Visualizzazioni totali delle visite sul blog "Mitrokhin" dalla sua nascita: 08 Novembre 2007

Classifica settimanale delle news piu' lette sul blog Mitrokhin...

Cerca nel blog

Vota il mio blog...

siti migliori

Translator (Translate blog entries in your language!)

Post in evidenza

"I MIEI BRANI" 🎸🎶💞 TUTTI I VIDEO UFFICIALI DI TORRI CRISTIANO CANTAUTORE DI CARRARA (MS) - TOSCANA

TORRI CRISTIANO CANTAUTORE CANALE YOUTUBE DI CRISTIANO TORRI CANALE UFFICIALE DI TORRI CRISTIANO SU SPOTIFY PROFILO FACEBOOK DI TORRI CRISTI...

venerdì 25 aprile 2008

Juan Domingo Perón...chi era l'uomo forte dell'Argentina Fascista!

Juan Domingo Perón Sosa (Lobos, 8 ottobre 1895, secondo alcune fonti Mamoiada, NU, 26 marzo 1891 – Olivos, 1 luglio 1974) è stato un militare e politico argentino. [1]
Perón e sua moglie Eva erano molto popolari in una parte del popolo argentino e considerati come delle vere e proprie figure iconiche dai sostenitori del Partito Peronista. I seguaci di Perón plaudivano ai suoi sforzi per eliminare la povertà e dare dignità al lavoro, i suoi detrattori, invece, lo hanno considerato un demagogo e un dittatore. Diede vita al movimento politico conosciuto come Peronismo, movimento che si proponeva quale terza via fra capitalismo e socialismo. È stato uno dei presidenti argentini più discussi[2], anche per aver dato asilo e nascosto i nazisti che scappavano dai processi per crimini di guerra al termine della Seconda guerra mondiale.
Juan Peron entrò nella scuola militare all'età di 16 anni e dopo il diploma fece rapidamente carriera nei vari gradi. Prestò servizio in Italia alla fine degli anni trenta nel ruolo di osservatore militare [3] e in questo periodo apprese la dottrina fascista che sarebbe stata la base ideologica del Partito Giustizialista .
Nel giugno del 1943, con il grado di colonnello, svolse un ruolo di primo piano nel golpe militare del GOU (Grupo de Oficiales Unidos) contro il governo civile di Ramón Castillo. Inizialmente sottosegretario alla guerra sotto il generale Pedro Ramírez, divenne ministro del lavoro e dello stato sociale nel novembre dello stesso anno ed in seguito vicepresidente e segretario alla guerra sotto il generale Edelmiro Farrell (febbraio 1944).


Costretto alle dimissioni dagli oppositori all'interno delle stesse forze armate il 9 ottobre del 1945, Perón fu arrestato dopo poco, tuttavia manifestazioni di massa organizzate dal sindacato CGT portarono al suo rilascio il 17 ottobre, ed inoltre il supporto popolare gli aprì la strada alla presidenza con il 56% dei voti nelle elezioni del 24 febbraio 1946.
Perón perseguì una politica sociale che mirava all'aumento dei poteri della classe operaia. Espanse enormemente il numero di lavoratori iscritti al sindacato e aiutò a fondare la potente Confederazione Generale del Lavoro (CGT). Definì questa come la «terza posizione» (definizione ripresa in seguito da numerosi movimenti antagonisti radicali europei, compresi quelli italiani), tra il capitalismo e il comunismo, sebbene egli fosse dichiaratamente anti-americano ed anti-britannico. Perón spinse molto anche verso l'industrializzazione del paese; nel 1947 annunciò il primo piano quinquennale per dare un aiuto alle industrie appena nazionalizzate. La sua ideologia, soprannominata peronismo e che ebbe come sbocco istituzionale la costituzione del Partito Giustizialista (Partido Justicialista), ebbe grande influenza tra i partiti politici argentini.


La seconda moglie di Perón, Eva Duarte de Perón (1919 - 1952, che aveva sposato Perón il 2 ottobre 1945), conosciuta con l'affettuoso diminutivo di Evita, aiutò il marito con il sostegno del sindacato e dei gruppi femminili e gestì gran parte dell'attività propagandistica del coniuge. Perón rivinse le elezioni nel 1951: tuttavia i problemi economici, l'alto livello della corruzione e i conflitti con la Chiesa cattolica contribuirono alla sua destituzione con un colpo di stato militare organizzato nel settembre del 1955. Si recò in esilio in Paraguay, da dove infine riparò a Madrid. Sposò la cantante e ballerina di un night club, Isabel Martínez de Perón nel 1961.
In Argentina, gli anni cinquanta e sessanta furono segnati da frequenti cambi di governo e da un'insufficiente crescita economica, con continue rivendicazioni sociali e sindacali. Non essendo il governo riuscito a rivitalizzare l'economia e a sopprimere l'escalation terroristica dei gruppi peronisti come i Montoneros alla fine degli anni sessanta e nei primi settanta, si aprì la strada al ritorno di Perón. Il generale Alejandro Lanusse aveva assunto il potere nel marzo del 1971 e aveva dichiarato l'intenzione di ripristinare la democrazia costituzionale a partire dal 1973. Dall'esilio, Perón sostenne i peronisti di sinistra e le organizzazioni sindacali più attive.


Il 1° marzo del 1973 si tennero in Argentina le elezioni generali. Anche se a Perón fu impedito di concorrere, gli elettori votarono come presidente un suo sostenitore, Héctor Cámpora. Campora si dimise nel luglio dello stesso, spianando la strada a nuove consultazioni. A quel punto la confusione era tale che da più parti si invocava il ritorno di Perón. Egli tornò al suo paese natale e vinse la tornata elettorale, divenendo presidente per la terza volta, nell'ottobre del 1973, affidando a sua moglie Isabel il ruolo di vicepresidente.
Il nuovo regime peronista si disfece per via dei conflitti tra i sostenitori di sinistra e quelli di destra. Nel tentativo di ristabilire l'ordine pubblico, il governo deliberò alcuni provvedimenti di emergenza. Perón morì il 1° luglio 1974, con tali problemi ancora non risolti e a lui succedette Isabel. Quest'ultima fu rovesciata da un golpe il 24 marzo del 1976 ed il suo esecutivo fu sostituito da una giunta militare.
Perón è sepolto nel Cementerio de la Chacarita a Buenos Aires, Argentina.


Onorificenze:


Curiosità:


C'è una teoria, sostenuta e argomentata da alcuni studiosi sardi (Peppino Canneddu[5], Gabriele Casula[6] e Raffaele Ballore[7], secondo cui Perón sarebbe stato, in realtà, un emigrato sardo, tale Giovanni Piras di Mamoiada, inventatosi natali argentini per sfuggire alla coscrizione durante la prima guerra mondiale.
La notizia del Peron sardo appare per la prima volta nel marzo del 1951, in un articolo a firma Nino Tola, avvocato-giornalista di Mamoiada.
Data e luogo di nascita sono in discussione anche in Argentina. L'anagrafe è contestata da Hipolito Barreiro che nella sua pubblicazione Juancito Sosa, un indio Teuelche del 2000- Buenos Aires sostiene che Juan Peron non è nato a Lobos l'8 ottobre 1895 ma a Roque Perez il 7 ottobre 1893.Recentemente è stato richiesto l'esame del DNA, non dai parenti del Piras (che non hanno mai avuto pretese sulla successione), ma dall'argentina Marta Susana Holgado, che ha promosso una causa presso la magistratura argentina sostenendo di essere figlia di Perón e reclamando una parte della sua eredità. Il ricercatore Raffaele Ballore non sostiene più la teoria del Piras; pur rimanendo convinto delle sue origine sarde ora esclude scientificamente che si tratti del Piras di Mamoiada[8].




Evita Peron...chi era in breve la donna che è stata la moglie del Capo di Stato dell'Argentina Fascista!

