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sabato 23 marzo 2024

SONO 139 I MORTI E 180 I FERITI NELL'ATTACCO TERRORISTICO DELLA SERA DI VENERDÌ 22 MARZO 2024 AL TEATRO CROCUS CITY HALL DI MOSCA IN RUSSIA! PIENA SOLIDARIETÀ AL GOVERNO RUSSO, AL PRESIDENTE VLADIMIR PUTIN ED ALLE FAMIGLIE DELLE VITTIME!

Солидарность с Правительством РФ и президентством Владимира Путина за трусливый теракт против мирных жителей, расстрелянный внутри театра в Москве! Соболезнования семьям погибших! 🖤 Solidarity with the Government of the Russian! Solidarietà alla #Russia! 

Moscow (Mosca - Federazione Russa):

Attentato a Mosca, spari e strage nella sala concerti: 139 morti e 180 feriti. 

L'Isis rivendica! 

Tre bambini fra le vittime. Terroristi in fuga. Washington aveva avvertito Mosca del rischio attacchi dello Stato islamico. Kiev: 'Noi estranei'! Mosca è tornata a vivere i peggiori incubi degli attacchi terroristici ceceni degli anni '90 quando stasera un gruppo di uomini armati, in tenuta mimetica, ha fatto irruzione in una sala da concerti a nord-ovest del centro aprendo il fuoco senza pietà sugli spettatori. Secondo alcune testimonianze, gli assalitori avrebbero lanciato anche granate o bottiglie incendiarie e poco dopo l'intero edificio si è trasformato in un rogo. Sono 139 i morti, tra cui tre bambini, e 180 i feriti, è il bilancio ancora provvisorio fornito dai servizi di sicurezza interni russi, Fsb. Le autorità hanno aperto un'inchiesta per terrorismo e qualche ora dopo l'Isis ha rivendicato l'attacco. Miliziani dello Stato islamico, si legge in un messaggio sul canale Telegram del gruppo jihadista, "hanno attaccato un grande raduno (...) alla periferia di Mosca" e poi si sono "ritirati sani e salvi nelle loro basi".





domenica 30 settembre 2012

Vietato dire: "Maometto pedofilo!" Ma in Nord-Africa, dopo le "Primavere Arabe" sponsorizzate dall'Occidente, vogliono far sposare le bimbe! Proprio in Egitto vogliono riportare l'età legale per il matrimonio ad appena nove anni...

Foto
Egitto - (Nord-Africa) - Mentre un filmato di 13 minuti su YouTube in cui si dipinge Maometto come pedofilo scatena le manifestazioni violente in tutto l’islam, un deputato della Assemblea costituente egiziana va in tv e come se niente fosse butta là la proposta di consentire di nuovo i matrimoni alle bambine dai 9 anni di età. Con una scelta di tempi discutibile (per tacere dei contenuti), Muhammad Saad Al Azhari, membro islamista dell’Assemblea Costituente egiziana, ha fatto sapere che il limite per l’età del matrimonio dovrebbe essere abbassato, consentendo agli uomini di sposare anche le bambine.Il deputato dice di fare la proposta in questione pensando al bene delle bambine: «il matrimonio è un diritto delle ragazze», fin dal compimento del nono anno, ben inteso: se hanno già raggiunto la pubertà (le arabe sono precoci...). Al Azhari, intervenendo telefonicamente in un programma televisivo serale, ha sostenuto che la Costituzione egiziana dovrebbe prendere in considerazione le «specificità egiziane», per esempio il fatto che i beduini del Sinai sposano ragazze molto giovani. Ogni tentativo di cambiare abitudini radicate da migliaia di anni è, secondo il deputato, «un discorso illogico», votato al fallimento. Ogni civiltà insomma ha le sue proprie particolarità.
Al Azhari ha aggiunto che, in Occidente, le relazioni sessuali complete sono consentite fin dall’età di quattordici anni e sono anche studiate nelle scuole. Solo che, nella versione musulmana, il sesso sarebbe consentito anche (se non solo) con uomini maturi.
Una posizione aberrante che, per fortuna, ha suscitato qualche reazione indignata qua e là; come quella di Mustafa Al Najjar, attivista politico e parlamentare nella precedente legislatura, il quale ha replicato duramente, affermando che le proposte di «alcuni salafiti» è «un salto all’indietro, disumano, un insulto per le donne egiziane e una violazione di tutte le norme sui diritti umani».
In Arabia Saudita però la possibilità è già reale. Grazie a una fatwa del Mufti Supremo dell’Arabia Saudita, emessa a maggio, è diventato perfettamente legale che bambine di almeno 10 anni si sposino con uomini. Secondo le Nazioni Unite nel mondo musulmano ci sono 60 milioni di “spose bambine”, la cui età è inferiore ai 13 anni. Il marito è sempre un uomo molto più anziano, mai incontrato prima, spesso un parente
L’organizzazione americana International Center for Research on Women (Icrw) ha compilato una “classifica” dei venti paesi in cui i matrimoni di minorenni sono più diffusi: il Niger è al primo posto, seguito da Ciad, Bangladesh, Mali, Guinea, Repubblica Centrafricana, Nepal, Mozambico, Uganda, Burkina Faso, India, Etiopia, Liberia, Yemen, Camerun, Eritrea, Malawi, Nicaragua, Nigeria, Zambia.

domenica 16 settembre 2012

La vérité sur Houlé - La verità sul "falso" massacro di Houle in Siria: come la propaganda dei ribelli terroristi manipola l'informazione così come è accaduto in Libia; menzogne, falsità, bugie per accattivarsi il favore e l'appoggio militare dell'Occidente e dell'opinione pubblica mondiale! Ma sono i ribelli Siriani i veri terroristi e il vero pericolo per la pace in Medio-Oriente...

