazione Editoriale, una raccolta di Poesie corredate da bellissime foto di una giovanissima modella-attrice Italiana: Vanessa Grappa! La sua intervista esclusiva sulle note immaginarie di una ballad hard-rock melodico-romantica...da non perdere!!!

L'OPERA EDITORIALE:

"Questo libro non deve essere letto come una semplice raccolta di poesie, logica e sequenziale, bensì deve essere aperto e sfogliato pagina dopo pagina proprio come se questo fosse un album fotografico di famiglia, un album dove le fotografie dell'anima sono state disposte quasi a casaccio.
Ogni mia poesia è appunto come un'istantanea, una fotografia scattata con lo sguardo dell'anima che cattura come una vecchia Polaroid un'immagine, un'emozione, un sentimento, un verso, un semplice pensiero fuggente, una parola data o ricevuta, una sensazione... tutto ciò cristallizzato all'improvviso, tutto ciò fermato nello stesso tempo in cui quella particolare emozione è affiorata dalle profondità dell'animo umano, dalle viscere del cuore, dai meandri della coscienza per vedere la luce del sole ed evaporarsi subito dopo........"

BrutalBruzzi da "Prefazione" a "Be my lover Atto I"

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sabato 17 maggio 2008

I demoni rossi...

(La copertina del libro "I demoni rossi")

Di Daniele Lembo - E’ in uscita, per i tipi della MA.RO EDITRICE di Copiano (PV), il nuovo libro Daniele Lembo dal titolo “I DEMONI ROSSI”.Il prolifico Giornalista e saggista, nel suo nuovo lavoro tratta dei mezzi corazzati italiani nel secondo conflitto mondiale. Il titolo Demoni Rossi è mutuato dall’inno dei carristi le cui parole sono, a dir poco, travolgenti:” Baldo carrista/lancia al vento del tuo cuore la canzone/ che è l’inno tuo di fede e di passione/per la tua Patria, per il Re, per il tuo Duce. E canta il core/l’accompagna col suo ritmo anche il motore/ dice a chi lo guida nel cimento:“ Demone rosso avanti tu sei fra tutti quanti il re dell’ardimento”Secondo l’autore, il tema della preparazione bellica italiana nel secondo conflitto mondiale è stato più volte affrontato dando vita, purtroppo, a tesi storiche basate più su luoghi comuni e sui “sentito dire” che su un serio e coscienzioso studio delle passate vicende nazionali. In troppi hanno affrontato gli studi storici avvalendosi di notizie frammentarie e spesso partigiane in quanto frutto, il più delle volte, della radicata e compiaciuta abitudine di parlare male di tutto ciò che è avvenuto in Italia nel Ventennio fascista. Un modo di fare che ha trasformato la Storia di quella guerra italiana in una sorta di racconto mitologico. Come quel conflitto sia poi andato a finire è cos a nota a tutti. La guerra fu persa e, se è vero che anche nella sconfitta bisogna essere capaci di mantenere la dignità, c’è da dire che quella guerra non fu persa nel migliore dei modi. Nel dopoguerra, in molti si sarebbero improvvisati strateghi e tutti costoro si sarebbero rivelati infallibili nella scienza dei “ma” e dei “se”, indicando con certezza quali erano stati gli errori che si sarebbero dovuti accuratamente evitare nel conflitto passato. Tutti questi esperti militari del giorno dopo sarebbero stati accomunati dal fatto di voler spiegare le ragioni della sconfitta con l’insufficiente e vetusto armamento ed equipaggiamento delle Forze Armate Italiane. Con il tempo, poi, che la disfatta fosse stata causata dai carri armati di latta e dai biplani di legno è diventata una professione di fede dell’intero popolo italiano, insomma una sorta di dogma storico/religioso nazionale. Per il vasto pubblico, quindi, la