http://fr.euronews.net/ Con una rebaja de un cuarto de punto (-0,25%), la segunda consecutiva, el Banco Central Europeo (BCE) deja los intereses en su mínimo histórico.
"La Politica è una cosa difficile, talvolta terribile, ma tuttavia umana! Anche nella Politica ci deve essere il disgusto, la pulizia! Non ci si può sporcare di fango, nemmeno per un'idea alta!" (Boris Eltsin - "Il diario del Presidente")
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giovedì 8 dicembre 2011
Los tipos de interés, al 1% en la eurozona...
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martedì 6 dicembre 2011
L'Italia in crisi chiede sacrifici ai poveri e normali cittadini che lavorano onestamente o sono in pensione, intanto la "casta" gode: l'ex-Ministro della Difesa Ignazio La Russa acquista un appartamento di lusso in Val d'Aosta alla modica cifra di 2.000.000,00 € (Duemilioni di euro!) con arredamento antico e pavimento in legno restaurato del 1600, lo Stato Italiano sta per acquistare 20.000.000.000,00 € (Ventimiliardi di euro!) di armamenti, caccia bombardieri ultra-tecnologici Americani a propulsione termo-nucleare! Tutto a spese nostre, sulle spalle nostre! I ricchi straguadagnano sulla nostra miseria e povertà!
E' deciso, l'Italia in crisi comprerà 131 caccia bombardieri nucleari F35 Lockheed. La produzione sarà avviata a fine 2012 nel cantiere di Cameri, in provincia di Novara. A metà 2013 le prime consegne. Non si sa come li useremo. Ci costeranno quasi quanto una finanziaria. Mario Caprara di Radio Capital ne ha parlato con il pacifista Flavio Lotti, coordinatore del Tavolo per la Pace!
Fonte: http://video.repubblica.it
Il disegno di questi pazzi senza scrupoli, gli "Illuminati", che presumibilmente manipolano i giochi di borsa, alla fine è molto semplice e viene facilmente inquadrato dall'equazione di Icke:
I mercati delle finanze alla mercé degli Illuminati scatenano il PROBLEMA speculando sulla solvibilitá degli Istututi di credito fino ad intaccare la stessa solidità dell'Euro. Il rischio di recessione e di default dei singoli stati, obbliga i capi di governo ad una repentiea REAZIONE proclamando lo stato di crisi e di emergenza. Ecco a tal proposito le parole del nuovo Presidente del Consiglio italiano Mario Monti, in vista del decisivo appuntamento dell'8 e 9 dicembre. Vertice che egli stesso definisce decisivo per il destino dell'Unione europea.
"Sono in programma incontri con le forze politiche e le parti sociali, ma la linea pare giá sostanzialmente tracciata, anche sulle pensioni. Rivolgere un appello a tutti. Siamo in una situazione "straordinariamente delicata". Sarà un appello al senso collettivo di responsabilità, perché se l'Italia manca questo passaggio fondamentale, vi saranno conseguenze molto gravi per tutti.
Mario Monti quindi ammonisce il Paese. Se sostanzialmente non si dovesse trovare una soluzione al problema finiremmo tutti molto male... minacce all'intera popolazione, ingnara del significato profondo di quello che sta accadendo!
Poi continua: "In poche parole, certe ritualità e tradizioni ora passano in secondo piano. Dietro il Parlamento e le forze sociali vi sono i cittadini che sembrano apprezzare il lavoro che stiamo svolgendo al servizio del paese. I sondaggi? Cercheró di seguirli il meno possibile, altrimenti mi farei illusioni non durature".
Mario Monti dunque è l'ennesimo prestanome delle lobby bancarie, chiamato a sostituire l'ormai impopolare Berlusconi, per attuare i dictat di Bruxselles.
Ecco quindi che con l'ennesima manovra prende forma la SOLUZIONE al problema.
Continua Mario Monti: "... far fronte al peggioramento del deficit per effetto dell'ulteriore frenata del Pil. A conti fatti, 11 miliardi cui andrà aggiunto un quinto in più : il pacchetto di riforme strutturali con impatto immediato sul deficit, dunque già a partire dal 2012. Ci si avvicina in tal modo ai 20 miliardi ipotizzati in questi giorni. Agiremo con rapidità" assicura il premier. "Mi dicono che normalmente occorrono cinque o sei settimane per mettere a punto una manovra. Noi lo faremo in tempi molto ristretti", ovviamente senza perdere tempo, prima che l'effetto panico passi, prima che la gente si possa rendere conto della grande truffa che sta subendo.
Molti di voi potrebbero non credere a quanto detto. Allora è bene sapere chi è ad esempio Mario Monti:
"Mario Monti oltre ad essere un noto economista è anche il Presidente europeo della Commissione Trilaterale. La Commissione Trilaterale o Trilateral Commision è un’organizzazione fondata il 23 giugno 1973 da David Rockefeller, presidente della Chase Manhattan Bank, e di altri dirigenti del gruppo Bilderberg e del Council on Foreign Relations, tra cui Henry Kissinger e Zbigniew Brzezinski. La Trilaterale conta come membri più di 300 influenti privati cittadini (uomini d’affari, politici, intellettuali) dall’Europa, dal Giappone e dal Nord America, con l’obiettivo dichiarato di promuovere una cooperazione più stretta tra queste tre aree. Ha sede sociale a New York. Si tratta di una organizzazione che ha per fondamento oltre che il liberismo economico anche una sorta di ideologia mondialista in base alla quale, come già detto per il gruppo Bildenberg, esisterebbe una sorta di governo di saggi che potrebbe tenere le fila del mondo intero, anche la Trilateral ha rapporti con gli Illuminati, taluni cercano la ragione della nascita della Trilateral con la necessità del think tank americano di proporre una idea alternativa e forte in una situzione americana (negli anni 70) in cui il potere economico veniva minato dalla Guerra del Vietnam.
http://affaritaliani.libero.it/economia/eurodebitocrisi_mervin_king_bank_england01122011.html?refresh_ce
http://ilsole24ore.com/sole24orem/post/99?url=Aa2LjAQE
http://mediterranews.org/2011/11/tutto-quello-che-nessuno-ti-dice-su-mario-monti-dalla-skull-and-bones-alla-trilateral-passando-per-la-goldman-sachs/
Crollo dell'Euro:
"Una farsa degli Illuminati?"
La crisi finanziaria galoppante che sta attanagliando l'Europa sembra costringere Bruxelles a prendere dei provvedimenti fiscali ancora più drastici, che obbligheranno i singoli stati a dure manovre correttive. Che sia questo l'ultimo sfrontato attacco degli Illuminati o un inganno per costringere i paesi dell'Euro a manovre improponibili.
Le ultime notizie riportate dalla stampa mondiale parlano di un imminente crack dell'Euro. La situazione sembra essere dettata da disastrosi previsioni di bilancio per il 2012 e 2013 e da una sempre più scarsa insonvibilità finanziaria.
La Merkel, il cancelliere tedesco, capo del governo del paese economicamente più forte della Comunità europea, dopo aver ostinatamente detto il suo "no", alla creazione degli "Euro Bond", i titoli di credito per la raccolta di liquidità dei singoli stati, è tra i capisaldi dell'ostinata guerra finanziaria, che obbliga gli stati più deboli, tra cui l'Italia, a effettuare manovre finanziarie antipopolari, straordinarie e fortemente restrittive.
La stragrande maggioranza della popolazione europea è ignara di tutto quello che sta accadendo e soprattutto innocente. La politica di Bruxelles, impone rigore, per porre rimedio ad una crisi di cui nessuno è colpevole. Non lo sono i milioni di lavoratori, forse non lo sono nemmeno gli sperperi della politica e lo sfruttamento del lavoro delle imprese. Addirittura pare che, non lo sia nemmeno la corruzione e l'evasione fiscale.
Questa volta la crisi, non è nemmeno nata dai crack di alcune grosse banche e istituti finanziari come quella del 2008. La crisi che stiamo vivendo pare così irreale, che sorge il dubbio che sia stata costruita nelle borse per affondare l'Euro e l'Eurozona.
Questo crack non è escluso dai portavoce della Goldman Sachs americana: "Le possibilità di sviluppi più caotici, come il crollo dell'euro, sebbene ancora minori, sono cresciute", hanno comunicato dopo l'apertura dei mercati azionari. Per l'Europa è prevista una lieve recessione.
Mervyn King, capo della Bank Of England ha spiegato, che in merito a questa disastrosa situazione: "non intendo dare dettagli, ma certamente stiamo preparando dei piani di emergenza. Forse, l'Eurozona non si dissolverà, o sopravviverà in varie forme, ma forse c'è anche la possibilità di un default. Nessuno di noi puo' saperlo".
Per il banchiere britannico "la crisi dell'area euro è una crisi di solvibilità non di liquidità. E l'interconnessione delle grandi banche significa che anche il sistema bancario e le economie mondiali ne risentono. Solo i governi direttamente interessati possono trovare la via di uscita dalla crisi. Ma qui nel Regno Unito dobbiamo rafforzare la resistenza del sistema finanziario", ha concluso King.
Da queste parole si capisce come in effetti la crisi è legata alla solvibilità delle banche e che solo manovre restrittive dei singoli stati possono sistemare.
E' lecito dunque ipotizzare che, la situazione che stiamo vivendo sia una grande farsa per obbligare gli stati a depaupurare ancor piu le finanze dei propri cittadini?