Eva Maria Ibarguren Duarte nasce il 7 maggio 1919 a Los Toldos (Buenos Aires, Argentina). La madre Juana Ibarguren svolgeva le mansioni di cuoca nella tenuta di Juan Duarte, da cui ebbe quattro figlie ed un figlio (Elisa, Blanca, Erminda, Eva e Juan). "El estanciero" però (così era chiamato Duarte), non la porterà mai davvero all'altare a causa del fatto che...aveva già una famiglia. E anche molto numerosa. Evita cresce così in questo clima un po' ambiguo con un padre che non è un vero padre a venendo a contatto giornalmente con situazioni assai equivoche sul piano dei rapporti personali con i familiari. Fortunatamente, tutto ciò sembra non influire più di tanto sul carattere già forte della ragazzina. L'illegittimità non pesa tanto a lei, quanto alla mentalità gretta delle persone che la circondano. In paese non si fa altro che vociferare sulla strana situazione e ben presto sua madre e lei stessa diventano "un caso", materia viva su cui spettegolare. La goccia che fa traboccare il vaso si verifica a scuola. Un giorno, infatti, entrando in classe, trova scritto sulla lavagna: "Non eres Duarte, eres Ibarguren!" Parole di scherno seguite dagli inevitabili risolini degli altri bambini. Lei e la sorella, per ribellione, lasciano la scuola. Intanto, anche la madre viene abbandonata da Duarte. Per sopravvivere si arrangia allora a cucire abiti su ordinazione per conto di un negozio. In tal modo, aiutata dalle due figlie maggiori, riesce a mantenersi decorosamente. La madre di Evita, inoltre, ha un carattere di ferro e, malgrado la sostanziale povertà con cui è costretta a fare i conti, non transige su ordine e pulizia. Evita invece è decisamente meno pragmatica. E' una ragazza sognatrice, molto romantica e portata a vivere i sentimenti con tutta la pienezza possibile. La prima volta che mette piede in una sala cinematografica, basta la visione di un film per accenderle la passione per il cinema. Nel frattempo la famiglia s'era trasferita a Junín. Qui Evita ha l'opportunità di conoscere un mondo lontano anni luce dalla sua realtà quotidiana, fatto di pellicce, di gioielli, di sprechi e di lusso. Tutte cose che accendono immediatamente la sua sfrenata fantasia. Insomma, diventa ambiziosa e arrivista. Queste aspirazioni iniziarono ben presto a condizionare la vita di Eva. Trascura la scuola, ma in compenso si dedica alla recitazione con la speranza di diventare una grande attrice, più per essere ammirata e idolatrata che per amore dell'arte. Inoltre, come di prassi, si mette spasmodicamente alla ricerca del classico "buon partito". Dopo infruttuosi tentativi fra direttori di aziende, dirigenti delle ferrovie e grandi proprietari terrieri si trasferisce a Buenos Aires. Evita è ancora una ragazzina, ha solo quindici anni, e rimane quindi ancora un mistero perchè, e con chi, si trasferisce nella capitale argentina. La versione più accreditata avalla l'ipotesi che, essendo giunto a Junín il famoso cantante di tango Augustín Magaldi, Eva abbia tentato in tutti i modi di conoscerlo e di parlargli. Dopo avergli espresso il suo desiderio di diventare attrice, l'avrebbe supplicato di portarla con lui nella capitale. A tutt'oggi, però, non sappiamo se la giovane partì con la moglie del cantante, che si trovava a fare anche da "chaperon", oppure divenne l'amate dell'artista. Una volta a Buenos Aires, si trova ad affrontare la vera e propria giungla del sottobosco che popola il mondo dello spettacolo. Attricette, soubrette arriviste, impresari senza scrupoli e così via. Riesce però con grande tenacia ad ottenere una particina in un film, "La senora de Pérez", cui seguirono altri ruoli di secondaria importanza. Tuttavia la sua esistenza, e soprattutto il suo tenore di vita, non cambiano molto. Talvolta rimane addirittura senza lavoro, senza ingaggi, barcamenandosi in compagnie teatrali a salari da fame. Nel 1939, la grande occasione: una compagnia radiofonica la scrittura per un radiodramma in cui lei ha la parte della protagonista. E' la fama. La sua voce fa sognare le donne argentine, interpretando di volta in volta personaggi femminili dal drammatico destino con inevitabile lieto fine. Ma il bello, come si suol dire, deve ancora venire. Tutto ha inizio con il terremoto che nel 1943 rade al suolo la città di S. Juan. L'Argentina si mobilita e nella capitale viene organizzato un festival per raccogliere i fondi destinati alle vittime della sciagura. Nello stadio, fra numerosi Vip e politici nazionali, è presente anche il colonnello Juan Domingo Perón. La leggenda vuole che sia stato un colpo di fulmine. Eva attratta dal senso di protezione che Perón, di ventiquattro anni più anziano, le suscita, lui colpito dall'apparente bontà di lei (come dichiarato in un'intervista) e dal suo carattere insieme nervoso ed insicuro. Ma chi era e che ruolo aveva Peron all'interno dell'Argentina? Malvisto dai democratici, che lo accusavano di essere un fascista e ammiratore di Mussolini, si manteneva saldamente al potere delle forze armate. Nel 1945, però, un colpo di mano all'interno dell'esercito costringe Perón a dimettersi dalle sue cariche e viene addirittura arrestato. I vari capi sindacali ed Evita, che intanto era diventata una fervente attivista, insorgono, fino ad ottenere il suo rilascio. Poco dopo i due decidono di sposarsi. Evita però si porta ancora dentro un fardello difficile da digerire, il fatto cioè di essere una figlia illegittima. Per prima cosa, dunque, si adopera per far sparire il suo atto di nascita (sostituendolo con un documento falso che la dichiarava nata nel 1922, anno in cui morì la legittima moglie del padre), poi modifica il suo nome: da Eva Maria diventa Maria Eva Duarte de Perón, più aristocratico (la ragazze di buona famiglia, infatti, portavano il nome Maria per primo). Finalmente, il 22 ottobre 1945, i due amanti si sposano. E' la coronazione di un sogno, un traguardo raggiunto. E' ricca, ammirata, agiata e soprattutto moglie di un uomo potente. Nel 1946 Perón decide di candidarsi alle elezioni politiche. Dopo un'estenuante campagna elettorale, viene eletto Presidente. Evita esulta, soprattutto perché vede accrescere il suo potere personale, esercitato all'ombra del marito. Il ruolo di "first lady", poi, le si attaglia a perfezione. Ama farsi confezionare abiti da sogno e apparire smagliante a fianco del consorte. L'8 giugno la coppia visita, osteggiando enorme sfarzo, la Spagna del generale Francisco Franco, poi si fa ricevere nei più importanti Paesi europei, lasciando sbalordita l'opinione pubblica argentina, uscita da poco da una dolorosa guerra. Dal canto suo Evita, indifferente di fronte alle meraviglie artistiche e totalmente manchevole di tatto nei confronti degli europei (famose alcune sue indelicate uscite e "gaffe"), visita solo i quartieri poveri delle città, lasciando somme ingenti per aiutare i bisognosi. Il contrasto fra la sua immagine pubblica e questi gesti di solidarietà non può essere più eclatante. Carica di gioielli in ogni occasione, sfoggia pellicce, abiti costosissimi e un lusso davvero sfrenato. Tornata dal viaggio si mette però al lavoro nuovamente con lo scopo di aiutare la povera gente e di difendere alcuni diritti fondamentali. Ad esempio, conduce una battaglia per il voto alle donne (che ottiene), oppure dà vita a fondazioni a beneficio di poveri e lavoratori. Costruisce case per i senzatetto e gli anziani, senza mai dimenticare le esigenze dei bambini. Tutta questa fervente attività benefica le procura grandissima popolarità e ammirazione. Spesso la domenica mattina si affaccia al balcone della casa Rosada davanti alla folla che la acclama, vestita e pettinata di tutto punto. Purtroppo, dopo qualche anno di una vita così appagante ed intensa, si profila l'epilogo, sotto forma di banali disturbi all'addome. Inizialmente si pensa a normali scompensi dovuti ai suoi cattivi rapporti con la tavola, dato che il terrore di diventare grassa l'aveva sempre indotta a mangiare con parsimonia, fino a sfiorare l'anoressia. Poi, un giorno, durante controlli per un'appendicite i medici scoprono trattarsi in realtà di un tumore all'utero in stato avanzato. Evita, inspiegabilmente, rifiuta di farsi operare, accampando la scusa che non vuole restare confinata a letto quando intorno c'è così tanta miseria e dichiarando che la gente ha bisogno di lei. Le sue condizioni rapidamente peggiorarono, aggravate dal fatto che ormai non tocca praticamente cibo. Il 3 novembre 1952 finalmente accetta di farsi operare, ma ormai è troppo tardi. Le metastasi tumorali riprendono a farsi vive solo pochi mesi dopo. Come si comporta Peron in questa tragica situazione? Il loro matrimonio ormai era solo di facciata. Di più: durante la malattia il marito dorme in una stanza lontana e si rifiuta di vedere l'ammalata, perché ormai ridotta ad uno stato cadaverico impressionante. Malgrado questo, alla vigilia della morte Evita vuole comunque avere il marito accanto e stare da sola con lui. Il 6 luglio, a soli 33 anni, Evita muore, assistita solo dalle amorevoli cure della madre e delle sorelle. Perón, apparentemente impassibile, fuma nel corridoio attiguo. Il decesso viene annunciato via radio a tutta la nazione, che proclama il lutto nazionale. I poveri, i disadattati e la gente comune cadono nella disperazione. La Madonna degli umili, com'era stata soprannominata, scompariva per sempre e così la sua volontà di aiutarli.


Ruhollah Khomeini: L'Ayatollah di ferro! In breve chi era l'uomo forte che ha consolidato il potere Islamico in Iran!