VOX CLAMANTIS – 26 Maggio 2012
Traduzione dal francese a cura della Fraternità Maria Gabriella
Domandiamo agli nostri lettori di non lasciarsi impressionare dalla campagna mediatica a proposito del massacro di Houle. Contrariamente a quanto viene affermato dai media e dalle nostre prime informazioni raccolte, l’armata siriana regolare non si è posizionata e non ha bombardato Houlè.
Si tratta, da parte dei terroristi, di un colpo montato al quale l'opinione pubblica è già molto abituata e, da parte del governo di una dimissione inaccettabile, che lascia civili innocenti affidati alla sua protezione e forze dell'ordine in numero insignificante essere oggetto di impressionanti attacchi da parte di centinaia di miliziani feroci, pronti a tutto ed armati fino ai denti, con la pura missione di “creare” le  vittime per sfruttare mediaticamente il loro sangue.
Questo coincide con l'annuncio della prossima visita di Kofi Annan e lo scopo è quello di screditare questa missione, gettandone tutto il biasimo sulle legittime  autorità siriane. Le notizie che noi forniamo vengono da testimoni oculari che vivono sui luoghi. Essi non hanno per finalità quella di “proteggere” il regime ma di “proteggere” la popolazione civile, abbandonata dal governo e consegnata alla selvaggia furia dei terroristi.
La verità su Houle
Ecco ciò che noi abbiamo ricevuto da un testimone oculare di Kfar Laha, vicino a Houle: “Le bande armate sono uscite da Rastan e da Saan, tra Homs e Hama verso le otto di sera. Hanno attaccato le barricate delle forze dell'ordine intorno all'ospedale e hanno ucciso e ferito circa 35 elementi tra le forze dell'ordine, poi sono penetrati nell'ospedale statale. All'interno dell'ospedale si trovavano i pazienti e le equipes sanitarie e alcuni familiari che accompagnavano i malati, circa 25 persone. Le bande armate hanno massacrato tutte le persone presenti poli hanno bruciato l'ospedale dopo aver trasportato i cadaveri. Sui canali video dei ribelli si vede che quelli che trasportano i cadaveri lo fanno su coperte sulle quali è scritto in arabo “ministero della salute”. Questo prova che essi sono gli autori del crimine. Le bande armate si sono in seguito dirette verso le case circostanti, hanno massacrato i loro abitanti, hanno bruciato cinque case dopo aver trasportato i cadaveri. Dei rinforzi sono arrivati da parte delle forze dell'ordine. Ci sono stati scambi di fuoco e nove terroristi sono stati uccisi.
Sulla via, essi si sono introdotti in una farmacia ed hanno fucilato il farmacista per punirlo di aver venduto dei medicinali a un membro del servizio dell'ordine ed hanno bruciato la sua farmacia.
Verso le 22 le bande armate si sono dirette verso il villaggio di Tel Do. Hanno investito il quartiere sud e hanno massacrato famiglie alauite, uomini, donne e bambini, poi hanno appiccato fuoco dopo aver trasportato i cadaveri.
I cadaveri raccolti sono stati ammassati  in una moschea per mostrarli agli osservatori dell'ONU come se fosse stato un massacro perpetuato dall'armata regolare.
Diverse notizie dalla regione di Homs e di Hama
A Salamiyeh, grosso villaggio a est di Hama, sulla strada di Aleppo, abitato da una maggioranza di ismaeliti di cui un gran numero sono oppositori ( comunisti e houranis) c'era un funerale e le persone venivano a presentare le loro condoglianze, bande armate vestite con degli “schmakhs”, copricapi dei beduini del deserto, senza dubbio per incitare gli abitanti di Salamiyeh a credere che questi fossero i loro vicini i beduini del deserto “badiyat” e fomentare la guerra civile. Le bande armate di PKC hanno aperto il fuoco sulla folla per cinque minuti, uccidendo sette persone e ferendone un gran numero.
Nel villaggio di Siphonyeh, presso Kattineh, a 15 km a nord di Homs, bande armate si sono introdotte in gran numero e hanno massacrato due famiglie: Abdallah Abdel Nabi e i suoi  6 bambini e anche il suo vicino e suo figlio. Hanno anche bruciato le case prima di ritirarsi.
Tutta la campagna di Kusayr è a ferro e  fuoco, in un vuoto di sicurezza spaventoso. Da due settimane  la guerra civile è cominciata tra i villaggi sunniti e i villaggi sciiti. E sunniti del villaggio di Saargi, contrabbandieri e banditi, hanno cominciato a uccidere e rapire civili dei villaggi sciiti di Safsafè, Zeytè, Hawik . Per proteggersi gli sciiti hanno dovuto prendere le armi perché i sunniti attaccavano con fucili, mitragliatrici e mortai e RPG. Gli sciiti sono stati presi di sorpresa perché essi non erano armati ma alcuni possedevano armi personali. Gli sciiti hanno rapito due sunniti della famiglia Hseykeh e fino ad oggi l'atmosfera è molto tesa. Un antico contenzioso opponeva questi due villaggi ma essi avevano celebrato una grande riconciliazione con la presenza dello Cheikh Naim Qassem, il vice presidente di Hezbollah. Erano stati invitati villaggi all'intorno e i notabili cristiani di Kusayr  erano stati invitati. Purtroppo la consegna delle bande armate è di accendere ad ogni costo il conflitto religioso e, nell'assenza di forze dell'ordine o davanti alla loro impotenza, non c'è altra alternativa per gli abitanti che proteggersi dalle bande armate prendendo essi stessi le armi.
Come abbiamo spiegato nel nostro articolo di ieri, le città e villaggi si organizzano verso un'autonomia di sicurezza a partire dalle alleanze e dagli equilibri tribali sottili e inimmaginabili, per esempio ,come noi dicevamo, l'accordo realizzato tra Nebek e Flitta: “non rapite più i nostri sennò noi interdiremo agli abitanti di Flitta di entrare a Nabek.”
Il regime sta per accettare la realtà di una disaffezione della sua presenza rispetto alla sicurezza, in virtù della quale il mosaico siriano si fratturi in una logica di affinità confessionali tribali o politiche, in base ad alleanze, a rifiuti, a tradimenti , per un riallineamento alla maniera libanese? Sinistra prospettiva….
Vox Clamantis
Vox Clamantis est un centre d’information du diocèse grec melkite catholique de Homs, Hama et Yabroud.
AGGIORNAMENTO DA VOX CLAMANTIS 
31 Maggio 2012 – Redatto da Frére Jean
Il generale Suleiman, Presidente del tribunale militare, capo dell'investigazione sul massacro di Houlé (del 26 maggio 2012) ha dato questa sera i risultati preliminari, basati su dichiarazioni di testimoni oculari presenti sulla scena, ed anche sullo studio dei rilievi militari e penali: Il Generale ha detto che dopo la preghiera del venerdì, 600-800 uomini armati hanno attaccato di sorpresa le 5 postazioni di controllo tenute dalle forze di sicurezza siriane nella regione di Taldo. Tutte le armi furono utilizzate in questo attacco, compresi cannoni di mortaio. Le forze di sicurezza hanno cercato di respingere questi attacchi. Allo stesso tempo delle bande armate si sono sparpagliate intorno alle posizioni del national hospital di Taldo e della piazza dell'orologio. Hanno massacrato famiglie parenti del Deputato Abdel Karim di Taldo che ha sfidato l'embargo dell'opposizione nelle ultime elezioni parlamentari. Le famiglie massacrate sono note per essere pacifiche e vicine al regime. I cadaveri sono stati trasportati su veicoli dei terroristi per essere riuniti nella moschea. Un altro gruppo armato si è diretto su Shumariyeh a pochi chilometri di distanza e ha massacrato famiglie appartenenti alla confessione di Sciita, anch’esse vicino al regime. Anche questi cadaveri sono stati anche ammassati nella moschea. Il Generale Suleiman ha assicurato che l'osservazione dei morti mostra che essi furono tutti uccisi da vicino, o da arma da fuoco o da un strumento tagliente. Nessuno porta traccia di obus o schegge metalliche. Nessuno sembra essere stato colpito da un oggetto provocato da un bombardamento. Al momento del massacro di forze siriane stavano respingendo vari attacchi e non potevano disperdersi per un'altra missione. Più quartieri dove i massacri siano stati commessi sono sotto l'autorità dei miliziani ribelli ed è praticamente impossibile alle forze di ordine entrarvi. Mr Jihad Makdessi, portavoce del Ministero degli affari esteri ha segnalato che appena al  corrente degli eventi drammatici di Hula, le autorità siriane hanno contattato il Generale Mood, capo osservatore della Nazioni Unite, per chiedergli di recarsi sulla scena. I miliziani ribelli lo attendevano con i corpi delle vittime raccolte da loro. Mr Jihad Makdessi, dopo questo atto criminale gravemente condannato dal suo governo, sta cercando di dimostrare che la Siria soccombe a una guerra settaria. Anche Vox Clamantis i.D.D. ha saputo da un testimone oculare che il 29 maggio, h 5 del mattino, bande armate attaccarono la stazione di polizia nel villaggio di Dmeineh, sulla strada per Qusayr. Questo villaggio è interamente cristiano e conta circa 400 famiglie greco-cattoliche. Gli scontri sono durati più di due ore e due case hanno ricevuto tutta la forza di proiettili lanciati dai terroristi. La stazione di polizia ha respinto l'attacco in cui un ufficiale di polizia ha perso la vita, e molti sono rimasti feriti. Si sono registrati sette morti tra i miliziani. La città di Dmeineh, tagliata fuori come Kusayr del mondo esterno, vive difficili giorni e si prepara a sua volta a evacuare, come è avvenuto per Kusayr e i quartieri cristian di Homs.
Vox Clamantis in Deserto Damasci è il centro di informazione delle diocesi greco-cattolica di Homs, Hama e Yabroud.
Syrien Eine Auslöschung 
13.06.2012 · Das Massaker von Hula ist ein Wendepunkt im syrischen Konflikt. Die westliche Öffentlichkeit beschuldigt, gestützt auf die UN-Beobachter, die syrische Armee. Diese Version kann auf Grundlage von Augenzeugenberichten bezweifelt werden. Demnach wurden die Zivilisten von sunnitischen Aufständischen getötet. 
  