Ovviamente la "grande crisi" senza testa né coda, che è stata inscenata è risolvibile solo con le riforme, secondo il pensiero di Mario Draghi:
"Per evitare lo scenario peggiore prospettato dalla Bank of England, il presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi ha ribadito stamane che i Paesi finiti nel mirino dei mercati "devono fare le riforme", e soprattutto "intervenire in modo strutturale sulle loro economie". Spagna e Italia, però, "sono ora sulla strada giusta".
A Strasburgo (sede del Parlamento Ue), il numero uno dell'Eurotower ha anche tracciato una road-map per risolvere la crisi dell'eurodebito. Ci sono "tre pilastri per ricostruire la credibilità della moneta unica" e "superare la situazione". "Il primo è fissare un ancoraggio che guarda al futuro. Dobbiamo, po,i ridisegnare le regole fiscali", cosa che "presuppone un accordo", ha aggiunto Draghi.
Per l'Europa dunque, tradotto in soldoni, basterebbe applicare nuove tasse, o ridurre ancor più gli stipendi, magari togliere anche le 13me, le pensioni, aumentare ancor più le aliquote, la benzina ecc... Siamo dunque alle solite e la soluzione è sempre e soltanto la stessa: tasse e tagli.
Purtroppo, peró, in questo momento storico, che dura da troppo tempo, la popolazione degli stati europei è giá fiaccata da precedenti tagli e tassazioni alle loro rendite e stringere ancor di più la corda, significherebbe sofforare definitivamente la vita dei cittadini europei.
Le ultime notizie riportate dalla stampa mondiale parlano di un imminente crack dell'Euro. La situazione sembra essere dettata da disastrosi previsioni di bilancio per il 2012 e 2013 e da una sempre più scarsa insonvibilità finanziaria.
La Merkel, il cancelliere tedesco, capo del governo del paese economicamente più forte della Comunità europea, dopo aver ostinatamente detto il suo "no", alla creazione degli "Euro Bond", i titoli di credito per la raccolta di liquidità dei singoli stati, è tra i capisaldi dell'ostinata guerra finanziaria, che obbliga gli stati più deboli, tra cui l'Italia, a effettuare manovre finanziarie antipopolari, straordinarie e fortemente restrittive.
La stragrande maggioranza della popolazione europea è ignara di tutto quello che sta accadendo e soprattutto innocente. La politica di Bruxelles, impone rigore, per porre rimedio ad una crisi di cui nessuno è colpevole. Non lo sono i milioni di lavoratori, forse non lo sono nemmeno gli sperperi della politica e lo sfruttamento del lavoro delle imprese. Addirittura pare che, non lo sia nemmeno la corruzione e l'evasione fiscale.
Questa volta la crisi, non è nemmeno nata dai crack di alcune grosse banche e istituti finanziari come quella del 2008. La crisi che stiamo vivendo pare così irreale, che sorge il dubbio che sia stata costruita nelle borse per affondare l'Euro e l'Eurozona.
Questo crack non è escluso dai portavoce della Goldman Sachs americana: "Le possibilità di sviluppi più caotici, come il crollo dell'euro, sebbene ancora minori, sono cresciute", hanno comunicato dopo l'apertura dei mercati azionari. Per l'Europa è prevista una lieve recessione.
Mervyn King, capo della Bank Of England ha spiegato, che in merito a questa disastrosa situazione: "non intendo dare dettagli, ma certamente stiamo preparando dei piani di emergenza. Forse, l'Eurozona non si dissolverà, o sopravviverà in varie forme, ma forse c'è anche la possibilità di un default. Nessuno di noi puo' saperlo".
Per il banchiere britannico "la crisi dell'area euro è una crisi di solvibilità non di liquidità. E l'interconnessione delle grandi banche significa che anche il sistema bancario e le economie mondiali ne risentono. Solo i governi direttamente interessati possono trovare la via di uscita dalla crisi. Ma qui nel Regno Unito dobbiamo rafforzare la resistenza del sistema finanziario", ha concluso King.
Da queste parole si capisce come in effetti la crisi è legata alla solvibilità delle banche e che solo manovre restrittive dei singoli stati possono sistemare.
E' lecito dunque ipotizzare che, la situazione che stiamo vivendo sia una grande farsa per obbligare gli stati a depaupurare ancor piu le finanze dei propri cittadini?
Ovviamente la "grande crisi" senza testa né coda, che è stata inscenata è risolvibile solo con le riforme, secondo il pensiero di Mario Draghi:
"Per evitare lo scenario peggiore prospettato dalla Bank of England, il presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi ha ribadito stamane che i Paesi finiti nel mirino dei mercati "devono fare le riforme", e soprattutto "intervenire in modo strutturale sulle loro economie". Spagna e Italia, però, "sono ora sulla strada giusta".
A Strasburgo (sede del Parlamento Ue), il numero uno dell'Eurotower ha anche tracciato una road-map per risolvere la crisi dell'eurodebito. Ci sono "tre pilastri per ricostruire la credibilità della moneta unica" e "superare la situazione". "Il primo è fissare un ancoraggio che guarda al futuro. Dobbiamo, po,i ridisegnare le regole fiscali", cosa che "presuppone un accordo", ha aggiunto Draghi.
Per l'Europa dunque, tradotto in soldoni, basterebbe applicare nuove tasse, o ridurre ancor più gli stipendi, magari togliere anche le 13me, le pensioni, aumentare ancor più le aliquote, la benzina ecc... Siamo dunque alle solite e la soluzione è sempre e soltanto la stessa: tasse e tagli.
Purtroppo, peró, in questo momento storico, che dura da troppo tempo, la popolazione degli stati europei è giá fiaccata da precedenti tagli e tassazioni alle loro rendite e stringere ancor di più la corda, significherebbe sofforare definitivamente la vita dei cittadini europei.
RIDOTTI IN SCHIAVITU'?
Il disegno di questi pazzi senza scrupoli, gli "Illuminati", che presumibilmente manipolano i giochi di borsa, alla fine è molto semplice e viene facilmente inquadrato dall'equazione di Icke:
PROBLEMA-REAZIONE-SOLUZIONE
I mercati delle finanze alla mercé degli Illuminati scatenano il PROBLEMA speculando sulla solvibilitá degli Istututi di credito fino ad intaccare la stessa solidità dell'Euro. Il rischio di recessione e di default dei singoli stati, obbliga i capi di governo ad una repentiea REAZIONE proclamando lo stato di crisi e di emergenza. Ecco a tal proposito le parole del nuovo Presidente del Consiglio italiano Mario Monti, in vista del decisivo appuntamento dell'8 e 9 dicembre. Vertice che egli stesso definisce decisivo per il destino dell'Unione europea.
"Sono in programma incontri con le forze politiche e le parti sociali, ma la linea pare giá sostanzialmente tracciata, anche sulle pensioni. Rivolgere un appello a tutti. Siamo in una situazione "straordinariamente delicata". Sarà un appello al senso collettivo di responsabilità, perché se l'Italia manca questo passaggio fondamentale, vi saranno conseguenze molto gravi per tutti.
Mario Monti quindi ammonisce il Paese. Se sostanzialmente non si dovesse trovare una soluzione al problema finiremmo tutti molto male... minacce all'intera popolazione, ingnara del significato profondo di quello che sta accadendo!
Poi continua: "In poche parole, certe ritualità e tradizioni ora passano in secondo piano. Dietro il Parlamento e le forze sociali vi sono i cittadini che sembrano apprezzare il lavoro che stiamo svolgendo al servizio del paese. I sondaggi? Cercheró di seguirli il meno possibile, altrimenti mi farei illusioni non durature".
Mario Monti dunque è l'ennesimo prestanome delle lobby bancarie, chiamato a sostituire l'ormai impopolare Berlusconi, per attuare i dictat di Bruxselles.
Ecco quindi che con l'ennesima manovra prende forma la SOLUZIONE al problema.
Continua Mario Monti: "... far fronte al peggioramento del deficit per effetto dell'ulteriore frenata del Pil. A conti fatti, 11 miliardi cui andrà aggiunto un quinto in più : il pacchetto di riforme strutturali con impatto immediato sul deficit, dunque già a partire dal 2012. Ci si avvicina in tal modo ai 20 miliardi ipotizzati in questi giorni. Agiremo con rapidità" assicura il premier. "Mi dicono che normalmente occorrono cinque o sei settimane per mettere a punto una manovra. Noi lo faremo in tempi molto ristretti", ovviamente senza perdere tempo, prima che l'effetto panico passi, prima che la gente si possa rendere conto della grande truffa che sta subendo.
Molti di voi potrebbero non credere a quanto detto. Allora è bene sapere chi è ad esempio Mario Monti:
"Mario Monti oltre ad essere un noto economista è anche il Presidente europeo della Commissione Trilaterale. La Commissione Trilaterale o Trilateral Commision è un’organizzazione fondata il 23 giugno 1973 da David Rockefeller, presidente della Chase Manhattan Bank, e di altri dirigenti del gruppo Bilderberg e del Council on Foreign Relations, tra cui Henry Kissinger e Zbigniew Brzezinski. La Trilaterale conta come membri più di 300 influenti privati cittadini (uomini d’affari, politici, intellettuali) dall’Europa, dal Giappone e dal Nord America, con l’obiettivo dichiarato di promuovere una cooperazione più stretta tra queste tre aree. Ha sede sociale a New York. Si tratta di una organizzazione che ha per fondamento oltre che il liberismo economico anche una sorta di ideologia mondialista in base alla quale, come già detto per il gruppo Bildenberg, esisterebbe una sorta di governo di saggi che potrebbe tenere le fila del mondo intero, anche la Trilateral ha rapporti con gli Illuminati, taluni cercano la ragione della nascita della Trilateral con la necessità del think tank americano di proporre una idea alternativa e forte in una situzione americana (negli anni 70) in cui il potere economico veniva minato dalla Guerra del Vietnam.
