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giovedì 9 gennaio 2025

LA GIORNALISTA RAI CECILIA SALA E' LIBERA, L'8 GENNAIO 2025 IL RIENTRO IN ITALIA, ERA AGLI ARRESTI IN IRAN DA 21 GIORNI! (ACCUSATA DI AVER VIOLATO LE LEGGI ISLAMICHE DELLA REPUBBLICA IRANIANA!)

Cecilia Sala, Usa: "La decisione è stata dell'Italia. L'Iran liberi tutti gli stranieri. Il lavoro dei reporter va protetto!"

CECILIA SALA 
"Il caso di Cecilia Sala è stata una decisione del governo italiano dall'inizio alla fine ed è Roma che deve rispondere a domande specifiche!"

Arrestata a Teheran il 19 dicembre scorso "per aver violato le leggi della Repubblica islamica dell'Iran", la notizia viene diffusa dalla Farnesina solo il 27 dicembre.




La gestione del caso Cecilia Sala, la giornalista arrestata a Teheran lo scorso 19 dicembre 2024 e rilasciata ieri, è stata "del governo italiano, dall'inizio alla fine". Gli Stati Uniti si felicitano della liberazione della reporter di Chora Media dopo 21 giorni di prigionia, ma sottolineano di non aver avuto nessun ruolo nella vicenda, né intendono commentare sull'estradizione dell'ingegnere iraniano Mohammed Abedini Najafabadi, l'uomo dei droni arrestato a Malpensa su richiesta di Washington tre giorni prima del fermo di Sala a Teheran. Il direttore di Chora Media, Mario Calabresi, ha parlato del suo viaggio in Iran (“a cui lei teneva molto”). Era da tempo che la 29enne aveva richiesto il visto e voleva rivedere le sue amiche iraniane – spiegando che il fatto che le avessero concesso un visto di otto giorni, anche con la possibilità di estenderlo, l'aveva molto tranquillizzata. Il caso della giornalista è stato subito collegato dalla stampa italiana a quello di Mohammad Abedini Najafabadi, un cittadino iraniano arrestato il 16 dicembre – dunque tre giorni prima dell’arresto di Sala a Teheran – all’aeroporto di Malpensa dalla Digos su richiesta degli Stati Uniti, che ne chiedevano l'estradizione. Abedini è accusato di aver traffico di componenti per droni a favore dei Guardiani della Rivoluzione. 
A Fanpage.it il suo
 SOLIDARIETA' PER SALA
avvocato ha spiegato che "si oppone all'estradizione perché negli USA rischia l'ergastolo". Attualmente in carcere (la procura si oppone alla richiesta di domiciliari) il 15 gennaio la Corte d’appello di Milano esaminerà la richiesta dei suoi legali di arresti domiciliari. 
Teheran ha chiesto poi il rilascio di Abedini e invitato l'Italia a "respingere la politica statunitense di presa di ostaggi", pur negando ogni collegamento tra i due casi. Oltre all'Italia, anche gli stessi USA si sono battuti per la liberazione della nostra connazionale. "Il suo arresto è ingiustificato, così come quello di tutti cittadini stranieri arrestati in Iran" dice un portavoce del Dipartimento di Stato a La Repubblica. Il caso acquisisce rilevanza internazionale con il viaggio di Giorgia Meloni a Mar-a-Lago per incontrare il presidente eletto Donald Trump. Secondo fonti vicine alla vicenda sarebbe stato proprio il caso di Cecilia Sala a spingere per la visita lampo in Florida. Da quel momento in poi, la trattativa tra Italia e Iran, e indirettamente con gli Stati Uniti, è diventata più fluida, portando infine all'esito positivo di oggi. Negli ultimi giorni si è infatti osservato un cambiamento di atteggiamento da parte del governo di Teheran, mentre, secondo la stampa italiana, le condizioni di detenzione di Sala sarebbero migliorate, e pare che non fosse più in isolamento. Sempre l'Iran afferma inoltre che l’arresto di Sala non sarebbe una ritorsione per Abedini. Mercoledì 8 dicembre Cecilia Sala è stata liberata. Nel primo pomeriggio è arrivata a Roma dove ad accoglierla ha trovato la premier Giorgia Meloni. Una volta giunta all'aeroporto di Ciampino, è stata ascoltata dai carabinieri del Ros. "Grazie a un intenso lavoro sui canali diplomatici e di intelligence, la nostra connazionale è stata rilasciata dalle autorità iraniane e sta rientrando in Italia", ha scritto in un nota la Presidenza del Consiglio dei ministri. "Cecilia è libera. Un gran lavoro italiano. Grazie a tutti". Così su Instagram il compagno Daniele Raineri. "Avevo un forte sentore che stesse per tornare" ha detto invece Elisabetta Vernoni,  madre di Cecilia, al podcast ‘Stories' di Chora  Media,  "Ringrazio il governo e quelli che mi hanno tirato fuori", le prime parole di Cecilia al suo ritorno a casa.