Ascolta il Messaggio del Nunzio Mons Zenari a Radio Vaticana:

"Il massacro di bambini innocenti è un crimine insopportabile, che getta una nuova ombra su questa orribile guerra. Tuttavia, le reazioni indignate degli organi internazionali non bastano. L'Onu deve sostenere e dare voce alle iniziative delle comunità siriane, che tentano di reagire alle violenze in modo costruttivo e non con la vendetta". "Non importa chi sia l'autore di queste stragi - continua il prelato - la spirale di sangue e violenza deve cessare". "Gli osservatori Onu non stanno facendo molto - racconta mons. Zenari - e vi è poca fiducia fra la popolazione sui risultati concreti del piano di Kofi Annan. La popolazione sta tentando di organizzarsi da sola per trovare soluzioni alternative". In questi giorni a Homs, una delle città simbolo della rivolta contro il regime, i leader cristiani cattolici e ortodossi, alawiti, sunniti e rappresentanti della società civile, hanno organizzato una serie di incontri per cercare una soluzione non violente al conflitto. "L'idea - aggiunge il nunzio - è quella di dare un segno di speranza ai siriani e invitarli a mettersi in gioco e a reagire in modo costruttivo e pacifico, contro chi vuole distruggere il Paese". Tali iniziative continueranno nei prossimi giorni e saranno proposte anche in altre città della Siria.

