ACCADDE OGGI ESATTAMENTE 46 ANNI FA: LE BRIGATE ROSSE SEQUESTRANO IL PRESIDENTE DELLA DEMOCRAZIA CRISTIANA ALDO MORO! PER APPROFONDIRE: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Caso_MoroSequestro Aldo Moro 9 Maggio 1978
"La Politica è una cosa difficile, talvolta terribile, ma tuttavia umana! Anche nella Politica ci deve essere il disgusto, la pulizia! Non ci si può sporcare di fango, nemmeno per un'idea alta!" (Boris Eltsin - "Il diario del Presidente")
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giovedì 9 maggio 2024
giovedì 1 marzo 2018
PIETRO GRASSO DI "LIBERI E UGUALI" VORREBBE FARE UNA CONFERENZA INVITANDO IN PARLAMENTO DUE EX-BRIGATISTI CHE NEGLI ANNI DI PIOMBO FURONO PROTAGONISTI ANCHE DEL RAPIMENTO DI ALDO MORO (DC) VOTARE PD IL 4 MARZO SIGNIFICA VOTARE ANCHE CONTRO TUTTI I TERRORISMI, A 40 ANNI DAL L'UCCISIONE DI ALDO MORO, GRASSO HA FATTO UNA BRUTTA CADUTA DI STILE!!!
MATTEO RENZI -
SEGRETARIO NAZIONALE
DEL PARTITO DEMOCRATICO
La denuncia arriva da Paolo Bolognesi, deputato Pd, presidente dell’Associazione 2 agosto 1980, dell’Unione vittime per stragi e componente della Commissione d’inchiesta Moro: il Senato si preparerebbe ad ospitare un convegno con due ex brigatisti rossi, alla presenza della seconda carica dello Stato e del Guardasigilli. I due terroristi sono nomi di primo piano delle Brigate Rosse, Adriana Faranda e Franco Bonisoli, entrambi protagonisti di diverse azioni ma soprattutto del sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro. Bolognesi fa riferimento alla presentazione de Il libro dell’incontro, prevista nei prossimi giorni, alla presenza, tra gli altri, degli ex brigatisti e delle citate alte cariche istituzionali, Grasso e Orlando, “di cui – dice – sono previsti saluti introduttivi e conclusioni e che hanno messo a disposizione una sede del Senato. «Un semplice cittadino, nell’ambito personale, può parlare di libri con chi vuole – afferma Bolognesi – ma quando sono le alte cariche dello Stato a sostenere dei terroristi che fino ad oggi hanno mentito, e continuano a mentire, sul sequestro e l’uccisione di Aldo Moro e spacciato la balla della comoda giustizia riparativa omettendo però fatti molto gravi che in Commissione stiamo appurando, è una inaccettabile offesa istituzionale nei confronti dei familiari delle vittime che rappresento e della verità sulla storia del nostro Paese».
I due ex Br già protagonisti di un altro “incidente” con i magistrati
Nel febbraio del 2016 la Scuola della magistratura aveva deciso di annullare l’incontro, nell’ambito di un corso di formazione per i giudici, al quale avrebbe dovuto partecipare proprio gli ex brigatisti rossi Adriana Faranda e Franco Bonisoli. Il Comitato direttivo della Scuola aveva preso atto “delle posizioni espresse, anche con dolore, da numerosi magistrati e familiari delle vittime -sull’inopportunità di coinvolgere nella formazione della Scuola, persone condannate per gravissimi reati di terrorismo”.
Chi sono i due ex brigasti Bonisoli e Franata
Franco Bonisoli, membro della direzione strategica delle Brigate Rosse e del Comitato esecutivo, conosciuto con il “nome di battaglia” di “Luigi”, parteciò a diverse azione delle brigare rosse, tra cui il ferimento di Indro Montanelli e il sequestro dell’onorevole Aldo Moro. Nell’agguato di via Fani Bonisoli faceva parte del gruppo di fuoco travestito da aviere: armato di un mitra FNA-B Mod.43 ebbe il compito di neutralizzare l’Alfetta di scorta. Condannato all’ergastolo nel processo romano Moro-Uno del 24 gennaio 1983, si dissociò durante la detenzione dalla lotta armata e attualmente fruisce di un regime di semilibertà.
Adriana Faranda, dopo aver militato in alcune formazioni minori di lotta armata attive a Roma, entrò a far parte delle Brigate Rosse, insieme al suo compagno Valerio Morucci, nell’autunno 1976, dirigendo la colonna romana e svolgendo un ruolo importante durante il sequestro Moro. Si distaccò dalle Brigate Rosse per contrasti sulle scelte strategiche dell’associazione terroristica nel gennaio 1979. Si è dissociata dal terrorismo beneficiando delle riduzioni di pena.
Fonte: http://www.secoloditalia.it
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sabato 10 maggio 2008
9 Maggio 2008: Prima “Giornata della memoria” in ricordo di Aldo Moro!
L’Italia ricorda Aldo Moro a 30 anni esatti dalla sua uccisione. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha deposto stamane una corona di gerbere e orchidee sotto la stele in bronzo che ricorda il ritrovamento del cadavere del Presidente della Dc il 9 maggio del 1978.Dopo un sequestro durato 55 giorni, il cadavere di Aldo Moro venne infatti ritrovato nel portabagagli di una Renault 4 rossa parcheggiata in via Castani, a metà strada tra le sedi della Dc e del Pci.Si concluse così la più fosca vicenda della Prima repubblica, iniziata il 16 marzo con il rapimento di Moro e la strage di via Mario Fani.