seconda guerra mondiale è e resterà lo scontro bellico al quale gli uomini del Regio Esercito presero parte calzati di scarpe fatte di cartone e armati con fucili ‘91 e carri armati giocattolo, meglio conosciuti come “scatole di sardine”.A fronte di un modo di fare Storia per luoghi comuni, ma che rischiano di sostituire alla Storia una vulgata popolare, con questo nuovo lavoro, Daniele Lembo intende fornire al lettore almeno una chiave di lettura che lo metta in condizione di comprendere, con maggiore serenità, quale fu la realtà italiana dei mezzi e delle forze corazzate in quel conflitto. E’ un tentativo esperito da Lembo, di fornire un piccolo e sereno contributo alla verità storica. Il volume si articola in dodici capitoli. Nel primo capitolo si tratta dell’impiego dei carri in Africa Orientale e in Spagna e, in particolare, del Carro Veloce italiano. Dal capitolo secondo al sesto i temi affrontati sono: La dottrina circa l’impiego dei carri armati e la situazione in Italia in vista del conflitto; I primi combattimenti sul fronte delle Alpi e su quello africano; La guerra in Africa settentrionale; L’attacco all’Italia e la caduta del Fascismo; l’Armistizio e l’impiego dei carri da parte delle Forze Armate della Repubblica Sociale Italiana. Dopo aver affrontato l’argomento dei carri stranieri valutati dal Regio Esercito, quelli di preda bellica e dell’acquisizione di carri armati tedeschi, nel capitolo ottavo e nono, l’autore, dedica spazio ad alcune considerazioni sui carri italiani e sulla produzione nazionale. Quasi come un appendice, i due ultimi capitoli sono dedicati ai treni armati italiani nel periodo tra le due guerre e nel secondo conflitto mondiale. Si tratta di un’opera agevole che, in poco più di cento pagine, sviluppa l’argomento in modo gradevole e leggibile. Il libro ruota intorno ad un assioma, secondo il quale la quale i mezzi corazzati italiani, quando furono guidati da mani esperte, impiegati in massa e non si trovarono in condizioni di scandalosa inferiorità numerica, non sfigurarono di fronte al nemico. Ne fu prova la vittoria a Bir El Gobi, dove si dimostrò ch e la Divisione italiana Ariete poteva, se impiegata in battaglia nei dovuti modi, contrastare e sconfiggere le forze corazzate britanniche, anche quando queste erano in evidente sovrannumero. In conclusione, si tratta di un lavoro destinato ai giovani perché sappiano e ricordino chi, in quella guerra, è rimasto sotto la neve di Russia, soldato di ghiaccio, o a sentinella in un mare di sabbia, a fare la guardia al sogno di una Patria più grande e più bella. La finalità dell’opera è resa chiara dalla dedica del libro: “Verso le ore 15,30 della giornata in cui i carri della Divisione Ariete sostennero quello che fu il loro ultimo combattimento a El Alamein, un ufficiale carrista avrebbe inviato il seguente messaggio radio: =Carri armati nemici fatta irruzione a sud; Ariete accerchiata . Trovasi circa cinque km. N-O Bir el Abd. Carri Ariete Combattono=.Questo libro è dedicato a quell’uomo, ma è dedicato anche a mio figlio Matteo e ai suoi amici sperando che imparino che nella vita non è necessario vincere, ma è indispensabile combattere e mantenere fede agli impegni del dovere e dell’onore.”
L'opera si avvale delle illustrazioni a cura dell’ottimo Sergio Pietruccioli, i cui lavori sono visionabili sul sito : http://www.cestra.eu/franco/MilitaryInPictures/chisiamo.htm
Per contattare l’autore: danielelembo@email.it Per contattare Sergio Pietruccioli: sergio.pi46@gmail.comEdizioni MA.RO. EDITRICE .- Copiano, costo Euro 20.

