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martedì 21 gennaio 2025

LUNEDI' 20 GENNAIO 2025: DONALD J. TRUMP GIURA E DIVENTA UFFICIALMENTE IL 47° PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI D'AMERICA! INIZIA IL QUADRIENNIO DELL'ERA TRUMP!

DONALD J. TRUMP 47° PRESIDENTE USA

"L'età dell'oro dell'America inizia proprio ora". Donald Trump ha giurato da presidente degli Stati Uniti nel suo discorso inaugurale e, nella cerimonia di insediamento del 20 Gennaio 2025, ha delineato gli obiettivi e le linee della sua azione che mira sempre a "mettere l'America al primo posto".

Le parole del leader americano dopo il giuramento: "La mia vita salvata per rendere l'America ancora grande. Declino Usa è finito. Sarò pacificatore e fermeremo tutte le guerre!"

CLICCA SU QUESTO LINK DI RAI NEWS PER SEGUIRE TUTTA LA CRONACA E GLI AGGIORNAMENTI SULL'AMINISTRAZIONE TRUMP IN TEMPO REALE GIORNO PER GIORNO!

                                                    IL VIDEO INTEGRALE DEL GIURAMENTO DI TRUMP 47° PRESIDENTE U.S.A. 2025

Durante il suo discorso dopo il giuramento, Trump ha ringraziato i diversi ex presidenti presenti, tra cui Joe Biden. "Da oggi in poi, il nostro Paese prospererà e sarà di nuovo rispettato in tutto il mondo. Tutte le nazioni ci invidieranno e non ci lasceremo più sfruttare", ha aggiunto.

"La nostra sovranità sarà reclamata, la nostra sicurezza sarà restaurata, la giustizia sarà di nuovo bilanciata", le parole di Trump, che promette: "Sicurezza, giustizia e sovranità torneranno nelle nostre mani".

"Il maligno, violento e ingiusto uso del dipartimento della giustizia come un'arma politica finirà - ha aggiunto - e la nostra principale priorità sarà di creare una nazione orgogliosa, prospera e libera".

"Non verrà mai più utilizzato l'immensa forza dello Stato per perseguitare gli oppositori politici", ha ribadito, aggiungendo: "È una cosa che conosco. Non permetteremo che accada. Non accadrà più. Sotto la mia guida, ripristineremo una giustizia giusta, equa e imparziale secondo lo stato di diritto costituzionale".

"Inizia un'altra età dell'oro. Dio mi ha salvato per rendere l'America di nuovo grande". Trump ha giurato ieria come 47° presidente Usa.

 

Appena insediato alla Casa Bianca ha firmato la grazia per gli insurrezionisti dell'attacco a Capitol Hill del 6 gennaio 2021 e la revoca di 78 leggi emanate da Joe Biden. Marcia indietro sulle auto green, stop all'accordo di Parigi sul clima e blocco dello ius soli tra i primi atti. Usa fuori anche dall'Oms. 

 

"Riprenderemo il Canale di Panama, pianteremo la nostra bandiera su Marte, la Danimarca accetterà di cedere la Groenlandia". 

 

Poi attacca l'amministrazione Biden: "Estremista e corrotta". Bagno di folla con i fan all'Arena. Il popolo Maga (Make America Great Again) invade la capitale: "È la nostra rivincita". Meloni unica leader Ue."


Fonte: https://www.adnkronos.com/ e https://www.rainews.it/

giovedì 6 novembre 2008

John McCain: chi è l'uomo che ha perso le elezioni Presidenziali Americane 2008!!!

John McCain
John Sidney McCain III (Colón, 29 agosto 1936) è un politico statunitense senatore per lo stato dell'Arizona. Nell'ottobre del 1967, mentre era in missione sopra Hanoi, il suo aereo fu abbattuto e lui, ferito, fu catturato dai nordvietnamiti rimanendo prigioniero di guerra sino al 1973. Candidato alla Presidenza nelle elezioni del 2000, venne sconfitto alle primarie repubblicane da George W. Bush. Ripresentatosi alle primarie repubblicane del 2008, ha questa volta ottenuto con facilità la nomination divenendo il candidato del Partito Repubblicano per le elezioni presidenziali del 2008, che ha però perso contro l'avversario Barack Obama. Pur essendo conservatore su molti temi, McCain è visto dall'opinione pubblica come un battitore libero e ha votato in maniera indipendente alle linee di partito diverse volte. L'American Conservative Union ha assegnato a McCain un punteggio medio dell'83 %.[1]