Accanto alla corona del Capo dello Stato figurano quelle del Partito Democratico e dell’Associazione ‘I popolari’, dell’Associazione Partigiani cristiani, del presidente della Regione Lazio, del presidente del Consiglio dei Ministri, del Comune di Roma, della Provincia di Roma, dei Deputati e dei Senatori del Partito Democratico, del presidente della Camera dei deputati, della Democrazia Cristiana, del presidente del Senato della Repubblica e dell’Udc.
In mattinata si terrà al Quirinale la cerimonia per la prima “Giornata della memoria”, istituita con la legge numero 56 del 4 maggio 2007, al fine di ricordare tutte le vittime del terrorismo, interno e internazionale, e delle stragi. Per l’occasione la Presidenza della Repubblica ha realizzato il volume “Per le vittime del terrorismo nell’Italia repubblicana”. Nel pomeriggio, nella sala delle Colonne della Camera, si terrà il convegno “Aldo Moro tra Memoria e Storia” organizzato dall’Accademia di studi Storici intitolata al presidente della Dc.
Ma per non scordare quel periodo buio della storia della Repubblica e le vittime del terrorismo, in tutto il Paese sono in programma diverse iniziative e commemorazioni.
Moro, Casini: “Ricordiamone senso identità e volontà dialogo”
Accanto alla corona del Capo dello Stato figurano quelle del Partito Democratico e dell’Associazione ‘I popolari’, dell’Associazione Partigiani cristiani, del presidente della Regione Lazio, del presidente del Consiglio dei Ministri, del Comune di Roma, della Provincia di Roma, dei Deputati e dei Senatori del Partito Democratico, del presidente della Camera dei deputati, della Democrazia Cristiana, del presidente del Senato della Repubblica e dell’Udc.
In mattinata si terrà al Quirinale la cerimonia per la prima “Giornata della memoria”, istituita con la legge numero 56 del 4 maggio 2007, al fine di ricordare tutte le vittime del terrorismo, interno e internazionale, e delle stragi. Per l’occasione la Presidenza della Repubblica ha realizzato il volume “Per le vittime del terrorismo nell’Italia repubblicana”. Nel pomeriggio, nella sala delle Colonne della Camera, si terrà il convegno “Aldo Moro tra Memoria e Storia” organizzato dall’Accademia di studi Storici intitolata al presidente della Dc.
Ma per non scordare quel periodo buio della storia della Repubblica e le vittime del terrorismo, in tutto il Paese sono in programma diverse iniziative e commemorazioni.
Moro, Casini: “Ricordiamone senso identità e volontà dialogo”
Fonte: http://www.noipress.it/
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Ieri, 9 Maggio 2008, l'Italia ha ricordato l'uccisione dello Statista Aldo Moro avvenuta 30 anni fa!
Napolitano commemora le vittime del terrorismo!
"Dedichiamo l'incontro di oggi in Quirinale alle vittime di quell'attacco armato alla Repubblica che seminò ferocia e dolore". Queste le prime parole pronunciate dal capo dello Stato Giorgio Napolitano al Quirinale nel corso della cerimonia per ricordare le vittime del terrorismo a 30 anni dal ritrovamento del cadavere di Aldo Moro in via Caetani, a Roma. Cossiga, informato della presenza dei Moro, ha deciso di non entrare nella sala dove si è tenuta la cerimonia.
Dopo aver unito nel ricordo tutti militari italiani caduti nell'adempimento del loro dovere ("sono certo che anche al loro sacrificio si rivolgerà pubblico omaggio in questa giornata") Napolitano ha citato le vittime di Ustica, della Uno bianca, della mafia e della criminalità organizzata. Ma, ha argomentato, le vittime del terrorismo hanno una loro specificità, anche perché era mancato a lungo in Italia "un riconoscimento proiettato nel futuro" come quello deciso dal Parlamento per la data di oggi.
L'emozione di Napolitano"Non si possono sfogliare quelle pagine senza provare profonda commozione: ricordiamo tutte le vittime, dalle più illustri a quelle rimaste più in ombra, qualunque fosse la loro ispirazione politica", ha detto Napolitano. In molti casi i parenti delle vittime del terrorismo in Italia hanno vissuto il loro dolore con un lacerante sentimento di solitudine e di abbandono: "Non può essere, non deve essere così", ha proseguito Napolitano.