Ruhollah M. Khomeini, l'imam che guidò la rivolta degli sciiti iraniani contro lo scià Reza Pahlevi, era nato nel 1902. Studiò nella città santa di Qom e assistette alla profanazione della moschea di Fatima ad opera del fondatore della stessa dinastia dei Pahlevi, Reza Khan, nel 1927. Contrastò sempre con molta forza l'occidentalizzazione e il conseguente "ammodernamento" dell'Iran, che provocava gravi problemi sociali. Tutto ha inizio nel 1935, quando lo Scià Reza Shah accusato di germanofilia, e dopo avere coinvolto il Paese nella seconda guerra mondiale, abdicò in favore del figlio Mohammad Reza, ritirandosi di fronte alla duplice occupazione anglo-russa. Cessata l'occupazione, l'Iran ebbe inizialmente una ripresa costituzionale e di libertà democratiche, subito soppresse però da Mohammad Reza. Ma una sorta di unanimità nazionale si costituì sul problema dell'indipendenza economica, culminata nella nazionalizzazione del petrolio e nel conflitto con la Gran Bretagna (1950-51). La vittoria ottenuta dal primo ministro M.H. Mussadeq (1951/53) con l'estromissione degli inglesi apriva nuove possibilità. Una grave crisi politica generata dal contrasto tra lo scià e il primo ministro si concluse nella primavera del 1953 con la caduta di Mussadeq: lo scià Mohammad Reza cominciò così ad assumere un ruolo sempre più attivo nell'amministrazione dello stato grazie al cospicuo aiuto finanziario degli stati Uniti, in modo che l'Iran fu posto in condizioni di superare le gravi difficoltà finanziarie, poi ancor più sistemate grazie agli introiti derivanti dal petrolio. Nel complesso, dunque, si può dire che a quell'epoca l'Iran aveva senza dubbio un orientamento decisamente filo-occidentale. Per altri versi, però, i cambiamenti avvenuti nella società iraniana erano del tutto insoddisfacenti. Ad esempio, la sperequazione sociale tendeva ad aumentare, escludendo dai profitti non solo gli strati popolari e la classe operaia, ma anche i ceti medi, professionisti e commercianti, già privati dell'accesso a qualsiasi forma di potere decisionale. A tutto ciò faceva riscontro una durissima repressione sulla vita culturale e politica del Paese da parte dello Scià. A partire dal 1977 si verificò una forte crescita del movimento di opposizione al regime, la cui direzione venne rapidamente conquistata dai religiosi sciiti dell'Ayatollah Khomeini che, a seguito della sua attività di opposizione era stato precedentemente arrestato ed espulso. Trovato rifugio in Francia, da lì continuava a produrre discorsi che poi faceva pervenire nel suo Paese, a sostegno di coloro che, dall'interno, lottavano contro il regime dispotico dei Pahlevi. Nell'autunno 1978, nonostante sanguinose repressioni, lo scià si vide costretto a lasciare l'Iran mentre l'esercito si disgregava. Nel 1979 lo scià venne definitivamente deposto e Khomeini poté così insediare una Repubblica islamica. Il suo ritorno fu salutato da esplosioni di gioia tra gli sciiti. L'ayatollah nominò un governo provvisorio e assunse la direzione effettiva del Paese. Il 1° aprile, a seguito di referendum, fu proclamata la Repubblica Islamica dell'Iran e in dicembre un altro referendum approvò una nuova costituzione che prevedeva una guida religiosa del paese (tale carica fu attribuita a vita a Khomeini). Intanto, nel settembre 1980 l'Iraq diede inizio alle ostilità contro l'Iran, riaprendo antiche questioni territoriali. L'offensiva venne bloccata e diede origine ad un sanguinoso conflitto terminato solo nel 1998. All'interno del Paese, intanto, le elezioni del 1980 videro la vittoria del Partito repubblicano islamico (PRI). Le elezioni legislative del 1984 sancirono il carattere di stato a partito unico ormai assunto di fatto dall'Iran, ma nel 1987 anche il PRI veniva sciolto dall'Ayatollah Khomeini, che dichiarava esauriti i suoi compiti. Dal 1988 pertanto, le elezioni videro la partecipazione di candidati non più legati a vincoli di partito, anche se facenti parte a gruppi e correnti diverse nell'ambito del regime islamico. Le elezioni presidenziali dell'agosto 1985 confermarono capo dello stato Ali Khamenei (eletto per la prima volta nel 1981); nel 1989 questi succedeva a Khomeini, morto in giugno, quale guida religiosa del Paese, e, alla presidenza della Repubblica, veniva eletto A. RafsanJani. Una riforma costituzionale, approvata tramite referendum nello stesso anno, aboliva la carica di primo ministro e rafforzava i poteri presidenziali. I negoziati di pace tra Iran e Iraq, avviati dopo il cessate il fuoco dell'agosto 1989, rimasero di fatto bloccati fino all'agosto 1990, quando la crisi internazionale apertasi con l'occupazione del Kuwait da parte dell'esercito iracheno induceva Baghdad a riconoscere la sovranità iraniana su alcuni territori. Ciò consentì la riapertura di relazioni diplomatiche fra i due paesi nel settembre del 1990. A partire dal 1997 la carica di presidente della Repubblica è ricoperta da Mohammad Khatami.


Edda Ciano Mussolini...chi era la donna che è stata la figlia prediletta del Duce Benito Mussolini!

Figlia del duce, Edda nasce il giorno 1 settembre 1910, da Benito Mussolini e da Rachele Guidi; la coppia non è sposata, e Edda è un'illegittima registrata all'anagrafe solo dal padre, con "N.N." al posto del nome materno. Edda trascorre l'infanzia a Milano, discola, magrissima, sovente si comporta come un cosiddetto maschiaccio. Grazie all'amica Maria, conosce il fratello di quest'ultima, il conte Galeazzo Ciano; dopo soli due mesi Edda Mussolini, appena ventenne, lo sposerà il 24 aprile 1930. Capri è la meta del loro viaggio di nozze lampo, poi i due sposi partono per Shanghai dove Galeazzo Ciano è console. Dopo la nascita del figlio Fabrizio rientrano in Italia nel 1932, dove la carriera di Ciano culminerà con la nomina a Ministro degli Esteri. Il genero del duce è sempre indaffarato con gli impegni inerenti la sua posizione. Edda svolge una vita di società; nascono altri due figli: Raimonda detta Dindina nel dicembre del 1933, e Marzio nel dicembre del 1937. Mentre Ciano partecipa alla guerra d'Abissinia, Edda vive con i figli nella grande casa ai Parioli; la domenica si reca d'abituidine a pranzo dai genitori a Villa Torlonia. L'educazione in casa Ciano è rigida, militaresca: la madre che tutti, figli compresi, chiamano l'Edda, mette in riga prole con ordini indiscutibili. Per i ragazzi le visite domenicali ai nonni Mussolini sono una boccata d'ossigeno, poiché l'etichetta è lasciata fuori dal cancello. Dopo lo scoppio della guerra Edda Ciano parte per l'Albania con il gruppo delle crocerossine. La nave-ospedale sulla quale è imbarcata, la "Po", viene silurata dagli inglesi mentre è ormeggiata nel porto di Valona: affonda e il disastro produce un alto numero di vittime. Nella circostanza Edda si tuffa in mare e nuotando si pone in salvo su di una scialuppa. La sua vita di crocerossina continua con grande dedizione: affida i figli alla governante, una signora intransigente tedesca. La guerra continua: Edda lascia le crocerossine. Il 25 luglio 1943 è in vacanza al mare con i figli, quando le arriva un messaggio di Galeazzo Ciano che chiede loro di rientrare subito a Roma. Ciano ha votato contro Mussolini: il fascismo è caduto. Mentre Ciano resta barricato in casa, Edda cerca di patteggiare con i tedeschi l'espatrio della famiglia, dopo che il Vaticano ha rifiutato loro asilo. I tedeschi fingono di far espatriare la famiglia Ciano al completo, destinati in Spagna, invece li fanno prigionieri in Germania. Mussolini viene liberato e si costituisce la Repubblica di Salò; Ciano viene arrestato il 18 ottobre 1943 e rispedito in Italia. Edda inizia una dura battaglia solitaria per salvare la vita del marito, cercando di barattarla con i diari del medesimo, critici verso la Germania. Con l'aiuto di qualche amico fidato Edda mette al sicuro i figli in Svizzera, recupera i diari del marito e ricatta il padre facendo leva sui sentimenti. Ricatta anche Hitler con i diari, tuttavia non riesce a salvare il marito che viene fucilato a Verona il giorno 11 gennaio 1944. Edda si rifugia con i figli in Svizzera; alloggiano per lo più in case di cura o manicomi e i soldi scarseggiano. Fucilato Mussolini, dopo quattro mesi, dietro richiesta degli italiani, gli svizzeri fanno uscire Edda Mussolini dal paese con la pietà di consegnarla agli alleati per evitare che si compia per lei una giustizia sommaria e violenta. Condannata a due anni di confino con grotteschi capi d'accusa Edda viene mandata a Lipari. Dopo un anno beneficia di un'amnistia e si ricongiunge ai figli. Inizia poi una battaglia per il recupero della salma del padre e per riavere i beni di famiglia sequestrati. Secondo le cronache Edda e la madre Rachele furono divise da un odio mortale: la madre le rimproverava il tradimento del marito, la figlia di non avere interceduto presso il padre per la salvezza del medesimo. Solo nel 1947 le due donne trovarono una riconciliazione. Edda recupera così una parte dei beni di famiglia, la vita comincia a scorrere in modo meno convulso, nonchè più agiato. Edda viaggia per il mondo per conto proprio senza mancare di far visita ai figli Fabrizio e Dindina (Marzio è morto giovanissimo), sistemati all'estero. La figlia prediletta dal Duce, in una serie di interviste registrate nel 1989 da un amico di vecchia data, ha raccontato per la prima volta la sua vita, con una sincerità talvolta imbarazzante. Ha rivelato così molti segreti, non tanto di Stato, quanto di famiglia. L'adolescenza, il difficile rapporto tra genitori, le loro passioni, l'ascesa e il potere del padre i suoi amori, le guerre, la vita mondana, le tragiche giornate di Verona. Edda Ciano Mussolini si spegne a Roma il 9 aprile 1995.