John McCain nacque a Coco Solo nella zona del Canale di Panama controllata dagli Stati Uniti. Sia il padre che il nonno erano ammiragli della U.S. Navy. Il padre, John S. McCain Jr., era al comando delle forze statunitensi in Vietnam mentre McCain era prigioniero di guerra. Il nonno, John S. McCain Sr., era stato comandante dell'aviazione navale durante la battaglia di Okinawa, nel 1945.
Il futuro senatore frequentò la scuola episcopale di Alexandria, che terminò nel 1954. Nell'autunno di quell'anno, McCain, come avevano fatto il padre e il nonno, entrò all'Accademia navale di Annapolis. Si laureò nel 1958, all'895° posto di una classe composta da 900 allievi.
Dopo aver terminato l'accademia navale, McCain venne trasferito alla base aerea della marina di Pensacola, in Florida, per iniziare l'addestramento da pilota navale. Durante il corso ebbe un incidente, in cui il suo aereo cadde nella Corpus Christi Bay. Ricevette il brevetto ed entrò nell'aviazione di marina.
Nel 1965, McCain sposò Carol Shepp, una modella originaria di Filadelfia, in Pennsylvania. La coppia divorziò nel 1980.
Nel dicembre 1966 fu assegnato alla squadra aerea della portaerei USS Forrestal, incrociante al largo del Vietnam, dove venne assegnato alle operazioni di bombardamento a terra. McCain rimase ferito durante il grave incendio scoppiato sulla portaerei nel luglio 1967, che uccise 134 marinai e danneggiò gravemente la nave. Trasferito sulla USS Oriskany, continuò l'attività di combattimento fino al 26 ottobre 1967, quando il suo aereo A-4 Skyhawk venne abbattuto da un missile della contraerea vietnamita durante un'azione bellica sopra Hanoi [2]. McCain si ruppe entrambe le braccia ed una gamba durante l'espulsione d'emergenza, ed atterrò col suo paracadute in un piccolo laghetto della capitale, dove, dopo essere quasi annegato, venne estratto da una folla inferocita, che cercò di linciarlo, rompendogli una spalla e ferendolo a colpi di baionetta alla caviglia ed all'inguine. Fatto prigioniero, venne trasportato alla prigione di Hoa Lo, tristemente nota come "Hanoi Hilton".
Constatato le gravi condizioni in cui versava il prigioniero venne condotto il giorno dopo la cattura ad un ospedale militare vietnamita dove venne operato e curato per 6 settimane, per poi essere ricondotti nel carcere ove rimase per un totale di 5 anni e mezzo.
Dopo il primo anno di prigionia in cui secondo McCain subì frequenti abusi e violenze, gli venne proposta la liberazione che sempre secondo una sua ricostruzione rifiutò perché consapevole del valore propagandistico che un simile gesto poteva avere.
Liberato il 15 marzo 1973, rientrò negli Stati Uniti, dove intraprese un lungo trattamento di riabilitazione fisica, ed ottenne una certa notorietà mediatica. Tra il 1973 ed il 1974 frequentò il National War College. Nel 1976 ebbe il comando di uno squadrone di addestramento aereo in Florida; nel 1977 divenne l'addetto navale della Marina presso il Senato degli Stati Uniti. In tale contesto, iniziò ad occuparsi di politica della difesa (favorendo l'assegnazione di un budget del Senato per la costruzione delle nuove superportaerei statunitensi), e scoprì la passione per l'attività di rappresentanza pubblica.