Fonte: https://www.fanpage.it/attualita/cecilia-sala-cosa-e-successo-alla-giornalista-dallarresto-in-iran-alla-liberazione-e-il-rientro-in-italia/ e https://www.fanpage.it/ https://video.corriere.it/cronaca/cecilia-sala-e-stata-liberata-la-sua-storia-in-meno-di-un-minuto/7fd6b7e6-2da8-4ad2-bb5f-0b8c6255exlk 

venerdì 15 luglio 2016

COSA SI NASCONDE DIETRO IL FALLITO GOLPE CONTRO ERDOGAN? LA TURCHIA STA ANDANDO VERSO UN ISLAMIZZAZIONE DI MASSA FORZATA? "RIVOGLIAMO VLAD TEPES L'IMPALATORE DEI TURCHI MUSSULMANI...EVVIVA IL CONTE DRAKULA!!!" #ISIS #nizza #Francia #estremismoislamico #attentato #corano #Golpe #ColpodiStato #Turchia #Erdogan #Ankara #Turkey

Turchia verso l'Islamizzazione forzata di massa?

5 risposte sul tentato colpo di stato in Turchia: Perché c'è stato, intanto, e perché è fallito? E con chi sta la popolazione turca?

C’è ancora molta incertezza dopo il fallito colpo di stato in Turchia nella notte tra venerdì e sabato. Il governo dice che tutti i partecipanti sono stati arrestati, che 265 persone sono morte e più di mille sono rimaste ferite e che nella repressione governativa dopo il fallimento migliaia tra militari e magistrati sono stati arrestati o rimossi dal loro incarico. Il tentativo di golpe, nonostante sia arrivato a sorpresa, ha delle radici nel difficile rapporto tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e l’esercito turco, l’unico vero rivale alla sua autorità nel paese. Il tentato colpo di stato e la successiva risposta del governo racconta in generale molte cose della difficile situazione politica turca, e della gestione del potere portata avanti da Erdogan negli ultimi anni.
Perché c’è stato un colpo di stato?
Come ha scritto Jeremy Bowen, caporedattore per il Medio Oriente di BBC: «Il colpo di stato è avvenuto perché il paese è profondamente diviso sul progetto del presidente Erdogan di cambiare il paese, e a causa dell’influenza della guerra civile siriana». Nel loro primo comunicato, i leader del golpe avevano detto che la loro operazione era dettata dalla necessità di fermare la deriva autoritaria e l’islamizzazione del paese voluta da Erdogan. I golpisti hanno anche parlato dell’incapacità suo governo di prevenire attacchi e attentati, come quello avvenuto lo scorso giugno all’aeroporto Ataturk di Istanbul.

