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giovedì 17 marzo 2011

La memoria tradita del Risorgimento - 150° anniversario dell'Unità d’Italia!

“L’Italia è solo un’espressione geografica!” sosteneva il conte Klemens Wenzel Nepomuk Lothar von Metternich-Winneburg-Beilstein (dal 1813 anche Principe). “L’Italia è fatta, bisogna ora fare gli italiani!”, dichiarò il patriota e scrittore Massimo Taparelli marchese d’Azeglio, quando decenni di sovversione rivoluzionaria mazziniana e garibaldina, e di abilità diplomatica cavouriana, umiliarono il cinismo del cancelliere dell’impero austro-ungarico. Che viene riportato agli onori della riabilitazione, paradossalmente e vergognosamente, proprio durante le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia: non da qualche grande storico in vena di rivisitazioni geopolitiche ma dall’ignorante berciare del padre di un “trota” e di schiamazzanti patrioti dell’evasione fiscale.
Spettacolo avvilente, reso possibile però anche da uno sfondo storico-antropologico: la “Nazione”, la “Patria”, gli italiani l’hanno sempre sentita assai poco. Perché non è mai divenuta identità comune, e anzi è stata spesso immiserita nella retorica propagandistica di governi e regimi, infangata per spedire milioni di giovani come carne da cannone in due “inutili stragi”.
L’identità di un Paese nasce dalla memoria condivisa. E una memoria condivisa è sempre e soltanto una memoria scelta. Non può essere mai costituita da “tutto il passato”, che è ovviamente contraddittorio, impregnato di lacerazioni e conflitti, frutto di valori antagonistici fino alla guerra civile. “Notre héritage n’est précédé d’aucun testament”, ha scritto uno dei più grandi poeti del novecento, René Char, esprimendo la verità dell’identità storica nella sua forma più essenziale e irrecusabile. Di che cosa essere eredi lo si sceglie, discriminando nel contraddittorio e incompatibile intreccio di eventi che ci hanno preceduti quelli che hanno per noi valore simbolico perché fondativo.
L’Italia democratica può diventare “Nazione” o “Patria” solo se sceglie di essere davvero erede di entrambi i due unici eventi fondativi del suo passato. Il Risorgimento, e quel secondo Risorgimento (come tale vissuto da tanti che vi sacrificarono la vita) che fu la Resistenza antifascista. Fino a quando queste due rotture storiche, e i valori che ne sono all’origine, non saranno interiorizzati come la propria comune eredità dai cittadini della penisola, fino a quando ogni nuova generazione, in famiglia, nella scuola, attraverso il tubo catodico, non crescerà sentendosi figlia del Risorgimento e della Resistenza, non ci saranno italiani e non ci sarà Italia, e il conte Klemens von Metternich avrà ogni agio di ghignare nella tomba.
Ma la memoria, per essere condivisa, non deve escludere nessuno. Deve accomunare tutto il passato, affratellare vincitori e vinti, replicano gli storici più o meno di regime, più o meno accademicamente titolati o improvvisati, i Mieli, i Romano, i Galli della Loggia, i Pansa. I garibaldini, dunque, ma anche i lazzaroni del cardinal Ruffo, i partigiani ma anche i giovani repubblichini di Salò, arriva a farnetica re qualcuno. Al contrario. Nessuna identità nazionale, dunque nessuna “Patria”, potrà mai nascere su valori che reciprocamente si escludono. Il confronto con la vicina Francia può essere illuminante.
Ogni edificio pubblico porta la scritta, spesso in lettere dorate, “Republique française: liberté, egalité, fraternitè”. Esclude cioè dalla memoria condivisa le masse che si rivoltarono contro la rivoluzione, i contadini che per la Vandea morirono, coraggiosamente e anche eroicamente, come è ovvio. L’identità della Nazione, della Patria, quella del “vive la France!” con cui il generale De Gaulle concludeva ogni suo discorso, viene riconosciuta esclusivamente nel testamento della rivoluzione, tanto che se ne adotta la bandiera e di un canto di insurrezione si fa l’inno nazionale. La rivoluzione è l’unica memoria comune, l’altra sarebbe solo memoria del tradimento della Nazione, benché della rivoluzione faccia parte il Terrore, la cui condanna è resa topograficamente esplicita: non una via o una piazza sono intitolate a Robespierre.
Identico discorso per la Resistenza. Il governo collaborazionista di Vichy è il tradimento per antonomasia, benché il maresciallo Petain venga insediato legalmente dal voto maggioritario di un parlamento liberamente eletto. De Gaulle, uomo di destra se ve ne fu uno, ha imposto l’equazione Resistenza eguale Patria e rifiuto della Resistenza eguale tradimento, e questa memoria condivisa ha avuto una tale efficacia che a tre generazioni di distanza la destra francese anche più becera preferisce (durerà?) perdere le elezioni pur di non accettare il sostegno dei Le Pen.
In Italia invece il Risorgimento è stato immediatamente edulcorato nella retorica. Il carattere eversivo, rivoluzionario, talvolta terroristico dei garibaldini e dei mazziniani è stato cancellato, benché Mazzini e Garibaldi fossero accomunati a Marx e Bakunin dalle polizie di tutto il mondo, e le divergenze reciproche non avessero mai a che fare con una introvabile “moderazione” dei primi. La memoria del Risorgimento come autentica epopea fondativa è stata infine distrutta dalla sua fascistizzazione in irredentismo, ignominia con cui si può accomunare un D’Annunzio a Pisacane. Ancora peggio con il secondo Risorgimento, la Resistenza antifascista. Evirata democristianamente nella retorica, viene ormai irrisa nel quotidiano codardo oltraggio dei media di regime.
Come stupirsi, allora, che nella penisola sia assente la Nazione e la Patria? L’Italia sarà Nazione solo se e quando una autentica rivolta morale, politicamente vittoriosa, riuscirà a rendere senso comune i valori che dal Risorgimento alla Resistenza hanno dato vita alla nostra Costituzione.

(16 marzo 2011)
Fonte: http://temi.repubblica.it/

giovedì 17 febbraio 2011

Chi è la donna che insieme al Magistrato di Milano Bruti Liberati, sta "perseguitando" il Premier Silvio Berlusconi? Puritani e moralisti all'attacco delle Istituzioni Politiche della Seconda Repubblica!

Ilda Boccassini

Dopo la laurea in Giurisprudenza entra in magistratura, con funzioni effettive, nel 1979 prestando servizio dapprima alla Procura della Repubblica di Brescia, e ottenendo poco dopo il trasferimento alla Procura della Repubblica di Milano. Si occupa, quasi subito dopo il suo arrivo a Milano, di criminalità organizzata.
La sua prima inchiesta di rilevanza nazionale viene denominata Duomo Connection e ha come oggetto l'infiltrazione mafiosa nell'Italia settentrionale. L'inchiesta è portata avanti con la collaborazione di un gruppo di investigatori guidati dall'allora tenente Ultimo, il capitano divenuto poi famoso per l'arresto di Totò Riina. Sono gli anni delle prime collaborazioni anche con il Giudice Giovanni Falcone, che sfoceranno in un legame di profonda amicizia.[1]
All'inizio degli anni novanta entra in rotta di collisione con altri colleghi del pool antimafia milanese, ne viene estromessa dall'allora Procuratore Capo Francesco Saverio Borrelli[senza fonte], ma porta comunque a termine il processo sulla Duomo Connection. Dopo le stragi di Capaci e Via D'Amelio, nel 1992, chiede di essere trasferita a Caltanissetta dove rimane fino al '94 sulle tracce degli assassini di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.[2] Collabora nuovamente con Ultimo alla cattura di Riina e scopre, in collaborazione con altri magistrati applicati a quelle indagini, mandanti ed esecutori delle stragi Falcone e Borsellino. Dopo una breve parentesi alla Procura di Palermo torna a Milano e, su richiesta del Procuratore Borrelli, si occupa dell'inchiesta denominata Mani pulite subentrando ad Antonio Di Pietro dimessosi dalla magistratura il 6 dicembre del 1994.[3] Collabora, quindi, con i colleghi Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo, Armando Spataro e Francesco Greco, seguendo in particolare gli sviluppi delle inchieste riguardanti Silvio Berlusconi e Cesare Previti[senza fonte].
Continua ad operare presso la Procura di Milano dove si occupa di indagini sulla criminalità mafiosa e sul terrorismo. Ha diretto a partire dal 2004 le indagini della DIGOS che il 12 febbraio 2007 hanno portato all'arresto di 15 sospetti appartenenti all'ala movimentista delle Nuove Brigate Rosse, denominata anche Seconda Posizione. Secondo l'accusa, la presunta organizzazione terroristica, operante nel Nord Italia, stava preparando attentati contro persone e aziende. Il 28 maggio 2009 il Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) l'ha promossa alla funzione di Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Milano.[4]
Attualmente indaga sul caso riguardante l'affidamento di una giovane donna marocchina, definito giornalisticamente caso Ruby, nota negli ambienti della politica e della moda, che avrebbe compiuto alcuni furti.[5] L'inchiesta interessa, tra gli altri, il presidente del Consiglio dei Ministri italiano Silvio Berlusconi che, secondo l'accusa, avrebbe esercitato indebite pressioni sulla questura di Milano per ottenere suo rilascio e che l'avrebbe pagata in cambio di prestazioni sessuali quando era ancora minorenne.[6] A causa di quest'incarico e di altre attività che hanno impegnato le procure della Repubblica nelle indagini su Silvio Berlusconi per reati quali concorso esterno in associazione mafiosa, prostituzione minorile, concussione, corruzione, strage, appropriazione indebita, traffico di droga, riciclaggio di denaro sporco, abuso d'ufficio, frode fiscale e falso in bilancio, Berlusconi la ha indicata fra gli appartenenti ad una ipotetica frangia della magistratura, da lui definita "sovietica" e "comunista".

Edmondo Bruti Liberati

Membro di una storica famiglia nobile delle Marche, i marchesi Bruti Liberati, ha ricoperto incarichi di rilievo nella Corte di giustizia dell'Unione europea e in seno all'Associazione Nazionale Magistrati italiana. Di quest'ultima fu segretario generale e vicepresidente fra gli anni 1980 e 1990, prima di assurgere alla carica di presidente il 25 maggio 2002. È esponente ed ex presidente di Magistratura democratica. Dal 2010 svolge l'ufficio di procuratore della Repubblica presso il tribunale di Milano.[1]


21 MARZO 2009 - DALL'UNITA': Edmondo Bruti Liberati, magistrato ed ex presidente dell’Anm, boccia il ddl del centrodestra sulle intercettazioni: «Vedremo l’esito del dibattito parlamentare. Finora ho visto proposte stravaganti e inidonee a raggiungere gli obiettivi di tutela della privacy e razionalizzazione dei costi».

Quanto costano le intercettazioni?

«Molto, anche perché non c’è omogeneità nei prezzi stabiliti con le varie società telefoniche. Alcuni uffici giudiziari hanno iniziato una revisione dei contratti. Si può fare di più, ma moltissimo potrebbe fare il ministero della Giustizia proponendo schemi e prezzi base uguali per tutti. Finora purtroppo non è avvenuto».

Secondo il Pd, i proventi delle confische dei beni dei condannati ammonterebbero a 330 milioni nel solo processo Antonveneta. Non è un’enormità?

«È vero che alcuni processi importanti relativi alla criminalità economica hanno consentito il recupero alle casse dello Stato di cifre imponenti. Che coprono non solo le spese del procedimento ma anche parte significativa degli oneri complessivi per le intercettazioni. Poi però c’è un principio più generale».
Di quale principio parla?

«I costi si possono razionalizzare e devono essere abbattuti. Ma questo resta uno strumento fondamentale per il contrasto alla criminalità. Limitare i presupposti a gravi o evidenti indizi di colpevolezza indebolisce molto questa forma investigativa, rendendola inutilizzabile».

Cosa altro non le piace della riforma?

«È assurdo prevedere per i processi a carico di ignoti l’iniziativa della parte offesa, spesso intimorita e oggetto di minacce. Quanto alla durata, sono convinto che i magistrati debbano fare grande attenzione e non intercettare oltre lo stretto necessario, ma non ha senso porre un termine drastico di tempo».
Quali potrebbero essere le conseguenze?

«Paradossali. Se pochi giorni prima della scadenza del termine dalle intercettazioni emergessero i colpevoli o la progettazione di nuovi reati, secondo la riforma si dovrebbe comunque smettere di ascoltare».

Trova appropriate le sanzioni più dure previste dal testo?

«Non il carcere per i giornalisti. Ma è giusto introdurre sanzioni rigorose ed efficienti per chiunque, giornalisti compresi, divulghi intercettazioni di cui è stata disposta la distruzione a tutela della riservatezza».