Eva Braun...chi era in breve la donna che è stata l'amante e la moglie di Adolf Hitler!

Si troverà al fianco di un genio del male, dell'uomo che forse più di ogni altro è incarnazione e simbolo del dispiegarsi della malvagità nella storia. Eppure Eva Braun, nata a Simbach il 6 febbraio 1912, è una ragazza semplice, che proviene da una famiglia semplice. E' la seconda figlia di Fritz Braun, un rispettabile maestro di Monaco, e Franziska. Fritz Braun è uno studioso, astemio e protestante non praticante. Franziska, cresciuta come cattolica devota, è vitale, socievole e atletica. Da bambine, le tre figlie dei coniugi Braun prendono lesione di musica, d'arte e di danza. Il padre Fritz spera che Eva diventi un'artista; la madre Franziska vuole per lei un futuro da sarta. Lei, refrattaria alla disciplina che i genitori cercano di imporle, pensa solo a truccarsi, alla dieta, ai vestiti e ai ragazzi. Nel 1928, nel tentativo di imporle una rigida educazione, i genitori di Eva la iscrivono in un istituto cattolico femminile. Il tentativo fallisce: Eva lascia il convento nell'autunno successivo, confidando a una compagna: "Non è vita per me". Tornata a casa, Eva trova che la sorella maggiore, Ilse, lavora per un dottore di nome Marx. Vedendo nel lavoro la possibilità di ottenere l'indipendenza economica dai genitori, Eva trova un impiego rispondendo all'annuncio appeso alla porta del piccolo negozio del fotografo Heinrich Hoffmann. Hoffmann lavora molto per un partito politico che sta acquistando rapidamente importanza: il Partito Nazionalsocialista. Le vetrine del suo negozio sono piene delle fotografie del fiero leader del partito, un austriaco di quarant'anni: Adolf Hitler. Hoffmann, consapevole della crescente popolarità del partito nazista, vuole compiacere il suo cliente. Sa che Hitler ha una passione per le ragazze giovani e belle. Così, lo invita nel proprio negozio e gli presenta Eva. Lei non si interessa affatto di politica, e non lo riconosce. Tra Eva Braun e Adolf Hitler nasce una relazione. Eva la tiene segreta alla famiglia, che sa ostile all'astro nascente della politica tedesca. Il padre, infatti, pensa che Hitler sia un estremista, e lo considera un imbecille. La sorella Ilse lavora ancora per il dottor Marx, un ebreo, e detesta Hitler per la sua veemente retorica antisemita. Eva Braun pensa già di trascorrere il resto della vita insieme a Hitler, ma le attenzioni che ha per lei sono solo temporanee: quando il partito accresce il proprio potere, lui inizia a trascurarla. Eva si sente abbandonata, e giunge a tentare il suicidio, sparandosi con la pistola del padre. La salva l'imperizia: il proiettile le colpisce il collo. La sorella Ilse la trova in un lago di sangue, ma cosciente. Eva le chiede di chiamare il dottor Marx, e di dirgli che si è trattato di un incidente. Alcuni mesi dopo il tentato suicidio, avviene l'incontro tra i coniugi Braun e l'amante della figlia. Mentre stanno viaggiando nella campagna tedesca, Fritz e Franziska si fermano per pranzare nel villaggio di Lambach. Poco dopo, un'auto del Partito Nazista si ferma nello stesso luogo: dalla macchina scende Hitler e, con lui, la loro figlia ventenne. Fritz Braun, che in seguito saprà trarre vantaggio dalla relazione della figlia con il Fuhrer, è per ora preda di scrupoli morali. Scrive nel 1935 ad Adolf Hitler: "La mia famiglia sta vivendo un periodo doloroso, perché le mie due figlie, Eva e Gretel, hanno lasciato la nostra casa per andare a vivere in un appartamento che lei ha messo a loro disposizione. Io, come capo famiglia, mi sono trovato di fronte al fatto compiuto. Resto dell'opinione, se vuole un po' antiquata, che si debba rispettare la morale. I figli non dovrebbero allontanarsi da casa e dalle cure dei genitori prima del matrimonio". Fritz affida la lettera al fotografo Hoffmann, il quale, ovviamente, la consegna a Eva, che la distrugge. Eva continua a sentirsi trascurata, abbandonata. Il 28 maggio 1935 scrive sul suo diario: "Mio Dio aiutami, devo parlare con lui oggi. Domani sarà troppo tardi. Ho deciso di prendere 35 pastiglie: questa volta devo essere sicura di morire. Se solo dicesse a qualcuno di telefonarmi...". Attua il suo proposito, ma ancora una volta la sorella la trova, e anche questo tentativo fallisce. Dopo il secondo tentativo di suicidio di Eva, Hitler decide di trasferirla al Berghof, la sua residenza nell'Obersalzburg. La presenta ai membri del partito e addirittura alla sua segretaria privata. Per Eva comincia una nuova vita: ci sono 12 impiegati ai suoi ordini, compra vestiti e accessori costosi, una pelliccia di volpe argentata, una sofisticata macchina fotografica e pratica tutti gli sport possibili. Hitler le mette a disposizione una Mercedes con autista e molto denaro per i suoi acquisti. Lei trascorre il tempo prendendo il sole, facendo ginnastica e guardando film americani proibiti. Fa costruire nella cantina una sala da bowling, compra i migliori profumi e cosmetici, a volte cambia vestito ogni ora, e va tutti i giorni dal parrucchiere. Intanto, Hitler continua a cercare altre relazioni. Mostra di prediligere donne intellettuali e sofisticate: l'esatto contrario di Eva Braun. Quando l'Inghilterra e la Francia dichiarano guerra alla Germania, Eva ne è contenta: con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale il Fuhrer non avrà tempo per altre donne. I pochi anni successivi saranno i più felici della sua vita. Tuttavia, la sua influenza su Hitler continua a essere nulla: quando il convento dove ha studiato da ragazza è requisito dai nazisti per farne un campo di addestramento, le suore pregano Eva di aiutarle. Ma Eva sa di non poter ottenere alcuna concessione, e neppure chiede a Hitler intervenire. Nel 1942 le sorti della Germania nella guerra iniziano a cambiare. Eva non può che esserne seccata. L'anno successivo, la trentenne Eva Braun esprime il suo sdegno per il fatto che, a causa della guerra, tra breve in Germania non saranno più reperibili cosmetici e prodotti per la cura dei capelli. Nel giugno del 1944, mentre gli alleati sbarcano sulle coste della Normandia, la sorella minore di Eva, Gretel, sposa un ufficiale delle SS: sono le nozze che Eva desidera da sempre. Un mese dopo, un gruppo di ufficiali dell'esercito ordisce un complotto per assassinare Hitler. Il Fuhrer scampa all'attentato, ma è gravemente ferito e il giorno seguente scrive ad Eva: "Mia cara, sto abbastanza bene, non ti preoccupare per me. Forse sono un po' stanco. Spero di ritornare a casa presto e di riposare fra le tue braccia. Ne ho un gran bisogno, ma il mio impegno con il popolo tedesco supera ogni altra cosa". La risposta di Eva è immediata e senza riserve: "Caro, ti sono accanto. In questo momento mi sento morire sapendo che tu sei in pericolo. Torna il più presto possibile. Sto diventando pazza. Il tempo qui è bello. Tutto sembra tranquillo e io sono così confusa. Sai che preferirei morire se dovesse accaderti qualcosa. Fin dal nostro primo incontro promisi a me stessa che ti avrei seguito ovunque, fino alla morte. Io vivo solo per il tuo amore. Tua, Eva". Di fronte all'avanzata delle forze alleate in Germania, Hitler decide di compiere il suo ultimo viaggio dal Berghof alla cancelleria del Reich a Berlino. Eva lo segue di sua spontanea volontà. Nel marzo del 1945, le truppe sovietiche entrano a Berlino. Hitler ed Eva Braun si nascondono nel bunker sotto la cancelleria del Reich. Hitler detta una lettera alla sua segretaria: "I generali mi hanno tradito. Il popolo tedesco non crede più a nulla. Ma, nonostante ciò, io continuo a combattere per loro. Il nazionalsocialismo è giunto alla fine. Gli ebrei ne sono i responsabili". Dopo avere ordinato l'esecuzione di alcuni presunti traditori antinazisti, tra cui il marito di Gretel, che è incinta, Hitler esaudisce il desiderio più grande di Eva: alle prime ore del 29 aprile, sono in piedi davanti a un ufficiale dello stato civile per sbrigare le formalità del matrimonio. Nel pomeriggio del 30 aprile 1945, Adolf Hitler e sua moglie si suicidano insieme. Hitler ingoia una capsula di cianuro e si spara. Eva prende soltanto il veleno. Una settimana dopo il suicidio di Eva Braun, Gretel, la sorella rimasta vedova, dà alla luce una bambina. La chiamerà Eva.