La Trilateral, non è un livello segreto infatti si trova persino il sito web che riporta, Mario Monti presidente dell’ufficio Trilateral della regione europea, come sappiamo però l’organizzazione è stata spesso oggetto e soggetto di molte critiche tanto è che nelle note teorie del complotto spesso ampio spazio è dedicato alla Trilateral.
Il nuovo Premier italiano dunque sarebbe persino membro di una organizzazione sovranazionale che non nasconde i suoi interessi mondiali.
Nei fatti è noto che Monti ha studiato presso la famosa università americana di Yale, dove ha sede anche uno dei bracci più segreti della massoneria la Skull and Bones, ovvero teschio e ossa, la società fondata nel 1832 da William Huntington Russell e Alphonso Taft, la società nasce prima con spirito goliardico ma poi diventa una vera e propria società segreta con metodi e prassi di affiliazione simili a quelli dei Framassoni, anche la Skull and Bones è uno dei soggetti principi della teoria del complotto ma, più che tutto è nota al mondo l’influenza che i Bonesmen hanno nei media di tutto il mondo. Non basta però quel che già è stato scritto, Mario Monti apprezza ed è amato nei luoghi di potere infatti risulta essere l’International Advisor di Goldman Sachs, parte dell’advisory board di Coca Cola Company, la Goldman Sach è un istituto bancario che offre servizi e specula con elevato rischio, il nome di questo gruppo bancario lo si trova nella brutta questione delle case ipotecate in America, ma il suo “zampino” c’è anche in Grecia ed in Argentina, tanto è che sul gruppo pendono persino inchieste ed indagini per danni e truffa dei propri clienti".
Il sostituto di Berlusconi quindi, non è nient'altro che un ennesimo prestanome degli Illuminati e bastano i suoi precedenti con le famiglie Rockfeller e Bildenberg, per capire, cosa si nasconda sotto il finto buonismo di risanamento del Paese cui è stato legittimato a svolgere nel suo mandato.
Ecco quindi chiaro, il disegno in atto in Europa. La minaccia della caduta dell'Euro è quindi FASULLA, ed è soltanto un pretesto per far risultare popolari ai vari parlamenti europei dei singoli stati, manovre restrittive che altrimenti sarebbero improponibili.
Il piano dei banchieri è dunque quello di levare completamente il potere di acquisto alla popolazione e renderla schiava, togliere le pensioni ai lavoratori e sfiancare ogni risparmio per tenerci schiavi del Nuovo Ordine che sta velocemente prendendo piede in Europa.
Nei fatti è noto che Monti ha studiato presso la famosa università americana di Yale, dove ha sede anche uno dei bracci più segreti della massoneria la Skull and Bones, ovvero teschio e ossa, la società fondata nel 1832 da William Huntington Russell e Alphonso Taft, la società nasce prima con spirito goliardico ma poi diventa una vera e propria società segreta con metodi e prassi di affiliazione simili a quelli dei Framassoni, anche la Skull and Bones è uno dei soggetti principi della teoria del complotto ma, più che tutto è nota al mondo l’influenza che i Bonesmen hanno nei media di tutto il mondo. Non basta però quel che già è stato scritto, Mario Monti apprezza ed è amato nei luoghi di potere infatti risulta essere l’International Advisor di Goldman Sachs, parte dell’advisory board di Coca Cola Company, la Goldman Sach è un istituto bancario che offre servizi e specula con elevato rischio, il nome di questo gruppo bancario lo si trova nella brutta questione delle case ipotecate in America, ma il suo “zampino” c’è anche in Grecia ed in Argentina, tanto è che sul gruppo pendono persino inchieste ed indagini per danni e truffa dei propri clienti".
Il sostituto di Berlusconi quindi, non è nient'altro che un ennesimo prestanome degli Illuminati e bastano i suoi precedenti con le famiglie Rockfeller e Bildenberg, per capire, cosa si nasconda sotto il finto buonismo di risanamento del Paese cui è stato legittimato a svolgere nel suo mandato.
Ecco quindi chiaro, il disegno in atto in Europa. La minaccia della caduta dell'Euro è quindi FASULLA, ed è soltanto un pretesto per far risultare popolari ai vari parlamenti europei dei singoli stati, manovre restrittive che altrimenti sarebbero improponibili.
Il piano dei banchieri è dunque quello di levare completamente il potere di acquisto alla popolazione e renderla schiava, togliere le pensioni ai lavoratori e sfiancare ogni risparmio per tenerci schiavi del Nuovo Ordine che sta velocemente prendendo piede in Europa.
A cura di Arthur McPaul
Fonti:
http://affaritaliani.libero.it/economia/eurodebitocrisi_mervin_king_bank_england01122011.html?refresh_ce
http://ilsole24ore.com/sole24orem/post/99?url=Aa2LjAQE
http://mediterranews.org/2011/11/tutto-quello-che-nessuno-ti-dice-su-mario-monti-dalla-skull-and-bones-alla-trilateral-passando-per-la-goldman-sachs/
http://nemsisprojectresearch.blogspot.com
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sabato 3 dicembre 2011
La profezia si sta avverando, anzi sta per avverarsi: la crisi dell'Euro in Italia e in Europa annunciata già nel 2008...
Sopra, il video della profezia annunciata nel 2008
sulla crisi dell'euro in Italia e in Europa...
Tra ieri e oggi Mario Draghi, Angela Merkel e Nicolas Sarkozy hanno tenuto tre discorsi in tre diverse occasioni pubbliche: e tutti hanno parlato della crisi dell’euro, come era prevedibile, con la novità rilevante che il presidente della Banca Centrale Europea Draghi si è mostrato possibilista verso un maggior intervento dell’istituzione europea nell’acquisto dei titoli di stato dei paesi più colpiti dalla crisi finanziaria. Intanto gli Stati Uniti guardano con preoccupazione crescente alla crisi europea: l’editoriale di oggi del New York Times sostiene che la Federal Reserve (l’istituzione che funziona da banca centrale degli Stati Uniti) ha fatto la sua parte accettando di rendere più economici i prestiti di dollari alle banche mercoledì scorso, ma “i leader europei sembrano paralizzati e, perfino a questo punto, non riescono a sentire il senso di urgenza della Fed.” E anche secondo il New York Times la risposta alla situazione di crisi può essere una sola: vincere le resistenze tedesche e lasciare che la Banca Centrale Europea faccia “un’azione aggressiva” comprando i titoli di stato dei paesi in difficoltà.
Nicolas Sarkozy
Il presidente francese non era uscito soddisfatto dal vertice di Strasburgo tra Italia, Germania e Francia dello scorso novembre, dove aveva incassato il rifiuto della Germania sia a un maggior impegno della BCE, sia alle obbligazioni comuni europee (i famosi eurobond). Il discorso di ieri, tenuto a Tolone, aveva l’obiettivo preciso di rilanciare la sua politica estera europea e provare a sfuggire alla pressione tedesca.
Sarkozy ha detto che Germania e Francia spingeranno per approvare un nuovo trattato «che rifondi e ripensi l’organizzazione dell’Europa», dato che senza una nuova «convergenza» tra i paesi europei la crisi del debito rischia di diventare irreparabile. Sarkozy ha detto che i leader degli altri paesi europei dovranno accettare regole più strette all’interno dell’Unione, con un maggior coordinamento delle politiche fiscali ed economiche e la previsione di sanzioni per chi non le rispetti. Secondo gli esperti, Francia e Germania rimangono comunque distanti sulle modifiche effettive da approvare e soprattutto sulle sanzioni e i meccanismi di controllo, con la Germania che spingerebbe per un potere molto forte delle autorità centrali europee sui bilanci dei paesi nazionali.
Mario Draghi
Mario Draghi ha parlato ieri per la prima volta davanti al Parlamento europeo, presentando il rapporto annuale della Banca Centrale Europea per il 2010. La novità principale del suo discorso è che, pur con l’usuale linguaggio molto cauto e allusivo, Draghi ha aperto una possibilità all’acquisto massiccio dei titoli di stato dei paesi in difficoltà da parte della BCE, trasformandola così in quella “prestatrice di ultima istanza” che molti economisti e commentatori le hanno rimproverato di non essere. Draghi non ha detto apertamente che questa sarà la sua linea di intervento nella crisi, ma ha esortato i leader europei ad arrivare a «un nuovo accordo fiscale» come condizione necessaria a nuove azioni da parte della BCE. Secondo i commentatori, queste nuove azioni significano la volontà della BCE di intervenire in modo più deciso nella crisi dei debiti pubblici dei paesi dell’euro.