Fonte: ffantozzi@unita.it 21 Marzo 2009 da http://www.unita.it


sabato 22 gennaio 2011

LA POLITICA ITALIANA VITTIMA DELL'OPPOSIZIONE CATTO-COMUNISTA! GOSSIP VERGOGNOSI! MAGISTRATURA FAZIOSA! PER BERLUSCONI CENTOMILA INTERCETTAZIONI: PER YARA GAMBIRASIO? ZERO! SARAH SCAZZI? ZERO! MAFIA, CAMORRA, N'DRANGHETA, TERRORISMO? ZERO! DA QUANDO IL SESSO E' REATO PENALE? IN REALTA' RUBY E' LO STRUMENTO DELLA VERGOGNA DI UN OPPOSIZIONE INCAPACE, MESCHINA E INETTA CHE NON HA ALTRE ARGOMENTAZIONI AL DI FUORI DEL GOSSIP!!!

In questi ultimi giorni la politica Italiana sembra affaccendata ad inseguire le “gonnelle” del Premier Silvio Berlusconi e tutti i riflettori sono accesi sulla giovane Marocchina Ruby “Rubacuori” ma nessuno sembra importare niente della morte del giovane Alpino Luca Sanna ucciso in un attentato in Afghanistan; vergogna non tanto per il Presidente del Consiglio dei Ministri, ma soprattutto per le “vecchie bigotte” che siedono nei banchi dell'opposizione che oggi “starnazzano” allo scandalo sessuale quando dimenticano i loro passati più tristi: Sircana e Marazzo in primis con le loro vicende sui Transessuali, Cocaina e roba simile, oltretutto sono stati filmati, registrati e fotografati sul fatto accaduto.
Del premier Berlusconi attualmente esistono solo alcune intercettazioni telefoniche di dubbio gusto e di difficile e ambigua interpretazione.
Di Piero Marazzo ad esempio vi era un video inequivocabile con il Presidente della Regione Lazio in camicia bianca e in mutande all'interno dell'appartamento di un transessuale che poi è stato misteriosamente assassinato insieme ad un altro transessuale e uno spacciatore di droga.
Ma ad esempio sempre sul caso Marrazzo si è chiuso subito il caso e nessuno sa più che cosa sia veramente successo o chi siano i mandanti degli assassini dei due transessuali uccisi e dello spacciatore assassinato.
Sul Premier Berlusconi tanto chiasso e fumo per nulla, primo perchè sempre che sia vero delle storie dei festini privati in Villa Certosa o ad Arcore, in ogni caso tutte le modelle, escort e veline erano ben consapevoli di quello che dovevano fare e di quello che poteva succedere, dunque consenzienti e coscienti di tutto in quanto comunque nessuna di queste ha mai rifiutato il danaro ricevuto od offerto in cambio delle loro prestazioni.
In secondo luogo mi si dovrebbe spiegare dove sta il reato: il sesso è reato? Da quando in qua? Forse a Teheran nella Repubblica Islamica lo può essere ma non in una moderna e laica Democrazia Occidentale quale è l'Italia oggi; due persone intelligenti, coscienti, consenzienti al di la della carica Istituzionale o Pubblica che ricoprono, possono legittimamente avere dei rapporti sessuali anche se non intercorre tra di loro un legame sentimentale; da quando in qua il codice penale vieta un rapporto sessuale tra due persone libere e consenzienti? Non ci risulta che un uomo politico sia impedito nei suoi rapporti sessuali da una norma di legge; tutto ciò sarebbe ben più grave del caso di Ruby “Rubacuori” e dei festini privati.
Oltretutto ancora più grave per questa Giustizia Italiana malata di un cancro pericoloso quale è il “protagonismo” e la “faziosità” verso una certa Politica qualunquista quale è quella di Sinistra, è il fatto che per mesi sono stati tenuti sotto controllo e intercettati oltre CENTOMILA utenti tra Politici, Avvocati, Magistrati, Veline, Escort, Poliziotti, Carabinieri, Prostitute d'alto bordo, Veline, Giornalisti, Segretari, Militari e chissà quali altre Cariche Istituzionali per una vicenda che alla fine non interessa a nessuno se non al Gossip ed all'Opposizione Catto-Comunista del PD e di FINI, un becero tentativo di screditare definitivamente l' ODIATO Berlusconi e di sovvertire il Governo Italiano.
Non avendo valide alternative si ricorre al Gossip per infangare che cosa poi? Ripeto: da quando in qua il sesso è considerato un reato penale?
Dove sta lo scandalo? Dove sta l'induzione alla Prostituzione quando le stesse Veline, Escort, Modelle accorrono alla Villa del Premier con l'intento proprio di “RICEVERE” DONI in cambio di particolari prestazioni? Se il Premier Berlusconi dovesse essere “incriminato” per induzione alla Prostituzione Minorile allora tutte le ragazze che oggi testimoniano di avere fatto sesso con Berlusconi in cambio di danaro dovrebbero essere “incriminate” per tentata ESTORSIONE!!!
Sputano sul piatto dove hanno voluto “mangiare” fino a poco prima e si meritano di finire “cucinate” sullo stesso piatto in cui hanno mangiato!
VERGOGNA non per il Premier, ma per la loro ignobile condotta morale di “ricattatrici” avide di successo e di danaro ancora di più di quello che hanno già ricevuto; le arcigne ARPIE manovrate dallo schieramento dei CATTO-COMUNISTI ambiscono ad essere degli strumenti di assalto per abbattere il Governo e la Maggioranza di Centro-Destra.
Bieco tentativo di sporchi e pericolosi Massoni che utilizzano le così dette Prostitute perchè altro non hanno di meglio tra le loro armi Politiche.
Un'altra VERGOGNA dei nostri inquirenti e del nostro Potere Giudiziario è il fatto che per la vicenda di Ruby e dei festini privati del Premier sia stato messo in atto una vera e deplorevole invasione nella privacy con le centinaia di migliaia di intercettazioni telefoniche che sono state fatte per cosa? Quale urgenza può giustificare questa totale invadenza? Terrorismo? Sicurezza Nazionale? Criminalità Organizzata? Droga? Commercio di armi o di esseri umani? No, solo Gossip! Ecco a cosa interessava agli inquirenti, Gossip da dare in pasto all'opinione pubblica, Gossip come arma per dare in mano ai Partiti di Sinistra e per fare cadere il Governo! VERGOGNA!!! E grave incompetenza degli Inquirenti che per ricercare la giovane 13enne Yara Gambirasio, forse rapita e scomparsa il 26 Novembre 2010, solo dopo un mese gli investigatori hanno proceduto all'analisi delle intercettazioni telefoniche di tutte le celle nei d'intorni della zona e dell'intero quartiere di Brembate fatte nel giorno stesso della scomparsa.
Così come quando scomparve la giovane 15enne Sarah Scazzi, solo dopo un mese gli Inquirenti procedettero alla scansione dei tabulati delle telefonate e degli sms che sono stati fatti nel giorno e nei giorni dopo la scomparsa della ragazza.
Per il “popolino” il minimo sforzo, per i BIG della Politica il MASSIMO delle forze possibili: più di CENTOMILA telefonate e sms intercettati!!!
VERGOGNA!!! La GIUSTIZIA ITALIANA è malata e collusa, il POTERE DELLA MAGISTRATURA deve essere RESETTATO!!!
Così come fece STALIN jn Unione Sovietica con i suoi GIUDICI negli anni '30 del secolo scorso, la Magistratura dovrebbe essere RIEDUCATA e ristrutturata, restaurata al suo interno, SOTTOMESSA al vero senso della Giustizia con un compito primario: DIFENDERE il popolo Italiano dalla Criminalità Organizzata; l'assassinio dei Giudici Falcone e Borsellino lo avevano già evidenziato, la Magistratura Italiana è “INQUINATA” e manovrata da POTERI OCCULTI che nulla hanno a che vedere con la vera Giustizia e la solidarietà sociale così come la Politica Italiana troppo lontana dai veri problemi della società civile.
Alle prossime elezioni politiche il popolo Italiano dovrà veramente ben riflettere su cosa e per chi votare; al di là e oltre il Gossip, l'Italia ha bisogno di una nuova classe politica oltre tutti gli schieramenti politici attuali.

Alexander Mitrokhin

venerdì 3 settembre 2010

DELIRIO ISLAMICO...DA GHEDDAFI ALL'IRAN: IL NUOVO ATTACCO RELIGIOSO ALL'EUROPA CRISTIANA!

Ahmadinejad Presidente della Repubblica Islamica Iraniana
Gheddafi Presidente della Libia con il Premier Berlusconi
L'Ayatollah Iraniano Khamenei
Sakineh Mohammadi Ashtiani condannata a morte in Iran per adulterio

