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lunedì 11 maggio 2009

Aldo Moro - A 31 anni dall'uccisione di Moro: «Il futuro è nella memoria!»

Dalla tribuna politica in TV del 1960...

Il ricordo di Aldo Moro, di cui domani cade il 31° anniversario dalla morte, nelle parole del Coordinamento del Partito Democratico di Corato e del presidente del Centro Studi Politici “A. Moro “ Vito De Leo.

«Non è più tempo di polemiche e ricostruzioni - scrive il Coordinamento del Partito Democratico di Corato - per tentare di mettere in luce ritardi, ombre, negligenze riguardo al caso Moro; per noi è ora di meditare in modo approfondito sulla testimonianza di vita e sugli insegnamenti dello Statista brutalmente rapito ed ucciso.

1978-2009: tanti gli anni trascorsi, ma il pensiero di Aldo Moro e il Suo stile non possono non rimanere nei cuori di noi Democratici che abbiamo appreso da Lui la cultura della coalizione, la capacità di interpretare la nostra stessa identità in relazione con le altre, in dialogo e in ascolto con chi crede in ragioni comuni alle nostre.

Aldo Moro è morto solo per l’anagrafe; la vita Gli è stata tolta, ma nessuno può togliere, cancellare la Sua memoria.

Egli è vivo in noi, in ogni parola che diciamo in difesa delle nostre idee, in ogni momento da noi speso per la politica, perché scevri da pietosi spot comunicativi berlusconiani.

Il solo modo civile di dare oggi testimonianza della vita, morale e politica, di Aldo Moro ci sembra quello di rimanere stretti ai Suoi ammonimenti, duri e pietrosi:” Questo paese non si salverà, la stagione dei diritti si rivelerà effimera, se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere”.

La storia, allora, per il Nostro, ma anche per noi, deve essere aiutata e sostenuta dalla volontà dell’uomo e la politica va intesa come dovere, perché il giusto ed autentico servizio alla Democrazia si concretizza, restando estranei ai tanti balletti di sigle e di nomi, aspiranti narcisi, autentici nani e maldestre ballerine, che tentano di assurgere al ruolo di egemoni culturali della politica».

«Domani - scrive invece il prof. De Leo - ricorrerà il 31° anniversario dell’uccisione del presidente della Democrazia Cristiana on. Aldo Moro ad opera delle Brigate rosse, che lo rapirono il 16 marzo 1978 dopo aver ucciso i suoi cinque uomini di scorta. Il Parlamento ha individuato in questa data “Il giorno della memoria” dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi.

Pochi giorni fa, trovandomi a Roma, son voluto tornare in Via Caetani, dove, al centro, una lapide ricorda: “Cinquantaquattro giorni dopo il suo barbaro rapimento, venne ritrovato in questo luogo, la mattina del 9 maggio 1978, il corpo crivellato di proiettili di Aldo Moro. Il suo sacrificio freddamente voluto con disumana ferocia da chi tentava inutilmente d’impedire l’attuazione di un programma coraggioso e lungimirante a beneficio dell’intero popolo italiano resterà quale monito e insegnamento a tutti i cittadini per un rinnovato impegno di unità nazionale nella giustizia, nella pace, nel progresso sociale”.

Ho rivissuto con commozione quei tragici momenti. Dopo cinque processi e due inchieste parlamentari, molti misteri permangono ancora sulla tragica vicenda che segna il passaggio verso la seconda repubblica. I brigatisti sono oggi tutti liberi o in semilibertà. Chi c’era dietro di loro? Molti amici dello statista negarono l’attendibilità alle sue 86 lettere dal carcere. Eppure sono autentiche. Il partito della fermezza vinse sul debole partito della trattativa.

Con queste brevi note, tuttavia, non desidero rivangare un passato tutto ancora da decifrare. Desidero, invece, fare memoria di un uomo che, con forza, determinazione e coraggio ha affrontato la vita con il passo leggero delle idealità, affermando che volontà ed impegno sono sufficienti a sostenere i sogni di una politica a misura d’uomo.

Che la memoria ci restituisca la dolcezza di un ricordo di cui vorremmo riappropriarci, perché è proprio quell’uomo, con la sua presenza fisica, la sua onestà intelletuale, la sua tenerezza umana, la sua cultura giuridica e la sua azione politica che, ancora oggi a 31 anni dalla sua morte, ci manca.

Alla domanda che rivolsi lo scorso anno alla figlia Agnese, in occasione della presentazione del suo libro promossa dalla Comunità Braccianti presieduta dal prof. Peppino Scaringella, su come fosse nata l’idea di pubblicare un libro particolarmente intimo come “Un uomo così” così mi rispose: “Mi interessava soprattutto fermare il ricordo di Aldo Moro come uomo e come padre. Successivamente ho accolto il suggerimento di far conoscere la figura di mio padre alle nuove generazioni, a chi non l’ha conosciuto, a chi lo ricorda esclusivamente come vittima dei terroristi”.

Agnese Moro, insomma, ha inteso soprattutto restituire un’immagine di suo padre diversa da quella politica rendendo pubblico “il suo lato più intimo, perché Aldo Moro non appartiene solo alla sua famiglia, ma a tutti gli italiani che l’hanno amato”. E noi siamo sicuramente tra questi.

Se alla scomparsa dell’uomo siamo ormai rassegnati, non lo siamo alla scomparsa del mare di ricordi, della storia della sua tragica vicenda politica, della verità sul suo tragico destino.

“Abbiamo tutti idee diverse, culture diverse, eppure siamo impegnati ognuno a suo modo, ad escludere cose mediocri per fare spazio a quelle grandi. Ecco, io credo che la mediocrità sia il nostro grande avversario in questo momento, io credo che sia un mondo che ci porta tutto sommato ad amare la mediocrità, perché ci toglie l’idea che possiamo fare cose importanti.” (Aldo Moro)»

Fonte: http://www.coratolive.it e http://www.youtube.com/user/gjoja2007

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ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
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