Preghiera e digiuno nell’inferno della lotta: l’esperienza di un prete cattolico
Nel bel mezzo di massacri, violenze, spari, rapimenti, vendette, una piccola fiammella di fede e di amore si è accesa nella città di Qusayr (nei pressi di Homs), uno dei luoghi dove la guerra infuria più violentemente: come l’Agenzia Fides apprende da fonti locali, un prete cattolico, che per ora preferisce conservare l’anonimato, si è coraggiosamente stabilito in città, in una casa parrocchiale, con il solo scopo di fare un’esperienza di continua preghiera e digiuno, per implorare da Dio la pace e la riconciliazione.
Proprio laddove “si sta scatenando l’inferno”, la sua presenza, spiega il sacerdote, vuole essere un “segno forte di non violenza, una testimonianza di fede e di amore per il popolo siriano”. Il suo essere “segno di contraddizione”, sarà un’esperienza che i fedeli di tutte le religioni potranno comprendere, in quanto “le armi della preghiera e del digiuno sono importanti nel cristianesimo e nell’islam”. Vuole essere un modo, rimarca, “per ricordare a tutti gli uomini, a chi sta combattendo e uccidendo, che l’unica fonte di speranza è Dio: il Dio della vita, il Dio della pace, il Dio della riconciliazione, che ci rende fratelli e non nemici”.
Fonti di Fides non escludono che, mentre la sua esperienza si diffonde in città, fedeli cristiani e musulmani possano unirsi a lui, nonostante i pericoli, e che nella città martoriata dal conflitto possa accendersi un nuovo lume di speranza per la Siria, grazie a uomini e donne che rifiutano l’odio e scelgono la non violenza, in nome della loro fede. La religione e la fede – notano le fonti di Fides – sono infatti una componente importante della vita e dell’identità del popolo siriano e, in queste ore difficili di brutalità, occorre fare leva sulla componente spirituale, che restituisce all’uomo la sua vera dimensione, la sua autentica dignità. (PA) (Agenzia Fides 28/5/2012)

PATRIARCA GREGORIO III LAHAM, “FERMARE STRAGI, PIENO APPOGGIO AL PIANO ANNAN

“Fermare subito gli scontri e la violenza e dare pieno appoggio al piano di Kofi Annan”: dalla Germania, dove si trova in visita, a parlare è Gregorio III Laham, patriarca di Antiochia dei greco-melkiti. In una dichiarazione rilasciata al Sir il presule, commentando le ultime stragi a Hula, Hama, con molti bambini tra le vittime, torna ad invocare “la fine delle violenze che stanno gettando il Paese nel baratro. Con l’aiuto dello Spirito Santo prego che tutte le parti coinvolte possano trovare vie di dialogo. La comunità internazionale, l’Europa in testa, sappiano aiutare la Siria ad uscire da questa grave situazione. Il mondo aiuti tutti i siriani, Regime, militari, opposizione, donne e uomini a dialogare. Basta con le stragi, con la violenza - papa Benedetto XVI lo ricorda sempre - non si ottiene nulla. Come vescovi di Siria lo abbiamo detto più volte ed oggi lo ribadisco, diamo pieno appoggio al piano di pace di Kofi Annan”.

DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, P. FEDERICO LOMBARDI, A PROPOSITO DELLA STRAGE DI HULA

La recente strage di Hula, dove ha perso la vita un centinaio di persone, tra cui numerosi bambini, addolora e preoccupa profondamente il Santo Padre e l’intera comunità cattolica, nonché la comunità internazionale, che ha condannato unanimemente l’accaduto.
Nel rinnovare il suo appello alla cessazione di ogni forma di violenza, la Santa Sede esorta le parti interessate e tutta la comunità internazionale a non risparmiare alcuno sforzo per risolvere la crisi attraverso il dialogo e la riconciliazione. Anche i leaders e i credenti delle diverse religioni, con la preghiera e la collaborazione vicendevole, sono chiamati a promuovere con grande impegno l’auspicata pace, per il bene di tutta la popolazione.




Drammatiche testimonianze dalla Siria in fiamme: «I ribelli ci uccidono. L’esercito di Assad deve restare!» Ci sentiamo indignati e impotenti di fronte al tipo di informazioni che circolano in Europa e fanno opinione, sostenendo le sanzioni internazionali! Solo il Governo di Assad è quello legittimo e giusto per la Siria...