Angela Merkel
In un discorso tenuto oggi al parlamento tedesco, il cancelliere tedesco Angela Merkel ha promesso “passi concreti verso un’unione fiscale” in Europa. I trattati europei potranno essere rinnovati o potranno esserne firmati di nuovi, ha aggiunto, in modo da ottenere un meccanismo di intervento in caso di crisi più efficace e un maggior controllo sui bilanci dei paesi membri. Ma Merkel ha anche rifiutato esplicitamente la possibilità che la Banca Centrale Europea stampi una quantità maggiore di moneta come risposta alla crisi, dicendo che il suo ruolo è diverso da quello della Federal Reserve degli Stati Uniti o della Banca d’Inghilterra. Secondo il quotidiano tedesco Sueddeutsche Zeitung, Merkel sarebbe comunque favorevole a un maggior acquisto di titoli di stato da parte della BCE come soluzione di passaggio, prima che entri in funzione un meccanismo di controllo più efficiente.
Fonte: http://www.ilpost.it
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mercoledì 30 novembre 2011
E se invece delle banche, iniziassimo a salvare la gente?
Bloomberg ha svelato che la Fed ha "pompato" liquidità per 7700 miliardi di dollari (*) nel complesso, a tutte le istituzioni bancarie americane, per superare la crisi. Cioè, hanno premuto un tasto e hanno creato valore dal nulla. Lo hanno fatto di nascosto, per non allarmare i mercati. Così mi sono chiesto cosa sarebbe successo se tutti quei soldi, anziché darli alle banche, li avessero dati alla gente. In fin dei conti era la gente a non riuscire a pagare il mutuo, mica le banche...
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sabato 12 novembre 2011
EURO-TRUFFA CRIMINALE - Ecco il vero motivo della crisi economica!
Questo video-verità trae le proprie informazioni dallo studio realizzato dal giornalista, Paolo Barnard, intitolato "Il più grande crimine", scaricabile gratuitamente al seguente indirizzo: http://www.paolobarnard.info/docs/ilpiugrandecrimine2011.pdf • Tagli alla sanità, tagli alla scuola, tagli ai servizi pubblici e alle pensioni. Tagli alla cultura e alla ricerca. Licenziamenti. Disoccupazione. Privatizzazione dell'acqua e dei servizi pubblici locali. Aumento delle tasse. Questa è l'Italia di oggi. Da dove viene, quindi, la nostra crisi economica? Sui giornali e nelle televisioni nessuno risponde a questa domanda. È necessario quindi sapere la reale causa, che è rappresentata dall'euro. L'euro ha portato la perdita di sovranità monetaria in tutti gli stati che hanno accettato la moneta unica. E sta proprio qui la fregatura, che nessuno ci dice.
Ma cosa significa perdere la propria sovranità monetaria? Significa perdere la possibilità da parte di uno Stato di stampare moneta. Prima, con la sovranità monetaria, succedeva che nei momenti di difficoltà lo Stato stampava moneta, per sostenere le produzioni e i servizi pubblici, e indebitandosi solo con sé stesso. Indebitandosi solo con sé stesso. Quindi il cosiddetto debito pubblico non era un problema. Lo dimostra il fatto che il Giappone, stato a moneta sovrana, oggi ha il debito pubblico più alto del mondo, il doppio di quello dell'Italia. Nonostante ciò il Giappone non è un paese a rischio fallimento e la sua inflazione è pressoché inesistente, allo 0,4 percento.
In Italia, invece, oggi il debito pubblico è un enorme problema. Il perché è presto detto: non potendo più stampare moneta, il nostro paese è obbligato a indebitarsi, non più con sé stesso, ma con i grandi investitori privati di tutto il mondo, come un qualsiasi cittadino che, nel suo piccolo, va in banca per accendere un mutuo. E dunque avendo l'incombenza di ripagare questo enorme debito lo Stato deve necessariamente percorrere due strade: tagliare, tagliare, tagliare e aumentare le tasse. Prende avvio così un circolo vizioso per cui i grandi investitori privati non hanno più la certezza di ottenere il pagamento dei crediti che vantano nei confronti dell'Italia, e così non acquistano più i nostri titoli di stato come Btp e Bot, che l'Italia emette per ottenere nuovo denaro al fine di finanziare la spesa pubblica.
Ecco che cosa sta alla base della nostra crisi e che nessuno ci dice.
Fonte: http://www.youtube.com/user/mattber17061984
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lunedì 31 ottobre 2011
La lettera di Mario Draghi e Jean-Claude Trichet (testo integrale) inviata dalla Banca Centrale Europa al Governo Italiano: l'Europa è governata solo dalle Banche Centrali, gli Stati ormai non hanno piu' ne sovranità politica ne sovranità monetaria! Il Capitalismo affamatore dei popoli crea le crisi finanziarie speculando sui mercati per arricchirsi sempre di piu', mentre i cittadini devono fare sacrifici sempre piu' grandi per pagare ciò che la Finanza Mondiale distrugge! Sono i pochi banchieri e uomini d'affari a detenere il vero potere, la vera ricchezza, mentre i popoli e gli Stati Nazionali vengono devastati dalle loro folli speculazioni economiche! Europa svegliati!
Sopra, video sul sistema del debito bancario...
Sopra, la prima parte del video che spiega le falsità e le
ipocrisie del sistema economico capitalista Americano...
Sopra, la seconda parte del video che spiega le falsità e le
ipocrisie del sistema economico capitalista Americano...
Caro Primo Ministro, Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea il 4 Agosto ha discusso la situazione nei mercati dei titoli di Stato italiani. Il Consiglio direttivo ritiene che sia necessaria un'azione pressante da parte delle autorita' italiane per ristabilire la fiducia degli investitori. Il vertice dei capi di Stato e di governo dell'area-euro del 21 luglio 2011 ha concluso che ''tutti i Paesi dell'euro riaffermano solennemente la loro determinazione inflessibile a onorare in pieno la loro individuale firma sovrana e tutti i loro impegni per condizioni di bilancio sostenibili e per le riforme strutturali''.
Il Consiglio direttivo ritiene che l'Italia debba con urgenza rafforzare la reputazione della sua firma sovrana e il suo impegno alla sostenibilita' di bilancio e alle riforme strutturali. Il Governo italiano ha deciso di mirare al pareggio di bilancio nel 2014 e, a questo scopo, ha di recente introdotto un pacchetto di misure. Sono passi importanti, ma non sufficienti. Nell'attuale situazione, riteniamo essenziali le seguenti misure:
1.Vediamo l'esigenza di misure significative per accrescere il potenziale di crescita. Alcune decisioni recenti prese dal Governo si muovono in questa direzione; altre misure sono in discussione con le parti sociali. Tuttavia, occorre fare di piu' ed e' cruciale muovere in questa direzione con decisione. Le sfide principali sono l'aumento della concorrenza, particolarmente nei servizi, il miglioramento della qualita' dei servizi pubblici e il ridisegno di sistemi regolatori e fiscali che siano piu' adatti a sostenere la competitivita' delle imprese e l'efficienza del mercato del lavoro.
a) E' necessaria una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali. Questo dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala.
b) C'e' anche l'esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d'impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi piu' rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione. L'accordo del 28 Giugno tra le principali sigle sindacali e le associazioni industriali si muove in questa direzione.
c) Dovrebbe essere adottata una accurata revisione delle norme che regolano l'assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori piu' competitivi.
2.Il Governo ha l'esigenza di assumere misure immediate e decise per assicurare la sostenibilita' delle finanze pubbliche.
a) Ulteriori misure di correzione del bilancio sono necessarie. Riteniamo essenziale per le autorita' italiane di anticipare di almeno un anno il calendario di entrata in vigore delle misure adottate nel pacchetto del luglio 2011. L'obiettivo dovrebbe essere un deficit migliore di quanto previsto fin qui nel 2011, un fabbisogno netto dell'1% nel 2012 e un bilancio in pareggio nel 2013, principalmente attraverso tagli di spesa. E' possibile intervenire ulteriormente nel sistema pensionistico, rendendo piu' rigorosi i criteri di idoneita' per le pensioni di anzianita' e riportando l'eta' del ritiro delle donne nel settore privato rapidamente in linea con quella stabilita per il settore pubblico, cosi' ottenendo dei risparmi gia' nel 2012. Inoltre, il Governo dovrebbe valutare una riduzione significativa dei costi del pubblico impiego, rafforzando le regole per il turnover (il ricambio, ndr) e, se necessario, riducendo gli stipendi.
b) Andrebbe introdotta una clausola di riduzione automatica del deficit che specifichi che qualunque scostamento dagli obiettivi di deficit sara' compensato automaticamente con tagli orizzontali sulle spese discrezionali.
c) Andrebbero messi sotto stretto controllo l'assunzione di indebitamento, anche commerciale, e le spese delle autorita' regionali e locali, in linea con i principi della riforma in corso delle relazioni fiscali fra i vari livelli di governo.
Vista la gravita' dell'attuale situazione sui mercati finanziari, consideriamo cruciale che tutte le azioni elencate nelle suddette sezioni 1 e 2 siano prese il prima possibile per decreto legge, seguito da ratifica parlamentare entro la fine di Settembre 2011. Sarebbe appropriata anche una riforma costituzionale che renda piu' stringenti le regole di bilancio.
3. Incoraggiamo inoltre il Governo a prendere immediatamente misure per garantire una revisione dell'amministrazione pubblica allo scopo di migliorare l'efficienza amministrativa e la capacita' di assecondare le esigenze delle imprese. Negli organismi pubblici dovrebbe diventare sistematico l'uso di indicatori di performance (soprattutto nei sistemi sanitario, giudiziario e dell'istruzione). C'e' l'esigenza di un forte impegno ad abolire o a fondere alcuni strati amministrativi intermedi (come le Province). Andrebbero rafforzate le azioni mirate a sfruttare le economie di scala nei servizi pubblici locali. Confidiamo che il Governo assumera' le azioni appropriate.