Perché Moro con Moro "si colpì il perno principale su cui poggiava la democrazia repubblicana". Dopo di lui le BR colpirono ancora, in una "successione casuale e non facilmente immaginabile, incalzante e angosciosa". In Moro "i terroristi individuarono il nemico più consapevole, che aveva identificato nel '68 la crisi che attraversava la società" e cercava una di dare risposta con l'azione politica alle nuove sollecitazioni dei tempi. Basta tribune ai terroristi"Non dovrebbero esserci tribune per simili figuri", ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano stigmatizzando la visibilità e lo spazio che viene dato agli ex terroristi in televisione e su altri media. In particolare ha citato l'intervista dell'ex brigatista che uccise Carlo Casalegno che ha detto di provare solo "rammarico" per i familiari delle vittime. "Il rispetto della memoria purtroppo è spesso mancato proprio da parte di responsabili delle azioni terroristiche", ha aggiunto il presidente.
Avverte, infatti, Napolitano: "Chi abbia regolato i propri conti con la giustizia, ha il diritto di reinserirsi nella società ma con discrezione e misura e mai dimenticando le sue responsabilita' morali anche se non piu' penali. Cosi' come -afferma rivolto ai 'cattivi maestri'- non dovrebbero dimenticare le loro responsabilita' morali tutti quanti abbiano contribuito a teorizzazioni aberranti e a campagne di odio e di violenza da cui sono scaturite le peggiori azioni terroristiche; o che abbiano offerto al terrorismo motivazioni, attenuanti, coperture e indulgenze fatali". Queste sono le ragioni, spiega il presidente della Repubblica, per cui "si doveva e si deve dar voce non a chi ha scatenato la violenza terroristica ma a chi l'ha subita, a chi ne ha avuto la vita spezzata, ai famigliari delle vittime e anche a quanti sono stati colpiti, sopravvivendo ma restando per sempre invalidati". Ecco allora che "si deve dar voce a racconti di verità sugli anni di piombo, ricordando quelle terribili vicende, come sono state vissute dalla parte della legge e dello Stato democratico, dalla parte di una umanità dolorante. E' a questa parte, ai famigliari delle vittime, a tutti i colpiti dallo stragismo e dal terrorismo, che lo Stato deve restare vicino. Solo cosi' -conclude Napolitano- con questo rispetto per la memoria, si potrà rendere davvero omaggio al sacrificio di tutti".
Analisi degli anni di piombo "Ci sarà da riflettere ancora e a fondo, anche se molto si è lavorato, sulla genesi e sulla fisionomia dei fenomeni di stragismo e terrorismo politico di cui è stata teatro l'Italia. E' c'è da augurarsi che si riesca ancora ad indagare, anche in sede giudiziaria, su singoli fatti di devastante portata: che si riesca ad accertare pienamente la verità, come chiedono le associazioni delle famiglie delle vittime". In mattinataPoco prima lo stesso presidente della Repubblica Napolitano aveva deposto una corona in via Caetani, davanti alla lapide che ricorda il sacrificio di Aldo Moro. Napolitano e' arrivato in via Caetani alle 9,45 e si e' soffermato in raccoglimento davanti alla lapide che ricorda quel tragico 9 maggio di trent'anni fa, quando il presidente Moro "fu freddamente ucciso con disumana ferocia da chi tentava inutilmente di impedire un programma coraggioso e lungimirante". Nella strada erano gia' presenti vari esponenti politici tra cui Gerardo Bianco, Franco Pisanu, Gianfranco Rotondi, Mauro Cutrufo, Luigi Zanda, Vannino Chiti e Rosy Bindi. C'erano anche il prefetto di Roma Carlo Mosca e il questore della capitale Marcello Fulvi.Anche Francesco Cossiga si è recato in Via Caetani a deporre una corona di fiori ma non ha partecipato alla commemorazione di Moro e di tutte le vittime del terrorismo al Quirinale dove è presente la famiglia dello statista. Cossiga, assieme a Giulio Andreotti e Benigno Zaccagnini, è considerato dalla famiglia di Moro responsabile politicamente (allora era ministro dell'Interno) della morte del leader democristiano e nelle lettere che Moro scrisse dalla sua prigionia i vertici della Dc sono accusati di non voler fare niente per salvarlo. Per questa ragione, Cossiga, che si era recato al Quirinale, informato della presenza dei Moro, ha deciso di non entrare nella sala dove e' in corso la cerimonia.
Dopo aver unito nel ricordo tutti militari italiani caduti nell'adempimento del loro dovere ("sono certo che anche al loro sacrificio si rivolgerà pubblico omaggio in questa giornata") Napolitano ha citato le vittime di Ustica, della Uno bianca, della mafia e della criminalità organizzata. Ma, ha argomentato, le vittime del terrorismo hanno una loro specificità, anche perché era mancato a lungo in Italia "un riconoscimento proiettato nel futuro" come quello deciso dal Parlamento per la data di oggi.
L'emozione di Napolitano"Non si possono sfogliare quelle pagine senza provare profonda commozione: ricordiamo tutte le vittime, dalle più illustri a quelle rimaste più in ombra, qualunque fosse la loro ispirazione politica", ha detto Napolitano. In molti casi i parenti delle vittime del terrorismo in Italia hanno vissuto il loro dolore con un lacerante sentimento di solitudine e di abbandono: "Non può essere, non deve essere così", ha proseguito Napolitano.
