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martedì 19 dicembre 2023

SETTIMO OMICIDIO DEL #MOSTRODIFIRENZE - VICCHIO - TOSCANA (PIA RONTINI - CLAUDIO STEFANACCI) 29 LUGLIO 1984

VICCHIO, LOCALITA' BORGO SAN LORENZO - (TOSCANA)

Pia Rontini e Claudio Stefanacci (29 luglio 1984)
Claudio Stefanacci e Pia Gilda Rontini

Le vittime del penultimo delitto furono Pia Gilda Rontini, ragazza di 18 anni da poco tempo impiegata in un bar di Vicchio, e Claudio Stefanacci, studente universitario di 21 anni; i due ragazzi erano in un'auto parcheggiata in fondo a una strada sterrata trasversale della via provinciale nei pressi di Vicchio quando vennero aggrediti a colpi di pistola; dall'analisi dei corpi si è ipotizzato che il primo colpo avrebbe colpito il ragazzo che si trovava sul sedile posteriore, attraversando il finestrino della portiera destra; il ragazzo venne colpito in tutto quattro volte (di cui una alla testa) mentre la ragazza riuscì a fuggire e venne colpita prima alla schiena e poi alla fronte. L'arma era la stessa dei precedenti delitti. Successivamente il corpo della ragazza venne mutilato con l'asportazione del pube e del seno sinistro mentre sul corpo del ragazzo vennero inferte una decina di coltellate.[78][79][80][81]

Identikit dell'uomo visto da Baldo Bardazzi poche ore prima dell'omicidio del 1984

La madre del ragazzo, impensierita del ritardo, andò a cercarlo dagli amici i quali, conoscendone le abitudini, provano a cercarlo dove sapevano che si appartava in auto, scoprendo così i cadaveri;[78] anche la madre della ragazza era preoccupata per l'insolito ritardo della figlia che al momento di uscire di casa, poco dopo le 21, aveva promesso di rientrare entro un'ora essendo stanca per aver lavorato tutto il giorno.[29]

Anche in questo caso pare che la vittima femminile avesse subito molestie da parte di ignoti nei giorni precedenti al delitto. Un'amica di Pia, conosciuta durante un soggiorno di studio in Danimarca e che in seguito aveva intrattenuto con lei relazioni di corrispondenza, riferì tempo dopo di aver ricevuto una telefonata dalla giovane, pochissimo tempo prima del delitto, in cui Pia le riferiva che nel bar dove lavorava "c'erano persone poco piacevoli assieme alle quali si sentiva molto insicura".[82]

Nel marzo del 1994 vennero profanate da ignoti le tombe dei due ragazzi assassinati;[83] Renzo Rontini, padre della ragazza, si è impegnato profondamente per la ricerca della verità sul caso fino alla sua morte, avvenuta per un attacco cardiaco nel dicembre 1998.[84]





                     Per approfondire: https://it.wikipedia.org/wiki/Mostro_di_Firenze

PRIMO OMICIDIO DEL #MOSTRODIFIRENZE - 22 AGOSTO 1968 - BARBARA LOCCI E ANTONIO LO BIANCO

 LASTRA A SIGNA - LOCALITA' SANT'ARCANGELO DI LECORE

Antonio Lo Bianco e Barbara Locci (21 agosto 1968)
Antonio Lo Bianco e Barbara Locci
Stefano Mele, giudicato responsabile del delitto nei tre gradi di giudizio
Natale Mele, detto "Natalino", 
figlio di Barbara Locci

La notte di mercoledì 21 agosto 1968, all'interno di una Alfa Romeo Giulietta bianca posteggiata presso una strada sterrata vicino al cimitero di Signa, vengono assassinati Antonio Lo Bianco, muratore originario di Palermo di 29 anni, sposato e padre di tre figli, e Barbara Locci, casalinga di 32 anni, originaria di Villasalto, in provincia di Cagliari, entrambi residenti a Lastra a Signa;[18] i due erano amanti; la donna era sposata con Stefano Mele, un manovale sardo emigrato in Toscana alcuni anni prima. Quella sera i due si erano recati al cinema di Signa per vedere, stando ad alcune fonti, il film giapponese Nuda per un pugno di eroi;[19] il gestore del cinema li riconobbe, successivamente, dalle foto pubblicate sui giornali; egli escluse, però, la presenza del figlio della donna, che aveva sei anni, in quanto, considerato il film proiettato, non lo avrebbe fatto entrare. Sostenne, infine, che dopo l'entrata della coppia al cinema entrò soltanto un altro uomo del quale, però, non ricordava la fisionomia.[20] Secondo ulteriori fonti, una cassiera del cinematografo vide invece la Locci con in braccio il figlio semi-addormentato all'uscita del cinema.[21] A serata conclusa, i due si erano poi appartati in macchina. Sul sedile posteriore dormiva Natale "Natalino" Mele, di 6 anni, figlio di Barbara Locci e Stefano Mele. L'assassino, secondo gli inquirenti il marito di Barbara Locci, si avvicina all'auto ferma e spara complessivamente otto colpi da distanza ravvicinata: quattro colpiscono la donna e quattro l'uomo. Verranno recuperati cinque bossoli di cartucce calibro 22 Long Rifle Winchester con la lettera "H" punzonata sul fondello.

Intorno alle due del mattino del 22 agosto, il bambino suona alla porta di un casolare sito in via del Vingone 154, a oltre due chilometri di distanza da dove era parcheggiata l'automobile. Il proprietario, De Felice, sveglio per via del figlio malato che ha chiesto dell'acqua, si affaccia immediatamente alla finestra, e davanti alla porta vede il bambino che scorgendolo a sua volta gli dice: "Aprimi la porta perché ho sonno, ed ho il babbo ammalato a letto. Dopo mi accompagni a casa perché c'è la mi' mamma e lo zio che sono morti in macchina".[22] Dopo averlo soccorso, l'uomo gli chiede chiarimenti e il piccolo stentatamente riferisce altri particolari sul suo arrivo fin lì: "Era buio, tutte le piante si muovevano, non c'era nessuno. Avevo tanta paura. Per farmi coraggio ho detto le preghiere, ho cominciato a cantare "La Tramontana"... La mamma è morta, è morto anche lo zio. Il babbo è a casa malato".[22] Invece secondo un'altra versione fu proprio l'assassino a indicare lui la direzione del casolare e a cantargli La tramontana per tranquillizzarlo. I Carabinieri, chiamati mezz'ora dopo da De Felice, si mettono alla ricerca dell'auto portandosi dietro il bambino. Intorno alle tre del mattino l'auto viene ritrovata grazie anche all'indicatore di direzione dell'auto rimasto acceso, nella strada che si trova su via di Castelletti, a 100 metri dal bivio per Comeana, in una zona abitualmente frequentata da coppie in cerca di intimità.[23]