 
La fine dell'Estate 2010 penso che sarà ricordata, soprattutto qui in Italia, per l'ultima visita che il Rais Libico Gheddafi ha fatto in territorio Italiano nelle due giornate di Domenica 29 e Lunedì 30 Agosto 2010 dove a Roma ha incontrato il nostro Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Il Capo dello Stato della Libia non tornava qui in Italia da appena due anni, cioè dal 2008 anno del trattato di amicizia e pacificazione Italo-Libica dove i rispettivi Governi, oltre a firmare un accordo per tamponare gli sbarchi degli immigrati clandestini che in massa partivano sui barconi della morte dalle coste Libiche, oltre modo l'Italia si impegnava a risarcire definitivamente i danni di guerra causati dall'occupazione coloniale Mussoliniana durante la Seconda Guerra Mondiale, con la costruzione gratuita di 1700 km di autostrada costiera impegnando comunque esclusivamente solo le Imprese Italiane.
Quest'anno invece, a parte un nuovo impegno sottoscritto dal Governo della Libia per attuare una soluzione definitiva al problema degli sbarchi in Italia degli immigrati clandestini che salpano dalla costa Libica dove il Colonnello Gheddafi, con una leggera sfrontatezza e noncuranza, ha richiesto ulteriormente un finanziamento di 5 miliardi di Euro che l'Italia in primis e l'Europa insieme dovrebbero sborsare annualmente, il Rais sarà ricordato soprattutto per le sue lezioni di Corano e di Religione Islamica date a giovani e giovanissime ragazze Italiane, tutte splendide, tutte hostess e modelle reclutate a pagamento da un'Agenzia d'Immagine specializzata per queste evenienze.
Proprio così, il Colonnello Gheddafi Capo del Governo e dello Stato di una Nazione Nord-Africana di Religione Islamica ha voluto, non si sa bene per quale strano arcano motivo, elargire lezioni di Corano e divulgare la sacra parola Islamica solo ed esclusivamente a bellissime ragazze-immagine, hostess, modelle o altro purché giovani e belle; ragazze pagate per ascoltare in silenzio, “adulare” e “servire” il gradito ospite di Berlusconi, diventato sembra suo “compagno” d'affari perché la seconda visita di Gheddafi in due anni ha avuto come priorità assoluta solo la stipula di diversi piccoli e grandi accordi economici tra i due Governi e tra le Imprese Libiche e Italiane.
Ma perché reclutare solo donne? E soprattutto perché reclutarle solo attraverso le Agenzie di Moda e Spettacolo? In questa “pagliacciata” la Religione Islamica insieme ai suoi “goliardici” Capi di Stato ancora una volta ci ha dimostrato di essere una religione discriminante, oppressiva, retrograde, illiberale e “pericolosa” se presa sotto gamba per la stessa Europa Cristiana e Cattolica prima di tutto, per l'Occidente civilizzato in secondo luogo.
Il Colonnello Gheddafi ha discriminato quelle ragazze che magari non erano giovani e belle ma che avrebbero avuto l'interesse a partecipare alle lezioni Islamiche e di approfondire lo studio del Corano indipendentemente dal fatto di essere pagate o meno; il Colonnello Gheddafi ha discriminato gli uomini belli e brutti solo per il fatto di non averne invitato nemmeno uno in primo luogo ed in secondo luogo per aver invitato le ragazze Italiane a conoscere e sposarsi con gli uomini Libici, ma non gli uomini Italiani a conoscere e sposare le donne Libiche.
Il Colonnello Gheddafi ha offeso l'Europa con il suo invito a convertirsi tutta all'Islam, esprimendo così facendo un tacito disprezzo per le origini Cristiane e le tradizioni Cattoliche secolari delle Nazioni dell'Unione Europea, disprezzo amplificato per il fatto che questo suo invito o ammonimento lo ha scagliato dal suolo della Città Eterna, Roma, città Cristiana e Cattolica, Capitale di un'Italia Cristiana e Cattolica e sede indiscussa dello Stato del Vaticano, Capitale Pontificia dei Papi da sempre e da secoli di ricchezza spirituale e culturale, patrimonio prezioso e irrinunciabile per tutto l'Occidente Cristiano e civilizzato.
Il Colonnello Gheddafi ha offeso dunque tacitamente anche il Sommo Pontefice Papa Benedetto XVI° soprattutto perché, non avendolo nemmeno salutato e ringraziato per l'ospitalità Religiosa concessagli per esercitare la sua “buffonata” dei due giorni Coranici, nemmeno ha contraccambiato come da par condicio avrebbe dovuto fare e cioè permettere una due giorni a Tripoli in Libia per una lezione sulla Bibbia Cristiana e Cattolica.
Gheddafi gran cafone e maleducato dunque, preoccupato dei suoi affari economici e preoccupato solo di convertire tre modelle Italiane all'Islam, conversioni poi risapute programmate, pilotate e ben pagate alle tre hostess che si sono prestate a “cadere” estasiate ed emozionate ai piedi del Rais di Tripoli.
Perché da Roma non ci si è preoccupati seriamente della libertà Religiosa che vige oggi in Libia? Gheddafi ha assicurato che le donne in Libia sono più libere e rispettate che in qualsiasi altro Paese Europeo Cristiano; noi ci crediamo poco, le donne spesso nelle società Islamiche o Islamizzate contano meno degli uomini ed hanno più obblighi e doveri verso i propri mariti e verso la società.
Paradossalmente la vera libertà in Libia vi era arrivata grazie al colonialismo Italiano Mussoliniano che poi tanto colonialismo non era, visto e considerando che se oggi la Libia gode di infrastrutture, reti fognarie, ferrovie e strade nelle proprie città, lo si deve all'eredità lasciata dagli Italiani degli anni '30 e '40 dello scorso secolo.
Alla recente luce dei fatti siamo decisamente sicuri che in altre Nazioni Europee tutto ciò non sarebbe mai stato permesso di fare al grande Signore della Libia, ma oramai ci siamo rassegnati ad un'Italia che è una vera e propria Repubblica delle Banane.
Gheddafi si è venuto a fare un week end di fine Estate in vacanza per chiederci altri soldi, in virtù dell'eterno senso di colpa degli anti-fascisti sui presunti “danni” causati da Mussolini in Libia, dopo di che null'altro gli interessava se non di “sfotterci” tutti, dall'Italia Papalina all'Europa Cristiana.
L'Islam molto pericolosamente avanza e mai è stato così forte e minaccioso per noi tutti al tempo stesso, perchè oggi l'Islam ha dalla sua un nuovo alleato che è molto più dannoso e potente di qualsiasi esercito mai esistito sulla terra: l'immigrazione!
I milioni di immigrati che si sono stabiliti in Occidente dal Secondo dopo guerra sino ad oggi, sono giunti da tutti i Paesi Nord-Africani e Medio-Orientali a maggioranza di Cultura e di Religione Islamica, molti di essi hanno messo su famiglia nelle nostre Città ed hanno piantato le proprie radici qui in Europa; in più l'immigrazione non si è mai arrestata ed in questi ultimi decenni ha aumentato il suo flusso decuplicandolo subito dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989.
Ecco oggi dove sta il vero pericolo paventato anche dalla scomparsa e famosa scrittrice e giornalista Italiana Oriana Fallaci, il pericolo di un'invasione pacifica e silenziosa ma sediziosa al tempo stesso; a poco a poco le comunità Islamiche presenti all'interno delle nostre Città e delle nostre Nazioni Europee cresceranno sempre più di numero e di importanza se non ci si convincerà di mettere finalmente un freno al flusso di immigrati che partono dal Sud del Mondo in cerca di false chimere e di improbabili ricchezze o guadagni facili; a questo punto sarà chiaro che più le comunità Islamiche crescono tanto più le nostre radici e tradizioni Cristiane si troveranno seriamente in pericolo di estinzione, tutto il Mondo Cristiano si troverà in pericolo di soccombere sotto la crescente Islamizzazione della società civile.
A quel punto Gheddafi avrà vinto perchè ciò che ha pronosticato a Roma il 30 Agosto scorso, cioè che tutta l'Europa si converta all'Islam, diverrà realtà.
Se fossi stato io stesso invitato a partecipare alla lezione Coranica di Gheddafi, gli avrei domandato come mai, se proprio è vero che la donna Islamica sia più libera, come lui ha sostenuto, più di ogni altra donna al Mondo, in Iran una donna per aver “peccato” di adulterio rischia la pena capitale per lapidazione?
Gli avrei chiesto, come mai una donna Islamica in Iran se si difende da un tentativo di stupro da parte di un uomo, lo uccide o comunque riesce a fuggirvi, viene comunque lei stessa considerata colpevole e “peccatrice”? Magari perchè come si usa dire in certi Paesi Islamici, il “diavolo” guarda con gli occhi delle donne? Al Colonnello Gheddafi gli avrei chiesto anche una sua opinione sul caso della donna Iraniana Sakkineh, condannata a morte per Lapidazione, colpevole di un “gravissimo” reato agli occhi dell'Islam che ci vorrebbero propinare anche qui in Europa: l'adulterio!
Sicuramente Gheddafi non avrebbe risposto a nessuna di queste domande visto e concesso che lui stesso aveva dato ordine di tenere ben lontani i giornalisti dall'aula dell'Accademia Coranica Romana, lezione di Corano a porte chiuse con le hostess e modelle, allieve “reclutate” e pagate anche per stare zitte ad ascoltare e se proprio domande dovevano fare, erano concesse solo quelle in tema di Religione.
Fuori la politica, scomoda per Gheddafi Rais in libero territorio Italiano, Repubblica Democratica o pseudo tale; in ogni caso e fortunatamente ben lontana da quei Regimi Islamici guidati dai Talebani Afghani, dai Mujaidin Pakistani, dai Colonnelli Libici, dai fanatismi esasperati degli Ayatollah Iraniani che hanno la sfrontatezza di definire la moglie legittima del Presidente Francese Sarkozy una “puttana” degna di morire!
La consorte del Presidente Francese lo sappiamo tutti, è l'Italiana ed ex-modella Carla Bruni; simpatica o antipatica che sia, la Signora Carla Sarkozy, sposata legalmente in seconde nozze con Sarkozy dopo il suo divorzio dalla prima moglie Cecilia, ha la sola colpa di aver difeso strenuamente Sakkineh per tentare di salvarla dall'esecuzione capitale.
Carla Bruni è da diverso tempo impegnata in prima linea con un'associazione umanitaria e sta cercando con qualsiasi mezzo diplomatico possibile di salvare la vita alla donna Iraniana, detenuta nel braccio della morte del carcere femminile di Teheran.
Anche in Italia diversi politici e Ministri del nostro Governo, soprattutto le donne in prima linea tra cui spicca il Ministro Carfagna, hanno affiancato la lotta politica di Carla Bruni per tutelare i diritti civili delle donne Islamiche soggiogate dalla “Legge del Taglione” che vuole “occhio per occhio e dente per dente!”
Ma queste normative tribali che hanno radici medioevali, sono ispirate dal Corano stesso, quel “Glorioso Corano” che Gheddafi ha allegramente insegnato qui a Roma, in Italia, ad avvenenti fanciulle bellissime ed elegantissime, ragazze che sono state pagate e che sono molto lontane da quel particolare Mondo Islamico che le vorrebbe coperte nel volto col velo, col pasdaran o ancora peggio con il burka.
Oggi però anche la Repubblica Francese si mostra molto debole verso il problema dell'immigrazione clandestina indiscriminata e verso il problema dell'islamizzazione silenziosa dell'Europa Cristiana; lo dimostra il fatto che dopo un'offesa pubblica e Mondiale come lo è stata quella del Regime Iraniano contro Carla Bruni, moglie del Presidente in carica, nessuno si è indignato più di tanto sia in Francia che in tutta Europa stessa; Teheran con il suo Ayatollah Khamenej e con il suo Presidente e Capo del Governo Ahmadinejad ha spesso minacciato mezzo Pianeta con i suoi deliri e le sue sfide Nucleari, tuttavia tutti sono pronti al dialogo e ciò è giusto perchè con la Pace tutto è possibile e con la Guerra tutto è perduto, vedasi Iraq e ricordarsi di Saddam Hussein che forse era veramente l'unico dittatore al Mondo o comunque uno dei pochi a non detenere nessun armamento di distruzione di massa e a non detenere nessuna centrale nucleare, nemmeno di uso civile come invece oggi esiste in Iran ed in altri Paesi Medio-Orientali.
In ogni caso a mio avviso la Repubblica Francese, dopo un'offesa simile tra l'altro ripetuta per più giorni e in più giornali e riviste Islamiche Iraniane, avrebbe dovuto richiamare gli ambasciatori Iraniani presenti in Francia e rispedirli a casa loro con il foglio di via perchè cittadini indesiderati; avrebbe dovuto richiamare a casa gli ambasciatori Francesi presenti a Teheran e avrebbe dovuto chiudere ogni rapporto ed ogni canale diplomatico ed economico con la Repubblica Islamica fino a quando non solo il Governo di Teheran avrebbe pubblicamente e ufficialmente chiesto scusa alla Signora Carla Sarkozy per le offese ricevute, ma anche fino a quando alla donna Iraniana Sakkineh non fosse stata concessa la Grazia e la libertà dal Tribunale Islamico.
Perché comunque anche la tacita “condanna a morte alla puttana Carla Bruni Sarkozy che deve morire” è un atto grave che non si è mai verificato prima d'ora; la “Sharja Islamica” che colpisce così in alto e all'interno delle Istituzioni Politiche Europee è un preciso segnale che l'Islam oggi più che mai rappresenta un reale pericolo contro la libertà di culto, la libertà religiosa, la libertà individuale, la libertà spirituale e materiale, la libertà ideologica e politica, la libertà di coscienza e la libertà di ogni singolo Stato di autodeterminarsi in base alle proprie tradizioni culturali e religiose.
La Cristianità Europea da secoli non fomenta più le guerre di religione per imporre la propria agli altri Stati non Cristiani, così facciano oggi gli Stati Islamici e non Cristiani, non impongano la propria cultura ed il proprio modo di vedere le cose del mondo, noi non vogliamo e non possiamo più tornare indietro nel tempo per combattere sotto la Croce di Cristo, ma di sicuro ci difenderemo con le unghie e con i denti se necessario per fermare l'ondata dell'Islamizzazione in Europa.

Alexander Mitrokhin

martedì 31 agosto 2010

Dal 2009 al 2010 in Italia non è cambiato niente: il potere d'acquisto dell'Euro è sempre più dimezzato e gli stipendi degli Italiani sempre più poveri!

Sopra il rapporto Istat dell'anno 2009 da "Il Tirreno"

2002-2010: dopo otto anni dall’entrata in vigore dell’Euro in Italia il nostro Governo ancora non si accorge della miseria degli stipendi nel nostro Paese?