Tratto da "Avvenire" - TESTIMONIANZE - 11 Aprile 2012
Maalula, Monastero S. Tecla
Viviamo in Siria da più di sette anni, amiamo questo Paese e il suo popolo. Ci sentiamo indignati e impotenti di fronte al tipo di informazioni che circolano in Europa e fanno opinione, sostenendo le sanzioni internazionali, una delle armi più inique che l’Occidente usa per tenersi le mani pulite e dirigere comunque la storia di altri popoli. Pulite fino a un certo punto: si moltiplicano le segnalazioni della presenza di personale militare inglese, francese (e di altri Paesi) a fianco degli insorti per organizzare le azioni di guerriglia, grave violazione internazionale che passa sotto silenzio.
Sono state raccolte firme e fondi per aiutare la “primavera” del popolo siriano.
Ma chi ha dato – in perfetta buona fede – offerte e sostegno della “liberazione” della Siria deve sapere che ha finanziato assassini inumani, procurando loro armi, contribuito alla manipolazione dell’informazione, fomentato una instabilità civile che richiederà anni per essere risolta. Sconvolgendo l’equilibrio in un Paese dove la convivenza era pane quotidiano. Perché intervenendo senza conoscere la realtà non siamo più liberi, ma funzionali ad altri interessi che ci manipolano.
Non è nostro compito fornire una lettura socio-politica globale della vicenda siriana, altri lo stanno facendo meglio di noi. E chi lo vuole davvero può trovare informazioni alternative. Noi ci limitiamo a raccontare solo ciò che i nostri occhi vedono, qui nel piccolo villaggio di campagna dove viviamo. E dove, quasi ogni notte, i soldati presenti nella piccola guarnigione che lo presidia sono attaccati. Sia dagli insorti presenti nella zona, sia da bande mercenarie che passano il confine siriano nel tentativo di sopraffare l’esercito e aprire un varco per il flusso di armi e combattenti. I militari rispondono? Certo, e la gente ne è contenta perché di armi e mercenari il Paese è già pieno.
Sta per scadere l’ultimatum per il ritiro dell’esercito, che qui nessuno – nel senso letterale del termine – vuole. La gente si sente sicura solo quando i militari sono presenti. Ormai le violenze compiute dai cosiddetti liberatori nelle città, nei villaggi, sulle strade, sono tante e così brutali che la gente desidera solo vederli sconfitti. Gli abusi sono continui: uccisioni, case e beni requisiti o incendiati, persone, bambini usati come scudi umani. Sono i ribelli a bloccare le strade, a sparare sulle auto dei civili, a stuprare, a massacrare e rapire per estorcere denaro alle vittime. Invenzioni? La notte del Venerdì Santo, non lontano da dove abitiamo, hanno ucciso un ragazzo e ne hanno feriti altri due: tornavano alle loro case per celebrare la Pasqua. Il ragazzo morto aveva 30 anni ed era del nostro villaggio. Non sono i primi tra la nostra gente a pagare di persona. Ormai prima di spostarsi a fare la spesa o anche solo per andare a lavorare ci si assicura che l’esercito controlli la zona. Anche a noi è capitato di trovarci bloccati dalle sparatorie per tre ore in un tratto di autostrada e siamo riusciti a ripartire solo quando si è formato un corridoio di carri armati che proteggevano gli automobilisti in transito dai tiri dei rivoltosi.
Perché di tutto questo non si parla? Perché non si parla dei tanti militari assassinati in vari agguati, gli ultimi ieri ad Aleppo? Sono tanti i drammatici esempi che potremmo citare. Il fratello di un nostro operaio, tenuto prigioniero a Homs dai ribelli insieme ad altri civili, è ormai considerato morto, due padri di famiglia del nostro villaggio sono stati sempre a Homs dai rivoltosi perché compravano e distribuivano pane a chi era rimasto isolato. La questione che qui, però, ci preme sottolineare e per la quale invitiamo tutti a mobilitarsi è quella delle sanzioni internazionali. Chi sta pagando e pagherà ancora di più fra poco, è la gente povera.
Non c’è lavoro, non ci sono le materie prime e le esportazioni di prodotti locali, come bestiame e uova, sono ferme. Quel poco che c’è, poi, si vende a prezzi esorbitanti.
Tra le principali urgenze c’è quella del latte per i bambini. I prezzi dei cartoni sono raddoppiati, passando da 250 lire siriane a 500 (la paga giornaliera di un operaio è di 7-800 lire). Scarseggia il mangime per il bestiame: le poche confezioni disponibili sono passate da 650 a 1850 lire. Mancano i medicinali specialistici, scarseggia l’elettricità perché i ribelli hanno fatto saltare più volte le centrali e le linee di conduzione. Non c’è gasolio (e l’inverno è stato molto freddo quest’anno), perché la Siria non può più esportare il suo greggio in cambio di petrolio raffinato. I trattori quindi sono fermi e non si può lavorare la terra. Sono bloccati perfino i camion che prelevano la spazzatura. Ci sono problemi con l’acqua perché le pompe funzionano col gasolio. Il nostro villaggio e quello vicino – che condividono lo stesso pozzo – hanno acqua un unico giorno alla settimana e solo per 3-4 ore. Si rischia una vera carestia per l’avvenire: presto mancherà il grano e quindi anche il pane, il solo alimento che, per ora, il governo riesce a distribuire a un prezzo calmierato, anche ai più poveri. E poi si protesta perché la Croce Rossa non può portare aiuti. È possibile arrivare a sanzionare addirittura l’importazione di pannolini per i lattanti?
Tutto questo è profondamente ingiusto. Non si è riusciti a rovesciare il governo con le armi, lo si vuole fare esasperando la gente. Certo, è proprio questa la logica delle sanzioni. Quando, però, una grande maggioranza della popolazione – che piaccia o meno – non vuole un cambiamento violento della situazione, tale sistema diventa una vera sopraffazione. Chiediamo con forza a chi può fare qualcosa di sospendere le sanzioni e di intervenire. Che la nostra tanto osannata democrazia si dimostri capace di servire il vero bene del popolo.
 
Un gruppo di italiani che vive in Siria (Testo raccolto da Giorgio Paolucci)

Fonte: http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/i-ribelli-ci-uccidono.aspx 

IL GRIDO DEI CRISTIANI SIRIANI AL PAPA

I Vescovi di Aleppo,
costretti a rinunciare all’incontro con il Papa,
lanciano un appello a Benedetto XVI°
per il cessate il fuoco e la riconciliazione!
 
Agenzia Fides 14/9/2012
Aleppo è da più di due mesi al centro degli scontri armati tra i ribelli e l’esercito siriano. Il Consiglio dei sei Vescovi cattolici della seconda metropoli della Siria ha dovuto rinunciare a malincuore a recarsi all’incontro con il Papa in Libano per rimanere al fianco dei propri fedeli. Ma dalla città devastata dal conflitto hanno lanciato un appello a Benedetto XVI, chiedendo al Papa di richiamare la comunità internazionale all’urgenza di trovare una soluzione pacifica e porre fine a un conflitto “che sta distruggendo il Paese e seminando dovunque miseria e desolazione”.
Nel loro appello, inviato all’Agenzia Fides, i Vescovi di Aleppo (greco-cattolico, siro-cattolico, armeno-cattolico, maronita, caldeo e latino) pregano ardentemente Benedetto XVI di sottoporre ai capi delle nazioni e agli organismi internazionali due richieste: “Esigere che cessino definitivamente i combattimenti sul suolo della Siria”, per poi “incoraggiare e appoggiare le parti in conflitto affinché giungano a un dialogo serio e efficace in vista di una riconciliazione nazionale”.
I Vescovi di Aleppo descrivono la condizione vissuta dal popolo siriano in termini angosciati: “Il Paese si distrugge, il numero delle vittime si moltiplica, e quello dei feriti aumenta di giorno in giorno. Molte abitazioni sono distrutte, e i poveri vedono le proprie risorse diminuire progressivamente. Tutto ciò fa precipitare le famiglie in uno stato di disperazione e spinge molte di esse a emigrare”.
L’ appello si conclude con il ringraziamento a Benedetto XVI “per tutte le iniziative che Voi prendete al servizio della pace”, e con l’augurio “che la Vostra voce arrivi alle orecchie dei popoli e raggiunga quelli che hanno il potere di decidere”.
“Fedeli, non lasciate la Siria!”
Il messaggio dei Patriarchi di Damasco,
stretti attorno al Papa Benedetto XVI°!
 