Le indagini conducono al marito della donna, Stefano Mele, sospettato di aver commesso il delitto per gelosia il quale prima negò ogni addebito, poi accusò gli amanti della moglie (Salvatore e Francesco Vinci) e poi li scagionò, alla fine, il 23 agosto, dopo 12 ore di interrogatorio[24], confessò di essere lui il colpevole. Durante il sopralluogo effettuato quello stesso giorno, l'uomo risultò però totalmente incapace di maneggiare un'arma e confuse il finestrino dal cui esterno partirono i colpi; tuttavia dimostrò di conoscere tre particolari che poteva sapere solo avendo assistito alla scena del delitto, ossia il numero di colpi sparati (8), l'indicatore di direzione ancora acceso della vettura e la mancanza della scarpa sinistra dal piede di Lo Bianco. Il figlio, dopo aver raccontato di non aver sentito nulla, alla fine ammise di aver visto il padre.[4][25][26][27][28]

Nel 1970 Mele fu condannato a 14 anni di carcere.[4] La pena tiene conto del fatto che l'uomo venne riconosciuto parzialmente incapace di intendere e di volere. Gli vennero inoltre inflitti due anni di reclusione per calunnia contro i fratelli Vinci.[29] Durante il processo, Giuseppe Barranca, cognato di Antonio Lo Bianco, collega di lavoro di Mele e anch'egli amante della Locci, raccontò che la donna, pochissimi giorni prima del delitto, si era rifiutata di uscire con lui dichiarando che "potrebbero spararci mentre siamo in macchina" e, in un'altra occasione, gli aveva raccontato che c'era un tale che la seguiva in motorino. Una deposizione analoga fu resa da Francesco Vinci, che parlò di un uomo in motorino che avrebbe pedinato la Locci durante i suoi appuntamenti con gli amanti.[30]

Fino al 1982 non vi erano collegamenti fra questo delitto e quelli che dal 1974 verranno attribuiti al Mostro di Firenze; a seguito del ritrovamento in archivio di alcuni bossoli che, dopo le analisi, risultarono identici a quelli trovati sulle altre scene dei crimini, si dedusse che la pistola usata dal mostro era la stessa usata dall'assassino che aveva ucciso Antonio Lo Bianco e Barbara Locci nell'estate del 1968[31]; nonostante questo collegamento, il duplice delitto non è mai stato attribuito comunque con certezza agli stessi autori degli altri omicidi[32].


Per approfondire: https://it.wikipedia.org/wiki/Mostro_di_Firenze

venerdì 8 settembre 2023

ACCADDE OGGI ESATTAMENTE 40 ANNI FA: IL 9 SETTEMBRE 1983 IL SESTO DELITTO DEL MOSTRO DI FIRENZE CHE UCCISE I DUE RAGAZZI TEDESCHI IN VACANZA, RUSCH E MAYER!

 

LA PIAZZOLA DI VIA DEI GIOGOLI

 

VILLA "LA SFACCIATA" IN VIA DEI GIOGOLI

                                                9 Settembre 1983, Giogoli: 

il fiume, l’abbandono e il mostro che uccide ancora...

