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sabato 26 gennaio 2008

"Welcome to my nightmare!" ("Benvenuto nel mio incubo!")

Video-clip rock simpatico del 1975 dove Alice Cooper canta attorniato dai pupazzi del Mappet Show! "Benvenuto nel mio incubo!" Dedicato all'ormai ex-premier Romano Prodi, così Giovedì scorso Prodi "cantava" ai Senatori che votavano la sua "sfiducia"!!!

E come al solito il "Titanic" è affondato...

La Camera aveva dato la fiducia al governo Prodi con 326 sì e 275 no. I votanti erano stati 601. Una falla che si era aperta dopo l'ennesimo scontro del "Titanico" Prodi contro l'iceberg della grave crisi scaturita dall'uscita dalla maggioranza del multi-corrotto partitino UDEUR guidato dal suo ex-Ministro della Giustizia Clemente Mastella, indagato insieme alla moglie e ad altri 23 suoi collaboratori per corruzione e concussione...appunto una grande falla che ha continuato ad imbarcare "acqua" sotto i ponti di una coalizione che si è completamente sfaldata al Senato nella lunga giornata di Giovedì 24 Gennaio 2008; il "Titanic" Prodi finalmente è affondato dopo una eterna agonia durata quasi 3 giorni, in Senato 161 voti no e 156 sì con 5 senatori astenuti ed altrettanti che si sono assentati tra cui Giulio Andreotti hanno dato il colpo di grazia.
La maggioranza di Centro-Sinistra che aveva vinto le elezioni Politiche del 2006 con 26mila voti di scarto, grazie soprattutto ai voti degli Italiani all'estero che dopo la riforma targata Mirko Tremaglia (Alleanza Nazionale) possono votare e contribuire alla costituzione del Governo Italiano, non esiste più; non solo numericamente ma anche politicamente, questa maggioranza per lo più formata da un'accozzaglia di Partiti e Partitini molto eterogenei tra loro, molto diversi sia nella loro costituzione, sia nei loro valori, sia nella loro provenienza storica di base è "deceduta" Giovedì scorso in Senato dopo un lungo "coma" farmacologico protratto avanti da un governo che da sempre è stato "ostaggio" di una Sinistra ambigua, doppiogiochista e qualunquista: Comunisti ed ex-Comunisti che dentro il palazzo mantenevano le poltrone e gli incarichi Ministeriali mentre fuori, per le strade e le piazze manifestavano ed organizzavano scioperi contro lo stesso Governo di cui facevano parte.
I due anni del Governo Prodi hanno lacerato l'intero Paese con gli sprechi di denaro e risorse pubbliche, con i "finti" tagli alle spese in eccesso, con il tasso di corruzione che è salito alle stelle assieme al tasso della criminalità e la sicurezza pubblica crollata a terra, con i cittadini medi che non riescono più ad arrivare alla fine del mese colpa degli stipendi che grazie all'euro impazzito hanno perso metà del loro potere di aquisto! Sui posti di lavoro in questi due anni del Governo Prodi ci sono stati più "morti bianche" e più incidenti di quanto non succedeva anche prima, colpa degli scarsi controlli da parte di quegli Enti Statali che dovrebbero garantire e tutelare la salute e l'incolumità del lavoratore stesso.
E la lista dei disastri, delle mancate riforme, dell'economia Italiana che ancora stenta a decollare, dell'emergenza sanitaria e dell'emergenza rifiuti nel Sud Italia, della nuova legge elettorale che in questi due anni non è mai stata nemmeno discussa se non negli ultimi mesi del 2007 e di tanto altro ancora sarebbe troppo lunga per elencarla, tuttavia penso che la maggioranza degli Italiani sia ben contenta della fine di questo nefasto Governo "mortadella" ed ancora quegli stessi Italiani che avevano comunque votato la coalizione di Centro-Sinistra vogliono ora a grande ragione le elezioni Politiche; il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sciolga subito le Camere dopo le consultazioni per evitare pericolosi vuoti di potere e pericolose lacerazioni sociali, perchè il popolo Italiano è completamente sfiduciato nei confronti di uno Stato sempre più assente, sempre più lontano dai veri problemi della gente che è stanca di tutte queste pantomime della Politica Italiana.
Andare subito al voto dunque, al massimo non più tardi del mese di Aprile di quest'anno! L'Italia è in una delicata fase in cui l'emergenza Democratica è ad altissimi livelli, perdendo tempo in inutili dibattiti, consultazioni, votazioni di fiducia non porta altro che il rischio di risvegliare in taluni circoli politici extra-parlamentari la voglia di ricostituire movimenti e nuclei terroristici che vedrebbero reclutare le loro stesse forze nel bacino di quei cittadini stremati dalla povertà sociale e dall'ansia per un futuro gramo dove queste persone non avrebbero più niente da perdere se non la loro vita stessa.
Alexander Mitrokhin