L' Imperatore Hirohito...chi era in breve l'uomo forte del Giappone fiero alleato della Germania Nazista!

Hirohito imperatore del Giappone dal 1926 al 1989, è nato a Tokyo nel 1901. Ha svolto un ruolo importantissimo nel Giappone moderno, anche sul piano simbolico, perché è stato l'ultimo sovrano a essere ritenuto l'incarnazione della divinità (in ossequio alle credenze della fede scintoista), seppure questa credenza sia stata ritenuta valida solo durante i primi anni di regno. Un'altra peculiarità che segna per così dire la sua modernità e il suo essere un punto di svolta nel costume e nella mentalità del Sol Levante è l'esser stato il primo principe giapponese ad allontanarsi dal territorio nazionale, dopo che, nel 1921, ebbe modo di visitare l'Europa. La sua infanzia è contrassegnata da rigore e disciplina, tanto che a fianco degli studi tradizionali è forgiato dai tutori attraverso la pratica militare. Ben presto, a soli vent'anni, viene nominato reggente, a causa soprattutto delle condizioni di salute del padre, che versava in uno stato di malattia cronica. Copre questo ruolo fino al 1926, fino a che sale finalmente al trono. Chiama il suo regno "Showatenno" (che si può tradurre con le parole "era della brillante armonia"). Inoltre, solo l'anno precedente era convolato a nozze: il primo figlio (un maschio), destinato a succedergli, verrà alla luce nel 1933. Fedele alla sua educazione militare, il primo ventennio del suo regno è lasciato nelle mani di un'élite militare, con la grave conseguenza che all'interno di essa si scatenano inevitabilmente forze ed interessi non proprio chiari e cristallini. Anzi, il desiderio espansionistico con cui questa classe dirigente contrassegna la politica giapponese porterà dritti dritti ad un sanguinoso conflitto con la Cina della durata di quasi dieci anni (dal 1937 al 1945). In seguito, poi, il Giappone si vedrà coinvolto nel ben più grave conflitto mondiale, fino a subire la tragica sconfitta per mezzo della bomba atomica sganciata dagli americani. Infatti, il Giappone si era alleato con la potenza nazista creata da Hitler, nella speranza di diventare una costola del Reich nel cuore dell'Oriente e così dominarlo. All'interno di questi sanguinosi eventi, si profilano finalmente con decisione le prime iniziative concrete di Hirohito. Schoccato dalla controffensiva atomica, con il Giappone in ginocchio e piegato nel suo orgoglio, nell'agosto 1945 interviene personalmente per indurre il governo ad accettare la dichiarazione di Potsdam per la resa incondizionata. Una volta ottenuto questo importante consenso, per la prima volta si rivolge alla popolazione attraverso la radio, allo scopo di comunicare che il Giappone si era arreso incondizionatamente agli Alleati. In seguito alla resa, Hirohito collabora attivamente con le forze nemiche di occupazione, trasformando il paese in una nazione democratica. E' il 1° gennaio 1946 quando nega pubblicamente il carattere divino della propria autorità, mentre l'anno dopo promulga la nuova Costituzione, che istituisce una monarchia costituzionale. Il suo ruolo viene così limitato a funzioni quasi esclusivamente cerimoniali, ma l'imperatore si impegna comunque a fondo per restaurare il prestigio della casa imperiale, largamente compromesso dall'alleanza con i militari. Il suo comportamento, preso nel suo complesso, gli vale la benevolenza degli Alleati, che rinunciano a citarlo in giudizio durante i processi per crimini di guerra del 1946-1948, sebbene fosse indirettamente coinvolto nei piani bellici giapponesi. Non viene invece risparmiato il generale Tojo Hideki (primo ministro in epoca di guerra), che, dopo regolare processo, viene riconosciuto colpevole e condannato a morte. Per ristabilire definitivamente la propria immagine, rinsaldandola a livello popolare e cercando di contribuire alla pace sociale, Hirohito e la moglie intensificano i contatti con la popolazione giapponese e, nel decennio tra il 1970 e il 1980, la coppia imperiale viaggia in Europa occidentale e negli Stati Uniti effettuando visite diplomatiche all'insegna dell'amicizia e della riconciliazione. Uomo colto e dai molteplici interessi, l'imperatore si dedicava non saltuariamente allo studio della biologia marina, ricevendo anche notevoli riconoscimenti per le sue ricerche nel settore. Muore il 7 gennaio 1989 circondato da grandi onori e avendo riconquistato la stima del suo popolo.


Giulio Cesare...chi era in breve l'uomo forte dell'antico Impero Romano!