L’esercito turco ha sempre avuto un ruolo molto rilevante nella vita pubblica del paese, e nella storia recente è intervenuto in maniera diretta per tre volte per rovesciare i governi in carica: nel 1960, nel 1971 e nel 1980. L’esercito turco è considerato il guardiano della costituzione laica del paese e in genere è intervenuto per garantire l’ordine costituito da minacce vere o presunte, come l’affermarsi di partiti o movimenti di ispirazione islamista o di sinistra radicale. Spesso, i periodi di massima influenza dell’esercito sulla vita pubblica hanno coinciso con campagne di arresti degli oppositori, sparizioni e omicidi politici, in maniera non troppo differente da quelle sperimentate dai regimi militari sudamericani. Fino a pochi anni fa, l’esercito turco era di fatto un corpo indipendente dal resto dello stato, solo formalmente sottoposto alla supervisione del governo civile. Con l’arrivo di Erdogan, il politico turco di gran lunga più abile e popolare della sua generazione, la situazione ha iniziato a cambiare.
Al momento non sappiamo ancora molto delle personalità e delle motivazioni degli ufficiali che hanno organizzato il golpe di venerdì, ma sono state fatte diverse ipotesi. Una delle più diffuse è che Erdogan si stesse preparando a un nuovo giro di epurazioni e sostituzioni e che quindi i golpisti abbiano tentato di anticiparlo, mettendo in atto un colpo di stato in maniera sbrigativa e raffazzonata. È una tesi che al momento non è sostenuta da nessuna prova certa, ma che si basa su un paio di indizi: il primo è che il colpo di stato è stato eseguito in maniera molto approssimativa, il secondo è che a meno di 24 ore dall’inizio del golpe, Erdogan aveva già ordinato l’arresto o la rimozione di migliaia di magistrati e ufficiali non direttamente coinvolti nelle operazioni militari, il ché lascia supporre che gli elenchi dei sospetti fossero già stati compilati.
Perché il colpo di stato è fallito?
La prima ragione sembra essere che al golpe ha partecipato solo una piccola frazione delle forze armate turche, qualche migliaio di soldati, forse 2.000, ha scritto Edward Luttwak su Foreign Policy. Si tratta di un numero chiaramente insufficiente per prendere il controllo di un intero paese. Luttwak, un commentatore popolare e controverso anche sui media italiani, è considerato un esperto di colpi di stato e per la Harvard Press scrisse nel 1968 un “Manuale pratico” per golpe che è diventato un classico tradotto in 16 lingue e ripubblicato in un’edizione aggiornata proprio quest’anno. Secondo Luttwak l’operazione di venerdì notte, più che un golpe, è sembrata una rivoluzione: un’azione avventata da parte di un pugno di ufficiali che speravano di ottenere l’appoggio della popolazione e del resto delle forze armate dopo una rapida vittoria. L’idea che più di un golpe si sia trattato di una rivoluzione sembra spiegare almeno parte dei numerosi errori compiuti dai golpisti.

Il primo è stato quello di colpire durante la sera, intorno alle 21, quando tutti di solito sono ancora svegli. Solitamente, i colpi di stato avvengono a notte fonda, con le truppe e i carri armati che occupano i luoghi strategici e arrestano i leader rivali prima che qualcuno abbia la possibilità di reagire. Attaccando così presto, i militari hanno dato la possibilità a Erdogan di richiamare i suoi sostenitori in strada e di organizzare un contrattacco. Al contrario, per provocare una rivoluzione non avrebbe senso colpire a notte fonda. Un altro errore dei golpisti è che non sono riusciti ad arrestare o neutralizzare nessuna delle figure chiave del governo.
Il resort dove si trovava Erdogan, nella città meridionale di Marmaris, è stato effettivamente attaccato, ma il presidente era già fuggito. Il primo ministro Binali Yildirim ha potuto annunciare il colpo di stato in televisione senza alcun ostacolo e ha continuato tutta la notte a scrivere su Twitter. Quasi nessun importante leader dell’AKP, il partito di Erdogan, è stato bloccato. L’unico successo su questo fronte è stato l’arresto del capo di stato maggiore dell’esercito, ad Ankara. Parte di questi fallimenti è probabilmente dovuta al fatto che i congiurati disponevano di troppi pochi soldati per portare a termine tutti i loro obbiettivi.
Perché molti dicono che è stata una montatura?
Insieme e quasi contemporaneamente alle notizie sullo svolgimento del golpe, qualcuno ha sostenuto che fosse stato organizzato dallo stesso Erdogan per aumentare il suo potere. Una premessa: in Turchia, un po’ come succedeva all’Italia degli anni Settanta-Ottanta, quando avviene una strage o un attentato, in molti vedono la mano dello stato. Secondo molti commentatori, in Turchia esiste uno “stato profondo”, cioè una rete parallela fatta da polizia e servizi segreti, incaricata di compiere attacchi e altre operazioni per giustificare misure repressive. La bomba alla marcia per la pace di Ankara, in cui lo scorso ottobre furono uccise più di cento persone, inizialmente fu imputata da molti agli agenti dello “stato profondo”. È abbastanza normale, quindi, sentir parlare oggi di “false flag”, cioè di montatura.