Nel 1980 divorziò dalla prima moglie (che era rimasta sfigurata in un grave incidente automobilistico nel dicembre 1969), e si risposò con Cindy Lou Hensley, figlia di un magnate della birra. Nel 1981, viste le sue scarse possibilità di ulteriore carriera nella Marina, si congedò dalle Forze Armate ed iniziò a lavorare, per un breve periodo di tempo, per il suocero, come responsabile delle pubbliche relazioni dell'azienda.
I contatti commerciali con il mondo economico che il suo nuovo ruolo gli permise di costruirsi, assieme all'ingente fortuna della moglie, gli consentirono di candidarsi per il Partito Repubblicano, e vincere nel 1982 le elezioni come Rappresentante (deputato) dell'Arizona. Riconfermato Rappresentante nel 1984, nel 1987 venne eletto per la prima volta al Senato, dove divenne in breve uno dei più importanti e conosciuti esponenti repubblicani.
Nel corso degli anni '90, si distinse per indipendenza di pensiero, e per la determinazione ed autonomia con cui portava avanti i suoi voti e le sue idee al Senato (spesso in contrapposizione con il suo stesso partito), divenendo difficile da categorizzare politicamente se non come un "conservatore" in senso lato.
È autore del Telecommunications Act, approvato dal Congresso nel 1996.
Nel 2000, si candidò una prima volta alle primarie repubblicane per la Presidenza; nonostante un buon consenso iniziale ottenuto da McCain in diversi stati, le tornate elettorali videro l'emersione di George W. Bush come candidato vincente del partito dopo un'aspra campagna elettorale.
Dopo il 2001, supportò nettamente sia l'intervento militare statunitense in Afghanistan che la guerra in Iraq; si espresse però in maniera netta contro gli abusi sui prigionieri di guerra (dopo lo scandalo di Abu Ghraib e le polemiche sul trattamento dei prigionieri a Guantanamo), tema su cui la sua esperienza personale l'ha reso particolarmente sensibile.
Dal 2005, pur continuando a supportare l'intervento in Iraq, è diventato progressivamente sempre più critico rispetto all'ottimismo sull'andamento delle operazioni di alcuni vertici militari e politici dell'amministrazione Bush, a suo parere eccessivo. Ha già effettuato otto viaggi in Iraq per rendersi conto direttamente dello svolgimento delle operazioni, ed è stato un forte sostenitore della "surge" del contingente statunitense del 2007.

John McCain, dopo aver espresso la sua intenzione a candidarsi per le primarie del partito repubblicano per una seconda volta dopo il tentativo fallito del 2000, ha intrapreso una campagna elettorale molto efficace. Infatti è riuscito a battere rivali come Rudolph Giuliani, Mitt Romney ed altri, e nel febbraio 2008 si avviato ad ottenere la nomination del partito di George W. Bush.
Il 21 febbraio 2008 questa marcia trionfale ha incontrato il primo ostacolo, rappresentato dalla rivelazione del New York Times[3] secondo cui McCain avrebbe favorito una "lobbista" sua amante.
Nonostante tale episodio, la sua crescita di consensi nelle primarie dei vari stati USA gli ha permesso di ottenere, il 4 marzo 2008, il numero di delegati teoricamente sufficienti per la nomination repubblicana; il 5 marzo 2008 ha ricevuto l' endorsement del presidente Bush come candidato repubblicano, e la nomina è stata ufficializzata alla Convention repubblicana del settembre 2008, in Minnesota.
Nel maggio 2008 ha rilasciato alla stampa la sua cartella clinica, in seguito alle speculazioni dei media e degli oppositori politici sulla possibilità di ricomparsa dei suoi tumori cutanei (per i quali fu operato nel 2000); dalle certificazioni, il rischio risulta molto basso, e John McCain, nonostante l'età avanzata (se fosse stato eletto, sarebbe entrato in carica all'età di 72 anni, la più avanzata di sempre per un presidente degli Stati Uniti al primo mandato), sembra godere di buona salute.
Il 29 agosto del 2008 ha scelto come candidata vicepresidente la governatrice dell'Alaska Sarah Palin.
Il 5 novembre, alla notizia data dalla CNN che ormai lo svantaggio con Barack Obama non era più colmabile, ha telefonato allo stesso per congratularsi per la vittoria, e ne ha dato prontamente l'annuncio ai suoi elettori.

mercoledì 5 novembre 2008

Il Leader della Speranza: Il Mondo guarda a Obama!!!