(Agenzia Fides 14/9/2012)
“Con tutto il cuore chiediamo ai fedeli cristiani della Siria di non abbandonare il nostro amato paese, nonostante la violenza, le sofferenze, lo sfollamento”: è quanto chiedono i Patriarchi delle Chiese cristiane in Siria, da questa mattina in Libano per “stringersi attorno a Benedetto XVI, pellegrino di pace in Medio Oriente”. In un messaggio reso noto tramite l’Agenzia Fides, i leader cristiani, dando il benvenuto a Benedetto XVI, rimarcano il tema più caro alle Chiese locali: la presenza delle comunità cristiane in Medio Oriente. A condividere il messaggio sono quattro leader con sede a Damasco: il Patriarca greco-cattolico Gregorio III Laham; il Patriarca greco-ortodosso Ignatius IV Hazim; il Patriarca siro-cattolico Ignatius III Younan; il Patriarca siro-ortodosso Zakka I Iwas.
In particolare oggi in Siria c’è il pericolo di un esodo dei fedeli, molti dei quali sono già fortemente colpiti dalla povertà, sono stati costretti a lasciare le loro case per gli scontri armati, e vivono da sfollati interni o nei paesi limitrofi. In queste tragiche ore, i Patriarchi chiedono ai fedeli: “Abbiate pazienza, non fuggite”, invitando a “sopportare il dolore”, per amore di Cristo.
I leader cristiani in Siria deplorano l’atteggiamento di alcune Cancellerie occidentali che, esplicitamente o in modo implicito, stanno offrendo ai fedeli siriani l’opportunità di emigrare, notando che questo “costituisce una tentazione”, ma che non è la soluzione per i cristiani in Siria. Il rischio, notano, è una “libanizzazione del conflitto siriano” (oltre il 50% dei cristiani fuggì dal Libano, al tempo della guerra) o lo scenario iracheno (negli ultimi anni le comunità cristiane locali, sotto la pressione del terrorismo, sono notevolmente diminuite).
I Patriarchi sostengono con forza il recente appello del Santo Padre al dialogo e alla riconciliazione in Siria, definite dal Papa “prioritarie per tutte le parti implicate” e auspicano che il viaggio di Benedetto XVI possa lasciare “una profonda traccia di pace”.
Come riferito a Fides, simbolo potente della solidarietà e dell’amore verso il Papa è, in particolare, la presenza del Patriarca siro-ortodosso Zakka I Iwas che, nonostante la malattia e le cure di dialisi di cui necessita, ha voluto comunque essere presente accanto a Benedetto XVI.
 
Nunzio a Damasco: Benedetto XVI°
sia un faro per tutto il Medio Oriente
 
Damasco (AsiaNews) - "Il viaggio del Papa in Libano sarà un faro per tutto il Medio oriente, soprattutto per i cristiani della Siria. Mi auguro che la presenza del Pontefice incoraggi la comunità internazionale ad aiutare le parti in conflitto ad abbandonare le armi e sedersi sul tavolo dei negoziati per porre fine a questa carneficina". È la speranza di mons. Mario Zenari, Nunzio apostolico a Damasco, a poche ore dalla visita di Benedetto XVI che nel Libano, che inizia oggi e termina il 16 settembre. 
"Il Papa - sottolinea Zenari - segue da mesi la situazione siriana e non ha mai smesso di far sentire la sua voce negli incontri pubblici. Egli conosce quali sono i desideri dei cristiani siriani e dei loro vescovi, che da oltre un anno tentano di testimoniare la pace nel Paese piegato dagli odi confessionali ed etnici".
Il Nunzio spiega che per le condizioni critiche vissute dal Paese la visita non ha avuto molta risonanza fra la popolazione, che in molte zone non ha accesso a giornali e televisioni. Tuttavia, parrocchie e diocesi stanno facendo di tutto per richiamare i fedeli a questo importante appuntamento. "La situazione ad Aleppo e in alcune zone di Damasco è drammatica - afferma il prelato - combattimenti fra ribelli ed esercito avvengono in ogni angolo del Paese". L'insicurezza delle strade e degli aeroporti civili, utilizzati da Assad come piste per i suoi aerei da guerra e tenuti sotto tiro dall'artiglieria del Free Syrian Army, non permetterà ai vescovi siriani di salutare di persona il pontefice. "I vescovi di Aleppo - racconta Zenari - hanno inviato una lettera di benvenuto, dove spiegano la loro situazione. Ma saranno presenti con la preghiera".

Fonte: http://www.asianews.it/notizie-it/Nunzio-a-Damasco:-Benedetto-XVI-un-faro-per-tutto-il-Medio-Oriente


 da TV7 del 14/09/12
Reportage di Gian Micalessin dalla Siria
"Voi Occidentali vi siete dimenticati di noi,
fratelli Cristiani d'Oriente!"
dal minuto 00.21.03 al minuto 00.27
 
Fonte: http://www.rai.tv/dl/replaytv/replaytv.html#ch=1&day=2012-09-14&v=146500&vd=2012-09-14&vc=1 
 

Intervista esclusiva a Jocelyne Khoueiry

sulla grave situazione Siriana


 Intervista esclusiva per “Ora pro Siria” a cura di Mario Villani, redattore di APPUNTI Attualità Politica Cultura.