Sono esattamente otto anni ormai che in Italia ed in Europa si acquista e si paga con un’unica moneta, ovvero l’Euro.
Con l’entrata della moneta unica ci si aspettava tutti un netto miglioramento del nostro tenore di vita ma in realtà abbiamo assistito ad un crollo vertiginoso del potere d’acquisto dei nostri già miseri stipendi, perché resta appurato il fatto che anche con la Lira in vigore prima del Gennaio 2002, lo stipendio medio dei lavoratori Italiani, sia pubblici che privati, era nettamente inferiore alla media Europea ed alla media dei Paesi più industrializzati del Mondo.
Con il tasso di cambio pari a 1936,27 Lire la moneta unica ha progressivamente dimezzato in realtà il potere d’acquisto dei salari Italiani già messi a dura prova dal caro vita con il risultato scioccante che oggi chi era ricco con la Lira si è ritrovato miracolosamente più ricco mentre chi già soffriva con la moneta Nazionale si è ritrovato più povero e in grave difficoltà economica.
Colpa dell’Euro? Non solo…colpa anche e soprattutto dei Governi che si sono succeduti al Potere in questi ultimi 9 anni: che sono il Governo di Centro-Sinistra guidato dall’Ulivo di Romano Prodi e quello di Centro-Destra guidato dall’attuale Premier Silvio Berlusconi.
Prodi e compagni ci hanno spinto a forza nella zona Euro pur sapendo che l’economia Italiana all’epoca non era ancora pronta per affrontare un simile passo ed affrontare così tante novità e cambiamenti in materia di legislazione Comunitaria senza per altro consultarci con un Referendum popolare così come hanno fatto diverse Nazioni Europee, ratificando il trattato dell’Unione Europea autonomamente e facendoci così entrare in Europa con il solo volere del Parlamento Italiano introducendo addirittura una Tassa speciale per l’Europa denominata Euro-Tax con la vana promessa mai mantenuta della restituzione futura ai contribuenti di un vero e proprio ladrocinio ai danni del popolo Italiano già super-tassato; Berlusconi invece aveva commesso forse il più grosso degli errori che poteva commettere in un momento così tanto delicato, cioè il suo Governo all’alba del fatidico anno 2002 non aveva controllato e non ha mai controllato la reale conversione dei prezzi dalle Lire all’Euro, prendendo in giro oltre modo gli Italiani regalando ad ogni capo-famiglia una calcolatrice che convertiva matematicamente i prezzi in maniera tale che proprio come disse il Premier stesso, sarebbero stati tutti i cittadini singolarmente a controllare la conversione reale dei prezzi vigilando sulle truffe, niente di più cretina fu quella scellerata iniziativa propagandistica e demagogica che servì solo a sperperare i soldi pubblici nella fabbricazione di milioni di calcolatrici e centinaia di migliaia di Euro per la spesa di spedizione ad ogni singola famiglia Italiana, iniziativa che come abbiamo poi visto non è servita a niente!!!
Già perché poi un cittadino normale come potrebbe tenere a bada i prezzi della produzione Industriale, Artigianale ed Agricola? O delle materie prime? O del commercio Nazionale ed Internazionale? Oppure delle Azioni e dei Titoli di Borsa? Dei conti correnti e dei tassi d’interesse delle Banche? E si potrebbe continuare all’infinito…così ogni famiglia Italiana con quella ridicola calcolatrice regalatagli dal generoso Premier Berlusconi andando al Supermercato o in Bottega non poté fare altro che registrare passivamente il raddoppio improvviso dei prezzi di ogni bene di consumo, alimentare, elettronico e di ogni altra specie, senza appunto poter far nulla, soprattutto per i beni di prima necessità che tutti noi siamo costretti ad acquistare per la nostra stessa sopravvivenza come ad esempio prodotti quali il latte, il pane, la frutta e la verdura, sale e zucchero, acqua e farina.
Insomma, ciò che il Governo avrebbe dovuto fare all’epoca, cioè controllare e calmierare, non lo ha fatto ed anzi ha ridicolizzato l’intero popolo Italiano che in lui ha dato fiducia, demandandolo di un compito che non era il suo e che non avrebbe mai potuto svolgere.
Omettendo la mansione di controllore, l’allora Governo Berlusconi aprì la strada alla già presente e frenetica corsa al rialzo dei prezzi: come non ricordare gli affitti di appartamenti privati di media metratura che fino al 2002 venivano offerti a 500 MILA LIRE al mese (250,00 Euro circa) e “magicamente” convertiti dopo il 2002 a 500 EURO al mese (UN MILIONE DELLE VECCHIE LIRE, il doppio delle 500 MILA LIRE)??? Come non ricordare che tutto ciò che si acquistava prima del 2002 esattamente un anno prima a 5 MILA LIRE (2 Euro e 50 Centesimi circa) dopo il 2002 esattamente un anno dopo la stessa merce di qualsiasi genere si acquistava a 5 EURO (10 MILA LIRE circa, il doppio delle 5 MILA LIRE del vecchio conio)??? Solo il Governo poteva calmierare e controllare questo scempio ma ovviamente e volutamente non lo ha fatto!!! Tanti motivi e tanti interessi di parte avevano spinto il Governo Berlusconi a non intervenire, a lasciar correre mentre il popolo medio Italiano soffriva il caro prezzi e veniva messo in ginocchio dalla frenesia dell’Euro.
Migliaia e migliaia di famiglie Italiane, sempre più impoverite e sfinite dal caro vita, hanno sofferto e soffrono tutt’oggi il costante stato di miseria in cui sono costrette a vivere grazie anche al gravissimo fatto che gli stipendi in Italia, sia pubblici che privati, non solo sono stati dimezzati e rosicati dai prezzi convertiti in Euro, ma sono anche “congelati” all’anno 2000 Domini, cioè dal 2000 non sono stati diciamo più aggiornati, aumentati, non sono stati mai più adeguati all’attuale tenore di vita ed agli attuali valori di mercato.
In questo modo tutti noi ci ritroviamo ad essere pagati più o meno con la stessa busta paga di 9 anni fa a fronte però di un tenore diverso di vita che è ovviamente e naturalmente aumentato.
Non ci vuole uno scienziato per capire che un operaio o un impiegato, con 1300,00 Euro di stipendio medio mensile che è oggi quello Italiano, non può più far fronte a tutte le spese che oggi siamo costretti a fare, non può più mantenere una famiglia e cosa strana e buffa, se disgraziatamente una persona, femmina o maschio che sia, non è sposato o non ha una compagna, una famiglia, ancora peggio perché non riuscirebbe a vivere nemmeno single.
I conti si fanno presto a fare: per tutti coloro che purtroppo non hanno avuto la fortuna di vedersi assegnata una casa popolare, sono ovviamente costretti a stabilirsi dentro un appartamento in affitto privato e gli affitti privati si sa non guardano in faccia a nessuno, così che rispondono solo alle leggi di mercato, dunque un appartamento di metratura media con due camere da letto, bagno, cucina e salotto in un qualsiasi centro-città di una qualsiasi città Italiana viene a costare in media, centesimo in più o in meno, sulle 500,00 Euro al mese…che bisogna sottrarle al salario medio di 1300,00 Euro e ci rimangono in mano dunque 800,00 Euro; da queste 800,00 Euro ci si devono togliere quasi sicuramente almeno 50,00 Euro che è la media delle spese condominiali perché l’appartamento spesso è posto all’interno di un palazzo condominiale che piccolo o grande che sia ha comunque i suoi costi di manutenzione (luce scale, pulizia scale e androne, manutenzioni varie di giardino o ascensore, assicurazione condominiale, posto auto condominiale ecc.) e ci rimangono 750,00 Euro da cui ci si devono togliere almeno tra le 250,00 e le 350,00 Euro al mese che servono per fare la spesa quotidiana (pane, pasta, latte, uova, zucchero, farina, caffè, the, camomilla, frutta e verdura, carne, insaccati vari, yogurt, dentifricio, saponi e saponette varie, carta igienica, prodotti per il bagno e per la pulizia generale della casa, detersivi, bagnoschiuma, lamette e dopobarba, ortaggi vari e prodotti a media e lunga conservazione sia di alimentari che di altro utilizzo quotidiano ed altre tante cose importanti per la vita quotidiana di tutti) poniamo il fatto improbabile che in un mese riusciamo a comprare queste cose che abbiamo elencato ed altre ancora con solo 350,00 Euro di spesa perché andiamo sempre ad acquistare tutto ad un Discount molto economico, ci rimarrebbero in mano 400,00 Euro (1300,00 – 500,00 – 350,00 = 400,00 Euro) dunque con queste 400,00 Euro di avanzo mensile non dimenticate che dovrete coprire anche eventuali visite mediche dal dottore, ticket ASL, medicinali eventuali (non tutti i medicinali esentano dal ticket) pagare le bollette di acqua, luce, corrente elettrica, gas, pagare l’assicurazione della vostra automobile ogni 6 mesi o annualmente a seconda del tipo di contratto che avrete fatto, pagare il bollo auto, pagare la benzina della vostra automobile quando sarete obbligati ad utilizzarla per i vostri spostamenti, comprarvi ogni tanto dei vestiti nuovi, delle scarpe, della biancheria intima non solo per voi ma anche eventualmente per i vostri figli, coprire le spese scolastiche dei vostri figli, fargli ogni tanto anche dei regalini magari per il loro compleanno ecc. ecc. vi domando, si può tirare avanti a fine mese in queste condizioni??? NO…difatti ecco perché la famiglia media Italiana non riesce più a sopravvivere e già alla terza settimana è in grave difficoltà economica.
Pensiamo poi anche al fatto che nell’ultimo rapporto OCSE l’Italia, tra i 30 Paesi più industrializzati e progrediti del Mondo è scesa al 23° posto, cioè siamo il Paese Europeo dove gli stipendi medi sono tra i più bassi, solo la Polonia ed il Portogallo ci stanno dietro ed incredibilmente pure la Grecia, una volta tra le Nazioni Europee più povere, ci ha superato ed è attestata al 15° posto.
SEDICIMILA EURO all’anno di stipendio netto medio, troppo poco per un’Italia che si vanta troppo spesso di cose e di risultati che in realtà non ha mai raggiunto.
A 7 anni dall’ingresso nella zona EURO urge un radicale cambiamento nell’economia del Paese che ha fortemente bisogno di Governi che controllino e che calmierino la situazione già appesantita e aggravata di un’economia in affanno.
Dal Pubblico Impiego al Commercio, tutto ha bisogno di un nuovo sostegno, di una nuova spinta rinnovatrice e di cambiamento radicale che oggi tarda a venire.
Alexander Mitrokhin

sabato 14 febbraio 2009

L'intervista a Jovanotti. Cantante global...

Abbiamo intervistato Lorenzo "Jovanotti" Cherubini alla vigilia del suo debutto statunitense, che lo vedra' esibirsi il 18 ed il 19 febbraio a New York. Con lui abbiamo discusso di musica, del suo pubblico, del suo rapporto con Internet e del nuovo presidente americano Obama.
Dicono che il tuo nome d’arte, Jovanotti, vine da Joe Vanotti, un nome che sembra italo-americano. Quando e come mai l’hai scelto?
“Un po’ per caso. Poi come spesso succede con le cose fatte un po’ con leggerezza ti rimangono attaccate per tutta la vita. Ma ne sono contento, perchè è un nome che mi ha portato davvero molta fortuna. Tra l’altro è vero quello che dici: la mia scelta era Joe Vanotti. Chiamai al telefono il grafico che stava preparando la copertina del mio primo disco per comunicarglielo e per errore lui scrisse “Jovanotti”. Quando vidi la copertina stampata, poi, decisi di lasciarlo cosi. Mi piaceva.”
Che rapporto hai con gli italiani all’estero ed in particolare con la comunità italo-americana?
“Come tutti gli italiani, o quasi tutti, avevo anche io un parente in America. Mia zia era emigrata in Canada e viveva a Montreal. Quando ero bambino questa zia per me era un mito, mi mandava tanti regali e, soprattutto, le scarpe da ginnastica “americane”. Le aspettavo sempre! Non ci vedevamo spesso, ma mia madre, mia nonna, andavano a trovarla di tanto in tanto. Quindi ho sempre sentito questo legame forte con l’America, rappresentava il mio secondo Paese.
Il mio amore per questa terra si è poi rafforzato quando ho deciso di intraprendere la carriera artistica e trovai nella musica americana un importante punto di riferimento.”
Con i concerti di New York del 18 e 19 febbraio farai il tuo debutto negli Stati Uniti. Come mai hai scelto proprio questa città?
“Pur essendo il mio primo concerto qui, la sento come “la mia citta’”. Sento di appartenerle e per questo vengo qui almeno almeno una volta all’anno. L’ho visitata per la prima volta nel 1989 e quando scesi da quell’aereo mi sentii per la prima volta a casa. Ero arrivato in un posto che già conoscevo bene, pur non avendolo mai visitato. Ero cresciuto ascoltando la sua musica, il rap, e sono stato il primo a presentare questo genere in Italia. Questo trampolino di lancio mi ha aiutato ad arrivare dove sono oggi. Perciò sento di dovere molto a New York.”
Quali sono i tuoi artisti americani di riferimento?
“Potrei citarne a migliaia. Ma probabilmete i più importanti per me sono stati i Beastie Boys, i Public Enemy e i Talking Heads, tutti di New York. Ed ancora i Run-DMC, un gruppo hip-hop del Queens. Amo il suono latino di Harlem, il funk influenzato dai ritmi partoricani e la black music. Come vedi, molta della mia musica trova radici in questa città.”
Con quale cantante vorresti duattare qui negli Stati Uniti?
“Mi piacerebbe che Chuck D. dei Public Enemy venisse ad un mio concerto. Loro sono stati sicuramente il gruppo rap più importante per la mia generazione. Incontrai Chuck anni fa. In un’intervista che ha realizzato in Italia di recente ha detto di ricordarsi di me. Spero davvero che in futuro riusciremo a suonare insieme.”
Nella tua carriera sono stati molti i duetti e le collaborazioni artistiche. Da Pavarotti alla Nannini, per passare a Syria, Ron, i Negramaro. Quale ti ha emozionato di più?
Credo che siano stati tutti importanti, ognuno per un motivo diverso. Alcuni di queste, però, mi hanno anche permesso di stringere amicizie molto profonde. Quello con Giuliano dei Negramaro è un rapporto ricco per me, un continuo scambio e profondo. Soprattutto, però, sono felice di aver incontrato Luciano Pavarotti. Sono stato davvero fortunato: lo ritengo un personaggio storico ed ha sempre portato alta l’immagine dell’Italia nel mondo. La sua amicizia è stata preziosa per me.”
Che emozione vuoi donare al pubblico newyorkese?
“Mi definisco un cantante globale. Mi nutro di musiche di tutto il mondo, ma conservo una caratteristica italiana: riesco a coniugare melodia e rap, e lo faccio da anni. Qui in America non si usa e so che presenterò qualcosa di nuovo. Il mio spettacolo sarà molto mediterraneo, con un’impronta di rap e funk. Credo sarà un’esperienza interessante per un newyorkese”
Sul palco sei più un dj o un cantante?
“Sono un po’ di entrambi. Sono un dj quando organizzo e decido che scaletta proporre. Durante i miei spettacoli, poi, comunico molto con il mio pubblico. Voglio che si diverta! Nelle mie canzoni, invece, sono sempre più cantante. La mia passione per lo scrivere cresce ogni giorno di più, così come la mia voglia di cantare.’
I tuoi fan elaboreranno una quinta versione ufficiale di ‘Mezzogiorno’, il tuo nuovo singolo, e a loro hai dedicato un book fotografico che ripercorre il tuo tour ‘Safari’. Credi molto in loro. C’è una scelta artistica che hai fatto e che è stata direttamente dettata da questo particolare legame con il tuo pubblico?
"Sento un legame molto forte con il mio pubblico, è vero, ma cerco di mantenere sempre una certa indipendenza nelle scelte artistiche che faccio. Quando scrivo e realizzo i miei dischi dimentico di avere un pubblico. Le mie canzoni nascono da un piacere e da un’esigenza del tutto personale. Ma se i miei sogni e le mie passioni coincidono con quelle del pubblico per me è meraviglioso, vuol dire che c’è una sintonia.”
Da tempo curi un tuo blog personale, “Sole Luna”. Che rapporto hai con la tecnologia?
“Internet sta cambiando il mondo, e credo che la trasformazione sia ancora all’inizio. Grazie al mio blog riesco a comunicare con i miei fan, dovunque essi siano, e loro possono seguirmi scaricando e ascolando la mia musica dal loro computer. Anche se virtuale, il nostro rapporto è molto più diretto.
Utilizzo Internet anche molto al di la’ del mio blog. Mi informo quasi esclusivamente attraverso la rete e ormai quando compro un giornale di carta mi sembra di avere in mano un pezzo di passato.”
In un post del tuo blog hai citato William Blake: “Quando le porte della percezione si apriranno tutte le cose appariranno come realmente sono: infinite” . Utilizzeresti questa citazione anche per gli Stati Uniti di Obama? Cosa credi sia cambiato in questo Paese?
“Obama ha acceso anche in me un forte entusiasmo che ho condiviso con una folla incredibile a Washington il giorno dell’Inaugurazione. Lo sento anche un po’ il mio Presidente, lui è una figura globale. Le sue scelte avranno ripercussioni non solo in America ma anche nel resto del mondo, anche in Italia.
L’America aveva sofferto molto durante l’amministrazione Bush che l’aveva allontanata dall’immagine di terra di opportunità, di libertà. Ricordiamoci, tra l’altro, che nella costituzione degli Stati Uniti, c’è la parola “felicità’”. Poi l’entrata in scena di Obama ha fortunatamente contribuito ad accorciare questa distanza tra il Paese e gli ideali che ispira. Il nuovo Presidente incarna davvero il “sogno americano”, rappresenta la sconfitta dei cinici e la ricostituzione dello spirito democratico che anima questo popolo da sempre. Con lui l’America torna ad essere un mito per le nuove generazioni, la loro ‘land of opportunity’”.
Secondo te cosa ha davvero spinto la maggioranza degli statunitensi a votare Obama?
“I cittadini scelgono sempre il candidato che rispecchia più fedelmente i valori in cui credono. Credo che il fatto che sia stato eletto sia già un segno importante di cambiamento. In realtà credo che di questo dovremmo anche ringraziare l’amministrazione Bush. Vedo l’America come un bambino che, dopo la febbre alta, cresce più forte di prima. Esce fortificato da un distacco profondo con la precedente amministrazione. Ha avuto il coraggio di cambiare e imparare dal passato, al contrario dell’Italia che dopo quindici anni di Berlusconi non riesce ancora a voltare pagina. Obama non è l’antagonista di Bush, ma una novità. E’ questo che rende questa elezione cosi importante dal punto di vista storico e politico.”
Sulla rivista “Internazionale” hai scritto che la vittoria di Obama è potenzialmente più importante di quella di Kennedy e che rappresenta il momento storico del tuo tempo. Quale vorresti fosse quello della generazione di tua figlia Teresa?
“Mi piacerebbe che mia figlia e i suoi coatenei assistessero alla risoluzione di due problemi fondamentali che colpiscono tutti noi, sebbene in maniera diversa. Il primo è sicuramente quello della povertà: c’è ancora una fetta troppo importante della popolazione mondiale che ne soffre. Non è giusto che ci siano cosi tante differenze tra un bambino nato in un Paese povero e uno nato in uno ricco. Il secondo è quello della discriminazione: spero che si vada verso un mondo dove non sia più concepibile, che sia essa basata basata su fattori di razza, di colore o di sesso.”
E dopo i concerti a New York? Progetti…
“Tornerò a scrivere e mi dedicherò ad un nuovo disco. Studierò, leggerò, farò le cose che più mi piacciono, rintanandomi nella mia vita. Fuori dai riflettori.”