Dopo la caduta del Governo via alle consultazioni: Prodi si defila: "Riforme? No, non accetterò alcun incarico!"

Sono iniziate al Quirinale le consultazioni del presidente della Repubblica dopo la caduta del governo Prodi. Termineranno martedì. l'Udc chiede un governo istituzionale. Prodi si tira fuori: "Non posso essere io la persona che può adempiere al ruolo di guidare un governo per le riforme. Se si perde in parlamento anche solo per un voto, vuol dire che questo schema ha perso. Farò il nonno". Berlusconi: "Diremo a Napolitano di andare al voto con questa legge!"
Ecco quì riassunta la lunga giornata di Giovedì 24 Gennaio 2008: Romano Prodi non ce l'ha fatta. L'Aula del Senato ha negato la fiducia al governo con 161 no e un astenuto contro 156 voti favorevoli. I pronostici più infausti si sono avverati, l'Unione non ha la maggioranza a Palazzo Madama e a nulla questa volta è servito mobilitare i senatori a vita. Troppe le defezioni: al no di Clemente Mastella e Tommaso Barbato si sono aggiunti quelli di Franco Turigliatto (l'unico no targato sinistra), Lamberto Dini e il colpo di grazia inferto da Domenico Fisichella. Cinque voti di troppo, senza contare l'astensione di Giuseppe Scalera (e quella dell'ultimo minuto del senatore a vita Giulio Andreotti), che risultano fatali.
L'ANNUNCIO: Il presidente del Senato Franco Marini annuncia il responso e in Transatlantico a Palazzo Madama esplode la gioia anche dei deputati del centrodestra, arrivati per assistere alla debacle del governo Prodi. Al centro del salone, davanti allo schermo al plasma, c'è anche l'ex ministro della Giustizia Clemente Mastella: aspetta di leggere le cifre sul tabellone lontano da vecchi e nuovi alleati. Poi, lui che è stato l'artefice di questa crisi, scivola via senza parlare.
OSTINAZIONE: Venire in Senato a contarsi è stata una scelta di coerenza, rivendica Prodi, non testardaggine. Eppure i numeri parlavano chiaro e a inizio seduta, alle tre del pomeriggio, non c'era nessuno pronto a scommettere che sarebbe andata diversamente. Neanche il premier: «È finita», scrive via sms a un amico a un certo punto della seduta, mentre è seduto nell'emiciclo della Camera alta. Lamberto Dini entra e non saluta, Mastella va ripetendo che lui e i suoi sono fuori. L'aria che tira è di disfatta, nei corridoi e nelle stanze del Palazzo non c'è la fibrillazione delle volte scorse. Il centrodestra fa i conti e sa che questa volta la spallata è arrivata davvero. «Li ho contati uno a uno - dice Francesco Storace - e non hanno scampo. Male che vada finiamo 159 a 157 per noi». Il Partito democratico sa che la forbice sarà anche maggiore. Chi tiene il pallottoliere del Senato da due anni già immagina che i voti contrari saranno 161. Se il Professore, tirando dritto, non dando ascolto nè al Pd nè al Quirinale, voleva sfidare i traditori e mettere in risalto le crepe nei cespugli c'è riuscito. I diniani sono tre e ciascuno vota a modo suo: Dini si schiera ed è no, Scalera opta per l'astensione, Natale D'Amico resta con l'Unione. Tre anche i senatori del Campanile: qui Mastella e Barbato non rinnovano la fiducia, mentre Nuccio Cusumano offre il sostegno a Prodi. Divisione dal sapore amaro, quella in casa Udeur. In Aula volano insulti, qualcuno racconta anche di sputi, e Cusumano finisce per sentirsi male. Sviene, verrà portato in infermeria.
DA OGGI: Spetterà come è ovvio al capo dello Stato sciogliere il nodo, delineare lo scenario futuro. Da oggi, con i presidenti delle Camere, cominceranno le consultazioni al Quirinale. Certo il voto anticipato non è mai stata l'opzione prediletta da Napolitano, che vorrebbe cambiare prima la legge elettorale. Ed era questo l'obiettivo del forcing del Colle sul premier affinchè evitasse di andare alla conta al Senato. E ora? Elezioni subito, chiedono con forza Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Il governo istituzionale, o tecnico o delle riforme, sembra allontanarsi. A volerlo sono solo in tre: il Pd, l'Udc e un pezzo di Rifondazione, ma non bastano a renderlo una realtà. Anche se l'ipotesi è ancora in piedi e non a caso, a voto proclamato, tutti gli occhi si puntano sul banco della presidenza del Senato.