Jocelyne Khoueiry è nata a Beirut il 15 agosto 1955. Maronita, è laureata in Teologia e giornalismo. Nel 1975, allo scoppio della guerra in Libano ha preso le armi per difendere i quartieri cristiani di Beirut mettendosi al comando di un gruppo di ragazze che si sono battute con coraggio non inferiore a quello degli uomini. A partire dagli anni '80, seguendo un suo processo di maturazione interiore e di approfondimento della Fede, ha lasciato le armi ed ha fondato un'associazione mariana chiamata “La Libanaise: Femme du 31 mai” con il compito principale di promuovere la formazione cristiana della donna. L'associazione ha avuto l'appoggio delle Suore Carmelitane del convento di Harissa (tra le quali vi era allora Suor Agnes Marie de la Croix).
Da allora ha agito su tre piani:1) ha tenuto migliaia di conferenze in tutto il mondo (di cui molte in Italia) per far conoscere e comprendere la situazione del Libano e, in generale, della regione; 2) ha svolto un'incessante opera di formazione cristiana delle donne e delle ragazze che aderiscono al movimento; 3) ha avviato un'opera di assistenza morale materiale a famiglie in difficoltà, con particolare riguardo per i bambini. A tal fine ha costituito un centro, dedicato a Giovanni Paolo II°, dove operano anche psicologi infantili e operatori sociali. Attualmente sta anche curando la ristrutturazione di un antico convento  a Jouniè che dovrebbe diventare un centro di spiritualità e ospitare pellegrini da tutto il paese. Conosce molto bene la situazione siriana, anche perchè è amica di suor Agnese ed ha con lei frequenti contatti.
Le ho rivolto alcune domande
1) Da quello che trasmettono in media libanesi che idea Ti sei fatta sulle cause della guerra in Siria ?
I media libanesi trasmettono quotidianamente i dettagli della guerra in Siria. Da quanto ci viene mostrato possiamo constatare che vi è in corso una crisi complessa che si sviluppa a diversi livelli. Il primo è quello delle rivendicazioni di riforme concernenti la costituzione del paese, in particolare in materia di libertà e pluralità politica. Il secondo è quello degli islamisti sunniti, o almeno delle sue fazioni più estremiste, che stanno cercando di prendere il potere. Questo livello non è più allo stadio di una richiesta di riforme, ma piuttosto ha l'aspetto di un colpo di stato armato e molto violento che non fa differenza tra civili e militari e che non esita a terrorizzare la popolazione per raggiungere i suoi scopi. D'altra parte abbiamo avuto un esempio di queste agitazioni anche in Libano, nelle regioni del nord, tra l'anno 2000 e il 2008, quando le operazioni terroriste di questi gruppi, legati a quelli siriani, si sono rivolte contro reparti dell'esercito libanese.
Il terzo livello della crisi è di ordine regionale e internazionale ed è allo stesso tempo politico e confessionale. Politico perchè strettamente legato al conflitto israelo-palestinese che ha diviso la regione in due fronti: il fronte israelo americano ed i suoi alleati sunniti (paesi dei petrodollari e Giordania) che vogliono un nuovo Medio Oriente segnato dalla supremazia di Israele, una predominanza sunnita ed una pace imposta secondo le condizioni (e gli interessi) di Israele. Questo progetto prevede la neutralizzazione di tutte le potenze che possono costituire un ostacolo alla sua realizzazione e che costituiscono il secondo dei fronti di cui ho parlato.
Secondo diverse analisi della situazione siriana, ed in considerazione agli avvenimenti della cosiddetta « primavera araba », la Siria sta affrontando un'operazione multidimensionale manipolata da una volontà straniera, ormai scoperta, che ha fissato il « timing » dell'azione, finanziato la sua realizzazione, fornito le armi ed i gruppi armati che provengono dalla Libia, attraverso il territorio turco, e dal nord del Libano. D'altra parte questo spiega perchè figure pacifiche e stimate dell'opposizione ( che da tempo chiedono legittimamente una riforma ed un cambiamento del regime) hanno contestato la violenza armata e l'ingerenza straniera.
2) Quale è la posizione della Chiesa libanese (in particolare del Patriarca Maronita Bechara Rai) sulla situazione siriana?
La posizione della Chiesa libanese, ed in particolare il Patriarca Maronita Bechara Rai prende in considerazione la totalità degli elementi che presenta la situazione. Dopo aver osservato e sperimentato le conseguenze della politica occidentale ed americana e dei suoi alleati sulla presenza cristiana in Iraq, Terra Santa ed Egitto; e dopo aver ascoltato i diversi interventi dei Vescovi orientali al Sinodo nell'ottobre 2010, i responsabili della Chiesa in Libano e in tutta la regione sono obbligati a essere più vigili nei loro giudizi che non devono andare contro la ragione ed i fatti reali. La Chiesa afferma la necessità di un cambiamento, di riforme e di un rispetto delle libertà, ma quello che sta avvenendo in Siria rischia di mandare al potere un regime teocratico e salafita che sarà molto diverso dagli slogan dietro ai quali ha nascosto le sue azioni. Un regime ideologicamente contrario alla libertà ed alle diversità culturali. La Chiesa vuole attirare l'attenzione su questo pericolo e considera che l'attuale regime ha ancora la possibilità di realizzare i cambiamenti richiesti da una grande parte del popolo siriano. Per questo la Chiesa ritiene che sia imperativo fermare la violenza, avviare un dialogo ed arrivare ad un minimo di intesa perchè una guerra civile in Siria si trasformerà immediatamente in una guerra confessionale che potrà incendiare tutta la regione e non solo il Libano.
3) Quali possono essere le conseguenze per il Libano della crisi in Siria?
La situazione politica, economica, confessionale e della sicurezza in Libano è direttamente influenzata dalla situazione siriana. Questo spinge i responsabili libanesi a voler controllare i movimenti del traffico di armi e il passaggio di gruppi armati tra i due territori. Non mi riferisco a quella parte della classe politica libanese che attende una sconfitta del regime siriano e che è stata paradossalmente la sua alleata privilegiata, contro i libanesi liberi, quando l'esercito siriano occupava il Paese dei Cedri.
4) Come sono i rapporti tra le comunità cristiane libanesi e quelle siriane?
I rapporti sono ottimi. Sono vissuti in uno spirito di scambio e di comunione ecclesiale e pastorale. D'altra parte le strutture dell'APECL (Assemblea dei Patriarchi e dei Vescovi Cattolici) facilita questa comunione nel quadro delle differenti attività. Noi pensiamo che questi rapporti possono costituire una realtà positiva e pacificante all'interno del conflitto. Sarà un passaggio non facile da realizzare, soprattutto nelle condizioni attuali, ma che potrebbe non essere impossibile in un futuro non troppo lontano.
 