I Concerti di Jovanotti a New York:

18 Febbraio 2009 (20:00): Highline Ballroom (431 W 16th St, New York, NY 1001)19 Febbraio 2009 (20:30): Le Poisson Rouge (158 Bleecker St, New York, NY, 10012)

Jovanotti incontrera' il suo pubblico all''Istituto Italiano di Cultura (686 Park Avenue, New York, NY 10065) il 19 Febbraio (18:00) e un gruppo di studenti della New York University il giorno successivo alla Casa Italiana Zerilli Marimo'.

Novità! La 55DSL invita il pubblico ad una performance gratuita di Jovanotti il 17 febbraio dalle 18:00 alle 21:00 presso la sua sede newyorkese a Soho (281 Lafayette Street). Drink gratis per tutti! Per maggiori informazioni contattare il press office della 55DSL al numero 212 255 6603

sabato 17 maggio 2008

I demoni rossi...

(La copertina del libro "I demoni rossi")

Di Daniele Lembo - E’ in uscita, per i tipi della MA.RO EDITRICE di Copiano (PV), il nuovo libro Daniele Lembo dal titolo “I DEMONI ROSSI”.Il prolifico Giornalista e saggista, nel suo nuovo lavoro tratta dei mezzi corazzati italiani nel secondo conflitto mondiale. Il titolo Demoni Rossi è mutuato dall’inno dei carristi le cui parole sono, a dir poco, travolgenti:” Baldo carrista/lancia al vento del tuo cuore la canzone/ che è l’inno tuo di fede e di passione/per la tua Patria, per il Re, per il tuo Duce. E canta il core/l’accompagna col suo ritmo anche il motore/ dice a chi lo guida nel cimento:“ Demone rosso avanti tu sei fra tutti quanti il re dell’ardimento”Secondo l’autore, il tema della preparazione bellica italiana nel secondo conflitto mondiale è stato più volte affrontato dando vita, purtroppo, a tesi storiche basate più su luoghi comuni e sui “sentito dire” che su un serio e coscienzioso studio delle passate vicende nazionali. In troppi hanno affrontato gli studi storici avvalendosi di notizie frammentarie e spesso partigiane in quanto frutto, il più delle volte, della radicata e compiaciuta abitudine di parlare male di tutto ciò che è avvenuto in Italia nel Ventennio fascista. Un modo di fare che ha trasformato la Storia di quella guerra italiana in una sorta di racconto mitologico. Come quel conflitto sia poi andato a finire è cos a nota a tutti. La guerra fu persa e, se è vero che anche nella sconfitta bisogna essere capaci di mantenere la dignità, c’è da dire che quella guerra non fu persa nel migliore dei modi. Nel dopoguerra, in molti si sarebbero improvvisati strateghi e tutti costoro si sarebbero rivelati infallibili nella scienza dei “ma” e dei “se”, indicando con certezza quali erano stati gli errori che si sarebbero dovuti accuratamente evitare nel conflitto passato. Tutti questi esperti militari del giorno dopo sarebbero stati accomunati dal fatto di voler spiegare le ragioni della sconfitta con l’insufficiente e vetusto armamento ed equipaggiamento delle Forze Armate Italiane. Con il tempo, poi, che la disfatta fosse stata causata dai carri armati di latta e dai biplani di legno è diventata una professione di fede dell’intero popolo italiano, insomma una sorta di dogma storico/religioso nazionale. Per il vasto pubblico, quindi, la seconda guerra mondiale è e resterà lo scontro bellico al quale gli uomini del Regio Esercito presero parte calzati di scarpe fatte di cartone e armati con fucili ‘91 e carri armati giocattolo, meglio conosciuti come “scatole di sardine”.A fronte di un modo di fare Storia per luoghi comuni, ma che rischiano di sostituire alla Storia una vulgata popolare, con questo nuovo lavoro, Daniele Lembo intende fornire al lettore almeno una chiave di lettura che lo metta in condizione di comprendere, con maggiore serenità, quale fu la realtà italiana dei mezzi e delle forze corazzate in quel conflitto. E’ un tentativo esperito da Lembo, di fornire un piccolo e sereno contributo alla verità storica. Il volume si articola in dodici capitoli. Nel primo capitolo si tratta dell’impiego dei carri in Africa Orientale e in Spagna e, in particolare, del Carro Veloce italiano. Dal capitolo secondo al sesto i temi affrontati sono: La dottrina circa l’impiego dei carri armati e la situazione in Italia in vista del conflitto; I primi combattimenti sul fronte delle Alpi e su quello africano; La guerra in Africa settentrionale; L’attacco all’Italia e la caduta del Fascismo; l’Armistizio e l’impiego dei carri da parte delle Forze Armate della Repubblica Sociale Italiana. Dopo aver affrontato l’argomento dei carri stranieri valutati dal Regio Esercito, quelli di preda bellica e dell’acquisizione di carri armati tedeschi, nel capitolo ottavo e nono, l’autore, dedica spazio ad alcune considerazioni sui carri italiani e sulla produzione nazionale. Quasi come un appendice, i due ultimi capitoli sono dedicati ai treni armati italiani nel periodo tra le due guerre e nel secondo conflitto mondiale. Si tratta di un’opera agevole che, in poco più di cento pagine, sviluppa l’argomento in modo gradevole e leggibile. Il libro ruota intorno ad un assioma, secondo il quale la quale i mezzi corazzati italiani, quando furono guidati da mani esperte, impiegati in massa e non si trovarono in condizioni di scandalosa inferiorità numerica, non sfigurarono di fronte al nemico. Ne fu prova la vittoria a Bir El Gobi, dove si dimostrò ch e la Divisione italiana Ariete poteva, se impiegata in battaglia nei dovuti modi, contrastare e sconfiggere le forze corazzate britanniche, anche quando queste erano in evidente sovrannumero. In conclusione, si tratta di un lavoro destinato ai giovani perché sappiano e ricordino chi, in quella guerra, è rimasto sotto la neve di Russia, soldato di ghiaccio, o a sentinella in un mare di sabbia, a fare la guardia al sogno di una Patria più grande e più bella. La finalità dell’opera è resa chiara dalla dedica del libro: “Verso le ore 15,30 della giornata in cui i carri della Divisione Ariete sostennero quello che fu il loro ultimo combattimento a El Alamein, un ufficiale carrista avrebbe inviato il seguente messaggio radio: =Carri armati nemici fatta irruzione a sud; Ariete accerchiata . Trovasi circa cinque km. N-O Bir el Abd. Carri Ariete Combattono=.Questo libro è dedicato a quell’uomo, ma è dedicato anche a mio figlio Matteo e ai suoi amici sperando che imparino che nella vita non è necessario vincere, ma è indispensabile combattere e mantenere fede agli impegni del dovere e dell’onore.”
L'opera si avvale delle illustrazioni a cura dell’ottimo Sergio Pietruccioli, i cui lavori sono visionabili sul sito : http://www.cestra.eu/franco/MilitaryInPictures/chisiamo.htm
Per contattare l’autore: danielelembo@email.it Per contattare Sergio Pietruccioli: sergio.pi46@gmail.comEdizioni MA.RO. EDITRICE .- Copiano, costo Euro 20.

domenica 20 aprile 2008

Gabriele D'Annunzio...in breve chi era il "Vate" d'Italia! L'uomo d'azione!