Perché Moro con Moro "si colpì il perno principale su cui poggiava la democrazia repubblicana". Dopo di lui le BR colpirono ancora, in una "successione casuale e non facilmente immaginabile, incalzante e angosciosa". In Moro "i terroristi individuarono il nemico più consapevole, che aveva identificato nel '68 la crisi che attraversava la società" e cercava una di dare risposta con l'azione politica alle nuove sollecitazioni dei tempi. Basta tribune ai terroristi"Non dovrebbero esserci tribune per simili figuri", ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano stigmatizzando la visibilità e lo spazio che viene dato agli ex terroristi in televisione e su altri media. In particolare ha citato l'intervista dell'ex brigatista che uccise Carlo Casalegno che ha detto di provare solo "rammarico" per i familiari delle vittime. "Il rispetto della memoria purtroppo è spesso mancato proprio da parte di responsabili delle azioni terroristiche", ha aggiunto il presidente.
Avverte, infatti, Napolitano: "Chi abbia regolato i propri conti con la giustizia, ha il diritto di reinserirsi nella società ma con discrezione e misura e mai dimenticando le sue responsabilita' morali anche se non piu' penali. Cosi' come -afferma rivolto ai 'cattivi maestri'- non dovrebbero dimenticare le loro responsabilita' morali tutti quanti abbiano contribuito a teorizzazioni aberranti e a campagne di odio e di violenza da cui sono scaturite le peggiori azioni terroristiche; o che abbiano offerto al terrorismo motivazioni, attenuanti, coperture e indulgenze fatali". Queste sono le ragioni, spiega il presidente della Repubblica, per cui "si doveva e si deve dar voce non a chi ha scatenato la violenza terroristica ma a chi l'ha subita, a chi ne ha avuto la vita spezzata, ai famigliari delle vittime e anche a quanti sono stati colpiti, sopravvivendo ma restando per sempre invalidati". Ecco allora che "si deve dar voce a racconti di verità sugli anni di piombo, ricordando quelle terribili vicende, come sono state vissute dalla parte della legge e dello Stato democratico, dalla parte di una umanità dolorante. E' a questa parte, ai famigliari delle vittime, a tutti i colpiti dallo stragismo e dal terrorismo, che lo Stato deve restare vicino. Solo cosi' -conclude Napolitano- con questo rispetto per la memoria, si potrà rendere davvero omaggio al sacrificio di tutti".
Analisi degli anni di piombo "Ci sarà da riflettere ancora e a fondo, anche se molto si è lavorato, sulla genesi e sulla fisionomia dei fenomeni di stragismo e terrorismo politico di cui è stata teatro l'Italia. E' c'è da augurarsi che si riesca ancora ad indagare, anche in sede giudiziaria, su singoli fatti di devastante portata: che si riesca ad accertare pienamente la verità, come chiedono le associazioni delle famiglie delle vittime". In mattinataPoco prima lo stesso presidente della Repubblica Napolitano aveva deposto una corona in via Caetani, davanti alla lapide che ricorda il sacrificio di Aldo Moro. Napolitano e' arrivato in via Caetani alle 9,45 e si e' soffermato in raccoglimento davanti alla lapide che ricorda quel tragico 9 maggio di trent'anni fa, quando il presidente Moro "fu freddamente ucciso con disumana ferocia da chi tentava inutilmente di impedire un programma coraggioso e lungimirante". Nella strada erano gia' presenti vari esponenti politici tra cui Gerardo Bianco, Franco Pisanu, Gianfranco Rotondi, Mauro Cutrufo, Luigi Zanda, Vannino Chiti e Rosy Bindi. C'erano anche il prefetto di Roma Carlo Mosca e il questore della capitale Marcello Fulvi.Anche Francesco Cossiga si è recato in Via Caetani a deporre una corona di fiori ma non ha partecipato alla commemorazione di Moro e di tutte le vittime del terrorismo al Quirinale dove è presente la famiglia dello statista. Cossiga, assieme a Giulio Andreotti e Benigno Zaccagnini, è considerato dalla famiglia di Moro responsabile politicamente (allora era ministro dell'Interno) della morte del leader democristiano e nelle lettere che Moro scrisse dalla sua prigionia i vertici della Dc sono accusati di non voler fare niente per salvarlo. Per questa ragione, Cossiga, che si era recato al Quirinale, informato della presenza dei Moro, ha deciso di non entrare nella sala dove e' in corso la cerimonia.
Fonte: http://www.rainews24.rai.it
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domenica 20 aprile 2008
Aldo Moro...chi era in breve lo statista della DC rapito e assassinato 30 anni fa dalle Brigate Rosse!