VIA DEI GIOGOLI - VILLA "LA SFACCIATA"
FIRENZE (TOSCANA) - A Giogoli, a meno di un chilometro in linea d’aria dalla piazzola dove la sera del 9 Settembre 1983 due ragazzi tedeschi decisero di parcheggiare il loro pulmino Volkswagen, nasce il torrente Vingone, testimone del primo duplice omicidio collegato al mostro di Firenze. Il corso d’acqua, dopo aver bagnato per circa 13 chilometri la campagna fiorentina, attraversa Signa, scorrendo sotto a Via di Castelletti, per poi sfociare nell’Arno. E’ proprio in Via del Vingone che la signora Laura, quel venerdì 9 settembre, dall’interno della sua autovettura, nota un individuo scendere a piedi, verosimilmente da Via di Giogoli. L’uomo ha tra i 40 ed i 45 anni di età, è alto circa un metro e settanta e indossa una maglietta celeste con delle strisce rosse orizzontali, pantaloni scuri, ha capelli folti, lisci e tirati indietro. Non è la prima volta che nominiamo una maglietta a strisce. Avevamo posto l’attenzione su questo particolare anche in occasione della prima parte relativa al delitto di Baccaiano quando, Bruno e Carlo Alberto, verso le ore 22,45 del 19 giugno 1982, in concomitanza con l’ora del duplice delitto Mainardi – Migliorini, nel percorrere a bordo di una Vespa la strada provinciale, all’uscita di una curva, a circa un centinaio di metri dal luogo del delitto, si ritrovarono improvvisamente davanti ad un uomo, alto circa un metro e settanta, capelli scuri, con pantaloni chiari e con maglietta per metà a strisce scure e chiara fino al petto, che al suono del clacson, si lasciò scivolare nella cunetta laterale alla carreggiata. Ancora un uomo che cammina nella notte, ancora un cielo senza luna, ancora un torrente, ancora un abbandono, ancora un mezzo fermo in mezzo alla campagna fiorentina. Si tratta di un furgone, un camper che era arrivato a Giogoli il pomeriggio del 9 settembre 1983 dopo aver provato a fermarsi in altre piazzole, tra cui una in via degli Scopeti, ma che in più delle occasioni era stato fatto allontanare perché zone con divieto di lunga sosta. E’ una notte senza luna e due giovani tedeschi residenti a Monaco, Uwe Rush e Horst Mayer, in vacanza sulle colline fiorentine, stanno chiacchierando oppure sono sul punto di addormentarsi all’interno del veicolo, quando vengono raggiunti da almeno sette colpi di arma da fuoco. Mayer verrà ucciso sul colpo da due proiettili, uno in regione occipitale e l’altro addominale che trapassa fegato, cuore e polmone sinistro. Il terzo colpo non mortale nella regione glutea sinistra. Il corpo del ragazzo ventiquattrenne verrà rinvenuto sulla brandina da notte assolutamente composto e senza minimo segno di auto difesa. Rusch invece verrà raggiunto da quattro colpi complessivi di cui uno mortale in regione zigomatica sinistra con coinvolgimento della zona occipitale. Gli altri tre colpi non mortali sono alla mano, alla coscia ed al labbro superiore e dimostrano una volontà di difesa nei confronti dell’aggressore; il corpo del ragazzo verrà ritrovato sul fondo del camper evidenziando un tentativo di ricerca di riparo da quei colpi improvvisi che provenivano dall’esterno del furgone. E’ probabile che l’assassino abbia sparato il primo colpo mortale nei confronti di Mayer dalla fiancata destra del camper per poi spostarsi sul lato sinistro del veicolo sparando ancora due colpi su Mayer ormai deceduto. Un colpo ancora dal lato sinistro ferisce solamente Rusch ed ecco che l’aggressore si sposta ancora sul lato destro mentre il ragazzo ancora in vita cerca riparo sul fondo del camper. Spara ancora un colpo ferendo nuovamente Rusch, ma non con esito mortale. E’ questo che costringe l’assassino a salire a bordo del furgone per finire il ragazzo e poi darsi alla fuga, accompagnato dalla musica dell’autoradio rimasta accesa e che via via si fa sempre più lontana. Sarà Rolf Reinecke, un abitante di una delle dependance di Villa La Sfacciata, a scoprire i cadaveri dei due ragazzi, il giorno successivo e a quasi 24 ore dal momento della morte. Sul posto arrivano i Carabinieri che evidenziano due fori da proiettile all’altezza dei vetri della fiancata destra , due su quelli di sinistra ed uno, che ha trapassato la parte in lamiera della carrozzeria del lato sinistro. Tuti i colpi sono in entrata. I bossoli recuperati sono solamente quattro: uno all’esterno nei pressi della ruota posteriore sinistra, uno all’altezza del lato destro della cabina anteriore e due all’interno della cabina posteriore. Tutti hanno la lettera H impressa sul fondello e sono stati sparati da una calibro 22 l.r. I due sportelli della cabina di guida sono chiusi, il portellone di ingresso alla cabina posteriore semiaperto o accostato. Sul retro, all’altezza della marmitta, un’evidente macchia ematica macchia il terreno. A poca distanza dal furgone, pagine strappate dalla rivista pornografica Golden Gay, a carattere omo/bisessuale, lasciate con ogni probabilità da pochi giorni visto lo stato di conservazione non ancora alterato né dalla vegetazione né dall’umidità di settembre. Il duplice omicidio di due ragazzi entrambi di sesso maschile non rientra nelle sue abitudini, ma la firma lasciata dalla pistola e dai proiettili non lascia dubbi, il mostro di Firenze è tornato a colpire. Una domanda deve essere posta a questo punto al lettore: perché di venerdì, perché, non come di consuetudine, in un giorno prefestivo? Chiaro che la risposta non può essere certezza, ma proviamo a ragionare. Sappiamo che il giorno 8 settembre Mayer e Rusch vengono avvistati sulla piazzola degli Scopeti (combinazione eclatante per noi che sappiamo ciò che avverrà nella stessa piazzola l’8 settembre di due anni più tardi sempre ad altri due stranieri accampati), probabilmente vengono fatti allontanare da qualcuno e arrivano nella giornata del 9 a Giogoli. Qui, la testimonianza del signor Pratesi: prima dell’arrivo dei due tedeschi un uomo alto circa 170 cm, con capelli scuri tirati all’indietro ed una maglietta a strisce bianche e blu, sostava in piedi sulla piazzola, con la schiena ricurva in atteggiamento da osservatore e con lo sguardo rivolto verso il campo che collega Via di Giogoli a Via del Vingone. Durante il sopralluogo eseguito dopo il ritrovamento dei cadaveri, gli investigatori noteranno come un’altra anomalia contraddistingua questo delitto. L’assassino per la prima volta utilizza due differenti tipi di munizioni, a piombo nudo e ramati, per commettere lo stesso omicidio. I proiettili ramati, posti con ogni probabilità in cima alla pila del caricatore, vengono utilizzati qualora si voglia penetrare materiali più solidi o a maggiore distanza mentre quelli a piombo nudo sono più adatti per colpi prossimi e diretti con basse penetrazioni all’interno del materiale da raggiungere. Verranno repertate, inoltre, alcune pagine volutamente sfrangiate con una lama, della rivista Golden Gay ritrovate in ottimo stato di conservazione della carta, a pochi metri dal luogo del delitto. Ma di cosa parla in generale Golden Gay? Un tribunale segreto dichiara e riconosce alcune persone come colpevoli di pregiudizio nei confronti degli omosessuali e delega ad un gruppo di agenti segreti, i Golden Gay, di rendere giustizia alle innocenti vittime di omofobia. “I super eroi” puniscono tutti coloro che in qualche maniera si rendono colpevoli di discriminazione e al tempo stesso rivalutano la personalità delle loro vittime. Nello specifico quel numero ritrovato a Giogoli trattava di un’ingiusta persecuzione di un omosessuale accusato di omicidio. Fatto questo ragionamento e provando a tentare un’interpretazione dei fatti, tutto il materiale in nostro possesso ci porta a credere che non sia molto perseguibile la strada ufficiale che vorrebbe il mostro in errore di valutazione. Non crediamo che avesse scambiato uno dei due ragazzi per una donna, non crediamo che la rivista Golden Gay testimoni solamente la presenza abituale di guardoni, non valutiamo casuale la caratteristica delle munizioni ed il posizionamento del furgone nella piazzola degli Scopeti il giorno 8 settembre. Molto più semplice, per noi, considerare Giogoli come un atto rappresentante una sfumatura umana dell’assassino che deve e vuole colpire per riappropriarsi del proprio ruolo. Il mostro uccide e lascia una piccola confessione della sua personalità; lo fa di venerdì, non può aspettare il sabato, non può farsi sfuggire nuovamente quel furgone Volkswagen, non vuol perdere di vista quei due ragazzi stranieri. Perizie successive al delitto cercheranno ancora una volta di disegnare fisicamente un identikit del mostro basandosi su certezze, a nostro avviso, alquanto azzardate. Visto il livello da terra dei finestrini del furgone, si stabilisce che l’assassino non può avere un’altezza inferiore al metro e ottanta centimetri. Non si considera la condizione del terreno della piazzola, non si considera la distanza di eventuali alberi dal furgone, non si considerano le capacità di un uomo che sa muoversi perfettamente nei boschi e nel buio. Al di là di questo, per capire cosa accadde nei mesi successivi al duplice omicidio di Giogoli, vi consigliamo nuovamente di ritornare al racconto di Signa  ed al racconto di Villacidro. Facciamo comunque un breve riepilogo: I due ragazzi tedeschi sono morti da due giorni ed una chiamata anonima avverte i carabinieri che Antonio Vinci, figlio di Salvatore Vinci e nipote di Francesco, detiene presso la propria abitazione una gran quantità di armi. Scatta la perquisizione che non porta a nulla se non a raccogliere e verificare gli alibi del giovane Vinci per la notte in cui è stato commesso il duplice omicidio di Giogoli. Sempre l’11 settembre ricevettero una visita da parte dei carabinieri anche Salvatore e Giovanni Vinci. Alla richiesta di alibi Salvatore dichiarerà: “…Nel pomeriggio e nella serata di venerdì 9 corrente sono stato sempre in casa ad eccezione di un’uscita che ho fatto per un intervento in Via della Chiesa, 42, ciò verso le ore 16:00. (Salvatore Vinci è titolare della ditta Pronto Intervento Casa ed esegue prestazioni di vario genere presso i titolari delle abitazioni che lo contattano telefonicamente. Si tratta di manutenzioni ordinarie e straordinarie di piccola entità, n.d.a) Successivamente alle ore 19:30/20:00 ho accompagnato a Prato la signora Antonietta, la quale esegue le pulizie a casa. Da Prato sono tornato verso le 21:00 e quindi non sono più uscito. Ieri, 10 corrente, sono uscito di casa alle ore 8:00 e sono andato a prendere Antonietta…” Da verifiche effettuate successivamente si appurò che Salvatore aveva fornito come alibi quello di una prostituta di nome Luisa Meoni di cui torneremo a parlare più nel dettaglio quando arriveremo cronologicamente agli ultimi mesi del 1984. Facile è comprendere come le indagine girino attorno alla famiglia Vinci e come il duplice omicidio del 1968 venga considerato la chiave di volta dell’intera inchiesta. Francesco Vinci continua a rimanere in carcere pur essendo evidente la sua estraneità ai fatti collegati all’omicidio dei due tedeschi e di fronte all’ennesimo confronto con il giudice istruttore Rotella, che cercava di capire se esistessero legami di parentela tali da indurre qualcun altro a commettere un nuovo duplice omicidio pur di vederlo scarcerato, continua a dichiararsi innocente non capendo perché Stefano Mele insista con le proprie dichiarazioni. Nel frattempo Della Monica e Vigna firmano un mandato di cattura per Antonio Vinci che, pur essendo uscito incolume da una perquisizione domiciliare, si sarebbe fatto cogliere in flagranza di reato mentre trasportava una valigia piena di armi non denunciate. Il giovane Vinci si giustificherà dicendo che le armi non erano di sua proprietà, ma che le aveva solamente trovate casualmente ed aveva deciso di farci un po’ di soldi nel rivenderle; giustificazione accettata dalla corte che settimane più tardi lo processerà dichiarandolo estraneo ai fatti. Ma non è questo il punto, la cosa importante sta nel fatto che la procura si muove sulla pista sarda e vuol vedere le differenti reazioni dei vari protagonisti una volta reclusi in carcere; ciò che interessava agli inquirenti era mantenere agli arresti Francesco e contestualmente trovare un motivo per arrestare anche il nipote Antonio. Mentre Francesco e l’amato nipote Antonio sono entrambi reclusi, con la speranza che prima o poi cedano raccontando qualche verità, Stefano Mele, altro elemento chiave della vicenda, viene nuovamente convocato dagli inquirenti nel mese di gennaio del 1984. E’ in uno di questi confronti che Stefano Mele in buona sostanza ritratterà su Francesco Vinci ammettendo di non ricordare più nulla di quella sera del 1968. A questo punto gli inquirenti provano a cambiare strada e interrogano il fratello di Stefano Mele, Giovanni. L’interrogatorio scatta a seguito di alcune segnalazioni relative a strani comportamenti tenuti da Giovanni con alcune donne, in particolare con una tal Jolanda che riferisce ai carabinieri di come il Mele ami fare l’amore in auto nei pressi di un cimitero abbandonato, di sapere che è in possesso di un grosso coltello e di come si vanti delle grandi dimensioni del proprio pene. Il 24 gennaio fu eseguita una perquisizione a casa di Giovanni Mele, che dalla morte della sorella Antonietta condivideva con il cognato Piero Mucciarini. Furono trovate corde, riviste pornografiche, lame di varie dimensioni tra cui due bisturi e piantine delle colline fiorentine con zone contrassegnate e appunti del tipo “1 dicembre, luna piena, giorno favorevole”. Contestualmente fu sequestrato al fratello Stefano un biglietto stropicciato da lui conservato nel portafoglio con la scritta: “RIFERIMENTO DI NATALE RiguaRDO LO ZIO PIETO Che avesti FATO il nome doppo SCONTATA LA PENA come RisuLTA DA ESAME Ballistico dei colpi sparati”. Fu chiesto a Stefano Mele chi avesse scritto quel biglietto. “Il biglietto l’ha scritto mio fratello….quella notte con me erano tutti e due, mio fratello Giovanni e Piero…..E’ vero che il bambino vide il Mucciarini sul luogo del delitto….Dopo il delitto gli altri due se ne tornarono con la macchina, io invece accompagnai il bambino…” Il 25 gennaio 1984, in sede di conferenza stampa, gli inquirenti annunciarono l’imminente scarcerazione di Francesco Vinci (imminente, ma non immediata) ed il mandato di cattura per Giovanni Mele e per il senese Piero Mucciarini accusati di essere gli autori del duplice omicidio del 1968 e sospettati di tutti gli altri duplici omicidi attribuiti al mostro di Firenze. Sono in ordine il quarto e quinto “mostro” ad essere sbattuti in prima pagina e mentre il giudice Rotella dichiarava che i fiorentini avrebbero potuto dormire sonni tranquilli, dal secondo piano del tribunale di Piazza San Firenze il Procuratore Carabba lo smentiva con un invito ai giovani a stare attenti a non prendersi colpi di fresco la sera in campagna. La spaccatura tra gli uffici del Giudice Istruttore e quelli dei Sostituti Procuratori stava mostrando i primi segni di scarsa reciproca tolleranza. Le prime rotture si sarebbero trasformate in faglie non risanabili negli anni a seguire e quelle stesse crepe sarebbero divenute voragini dove far precipitare, senza alcun motivo, tutto l’impianto investigativo sulla pista sarda. Sospendiamo il racconto che è pieno inverno e con tre persone, legate al delitto del 1968, in carcere. Nella prossima puntata vi racconteremo di alcune strane morti che colpirono Firenze proprio tra il 1983 ed il 1984. Nel frattempo ci apprestiamo a fare l’ennesimo spostamento tra le colline fiorentine. Torniamo nel Mugello, dopo la prima sosta del 1974, con un viaggio lungo 10 mesi , 52 chilometri e la sensazione di essere in procinto di raccontare il momento più orrendo di tutta questa vicenda, l’apice di una follia ormai inarrestabile.