Amando definire «inimitabile» la sua vita, Gabriele D'Annunzio costruisce intorno a sé il mito di una vita come un'opera d'arte.
Gabriele D'Annunzio nasce a Pescara il 12 marzo 1863 da famiglia borghese, che vive grazie alla ricca eredità dello zio Antonio D'Annunzio. Compie gli studi liceali nel collegio Cicognini di Prato, distinguendosi sia per la sua condotta indisciplinata che per il suo accanimento nello studio unito ad una forte smania di primeggiare. Già negli anni di collegio, con la sua prima raccolta poetica Primo vere, pubblicata a spese del padre, ottiene un precoce successo, in seguito al quale inizia a collaborare ai giornali letterari dell'epoca. Nel 1881, iscrittosi alla facoltà di Lettere, si trasferisce a Roma, dove, senza portare a termine gli studi universitari, conduce una vita sontuosa, ricca di amori e avventure. In breve tempo, collaborando a diversi periodici, sfruttando il mercato librario e giornalistico e orchestrando intorno alle sue opere spettacolari iniziative pubblicitarie, il giovane D'Annunzio diviene figura di primo piano della vita culturale e mondana romana.
Dopo il successo di Canto novo e di Terra vergine (1882), nel 1883 hanno grande risonanza la fuga e il matrimonio con la duchessina Maria Hardouin di Gallese, unione da cui nasceranno tre figli, ma che, a causa dei suoi continui tradimenti, durerà solo fino al 1890. Compone i versi l'Intermezzo di rime ('83), la cui «inverecondia» scatena un'accesa polemica; mentre nel 1886 esce la raccolta Isaotta Guttadàuro ed altre poesie, poi divisa in due parti L'Isottèo e La Chimera (1890).
Ricco di risvolti autobiografici è il suo primo romanzo Il piacere (1889), che si colloca al vertice di questa mondana ed estetizzante giovinezza romana. Nel 1891 assediato dai creditori si allontana da Roma e si trasferisce insieme all'amico pittore Francesco Paolo Michetti a Napoli, dove, collaborando ai giornali locali trascorre due anni di «splendida miseria». La principessa Maria Gravina Cruyllas abbandona il marito e va a vivere con il poeta, dal quale ha una figlia. Alla fine del 1893 D'Annunzio è costretto a lasciare, a causa delle difficoltà economiche, anche Napoli.
Ritorna, con la Gravina e la figlioletta, in Abruzzo, ospite ancora del Michetti. Nel 1894 pubblica, dopo le raccolte poetiche Le elegie romane ('92) e Il poema paradisiaco ('93) e dopo i romanzi Giovanni Episcopo ('91) e L'innocente ('92), il suo nuovo romanzo Il trionfo della morte. I suoi testi inoltre cominciano a circolare anche fuori dall'Italia.
Nel 1895 esce La vergine delle rocce, il romanzo in cui si affaccia la teoria del superuomo e che dominerà tutta la sua produzione successiva. Inizia una relazione con l'attrice Eleonora Duse, descritta successivamente nel romanzo «veneziano» Il Fuoco (1900); e avvia una fitta produzione teatrale: Sogno d'un mattino di primavera ('97), Sogno d'un tramonto d'autunno, La città morta ('98), La Gioconda ('99), Francesca da Rimini (1901), La figlia di Jorio (1903).
Nel '97 viene eletto deputato, ma nel 1900, opponendosi al ministero Pelloux, abbandona la destra e si unisce all'estrema sinistra (in seguito non verrà più rieletto). Nel '98 mette fine al suo legame con la Gravina, da cui ha avuto un altro figlio. Si stabilisce a Settignano, nei pressi di Firenze, nella villa detta La Capponcina, dove vive lussuosamente prima assieme alla Duse, poi con il suo nuovo amore Alessandra di Rudinì. Intanto escono Le novelle della Pescara (1902) e i primi tre libri delle Laudi: Maia, Elettra, Alcyone (1903).
Il 1906 è l'anno dell'amore per la contessa Giuseppina Mancini. Nel 1910 pubblica il romanzo Forse che sì, forse che no, e per sfuggire ai creditori, convinto dalla nuova amante Nathalie de Goloubeff, si rifugia in Francia.
Vive allora tra Parigi e una villa nelle Lande, ad Arcachon, partecipando alla vita mondana della belle époque internazionale. Compone opere in francese; al «Corriere della Sera» fa pervenire le prose Le faville del maglio; scrive la tragedia lirica La Parisina, musicata da Mascagni, e anche sceneggiature cinematografiche, come quella per il film Cabiria (1914).
Nel 1912, a celebrazione della guerra in Libia, esce il quarto libro delle Laudi (Merope. il quinto, Asterope, sarà completato nel 1918 e i restanti due, sebbene annunciati, non usciranno mai). Nel 1915, nell'imminenza dello scoppio della prima guerra mondiale, torna in Italia. Riacquista un ruolo di primo piano, tenendo accesi discorsi interventistici e, traducendo nella realtà il mito letterario di una vita inimitabile, partecipa a varie e ardite imprese belliche, ampiamente autocelebrate. Durante un incidente aereo viene ferito ad un occhio. A Venezia, costretto a una lunga convalescenza, scrive il Notturno, edito nel 1921.
Nonostante la perdita dell'occhio destro, diviene eroe nazionale partecipando a celebri imprese, quali la beffa di Buccari e il volo nel cielo di Vienna. Alla fine della guerra, conducendo una violenta battaglia per l'annessione all'Italia dell'Istria e della Dalmazia, alla testa di un gruppo di legionari nel 1919 marcia su Fiume e occupa la città, instaurandovi una singolare repubblica, la Reggenza italiana del Carnaro, che il governo Giolitti farà cadere nel 1920. Negli anni dell'avvento del Fascismo, nutrendo una certa diffidenza verso Mussolini e il suo partito, si ritira, celebrato come eroe nazionale, presso Gardone, sul lago di Garda, nella villa di Cargnacco, trasformato poi nel museo-mausoleo del Vittoriale degli Italiani. Qui, pressoché in solitudine, nonostante gli onori tributatigli dal regime, raccogliendo le reliquie della sua gloriosa vita, il vecchio esteta trascorre una malinconica vecchiaia sino alla morte avvenuta il primo marzo 1938.




Il Manifesto del Futurismo!

Il futurismo ha una data di nascita precisa: il 20 febbraio 1909. In quel giorno, infatti, Marinetti pubblicò sul «Figaro», giornale parigino, il Manifesto del Futurismo. In questo scritto sono già contenuti tutti i caratteri del nuovo movimento. Dopo una parte introduttiva, Marinetti sintetizza in undici punti i principi del nuovo movimento.
Noi vogliamo cantar l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità.
Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno.
Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.
Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.
Bisogna che il poeta si prodighi, con ardore, sfarzo e magnificenza, per aumentare l’entusiastico fervore degli elementi primordiali.
Non v’è più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo.
Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!… Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell’Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell’assoluto, poiché abbiamo già creata l’eterna velocità onnipresente.
Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertarî, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica.
Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole pei contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l’orizzonte, le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.
In un altro suo scritto, Marinetti disse come doveva essere l’artista futurista.
«Chi pensa e si esprime con originalità, forza, vivacità, entusiasmo, chiarezza, semplicità, agilità e sintesi. Chi odia i ruderi, i musei, i cimiteri, le biblioteche, il culturismo, il professoralismo, l’accademismo, l’imitazione del passato, il purismo, le lungaggini e le meticolosità. Chi vuole svecchiare, rinvigorire e rallegrare l’arte italiana, liberandola dalle imitazioni del passato, dal tradizionalismo e dall’accademismo e incoraggiando tutte le creazioni audaci dei giovani».
L’adesione al futurismo coinvolse molte delle giovani leve di artisti, tra cui numerosi pittori che crearono nel giro di pochi anni uno stile futurista ben chiaro e preciso. Tra essi, il maggior protagonista fu Umberto Boccioni al quale si affiancarono Giacomo Balla, Gino Severini, Luigi Russolo e Carlo Carrà.
Il movimento ebbe due fasi, separate dalla prima guerra mondiale. Lo scoppio della guerra disperse molti degli artisti protagonisti della prima fase del futurismo. Boccioni morì nel 1916 in guerra. Carrà, dopo aver incontrato De Chirico, si rivolse alla pittura metafisica e come lui, altri giovani pittori, quali Mario Sironi e Giorgio Morandi, i cui esordi erano stati da pittori futuristi.
Nel dopoguerra il carattere di virile forza di questo movimento finì per farlo integrare nell’ideologia del fascismo, esaurendo così la sua spinta rinnovatrice e finire paradossalmente assorbito negli schemi di una cultura ufficiale e reazionaria. La sua rivalutazione sta avvenendo solo da pochi anni e solo dopo che soprattutto la storiografia inglese ha storicamente rivalutato questo fenomeno artistico.
Uno dei tratti più tipici del futurismo è proprio la grande produzione di manifesti. Attraverso questi scritti gli artisti dichiaravano i propri obiettivi e gli strumenti per ottenerli. Essi risultano, quindi, molto importanti per la comprensione del futurismo. Da essi è possibile non solo valutare le intenzioni degli artisti, ma anche in che misura le intenzioni si sono attuate nella loro produzione reale.
Il primo manifesto sulla pittura futurista risale al 1910. A firmarlo furono Boccioni, Carrà, Russolo, Severini e Balla. In esso non si va molto oltre della semplici enunciazioni di principi che ricalcano gli obiettivi fondamentali del movimento.
La macchina è l’asse portante, è l’innovazione tecnologica di questo inizio secolo, è strumento di trasformazione della coscienza e della sensibilità umana.
In questo inizio d’epoca che va anche sotto il nome di “Bella epoque” si registrano profondi mutamenti:
Il 1905 è importante per il cinema – si gira “La presa di Roma” il primo film italiano a soggetto. Sempre in quest’anno fanno la prima apparizione:
la macchina del caffè espresso
l’orologio da polso
l’aspirina, un miracoloso antinevralgico e antinfluenzale della Bayer.

Futurismo: Marinetti e la rivista "Poesia"!


Nascita della rivista “Poesia”

L’avvocato di Voghera Enrico Marinetti, dopo aver sposato la milanese Amalia Grolli, si trasferisce ad Alessandria d’Egitto e si arricchisce notevolmente aprendo prima uno e poi diversi altri studi di civilista ad Alessandria e in altre città egiziane. Dalla coppia nascono due figli, Leone, il primogenito, e poi - il 22 dicembre 1876 - Filippo Tommaso. I ragazzi studiano in Egitto in scuole di lingua francese. Non appena i ragazzi hanno terminato gli studi liceali, forse per consentire loro di frequentare un’università italiana o forse perché ormai si era arricchita a sufficienza, la famiglia lascia l’Egitto e si trasferisce a Milano in via Senato 2, in un grande appartamento al primo piano della casa all’angolo con corso Venezia, tuttora esistente. L’appartamento viene arredato in stile moresco con oggetti acquistati in Oriente. I milanesi, colpiti dalle grandi disponibilità finanziarie dei Marinetti, sostengono malignamente che l’avvocato aveva fatto i soldi con la tratta delle bianche.
Siamo nel 1893, Leone e Tommaso si iscrivono, su insistenza del padre, alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Pavia, ma l’improvviso cambiamento di clima provoca ben presto una terribile tragedia. Leone, già sofferente di reumatismi, viene colpito da una forma acuta di artrite che gli danneggia il cuore e lo uccide. Per evitare altre tragedie, Tommaso viene mandato a studiare a Genova dove si laurea nel 1899. Tornato a Milano, Tom (così infatti era chiamato in famiglia) inizia a frequentare letterati e critici come Giovanni e Francesco Pozza, Sem Benelli, Guido da Verona e Umberto Notari. Il suo interesse va però prevalentemente a quanto sta succedendo a Parigi, fucina dei nuovi movimenti artistici “simbolista” e “umanista”. A Parigi pubblica nel 1902 un poema epico, La Conquête des Étoiles, che inizia a far circolare il suo nome in quell’ambiente, seguito a due anni di distanza da Destruction, sempre in francese.
Nel frattempo muore la madre. I due maschi superstiti, padre e figlio, decidono di dividere in due parti il grande appartamento di via Senato per acquistare entrambi una maggiore libertà d’azione, specialmente in caso di avventure galanti. Tom però non pensa solo alle donne e decide di utilizzare il suo nuovo spazio per avviare un’iniziativa editoriale di prestigio che gli consenta di essere maggiormente conosciuto in Italia e all’estero. Fonda perciò nel 1904 una rivista letteraria dal nome molto sintetico e diretto - “Poesia” - il cui primo numero esce nel gennaio 1905. E’ una pubblicazione molto elegante, dal formato grande, quasi quadrato, stampata su una splendida carta a mano a caratteri grandi. La copertina, che cambia colore ad ogni numero, è disegnata dall’incisore Alberto Martini di Oderzo. Vi compare raffigurata una rupe che si leva su un piano coperto di sozze figure striscianti nel fango. Sulla vetta una figurina di donna nuda (la Poesia) con in mano un arco che ha colpito con una freccia il mostro padre-madre che sta allattando un mostriciattolo. Non abbiamo purtroppo riferimenti espliciti sul significato preciso del mostro a tre teste in lotta con la Poesia. Le illustrazioni nelle pagine interne della rivista sono molto scarse. Compaiono di tanto in tanto dei ritratti a penna realizzati da Ugo Valeri.
La rivista doveva uscire ogni mese al prezzo di una lira per numero. Di fatto usciranno molti numeri doppi o tripli ma di notevole spessore per compensare gli abbonati. La rivista, che porta il sottotitolo di “Rassegna internazionale” contiene realmente molti contributi poetici stranieri, soprattutto francesi e mira principalmente a sprovincializzare l’ambiente letterario italiano, seguendo un filone tipicamente milanese, inaugurato mezzo secolo prima da Carlo Cattaneo e Carlo Tenca. Malgrado la violenta copertina, mancano invece gli accenti polemici, anzi, Marinetti mira soprattutto a farsi accettare da tutti gli ambienti letterari italiani ai quali la pubblicazione è diretta ed è molto scrupoloso nell’assicurarsi la presenza di ciascuna delle diverse tendenze.
Sulla copertina dei primi sette numeri figurano come direttori, oltre a Marinetti, anche Sem Benelli e Vitaliano Ponti, ma la loro collaborazione cesserà a partire dal n. 8 del 1906. Comunque il lavoro organizzativo è assicurato da due fedelissimi di Marinetti, Elisa Spada per la parte amministrativa e Decio Cinti per quella redazionale.
Pur impegnato in questa iniziativa, Marinetti continua a tenere strette relazioni con Parigi dove nel 1905 viene pubblicata e rappresentata la sua prima opera teatrale, la tragedia satirica Roi Bombace (Re Baldoria). Il dramma è dedicato “Ai grandi cuochi della felicità universale: Filippo Turati, Enrico Ferri e Arturo Labriola”. Marinetti aveva partecipato ai grandi comizi di Milano svoltisi in occasione dello sciopero generale del settembre 1904 e ne aveva tratto una sua filosofia sociale che vedeva il mondo diviso “tra chi mangia troppo e chi mangia troppo poco”. Qualsiasi rivoluzione comunque avrebbe riportato le cose, prima o dopo, a questo punto di partenza.
Milano in questi anni sta attraversando un periodo di grande travaglio politico. Le lotte sociali portano nel 1906 alla formazione della Confederazione Generale del Lavoro e della Lega degli industriali. Cominciano a circolare “gli automobili” (allora si usava il maschile) e i primi aeromobili. Il traforo del Sempione e molte altre innovazioni tecnologiche esplodono nell’Esposizione internazionale del 1906 al Parco Sempione. L’Umanitaria, forte dei milioni ereditati da Moisè Loria, costruisce il Quartiere Solari, il primo esempio moderno di edilizia popolare mentre al Teatro Dal Verme la borghesia è estasiata dalla Vedova allegra di Franz Lehar.
Il 1906 è anche l’anno dello scandalo seguito alla pubblicazione del romanzo Quelle signore di Umberto Notari accusato di oltraggio al pudore. Marinetti interviene al processo come esperto per attestare il carattere artistico dell’opera, mentre tra gli avvocati difensori si mette in luce Cesare Sarfatti, un socialista veneziano da poco arrivato a Milano con la moglie Margherita (vedi in questo sito), grande appassionata d’arte. E’ il preludio ad un secondo processo, ancora più famoso, che toccherà direttamente Marinetti nel 1910.