domenica 20 aprile 2008

Futurismo: Marinetti e la rivista "Poesia"!


Nascita della rivista “Poesia”

L’avvocato di Voghera Enrico Marinetti, dopo aver sposato la milanese Amalia Grolli, si trasferisce ad Alessandria d’Egitto e si arricchisce notevolmente aprendo prima uno e poi diversi altri studi di civilista ad Alessandria e in altre città egiziane. Dalla coppia nascono due figli, Leone, il primogenito, e poi - il 22 dicembre 1876 - Filippo Tommaso. I ragazzi studiano in Egitto in scuole di lingua francese. Non appena i ragazzi hanno terminato gli studi liceali, forse per consentire loro di frequentare un’università italiana o forse perché ormai si era arricchita a sufficienza, la famiglia lascia l’Egitto e si trasferisce a Milano in via Senato 2, in un grande appartamento al primo piano della casa all’angolo con corso Venezia, tuttora esistente. L’appartamento viene arredato in stile moresco con oggetti acquistati in Oriente. I milanesi, colpiti dalle grandi disponibilità finanziarie dei Marinetti, sostengono malignamente che l’avvocato aveva fatto i soldi con la tratta delle bianche.
Siamo nel 1893, Leone e Tommaso si iscrivono, su insistenza del padre, alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Pavia, ma l’improvviso cambiamento di clima provoca ben presto una terribile tragedia. Leone, già sofferente di reumatismi, viene colpito da una forma acuta di artrite che gli danneggia il cuore e lo uccide. Per evitare altre tragedie, Tommaso viene mandato a studiare a Genova dove si laurea nel 1899. Tornato a Milano, Tom (così infatti era chiamato in famiglia) inizia a frequentare letterati e critici come Giovanni e Francesco Pozza, Sem Benelli, Guido da Verona e Umberto Notari. Il suo interesse va però prevalentemente a quanto sta succedendo a Parigi, fucina dei nuovi movimenti artistici “simbolista” e “umanista”. A Parigi pubblica nel 1902 un poema epico, La Conquête des Étoiles, che inizia a far circolare il suo nome in quell’ambiente, seguito a due anni di distanza da Destruction, sempre in francese.
Nel frattempo muore la madre. I due maschi superstiti, padre e figlio, decidono di dividere in due parti il grande appartamento di via Senato per acquistare entrambi una maggiore libertà d’azione, specialmente in caso di avventure galanti. Tom però non pensa solo alle donne e decide di utilizzare il suo nuovo spazio per avviare un’iniziativa editoriale di prestigio che gli consenta di essere maggiormente conosciuto in Italia e all’estero. Fonda perciò nel 1904 una rivista letteraria dal nome molto sintetico e diretto - “Poesia” - il cui primo numero esce nel gennaio 1905. E’ una pubblicazione molto elegante, dal formato grande, quasi quadrato, stampata su una splendida carta a mano a caratteri grandi. La copertina, che cambia colore ad ogni numero, è disegnata dall’incisore Alberto Martini di Oderzo. Vi compare raffigurata una rupe che si leva su un piano coperto di sozze figure striscianti nel fango. Sulla vetta una figurina di donna nuda (la Poesia) con in mano un arco che ha colpito con una freccia il mostro padre-madre che sta allattando un mostriciattolo. Non abbiamo purtroppo riferimenti espliciti sul significato preciso del mostro a tre teste in lotta con la Poesia. Le illustrazioni nelle pagine interne della rivista sono molto scarse. Compaiono di tanto in tanto dei ritratti a penna realizzati da Ugo Valeri.
La rivista doveva uscire ogni mese al prezzo di una lira per numero. Di fatto usciranno molti numeri doppi o tripli ma di notevole spessore per compensare gli abbonati. La rivista, che porta il sottotitolo di “Rassegna internazionale” contiene realmente molti contributi poetici stranieri, soprattutto francesi e mira principalmente a sprovincializzare l’ambiente letterario italiano, seguendo un filone tipicamente milanese, inaugurato mezzo secolo prima da Carlo Cattaneo e Carlo Tenca. Malgrado la violenta copertina, mancano invece gli accenti polemici, anzi, Marinetti mira soprattutto a farsi accettare da tutti gli ambienti letterari italiani ai quali la pubblicazione è diretta ed è molto scrupoloso nell’assicurarsi la presenza di ciascuna delle diverse tendenze.
Sulla copertina dei primi sette numeri figurano come direttori, oltre a Marinetti, anche Sem Benelli e Vitaliano Ponti, ma la loro collaborazione cesserà a partire dal n. 8 del 1906. Comunque il lavoro organizzativo è assicurato da due fedelissimi di Marinetti, Elisa Spada per la parte amministrativa e Decio Cinti per quella redazionale.
Pur impegnato in questa iniziativa, Marinetti continua a tenere strette relazioni con Parigi dove nel 1905 viene pubblicata e rappresentata la sua prima opera teatrale, la tragedia satirica Roi Bombace (Re Baldoria). Il dramma è dedicato “Ai grandi cuochi della felicità universale: Filippo Turati, Enrico Ferri e Arturo Labriola”. Marinetti aveva partecipato ai grandi comizi di Milano svoltisi in occasione dello sciopero generale del settembre 1904 e ne aveva tratto una sua filosofia sociale che vedeva il mondo diviso “tra chi mangia troppo e chi mangia troppo poco”. Qualsiasi rivoluzione comunque avrebbe riportato le cose, prima o dopo, a questo punto di partenza.
Milano in questi anni sta attraversando un periodo di grande travaglio politico. Le lotte sociali portano nel 1906 alla formazione della Confederazione Generale del Lavoro e della Lega degli industriali. Cominciano a circolare “gli automobili” (allora si usava il maschile) e i primi aeromobili. Il traforo del Sempione e molte altre innovazioni tecnologiche esplodono nell’Esposizione internazionale del 1906 al Parco Sempione. L’Umanitaria, forte dei milioni ereditati da Moisè Loria, costruisce il Quartiere Solari, il primo esempio moderno di edilizia popolare mentre al Teatro Dal Verme la borghesia è estasiata dalla Vedova allegra di Franz Lehar.
Il 1906 è anche l’anno dello scandalo seguito alla pubblicazione del romanzo Quelle signore di Umberto Notari accusato di oltraggio al pudore. Marinetti interviene al processo come esperto per attestare il carattere artistico dell’opera, mentre tra gli avvocati difensori si mette in luce Cesare Sarfatti, un socialista veneziano da poco arrivato a Milano con la moglie Margherita (vedi in questo sito), grande appassionata d’arte. E’ il preludio ad un secondo processo, ancora più famoso, che toccherà direttamente Marinetti nel 1910.