Andrea Ceccherini

(ANDREA CECCHERINI NON E' IL PERSONAGGIO DEL VIDEO)

Fonte: https://www.sienanews.it/in-evidenza/9-settembre-1983-giogoli-il-fiume-labbandono-il-mostro-che-uccide-ancora/ 

RUSCH E MAYER

IL FURGONE VOLKSWAGEN DI RUSCH-E-MAYER

LA PIAZZOLA DI VIA DEI GIOGOLI LUOGO DEL DELITTO

mercoledì 14 dicembre 2011

Firenze, perchè il folle che ha ucciso i due senegalesi viene definito dalla stampa killer neo-fascista? La Sinistra Italiana strumentalizza l'accaduto attribuendolo alle formazioni di estrema destra, bieco e squallido tentativo di riprendere consensi elettorali dopo il flop e le cadute di stile degli ultimi 10 anni!

La Sinistra Italiana strumentalizza vergognosamente i tragici fatti accaduti a Firenze, ecco qui sotto la cronaca dei fatti:

In pieno centro un uomo ha aperto il fuoco contro alcuni venditori extracomunitari, ammazzandone due e ferendone altri tre. Poi, si è tolto la vita. L'autore della strage era un militante di estrema destra? La protesta della comunità africana!

Firenze - (Italia) - Momenti di terrore a Firenze. Due persone di origine senegalese sono rimaste uccise e altre sono ferite. Un cinquantenne di nome Gianluca Casseri, autore di diversi libri antisemiti e negazionisti e considerato vicino all'assocazione Casa Pound, ha aperto il fuoco contro gli ambulanti extracomunitari prima in Piazza Dalmazia, in pieno centro, uccidendo due ambulanti e ferendone un terzo, e poi al mercato di San Lorenzo, dove ne ha feriti gravemente due.
L'uomo dopo essersi dato alla fuga è stato raggiunto dalle forze dell'ordine e dopo un breve conflitto a fuoco si è tolto la vita. Casseri era originario di Pistoia, nato nel 1961 e vicino ad ambienti di estrema destra.