La Turchia, in effetti, è uno dei pochi paesi al mondo dove situazioni del genere sono effettivamente plausibili. Negli ultimi anni sono emersi diversi scandali in cui il governo turco ha dimostrato di essere spregiudicato nel perseguire i suoi fini. I servizi di intelligence, per esempio, hanno organizzato spedizioni segrete di armi a gruppi di estremisti islamici in Siria, mentre lo stesso Erdogan è stato registrato mentre parlava della possibilità di organizzare un “incidente” in modo da aver una scusa per invadere la Siria senza sembrare l’aggressore.
Ci sono molti elementi, però, che spingono a trattare questa ipotesi con estrema prudenza. L’assunto alla base di questa teoria che Erdogan fosse a conoscenza del complotto, che sapesse che c’erano dietro soltanto pochi ufficiali e che quindi li abbia lasciati fare, sapendo di poterli sconfiggere e quindi di ottenere i benefici politici. Si tratta di un atteggiamento spericolato, ai limiti dell’incoscienza. Una volta avuta notizia di un golpe, è molto difficile avere la certezza che sarà portato avanti soltanto da un pugno di militari e che il resto dell’esercito resterà nelle caserme, come è avvenuto nella notte tra venerdì e sabato. Ed è altrettanto difficile prevedere con certezza da che parte si schiererà la popolazione. In passato è già accaduto che tra i militari si spargesse l’idea di un colpo di stato e la reazione di Erdogan è sempre stata la repressione immediata.
La popolazione è dalla parte di Erdogan? Erdogan è senza dubbio il leader più popolare nella storia recente della Turchia e alle recenti elezioni di novembre il suo partito è nuovamente riuscito ad ottenere la maggioranza assoluta dei seggi in parlamento. Ma come molti leader carismatici, la sua figura è molto divisiva. Erdogan gode di un ampio consenso nella Turchia rurale, a Istanbul e tra i conservatori religiosi, mentre è osteggiato dalla sinistra, dai sindacati, dalla popolazione urbana della costa occidentale e da una parte significativa della minoranza curda. I suoi oppositori criticano le sue tendenze autoritarie, la repressione della libertà di stampa e della magistratura e la guerra contro le milizie curde del PKK, brutalmente condotta nel sudest del paese.
Già dalle prime ore del golpe, però, i partiti di opposizione, compreso il curdo HDP, si sono schierati contro i militari, così come hanno fatto anche numerosi attivisti e altri oppositori, che pure negli anni scorsi erano scesi in piazza contro il governo e avevano subito la repressione violenta delle forze di polizia. Nella notte di venerdì ci sono state alcuni episodi di apprezzamento per i militari, con applausi e grida di incoraggiamento, ma la stragrande maggioranza degli oppositori è rimasta a casa. A scendere in piazza sono stati i sostenitori di Erdogan.
La loro organizzazione è stata uno degli elementi che più hanno sorpreso gli analisti. Alle 23 e 30 di venerdì, Erdogan si è collegato con CNN Turkey tramite un’app per videochiamate del suo smartphone e ha chiesto alla popolazione di scendere in piazza per sostenere il suo governo. In quel momento, a molti è sembrata una mossa disperata, ma nel giro di pochi minuti le moschee di Istanbul hanno iniziato a chiamare in piazza i fedeli e in poco tempo le strade si sono riempite di sostenitori del governo. Tra loro era praticamente impossibile vedere delle donne, e moltissimi uomini avevano barbe e baffi – di solito evitati dai turchi con convinzioni più secolari – e cantavano slogan religiosi. I manifestanti, con l’appoggio delle forze di polizia, hanno disarmato moltissimi militari, che in molti casi si sono rifiutati di aprire il fuoco sulla folla. Ci sono state eccezioni, a Istanbul, dove per ore i militari hanno sparato per tenere lontano la folla, soprattutto in aria, ma causando anche morti e feriti. Quando all’alba il presidio si è arreso, diversi militari sono stati linciati dalla folla.
Cosa succederà ora?
Al momento Erdogan sta portando avanti delle vaste epurazioni nei confronti degli apparati dello stato che non ritiene ancora completamente fedeli, in particolare esercito e magistratura. Secondo tutti gli esperti, Erdogan uscirà dal golpe con un controllo ancora più saldo sul paese. L’esercito, fino a oggi l’unico rivale alla sua autorità, sarà ulteriormente ridimensionato. La successiva prevedibile instabilità, però, potrebbe finire con il danneggiare ulteriormente la situazione economica turca, già in difficoltà da un anno, e questo, nel medio periodo, potrebbe iniziare a far diminuire il consenso di cui gode Erdogan.