Il Consiglio direttivo ritiene che l'Italia debba con urgenza rafforzare la reputazione della sua firma sovrana e il suo impegno alla sostenibilita' di bilancio e alle riforme strutturali. Il Governo italiano ha deciso di mirare al pareggio di bilancio nel 2014 e, a questo scopo, ha di recente introdotto un pacchetto di misure. Sono passi importanti, ma non sufficienti. Nell'attuale situazione, riteniamo essenziali le seguenti misure:
1.Vediamo l'esigenza di misure significative per accrescere il potenziale di crescita. Alcune decisioni recenti prese dal Governo si muovono in questa direzione; altre misure sono in discussione con le parti sociali. Tuttavia, occorre fare di piu' ed e' cruciale muovere in questa direzione con decisione. Le sfide principali sono l'aumento della concorrenza, particolarmente nei servizi, il miglioramento della qualita' dei servizi pubblici e il ridisegno di sistemi regolatori e fiscali che siano piu' adatti a sostenere la competitivita' delle imprese e l'efficienza del mercato del lavoro.
a) E' necessaria una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali. Questo dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala.
b) C'e' anche l'esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d'impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi piu' rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione. L'accordo del 28 Giugno tra le principali sigle sindacali e le associazioni industriali si muove in questa direzione.
c) Dovrebbe essere adottata una accurata revisione delle norme che regolano l'assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori piu' competitivi.
2.Il Governo ha l'esigenza di assumere misure immediate e decise per assicurare la sostenibilita' delle finanze pubbliche.
a) Ulteriori misure di correzione del bilancio sono necessarie. Riteniamo essenziale per le autorita' italiane di anticipare di almeno un anno il calendario di entrata in vigore delle misure adottate nel pacchetto del luglio 2011. L'obiettivo dovrebbe essere un deficit migliore di quanto previsto fin qui nel 2011, un fabbisogno netto dell'1% nel 2012 e un bilancio in pareggio nel 2013, principalmente attraverso tagli di spesa. E' possibile intervenire ulteriormente nel sistema pensionistico, rendendo piu' rigorosi i criteri di idoneita' per le pensioni di anzianita' e riportando l'eta' del ritiro delle donne nel settore privato rapidamente in linea con quella stabilita per il settore pubblico, cosi' ottenendo dei risparmi gia' nel 2012. Inoltre, il Governo dovrebbe valutare una riduzione significativa dei costi del pubblico impiego, rafforzando le regole per il turnover (il ricambio, ndr) e, se necessario, riducendo gli stipendi.
b) Andrebbe introdotta una clausola di riduzione automatica del deficit che specifichi che qualunque scostamento dagli obiettivi di deficit sara' compensato automaticamente con tagli orizzontali sulle spese discrezionali.
c) Andrebbero messi sotto stretto controllo l'assunzione di indebitamento, anche commerciale, e le spese delle autorita' regionali e locali, in linea con i principi della riforma in corso delle relazioni fiscali fra i vari livelli di governo.
Vista la gravita' dell'attuale situazione sui mercati finanziari, consideriamo cruciale che tutte le azioni elencate nelle suddette sezioni 1 e 2 siano prese il prima possibile per decreto legge, seguito da ratifica parlamentare entro la fine di Settembre 2011. Sarebbe appropriata anche una riforma costituzionale che renda piu' stringenti le regole di bilancio.
3. Incoraggiamo inoltre il Governo a prendere immediatamente misure per garantire una revisione dell'amministrazione pubblica allo scopo di migliorare l'efficienza amministrativa e la capacita' di assecondare le esigenze delle imprese. Negli organismi pubblici dovrebbe diventare sistematico l'uso di indicatori di performance (soprattutto nei sistemi sanitario, giudiziario e dell'istruzione). C'e' l'esigenza di un forte impegno ad abolire o a fondere alcuni strati amministrativi intermedi (come le Province). Andrebbero rafforzate le azioni mirate a sfruttare le economie di scala nei servizi pubblici locali. Confidiamo che il Governo assumera' le azioni appropriate.
Con la migliore considerazione, Mario Draghi, Jean-Claude Trichet.
Fonte: www.corriere.it
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venerdì 26 agosto 2011
L' USCITA DALL'EURO DELL'ITALIA SARA' NEL FUTURO PROSSIMO UNA REALTA'? CHI SI E' ARRICCHITO INGIUSTAMENTE SULLA PELLE E SULLE TASCHE DEGLI ITALIANI? SOPRATTUTTO CHI HA SPECULATO SULLA CLASSE PIU' DEBOLE DELLA SOCIETA' ITALIANA ED EUROPEA? LA SINISTRA ITALIANA HA UNA GRAVE COLPA, QUELLA DI NON AVERE MAI IN REALTA' DIFESO GLI INTERESSI DELLA POVERA GENTE! LA SINISTRA ITALIANA PECCA DI IPOCRISIA MENTRE IL GOVERNO BERLUSCONI NEL 2002 NON HA SAPUTO O VOLUTO CONTROLLARE IL REALE CAMBIO DI VALORE DELL'EURO RISPETTO ALLA VECCHIA LIRA NAZIONALE!
DI ALBERTO BAGNAI
ilmanifesto.it
Un anno fa, discorrendo con Aristide, chiedevo come mai la sinistra italiana rivendicasse con tanto orgoglio la paternità dell’euro: non vedeva quanto esso fosse opposto agli interessi del suo elettorato? Una domanda simile a quella di Rossanda. Aristide, economista di sinistra, mi raggelò: “caro Alberto, i costi dell’euro, come dici, sono noti, tutti i manuali li illustrano. Li vedevano anche i nostri politici, ma non potevano spiegarli ai loro elettori: se questi avessero potuto confrontare costi e benefici non avrebbero mai accettato l’euro. Tenendo gli elettori all’oscuro abbiamo potuto agire, mettendoli in una impasse dalla quale non potranno uscire che decidendo di fare la cosa giusta, cioè di andare avanti verso la totale unione, fiscale e politica, dell’Europa.” Insomma: “il popolo non sa quale sia il suo interesse: per fortuna a sinistra lo sappiamo e lo faremo contro la sua volontà”. Ovvero: so che non sai nuotare e che se ti getto in piscina affogherai, a meno che tu non “decida liberamente” di fare la cosa giusta: imparare a nuotare. Decisione che prenderai dopo un leale dibattito, basato sul fatto che ti arrivo alle spalle e ti spingo in acqua. Bella democrazia in un intellettuale di sinistra!
Questo agghiacciante paternalismo può sembrare più fisiologico in un democristiano, ma non dovrebbe esserlo. “Bello è di un regno come che sia l’acquisto”, dice re Desiderio. Il cattolico Prodi l’Adelchi l’ha letto solo fino a qui. Proseguendo, avrebbe visto che per il cattolico Manzoni la Realpolitik finisce in tragedia: il fine non giustifica i mezzi. La nemesi è nella convinzione che “più Europa” risolva i problemi: un argomento la cui futilità non può essere apprezzata se prima non si analizza la reale natura delle tensioni attuali.
Il debito pubblico non c’entra.
Sgomenta l’unanimità con la quale destra e sinistra continuano a concentrarsi sul debito pubblico. Che lo faccia la destra non è strano: il contrattacco ideologico all’intervento dello Stato nell’economia è il fulcro della “controriforma” seguita al crollo del muro. Questo a Rossanda è chiaro. Le ricordo che nessun economista ha mai asserito, prima del trattato di Maastricht, che la sostenibilità di un’unione monetaria richieda il rispetto di soglie sul debito pubblico (il 60% di cui parla lei). Il dibattito sulla “convergenza fiscale” è nato dopo Maastricht, ribadendo il fatto che queste soglie sono insensate. Maastricht è un manifesto ideologico: meno Stato (ergo più mercato). Ma perché qui (cioè a sinistra?) nessuno mette Maastricht in discussione? Questo Rossanda non lo nota e non se lo chiede. Se il problema fosse il debito pubblico, dal 2008 la crisi avrebbe colpito prima la Grecia (debito al 110% del Pil), e poi Italia (106%), Belgio (89%), Francia (67%) e Germania (66%). Gli altri paesi dell’eurozona avevano debiti pubblici inferiori. Ma la crisi è esplosa prima in Irlanda (debito pubblico al 44% del Pil), Spagna (40%), Portogallo (65%), e solo dopo Grecia e Italia. Cosa accomuna questi paesi? Non il debito pubblico (minimo nei primi paesi colpiti, altissimo negli ultimi), ma l’inflazione. Già nel 2006 la Bce indicava che in Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna l’inflazione non stava convergendo verso quella dei paesi “virtuosi”. I Pigs erano un club a parte, distinto dal club del marco (Germania, Francia, Belgio, ecc.), e questo sì che era un problema: gli economisti sanno da tempo che tassi di inflazione non uniformi in un’unione monetaria conducono a crisi di debito estero (prevalentemente privato).
Inflazione e debito estero.