L'ex presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, assassinato dalle Brigate Rosse nel 1978, nasce il 23 settembre 1916 a Maglie, in provincia di Lecce. Dopo aver conseguito la maturità classica al Liceo "Archita" di Taranto si iscrive a Giurisprudenza presso l'Università di Bari, conseguendo la laurea con una tesi su "La capacità giuridica penale". La tesi, ripresa ed approfondita, costituirà la sua prima pubblicazione scientifica e lo avvierà alla carriera universitaria. Dopo qualche anno di carriera accademica, fonda con alcuni amici intellettuali nel 1943, a Bari, il periodico "La Rassegna" che uscirà fino al 1945, anno nel quale sposa Eleonora Chiavarelli, con la quale avrà quattro figli. In quello stesso periodo, diventa Presidente del Movimento Laureati dell'Azione Cattolica, ed è direttore della rivista "Studium" di cui sarà assiduo collaboratore, impegnandosi a sensibilizzare i giovani laureati all'impegno politico. Nel 1946 viene eletto all'Assemblea Costituente ed entra a far parte della Commissione dei "75" incaricata di redigere il testo costituzionale. Inoltre, è relatore per la parte riguardante "i diritti dell'uomo e del cittadino". E' anche vicepresidente del gruppo Dc all'Assemblea. Nelle elezioni del 18 aprile 1948 viene eletto deputato al Parlamento nella circoscrizione Bari-Foggia e viene nominato sottosegretario agli Esteri nel quinto Gabinetto De Gasperi mentre non si arresta la sua inesauribile attività di insegnante e di didatta, con molteplici pubblicazioni a suo nome. Diventato Professore ordinario di Diritto Penale all'Università di Bari, nel 1953: viene rieletto al Parlamento diventando Presidente del gruppo parlamentare Dc alla Camera dei Deputati. Anche la sua carriera politica, a quanto sembra non conosce segni di cedimento di nessun tipo. Unomo solido e determinato, diventa nel 1955 ministro di Grazia e Giustizia nel primo governo Segni. Nel 1956, nel corso del VI Congresso nazionale della Dc che si svolse a Trento, consolidò la sua posizione all'interno del Partito. Fu infatti tra i primi eletti nel Consiglio nazionale del Partito. l'anno dopo, diventa ministro della Pubblica Istruzione nel governo Zoli. Si deve a lui l'introduzione dell'educazione civica nelle scuole. Rieletto alla Camera dei Deputati nel 1958, è ancora ministro della Pubblica Istruzione nel secondo Governo Fanfani. Il 1959 è un anno importantissimo per Aldo Moro. Si svolge infatti quel VII Congresso della Democrazia Cristiana che lo vedrà trionfatore, tanto che gli viene viene affidata la Segreteria del Partito, incarico riconfermatogli nel tempo e che manterrà fino al gennaio del 1964. Ma un altro anno assai importante, anche alla luce della tragica vicenda che colpirà il politico doroteo, è il 1963 quando, rieletto alla Camera, è chiamato a costituire il primo governo organico di centro-sinistra, rimanendo continuamente in carica come Presidente del Consiglio fino al giugno del 1968, alla guida di tre successivi ministeri di coalizione con il Partito socialista. E' in pratica la realizzazione "in nuce", del famoso "compromesso storico" di invenzione dello stesso Aldo Moro (uso ad usare espressioni come "convergenze parallele"), ossia quella manovra politica che contmplava il riavvicinamento delle frange comuniste e di sinistra verso l'area moderata e centrista. Il tumulto e il dissenso che tali situazioni "di compromesso" suscitano soprattutto all'interno degli elettori del PCI, ma soprattutto all'interno dei moderati, si concretizzano nelkle lezioni del 1968 quando Moro viene sì rieletto alla Camera, ma le elezioni puniscono di fatto, dati alla mano, i partiti della coalizione e determinano la crisi del centro-sinistra. detto questo, è inevitabile che ne risenta anche il peso prestigio dello stesso Aldo Moro. Ad ogni modo, rimangono sempre i ministeri e infatti dal 1970 al 1974, assume, anche se con qualche intervallo, l'incarico di ministro degli Esteri. A conclusione di questo periodo, ritorna alla presidenza del Consiglio formando il suo IV ministero che dura sino al gennaio 1976. Nel luglio del 1976 viene eletto Presidente del Consiglio nazionale della Dc. Il 16 marzo 1978, il tragico epilogo della vita dello sfortunato politico. Un commandos di Brigate Rosse irrompe nella romana via Fani, dove in quel momento transitava Moro allo scopo di recarsi in Parlamento per partecipare al dibattito sulla fiducia del quarto governo Andreotti, il primo governo con il sostegno del Pci, massacra i cinque uomini di scorta e rapisce lo statista. Poco dopo, le Brigate rosse rivendicano l'azione con una telefonata all' Ansa. Tutto il Paese percepisce chiaramente che quell'attentato è un attacco al cuore dello Stato e alle istituzioni democratiche che Moro rappresentava. 