Nel breve termine, c’è sostanzialmente una questione ancora aperta: quella della base di Incirlik, nel sud della Turchia. È un’installazione militare dove si trovano numerosi soldati americani che operano le missioni di bombardamento contro l’ISIS, in Siria. La base, al momento, è isolata e la corrente è stata scollegata (la base comunque è dotata di generatori autonomi). Ufficialmente, la motivazione dell’isolamento della base è il timore che possa essere utilizzata dai golpisti, ma in molti sospettano che la vera ragione sia una rappresaglia nei confronti degli Stati Uniti, con i quali le relazioni sono peggiorate da mesi.
Secondo alcuni esponenti del governo turco, gli americani sarebbero i veri organizzatori del golpe. Erdogan non ha ancora detto niente di così grave, ma ha chiesto agli Stati Uniti di estradare Fethullah Gülen, un religioso che vive da anni in esilio autoimposto in Pennsylvania. Negli anni, Erdogan ha accusato Gülen di ogni sorta di complotto nei suoi confronti e nella retorica del presidente il religioso appare spesso un capro espiatorio per tutti i problemi della Turchia. Gli Stati Uniti hanno chiesto di fornire prove del coinvolgimento di Gülen nel colpo di stato e hanno respinto ogni accusa di aver avuto a che fare con i golpisti. Nel pomeriggio di domenica, la base è tornata quasi alla normalità, anche se la corrente non è ancora stata riallacciata. L’incidente, ha mostrato comunque a che livello di tensione siano arrivati i rapporti tra i due alleati.