Il primo gruppo di poeti

Tra i primissimi collaboratori di “Poesia” vanno ricordati soprattutto due poeti, che sono ancora oggi figure di primo piano della letteratura italiana del Novecento: Gian Pietro Lucini (vedi schede ) e Paolo Buzzi (vedi schede ).
Gian Pietro Lucini nasce a Milano nel 1867 e rappresenta un ponte tra la seconda Scapigliatura milanese e le nuove tendenze di rottura del nuovo secolo. Gravemente ammalato di tubercolosi ossea che lo aveva costretto a farsi amputare una gamba, Lucini è un personaggio anomalo nell’ambiente milanese, fortemente critico nei confronti della cultura ufficiale. L’incontro con Marinetti lo spinge verso un maggiore sperimentalismo che sfocerà nella sua proposta del Verso libero, prima pietra fondamentale della futura poesia futurista. Paolo Buzzi, nato nel 1874 e quasi coetaneo di Marinetti, diventa ben presto molto amico dell’estroso poeta di Alessandria. Laureato in legge e poi avvocato. Entra quasi subito nell’Amministrazione Provinciale di Milano e inizia una brillante carriera di funzionario che lo porterà in pochi anni a ricoprire la carica di Primo Segretario. Con Marinetti inizia una doppia vita che lo vedrà impeccabile funzionario di giorno e (prudentemente) scatenato futurista di notte.
Nel 1907 muore il padre di Marinetti e l’appartamento di via Senato 2 viene riunito. In quell’occasione Marinetti fa togliere dalla casa tutti gli specchi compreso quello dello sportello di un grande armadio che viene sostituito con un pannello decorato. Aveva infatti il terrore degli specchi rotti tanto che in viaggio portava con sè soltanto uno specchio di acciaio.
Grazie alla maggiore disponibilità economica acquisita in seguito all’eredità, Marinetti può allargare le attività della rivista, della quale diventa caporedattore l’amico Buzzi. Per aggregare nuove voci attorno al ristretto gruppo degli amici iniziali, organizza concorsi per giovani poeti. Il premio per il migliore libro di versi era di L. 3000, una cifra molto elevata che corrisponde a più di 50 milioni di oggi. La prima gara è vinta da Emilio Zanetti, la seconda da Enrico Cavacchioli (vedi scheda) con L’incubo velato. I testi vincenti vengono pubblicati dalla stessa rivista che inizia così una propria attività editoriale. I libri avevano copertine semplici senza fronzoli, destinate a colpire con il titolo. A partire dal 1907 uno dei compiti principali della rivista diventa quello di pubblicizzare, anche mediante brevi anticipazioni, le nuove pubblicazioni e principalmente quelle di Lucini, di Buzzi e di Cavacchioli.

Muore la rivista e nasce il nuovo
Movimento futurista

Nella primavera del 1908, Marinetti accetta l’invito a partecipare ad una manifestazione irredentista a Trieste dove porta tutto il suo entusiasmo e la sua euforia. Al suo ritorno a Milano decide di prendere la patente di guida e di acquistare un automobile. Alla prima uscita da Milano capita però un incidente che poteva essere molto grave, ma che è ritenuto da Marinetti il fattore scatenante grazie al quale nascerà il movimento futurista. L’episodio è riportato nel testo del celebre Manifesto del Futurismo pubblicato in francese sul giornale “Figaro” del 20 febbraio 1909 e ripubblicato da “Poesia” nel numero 1-2 dello stesso anno (vedi Appendice). Nel Manifesto l’episodio è raccontato con molte “licenze poetiche”. Un racconto più veritiero anche se espresso nel suo geniale linguaggio futurista ce lo fornisce lo stesso Marinetti nel suo ultimo libro, La grande Milano tradizionale e futurista:
Non sono versi liberi ma parole in libertà i ruggiti del tubo di scappamento della mia centocavalli che senza sapere guidare guido in vie deserte o spaventate fin in Piazza d'Armi
Velocità crescente e impeto del motore che vuole strapparmi il volante dalle mani mie fragili di poeta
Nessuno davanti al mio slancio ed è un inaspettato lirismo che spalanca orizzonti sbaraglia a destra e a sinistra caseggiati che il sogno sonno immensifica
Rasentare un canale di fangosa acqua d'officina e scorgere a 100 metri due incauti ciclisti già promessi alla furente ingordigia delle mie ruote ed eccomi pietoso al punto di rosicchiare colle mie ruote di destra l'orlo del fosso mentre ricordo d'aver letto la morte del mio amico Simon parigino sventratosi in un rovesciamento d'automobili
Istintivamente per questo scarto il mio ventre dal volante quando sento planetariamente capovolgersi lenta meno lenta prestissimo la mia centocavalli su me
Tattilismo olfattivo di mota bava mentastri petrolio untume forfora sudori olio benzina sterpi fieno moscaio formicaio scorie limature carbone con il corpo inerte di 80 chili del meccanico a caldo liquido premente sempre più quintale
Atroce impasto che spera dispera
E sotto sotto sotto torcersi di una seconda imbottitura tattile di plumbeo destino che ha sapore-odore di aceto melassa spinaci in bocca e nei bronchi catarri a furente tubo di scappamento e acidi gas fischianti corpo a corpo collo smisurato cetaceo ruote all'aria roteanti
Pesantissimo cielo che mi schiaccia coi suoi blocchi di cobalto
No no no no non dilaniarmi la schiena
Faticosamente a rantoli mentre operai accorrono
- Prest prest ciapa i cord che se dev tirà su i reud prima che el motor ciapa feug Giovan porta el cric e i cord
- Sunt mort sotta prest tira su
Mi estraggono straccio fangoso elettrizzato da una gioia acutissima che collauda con spasimosi rigurgiti di orgoglio volitivo il Futurismo
Orestano la definirà giustamente poesia ad ogni costo ...
(da La grande Milano..., p. 88)
Salvo per miracolo e medicato alla meglio, parte per un lungo viaggio in Europa al ritorno dal quale, l’11 ottobre 1908, riesce a racchiudere le sue idee in un’unica parola: Futurismo. Il primo nome che aveva pensato per il movimento era “elettricismo”, ma temeva che li avrebbero chiamati “elettricisti”. Poi “dinamismo”, ma anche questo non era proprio soddisfacente.
Il fatto che sia stato pensato il giorno 11 ci ricorda inoltre che questo numero, e i suoi multipli, era considerato “fausto” da Marinetti. Molte sue successive pubblicazioni, e soprattutto i vari Manifesti, portano infatti la data dell’11. (Manifesti futuristi on line )
Il manifesto del nuovo movimento, come si è detto, verrà pubblicato per la prima volta da “Le Figaro” il 20 febbraio 1909. In realtà doveva essere pubblicato prima dalla rivista “Poesia”, ma il terremoto di Messina (28 dicembre 1908) lo convince a rinviare l’annuncio di un mese perché l’attenzione di tutti era concentrata in quel momento sul tragico avvenimento. Una preoccupazione superflua perché nessun giornale in Italia registra la nuova iniziativa culturale che fu del tutto ignorata dall’opinione pubblica. Solo alcuni letterati entusiasti vi aderiscono e inviano alla rivista il loro plauso e le loro opere. Il gruppetto iniziale di poeti si arricchisce così di nuovi nomi, tra i quali troviamo Aldo Palazzeschi, Luciano Folgore, Auro d’Alba e Libero Altomare. Anche i poeti del vecchio gruppo, come rinvigoriti dalla nascita del movimento, pubblicano in quest’anno alcune delle loro opere migliori. Paolo Buzzi pubblica Aeroplani, Enrico Cavacchioli Le ranocchie turchine, Gian Pietro Lucini Revolverate.Quest’ultimo titolo viene suggerito a Lucini da Marinetti che lo convince ad accettarlo dopo molte insistenze e sapienti “ruffianerie”. Sarà però l’ultima volta che Lucini si farà convincere. Staccatosi dal movimento in disaccordo con la violenta requisitoria contro gli amati musei e biblioteche, Lucini si ritira a Breglia sul lago di Como dove muore nel 1914 a soli 47 anni.
Marinetti dal canto suo pubblica a Parigi il suo libro più famoso: Mafarka le Futuriste.
Con il 1909 la rivista cessa le pubblicazioni e si trasforma in Casa editrice mentre il movimento futurista, che all’estero aveva già cominciato a suscitare un certo interesse, si prepara a decollare.

Il Futurismo

Il 1910 è l’anno del trionfo futurista. In gennaio Marinetti conosce Umberto Boccioni che porta nel gruppo anche gli amici Luigi Russolo e Carlo Carrà, con i quali frequentava il Caffè del Centro in via Carlo Alberto. Sempre attraverso Boccioni entreranno nel movimento anche il suo maestro Balla che stava a Roma e l’amico Severini che risiedeva da qualche anno a Parigi. Il nuovo gruppo firma l’11 febbraio il Manifesto dei pittori futuristi che viene stampato e diffuso in migliaia di copie. Marinetti intanto, dall’inizio dell’anno ha avviato il programma delle “Serate futuriste”, una serie di interventi provocatori in alcuni dei maggiori teatri italiani per scuotere l’opinione pubblica ed arrivare finalmente a far parlare i giornali del Futurismo. Il programma inizia il 12 gennaio dal Politeama di Trieste. Il 15 febbraio al Teatro Lirico di Milano Palazzeschi (vedi scheda) declama le poesie Fontana malata (vedi testo on line) e L’orologio, ma il putiferio si scatena alla lettura delle liriche di Paolo Buzzi scritte in onore del tenente generale Asinari di Bernezzo, che era stato messo a riposo per punizione dopo un suo violento discorso antiaustriaco. La rissa dentro e fuori il teatro non si verifica quindi per motivi estetici, ma tra persone favorevoli o contrarie alle lotta per la liberazione di Trento e Trieste. Paolo Buzzi in ogni caso, per la carica pubblica che ricopriva, deve tenersi prudentemente tra le quinte.
Il programma delle manifestazioni futuriste continua l’8 marzo al Teatro Chiarella di Torino dove Boccioni declama il Manifesto dei pittori futuristi al quale seguirà l’11 aprile un testo più dettagliato: il Manifesto tecnico della pittura futurista. Le manifestazioni pubbliche si concludono con uno spettacolare lancio di volantini dalla Torre dell’Orologio in piazza San Marco a Venezia. Il volantino, intitolato Contro Venezia passatista è una violenta requisitoria contro la mentalità tradizionalista.
Ormai il movimento è lanciato. In una piccola sezione di una mostra organizzata dalla Famiglia artistica a Milano compaiono in pubblico i primi quadri futuristi di Boccioni, Carrà e Russolo, tra i quali spicca Una baruffa, poi intitolato Rissa in galleria (Brera, Collezione Jesi), ancora post-impressionista nella tecnica ma già influenzato dal Futurismo nella ricerca del movimento e nel soggetto che racconta uno scontro avvenuto realmente tra pacifisti e nazionalisti. Balilla Pratella completa il quadro scrivendo il Manifesto dei musicisti tecnici, pubblicato l’11 gennaio 1911.
La campagna pubblicitaria a favore del Futurismo è degnamente completata dal processo che si apre l’8 ottobre 1910 contro la traduzione italiana del romanzo Mafarka il Futurista di Marinetti, accusato di oltraggio al pudore. Luigi Capuana interviene come tecnico citando una serie di classici licenziosi a dimostrazione della possibilità di convivenza tra arte ed erotismo. Tra gli avvocati spicca anche in questo caso Cesare Sarfatti, che tramite la moglie Margherita (amica, forse amante, di Boccioni) aveva ormai allacciato stretti legami con i futuristi. La stampa dà grande risalto al processo che si conclude con un’assoluzione in primo grado, seguita da una condanna a due anni e mezzo con la condizionale in Appello e in Cassazione.