18 marzo una telefonata al ''Messaggero'' fa trovare il ''Comunicato n.1'' delle Br, che contiene la foto di Aldo Moro e annuncia l'inizio del suo ''processo'' mentre, solo il giorno dopo, Papa Paolo VI lancia il suo primo appello per Moro. I servizi segreti di tutto il mondo, anche se le segnalazioni furono tante e precise, non riuscirono a trovare la prigione dei terroristi, ribattezzata "prigione del popolo", e da cui Moro invocava incessantemente, tramite numerose lettere, una trattativa. Il 9 maggio, dopo più di cinquanta giorni di prigionia ed estenuanti trattative con gli esponenti dello Stato di allora, anche lo statista viene barbaramente assassinato dalle BR, ormai convinte che quella sia l'unica strada coerente da intraprendere. La sua prigionia aveva provocato ampi dibattiti fra coloro che erano disposti a cedere alle richieste dei brigatisti e chi invece era nettamente contrario per non legittimarli, dibattito che lacerò letteralmente in paese sul piano sia politico che morale. A tale rovente clima dialettico pose fine la drammatica telefonata degli aguzzini di Moro, i quali resero noto direttamente ad un alto esponente politico che il corpo di Moro poteva essere rinvenuto cadavere nel bagagliaio di un'auto in via Caetani, emblematicamente a metà strada tra Piazza del Gesù, sede della Democrazia Cristiana, e via delle Botteghe Oscure, sede storica del Partito Comunista Italiano. Secondo le ricostruzioni, ancora frammentarie malgrado i molti anni trascorsi, lo statista sarebbe stato ucciso dal brigatista Moretti nel garage di via Montalcini, il covo usato dai brigatisti appunto come ''prigione del popolo''. La moglie Eleonora e la figlia Maria Fidae, basandosi sull'acquisizione di nuovi elementi, hanno recentemente deciso di rompere il lungo muro del silenzio che da anni ha avvolto la vicenda, chiedendo la riapertura delle indagini sul caso Moro. I servizi italiani hanno centrato un importante bersaglio il 14 gennaio 2004 con l'arresto dei brigatisti Rita Algranati e Maurizio Falessi, latitanti nel Nord Africa. La prima fu già condannata all'ergastolo per il delitto Moro. Oggi Alessio Casimirri, marito della Algranati, rimane l'unico imprendibile latitante del gruppo delle Br che partecipò all'agguato di Via Fani.Fonte: http://biografie.studenti.it e per approfondimenti andare su http://it.wikipedia.org/wiki/Aldo_Moro
lunedì 17 marzo 2008
Brigate Rosse e Aldo Moro. Documento inedito...
Testimonianza sul rapimento in Via Fani a Roma dell'Onorevole Aldo Moro, avvenuto il Giovedì 16 Marzo 1978...
GIOVEDI' 16 MARZO 1978: 30 ANNI FA' IL SEQUESTRO MORO!
Roma - Aldo Moro (Maglie, 23 settembre 1916 – Roma, 9 maggio 1978) è stato un politico italiano, cinque volte Presidente del Consiglio dei ministri e presidente del partito della Democrazia Cristiana.Venne rapito il 16 marzo 1978 ed ucciso il 9 maggio successivo da appartenenti al gruppo terrorista delle Brigate Rosse.
Moro era considerato un mediatore capace e particolarmente abile nella gestione e nel coordinamento politico delle cosiddette "correnti" all'interno del suo partito. Fu un convinto assertore della necessità di un centrosinistra, da raggiungersi in forma di coalizione politica.
Nacque a Maglie, in provincia di Lecce, da genitori di origine barese. Conseguita la Maturità Classica al Liceo "Archita" di Taranto, si iscrisse presso l'Università degli studi di Bari alla Facoltà di Giurisprudenza, dove conseguì la laurea con una tesi su "La capacità giuridica penale".
Militò, assieme a Giulio Andreotti, nella Federazione Universitaria Cattolica Italiana, di cui fu presidente nazionale tra il 1938 e il 1941. Dopo qualche anno di carriera accademica, fondò nel 1943 a Bari, con alcuni amici, il periodico «La Rassegna» che uscì fino al 1945, anno in cui sposò Eleonora Chiavarelli, con la quale ebbe quattro figli.
Nel 1945 diventò inoltre presidente del Movimento Laureati dell'Azione Cattolica e direttore della rivista «Studium».
Tra il 1943 ed il 1945 aveva iniziato ad interessarsi di politica ed in un primo tempo mostrò particolare attenzione alla componente della "destra" socialista, successivamente però il suo forte credo cattolico lo spinse verso il costituendo movimento democristiano. Nella DC fin da subito mostrò la sua tendenza democratico-sociale, aderendo alla componente dossettiana (in pratica la "sinistra DC").
Nel 1946 fu vicepresidente della Democrazia Cristiana e fu eletto all'Assemblea Costituente, ove entrò a far parte della Commissione che si occupò di redigere il testo costituzionale. Eletto deputato al parlamento nelle elezioni del 1948, fu nominato sottosegretario agli esteri nel gabinetto De Gasperi.
Divenne professore ordinario di diritto penale presso l'Università di Bari e nel 1953 fu rieletto alla Camera, ove fu presidente del gruppo parlamentare democristiano. Nel 1955 fu ministro di Grazia e Giustizia nel governo Segni e l'anno dopo risultò tra i primi eletti nel consiglio nazionale del partito durante il VI congresso nazionale del partito.
Ministro della Pubblica Istruzione nei due anni successivi (governi Zoli e Fanfani), introdusse lo studio dell'educazione civica nelle scuole. Nel 1959 ebbe affidata la segreteria del partito durante il VII congresso nazionale. Nel 1963 ottenne il trasferimento all'Università di Roma, in qualità di titolare della cattedra di Istituzioni di Diritto e Procedura penale presso la Facoltà di Scienze Politiche.
Fino al 1968 ricoprì la carica di Presidente del Consiglio alla guida di governi di coalizione con il Partito Socialista Italiano, insieme agli alleati tradizionali della DC: i socialdemocratici ed i repubblicani.