Il primo gruppo di poeti

Tra i primissimi collaboratori di “Poesia” vanno ricordati soprattutto due poeti, che sono ancora oggi figure di primo piano della letteratura italiana del Novecento: Gian Pietro Lucini (vedi schede ) e Paolo Buzzi (vedi schede ).
Gian Pietro Lucini nasce a Milano nel 1867 e rappresenta un ponte tra la seconda Scapigliatura milanese e le nuove tendenze di rottura del nuovo secolo. Gravemente ammalato di tubercolosi ossea che lo aveva costretto a farsi amputare una gamba, Lucini è un personaggio anomalo nell’ambiente milanese, fortemente critico nei confronti della cultura ufficiale. L’incontro con Marinetti lo spinge verso un maggiore sperimentalismo che sfocerà nella sua proposta del Verso libero, prima pietra fondamentale della futura poesia futurista. Paolo Buzzi, nato nel 1874 e quasi coetaneo di Marinetti, diventa ben presto molto amico dell’estroso poeta di Alessandria. Laureato in legge e poi avvocato. Entra quasi subito nell’Amministrazione Provinciale di Milano e inizia una brillante carriera di funzionario che lo porterà in pochi anni a ricoprire la carica di Primo Segretario. Con Marinetti inizia una doppia vita che lo vedrà impeccabile funzionario di giorno e (prudentemente) scatenato futurista di notte.
Nel 1907 muore il padre di Marinetti e l’appartamento di via Senato 2 viene riunito. In quell’occasione Marinetti fa togliere dalla casa tutti gli specchi compreso quello dello sportello di un grande armadio che viene sostituito con un pannello decorato. Aveva infatti il terrore degli specchi rotti tanto che in viaggio portava con sè soltanto uno specchio di acciaio.
Grazie alla maggiore disponibilità economica acquisita in seguito all’eredità, Marinetti può allargare le attività della rivista, della quale diventa caporedattore l’amico Buzzi. Per aggregare nuove voci attorno al ristretto gruppo degli amici iniziali, organizza concorsi per giovani poeti. Il premio per il migliore libro di versi era di L. 3000, una cifra molto elevata che corrisponde a più di 50 milioni di oggi. La prima gara è vinta da Emilio Zanetti, la seconda da Enrico Cavacchioli (vedi scheda) con L’incubo velato. I testi vincenti vengono pubblicati dalla stessa rivista che inizia così una propria attività editoriale. I libri avevano copertine semplici senza fronzoli, destinate a colpire con il titolo. A partire dal 1907 uno dei compiti principali della rivista diventa quello di pubblicizzare, anche mediante brevi anticipazioni, le nuove pubblicazioni e principalmente quelle di Lucini, di Buzzi e di Cavacchioli.