Caio Giulio Cesare nacque a Roma nel 100 a.C. Faceva parte dell'antichissima e nobile "gens Julia", discendente da Julo, figlio di Enea e, secondo il mito, a sua volta figlio della dea Venere. Era anche legato al ceto plebeo, in quanto sua zia Giulia aveva sposato Caio Mario. Finiti gli studi, verso i sedici anni, partì con Marco Termo verso l'Asia, dove era in corso una guerra. In Oriente conobbe Nicomede, re di Bitinia, dove si fermò per quasi due anni. Tornato a Roma diciottenne, Cesare sposò, per volere del padre, Cossuzia, ma alla morte di questi, la rinnegò per prendere in moglie la bella Cornelia, figlia di Cinna, luogotenente di Mario, scatenando così l'ira del potente dittatore Silla, che per altro aveva intuito le qualità del giovane. Le disposizioni del tiranno prevedevano che Cesare ripudiasse la moglie Cornelia, in quanto figlia di uno dei capi del partito democratico. Cesare si rifiutò: la cosa gli costò la condanna a morte e la confisca della dote della moglie; la condanna in seguito, su intervento di amici comuni, fu mutata in esilio. Esiliato appunto in Oriente, vi fece importanti esperienze militari, per terra e per mare. Rientrato nuovamente a Roma nel 69, intraprese il cosiddetto "cursus honorum": venne eletto alla carica di questore, grazie ai voti acquistati con il danaro prestatogli da Crasso. La carica gli fruttò il governatorato e un comando militare in Spagna, dove per un po' di tempo fronteggiò i ribelli, tornando poi in Patria con la fama di ottimo soldato e amministratore. Tre anni dopo fu nominato propretore in Spagna ma, pieno di debiti, poté partire solo dopo aver saldato tutti i contenziosi, cosa che fece grazie ad un prestito del solito Crasso. Divenne inoltre Pontefice Massimo nel 63 e pretore nel 62. In Spagna sottomise quasi del tutto gli iberici, riportò un bottino enorme e il senato gli concesse il trionfo, a causa del quale Cesare doveva ritardare il ritorno a Roma. In questo modo gli veniva impedito di presentare la sua candidatura al consolato, infatti la candidatura non poteva essere presentata in assenza del candidato. Cesare andò ugualmente a Roma, lasciando l' esercito fuori dalla città. Qui, strinse accordi di alleanza con il suo finanziatore Crasso e con Pompeo, in quel momento politicamente isolato: si formò allora un patto a tre, di carattere privato, consolidato da un solenne giuramento di reciproca lealtà , che aveva come fine, attraverso una opportuna distribuzione di compiti, la completa conquista del potere (luglio del 60). Il patto è conosciuto con il nome di "Primo Triumvirato". Nel frattempo, i legami con Pompeo erano stati stretti attraverso il matrimonio di quest' ultimo con Giulia, figlia di Cesare. Per l' anno 58, alla fine del suo mandato, Cesare fece eleggere come suoi successori Gabinio e Pisone; del secondo sposò la figlia Calpurnia, in quanto aveva divorziato dalla terza moglie, Pompea, a seguito di uno scandalo in cui era rimasta coinvolta. Nello stesso periodo chiese e ottenne il consolato della Gallia. Cesare aveva scelto le Gallie a ragion veduta: egli sapeva di aver bisogno, per poter aspirare al supremo potere, di compiere gesta militari di grande importanza e, soprattutto, di forte impatto. Le Gallie, da questo punto di vista, gli avrebbero appunto offerto l'occasione di conquistare territori ricchi di risorse naturali e di sottomettere un popolo ben noto per le proprie virtù militari e, per questo, molto temuto. I fatti confermarono pienamente i calcoli di Cesare. Anzi, riuscì ad ottenere risultati che andavano al di là di quanto egli stesso avrebbe mai osato sperare. Le vicende belliche gli offrirono oltretutto l'occasione di costituire un fedelissimo esercito personale e di assicurarsi fama imperitura e favolose ricchezze. Fu in particolare la fase finale del conflitto, quando dovette domare una ribellione capeggiata dal principe Vercingetorige, a mettere in risalto le straordinarie capacità militari di Cesare, che riuscì a sbaragliare il nemico nel proprio territorio e a fronte di perdite ridotte al minimo per i romani. La campagna militare, cominciata nel 58 a.C. e conclusa nel 51 a.C., fu minuziosamente - e magnificamente - narrata dallo stesso Cesare nei suoi Commentari (il celebre "De bello gallico"). Morto Crasso, sconfitto e ucciso a Carre (53 a.C.) nel corso di una spedizione contro i parti, il triumvirato si sciolse. Pompeo, rimasto solo in Italia, assunse pieni poteri con l'insolito titolo di "console senza collega" (52 a.C.). All'inizio del 49 a.C., Cesare rifiutò di obbedire agli ordini di Pompeo, che pretendeva, con l'appoggio del senato, che egli rinunciasse al proprio esercito e rientrasse in Roma come un semplice cittadino. In realtà Cesare rispose chiedendo a sua volta che anche Pompeo rinunciasse contemporaneamente ai propri poteri, o, in alternativa, che gli fossero lasciate provincia e truppe fino alla riunione dei comizi, davanti ai quali egli avrebbe presentato per la seconda volta la sua candidatura al consolato. Ma le proposte di Cesare caddero nel vuoto: prese allora la difficile decisione di attraversare in armi il Rubicone, fiume che delimitava allora l'area geografica che doveva essere interdetta alle legioni (fu in questa occasione che pronunciò la famosa frase: "Alea iacta est", ovvero "il dado è tratto"). Era la guerra civile, che sarebbe durata dal 49 al 45. Anch'essa fu molto ben raccontata da Cesare, con la consueta chiarezza ed efficacia, nel "De bello civili" Varcato dunque il Rubicone, Cesare marciò su Roma. Il senato, terrorizzato, si affrettò a proclamarlo dittatore, carica che mantenne fino all'anno seguente, quando gli fu affidato il consolato. Pompeo, indeciso sul da farsi, si rifugiò in Albania. Fu sconfitto a Farsalo, nel 48 a.C., in una battaglia che probabilmente è il capolavoro militare di Cesare: quest'ultimo, con un esercito di ventiduemila fanti e mille cavalieri, tenne testa vittoriosamente ai cinquantamila fanti e ai settemila cavalieri schierati da Pompeo, perse soltanto duecento uomini, ne uccise quindicimila e ne catturò ventimila. Pompeo fuggì in Egitto, dove venne assassinato dagli uomini di Tolomeo XIV, il quale credeva in tal modo di ingraziarsi Cesare. Cesare, invece, che aveva inseguito l'avversario in Egitto, inorridì quando gli presentarono la testa di Pompeo. In Egitto Cesare si trovò nella necessità di arbitrare un'intricata disputa su problemi di successione e conferì il trono all'affascinante Cleopatra, con la quale ebbe un'intensa storia d'amore (ne nacque un figlio: Cesarione). Nel 45 - ormai padrone assoluto di Roma - fece solenne ingresso nell'Urbe, celebrando il suo quinto trionfo. Da quel momento in poi Cesare detenne il potere come un sovrano assoluto, ma con l'accortezza di esercitarlo nell'ambito dell'ordinamento repubblicano. Infatti, si guardò bene dall'attribuirsi nuovi titoli, facendosi invece concedere e concentrando nelle proprie mani i poteri che, normalmente, erano divisi tra diversi magistrati. Ottenne pertanto un potere di fatto dittatoriale (prima a tempo determinato e poi, forse dal 45 a.C., a vita), cui associò come magister equitum l'emergente Marco Antonio. Non meno importanti furono la progressiva detenzione delle prerogative dei tribuni della plebe, dei quali Cesare assunse il diritto di veto e l'inviolabilità personale, e l'attribuzione del titolo permanente di imperator (comandante generale delle forze armate) nel 45 a.C. Infine, alla sua persona furono attribuiti onori straordinari, quali la facoltà di portare in permanenza l'abito del trionfatore (la porpora e l'alloro), di sedere su un trono aureo e di coniare monete con la sua effigie. Inoltre, al quinto mese dell'antico anno venne dato il suo nome (luglio = Giulio) e nel tempio di Quirino gli fu eretta una statua: sembra che Cesare vi fosse venerato come un dio sotto il nome di Jupiter- Iulius. Nel periodo che va dal 47 al 44 a.C. Cesare attuò varie riforme, molte delle quali contenevano gli elementi cardine del futuro principato, tra cui la diminuzione del potere del senato e dei comizi. Dal punto di vista economico promosse alcune riforme a favore dei lavoratori agricoli liberi, riducendo il numero di schiavi e fondando colonie a Cartagine e a Corinto; promosse numerose opere pubbliche e la bonifica delle paludi pontine; introdusse inoltre la riforma del calendario, secondo il corso del sole e non più secondo le fasi della luna. I malumori contro un personaggio di così grandi capacità e ambizioni, in Roma, non si erano mai sopiti. Vi era, ad esempio, il timore che Cesare volesse trasferire a un successore i poteri acquisiti (aveva adottato Ottaviano, il futuro imperatore Augusto), e nel contempo si riteneva inevitabile, o per lo meno altamente probabile, una deriva monarchica dell'avventura umana e politica di Giulio Cesare. Per questo, negli ambienti più tradizionalisti e nostalgici dei vecchi ordinamenti repubblicani fu ordita una congiura contro di lui, guidata dai senatori Cassio e Bruto, che lo assassinarono il 15 marzo del 44 a.C. (passate alla storia come le "Idi di marzo"). Tra gli innumerevoli ritratti che di lui ci sono stati conservati, due sono particolarmente significativi, ossia quello relativo al suo aspetto fisico, tracciato da Svetonio (nelle "Vite dei Cesari"), e quello morale, tracciato dal suo grande avversario Cicerone in un passo della seconda "Filippica". Ecco quello di Svetonio: "Cesare era di alta statura, aveva una carnagione chiara, florida salute[...] Nella cura del corpo fu alquanto meticoloso al punto che non solo si tagliava i capelli e si radeva con diligenza, ma addirittura si depilava, cosa che alcuni gli rimproveravano. Sopportava malissimo il difetto della calvizie per la quale spesso fu offeso e deriso. Per questo si era abituato a tirare giù dalla cima del capo i pochi capelli[...] Dicono che fosse ricercato anche nel vestire: usava infatti un laticlavio frangiato fino alle mani e si cingeva sempre al di sopra di esso con una cintura assai lenta". Non meno incisivo quello di Cicerone: " Egli ebbe ingegno, equilibrio, memoria, cultura, attività, prontezza, diligenza. In guerra aveva compiuto gesta grandi, anche se fatali per lo stato. Non aveva avuto per molti anni altra ambizione che il potere, e con grandi fatiche e pericoli l'aveva realizzata. La moltitudine ignorante se l'era conquistata coi doni, le costruzioni, le elargizioni di viveri e banchetti. I suoi li aveva acquistati con premi, gli avversari con manifestazioni di clemenza, insomma aveva dato ad una città, ch'era stata libera, l'abitudine di servire, in parte per timore, in parte per rassegnazione".


Napoleone Bonaparte...chi era in breve l'uomo forte che divenne Imperatore di Francia!