Chi sono le vittime - I due senegalesi uccisi si chiamavano Samb Modou, 40 anni, e Diop Mor, 54 anni. Il primo abitava a Sesto Fiorentino in via Puccini e risulta clandestino secondo gli accertamenti dei carabinieri. L'altro aveva un regolare permesso di soggiorno e abitava in via Primo Settembre.
I tre ambulanti feriti sono Moustapha Dieng di 37 anni, ricoverato in prognosi riservata all'ospedale di Careggi, Sougou Mor, di 32 anni, in condizioni giudicate gravissime, e Mbenghe Cheike di 42 anni.

Un corteo di protesta degli ambulanti - Diversi ambulanti, amici e conoscenti delle due vittime, al grido di "vergogna vergogna", hanno bloccato per pochi minuti il traffico nei pressi della piazza dove è avvenuto il duplice omicidio e si sono poi diretti in corteo verso il centro. Presenti anche i familiari delle vittime, che erano poco prima giunti sul posto piangendo e urlando di disperazione. Durante il corteo si sono registrati attimi di tensione e anche motorini  buttati a terra a calci. In tanti hanno gridato "Italia Razzista" o  "Maledetti italiani", in alcuni casi è stato anche bloccato il  traffico. I manifestanti hanno quindi raggiunto la prefettura dove una delegazione ha incontrato il sindaco Matteo Renzi.

Le parole di Renzi e Napolitano
- E proprio da lì il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, ha scritto su Twitter: "Sono con i rappresentanti della comunità senegalese in prefettura. Oggi piange il cuore di Firenze". Su  Facebook ha poi ribadito: "Firenze è scossa dal gesto solitario di un killer folle e senza pietà." La giunta ha poi proclamato il lutto cittadino. Cordoglio è stato espresso anche da Giorgio Napolitano, che ha ricordato come sia  "sempre più urgente l'impegno di tutte le Autorità politiche e della società civile per contrastare sul nascere ogni forma di intolleranza e riaffermare la tradizione di apertura e di solidarietà del nostro Paese". Nella serata di martedì, poi, il sindaco ricorda ancora i due ambulanti uccisi: "Domani lutto cittadino a Firenze per Mor e per Modou. E alle 17 ci vediamo in Palazzo Vecchio con Riccardi e la comunità senegalese...".

La reazione della comunità senegalese - "Non ci dite che era un pazzo, perché se lo fosse stato avrebbe ucciso sia neri che bianchi....". Così hanno reagito alcuni dei senegalesi che si trovavano in piazza San Lorenzo. Nessuno di loro ha tuttavia dato segni di rabbia e tutti sono calmi. Sul posto si è recato anche l'assessore comunale Massimo Mattei che li ha rassicurati: "Siamo tutti con voi". C'è anche il console onorario del Senegal, Erando Stefani: "C'è smarrimento e tanto dolore ma occorre andare avanti con l'uso della ragione".

Le testimonianze - "Abbiamo sentito tre colpi di pistola, forse anche quattro. L'edicolante, Gabriele, ha cercato di bloccarlo, anche per disarmarlo, mentre scappava, ma lui ha mostrato la pistola, e gli ha detto qualcosa tipo: 'Se non ti scansi, faccio fuori anche te'. Allora l'ha dovuto lasciare andare, e quello è risalito sull'auto ed è scappato". Così la gente di piazza Dalmazia racconta la prima sparatoria avvenuta oggi a Firenze. "C'era molta gente in quel momento", si racconta ancora in un bar prospiciente l'edicola presso cui è avvenuta la sparatoria.


Momenti di terrore a Firenze. Due persone di origine senegalese sono rimaste uccise e altre sono ferite. Un cinquantenne di nome Gianluca Casseri, autore di diversi libri antisemiti e negazionisti e considerato vicino all'assocazione Casa Pound, ha aperto il fuoco contro gli ambulanti extracomunitari prima in Piazza Dalmazia, in pieno centro, uccidendo due ambulanti e ferendone un terzo, e poi al mercato di San Lorenzo, dove ne ha feriti gravemente due.
L'uomo dopo essersi dato alla fuga è stato raggiunto dalle forze dell'ordine e dopo un breve conflitto a fuoco si è tolto la vita. Casseri era originario di Pistoia, nato nel 1961 e vicino ad ambienti di estrema destra.

Chi sono le vittime - I due senegalesi uccisi si chiamavano Samb Modou, 40 anni, e Diop Mor, 54 anni. Il primo abitava a Sesto Fiorentino in via Puccini e risulta clandestino secondo gli accertamenti dei carabinieri. L'altro aveva un regolare permesso di soggiorno e abitava in via Primo Settembre.

I tre ambulanti feriti sono Moustapha Dieng di 37 anni, ricoverato in prognosi riservata all'ospedale di Careggi, Sougou Mor, di 32 anni, in condizioni giudicate gravissime, e Mbenghe Cheike di 42 anni.

Un corteo di protesta degli ambulanti - Diversi ambulanti, amici e conoscenti delle due vittime, al grido di "vergogna vergogna", hanno bloccato per pochi minuti il traffico nei pressi della piazza dove è avvenuto il duplice omicidio e si sono poi diretti in corteo verso il centro. Presenti anche i familiari delle vittime, che erano poco prima giunti sul posto piangendo e urlando di disperazione. Durante il corteo si sono registrati attimi di tensione e anche motorini  buttati a terra a calci. In tanti hanno gridato "Italia Razzista" o  "Maledetti italiani", in alcuni casi è stato anche bloccato il  traffico. I manifestanti hanno quindi raggiunto la prefettura dove una delegazione ha incontrato il sindaco Matteo Renzi.


Le parole di Renzi e Napolitano - E proprio da lì il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, ha scritto su Twitter: "Sono con i rappresentanti della comunità senegalese in prefettura. Oggi piange il cuore di Firenze". Su  Facebook ha poi ribadito: "Firenze è scossa dal gesto solitario di un killer folle e senza pietà." La giunta ha poi proclamato il lutto cittadino. Cordoglio è stato espresso anche da Giorgio Napolitano, che ha ricordato come sia  "sempre più urgente l'impegno di tutte le Autorità politiche e della società civile per contrastare sul nascere ogni forma di intolleranza e riaffermare la tradizione di apertura e di solidarietà del nostro Paese". Nella serata di martedì, poi, il sindaco ricorda ancora i due ambulanti uccisi: "Domani lutto cittadino a Firenze per Mor e per Modou. E alle 17 ci vediamo in Palazzo Vecchio con Riccardi e la comunità senegalese...".

La reazione della comunità senegalese - "Non ci dite che era un pazzo, perché se lo fosse stato avrebbe ucciso sia neri che bianchi....". Così hanno reagito alcuni dei senegalesi che si trovavano in piazza San Lorenzo. Nessuno di loro ha tuttavia dato segni di rabbia e tutti sono calmi. Sul posto si è recato anche l'assessore comunale Massimo Mattei che li ha rassicurati: "Siamo tutti con voi". C'è anche il console onorario del Senegal, Erando Stefani: "C'è smarrimento e tanto dolore ma occorre andare avanti con l'uso della ragione".