Muore la rivista e nasce il nuovo
Movimento futurista

Nella primavera del 1908, Marinetti accetta l’invito a partecipare ad una manifestazione irredentista a Trieste dove porta tutto il suo entusiasmo e la sua euforia. Al suo ritorno a Milano decide di prendere la patente di guida e di acquistare un automobile. Alla prima uscita da Milano capita però un incidente che poteva essere molto grave, ma che è ritenuto da Marinetti il fattore scatenante grazie al quale nascerà il movimento futurista. L’episodio è riportato nel testo del celebre Manifesto del Futurismo pubblicato in francese sul giornale “Figaro” del 20 febbraio 1909 e ripubblicato da “Poesia” nel numero 1-2 dello stesso anno (vedi Appendice). Nel Manifesto l’episodio è raccontato con molte “licenze poetiche”. Un racconto più veritiero anche se espresso nel suo geniale linguaggio futurista ce lo fornisce lo stesso Marinetti nel suo ultimo libro, La grande Milano tradizionale e futurista:
Non sono versi liberi ma parole in libertà i ruggiti del tubo di scappamento della mia centocavalli che senza sapere guidare guido in vie deserte o spaventate fin in Piazza d'Armi
Velocità crescente e impeto del motore che vuole strapparmi il volante dalle mani mie fragili di poeta
Nessuno davanti al mio slancio ed è un inaspettato lirismo che spalanca orizzonti sbaraglia a destra e a sinistra caseggiati che il sogno sonno immensifica
Rasentare un canale di fangosa acqua d'officina e scorgere a 100 metri due incauti ciclisti già promessi alla furente ingordigia delle mie ruote ed eccomi pietoso al punto di rosicchiare colle mie ruote di destra l'orlo del fosso mentre ricordo d'aver letto la morte del mio amico Simon parigino sventratosi in un rovesciamento d'automobili
Istintivamente per questo scarto il mio ventre dal volante quando sento planetariamente capovolgersi lenta meno lenta prestissimo la mia centocavalli su me
Tattilismo olfattivo di mota bava mentastri petrolio untume forfora sudori olio benzina sterpi fieno moscaio formicaio scorie limature carbone con il corpo inerte di 80 chili del meccanico a caldo liquido premente sempre più quintale
Atroce impasto che spera dispera
E sotto sotto sotto torcersi di una seconda imbottitura tattile di plumbeo destino che ha sapore-odore di aceto melassa spinaci in bocca e nei bronchi catarri a furente tubo di scappamento e acidi gas fischianti corpo a corpo collo smisurato cetaceo ruote all'aria roteanti
Pesantissimo cielo che mi schiaccia coi suoi blocchi di cobalto
No no no no non dilaniarmi la schiena
Faticosamente a rantoli mentre operai accorrono
- Prest prest ciapa i cord che se dev tirà su i reud prima che el motor ciapa feug Giovan porta el cric e i cord
- Sunt mort sotta prest tira su
Mi estraggono straccio fangoso elettrizzato da una gioia acutissima che collauda con spasimosi rigurgiti di orgoglio volitivo il Futurismo
Orestano la definirà giustamente poesia ad ogni costo ...
(da La grande Milano..., p. 88)
Salvo per miracolo e medicato alla meglio, parte per un lungo viaggio in Europa al ritorno dal quale, l’11 ottobre 1908, riesce a racchiudere le sue idee in un’unica parola: Futurismo. Il primo nome che aveva pensato per il movimento era “elettricismo”, ma temeva che li avrebbero chiamati “elettricisti”. Poi “dinamismo”, ma anche questo non era proprio soddisfacente.
Il fatto che sia stato pensato il giorno 11 ci ricorda inoltre che questo numero, e i suoi multipli, era considerato “fausto” da Marinetti. Molte sue successive pubblicazioni, e soprattutto i vari Manifesti, portano infatti la data dell’11. (Manifesti futuristi on line )
Il manifesto del nuovo movimento, come si è detto, verrà pubblicato per la prima volta da “Le Figaro” il 20 febbraio 1909. In realtà doveva essere pubblicato prima dalla rivista “Poesia”, ma il terremoto di Messina (28 dicembre 1908) lo convince a rinviare l’annuncio di un mese perché l’attenzione di tutti era concentrata in quel momento sul tragico avvenimento. Una preoccupazione superflua perché nessun giornale in Italia registra la nuova iniziativa culturale che fu del tutto ignorata dall’opinione pubblica. Solo alcuni letterati entusiasti vi aderiscono e inviano alla rivista il loro plauso e le loro opere. Il gruppetto iniziale di poeti si arricchisce così di nuovi nomi, tra