Barack Obama
Messaggi di congratulazioni sono giunti da tutto il pianeta al presidente eletto americano, Barack Obama, cominciando da quando il risultato non era ancora ufficiale. Momento storico, sottolineano i principali quotidiani statunitensi, insistendo sul crollo della barriera razziale 40 anni circa dopo la fine della segregazione.
Sotto un "Obama" in caratteri cubitali il New York Times titola "cade la barriera razziale in una vittoria decisiva". Sempre a New York gli fa eco il Post, il tabloid di Rupert Murdoch, con una didascalia molto semplice "Mr. President", parlando della vittoria storica di Obama. L'altro tabloid della Grande Mela, il Daily News, dedica al presidente eletto uno speciale di 32 pagine a "President Obama" e a "La nazione cambiata per sempre con la storica vittoria". Il Wall Street Journal, che come il Post appartiene a Murdoch, titola "Obama fa il vuoto con una vittoria storica", mentre la Chicago Tribune, il principale quotidiano della città del futuro inquilino della Casa Bianca, parla di "Barack Obama il nostro presidente". Usa Today, il più diffuso quotidiano degli Stati Uniti titola quindi con un sobrio "Vince Obama", mentre nell'occhiello si afferma "L'America fa la storia". Per il Washington Post, infine "Obama fa la storia", e l'immagine scelta è quella di tutta la famiglia del presidente eletto sul palco del Grant Park di Chicago.VATICANO. "Dio illumini" Obama nella sua "grandissima responsabilità" è l'auspicio della Santa Sede nell'esprimere al 44/esimo presidente degli Stati Uniti gli "auguri di poter rispondere alle attese e alle speranze che si rivolgono verso di lui", anche per quanto riguarda "il rispetto dei valori umani e spirituali essenziali". NAPOLITANO. Il Capo dello Stato ha detto che "per noi italiani che ci sentiamo intimamente legati sul piano storico e politico, culturale e umano, al popolo americano e agli Stati Uniti d'America, questo è un grande giorno: traiamo dalla sua vittoria e dallo spirito di unità che l'accompagna nuovi motivi di speranza e di fiducia per la causa della libertà, della pace, di un più sicuro e giusto ordine mondiale". FRATTINI. Il ministro Frattini, nell'esprimere a Obama le sue "vive congratulazioni", ha detto che "siamo convinti, e continueremo ovviamente ad esserlo, che gli Stati Uniti sono e saranno il primo partner internazionale dell' Italia. Con il presidente Obama noi continueremo su una strada di collaborazione e di condivisione, e certamente di sostegno reciproco nelle più grandi regioni di crisi dove l'Italia è fortemente impegnata accanto agli Stati Uniti". SARKOZY. La "vittoria brillante" di Obama è stata sottolineata dal presidente francese, Nicolas Sarkozy, seguito a ruota dal premier Francois Fillon. Il presidente cinese, Hu Jintao, rivolgendosi a Obama, ha auspicato che si possa raggiungere un nuovo livello di collaborazione e intesa tra Cina e Usa: "Hanno vasti interessi comuni" e "condividono la responsabilità di una serie di importanti questioni che riguardano il benessere e la felicità dell'umanità". BARROSO. L'Europa ha fatto sentire la sua voce con il presidente della Commissione, Josè Manuel Barroso, secondo il quale "dobbiamo trasformare la crisi attuale in opportunità". BROWN. Il primo ministro britannico, Gordon Brown, nel felicitarsi per la vittoria di Obama, ne ha salutato i "valori progressisti" e la "visione per il futuro". MERKEL. La cancelliera tedesca, Angela Merkel ha assicurato a Obama, in un telegramma di congratulazioni, una "collaborazione piena di fiducia" da parte della Germania. OLMERT. Dal Medio Oriente il premier israeliano uscente, Ehud Olmert, ha detto che gli Stati Uniti "hanno dato ancora una volta la prova di essere la più grande democrazia e di essere un esempio per tutte le altre democrazie nel mondo", ribadendo che Israele e Usa hanno la stessa volontà di continuare a rafforzare questi rapporti per portare avanti la pace e la stabilità in Medio Oriente. ABU MAZEN. Il presidente dell'Autorità palestinese, Abu Mazen, che ha invitato Obama a operarsi per comporre in conflitto con Israele. TARO ASO. Il premier giapponese, Taro Aso, ha espresso le sue "più sentite felicitazioni al senatore Obama".SINGH. Il premier indiano, Manmohan Singh, evidenzia lo "straordinario cammino verso la Casa Bianca" di Obama è "ispirazione" per il mondo intero.

Tutto il mondo con il fiato sospeso!