Le testimonianze - "Abbiamo sentito tre colpi di pistola, forse anche quattro. L'edicolante, Gabriele, ha cercato di bloccarlo, anche per disarmarlo, mentre scappava, ma lui ha mostrato la pistola, e gli ha detto qualcosa tipo: 'Se non ti scansi, faccio fuori anche te'. Allora l'ha dovuto lasciare andare, e quello è risalito sull'auto ed è scappato". Così la gente di piazza Dalmazia racconta la prima sparatoria avvenuta oggi a Firenze. "C'era molta gente in quel momento", si racconta ancora in un bar prospiciente l'edicola presso cui è avvenuta la sparatoria.


Il comunicato di Casa Pound -  "Gianluca Casseri era un simpatizzante di Casa Pound Italia, come altre centinaia di persone in Toscana, e altre migliaia in tutta Italia, alle quali, come del resto avviene in tutti i movimenti e le associazioni e non solo in Cpi, non siamo soliti chiedere la patente di sanità mentale". Lo afferma CasaPound Italia in una nota. "Casseri non era un militante della nostra associazione, frequentava talvolta la sede di Pistoia e non abbiamo motivo per tenerlo nascosto - aggiunge Cpi - Oggi si è consumata una immane tragedia della follia, e quattro persone sono morte senza motivo, ma se è avvenuta vogliamo ricordare che è anche perché questo Stato non è in grado di fornire alcuna protezione e assistenza ai suoi figli più deboli".

Sui forum di destra solidarietà all'assassino - "E' un complotto",  "solidarietà", "rispetto e onore". Così sul sito dell'estrema destra con simpatie razziste e negazioniste Stormfront.org, un forum americano che ospita una piccola sezione italiana, si commenta la morte di Gianluca Casseri. "Gli sbirri non ci sono mai quando un allogeno delinque oggi  sono stati efficientissimi - scrive un partecipante al forum - E' terribile, Casseri è morto. Ci sono incidenti in centro, è la guerra etnica come aveva previsto Freda". Un altro scrive "avevo letto qualcosa che aveva scritto in passato. Rispetto e Onore". Un utente che si firma con lo pseudonimo 'Complotto Giudaico'  scrive: "E' un complotto", mentre un altro ancora lascia scritto "R.I.P.  (Riposi in pace, ndr). Solidarietà".

Fonte: http://tg24.sky.it/


Sparatoria: Casa Pound smentisce, ma la Sinistra vigliacca strumentalizza vergognosamente la tragedia e attacca tutte le formazioni politiche di destra!


Sparatoria: Casa Pound smentisce, ma la Sinistra attacca 

Casapound Firenze prende le distanze dal killer che questa mattina ha ucciso due senegalesi: "In relazione ai tragici fatti accaduti a Firenze nel corso della giornata odierna ci sia consentito di esprimere l'immenso dolore per le vittime ed i loro familiari.
Tenuto conto, però, che alcuni quotidiani hanno evidenziato presunti, nonché inesistenti, legami dell'assassino con CasaPound Italia Firenze teniamo a precisare che il soggetto in questione mai è stato un militante della nostra Associazione. Il semplice fatto della sua partecipazione ad una nostra manifestazione non è assolutamente sinonimo di impegno politico in e per CPI, come il fatto che fosse iscritto da simpatizzante a Pistoia non vuol dire che partecipasse in alcun modo alle attività organizzative della sezione. Peraltro alle nostre manifestazioni un buon 50% dei partecipanti è costituito da persone esterne all'organizzazione. Quindi è del tutto indebito e campato in aria creare un collegamento concreto, peraltro inesistente nei fatti, tra l'assassino e la nostra associazione. Ci riserviamo di adire senza ulteriori indugi le vie legali nei confronti di chiunque porti avanti il tentativo di infangare il nome di CasaPound Italia accostandola ad una tragedia della follia compiuta da un malato di mente".

Evangelisti (Idv): “La strage di Firenze è anche il frutto avvelenato prodotto da una cultura dell’odio e dell’intolleranza che l’estrema destra ha contribuito a diffondere nel Paese. I luoghi di ritrovo di neofascisti e neonazisti si sono moltiplicati nel corso degli ultimi dieci anni, con la colpevole omertà dei governi di destra. Gli stessi che per anni hanno attaccato i centri sociali, chiedendone ripetutamente la chiusura, hanno chiuso gli occhi sul proliferare di occupazioni di stabili da parte della destra, in particolare di Casapound. I Gasparri, iLa Russa, gli Alemanno e le Meloni ora tacciono perché non hanno parole. Da loro ora ci apsettiamo non le ovvie e scontate condanne, ma azioni politiche concrete per isolare gli estremisti e i violenti della destra. Presenteremo delle interrogazioni e chiederemo al ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri di monitorare attentamente le nuove centrali della violenza dell’estrema destra e tutte le sedi di Casapound. Non si può continuare a chiudere gli occhi su questa pericolosissima spirale di violenza”. Lo afferma il presidente vicario del gruppo Idv alla Camera Fabio Evangelisti.

“E’ inaccettabile il tentativo di strumentalizzazione messo in atto da certa stampa e dalla solita sinistra becera: il pazzo che ha sparato a Firenze, uccidendo due senegalesi, per poi togliersi la vita, ha compiuto un gesto folle. Definire quest’uomo un estremista di destra significa voler dare una connotazione politica a un’azione che non ha alcuna matrice politica, ma che può essere spiegata soltanto con un momento di pazzia, che va condannato senza se e senza ma”. E’ quanto dichiara Adriano Tilgher, segretario de La Destra in Toscana, il quale aggiunge che, piuttosto, “tutti dovrebbero riflettere sulla necessità di frenare l’invasione indiscriminata da parte di cittadini stranieri, alla quale stiamo assistendo inermi”. “Le nostre città, i nostri centri storici – conclude Tilgher – sono letteralmente preda di extracomunitari, che fanno il bello e il cattivo tempo. E questo genera tra la popolazione insicurezza, esasperazione e rabbia. Poi arriva il folle, che, invece di fermarsi a ragionare, carica un’arma e spara. Ripeto: nessuno vuole giustificarlo e, anzi, va condannato senza mezzi termini. Ma chi può si faccia carico di restituire agli italiani quelle strade, quelle piazze, quelle città invase dall’ondata straniera”.