Il trasloco da via Senato 2 alla Casa Rossa

Nel 1911 Marinetti trasloca da via Senato in un appartamento al primo piano della Casa Rossa, la grande casa dei fratelli Ciani decorata con modanature e rilievi in cotto di soggetto risorgimentale. Si trovava al numero 61 di corso Venezia, all’angolo con via Boschetti. Demolita nel 1928, è stata sostituita da un grande palazzo moderno che porta oggi il numero 37. Qui vengono trasportati anche tutti gli arredi orientali della famiglia compreso il grande armadio ormai privo dello specchio. E’ proprio durante questo trasloco che Balla vede l’armadio e si offre di ridecorarne il pannello di legno. Oggi questo celebre armadio appartiene ad una collezione americana.
Ormai il Futurismo è un caso nazionale. Il 30 aprile in un padiglione dismesso della ditta Ricordi si apre la Prima esposizione d’arte libera con 50 quadri futuristi di Boccioni, Carrà e Russolo. Boccioni espone Care puttane (La retata, Coll. privata) che solleva uno scandalo per il titolo. Espone anche uno dei suoi quadri più noti, La risata (New York, Museum of Modern Art) (vedi l'interpretazione del quadro), che viene sfregiato da un visitatore e parzialmente ridipinto. La mostra solleva moltissime critiche denigratorie dal parte della critica tradizionale, accolte con viva soddisfazione dal gruppo, ma anche critiche spiacevoli.
Il pittore toscano Ardengo Soffici li critica pesantemente sulla “Voce” del 22 giugno accusandoli di provincialismo e di non conoscere il cubismo, il movimento artistico più interessante sorto in quegli anni in Europa.
“... [i dipinti futuristi] non rappresentano in nessun modo una visione d’arte personalissima come forse crede qualche intrepido gazzettiere. No. Sono anzi sciocche e laide smargiassate di poco scrupolosi messeri, i quali vedendo il mondo torbidamente, senza senso di poesia, con gli occhi del più pachidermico maialaio d’America, voglion far credere di vederlo fiorito e fiammeggiante, e credono che lo stiaffar colore da forsennati su un quadro di bidelli d’Accademia, o il ritirare in piazza il filacciume del divisionismo, questo morto errore segantiniano, possa far riuscire il loro gioco al cospetto della folla babbea.”
La reazione è rabbiosa. Viene organizzata una spedizione punitiva a Firenze che viene così descritta da Carrà nelle sue memorie:
“Giunti, ci recammo guidati da Palazzeschi al Caffè delle Giubbe Rosse, dove sapevamo di trovare il gruppo vociano. Ben presto infatti ci fu indicato Soffici e Boccioni lo apostrofò: E’ lei Ardengo Soffici? alla risposta affermativa volò uno schiaffo. Soffici reagì energicamente tirando colpi a destra e a sinistra col suo bastone. In breve il pandemonio fu infernale: tavolini che si rovesciavano trascinando con sè i vassoi carichi di bicchieri e di chicchere, vicini che scappavano gridando, camerieri che accorrevano per ristabilire l’ordine; e arrivò anche un commissario di polizia che si interpose facendo cessare la mischia.”
L’ostilità tra i futuristi e i vociani perdurerà ancora per due anni e si placherà solo quando alcuni vociani usciranno dalla rivista per fondare “Lacerba”.
La critica però ha toccato un tasto dolente che induce i pittori futuristi a prendere atto del cubismo e ad abbandonare le ultime tracce di divisionismo ancora largamente presenti. Boccioni avvia la preparazione degli Stati d’animo, che alcuni ritengono il suo capolavoro. Anche Marinetti, sull’onda del successo-scandalo della pittura futurista, rilancia con Uccidiamo il chiaro di luna (vedi testo on line) e il Manifesto tecnico della letteratura futurista (vedi testo on line) più avanzate proposte letterarie. Il gruppo dei poeti è cresciuto ed è ormai possibile pubblicare l’antologia I poeti futuristi che raccoglie il meglio della loro produzione.
Intanto anche la politica italiana sta diventando sempre più “futurista”, vale a dire nazionalista e guerrafondaia. In settembre inizia la spedizione in Libia alla quale si aggrega Marinetti come corrispondente del giornale parigino “L’intransigeant”.
L’assenza di Marinetti da Milano consiglia di spostare all’anno successivo la grande mostra d’arte che si voleva organizzare a Parigi e che verrà inaugurata alla galleria Berheim Jeune nel febbraio del 1912. La mostra è accompagnata da un’importante prefazione scritta da Boccioni, Carrà, Russolo, Balla e Severini, nella quale si sottolineano le differenze rispetto al cubismo, che non conosce il dinamismo.
Boccioni espone La città che sale, (New York, Museum of Modern Art, bozzetto al CIMAC, Coll. Jesi), dipinto nel 1910-11, il primo suo quadro che cerca di attuare pienamente il programma futurista, gli Stati d’animo (CIMAC, New York), Visioni simultanee (Wuppertal, Var der Heydt Museum), La strada entra nella casa (Hannover, Sprengler Museum) tutti dipinti nel 1911. Lasciata Parigi, la mostra si sposta in tutte le principali città europee - Londra, Berlino, L’Aja, Amsterdam, Monaco, Amburgo - diffondendo sempre più il vangelo futurista, che ha già raggiunto l’arte della fotografia e che presto si estenderà alla scultura, al teatro e alla danza. La poesia futurista, superato il verso libero che sembra ormai troppo tradizionalista, scopre le “parole in libertà” una tecnica dove arte e poesia si fondono in un collage di parole e simboli disposti liberamente sul foglio. Carrà nel 1913 arriva a pubblicare La pittura dei suoni, rumori e odori (vedi il testo on line), dove tutto si mescola nel più assoluto disordine.

Dall’arte alla politica

Finita la guerra di Libia, una ben più grave tempesta si sta profilando all’orizzonte, non solo per l’Italia. L’anno 1914 segna per il movimento futurista il passaggio dalle teorie estetiche all’intervento politico. In quest’anno Balla, Carrà, Marinetti, Piatti, Russolo e Boccioni pubblicano il manifesto: Sintesi futurista della guerra. In settembre Marinetti, Boccioni e altri seguaci del movimento vengono arrestati durante una manifestazione interventista e restano per cinque giorni in carcere perché avevano bruciato in piazza del Duomo otto bandiere austriache. Nel febbraio del 1915 Marinetti è nuovamente arrestato a Roma durante una manifestazione interventista davanti al Parlamento. Con lui viene arrestato Mussolini, che Marinetti aveva conosciuto socialista nel salotto della Sarfatti in corso Venezia e che ora da qualche mese aveva rotto con i socialisti e si era lanciato in una campagna per l’intervento. I due si trovano ora a fianco nella stessa lotta, che li vedrà ancora in guardina assieme in aprile in seguito ai disordini scoppiati durante un’altra delle tante manifestazioni interventiste che si susseguono in tutta l’Italia.
Quando finalmente l’Italia decide di intervenire nel conflitto, Marinetti, Sant’Elia, Boccioni, Russolo, Carrà, Funi, Erba, Sironi e Piatti si arruolano nel “Battaglione lombardo volontari ciclisti” e partono per il fronte. In settembre passano negli alpini o in fanteria. La sorte disporrà molto diversamente per ciascuno di loro. Boccioni, tornato dal fronte in dicembre, utilizza i primi mesi del 1916 per sperimentare un nuovo tipo di pittura, molto lontana dal Futurismo. Dipinge il Ritratto del maestro Ferruccio Busoni (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), il Ritratto della Signora Busoni II (CIMAC) e il suo ultimo olio, la Natura morta (CIMAC) dove è evidente l’influsso di Cézanne. Richiamato alle armi in luglio, muore a Verona il 16 agosto in seguito a una caduta da cavallo.
Carrà, arruolatosi pieno di entusiasmo per la guerra, dopo molte peripezie burocratiche finisce col prestare servizio presso l’ospedale di Ferrara dove conosce De Chirico, Savinio e De Pisis assieme ai quali elabora la “pittura metafisica”, uno stile artistico agli antipodi del futurismo.
Antonio Sant’Elia, il giovane e geniale architetto che si era rivelato con una serie di disegni nel maggio del 1914, muore sul campo di battaglia il 10 ottobre 1917, a soli 29 anni. Luigi Russolo viene ferito sul Monte Grappa. Anche Marinetti viene ferito nel 1917 durante la battaglia del Kuk. Ritorna però a combattere, partecipando all’ultima campagna di Vittorio Veneto che pone termine alla guerra, dove prenderà una seconda medaglia al valore. Tornato a Milano, scrive il Manifesto del partito futurista italiano che dà il via alla fondazione dei Fasci futuristi a Ferrara, Firenze, Roma e Taranto.
I legami con Mussolini “il rivoluzionario” in questo periodo si fanno sempre più stretti fino alla storica manifestazione del 23 marzo 1919 nel palazzo di piazza San Sepolcro, alla quale Marinetti interviene con un discorso. In seguito Marinetti sarà ancora presente nella cosiddetta “battaglia di via Mercanti” del 15 aprile, culminata con l’assalto alla redazione dell’Avanti! e nel maggio successivo ospiterà nella sua casa di corso Venezia il primo nucleo milanese degli Arditi fondato da Ferruccio Vecchi, malgrado le proteste dei condomini e delle sue vecchie cameriere.
E’ candidato (con Arturo Toscanini e altri uomini di cultura) nella lista del Partito fascista alle elezioni politiche del 16 novembre 1919, ma la lista ottiene pochissimi voti e Marinetti torna alla letteratura. Cerca di riprendere le pubblicazioni di “Poesia”, ma ormai è passato il tempo dei dibattiti letterari e l’impresa si ferma al primo numero. Ormai il futurismo è un movimento d’avanguardia come molti altri, che non solleva più un eccessivo scandalo, ma può esplorare molte direzioni espressive grazie anche all’ingresso in campo di nuove leve come Fortunato Depero e altri. Nel 1925, in un’Italia ormai “pacificata” da Mussolini, Marinetti si traferisce con la moglie a Roma dove vivrà per il resto della sua vita con le figlie Vittoria, Ala e Luce, ricevendo persino nel 1929 il titolo, paradossale, di Accademico d’Italia.
Lo spirito futurista però non si è affatto spento, e soprattutto la passione per la guerra. Dal 22 ottobre 1935 all’aprile 1936, alla bella età di 60 anni, partecipa come volontario alla guerra d’Etiopia e durante la seconda guerra mondiale, tra il 1942 e il 1943, trascorre alcuni mesi con l’esercito italiano in Russia. Rientrato in Italia, trascorre l’inverno tra il 1943 e il 1944 a Venezia dove scrive un libro di rievocazioni del suo glorioso passato milanese: La grande Milano tradizionale e futurista, pubblicato dopo la guerra. Nell’agosto del 1944 si traferisce a Cadenabbia e poi a Bellagio dove muore colpito da infarto il 2 dicembre dello stesso anno. Pochi giorni dopo si svolgono a Milano i funerali solenni con un grande concorso di cittadini che accompagnano il poeta fino al Cimitero Monumentale dove viene sepolto. Interpretando questo episodio come un omaggio al fascismo da parte della città, Mussolini decide di tenere il 16 dicembre al Teatro Lirico quello che sarà il suo ultimo comizio politico.

Bibliografia

Sul web c'è un numero enorme di siti dedicati al Futurismo. Ne abbiamo scelto alcuni: Vedi anche questo grande sito sul Futurismo in inglese.
Belloli, Carlo (a cura di), Aspetti inediti e meno noti del futurismo in Lombardia, fascicolo speciale della "Martinella", XXX, fasc. I-II, gennaio-febbraio 1976
Borghese, Alessandra, Intorno al futurismo, Roma, Leonardo-De Luca Illuminato, Sergio 1991
Carrà, Carlo, La mia vita, Milano, Feltrinelli 1981
Coen, Ester, Futurismo, allegato n. 2, maggio 1986, di "Art e dossier"
Grimoldi, A., Il folle palazzo Fidia, in "Ottagono", n. 58, settembre 1980
Marinetti, Filippo, La grande Milano tradizionale e futurista, Milano, Tommaso Mondadori 1969 (Opere di F.T. Marinetti, vol. III-IV) (Brera T 69 D 174)
Marinetti e Fillia, La cucina futurista, Milano, Longanesi 1986 (Brera Coll. It. P 425/135)
Ravegnani, Giuseppe (a cura di), Poeti futuristi, Milano, Nuova Accademia, 1963
Vaccari, Walter, Vita e tumulti di Marinetti, Milano, Omnia 1959 (Brera Coll. It. P 157/2)
Verzotti, Giorgio, Boccioni. Catalogo completo, Firenze, Cantini 1989
La raccolta completa di "Poesia" dal 1905 al 1909 più il numero unico del 1920 si trova a Brera con la collocazione Per 818.

ITALIA-CINA

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PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!