Sfiducia al Senato, Prodi si dimette...consultazioni: si chiude martedì!!!

Roma - Dal Quirinale al Quirinale, senza ritorno (si spera). L’ultima corsa del Ciclista in sella termina ufficialmente alle 20.45, con una poltrona vuota al comando. Il colore è rosso, e Romano Prodi da una ventina di minuti ha abbandonato l’aula di Palazzo Madama per la salita più difficile: al Colle per rassegnare le dimissioni.
Gli scranni del governo sono ora desolatamente occupati da Livia Turco (come assorta in preghiera) e Giovanna Melandri, che riesce a far salotto anche lì. Arriva Cesare Damiano, poi Paolo Ferrero. Ancora il tempo di una foto ricordo sui banchi governativi con il cellulare di una sottosegretaria, chissà se li rivedranno. Intanto i tappi di due bottiglie di spumante italiano piombano dal banco di Mimmo Gramazio sulle seggiole finalmente libere. La caduta del Romano aspirava al tratto eroico, da «guerriero» (così lo saluta Diliberto), ma ha avuto momenti grotteschi o solo patetici. E l’ultimo «no» arriva dal senatore Fisichella, a lungo intimorito dal gesto, quando il premier è già finalmente volato via.
La notte che precede la fine è di quelle che non si dimenticano. Il premier stava per cedere, raccontano i suoi, di fronte al tiro incrociato del Quirinale e del quartier generale del Pd che gli sconsigliavano l’inutile bagno di sangue interno alla coalizione. Scontrarsi in Senato, perché? Ma i numeri, già al mattino disperati, invece di acuire la crisi di coscienza del premier finivano invece per rinfrancarlo. Era un Prodi di nuovo battagliero quello che il presidente Napolitano si trovava di fronte poco dopo le 10 e mezzo. Cinquanta minuti di colloquio teso, nel quale il Professore insisteva allo spasimo con la sua tesi della «parlamentarizzazione della crisi». Unico punto in comune: «Non si può andare a votare con questa legge elettorale», tesi che per Prodi equivale alla possibilità di un reincarico e per Napolitano a salvare il dialogo. Il premier usciva dal Colle ancora più deciso a fare terra bruciata: «Un colloquio sereno e costruttivo, vado in Senato».
Così i fedelissimi vantavano rimonte impossibili, come cercando la «bella morte». Il fidatissimo Angelo Rovati ne spiegava la filosofia alla buvette: «Stiamo andando senza rete, a corpo libero. Noi dobbiamo distinguerci a ogni costo, dobbiamo mostrare al Paese di avere una logica diversa dagli altri. Noi siamo diversi. Si viene qui, si vota come da Costituzione, e succeda quel che deve succedere. Forse ce la facciamo, e rilanciamo il governo con una pattuglia di ministri ridotta, cambiando passo. Oppure non ce la facciamo: in questo caso Romano prende il treno e torna a casa. Amen. Un caso unico nella storia della Repubblica».
Ma tornerà davvero a casa, Prodi? L’attenzione spasmodica per le forme, apparentemente priva di logica politica, è troppo plateale per non alimentare sospetti. Il premier difficilmente potrà giocarsi la carta del reincarico mentre, in caso di elezioni, sarebbe pronto a candidarsi alla premiership in alternativa a Veltroni, sostenuto dalla sinistra più Di Pietro. Una vendicativa puntata d’azzardo che mira a tornare padrone di un Pd ormai «doroteo». Così fin dal mattino i collaboratori reagivano rabbiosamente agli articoli di giornali che rivelano trattative con offerta di nomine in cambio dei voti in Senato. «Le ricostruzioni sui ricatti sono fango per il Paese» dirà più tardi il premier che, dopo il colloquio con Napolitano, non rinuncia al programma e incontra investitori americani.
Il discorso a Palazzo Madama cerca invece di definire una «via maestra» alla crisi. Etica più che mai: rispetto assoluto dei principi della Costituzione e denuncia dell’«ingerenza dei partiti, un residuo del passato». Prodi chiede «un voto esplicito e motivato», perché «nessuno può sottrarsi alla responsabilità di indicare quale altro governo sia possibile...». Stesso tratto che cerca di marcare profonda diversità rispetto al Pd avrà la replica a fine dibattito. «Non sono venuto in Senato per testardaggine, ma per coerenza. Non si sfugge davanti al giudizio di chi rappresenta il popolo, perché il popolo ci guarda. Le crisi non si affrontano nei corridoi ma a viso aperto». Prodi attribuisce i demeriti del governo alla legge elettorale voluta dalla Cdl e si appella ai senatori, nonostante la «contrapposizione senza limiti» abbia dato al Senato un’«inaccettabile immagine di arena». Non basterà, ma il premier ottiene proprio quello che cercava: un’uscita dalla porta principale che bruci i ponti del dialogo per le riforme e gli consenta di rientrare dalla finestra. La casa dei «filistei» Veltroni e D’Alema è avvisata: stavolta Romano non farà prigionieri.