Di tutt'altro tenore la dichiarazione del Consigliere Regionale Pdl e Coordinatore Regionale della Giovane Italia Toscana, Tommaso Villa: "Condanniamo con forza qualunque azione in nome di ideologie sconfitte dalla storia e tutti coloro che pensano ancora oggi di attuarle o scimmiottarle tramite azioni o atti di qualunque tipo o violenza. La morte oggi a Firenze di cittadini senegalesi ci addolora e ci fa sentire tutti vicini alla comunità senegalese presente a Firenze e non solo. Credo sia fondamentale e opportuno che tutte le forze politiche dell'arco costituzionale e parlamentare oltre che quelle giovanili e moderate condannino l'accaduto senza se e senza ma e che si muovano tutte all'unisono per dimostrare che Firenze ed i fiorentini sono cosa diversa, e che se un pazzo esaltato ha commesso questa follia ciò dovrà essere riconducibile ad un fatto isolato e da isolare e cancellare senza prima però capirne bene la causa e nel caso provvedere ad eliminarla in modo politicamente e socialmente definitivo per il bene di tutta la comunità italiana e straniera"

Ma il Sen. Marco Perduca (Radicali) e Maurizio Buzzegoli, vice-segretario Associazione 'Andrea Tamburi rincarano la dose: "Quanto avvenuto oggi a Firenze, come l'altro giorno a Torino è frutto di una serie di politiche liberticide e proibizioniste che, col concorso dell'amore per la violenza e la necrofilia dei media, rischia di riportarci a contesti in cui occorra l'uomo forte. Alle famiglie dei due senegalesi e a tutta la loro comunita' vanno le nostre condoglianze e la nostra solidarieta', perche' riteniamo l’immigrazione una risorsa da valorizzare piuttosto che una valvola di sfogo di odii e fallimenti politico-legislativi".

E Francesca Chiavacci, presidente di Arci Firenze: aggiunge"Quanto accaduto oggi a Firenze ci lascia esterrefatti e preoccupati. Le circostanze sono tutte da appurare. Ma pur apprendendo che probabilmente si è trattato del gesto di un folle, non riusciamo a toglierci dalla mente la pericolosità di idee tipiche dell'area politica (l'estrema destra) cui faceva riferimento il 50enne killer suicida. Né riusciamo a toglierci dalla testa il clima socio-culturale che purtroppo ha dominato il dibattito sull'immigrazione in questi anni, tra la continua denuncia di un'emergenza sicurezza, il rifiuto da parte di alcuni settori del mondo politico di intraprendere serie politiche di governo del fenomeno, il 'cattivismo' razzista, propugnato, per esempio, dall'ex ministro dell'Interno leghista Roberto Maroni. Pensiamo che Firenze, nonostante sia città della convivenza e del dialogo, non possa ritenersi immune dai rischi che questo quadro può generare. E' necessario creare le condizioni affinchè gli istinti razzisti siano sconfitti. E per fare questo è prioritario aprire una nuova stagione di governo dei fenomeni migratori. Esprimendo la solidarietà di tutta l'associazione alla comunità senegalese fiorentina, ai familiari e parenti delle vittime di questi brutali assassinii, siamo disponibili, qualora lo voglia, a incontrare la comunità stessa nei prossimi giorni".

La Cgil tutta si stringe intorno alle vittime di questa giornata di follia che ha colpito la nostra città. Questo gesto efferato, seppure di un folle appartenente a un’organizzazione neo fascista, ci deve far riflettere su come stia crescendo il clima xenofobo e razzista in questa città. La Cgil nell’esprimere tutta la propria solidarietà alla Comunità Senegalese che così bene si è integrata e che da sempre si è impegnata nel dialogo con i tutti i soggetti politici e istituzionali, si mette a completa disposizione per incontrarne i rappresentanti e decidere insieme eventuali iniziative comuni. La Cgil chiede che i cittadini, le istituzioni, le varie autorità facciano ogni sforzo possibile per risvegliare il vanto di questa città, l’accoglienza e la tolleranza per tutti.

Antonio Marrocco (Segretario Generale Silp Cgil Firenze): "La prima ricostruzione di quanto accaduto oggi a Firenze ci porta ad esprimere cordoglio per le vittime e vicinanza ai loro cari e familiari, ma anche a condannare quella cultura all'interno della quale allignano sentimenti razzisti e antidemocratici. Il drammatico epilogo di oggi ci consegna però una realtà sana come quella fiorentina, grazie alla quale è stato possibile, con foto e ricostruzioni dei cittadini, circoscrivere la responsabilità dell'attentatore ai due fatti di Piazza Dalmazia e San Lorenzo. Ci consegna inoltre la prontezza e la professionalità delle Forze dell'Ordine che nel nostro territorio, malgrado continui tagli alle risorse e al personale, riescono a garantire la sicurezza dei cittadini."

Manciulli e Bugli (Pd): “Solidarietà a comunità senegalese"
“Siamo vicini alla comunità senegalese, alle famiglie delle vittime e ai feriti, dopo la sequenza di terrore e morte che li ha colpiti e ci addolora profondamente. Quanto accaduto è agghiacciante e non ha precedenti. I fatti di oggi dimostrano che non bisogna mai abbassare la guardia, che il pericolo di folli estremisti e il rischio di rigurgiti razzisti sono concreti e sempre vivi. Serve una condanna unanime e il lavoro di tutti anche nella società per isolare le frange di estremismo e impedire in ogni modo che attecchisca anche minimamente un clima di odio nei confronti di cittadini provenienti da paesi diversi”.
Così il segretario del Pd toscano, Andrea Manciulli e il capogruppo in Regione, Vittorio Bugli, commentano quanto accaduto oggi a Firenze.

"Dolore, sbigottimento e solidarietà alla comunità senegalese, residente in Italia. I fatti avvenuti oggi a Firenze sono di una gravità assoluta. Il fatto che l'assassino gravitasse nelle fila dell'estremismo di destra impone un più severo controllo da parte delle forze dell'ordine in quegli ambienti impregnati di violenza razzista". Lo dichiara il senatore Andrea Marcucci (Pd).in merito agli attentati che hanno causato la morte oggi a Firenze di 3 giovani ambulanti senegalesi ed il ferimento di altri tre. "Colpisce che tutto ciò sia avvenuto nel capoluogo della Toscana, da sempre culla della tolleranza e dei diritti civili -aggiunge il parlamentare-in questo momento è indispensabile manifestare la piu' totale vicinanza alla comunità senegalese, ferita in modo così brutale. Mi auguro che si possa capire in fretta dove si nasconda questa terribile violenza e che cosa sia giusto chiedere- conclude Marcucci- alle forze dell'ordine per tenere sotto controllo i luoghi dell'estremismo di destra. Purtroppo già in precedenza, fatti di minor gravità si sono registrati a Lucca, con violenze nei confronti di ragazzi di sinistra"

“Noi dell'Italia dei Valori esprimiamo tutta la nostra solidarietà nei confronti della Comunità senegalese e dei parenti delle tre vittime uccise oggi a Firenze da un cinquantenne”. Lo dichiara, in una nota, Mariella Valenti, Dipartimento Immigrazione Idv Toscana. “Questa è la nuda e triste cronaca di una vera e propria caccia al senegalese - aggiunge Valenti – da parte di un uomo appartenente alla destra estrema. Altre vittime, altro sangue, altra ingiuria al diritto alla vita. Dal ‘pogrom’ torinese si passa in un giorno all’omicidio di tre ragazzi africani... Ci auguravamo che Torino non anticipasse i segni di un’involuzione antropologica che lascia intravedere chiari segni di matrice razzista, e invece ci ritroviamo nella Firenze, culla della cultura, con tre morti ammazzati solo perché neri”. “Dobbiamo impegnarci tutti - continua Valenti – istituzioni, partiti e società civile, affinché il conflitto sociale non prenda le pieghe pericolose verso cui si sta avviando, impegnandoci a valorizzare ancora di più i tratti distintivi del nostro Paese e della nostra regione: la solidarietà, l’inclusione sociale e politica, il rispetto dei diritti civili, spegnendo sul nascere il fuoco della xenofobia e del razzismo”.