 Mario Villani
 
  Articoli ripresi dal blog: http://oraprosiria.blogspot.it  

 


I ribelli Jihadisti in Siria vogliono una teocrazia basata sulla sharia e sulla legge del Corano: ecco il vero motivo che sta alla base della rivolta armata contro Assad, appoggiata ingiustamente e ipocritamente dall'Occidente, dalla Turchia e dall'Arabia Saudita! I poteri forti e la Massoneria occulta hanno l'obiettivo di destabilizzare l'intera area medio-orientale per continuare ad alimentare i loschi traffici che gravitano intorno a quello del petrolio, cioè di armi, diamanti e oro...i poteri occulti guidati dalla loggia degli Illuminati vuole continuare ad arricchirsi indiscriminatamente sfruttando le risorse naturali e le popolazioni piu' povere e ignoranti! Ecco perchè dobbiamo appoggiare il Governo legittimo di Assad in Siria, sperando in una resa dei ribelli che hanno tra le fila per lo piu' mercenari e assassini di mestiere, inviati e pagati dall'Arabia Saudita, dalla Turca e dall'Occidente (Europa compresa) con in prima linea sul territorio la C.I.A. (Il servizio segreto Americano) così come hanno fatto con Gheddafi in Libia, anche in Siria puntano a creare un clima di tensione e di caos con uno Stato che senza Assad diventerà ingovernabile alla pari dell'Iraq, della Libia, dell'Egitto, dell'Afghanistan...meglio il Governo laico di Assad che un governo basato sul fondamentalismo Islamico piu' cruento e intollerante!!!

DAMASCO (SIRIA) – Un chirurgo francese è tornato dopo 2 settimane da un ospedale di Aleppo. Dice che lì vi sono combattenti francesi ispirati ispirati al pistolero Merah di Tolosa e che la Turchia ha provocato delle inondazioni sul confine per fermare i profughi.
(Nel frattempo il nostro ministro Terzi:   Italia invia in Turchia 30 tonnellate di beni umanitari per profughi siriani )
9 sett – Un chirurgo francese che ha curato i combattenti ad Aleppo ha detto che gli islamisti stranieri intenti a trasformare la Siria in una teocrazia autocratica hanno gonfiato le fila dei ribelli che combattono per rovesciare il presidente Bashar al-Assad e stanno conducendo una “guerra santa“.
Jacques Beres, co-fondatore di medico Medici Senza Frontiere carità, è tornato dalla Siria venerdì sera dopo aver trascorso due settimane a lavorare clandestinamente in un ospedale della città settentrionale siriana assediata.
Sabato, in un’intervista alla Reuters nel suo appartamento al centro di Parigi, il  medico 71enne, ha detto che, contrariamente alle sue precedenti visite a Homs e Idlib all’inizio di quest’anno, circa il 60 per cento di coloro che aveva trattato questa volta erano combattenti ribelli e che almeno la metà di loro non erano siriani.
Essi dicono che non sono direttamente interessati alla caduta di Bashar al-Assad, ma stanno pensando a come prendere il potere in seguito e istituire uno Stato islamico con la legge della sharia .
I jihadisti stranieri, inclusi giovani francesi, hanno detto di ispirarsi a Mohammed Merah, il sedicente militante islamista da Tolosa, che ha ucciso sette persone in marzo a nome di al-Qaeda.
Assad stesso ha sempre sostenuto che i la rivolta contro di lui è in gran parte il lavoro di terroristi stranieri e ha detto le sue forze agiscono per ripristinare la stabilità.
Durante le sue precedenti visite in Siria – a marzo e a maggio – Beres ha detto di capito che i ribelli sono comandati da combattenti islamici e che nella lotta contro Assad è impegnato un numero sempre maggiore di arabi e musulmani guidati dal senso di dovere religioso di eseguire la jihad (guerra santa) e la disponibilità a soffrire per l’Islam.
Alcuni di loro sono “jihadisti” professionisti, veterani di Iraq, Afghanistan, Cecenia o Libia, che sanno combattere e fabbricare bombe con grande abilità.
Beres ha detto di aver trattato di decine di jihadisti provenienti da altri paesi arabi, ma anche due giovani francesi.
“Alcuni di loro erano francesi e completamente fanatici per il futuro,” ha detto. “Sono state persone molto prudenti, anche con il medico che li trattava. Non avevano fiducia in me, ma per esempio mi hanno detto che Maometto Merah era un esempio da seguire.”
Merah provocò una ferita nel fragile senso di comunità della Francia a marzo, quando uccise tre soldati, un rabbino e tre bambini ebrei. A Parigi da diversi anni i francesi temono gli islamisti radicali. Merah aveva viaggiato in Afghanistan e Pakistan per ricevere una formazione.
INDISCRIMINATO BOMBARDAMENTO
Nei suoi viaggi precedenti Beres ha lavorato in ospedali di fortuna, ma questa volta ha detto che ha ricevuto ben 40 feriti ogni giorno in un ospedale normale, che era sotto il controllo dei ribelli, nel centro economico di Aleppo.
Ha detto di aver trattato i civili che erano  in coda per il pane in un mercato che era stato bombardato. “Il fornaio è stato ucciso. Era un uomo magro completamente rivestita di farina bianca con fori di schegge e sangue dappertutto. Era un’immagine sorprendente e preoccupante”, ha detto.
“Quello che la gente deve sapere è che il numero di morti è ben lontano da ciò che è stato annunciato. Direi che devi moltiplicare per due per ottenere la cifra reale.”
L’Osservatorio siriano per i diritti umani dice che più di 23.000 persone sono state uccise nella rivolta. Più di 200.000 siriani sono fuggiti nella vicina Turchia, Giordania, Iraq e Libano.
Beres, entrato in Siria dal confine settentrionale della Turchia, ha detto di aver visto anche che Ankara stava cercando di fermare i siriani attraversano la frontiera. Mostrando i suoi abiti chirurgici, scarpe e vestiti infangati, Beres ha detto che le forze turche avevano inondato la zona di frontiera Reyhanli con acqua rendendo difficile a i rifugiati di attraversare inosservati.
“Ci sono stati profughi catturati dall’esercito turco. Ci sono volute 20 ore per attraversare la frontiera e mi è stata comminata una multa di $ 500 per averla attraversata illegalmente. Hanno invaso la frontiera completamente in modo da poter sentire chi sta attraversando. Quelli che si fanno prendere vengono mandati indietro”, ha detto. 
Fonte: http://www.reuters.com/article/2012/09/08/syria-crisis-jihad-idUSL6E8K80WG20120908


ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!