Barack Obama
L’America va al voto, e tutto il mondo sa che non sono solo fatti loro. Per questo, a poche ore dal risultato delle elezioni presidenziali, giornali e politici di ogni dove mettono le mani avanti. Il capogruppo del partito socialista all'Europarlamento, Martin Schulz, ad esempio, chiede che chiunque vinca, per prima cosa chiuda il carcere di Guantanamo. E si augura che con la fine di Bush arrivi anche «la fine dell'unilateralismo americano nella politica internazionale».Il quotidiano francese Le Monde , che esce nel primo pomeriggio, anticipa l’esito delle elezioni con un dato sicuro: Bush se ne va. Una vignetta del mitico Plantu mostra Bush che fa le valigie e saluta un mondo che brinda e si divide su di lui, sull'Iraq, sulle banche. «È il mondo alla rovescia - scrive Le Monde - invece di attendere che il futuro presidente americano le faccia l'onore di interessarsi a lei, l'Unione europea, stavolta, gioca d'anticipo. Riuniti a Marsiglia alla vigilia dell'elezione presidenziale negli Stati Uniti, i 27 ministri degli Esteri...hanno preparato un documento che sarà inviato al neoeletto. Questo testo, breve, propone un vero partenariato fra l'Europa e gli Stati Uniti».A Londra seguono la sfida i 250 mila americani residenti in Gran Bretagna. Feste ovunque, anche su Facebook, dove si trovano decine e decine di appuntamenti in case e bar per seguire la storica elezione in diretta. Alcol a fiumi garantito, chiunque vinca.In Medio Oriente, come al solito si è divisi: mentre gli israeliani si interrogano se il candidato democratico alla Casa Bianca, Barack Obama, non costituisca un «pericolo» per Israele, vista la sua posizione “dialogante” con l’Iran, Hamas crede che entrambe le opzioni in campo siano «pessime» per i palestinesi.
A Cuba Fidel Castro ritiene che il candidato democratico alla Casa Bianca, Barack Obama, sia più brillante del suo rivale repubblicano John McCain, ma di fatto boccia entrambi i candidati alle presidenziali americane, in corso di svolgimento oggi: che vinca l'uno o l'altro, sostiene, gli Stati Uniti non saranno in grado di affrontare i principali problemi che affliggono il mondo.
Infine, in Italia, secondo il capogruppo del Pd alla Camera Antonello Soro, la vittoria di Obama «sarà una spinta ulteriore a cercare una collocazione internazionale dei democratici di tutto il mondo e in Europa aiuterà a evolvere verso una nuova organizzazione dei riformisti che vada al di là dei socialisti ma partendo da un rapporto stretto con il Pse». Insomma, se alla Casa Bianca ci sarà Obama, anche i democratici in Europa potranno trovare una casa più adatta a loro.

OBAMA: SPINTA DA GIOVANI E MINORANZE, CON LUI 43% BIANCHI!!!

Obama è il nuovo Presidente USA
Le porte della Casa Bianca si splancheranno al 44esimo presidente Usa, Barack Obama, grazie alla straordinaria mobilitazione di un elettorato ampio e diversificato in cui a fare la differenza sono stati i giovani, le donne, gli afro-americani e i 'nuovi' elettori, coloro che si sono recati per la prima volta alle urne. A dirlo sono gli exit poll, secondo cui i due candidati alla Casa Bianca si sono suddivisi piuttosto equamente i voti bianchi (43 per cento per Obama, 55 McCain), tranne che negli Stati del sud, dove un netto vantaggio e' stato strappato dal senatore repubblicano. Obama ha pero' spopolato tra i giovani bianchi con il 54 per cento dei voti contro il 44 per cento assegnati al senatore dell'Arizona. Gli exit poll hanno raccolto interviste fuori dai seggi che testimoniano la grande capacita' di Obama di mobilitare sostenitori diversi tra loro per razza e categoria, ma accomunati da un'unica, grande preoccupazione: superare la peggiore crisi finanziaria dai tempi della Grande Depressione.

Obama alla Casa Bianca con il voto dei bianchi, ai Democratici la maggioranza del Congresso!