Il fallimento del golpe in Turchia, con tutte le debolezze infine palesate dai congiurati, ha indotto molti a credere in una messinscena operata dallo stesso Presidente Erdoğan, che ora dovrebbe beneficiarne in termini di popolarità e nuove occasioni d'epurazione. Quest'ipotesi ha trovato spazio anche nel "Corriere della Sera" grazie a un intervento di Antonio Ferrari. Rimane tuttavia più facile credere a un golpe genuino ma mal congegnato, piuttosto che a un'ardita ed elaborata macchinazione di Erdoğan. In assenza di prove più consistenti per la teoria del complotto, il rasoio di Occam suggerisce di tenere per buona la tesi più semplice.
D'altro canto, il golpe che ora appare a tutti ridicolo, un "golpe da operetta", un "golpetto", agli occhi degli stessi, intorno a mezzanotte di venerdì era perfettamente riuscito. Lo titolavano i siti dei grandi giornali italiani, lo si poteva leggere scritto da molti commentatori illustri sui rispettivi social network. Rammento distintamente l'ilarità suscitata dall'intervento di tramite video-telefonino d'una conduttrice tv, o le sagaci battute sul fatto che i cittadini turchi sarebbero sì scesi in strada (come richiesto dal loro Presidente), ma non certo per fronteggiare i carri armati, bensì per assaltare i Bancomat. Il tutto mentre Erdoğan veniva avvistato sui cieli di mezzo mondo, in fuga e a richiedere asilo immancabilmente negato. Spiace constatarlo, ma ancora una volta la stampa italiana ha mostrato superficialità e mancanza di comprensione e analisi su un fatto internazionale (e questo è imputabile anche ai tagli cui le redazioni esteri sono soggette da anni).
Gran parte delle mancanze dei golpisti, evidenziate da chi crede alla tesi dell'auto-attentato, si possono spiegare più semplicemente col numero limitato di congiurati e col ruolo preponderante svolto da ufficiali non d'alto rango. Evidentemente il piano contava di sfruttare l'assenza di Erdoğan dalla capitale, neutralizzare rapidamente la polizia e l'intelligence (fedeli al Presidente e ben armate) per prendere il controllo di Ankara e Istanbul, occupare lo Stato Maggiore delle Forze Armate per paralizzare la catena di comando formale. In sostanza, i golpisti contavano di impedire ogni reazione all'autorità politica, alle forze dell'ordine e alle forze armate, disarticolandone gli automatismi tramite loro decapitazione. Quindi, presentandosi alla tv pubblica come la nuova autorità, i militari, i funzionari statali e la pubblica opinione, privi d'altra guida, avrebbero accettato il fatto compiuto. In particolare, è ragionevole credere che i golpisti si attendessero un'adesione spontanea degli altri comandi militari e dei partiti politici oppositori dell'Akp.
Il piano è fallito, come noto, ma il suo collasso in poche ore non autorizza a bollarlo di "golpe da operetta" (ripetiamo: dopo che gli stessi commentatori l'avevano dato per vittorioso). Per sua natura, un colpo di Stato così congegnato era destinato a vincere o abortire nel giro d'una notte, mancando della massa critica per condurre una lotta frontale contro le autorità. Tra i fattori che hanno determinato il fallimento del piano, si può citare il notevole ritardo nell'occupare la tv pubblica (almeno un'ora dopo aver bloccato i ponti sul Bosforo, in un'infelicissima scelta delle priorità), senza tra l'altro che nessun congiurato si presentasse col proprio volto e nome, proponendo l'immagine reale di un potere alternativo a quello di Erdoğan e dei suoi ministri e parlamentari. I quali invece sono stati tutt'altro che evanescenti, poiché non siamo più nel 1980 e nemmeno nel 1997, e ormai in Turchia ci sono numerosi canali televisivi e radiofonici. Per tutta la nottata, il governo ha saputo comunicare meglio dell'impalpabile "Comitato per la pace" che avrebbe dovuto rovesciarlo.
Erdoğan ha saputo mobilitare prontamente una parte della popolazione cospicua e agguerrita, come ha dimostrato nel bene e nel male, sfidando carri armati e autoblindo a mani nude, ma anche linciando militari golpisti caduti nelle sue mani. E questa mobilitazione Erdoğan l'ha ottenuta combinando strumenti moderni (si pensi alla videotelefonata con "Face Time" trasmessa in tv) a strumenti tradizionali (il richiamo dei muezzin, questa volta non alla preghiera ma alla manifestazione in piazza, è riecheggiato prontamente a Istanbul e Ankara). Questo succede quando s'unisce un partito politico di massa a una rete religiosa, il tutto in un contesto di popolazione giovane e devota.
I golpisti hanno perso davvero quando il comandante della Prima Armata (quella di Istanbul), Umit Dundar, per primo ha sconfessato il golpe e rimarcato la lealtà sua e dei suoi soldati alle istituzioni. In quel momento a tutti - alla popolazione, agli altri militari, persino ai soldati utilizzati come manovalanza dai congiurati e non necessariamente ben informati su quanto stesse accadendo - è apparso evidente come non si fosse di fronte a un vero golpe dei militari contro il governo, bensì al tentativo di una semplice fazione. Non a caso il Genrale Dundar è stato prontamente ricompensato con la promozione a Capo di Stato Maggiore.
A differenza di quanto scritto la mattina successiva al golpe da "Repubblica", non è vero che le dichiarazioni di Obama e della Merkel avrebbero avuto un ruolo nel determinare il fallimento del golpe. Entrambe sono arrivate solo quando esso era ormai evidente. Al contrario gli Usa sono stati molto ambigui nella prima dichiarazione di Kerry, che non ha preso posizione malgrado si trattasse dell'attacco a un governo formalmente alleato. A ciò si unisca il fatto che Gülen, principale indiziato della Turchia per il golpe, è ospitato dagli Usa stessi, e che nelle ore più concitate, quando la popolazione aveva cominciato a scendere in piazza contro i golpisti, la rete statunitense Nbc propagandava la notizia di improbabili fughe di Erdogan - evidentemente forgiata ad arte per scoraggiare la mobilitazione dei suoi sostenitori. E citava a sostegno niente meno che fonti militari statunitensi.
Non sorprende che ora la tensione tra Ankara e Washington sia palpabile. Il fallito golpe in Turchia è la pietra tombale su otto anni di fallimenti in politica estera dell'Amministrazione Obama.