i quali troviamo Aldo Palazzeschi, Luciano Folgore, Auro d’Alba e Libero Altomare. Anche i poeti del vecchio gruppo, come rinvigoriti dalla nascita del movimento, pubblicano in quest’anno alcune delle loro opere migliori. Paolo Buzzi pubblica Aeroplani, Enrico Cavacchioli Le ranocchie turchine, Gian Pietro Lucini Revolverate.Quest’ultimo titolo viene suggerito a Lucini da Marinetti che lo convince ad accettarlo dopo molte insistenze e sapienti “ruffianerie”. Sarà però l’ultima volta che Lucini si farà convincere. Staccatosi dal movimento in disaccordo con la violenta requisitoria contro gli amati musei e biblioteche, Lucini si ritira a Breglia sul lago di Como dove muore nel 1914 a soli 47 anni.
Marinetti dal canto suo pubblica a Parigi il suo libro più famoso: Mafarka le Futuriste.
Con il 1909 la rivista cessa le pubblicazioni e si trasforma in Casa editrice mentre il movimento futurista, che all’estero aveva già cominciato a suscitare un certo interesse, si prepara a decollare.

Il Futurismo

Il 1910 è l’anno del trionfo futurista. In gennaio Marinetti conosce Umberto Boccioni che porta nel gruppo anche gli amici Luigi Russolo e Carlo Carrà, con i quali frequentava il Caffè del Centro in via Carlo Alberto. Sempre attraverso Boccioni entreranno nel movimento anche il suo maestro Balla che stava a Roma e l’amico Severini che risiedeva da qualche anno a Parigi. Il nuovo gruppo firma l’11 febbraio il Manifesto dei pittori futuristi che viene stampato e diffuso in migliaia di copie. Marinetti intanto, dall’inizio dell’anno ha avviato il programma delle “Serate futuriste”, una serie di interventi provocatori in alcuni dei maggiori teatri italiani per scuotere l’opinione pubblica ed arrivare finalmente a far parlare i giornali del Futurismo. Il programma inizia il 12 gennaio dal Politeama di Trieste. Il 15 febbraio al Teatro Lirico di Milano Palazzeschi (vedi scheda) declama le poesie Fontana malata (vedi testo on line) e L’orologio, ma il putiferio si scatena alla lettura delle liriche di Paolo Buzzi scritte in onore del tenente generale Asinari di Bernezzo, che era stato messo a riposo per punizione dopo un suo violento discorso antiaustriaco. La rissa dentro e fuori il teatro non si verifica quindi per motivi estetici, ma tra persone favorevoli o contrarie alle lotta per la liberazione di Trento e Trieste. Paolo Buzzi in ogni caso, per la carica pubblica che ricopriva, deve tenersi prudentemente tra le quinte.
Il programma delle manifestazioni futuriste continua l’8 marzo al Teatro Chiarella di Torino dove Boccioni declama il Manifesto dei pittori futuristi al quale seguirà l’11 aprile un testo più dettagliato: il Manifesto tecnico della pittura futurista. Le manifestazioni pubbliche si concludono con uno spettacolare lancio di volantini dalla Torre dell’Orologio in piazza San Marco a Venezia. Il volantino, intitolato Contro Venezia passatista è una violenta requisitoria contro la mentalità tradizionalista.
Ormai il movimento è lanciato. In una piccola sezione di una mostra organizzata dalla Famiglia artistica a Milano compaiono in pubblico i primi quadri futuristi di Boccioni, Carrà e Russolo, tra i quali spicca Una baruffa, poi intitolato Rissa in galleria (Brera, Collezione Jesi), ancora post-impressionista nella tecnica ma già influenzato dal Futurismo nella ricerca del movimento e nel soggetto che racconta uno scontro avvenuto realmente tra pacifisti e nazionalisti. Balilla Pratella completa il quadro scrivendo il Manifesto dei musicisti tecnici, pubblicato l’11 gennaio 1911.
La campagna pubblicitaria a favore del Futurismo è degnamente completata dal processo che si apre l’8 ottobre 1910 contro la traduzione italiana del romanzo Mafarka il Futurista di Marinetti, accusato di oltraggio al pudore. Luigi Capuana interviene come tecnico citando una serie di classici licenziosi a dimostrazione della possibilità di convivenza tra arte ed erotismo. Tra gli avvocati spicca anche in questo caso Cesare Sarfatti, che tramite la moglie Margherita (amica, forse amante, di Boccioni) aveva ormai allacciato stretti legami con i futuristi. La stampa dà grande risalto al processo che si conclude con un’assoluzione in primo grado, seguita da una condanna a due anni e mezzo con la condizionale in Appello e in Cassazione.