Dal 1969 al 1974, assunse l'incarico di ministro degli Esteri, per divenire nuovamente presidente del consiglio fino al 1976. Nel 1975 il suo governo conclude il Trattato di Osimo, con cui si sanciva l'apparteneza della Zona B del Territorio Libero di Trieste alla Jugoslavia.
Nel 1976 fu eletto Presidente del consiglio nazionale del partito.
Militò, assieme a Giulio Andreotti, nella Federazione Universitaria Cattolica Italiana, di cui fu presidente nazionale tra il 1938 e il 1941. Dopo qualche anno di carriera accademica, fondò nel 1943 a Bari, con alcuni amici, il periodico «La Rassegna» che uscì fino al 1945, anno in cui sposò Eleonora Chiavarelli, con la quale ebbe quattro figli.
Nel 1945 diventò inoltre presidente del Movimento Laureati dell'Azione Cattolica e direttore della rivista «Studium».
Tra il 1943 ed il 1945 aveva iniziato ad interessarsi di politica ed in un primo tempo mostrò particolare attenzione alla componente della "destra" socialista, successivamente però il suo forte credo cattolico lo spinse verso il costituendo movimento democristiano. Nella DC fin da subito mostrò la sua tendenza democratico-sociale, aderendo alla componente dossettiana (in pratica la "sinistra DC").
Nel 1946 fu vicepresidente della Democrazia Cristiana e fu eletto all'Assemblea Costituente, ove entrò a far parte della Commissione che si occupò di redigere il testo costituzionale. Eletto deputato al parlamento nelle elezioni del 1948, fu nominato sottosegretario agli esteri nel gabinetto De Gasperi.
Divenne professore ordinario di diritto penale presso l'Università di Bari e nel 1953 fu rieletto alla Camera, ove fu presidente del gruppo parlamentare democristiano. Nel 1955 fu ministro di Grazia e Giustizia nel governo Segni e l'anno dopo risultò tra i primi eletti nel consiglio nazionale del partito durante il VI congresso nazionale del partito.
Ministro della Pubblica Istruzione nei due anni successivi (governi Zoli e Fanfani), introdusse lo studio dell'educazione civica nelle scuole. Nel 1959 ebbe affidata la segreteria del partito durante il VII congresso nazionale. Nel 1963 ottenne il trasferimento all'Università di Roma, in qualità di titolare della cattedra di Istituzioni di Diritto e Procedura penale presso la Facoltà di Scienze Politiche.
Fino al 1968 ricoprì la carica di Presidente del Consiglio alla guida di governi di coalizione con il Partito Socialista Italiano, insieme agli alleati tradizionali della DC: i socialdemocratici ed i repubblicani.
Dal 1969 al 1974, assunse l'incarico di ministro degli Esteri, per divenire nuovamente presidente del consiglio fino al 1976. Nel 1975 il suo governo conclude il Trattato di Osimo, con cui si sanciva l'apparteneza della Zona B del Territorio Libero di Trieste alla Jugoslavia.
Nel 1976 fu eletto Presidente del consiglio nazionale del partito.
Il 10 marzo 1977 Luigi Gui esponente democristiano, venne rinviato all'Alta Corte per lo scandalo Lockheed. In questo frangente, Aldo Moro, con un lungo discorso al parlamento difese l'operato della Democrazia Cristiana e dei suoi uomini pronunciando una frase "Non ci lasceremo processare in piazza" che divenne famosa, perché emblematica di un certo periodo e di un certo pensiero. La frase contenuta nel discorso di Moro, sia pur tardivamente, era la risposta all'incitamento a processare pubblicamente la DC che Pier Paolo Pasolini scrisse il 28 agosto 1975, sul Corriere della Sera, nelle pagine della sua rubrica "tribuna libera" [2].
In seguito a questi avvenimenti fu uno dei leader politici che maggiormente prestarono attenzione al progetto del cosiddetto Compromesso storico di Enrico Berlinguer, che nell'anno precedente pubblicamente aveva fatto lo strappo con Mosca, rendendosi quindi accettabile agli occhi democristiani. Il segretario nazionale del Partito Comunista Italiano aveva infatti proposto una innovativa solidarietà politica fra i Comunisti, Socialisti e Cattolici, in un momento di profonda crisi economica, sociale e politica in Italia.
All'inizio del 1978 Moro, allora presidente della Democrazia Cristiana fu l'esponente politico più importante fra coloro che individuarono una strada percorribile per un governo di "solidarietà nazionale" che includesse anche il PCI, sia pure senza suoi ministri nella prima fase di attuazione.
A questo proposito, scrive, nel 1982, Roberto Ruffilli, che sarà ugualmente vittima delle BR dieci anni dopo Moro: "In definitiva il presidente democristiano viene a far consistere la terza fase in due tempi diversi. Il primo è quello più noto della solidarietà di tutte le forze democratiche nella condizione di una emergenza assai pericolosa per la democrazia repubblicana. Ma nel medio lungo periodo il punto fermo è l'avvento di una democrazia dell'alternanza che consenta a tutte le formazioni popolari del paese di far valere i propri progetti e i propri programmi". Si trattava, insomma, di "sbloccare" la democrazia italiana ed arrivare infine ad una vera alternanza di governo. E' quello che le Brigate Rosse non potevano permettere.