domenica 20 gennaio 2008

Nevada, Hillary Clinton batte Obama con il voto delle donne e degli immigrati!!!

Dopo una competizione serrata Hillary Clinton conquista la vittoria in Nevada con il 51% dei consensi nei caucus democratici di sabato. Barack Obama si è fermato al 45%, ma ha ottenuto 13 delegati per la nomina del candidato alla presidenza nella convention di agosto, un rappresentante in più della rivale: il senatore dell’Illinois ha conquistato un maggior numero di contee, invece Hillary Clinton ha vinto nella più popolosa Las Vegas, la città più grande del Nevada. Straordinaria l’affluenza alle consultazioni elettorali: per il New York Times sono andate alle urne 116mila persone, un numero dieci volte superiore al 2004.
Il voto delle donne e degli ispanici si è dimostrato decisivo per la vittoria della senatrice di New York durante i primi caucus in uno stato occidentale degli Usa. Ago della bilancia è stato il potente sindacato Culinary Workers’ Union, con 60mila iscritti soprattutto tra gli immigrati di lingua spagnola: aveva promesso il sostegno a Barack Obama, ma alla fine la maggior parte dei consensi è andata alla Clinton. Le urne erano aperte anche in alcuni casinò del Nevada.
Nei caucus del partito repubblicano ha avuto vittoria facile l’ex governatore del Massachussetts Mitt Romney, sconfiggendo gli avversari con il 51% dei voti, grazie anche all’affluenza dei mormoni. Nella Carolina del Sud è stato invece il senatore dell’Arizona John McCain a ricevere la maggioranza di voti dagli elettori repubblicani: è qui che sabato prossimo si confronteranno i democratici per le primarie. Secondo i sondaggi economia e immigrazione sono le questioni più importanti per gli elettori del Great Old Party.

Hillary Clinton vince! Obama non si ferma!