Il trasloco da via Senato 2 alla Casa Rossa

Nel 1911 Marinetti trasloca da via Senato in un appartamento al primo piano della Casa Rossa, la grande casa dei fratelli Ciani decorata con modanature e rilievi in cotto di soggetto risorgimentale. Si trovava al numero 61 di corso Venezia, all’angolo con via Boschetti. Demolita nel 1928, è stata sostituita da un grande palazzo moderno che porta oggi il numero 37. Qui vengono trasportati anche tutti gli arredi orientali della famiglia compreso il grande armadio ormai privo dello specchio. E’ proprio durante questo trasloco che Balla vede l’armadio e si offre di ridecorarne il pannello di legno. Oggi questo celebre armadio appartiene ad una collezione americana.
Ormai il Futurismo è un caso nazionale. Il 30 aprile in un padiglione dismesso della ditta Ricordi si apre la Prima esposizione d’arte libera con 50 quadri futuristi di Boccioni, Carrà e Russolo. Boccioni espone Care puttane (La retata, Coll. privata) che solleva uno scandalo per il titolo. Espone anche uno dei suoi quadri più noti, La risata (New York, Museum of Modern Art) (vedi l'interpretazione del quadro), che viene sfregiato da un visitatore e parzialmente ridipinto. La mostra solleva moltissime critiche denigratorie dal parte della critica tradizionale, accolte con viva soddisfazione dal gruppo, ma anche critiche spiacevoli.
Il pittore toscano Ardengo Soffici li critica pesantemente sulla “Voce” del 22 giugno accusandoli di provincialismo e di non conoscere il cubismo, il movimento artistico più interessante sorto in quegli anni in Europa.
“... [i dipinti futuristi] non rappresentano in nessun modo una visione d’arte personalissima come forse crede qualche intrepido gazzettiere. No. Sono anzi sciocche e laide smargiassate di poco scrupolosi messeri, i quali vedendo il mondo torbidamente, senza senso di poesia, con gli occhi del più pachidermico maialaio d’America, voglion far credere di vederlo fiorito e fiammeggiante, e credono che lo stiaffar colore da forsennati su un quadro di bidelli d’Accademia, o il ritirare in piazza il filacciume del divisionismo, questo morto errore segantiniano, possa far riuscire il loro gioco al cospetto della folla babbea.”
La reazione è rabbiosa. Viene organizzata una spedizione punitiva a Firenze che viene così descritta da Carrà nelle sue memorie:
“Giunti, ci recammo guidati da Palazzeschi al Caffè delle Giubbe Rosse, dove sapevamo di trovare il gruppo vociano. Ben presto infatti ci fu indicato Soffici e Boccioni lo apostrofò: E’ lei Ardengo Soffici? alla risposta affermativa volò uno schiaffo. Soffici reagì energicamente tirando colpi a destra e a sinistra col suo bastone. In breve il pandemonio fu infernale: tavolini che si rovesciavano trascinando con sè i vassoi carichi di bicchieri e di chicchere, vicini che scappavano gridando, camerieri che accorrevano per ristabilire l’ordine; e arrivò anche un commissario di polizia che si interpose facendo cessare la mischia.”
L’ostilità tra i futuristi e i vociani perdurerà ancora per due anni e si placherà solo quando alcuni vociani usciranno dalla rivista per fondare “Lacerba”.
La critica però ha toccato un tasto dolente che induce i pittori futuristi a prendere atto del cubismo e ad abbandonare le ultime tracce di divisionismo ancora largamente presenti. Boccioni avvia la preparazione degli Stati d’animo, che alcuni ritengono il suo capolavoro. Anche Marinetti, sull’onda del successo-scandalo della pittura futurista, rilancia con Uccidiamo il chiaro di luna (vedi testo on line) e il Manifesto tecnico della letteratura futurista (vedi testo on line) più avanzate proposte letterarie. Il gruppo dei poeti è cresciuto ed è ormai possibile pubblicare l’antologia I poeti futuristi che raccoglie il meglio della loro produzione.
Intanto anche la politica italiana sta diventando sempre più “futurista”, vale a dire nazionalista e guerrafondaia. In settembre inizia la spedizione in Libia alla quale si aggrega Marinetti come corrispondente del giornale parigino “L’intransigeant”.
L’assenza di Marinetti da Milano consiglia di spostare all’anno successivo la grande mostra d’arte che si voleva organizzare a Parigi e che verrà inaugurata alla galleria Berheim Jeune nel febbraio del 1912. La mostra è accompagnata da un’importante prefazione scritta da Boccioni, Carrà, Russolo, Balla e Severini, nella quale si sottolineano le differenze rispetto al cubismo, che non conosce il dinamismo.
Boccioni espone La città che sale, (New York, Museum of Modern Art, bozzetto al CIMAC, Coll. Jesi), dipinto nel 1910-11, il primo suo quadro che cerca di attuare pienamente il programma futurista, gli Stati d’animo (CIMAC, New York), Visioni simultanee (Wuppertal, Var der Heydt Museum), La strada entra nella casa (Hannover, Sprengler Museum) tutti dipinti nel 1911. Lasciata Parigi, la mostra si sposta in tutte le principali città europee - Londra, Berlino, L’Aja, Amsterdam, Monaco, Amburgo - diffondendo sempre più il vangelo futurista, che ha già raggiunto l’arte della fotografia e che presto si estenderà alla scultura, al teatro e alla danza. La poesia futurista, superato il verso libero che sembra ormai troppo tradizionalista, scopre le “parole in libertà” una tecnica dove arte e poesia si fondono in un collage di parole e simboli disposti liberamente sul foglio. Carrà nel 1913 arriva a pubblicare La pittura dei suoni, rumori e odori (vedi il testo on line), dove tutto si mescola nel più assoluto disordine.