Obama (a sinistra) e McCain (a destra)
E' il primo presidente nero degli USA, ma non è il primo presidente dei neri. Barack Obama, il primo afroamericano eletto presidente degli Stati Uniti è il candidato democratico che ha ottenuto il più ampio sostegno tra gli elettori bianchi dal 1976. Un dato importante, che conferma la leadership costruita dal senatore dell'Illinois in due anni di campagna elettorale non mettendo mai la razza al centro della sua proposta politica. L'analisi del voto dice anche che nella vittoria di Obama hanno giocato un ruolo determinante il voto dei neri, degliispanici, delle donne e, soprattutto, dei giovani. E su questa fascia di elettorato determinante, nella campagna elettorale più estenuante e costosa della storia americana, è stato il ruolo del web.
McCain vince la partita fra gli Americani bianchi Pur non riuscendo ad ottenere la maggioranza del voto bianco (nessun democratico ci è riuscito dalla vittoria di Lyndon Johnson nel 1964), Obama ha ottenuto il 43% del voto deglielettori bianchi, mentre John McCain ha avuto il 55%. Si tratta di quattro punti in meno della percentuale di Jimmy Carter.
Ma perde quella del voto giovaneMa è fra i giovani che Obama ha costruito la sua vittoria: ha vinto nettamente tra quelli bianchi, con il 54% dei voti, contro il 44% per McCain. "In questo senso, l'elezione di Obama ricorda davicino quella di John Kennedy nel 1960, quando la novità del programma ed il desiderio di un cambiamento generazionale si fusero con la possibilità di segnare una svolta storica eleggendo un primo presidente cattolico, anche se Kennedy non si volle mai presentare come il candidato cattolico", scrive oggi il Los Angeles Times.Una mappa in evoluzioneUn rapido sguardo alla mappa elettorale di Cnn mette in risalto il crescendo del sostegno al candidato democratico man mano che si scende di età nelle fasce di elettorato: gli oltre 65enni hanno votato McCain (53% a 45%); i cinquantenni si sono divisi equamente fra Obama e McCain; trentenni e quarantenni hanno preferito Obama più o meno con lo stesso margine del dato complessivo nazionale (52% a 46). Ma se prendiamo in esame i giovani fra 18 e 29 anni, gli exit polls dicono che il 66% ha votato Obama e il 32% McCain. Donne e uominiObama ha convinto soprattutto le donne: tradizionale bacino elettorale democratico, è vero, ma il senatore dell'Illinois ha saputo far breccia anche nelle 'WalMart women' degli stati dell'america profonda, quella saldamente repubbilcana. Anche così si spiega il margine molto ampio con il quale Obama vince su McCain se consideriamo solo il voto femminile: 56% contro 43%. Sostanzialmente pari, invece, la partita nell'elettorato maschile: 49% per Oabma, 485 per McCain
Minoranze e votoObama ha fatto naturalmente il pieno del voto afroamericano, il 96%, che ha costituito il 13% del totale, con un aumento del 2% rispetto a quattro anni fa. E, altro elemento cruciale della vittoria, ha ottenuto il 67% del voto ispanico: vale a dire due latinos su tre hanno votato per lui. Un risultato molto importante per i democratici che riescono a bloccare il pericoloso spostamento del voto ispanico verso il Gop che si era registrato con George Bush: McCain ha infatti ottenuto il 30%, 10 punti in meno del presidente uscente.La prima campagna dell'era YouTubeCome ha scritto fra gli altri Adam Nagourney sul New York Times, questa è stata la prima campagna elettorale nel'era internet, e la rete "ha fondamentalmente stravolto il modo in cui le campagne presidenziali si sono sempre combattute" negli Stati Uniti.Questa corsa verso la Casa Bianca "ha riscritto le regole", ha cambiato "il modo di raggiungere gli elettori, di raccogliere fondi, di organizzare i supporters dei candidati, di gestire le notizie diffuse dai media, di analizzare e cercare d'influenzare l'opinione pubblica".Lo staff di Obama è riuscito nell'impresa di avvicinare al voto, soprattutto grazie alla rete, un nuovo bacino elettorale fatto di giovani, afroamericani e ispanici. Un cambiamento epocale che "avrà ramificazioni durature riguardo a come i partiti agiranno d'ora in poi per costituire coalizioni solide". Il New York Times riporta le parole di Mark McKinnon, senior adviser delle campagne elettorali di Bush nel 2000 e nel 2004. "Credo che queste elezioni saranno oggetto di studio per gli anni a venire". Secondo Nagourney repubblicani e democratici concordano sul fatto che un tale stato di cose sia "in larghissima misura un risultato del modo in cui lacampagna di Obama ha cercato di comprendere e sfruttare le potenzialità di internet e di altre nuove forme di comunicazione per organizzare i propri supporters e per far giungere il proprio messaggio a quegli elettori che non fanno più primario riferimento all'informazione fornita daigiornali e dalla televisione".Tra i "nuovi media" che di fatto la campagna democratica è riuscita a sfruttare proficuamente Nagourney cita YouTube, "una realtà che nel 2004 non esisteva, e gli sms inviati ieri ai cellulari dei supporters per ricordar loro di andare a votare". "Sono pronta a dichiarare un vincitore di queste presidenziali Usa 2008, prime vere elezioni del 21esimo secolo: è Internet" ha scritto ieri nel suo editoriale Arianna Huffington, fondatrice dell'Huffington Post, blog liberal che speculare al conservatore Daily Beast di Tina Brown, ex direttrice di Vanity Fair e New Yorker. Numeri da recordObama ha vinto le elezioni presidenziali con la maggioranza assoluta dei suffragi, circa il 52%. Non succedeva dal 1976 per un candidato democratico alla casa Bianca, da quandocioè Jimmy Carter aveva ottenuto il 50,1% dei suffragi. Bill Clinton non è mai riuscito a raggiungere la maggioranza assoluta. Nel 1996, anno della sua rielezione trionfale, aveva vinto con il 49,24% dei voti. E' record anche il tasso di partecipazione, pari al 66%.Grandi elettoriObama ha ottenuto 349 voti elettorali, il candidato repubblicano, John McCain, 163voti.I voti di Obama vengono da Vermont (3), Virginia (13), Ohio (20) Connecticut (7), Delaware (3), Distretto di Columbia (3), Illinois (21), Maine (4), Maryland (10), Massachusetts (12), NewHampshire (4),New Jersey (15), Pennsylvania (21), Michigan (17), Minnesota (10), New Mexico (5), New York (31), Rhode Island (4), Wisconsin (10), Iowa (7), Nevada (5), California (55), Oregon (7), Stato di Washington (11), Florida (27), Hawaii (4), Indiana (11). I voti di McCain vengono da Georgia (15) Kentucky (8), South Carolina (8), West Virginia (5), Alabama (9), Mississippi (6), Tennessee (11), Oklahoma (7), Kansas (6), Lousiana (9), SouthDakota (3), Arkansas (6), North Dakota (3), Texas (34) Wyoming (3), Utah (5), Idaho (4), Nebraska (5), Arizona (10), Alaska (3), Montana (3). Per essere eletto alla Casa Bianca occorrevano 270 voti elettorali. Mancano ancora i risultati di due Stati: North Carolina (15 voti) e Missouri (11 voti).