 
Il golpe in Turchia? La voce girava già da qualche mese, a Washington. Secondo Giulietto Chiesa, giornalista esperto di politica estera (e maestro di complottismo) viene intervistato dal blogger Claudio Messora (aka Byoblu) e dice la sua sulle ultime, cruente ore tra Ankara e Istanbul. Si parte da marzo, quando un influente neocon americano, Michael Rubin, scrive un articolo premonitore, dal titolo sibillino: "Ci può essere un golpe in Turchia?". "Di fatto - spiega Chiesa - sostiene che i militari ribelli non avrebbero avuto nulla da temere da Usa e Unione europea". "Una delle origini di questo golpe, dunque - sentenzia il giornalista italiano - è stato l'invito esplicito che viene dai neocon americani". Due mosse recenti del presidente turco Erdogan, sottolinea Chiesa, sono da interpretare alla luce di quanto accaduto venerdì sera: "Ha chiesto scusa a Putin per l'abbattimento del suo caccia e ha riallacciato i rapporti diplomatici con Israele. Due tentativi di parare il colpo in extremis: io non credo affatto alla tesi che sarebbe stato il suo nemico giurato Gulen a organizzare il colpo di Stato militare, non aveva potere sufficiente. Credo che Erdogan ha rotto le scatole a tutti, ai russi, agli americani e agli europei, e ora esce da questo golpe più debole di prima, è un vincitore zoppo e ne vedremo ancora delle belle. Non tutto quello che abbiamo visto finora è chiaro". Sorprendentemente, però, Chiesa si dimostra scettico sulla voce che sta facendo impazzire i dietrologi del web: Erdogan avrebbe organizzato un finto "auto-golpe" per poter fare un colpo di mano autoritario sulla Costituzione. "Improbabile - taglia corto il giornalista - sarebbe stata una scelta molto rischiosa. Ci sono stati molti morti e l'esercito si è diviso. Da tempo esisteva una fronda kemalista laica a cui non piace l'Erdogan islamico". 

Fonte: http://tv.liberoquotidiano.it 

 

domenica 16 settembre 2012

I ribelli Jihadisti in Siria vogliono una teocrazia basata sulla sharia e sulla legge del Corano: ecco il vero motivo che sta alla base della rivolta armata contro Assad, appoggiata ingiustamente e ipocritamente dall'Occidente, dalla Turchia e dall'Arabia Saudita! I poteri forti e la Massoneria occulta hanno l'obiettivo di destabilizzare l'intera area medio-orientale per continuare ad alimentare i loschi traffici che gravitano intorno a quello del petrolio, cioè di armi, diamanti e oro...i poteri occulti guidati dalla loggia degli Illuminati vuole continuare ad arricchirsi indiscriminatamente sfruttando le risorse naturali e le popolazioni piu' povere e ignoranti! Ecco perchè dobbiamo appoggiare il Governo legittimo di Assad in Siria, sperando in una resa dei ribelli che hanno tra le fila per lo piu' mercenari e assassini di mestiere, inviati e pagati dall'Arabia Saudita, dalla Turca e dall'Occidente (Europa compresa) con in prima linea sul territorio la C.I.A. (Il servizio segreto Americano) così come hanno fatto con Gheddafi in Libia, anche in Siria puntano a creare un clima di tensione e di caos con uno Stato che senza Assad diventerà ingovernabile alla pari dell'Iraq, della Libia, dell'Egitto, dell'Afghanistan...meglio il Governo laico di Assad che un governo basato sul fondamentalismo Islamico piu' cruento e intollerante!!!