In seguito a questi avvenimenti fu uno dei leader politici che maggiormente prestarono attenzione al progetto del cosiddetto Compromesso storico di Enrico Berlinguer, che nell'anno precedente pubblicamente aveva fatto lo strappo con Mosca, rendendosi quindi accettabile agli occhi democristiani. Il segretario nazionale del Partito Comunista Italiano aveva infatti proposto una innovativa solidarietà politica fra i Comunisti, Socialisti e Cattolici, in un momento di profonda crisi economica, sociale e politica in Italia.
All'inizio del 1978 Moro, allora presidente della Democrazia Cristiana fu l'esponente politico più importante fra coloro che individuarono una strada percorribile per un governo di "solidarietà nazionale" che includesse anche il PCI, sia pure senza suoi ministri nella prima fase di attuazione.
A questo proposito, scrive, nel 1982, Roberto Ruffilli, che sarà ugualmente vittima delle BR dieci anni dopo Moro: "In definitiva il presidente democristiano viene a far consistere la terza fase in due tempi diversi. Il primo è quello più noto della solidarietà di tutte le forze democratiche nella condizione di una emergenza assai pericolosa per la democrazia repubblicana. Ma nel medio lungo periodo il punto fermo è l'avvento di una democrazia dell'alternanza che consenta a tutte le formazioni popolari del paese di far valere i propri progetti e i propri programmi". Si trattava, insomma, di "sbloccare" la democrazia italiana ed arrivare infine ad una vera alternanza di governo. E' quello che le Brigate Rosse non potevano permettere.
Il 16 marzo 1978, giorno della presentazione del nuovo governo, guidato da Giulio Andreotti, l'auto che trasportava Moro dall'abitazione alla Camera dei Deputati fu intercettata in via Fani da un commando delle Brigate Rosse. In pochi secondi, i terroristi ne uccisero la scorta e sequestrarono il presidente della Democrazia Cristiana.
Dopo una prigionia di 55 giorni il cadavere di Aldo Moro fu ritrovato il 9 maggio nel cofano di una Renault 4 a Roma, in via Caetani, emblematicamente a poca distanza da Piazza del Gesù (dov'era la sede nazionale della Democrazia Cristiana) e via delle Botteghe Oscure (dove era la sede nazionale del Partito Comunista Italiano).
Dopo una prigionia di 55 giorni il cadavere di Aldo Moro fu ritrovato il 9 maggio nel cofano di una Renault 4 a Roma, in via Caetani, emblematicamente a poca distanza da Piazza del Gesù (dov'era la sede nazionale della Democrazia Cristiana) e via delle Botteghe Oscure (dove era la sede nazionale del Partito Comunista Italiano).
Dall'anno seguente alla sua uccisione, l'esponente della Democrazia Cristiana viene ogni anno ricordato con messaggi e cerimonie presenziate dalle cariche istituzionali. In questi anni, ad Aldo Moro sono state dedicate diverse trasmissioni televisive. Il 4 maggio 2007, il Parlamento ha votato e approvato una legge con il quale si istituisce il 9 maggio il "Giorno della memoria" in ricordo di Aldo Moro e di tutte le vittime del terrorismo.
Tra aprile e maggio 2007 è stata presentata presso la sede dell'Istituto San Giuseppe delle suore Orsoline a Terracina e presso la sede dell'associazione Forche Caudine a Roma (storico circolo dei Romani d'origine molisana), alla presenza di Agnese Moro, figlia del leader democristiano, una raccolta ragionata degli scritti giornalistici di Aldo Moro, curata dal giornalista Antonello Di Mario ed edita da Tullio Pironti.
Nella notte tra l' 8 e il 9 giugno 2007, giorni della visita del Presidente degli USA George W. Bush in Italia, la lapide di via Fani che ricorda il rapimento di Aldo Moro e le cinque persone della scorta uccise, è stata profanata con la scritta "Bush uguale a Moro". Le più alte cariche istituzionali, personalità politiche e rappresentanti della società civile si sono dette indignate per quello che ritengono un atto vile.
Tra aprile e maggio 2007 è stata presentata presso la sede dell'Istituto San Giuseppe delle suore Orsoline a Terracina e presso la sede dell'associazione Forche Caudine a Roma (storico circolo dei Romani d'origine molisana), alla presenza di Agnese Moro, figlia del leader democristiano, una raccolta ragionata degli scritti giornalistici di Aldo Moro, curata dal giornalista Antonello Di Mario ed edita da Tullio Pironti.
Nella notte tra l' 8 e il 9 giugno 2007, giorni della visita del Presidente degli USA George W. Bush in Italia, la lapide di via Fani che ricorda il rapimento di Aldo Moro e le cinque persone della scorta uccise, è stata profanata con la scritta "Bush uguale a Moro". Le più alte cariche istituzionali, personalità politiche e rappresentanti della società civile si sono dette indignate per quello che ritengono un atto vile.
Fonte: http://it.wikipedia.org/
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