Questa volta le donne hanno preferito la Clinton, mentre i due terzi degli under 25 hanno premiato Barak Obama! La senatrice di New York ha vinto le primarie dei Democratici in New Hampshire contro i sondaggi della vigilia e dopo uno spoglio al cardiopalma, con circa il 39% dei voti contro il 37% del rivale Barak Obama. Determinante il voto delle donne. Terzo con il 17% delle preferenze l’ex senatore John Edwards. Fra i Repubblicani McCain, il 71enne eroe del Vietnam, ha vinto col 37% dei voti, mentre Mitt Romney si è fermato al 32 per cento!
I risultati delle primarie nel New Hampshire hanno contraddetto i sondaggi pre-elettorali e gli stessi exit poll, che avevano dato Obama in vantaggio.
Ma ogni elezione ha la sua storia. Questa è fatta di pianti di Hillary in Tv, scrive oggi il New York Times, potrebbero essere arrivata con le lacrime che ha quasi versato alla vigilia del voto di fronte alle telecamere. Nell’ultimo dibattito in tv la senatrice di New York ha mostrato di avere un cuore, non solo ambizioni, sotto il tailleur. E’ stato un momento di debolezza rilanciato decine di volte dai tg del New Hampshire, che paradossalmente ha rafforzato la candidata più in difficoltà.
Ma è soprattutto la vittoria della ritrovata unità delle donne democratiche.
Il partito, dunque, sembra dietro Hillary.
Il Concord Monitor, quotidiano del New Hampshire, ritiene che la vittoria della Clinton sia stata determinata dagli iscritti al partito democratico che si sono recati al voto e hanno scelto lei, non Obama. Quello che dicevano i sondaggi da novembre a dicembre era che Hillary batteva Obama fra le done e fra gli iscritti al partito, che rappresentano il 60% dell’elettorato democratico alle primarie in New Hampshire. Sempre per l’autorevole testata. "Solo quando questo margine si è rimpicciolito Obama ha cominciato a risalire nei sondaggi e, per un po’, è passato addirittura in testa". Gli exit polls dicono che Clinton ha raccolto il voto femminile con un margine fra l’11 e il 12% su Obama.
Certamente a fermare Obama è stato il Partito Democratico. le donne ed una buona performance di Hillary in tv sabato sera, quando ha ricordato che "le parole non sono azioni" e ha invitato a distinguere fra retorica del cambiamento e politica del cambiamento, in un chiaro attacco a Obama.
In campo repubblicano, successo del veterano John McCain, anch’egli con il 37%, a spese del mormone Mitt Romney, fermatosi al 32 per cento, e del vincitore nell’Iowa, il predicatore battista Mike Huckabee, all’11%.
Obama ha riconosciuto la sconfitta e si e’ congratulato con l’avversaria, ma si e’ anche affrettato ad avvertire: "Sono ancora con il motore a pieni giri, e intendo andare avanti!".
Certo Obama, questa è la democrazia partecipata delle primarie, la grande macchina democratica, l’unità di un popolo e il suo orgoglio, questi i valori a cui fa da collante la solidarietà: "una sanità per tutti".
Vedremo nei prossimi grandi seggi elettorali, prossimi appuntamenti della partita elettorale prevedono primarie martedì’ prossimo nel Michigan per entrambi i partiti; quindi il 19 gennaio caucus nel Nevada e primarie in South Carolina, ambedue riservati unicamente ai Repubblicani.
Il 26 del mese i soli Democratici terranno le primarie sempre nella South Carolina, mentre il 29 gennaio tutti e due gli schieramenti affronteranno le rispettive primarie in Florida.
Dopo una parentesi nel Maine il 1 febbraio, circoscritta ancora ai Repubblicani soltanto, il 5 arriverà il cosiddetto super martedì, quando si andrà alle urne in ben 22 stati contemporaneamente, tra cui California, New York, New Jersey, Illinois, Massachusetts, Georgia e Tennessee.
E’ lunga ancora la strada per il ritorno a casa di Hillary, ma il partito e le donne sembrano pronti ad accompagnarla.

"La terra dei cachi"!

L'Italia sempre più una "repubblica delle banane" che affonda in un mare di "spazzatura"!!!

Malasanità...non solo in Italia si muore!!!

Si parlava di malasanità: è accaduto in un programma televisivo in Belgio. Non solo in Italia dunque avvengono tragici errori in corsia. Purtroppo un presentatore non riesce a smettere di ridere sulle disgrazie del povero Valair, un paziente che a causa di un episodio di malasanità ha subito danni irreversibili sia alle corde vocali che ai testicoli. La carriera del presentatore è terminata in quella tragica serata. Lo sappiamo che non ci sarebbe nulla da ridere, ma la risata del presentatore è altamente trascinante!!!

GUERRA REALE!!! "The death of the Yugoslavia"!!!

Nei boschi Italiani si gioca alla guerra...in questo video la cruda realtà di una passata ma sempre attuale GUERRA VERA!!!

ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!