Napoleone Buonaparte (cognome successivamente francesizzato in Bonaparte), nasce il 15 agosto 1769 ad Ajaccio, in Corsica, secondogenito di Carlo Buonaparte, avvocato di origini toscane e di Letizia Ramolino, bella e giovane donna che avrà addirittura tredici figli. E' proprio il padre che, contrario all'idea che il figlio intraprendesse la carriera forense, lo spinge ad intraprendere quella militare. Il 15 maggio 1779, infatti, Napoleone si trasferisce nel collegio militare di Brienne, un luogo nel quale, a spese del re, venivano preparati i figli delle famiglie nobili. Accettato a seguito delle raccomandazioni del conte di Marbeuf, vi rimase cinque anni. Nel settembre del 1784, a quindici anni, viene invece ammesso alla scuola militare di Parigi. Dopo un anno ottiene il grado di sottotenente di artiglieria. Grandi rivolgimenti politici e sociali attendevano l'Europa e il giovane Napoleone era forse bel lungi dal credere che ne sarebbe stato l'artefice principale. Tutto ha inizio a seguito della Rivoluzione Francese, Al suo sanguinoso scoppio, i realisti còrsi si schierarono a difesa dell'antico regime e lo stesso Napoleone aderisce con entusiasmo alle idee che il nuovo movimento popolare professa. Dopo l'assalto e la presa della Bastiglia, Napoleone cerca di diffondere la febbre rivoluzionaria anche nella sua isola. Si getta nella vita politica del posto e combatte nelle fila di Pascal Paoli (il futuro realizzatore dell'unità morale e politica della Corsica). I suoi meriti sono tali che nel 1791 viene nominato comandante di battaglione nella Guardia Nazionale di Ajaccio. Il 30 novembre 1789 l'Assemblea nazionale proclama la Corsica parte integrante della Francia, ponendo così fine ad un'occupazione militare iniziata nel 1769. Intanto la Francia versa in una crisi politica senza precedenti. Alla caduta di Robespierre, Napoleone si vede affidare, nel 1796, poco prima del suo matrimonio con Joséphine de Beauharnais, il comando delle truppe per la campagna d'Italia nel corso della quale alla sua stoffa di stratega militare si aggiunge quella del vero Capo di Stato. Ma vediamo le tappe di questa "escalation". Il 21 gennaio Luigi XVI viene ghigliottinato in Place de la Révolution e Napoleone Bonaparte, promosso capitano di prima classe, partecipa alla repressione dell'insurrezione girondina e federalista delle città di Marsiglia, Lione e Tolone. Nell'assedio di Tolone il giovane capitano, con una intelligente manovra, ottiene la capitolazione della piazzaforte. Il 2 marzo 1796 viene nominato appunto comandante dell'armata d'Italia e, dopo aver battuto Piemontesi ed Austriaci, impone la pace con il trattato di Campoformio (1797), gettando in questo modo le basi di quello che più tardi diverrà il Regno d'Italia. Dopo questa notevole prova, si imbarca nella Campagna d'Egitto, apparentemente per colpire gli interessi orientali degli inglesi; in realtà, vi è inviato dal Direttorio francese, che lo considerava troppo pericoloso in patria. Sbarcato ad Alessandria, sconfigge i mamelucchi e la flotta inglese dell'Ammiraglio Oratio Nelson. La situazione in Francia intanto peggiora, disordine e confusione regnano sovrane, senza contare che l'Austria sta raccogliendo numerose vittorie. Deciso a tornare, affida il comando delle sue truppe al generale Kleber e si imbarca per la Francia, contravvenendo agli ordini di Parigi. Il 9 ottobre 1799 sbarca a S. Raphael e fra il 9 e il 10 novembre (il cosiddetto 18 Brumaio del calendario rivoluzionario), con un colpo di stato abbatte il Direttorio, prendendo in questo modo il potere quasi assoluto. Il 24 dicembre vara l'istituzione del Consolato, di cui si nomina Primo Console. Capo dello Stato e delle Armate, Napoleone, dotato di una capacità di lavoro, d'una intelligenza, e d'una immaginazione creativa straordinaria, riforma in tempo record l'amministrazione e la giustizia. Ancora una volta vittorioso contro la coalizione austriaca, impone la pace agli Inglesi e firma nel 1801 il Concordato con Pio VII che mette la Chiesa francese al servizio del Regime. Poi, dopo aver scoperto e sventato un complotto monarchico, si fa proclamare nel 1804 Imperatore dei Francesi sotto il Nome di Napoleone 1° e, l'anno dopo, anche Re d'Italia. Si crea così intorno a lui una vera e propria " monarchia " con Corti e Nobiltà d'Impero mentre il regime stabilito prosegue, sotto il suo impulso, riforme e modernizzazione : insegnamento, urbanismo, economia, arte, creazione del cosiddetto "Codice napoleonico", che fornisce una base giuridica alla società uscente dalla Rivoluzione. Ma l'Imperatore è presto preso da altre guerre. Fallito un attacco all'Inghilterra nella famosa battaglia di Trafalgar, porta a buon fine una serie di campagne contro gli Austro-Russi (Austerlitz, 1805), i Prussiani (Iéna, 1806 ) ed edifica il suo grande Impero dopo il trattato di Tilsit nel 1807. L'Inghilterra, comunque, rimane sempre la sua spina nel fianco, l'uno vero grande ostacolo alla sua egemonia europea. In risposta al blocco marittimo applicato da Londra, Napoleone mette in atto, tra il 1806 ed il 1808, il blocco continentale al fine di isolare quella grande potenza. Il blocco dinamizza l'industria e l'agricoltura francese ma infastidisce l'economia europea ed obbliga l'Imperatore a sviluppare una politica espansionistica che, dagli Stati Pontifici al Portogallo ed alla Spagna passando dal controllo d'una nuova coalizione dell'Austria (Wagram 1809), lascia le sue armate sfinite. Nel 1810, preoccupato di lasciare una discendenza, Napoleone sposa Marie Louise d'Austria che gli dà un figlio, Napoleone II. Nel 1812, intuendo l'ostilità dalla parte dello Zar Alessandro 1°, la grande Armata di Napoleone invade la Russia. Questa sanguinante e disastrosa campagna, totalmente fallimentare per le forze napoleoniche che vennero brutalmente ricacciate indietro a seguito oltretutto di migliaia di perdite, farà suonare il risveglio dell'Europa Orientale e vedrà Parigi invasa dalle truppe nemiche il 4 marzo 1814. Qualche giorno più tardi, Napoleone sarà obbligato ad abdicare in favore di suo figlio poi, il 6 aprile 1814, a rinunciare alla totalità dei suoi poteri. Spodestato dal trono e solo, è costretto all'esilio. Dal maggio 1814 al marzo 1815, durante il suo soggiorno forzato all'Isola d'Elba, fantasmatico sovrano dell'isola su cui ripristinerà una pallida imitazione della sua passata corte, Napoleone vedrà Austiaci, Prussiani, Inglesi e Russi dividersi, nel corso del Congresso di Vienna, ciò che fu il suo Grande Impero. Sfuggendo alla sorveglianza Inglese, Napoleone riuscì però a rientrare in Francia nel Marzo 1815 dove, sostenuto dai Liberali, conoscerà un secondo ma breve Regno conosciuto sotto il nome di "Regno dei Cento Giorni". La nuova e riconquistata gloria non durerà a lungo: presto le illusioni di ripresa verranno cancellate dal disastro seguito alla battaglia di Waterloo, ancora una volta contro gli inglesi. La storia si ripete, dunque, e Napoleone deve nuovamente abdicare al suo ripristinato ruolo di Imperatore il 22 Giugno1815. Ormai in mano agli inglesi, questi gli assegnano coma prigione la lontana isola di Sant'Elena, dove prima di spegnersi il 5 maggio 1821, evocherà spesso con nostalgia la sua isola natale, la Corsica. Il suo rammarico, confidato alle poche persone rimastigli vicine, era quello di aver trascurato la sua terra, troppo occupato in guerre ed imprese. Il 5 maggio 1821, quello che è stato indubbiamente il più grande generale e condottiero dopo Cesare, si spegne solo e abbandonato a Longwood, sull'isola di Sant'Elena, sotto la sorveglianza degli inglesi.


Hermann Göring...il grande aviatore al servizio di Hitler!