Dall’arte alla politica

Finita la guerra di Libia, una ben più grave tempesta si sta profilando all’orizzonte, non solo per l’Italia. L’anno 1914 segna per il movimento futurista il passaggio dalle teorie estetiche all’intervento politico. In quest’anno Balla, Carrà, Marinetti, Piatti, Russolo e Boccioni pubblicano il manifesto: Sintesi futurista della guerra. In settembre Marinetti, Boccioni e altri seguaci del movimento vengono arrestati durante una manifestazione interventista e restano per cinque giorni in carcere perché avevano bruciato in piazza del Duomo otto bandiere austriache. Nel febbraio del 1915 Marinetti è nuovamente arrestato a Roma durante una manifestazione interventista davanti al Parlamento. Con lui viene arrestato Mussolini, che Marinetti aveva conosciuto socialista nel salotto della Sarfatti in corso Venezia e che ora da qualche mese aveva rotto con i socialisti e si era lanciato in una campagna per l’intervento. I due si trovano ora a fianco nella stessa lotta, che li vedrà ancora in guardina assieme in aprile in seguito ai disordini scoppiati durante un’altra delle tante manifestazioni interventiste che si susseguono in tutta l’Italia.
Quando finalmente l’Italia decide di intervenire nel conflitto, Marinetti, Sant’Elia, Boccioni, Russolo, Carrà, Funi, Erba, Sironi e Piatti si arruolano nel “Battaglione lombardo volontari ciclisti” e partono per il fronte. In settembre passano negli alpini o in fanteria. La sorte disporrà molto diversamente per ciascuno di loro. Boccioni, tornato dal fronte in dicembre, utilizza i primi mesi del 1916 per sperimentare un nuovo tipo di pittura, molto lontana dal Futurismo. Dipinge il Ritratto del maestro Ferruccio Busoni (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), il Ritratto della Signora Busoni II (CIMAC) e il suo ultimo olio, la Natura morta (CIMAC) dove è evidente l’influsso di Cézanne. Richiamato alle armi in luglio, muore a Verona il 16 agosto in seguito a una caduta da cavallo.
Carrà, arruolatosi pieno di entusiasmo per la guerra, dopo molte peripezie burocratiche finisce col prestare servizio presso l’ospedale di Ferrara dove conosce De Chirico, Savinio e De Pisis assieme ai quali elabora la “pittura metafisica”, uno stile artistico agli antipodi del futurismo.
Antonio Sant’Elia, il giovane e geniale architetto che si era rivelato con una serie di disegni nel maggio del 1914, muore sul campo di battaglia il 10 ottobre 1917, a soli 29 anni. Luigi Russolo viene ferito sul Monte Grappa. Anche Marinetti viene ferito nel 1917 durante la battaglia del Kuk. Ritorna però a combattere, partecipando all’ultima campagna di Vittorio Veneto che pone termine alla guerra, dove prenderà una seconda medaglia al valore. Tornato a Milano, scrive il Manifesto del partito futurista italiano che dà il via alla fondazione dei Fasci futuristi a Ferrara, Firenze, Roma e Taranto.
I legami con Mussolini “il rivoluzionario” in questo periodo si fanno sempre più stretti fino alla storica manifestazione del 23 marzo 1919 nel palazzo di piazza San Sepolcro, alla quale Marinetti interviene con un discorso. In seguito Marinetti sarà ancora presente nella cosiddetta “battaglia di via Mercanti” del 15 aprile, culminata con l’assalto alla redazione dell’Avanti! e nel maggio successivo ospiterà nella sua casa di corso Venezia il primo nucleo milanese degli Arditi fondato da Ferruccio Vecchi, malgrado le proteste dei condomini e delle sue vecchie cameriere.
E’ candidato (con Arturo Toscanini e altri uomini di cultura) nella lista del Partito fascista alle elezioni politiche del 16 novembre 1919, ma la lista ottiene pochissimi voti e Marinetti torna alla letteratura. Cerca di riprendere le pubblicazioni di “Poesia”, ma ormai è passato il tempo dei dibattiti letterari e l’impresa si ferma al primo numero. Ormai il futurismo è un movimento d’avanguardia come molti altri, che non solleva più un eccessivo scandalo, ma può esplorare molte direzioni espressive grazie anche all’ingresso in campo di nuove leve come Fortunato Depero e altri. Nel 1925, in un’Italia ormai “pacificata” da Mussolini, Marinetti si traferisce con la moglie a Roma dove vivrà per il resto della sua vita con le figlie Vittoria, Ala e Luce, ricevendo persino nel 1929 il titolo, paradossale, di Accademico d’Italia.
Lo spirito futurista però non si è affatto spento, e soprattutto la passione per la guerra. Dal 22 ottobre 1935 all’aprile 1936, alla bella età di 60 anni, partecipa come volontario alla guerra d’Etiopia e durante la seconda guerra mondiale, tra il 1942 e il 1943, trascorre alcuni mesi con l’esercito italiano in Russia. Rientrato in Italia, trascorre l’inverno tra il 1943 e il 1944 a Venezia dove scrive un libro di rievocazioni del suo glorioso passato milanese: La grande Milano tradizionale e futurista, pubblicato dopo la guerra. Nell’agosto del 1944 si traferisce a Cadenabbia e poi a Bellagio dove muore colpito da infarto il 2 dicembre dello stesso anno. Pochi giorni dopo si svolgono a Milano i funerali solenni con un grande concorso di cittadini che accompagnano il poeta fino al Cimitero Monumentale dove viene sepolto. Interpretando questo episodio come un omaggio al fascismo da parte della città, Mussolini decide di tenere il 16 dicembre al Teatro Lirico quello che sarà il suo ultimo comizio politico.

Bibliografia

Sul web c'è un numero enorme di siti dedicati al Futurismo. Ne abbiamo scelto alcuni: Vedi anche questo grande sito sul Futurismo in inglese.
Belloli, Carlo (a cura di), Aspetti inediti e meno noti del futurismo in Lombardia, fascicolo speciale della "Martinella", XXX, fasc. I-II, gennaio-febbraio 1976
Borghese, Alessandra, Intorno al futurismo, Roma, Leonardo-De Luca Illuminato, Sergio 1991
Carrà, Carlo, La mia vita, Milano, Feltrinelli 1981
Coen, Ester, Futurismo, allegato n. 2, maggio 1986, di "Art e dossier"
Grimoldi, A., Il folle palazzo Fidia, in "Ottagono", n. 58, settembre 1980
Marinetti, Filippo, La grande Milano tradizionale e futurista, Milano, Tommaso Mondadori 1969 (Opere di F.T. Marinetti, vol. III-IV) (Brera T 69 D 174)
Marinetti e Fillia, La cucina futurista, Milano, Longanesi 1986 (Brera Coll. It. P 425/135)
Ravegnani, Giuseppe (a cura di), Poeti futuristi, Milano, Nuova Accademia, 1963
Vaccari, Walter, Vita e tumulti di Marinetti, Milano, Omnia 1959 (Brera Coll. It. P 157/2)
Verzotti, Giorgio, Boccioni. Catalogo completo, Firenze, Cantini 1989
La raccolta completa di "Poesia" dal 1905 al 1909 più il numero unico del 1920 si trova a Brera con la collocazione Per 818.

ITALIA-CINA

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PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!