Se in X i prezzi crescono più in fretta che nei suoi partner, X esporta sempre meno, e importa sempre più, andando in deficit di bilancia dei pagamenti. La valuta di X, necessaria per acquistare i beni di X, è meno richiesta e il suo prezzo scende, cioè X svaluta: in questo modo i suoi beni ridiventano convenienti, e lo squilibrio si allevia. Effetti uguali e contrari si producono nei paesi in surplus, la cui valuta diventa scarsa e si apprezza. Ma se X è legato ai suoi partner da un’unione monetaria, il prezzo della valuta non può ristabilire l’equilibrio esterno, e quindi le soluzioni sono due: o X deflaziona, o i suoi partner in surplus inflazionano. Nella visione keynesiana i due meccanismi sono complementari: ci si deve venire incontro, perché surplus e deficit sono due facce della stessa medaglia (non puoi essere in surplus se nessuno è in deficit). Ai tagli nel paese in deficit deve accompagnarsi un’espansione della domanda nei paesi in surplus. Ma la visione prevalente è asimmetrica: l’unica inflazione buona è quella nulla, i paesi in surplus sono “buoni”, e sono i “cattivi” in deficit a dover deflazionare, convergendo verso i buoni. E se, come i Pigs, non ci riescono? Le entrate da esportazioni diminuiscono e ci si deve indebitare con l’estero per finanziare le proprie importazioni. I paesi a inflazione più alta sono anche quelli che hanno accumulato più debito estero dal 1999 al 2007: Grecia (+78 punti di Pil), Portogallo (+67), Irlanda (+65) e Spagna (+62). Con il debito crescono gli interessi, e si entra nella spirale: ci si indebita con l’estero per pagare gli interessi all’estero, aumenta lo spread e scatta la crisi.
Lo spettro del 1992.
E l’Italia? Dice Rossanda: “il nostro indebitamento è soprattutto all’interno”. Non è più vero. Pensate veramente che ai mercati interessi con chi va a letto Berlusconi? Pensate che si preoccupino perché il debito pubblico è “alto”? Ma il nostro debito pubblico è sopra il 100% da 20 anni, e i nostri governi, anche se meno folcloristici, sono stati spesso più instabili. Non è questo che preoccupa i mercati: quello che li preoccupa è che oggi, come nel 1992, il nostro indebitamento con l’estero sta aumentando, e che questo aumento, come nel 1992, è guidato dall’aumento dei pagamenti di interessi sul debito estero, che è in massima parte debito privato, contratto da famiglie e imprese (il 65% delle passività sull’estero dell’Italia sono di origine privata).
Cui Prodest?
Calata nell’asimmetria ideologica mercantilista (i “buoni” non devono cooperare) e monetarista (inflazione zero) la scelta politica di privarsi dello strumento del cambio diventa strumento di lotta di classe. Se il cambio è fisso, il peso dell’aggiustamento si scarica sui prezzi dei beni, che possono diminuire o riducendo i costi (quello del lavoro, visto che quello delle materie prime non dipende da noi) o aumentando la produttività. Precarietà e riduzioni dei salari sono dietro l’angolo. La sinistra che vuole l’euro ma non vuole Marchionne mi fa un po’ pena. Chi non deflaziona accumula debito estero, fino alla crisi, in seguito alla quale lo Stato, per evitare il collasso delle banche, si accolla i debiti dovuti agli squilibri esterni, trasformandoli in debiti pubblici. Alla privatizzazione dei profitti segue la socializzazione delle perdite, con il vantaggio di poter incolpare a posteriori i bilanci pubblici. La scelta non è se deflazionare o meno, ma se farlo subito o meno. Una scelta ristretta, ma solo perché l’ottusità ideologica impone di concentrarsi sul sintomo (lo squilibrio pubblico, che può essere corretto solo tagliando), anziché sulla causa (lo squilibrio esterno, che potrebbe essere corretto cooperando). Alla domanda di Rossanda “non c’è stato qualche errore?” la risposta è quella che dà lei stessa: no, non c’è stato nessun errore. Lo scopo che si voleva raggiungere, cioè la “disciplina” dei lavoratori, è stato raggiunto: non sarà “di sinistra”, ma se volete continuare a chiamare “sinistra” dei governi “tecnici” a guida democristiana accomodatevi. Lo dice il manuale di Acocella: il “cambio forte” serve a disciplinare i sindacati.
Più Europa?
Secondo la teoria economica un’unione monetaria può reggere senza tensioni sui salari se i paesi sono fiscalmente integrati, poiché ciò facilita il trasferimento di risorse da quelli in espansione a quelli in recessione. Una “soluzione” che interviene a valle, cioè allevia i sintomi, senza curare la causa (gli squilibri esterni). È il famoso “più Europa”. Un esempio: festeggiamo quest’anno il 150° anniversario dell’unione monetaria, fiscale e politica del nostro paese. “Più Italia” l’abbiamo avuta, non vi pare? Ma 150 anni dopo la convergenza dei prezzi fra le varie regioni non è completa, e il Sud ha un indebitamento estero strutturale superiore al 15% del proprio Pil, cioè sopravvive importando capitali dal resto del mondo (ma in effetti dal resto d’Italia). Dopo cinquanta anni di integrazione fiscale nell’Italia (monetariamente) unita abbiamo le camicie verdi in Padania: basterebbero dieci anni di integrazione fiscale nell’area euro, magari a colpi di Eurobond, per riavere le camicie brune in Germania. L’integrazione fiscale non è politicamente sostenibile perché nessuno vuole pagare per gli altri, soprattutto quando i media, schiavi dell’asimmetria ideologica, bombardano con il messaggio che gli altri sono pigri, poco produttivi, che “è colpa loro”. Siano greci, turchi, o ebrei, sappiamo come va a finire quando la colpa è degli altri.
Deutschland über alles.
Le soluzioni “a valle” dello squilibrio esterno sono politicamente insostenibili, ma lo sono anche quelle “a monte”. La convivenza con l’euro richiederebbe l’uscita dall’asimmetria ideologica mercantilista. Bisognerebbe prevedere simmetrici incentivi al rientro per chi si scostasse in alto o in basso da un obiettivo di inflazione. Il coordinamento del quale Rossanda parla andrebbe costruito attorno a questo obiettivo. Ma il peso dei paesi “virtuosi” lo impedirà. Perché l’euro è l’esito di due processi storici. Rossanda vede il primo (il contrattacco del capitale per recuperare l’arretramento determinato dal new deal post-bellico), ma non il secondo: la lotta secolare della Germania per dotarsi di un mercato di sbocco. Ci si estasia (a destra e a sinistra) per il successo della Germania, la “locomotiva” d’Europa, che cresce intercettando la domanda dei paesi emergenti. Ma i dati che dicono? Dal 1999 al 2007 il surplus tedesco è aumentato di 239 miliardi di dollari, di cui 156 realizzati in Europa, mentre il saldo commerciale verso la Cina è peggiorato di 20 miliardi (da un deficit di -4 a uno di -24). I giornali dicono che la Germania esporta in Oriente e così facendo ci sostiene con la sua crescita. I dati dicono il contrario. La domanda dei paesi europei, drogata dal cambio fisso, sostiene la crescita tedesca. E la Germania non rinuncerà a un’asimmetria sulla quale si sta ingrassando. Ma perché i governi “periferici” si sono fatti abbindolare dalla Germania? Lo dice il manuale di Gandolfo: la moneta unica favorisce una “illusione della politica economica” che permette ai governi di perseguire obiettivi politicamente improponibili, cavandosela col dire che sono imposti da istanze sopraordinate (quante volte ci siamo sentiti dire “l’Europa ci chiede...”?). Il fine (della lotta di classe al contrario) giustificava il mezzo (l’ancoraggio alla Germania).
La svalutazione rende ciechi.
È un film già visto. Ricordate lo Sme “credibile”? Dal 1987 al 1991 i cambi europei rimasero fissi. In Italia l’inflazione salì dal 4.7% al 6.2%, con il prezzo del petrolio in calo (ma i cambi fissi non domavano l’inflazione?). La Germania viaggiava su una media del 2%. La competitività italiana diminuiva, l’indebitamento estero aumentava, e dopo la recessione Usa del 1991 l’Italia dovette svalutare. Svalutazione! Provate a dire questa parola a un intellettuale di sinistra. Arrossirà di sdegnato pudore virginale. Non è colpa sua. Da decenni lo bombardano con il messaggio che la svalutazione è una di quelle cosacce che provocano uno sterile sollievo temporaneo e orrendi danni di lungo periodo. Non è strano che un sistema a guida tedesca sia retto dal principio di Goebbels: basta ripetere abbastanza una bugia perché diventi una verità. Ma cosa accadde dopo il 1992? L’inflazione scese di mezzo punto nel ’93 e di un altro mezzo nel ’94. Il rapporto debito estero/Pil si dimezzò in cinque anni (da -12 a -6 punti di Pil). La bolletta energetica migliorò (da -1.1 a -1.0 punti). Dopo uno shock iniziale, l’Italia crebbe a una media del 2% dal 1994 al 2001. La lezioncina sui danni della svalutazione (genera inflazione, procura un sollievo solo temporaneo, non ce la possiamo permettere perché importiamo il petrolio) è falsa.
Irreversibile?