USA: OBAMA HA VINTO CON IL 52% DI VOTI, 349 GRANDI ELETTORI A 163!


(ASCA-AFP) - Washington, 5 Novembre 2008 - Il democratico Barack Obama ha vinto le elezioni con il 52% di preferenze staccando di sei punti il rivale repubblicano John McCain che ha conquistato il 46% dei voti. A renderlo noto sono i media americani. Secondo l'Nbc, Obama ha conquistato 62,98 milioni di voti (su scala nazionale) e McCain 55,78. Il conteggio per Fox News e' invece di 62,95 milioni di voti per il neo presidente e 55,75 milioni per il senatore dell'Arizona. Non sempre chi ottiene piu' voti vince le chiavi della Casa Bianca. Nel 2000, infatti, il democratico Al Gore conquisto' piu' preferenze ma il presidente George W. Bush riusci' a primeggiare nel Collegio elettorale. Alle 16.30 Gmt (le 17.30 italiane) i risultati, relativi a 48 Stati piu' il distretto di Columbia, davano a Obama 349 grandi elettori contro i 163 di McCain. All'appello mancano ancora il Missouri e il North Carolina.

ELETTO CON UNA VALANGA DI VOTI, BENE ANCHE AL CONGRESSO: BARACK OBAMA E' IL NUOVO PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI D'AMERICA!

Barack Obama è il nuovo Presidente USA
NEW YORK - Con una valanga di voti che il Partito Democratico non vedeva dai tempi di Jimmy Carter, nel 1976, Barack Obama è il primo afro-americano a conquistare la Casa Bianca. Il senatore nero dell'Illinois ha ottenuto circa il 52% dei suffragi conquistando almeno 349 voti elettorali, quando ne erano necessari 270 per vincere. In termini assoluti ad Obama, secondo la Fox, sono andati 61,56 milioni di suffragi, a John McCain 54,81 milioni di voti, pari al 47% circa del totale. Il sito di gossip politici Drudgereport dà cifre inferiori, 59,5 milioni contro 53,3, senza citare fonti. Il suo predecessore democratico alla Casa Bianca, Bill Clinton, non è mai riuscito a vincere con oltre il 50% dei voti, neppure nel 1996, quando aveva battuto seccamente il suo rivale repubblicano Bob Dole, conquistando la bellezza di 379 voti elettorali. La corsa tra Obama e il suo avversario repubblicano John McCain rimane un testa a testa in North Carolina e in Missouri, che rappresentano rispettivamente 15 e 11 suffragi elettorali. Comunque finiranno le cose nei due Stati (e forse ci vorranno diversi giorni per saperlo) il senatore dell'Illinois non riuscirà a raggiungere la cifra record di Clinton contro Dole di 12 anni or sono. Oltre a conquistare alla grande la Casa Bianca, il partito democratico ha ampliato la propria maggioranza al Congresso, ma senza raggiungere la cosiddetta 'cifra magica' di 60 senatori su 100 al Congresso. Un livello che avrebbe neutralizzato di fatto l'opposizione repubblicana, impedendole di fare ostruzionismo. In base ai risultati provvisori, il partito democratico guadagna 15 seggi alla Camera, raggiungendo un totale di 248, contro 166 per i repubblicani. Al Senato, il guadagno è di 5 seggi, per raggiungere quota 56, contro 40 per i repubblicani. I risultati di due duelli di spicco al Senato non sono attesi immediatamente. Il primo, in Minnesota, vede il comico Al Franken, un democratico, leggermente in testa rispetto al repubblicano Norm Coleman, noto soprattutto per essere stato uno dei critici più feroci dell'Onu. Ambedue sono intorno al 42%. Il secondo duello si svolge in Alaska e vede il senatore uscente Ted Stevens, il più longevo al Senato, leggermente in testa davanti al sindaco di Anchorage, Mark Begich, un democratico. Anche se forse non verrà eletto, i risultati ottenuti da Stevens, appena condannato per corruzione, hanno stupito gli osservatori. Circa un abitante dell'Alaska su due è pronto a rimandare al Senato un politico che ha subito una condanna, anche se l'entità della pena sarà nota solo nelle prossime settimane. Infine, tra gli altri temi, in California i fautori del referendum per proibire le nozze omosessuali, autorizzate nello Stato, sono in testa, 52 contro 48%, ma lo spoglio non è ancora terminato. Se, come è possibile, vinceranno i promotori del referendum, per le circa 18mila coppie dello stesso sesso che si sono sposate in questi ultimi quattro mesi e mezzo, inizierà un lungo periodo di incertezza.