DAMASCO (SIRIA) – Un chirurgo francese è tornato dopo 2 settimane da un ospedale di Aleppo. Dice che lì vi sono combattenti francesi ispirati ispirati al pistolero Merah di Tolosa e che la Turchia ha provocato delle inondazioni sul confine per fermare i profughi.
(Nel frattempo il nostro ministro Terzi:   Italia invia in Turchia 30 tonnellate di beni umanitari per profughi siriani )
9 sett – Un chirurgo francese che ha curato i combattenti ad Aleppo ha detto che gli islamisti stranieri intenti a trasformare la Siria in una teocrazia autocratica hanno gonfiato le fila dei ribelli che combattono per rovesciare il presidente Bashar al-Assad e stanno conducendo una “guerra santa“.
Jacques Beres, co-fondatore di medico Medici Senza Frontiere carità, è tornato dalla Siria venerdì sera dopo aver trascorso due settimane a lavorare clandestinamente in un ospedale della città settentrionale siriana assediata.
Sabato, in un’intervista alla Reuters nel suo appartamento al centro di Parigi, il  medico 71enne, ha detto che, contrariamente alle sue precedenti visite a Homs e Idlib all’inizio di quest’anno, circa il 60 per cento di coloro che aveva trattato questa volta erano combattenti ribelli e che almeno la metà di loro non erano siriani.
Essi dicono che non sono direttamente interessati alla caduta di Bashar al-Assad, ma stanno pensando a come prendere il potere in seguito e istituire uno Stato islamico con la legge della sharia .
I jihadisti stranieri, inclusi giovani francesi, hanno detto di ispirarsi a Mohammed Merah, il sedicente militante islamista da Tolosa, che ha ucciso sette persone in marzo a nome di al-Qaeda.
Assad stesso ha sempre sostenuto che i la rivolta contro di lui è in gran parte il lavoro di terroristi stranieri e ha detto le sue forze agiscono per ripristinare la stabilità.
Durante le sue precedenti visite in Siria – a marzo e a maggio – Beres ha detto di capito che i ribelli sono comandati da combattenti islamici e che nella lotta contro Assad è impegnato un numero sempre maggiore di arabi e musulmani guidati dal senso di dovere religioso di eseguire la jihad (guerra santa) e la disponibilità a soffrire per l’Islam.
Alcuni di loro sono “jihadisti” professionisti, veterani di Iraq, Afghanistan, Cecenia o Libia, che sanno combattere e fabbricare bombe con grande abilità.
Beres ha detto di aver trattato di decine di jihadisti provenienti da altri paesi arabi, ma anche due giovani francesi.
“Alcuni di loro erano francesi e completamente fanatici per il futuro,” ha detto. “Sono state persone molto prudenti, anche con il medico che li trattava. Non avevano fiducia in me, ma per esempio mi hanno detto che Maometto Merah era un esempio da seguire.”
Merah provocò una ferita nel fragile senso di comunità della Francia a marzo, quando uccise tre soldati, un rabbino e tre bambini ebrei. A Parigi da diversi anni i francesi temono gli islamisti radicali. Merah aveva viaggiato in Afghanistan e Pakistan per ricevere una formazione.
INDISCRIMINATO BOMBARDAMENTO
Nei suoi viaggi precedenti Beres ha lavorato in ospedali di fortuna, ma questa volta ha detto che ha ricevuto ben 40 feriti ogni giorno in un ospedale normale, che era sotto il controllo dei ribelli, nel centro economico di Aleppo.
Ha detto di aver trattato i civili che erano  in coda per il pane in un mercato che era stato bombardato. “Il fornaio è stato ucciso. Era un uomo magro completamente rivestita di farina bianca con fori di schegge e sangue dappertutto. Era un’immagine sorprendente e preoccupante”, ha detto.
“Quello che la gente deve sapere è che il numero di morti è ben lontano da ciò che è stato annunciato. Direi che devi moltiplicare per due per ottenere la cifra reale.”
L’Osservatorio siriano per i diritti umani dice che più di 23.000 persone sono state uccise nella rivolta. Più di 200.000 siriani sono fuggiti nella vicina Turchia, Giordania, Iraq e Libano.
Beres, entrato in Siria dal confine settentrionale della Turchia, ha detto di aver visto anche che Ankara stava cercando di fermare i siriani attraversano la frontiera. Mostrando i suoi abiti chirurgici, scarpe e vestiti infangati, Beres ha detto che le forze turche avevano inondato la zona di frontiera Reyhanli con acqua rendendo difficile a i rifugiati di attraversare inosservati.
“Ci sono stati profughi catturati dall’esercito turco. Ci sono volute 20 ore per attraversare la frontiera e mi è stata comminata una multa di $ 500 per averla attraversata illegalmente. Hanno invaso la frontiera completamente in modo da poter sentire chi sta attraversando. Quelli che si fanno prendere vengono mandati indietro”, ha detto. 
Fonte: http://www.reuters.com/article/2012/09/08/syria-crisis-jihad-idUSL6E8K80WG20120908


ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!