Si dice che la svalutazione non sarebbe risolutiva, e che le procedure di uscita non sono previste, quindi... Quindi cosa? Chi è così ingenuo da non vedere che la mancanza di procedure di uscita è solo un espediente retorico, il cui scopo è quello di radicare nel pubblico l’idea di una “naturale” o “tecnica” irreversibilità di quella che in fondo è una scelta umana e politica (e come tale reversibile)? Certo, la svalutazione renderebbe più oneroso il debito definito in valuta estera. Ma porterebbe da una situazione di indebitamento estero a una di accreditamento estero, producendo risorse sufficienti a ripagare i debiti, come nel 1992. Se non lo fossero, rimarrebbe la possibilità del default. Prodi vuol far sostenere una parte del conto ai “grossi investitori istituzionali”? Bene: il modo più diretto per farlo non è emettere Eurobond “socializzando” le perdite a beneficio della Germania (col rischio camicie brune), ma dichiarare, se sarà necessario, il default, come hanno già fatto tanti paesi che non sono stati cancellati dalla geografia economica per questo. È già successo e succederà. “I mercati ci puniranno, finiremo stritolati!”. Altra idiozia. Per decenni l’Italia è cresciuta senza ricorrere al risparmio estero. È l’euro che, stritolando i redditi e quindi i risparmi delle famiglie, ha costretto il paese a indebitarsi con l’estero. Il risparmio nazionale lordo, stabile attorno al 21% dal 1980 al 1999, è sceso costantemente da allora fino a toccare il 16% del reddito. Nello stesso periodo le passività finanziarie delle famiglie sono raddoppiate, dal 40% all’80%. Rimuoviamo l’euro, e l’Italia avrà meno bisogno dei mercati, mentre i mercati continueranno ad avere bisogno dei 60 milioni di consumatori italiani.
Non faccia la sinistra ciò che fa la destra.
Dall’euro usciremo, perché alla fine la Germania segherà il ramo su cui è seduta. Sta alla sinistra rendersene conto e gestire questo processo, anziché finire sbriciolata. Non sto parlando delle prossime elezioni. Berlusconi se ne andrà: dieci anni di euro hanno creato tensioni tali per cui la macelleria sociale deve ora lavorare a pieno regime. E gli schizzi di sangue stonano meno sul grembiule rosso. Sarà ancora una volta concesso alla sinistra della Realpolitik di gestire la situazione, perché esiste un’altra illusione della politica economica, quella che rende più accettabili politiche di destra se chi le attua dice di essere di sinistra. Ma gli elettori cominciano a intuire che la macelleria sociale si può chiudere uscendo dall’euro. Cara Rossanda, gli operai non sono “scombussolati”, come dice lei: stanno solo capendo. “Peccato e vergogna non restano nascosti”, dice lo spirito maligno a Gretchen. Così, dopo vent’anni di Realpolitik, ad annaspare dove non si tocca si ritrovano i politici di sinistra, stretti fra la necessità di ossequiare la finanza, e quella di giustificare al loro elettorato una scelta fascista non tanto per le sue conseguenze di classe, quanto per il paternalismo con il quale è stata imposta. Si espongono così alle incursioni delle varie Marine Le Pen che si stanno affacciando in paesi di democrazia più compiuta, e presto anche da noi. Perché le politiche di destra, nel lungo periodo, avvantaggiano solo la destra. Ma mi rendo conto che in un paese nel quale basta una legislatura per meritarsi una pensione d’oro, il lungo periodo possa non essere un problema dei politici di destra e di sinistra. Questo spiega tanta unanimità di vedute.
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Un anno fa, discorrendo con Aristide, chiedevo come mai la sinistra italiana rivendicasse con tanto orgoglio la paternità dell’euro: non vedeva quanto esso fosse opposto agli interessi del suo elettorato? Una domanda simile a quella di Rossanda. Aristide, economista di sinistra, mi raggelò: “caro Alberto, i costi dell’euro, come dici, sono noti, tutti i manuali li illustrano. Li vedevano anche i nostri politici, ma non potevano spiegarli ai loro elettori: se questi avessero potuto confrontare costi e benefici non avrebbero mai accettato l’euro. Tenendo gli elettori all’oscuro abbiamo potuto agire, mettendoli in una impasse dalla quale non potranno uscire che decidendo di fare la cosa giusta, cioè di andare avanti verso la totale unione, fiscale e politica, dell’Europa.” Insomma: “il popolo non sa quale sia il suo interesse: per fortuna a sinistra lo sappiamo e lo faremo contro la sua volontà”. Ovvero: so che non sai nuotare e che se ti getto in piscina affogherai, a meno che tu non “decida liberamente” di fare la cosa giusta: imparare a nuotare. Decisione che prenderai dopo un leale dibattito, basato sul fatto che ti arrivo alle spalle e ti spingo in acqua. Bella democrazia in un intellettuale di sinistra!
Questo agghiacciante paternalismo può sembrare più fisiologico in un democristiano, ma non dovrebbe esserlo. “Bello è di un regno come che sia l’acquisto”, dice re Desiderio. Il cattolico Prodi l’Adelchi l’ha letto solo fino a qui. Proseguendo, avrebbe visto che per il cattolico Manzoni la Realpolitik finisce in tragedia: il fine non giustifica i mezzi. La nemesi è nella convinzione che “più Europa” risolva i problemi: un argomento la cui futilità non può essere apprezzata se prima non si analizza la reale natura delle tensioni attuali.
Il debito pubblico non c’entra.
Sgomenta l’unanimità con la quale destra e sinistra continuano a concentrarsi sul debito pubblico. Che lo faccia la destra non è strano: il contrattacco ideologico all’intervento dello Stato nell’economia è il fulcro della “controriforma” seguita al crollo del muro. Questo a Rossanda è chiaro. Le ricordo che nessun economista ha mai asserito, prima del trattato di Maastricht, che la sostenibilità di un’unione monetaria richieda il rispetto di soglie sul debito pubblico (il 60% di cui parla lei). Il dibattito sulla “convergenza fiscale” è nato dopo Maastricht, ribadendo il fatto che queste soglie sono insensate. Maastricht è un manifesto ideologico: meno Stato (ergo più mercato). Ma perché qui (cioè a sinistra?) nessuno mette Maastricht in discussione? Questo Rossanda non lo nota e non se lo chiede. Se il problema fosse il debito pubblico, dal 2008 la crisi avrebbe colpito prima la Grecia (debito al 110% del Pil), e poi Italia (106%), Belgio (89%), Francia (67%) e Germania (66%). Gli altri paesi dell’eurozona avevano debiti pubblici inferiori. Ma la crisi è esplosa prima in Irlanda (debito pubblico al 44% del Pil), Spagna (40%), Portogallo (65%), e solo dopo Grecia e Italia. Cosa accomuna questi paesi? Non il debito pubblico (minimo nei primi paesi colpiti, altissimo negli ultimi), ma l’inflazione. Già nel 2006 la Bce indicava che in Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna l’inflazione non stava convergendo verso quella dei paesi “virtuosi”. I Pigs erano un club a parte, distinto dal club del marco (Germania, Francia, Belgio, ecc.), e questo sì che era un problema: gli economisti sanno da tempo che tassi di inflazione non uniformi in un’unione monetaria conducono a crisi di debito estero (prevalentemente privato).
Inflazione e debito estero.
Se in X i prezzi crescono più in fretta che nei suoi partner, X esporta sempre meno, e importa sempre più, andando in deficit di bilancia dei pagamenti. La valuta di X, necessaria per acquistare i beni di X, è meno richiesta e il suo prezzo scende, cioè X svaluta: in questo modo i suoi beni ridiventano convenienti, e lo squilibrio si allevia. Effetti uguali e contrari si producono nei paesi in surplus, la cui valuta diventa scarsa e si apprezza. Ma se X è legato ai suoi partner da un’unione monetaria, il prezzo della valuta non può ristabilire l’equilibrio esterno, e quindi le soluzioni sono due: o X deflaziona, o i suoi partner in surplus inflazionano. Nella visione keynesiana i due meccanismi sono complementari: ci si deve venire incontro, perché surplus e deficit sono due facce della stessa medaglia (non puoi essere in surplus se nessuno è in deficit). Ai tagli nel paese in deficit deve accompagnarsi un’espansione della domanda nei paesi in surplus. Ma la visione prevalente è asimmetrica: l’unica inflazione buona è quella nulla, i paesi in surplus sono “buoni”, e sono i “cattivi” in deficit a dover deflazionare, convergendo verso i buoni. E se, come i Pigs, non ci riescono? Le entrate da esportazioni diminuiscono e ci si deve indebitare con l’estero per finanziare le proprie importazioni. I paesi a inflazione più alta sono anche quelli che hanno accumulato più debito estero dal 1999 al 2007: Grecia (+78 punti di Pil), Portogallo (+67), Irlanda (+65) e Spagna (+62). Con il debito crescono gli interessi, e si entra nella spirale: ci si indebita con l’estero per pagare gli interessi all’estero, aumenta lo spread e scatta la crisi.
Lo spettro del 1992.
E l’Italia? Dice Rossanda: “il nostro indebitamento è soprattutto all’interno”. Non è più vero. Pensate veramente che ai mercati interessi con chi va a letto Berlusconi? Pensate che si preoccupino perché il debito pubblico è “alto”? Ma il nostro debito pubblico è sopra il 100% da 20 anni, e i nostri governi, anche se meno folcloristici, sono stati spesso più instabili. Non è questo che preoccupa i mercati: quello che li preoccupa è che oggi, come nel 1992, il nostro indebitamento con l’estero sta aumentando, e che questo aumento, come nel 1992, è guidato dall’aumento dei pagamenti di interessi sul debito estero, che è in massima parte debito privato, contratto da famiglie e imprese (il 65% delle passività sull’estero dell’Italia sono di origine privata).