Hermann Wilhelm Goering è figlio del dottor Heinrich Ernst Goering, ufficiale del corpo diplomatico tedesco, e della sua seconda moglie Franziska, detta Fanny. I Goering e i quattro figli vivono ad Haiti, dove il dottor Goering ricopre la carica di console generale, quando Franziska rimane incinta di Hermann. Fanny si imbarca per ritornare in Baviera e dare alla luce il bambino in territorio tedesco. Hermann nasce il 12 gennaio 1893; appena sei settimane dopo la madre riparte per raggiungere il marito ad Haiti, lasciando il piccolo alle cure di amici. Quando i Goering tornano in Germania, Hermann ha tre anni. La famiglia si stabilisce a Veldenstein, un castello dell'undicesimo secolo nel cuore della Baviera di proprietà di Hermann von Epenstein, un ricco proprietario terriero ebreo che i Goering hanno conosciuto alcuni anni prima in Africa, amante di Fanny. A 12 anni Hermann Goering è ammesso all'accademia militare di Karlsruhe, che frequenta con entusiasmo e profitto. Dopo essersi diplomato, viene assegnato al reggimento di fanteria Principe Guglielmo. Allo scoppio della I Guerra Mondiale, mostra audacia e iniziativa. Rimane però presto disilluso, quando le epiche battaglie della sua fantasia si scontrano con la squallida realtà della guerra di trincea. Nell'umidità delle trincee si ammala di reumatismi e viene ricoverato in ospedale. Uno dei suoi compagni, che è stato trasferito al corpo d'aviazione, fa visita a Hermann in ospedale e lo delizia con storie di gloriosi duelli nei cieli e della cavalleria tra i combattenti dell'aria. E' il tipo di guerra che Hermann sta cercando. Appena dimesso dall'ospedale, chiede di essere trasferito al servizio aereo. Goering si rivela un pilota dotato e coraggioso. Nel 1917 diventa comandante di squadriglia. Nel 1918, con 20 vittorie al suo attivo, riceve la medaglia "Pour le Mérite", la massima onorificenza militare dell'aviazione tedesca. Quando Manfred von Richtofen, il mitico Barone Rosso, viene abbattuto, il venticinquenne Hermann Goering viene scelto come suo sostituto al comando della prima squadriglia aerea tedesca. E' un grandissimo onore. In tutta la Germania vengono distribuite cartoline con immagini del giovane asso. Quando Hermann Goering torna a casa, si aspetta un'accoglienza da eroe, ma scopre di non esserlo più: la Germania ha perso la guerra. E l'economia è al collasso. L'ingratitudine dei suoi connazionali lo lascia amareggiato e confuso. Inoltre, non riesce a trovare lavoro: le sue medaglie e i record di guerra non hanno più alcun valore. Goering si trasferisce in Danimarca, dove lavora come pilota. Mentre è in viaggio nell'entroterra scandinavo, ha l'occasione di conoscere Caren, che diventerà la sua prima moglie seguendolo in Germania dopo avere divorziato e rinunciato alla custodia del figlio. Sin dalla fine della guerra, Goering inizia ad occuparsi di politica. Una sera del 1922, a un raduno a Monaco, incontra per la prima volta Adolf Hitler. L'eroe di guerra Hermann Goering ha le caratteristiche che servono per conferire al partito Nazista la credibilità di cui ha bisogno. Ben presto Hitler nomina Goering a capo delle Camicie Brune, o SA, le sue truppe d'assalto. Nel novembre del 1923 Hitler decide che è giunto il momento di prendere il potere. In un episodio che passerà alla storia come Putsch di Monaco, Hitler e Goering, alla testa di tremila SA armate, irrompono negli uffici governativi di Monaco, ma vengono respinti dal fuoco della polizia tedesca. Hitler fugge, ma poco dopo viene catturato. Goering resta colpito da un proiettile all'inguine. Viene portato in salvo da alcuni amici e sfugge alla cattura, ma è molto grave. Non si riprenderà mai del tutto dalla ferita: l'unico modo per lenire il dolore sono dosi massicce di morfina. Goering e Caren fuggono in Italia, quindi in Svezia, dove la dipendenza di Hermann dalla morfina arriva al punto che aggredisce la sua infermiera, e viene ricoverato per tre mesi nel reparto per violenti di un ricovero per malati mentali. Goering si rimette, ma la ferita lo lascia impotente. Nel 1927 i nazisti hanno ottenuto una tale popolarità che ormai Hermann e Caren possono tornare in Germania senza rischi. Nel 1928 Goering è uno dei 12 membri del partito Nazista eletti in parlamento. Cinque anni dopo il Putsch di Monaco è tornato in vetta, ed è il braccio destro di Hitler. Ma le difficoltà degli ultimi anni hanno inflitto un duro colpo alla salute di Caren, a cui viene diagnosticata la tubercolosi. Morirà nel 1931. Dopo la morte della moglie, Goering rovescia ogni energia nella lotta politica. Alle elezioni del 1932, trenta milioni di tedeschi votano per il partito nazista. Goering viene eletto presidente del Reichstag, il parlamento tedesco. Infine, nel gennaio del 1933, i nazisti salgono al potere. Hitler nomina Goering ministro dell'interno di Prussia, carica che gli conferisce tutti i poteri civili, compreso il controllo della più vasta forza di polizia tedesca. Quando il potere di Hitler si è consolidato in una dittatura, Goering si preoccupa di rafforzare la sua posizione come numero due del Terzo Reich. Le camicie brune, o SA, ormai contano oltre due milioni di uomini. E sono comandate da un rivale di Goering, Ernst Rohm. Il 13 giugno 1934 inizia la notte dei lunghi coltelli. Rohm e centinaia di capi delle SA vengono massacrati dalle SS agli ordini di Hermann Goering e Heinrich Himmler. Goering, eliminato il suo rivale, continua la scalata al potere. Nel 1935, Hitler lo nomina ministro dell'aviazione, incaricandolo di creare una forza aerea tedesca. Nel 1936, lo nomina responsabile del piano quadriennale economico. Per sua stessa ammissione, non sa nulla di economia, ma ora è a capo dell'economia del paese. La sua posizione gli getta ai piedi banchieri e industriali, i cui favori e le cui tangenti lo rendono ricco. Goering è un leader molto amato, anche grazie al suo modo di fare confidenziale e "terreno", ben diverso da quello di Hitler. Ormai vedovo, è anche un ambitissimo partito. I suoi interessi si focalizzano su Emmy Sonnemann, una celebre attrice di teatro che sposa nell'aprile 1935. Nel 1939, mentre la Germania sta per invadere la Polonia, Hitler nomina Goering numero due del Terzo Reich e suo successore ideale. All'apice della ricchiezza e del potere, Goering è contrario alla guerra. Ma il Fuhrer la vuole, e Hermann Goering non ha intenzione di opporsi a Hitler. Nel 1940, dopo i successi eclatanti della Luftwaffe e la caduta della Francia, il Fuhrer nomina Goering Reichmarshall, maresciallo del Reich. Goering ora è anche l'ufficiale militare più alto in grado della Germania. Il 13 agosto del 1940 ha inizio la Battaglia d'Inghilterra. La Luftwaffe di Goering è chiamata a sconfiggere la Raf. Ma fallisce: è la prima sconfitta della macchina bellica del Terzo Reich. Da questo momento, il Fuhrer comincia a perdere fiducia nel suo comandante dell'aviazione. Quando Hitler decide di procedere al genocidio degli ebrei, Reinhard Heydrich, vice comandante in capo delle SS, redige un ordine da sottoporre al Reichmarshall Hermann Goering. L'ordine autorizza la Gestapo ad attuare quella che verrà denominata soluzione finale della questione ebraica. Gli ebrei dovranno essere radunati in massa nei campi di lavoro e deportati a est, dove verranno fatti lavorare fino alla morte. Qualora diventino troppo deboli, verranno mandati nei campi di sterminio. Goering getta appena uno sguardo al foglio prima di firmare la condanna a morte per milioni di ebrei europei. Nell'inverno del 1942, l'esercito tedesco è intrappolato e accerchiato alle porte di Stalingrado. Goering è ansioso di redimersi agli occhi del Fuhrer. Senza consultarsi con lo stato maggiore della Luftwaffe, gli promette che l'aviazione salverà l'esercito. Il piano è un fallimento totale. Centinaia di apparecchi vengono abbattuti e le forze di terra tedesche distrutte. Goering perde sempre più credibilità agli occhi del Fuhrer, che nomina Albert Speer ministro degli armamenti e della produzione, affidandogli molte delle responsabilità di Goering sul fronte interno. Inoltre, Hitler prende personalmente il comando delle operazioni aeree. Perduti i favori di Hitler, Goering inizia a ritirarsi in uno stato di prostrazione e autocommiserazione. Sa che la guerra è perduta, e annega le sua angosce nell'edonismo più sfrenato. Viaggia per la Germania e la Francia a bordo del suo treno personale. A Parigi soggiorna al Ritz e cena da Maxim. Acquista gioielli e quadri con fondi apparentemente illimitati. Diventa così un personaggio scomodo per un regime che chiede ai tedeschi pesanti sacrifici per sostenere lo sforzo bellico. Ormai rinchiuso nel suo bunker, Hitler ordina di arrestare Goering per alto tradimento. Ma muore suicida prima che la sentenza possa essere eseguita. L'esercito russo è alle porte di Berlino quando Goering si consegna alla custodia dell'esercito americano. Essendo il numero due del Reich, si aspetta di essere trattato come un vero capo di stato. Viene invece arrestato come un prigioniero comune e rinchiuso nel palazzo di giustizia di Norimberga. Costretto a rinunciare alla morfina, riacquista la lucidità che sembrava aver perso, e vuole affrontare di petto il processo che lo attende. "Sono deciso a passare alla storia della Germania come un grande uomo", rivela al suo dottore. "Tra cinquant'anni ci saranno statue di Hermann Goering in tutta la Germania". Il primo ottobre 1946, il tribunale pronuncia la sentenza per Hermann Goering, condannandolo all'impiccagione. Ma il saccheggiatore d'Europa riesce a sfuggire alla forca. Il 15 ottobre 1946 viene trovato morto nella sua cella, avvelenato con il cianuro. Qualcuno sostiene che sia riuscito a convincere una guardia a recuperare una capsula di veleno dal suo bagaglio, ma questo non sarà mai provato. La corte decreta che sia cremato. Le sue ceneri vengono sparse sopra il campo di sterminio di Dachau.


ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!