Il Capogruppo della Lega Nord alla Provincia di Firenze Marco Cordone: "Gli episodi di violenza con morti e feriti accaduti oggi a Firenze, in piazza Dalmazia ed al Mercato Centrale in S.Lorenzo confermano se mai ce ne fosse bisogno, che Firenze non è un'isola felice. Mi chiedo cosa aspetti ancora il Sindaco Renzi a richiedere al Prefetto della Provincia di Firenze la convocazione del tavolo per l'Ordine e la Sicurezza pubblica, dato che la situazione della sicurezza in città sta precipitando ed i fiorentini chiedono a gran voce il rispetto della legalità".

"Quanto accaduto oggi a Firenze ci colpisce profondamente. Esprimiamo sconcerto e preoccupazione per i fatti avvenuti in una realtà che consideriamo estranea alla violenza. Nel condannare fermamente il gesto folle che ha portato alla morte di due persone e al ferimento di 4 ragazzi senegalesi, vogliamo evidenziare negativamente la spinta ideologica di destra e razzista che ha portato a questa tragedia. Alle famiglie e agli amici delle vittime va il nostro pensiero e la nostra vicinanza. A tutti i cittadini l'invito a non sottovalutare quanto accaduto e a non chiudere gli occhi davanti a luoghi e circoli di pensiero che coltivano idee xenofobe e che fanno esplicito richiamo al fascismo" così il Pd Empolese Valdelsa e i Giovani democratici Empolese Valdelsa commentano l’agguato di quest’oggi a Firenze.

Giuseppe Carovani, Presidente della Commissione pace della Provincia di Firenze, stava incontrando l'associazione 'Insieme', impegnata in un progetto in Senegal, quando ha appreso insieme agli altri consiglieri dell'agguato ai senegalesi di Firenze. "Sono certo di interpretare i sentimenti di tutti i consiglieri - ha detto Carovani - nell'esprimere la vicinanza mia personale e di tutta la Commissione alla comunità senegalese ferita così duramente. Siamo vicini agli amici dei senegalesi che sono stati uccisi, ai loro cari che sono qui o in Senegal. Troppo odio è stato seminato negli anni passati con insostenibile leggerezza e conseguenze efferate. Bisogna dissipare questo clima".

“Il Pdl toscano inorridito, dalla strage avvenuta oggi a Firenze, esprime totale solidarietà alla comunità senegalese così duramente colpita nei confronti della quale non è mai mancata simpatia e volontà di integrazione da parte di tutta la società fiorentina” così l’On. Riccardo Migliori, Vice Coordinatore Vicario Pdl Toscana e Pres. Delegazione parlamentare Italiana dell’OSCE, ha commentato la strage di Firenze. “La grave crisi sociale ed economica che sta attraversando l’Italia non può e non deve lasciare spazio a crimini di qualunque natura e in particolare di carattere razzista e xenofoba – ha continuato Migliori – Siamo certi che anche in questa tragica occasione prevarrà la composta e reale partecipazione al dolore di tutta la città così gravemente vilipesa di tutte le forze politiche e sociali fiorentine”

Incredibile ribaltamento di responsabilità invece per bocca dell'europarlamentare della Lega Nord Toscana, Claudio Morganti, che sottolinea che «non vorrei che le vittime svolgessero la propria attività presso i mercati vendendo merce abusiva. Se così fosse, i maggiori responsabili di quanto successo sarebbero coloro che non hanno impedito ai senegalesi di vendere abusivamente la loro merce. È inutile che Renzi dichiari il lutto cittadino o insceni un dispiacere finto quando chi doveva controllare non l'ha fatto. Mi domando come mai al mercato non ci fosse nessun vigile. Una tragedia simile si sarebbe potuta fermare se qualcuno avesse svolto il proprio dovere. Esprimo la mia più totale condanna sul gesto di Casseri, ma qualche politico dovrebbe anche avere il buon gusto di ammettere che quanto successo è il frutto di politiche fallimentari di questa sinistra».

"Siamo vicini alla comunità senegalese fiorentina e toscana che ha perso due fratelli e ci auguriamo la guarigione dei feriti". Giuseppe Brogi, coordinatore regionale di Sinistra Ecologia Libertà e Lorenzo Falchi, coordinatore di Sinistra Ecologia Libertà provinciale esprimono la solidarietà del partito ai familiari delle vittime e alla comunità senegalese duramente colpita questa mattina a Firenze. "Se è vero che la follia è imperscrutabile - aggiungono Brogi e Falchi - è indubbio che assurde teorie razziste siano il terreno di coltura nel quale possono crescere l'intolleranza, la violenza, la ricerca di capri espiatori, fino alla strage accaduta a Firenze. E' essenziale, specie nei momenti bui, che viva e si irrobustisca incessantemente una cultura alternativa fatta di umanità, legami sociali, solidarietà, contrasto culturale e politico di qualunque istinto o tesi razzista".

I Verdi di Firenze esprimono assoluto sconcerto per quanto avvenuto oggi nei mercati, nelle piazze di Firenze. Sincera vicinanza alle famiglie, alla Comunità senegalese tutta, colpite nel profondo degli affetti. La follia umana, xenofoba e razzista, si è scatenata mirando scientemente: "Si apprende adesso che sul social network facebook menti parimenti criminali inneggiano all'accaduto. E' compito delle Forze di Polizia prevenire tali gesti, con determinazione, e della società civile tutta rimuovere al proprio interno il cancro della xenofobia, del razzismo, della intollerenza : alle nuove generazioni abbiamo la responsabilità di consegnare una società depurata dalle nefandezze del secolo scorso, pervasa invece dai valori dell'accoglienza e dell'inclusione".

Intanto è stato convocato per domani, mercoledì 14 dicembre alle ore 17.30, il Forum Legalità e Sicurezza del Pd Toscana presso la sede regionale del partito a Firenze. La decisione è stata presa dal responsabile del Forum Federico Gelli dopo la strage di ambulanti senegalesi in piazza Dalmazia e al mercato di San Lorenzo a Firenze e gli arresti per camorra effettuati oggi dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze. “Il vile assassinio dei cittadini senegalesi è atto di violenza gravissimo che mi amareggia profondamente – sottolinea Gelli – perché completamente estraneo alla nostra cultura che ha sempre fatto di Firenze e della Toscana un territorio dell’accoglienza e della tolleranza. Per tutti questi motivi abbiamo deciso di convocare il Forum per riflettere insieme con i nostri amministratori di questa tragica e inaspettata recrudescenza di violenza nella nostra regione!"

Fonte: http://www.nove.firenze.it





ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!