Fonte: http://www.ansa.it di Emanuele Riccardi

sabato 12 gennaio 2008

Primarie Usa, si riparte dal Michigan...

New York - La riscossa di Hillary Clinton e di John McCain ha riaperto completamente i giochi per la corsa alla Casa Bianca al punto che non è scontato che la partita si possa chiudere nel "super-martedi" elettorale del 5 febbraio, quando si voterà in 22 Stati tra i quali California, New York e New Jersey. L’attenzione per adesso è puntata sulle primarie del Michigan di martedì prossimo; sui caucus del Nevada (il 19 gennaio) e soprattutto sulle primarie della Carolina del Sud, il 26 gennaio, che hanno un valore importante perchè sono le prime nella parte meridionale degli Stati Uniti.
In Michigan, la sfida repubblicana assumerà un significato particolare: McCain vi vinse nel 2000, Romney vi è cresciuto quando era figlio dell’allora governatore; il pastore battista Mike Huckabee, potrebbe farvi incursioni grazie al voto dei cristiani evangelici. Nel South Carolina (dove i repubblicani voteranno per le primarie il 19 gennaio; e i Democratici il 26) potrebbe essere un banco di prova per entrambi i fronti.
McCain punterà alla vittoria perchè fu proprio in quello Stato che le sue aspirazioni presidenziali naufragarono otto anni fa. Inoltre nel nel South Carolina vi è un forte blocco di religiosi conservatori che potrebbero appoggiare l’outsider Huckabee. I Democratici voteranno prima il 19 nel Nevada, primo dello Stato dell’Ovest a votare (dove potrebbe cercare un’affermazione Bill Richardson, che è stato governatore del del vicino New Mexico); e poi, il 26, nel South Carolina, dove Obama parte avvantaggiato dal fatto che oltre la metà dei votanti del suo partito sono afro-americani.
John Edwards, ex senatore del vicino North Carolina, arrivato secondo nell’Iowa e terzo nel New Hampshire, tenterà lì una rimonta. Dopodichè, alla vigilia del ’super-martedì rimarrà, oltre alle primarie repubblicane nel Maine, solo la Florida, su cui ha concentrato tutti i suoi sforzi Rudy Giuliani. All’indomani del 5 febbraio, i repubblicani avranno scelto 1.258 delegati e i democratici 2,238, ovvero più della metà di quelli che siederanno nelle convention di Denver (dal 25 al 28 agosto per il partito dell’Asinello) e di Minneapolis (dal 1 al 4 settembre per quello dell’Elefantino), per scegliere i candidati alla corsa per la Casa Bianca.
Intanto il governatore del New Mexico Bill Richardson si ritira dalla corsa per la nomination democratica alla presidenza dopo i cattivi risultati nelle prime contese. Lo hanno riportato ieri media nazionali.
Richardson, che puntava a diventare il primo presidente ispanico, ha avuto solo il 5% nelle primarie democratiche in New Hampshire, arrivando quarto dopo Hillary Clinton, Barack Obama e John Edwards.
Anche in Iowa aveva ottenuto un cattivo risultato.
L'annuncio del ritiro dovrebbe arrivare oggi, secondo i media che citano fonti informate.
La Cnn, citando uno stratega dello staff, ha detto che sono i numeri la ragione. "Non ci sono abbastanza voti, non ci sono abbastanza soldi".

ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
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