Cui Prodest?
Calata nell’asimmetria ideologica mercantilista (i “buoni” non devono cooperare) e monetarista (inflazione zero) la scelta politica di privarsi dello strumento del cambio diventa strumento di lotta di classe. Se il cambio è fisso, il peso dell’aggiustamento si scarica sui prezzi dei beni, che possono diminuire o riducendo i costi (quello del lavoro, visto che quello delle materie prime non dipende da noi) o aumentando la produttività. Precarietà e riduzioni dei salari sono dietro l’angolo. La sinistra che vuole l’euro ma non vuole Marchionne mi fa un po’ pena. Chi non deflaziona accumula debito estero, fino alla crisi, in seguito alla quale lo Stato, per evitare il collasso delle banche, si accolla i debiti dovuti agli squilibri esterni, trasformandoli in debiti pubblici. Alla privatizzazione dei profitti segue la socializzazione delle perdite, con il vantaggio di poter incolpare a posteriori i bilanci pubblici. La scelta non è se deflazionare o meno, ma se farlo subito o meno. Una scelta ristretta, ma solo perché l’ottusità ideologica impone di concentrarsi sul sintomo (lo squilibrio pubblico, che può essere corretto solo tagliando), anziché sulla causa (lo squilibrio esterno, che potrebbe essere corretto cooperando). Alla domanda di Rossanda “non c’è stato qualche errore?” la risposta è quella che dà lei stessa: no, non c’è stato nessun errore. Lo scopo che si voleva raggiungere, cioè la “disciplina” dei lavoratori, è stato raggiunto: non sarà “di sinistra”, ma se volete continuare a chiamare “sinistra” dei governi “tecnici” a guida democristiana accomodatevi. Lo dice il manuale di Acocella: il “cambio forte” serve a disciplinare i sindacati.
Più Europa?
Secondo la teoria economica un’unione monetaria può reggere senza tensioni sui salari se i paesi sono fiscalmente integrati, poiché ciò facilita il trasferimento di risorse da quelli in espansione a quelli in recessione. Una “soluzione” che interviene a valle, cioè allevia i sintomi, senza curare la causa (gli squilibri esterni). È il famoso “più Europa”. Un esempio: festeggiamo quest’anno il 150° anniversario dell’unione monetaria, fiscale e politica del nostro paese. “Più Italia” l’abbiamo avuta, non vi pare? Ma 150 anni dopo la convergenza dei prezzi fra le varie regioni non è completa, e il Sud ha un indebitamento estero strutturale superiore al 15% del proprio Pil, cioè sopravvive importando capitali dal resto del mondo (ma in effetti dal resto d’Italia). Dopo cinquanta anni di integrazione fiscale nell’Italia (monetariamente) unita abbiamo le camicie verdi in Padania: basterebbero dieci anni di integrazione fiscale nell’area euro, magari a colpi di Eurobond, per riavere le camicie brune in Germania. L’integrazione fiscale non è politicamente sostenibile perché nessuno vuole pagare per gli altri, soprattutto quando i media, schiavi dell’asimmetria ideologica, bombardano con il messaggio che gli altri sono pigri, poco produttivi, che “è colpa loro”. Siano greci, turchi, o ebrei, sappiamo come va a finire quando la colpa è degli altri.
Deutschland über alles.
Le soluzioni “a valle” dello squilibrio esterno sono politicamente insostenibili, ma lo sono anche quelle “a monte”. La convivenza con l’euro richiederebbe l’uscita dall’asimmetria ideologica mercantilista. Bisognerebbe prevedere simmetrici incentivi al rientro per chi si scostasse in alto o in basso da un obiettivo di inflazione. Il coordinamento del quale Rossanda parla andrebbe costruito attorno a questo obiettivo. Ma il peso dei paesi “virtuosi” lo impedirà. Perché l’euro è l’esito di due processi storici. Rossanda vede il primo (il contrattacco del capitale per recuperare l’arretramento determinato dal new deal post-bellico), ma non il secondo: la lotta secolare della Germania per dotarsi di un mercato di sbocco. Ci si estasia (a destra e a sinistra) per il successo della Germania, la “locomotiva” d’Europa, che cresce intercettando la domanda dei paesi emergenti. Ma i dati che dicono? Dal 1999 al 2007 il surplus tedesco è aumentato di 239 miliardi di dollari, di cui 156 realizzati in Europa, mentre il saldo commerciale verso la Cina è peggiorato di 20 miliardi (da un deficit di -4 a uno di -24). I giornali dicono che la Germania esporta in Oriente e così facendo ci sostiene con la sua crescita. I dati dicono il contrario. La domanda dei paesi europei, drogata dal cambio fisso, sostiene la crescita tedesca. E la Germania non rinuncerà a un’asimmetria sulla quale si sta ingrassando. Ma perché i governi “periferici” si sono fatti abbindolare dalla Germania? Lo dice il manuale di Gandolfo: la moneta unica favorisce una “illusione della politica economica” che permette ai governi di perseguire obiettivi politicamente improponibili, cavandosela col dire che sono imposti da istanze sopraordinate (quante volte ci siamo sentiti dire “l’Europa ci chiede...”?). Il fine (della lotta di classe al contrario) giustificava il mezzo (l’ancoraggio alla Germania).
La svalutazione rende ciechi.
È un film già visto. Ricordate lo Sme “credibile”? Dal 1987 al 1991 i cambi europei rimasero fissi. In Italia l’inflazione salì dal 4.7% al 6.2%, con il prezzo del petrolio in calo (ma i cambi fissi non domavano l’inflazione?). La Germania viaggiava su una media del 2%. La competitività italiana diminuiva, l’indebitamento estero aumentava, e dopo la recessione Usa del 1991 l’Italia dovette svalutare. Svalutazione! Provate a dire questa parola a un intellettuale di sinistra. Arrossirà di sdegnato pudore virginale. Non è colpa sua. Da decenni lo bombardano con il messaggio che la svalutazione è una di quelle cosacce che provocano uno sterile sollievo temporaneo e orrendi danni di lungo periodo. Non è strano che un sistema a guida tedesca sia retto dal principio di Goebbels: basta ripetere abbastanza una bugia perché diventi una verità. Ma cosa accadde dopo il 1992? L’inflazione scese di mezzo punto nel ’93 e di un altro mezzo nel ’94. Il rapporto debito estero/Pil si dimezzò in cinque anni (da -12 a -6 punti di Pil). La bolletta energetica migliorò (da -1.1 a -1.0 punti). Dopo uno shock iniziale, l’Italia crebbe a una media del 2% dal 1994 al 2001. La lezioncina sui danni della svalutazione (genera inflazione, procura un sollievo solo temporaneo, non ce la possiamo permettere perché importiamo il petrolio) è falsa.
Irreversibile?
Si dice che la svalutazione non sarebbe risolutiva, e che le procedure di uscita non sono previste, quindi... Quindi cosa? Chi è così ingenuo da non vedere che la mancanza di procedure di uscita è solo un espediente retorico, il cui scopo è quello di radicare nel pubblico l’idea di una “naturale” o “tecnica” irreversibilità di quella che in fondo è una scelta umana e politica (e come tale reversibile)? Certo, la svalutazione renderebbe più oneroso il debito definito in valuta estera. Ma porterebbe da una situazione di indebitamento estero a una di accreditamento estero, producendo risorse sufficienti a ripagare i debiti, come nel 1992. Se non lo fossero, rimarrebbe la possibilità del default. Prodi vuol far sostenere una parte del conto ai “grossi investitori istituzionali”? Bene: il modo più diretto per farlo non è emettere Eurobond “socializzando” le perdite a beneficio della Germania (col rischio camicie brune), ma dichiarare, se sarà necessario, il default, come hanno già fatto tanti paesi che non sono stati cancellati dalla geografia economica per questo. È già successo e succederà. “I mercati ci puniranno, finiremo stritolati!”. Altra idiozia. Per decenni l’Italia è cresciuta senza ricorrere al risparmio estero. È l’euro che, stritolando i redditi e quindi i risparmi delle famiglie, ha costretto il paese a indebitarsi con l’estero. Il risparmio nazionale lordo, stabile attorno al 21% dal 1980 al 1999, è sceso costantemente da allora fino a toccare il 16% del reddito. Nello stesso periodo le passività finanziarie delle famiglie sono raddoppiate, dal 40% all’80%. Rimuoviamo l’euro, e l’Italia avrà meno bisogno dei mercati, mentre i mercati continueranno ad avere bisogno dei 60 milioni di consumatori italiani.
Non faccia la sinistra ciò che fa la destra.
Dall’euro usciremo, perché alla fine la Germania segherà il ramo su cui è seduta. Sta alla sinistra rendersene conto e gestire questo processo, anziché finire sbriciolata. Non sto parlando delle prossime elezioni. Berlusconi se ne andrà: dieci anni di euro hanno creato tensioni tali per cui la macelleria sociale deve ora lavorare a pieno regime. E gli schizzi di sangue stonano meno sul grembiule rosso. Sarà ancora una volta concesso alla sinistra della Realpolitik di gestire la situazione, perché esiste un’altra illusione della politica economica, quella che rende più accettabili politiche di destra se chi le attua dice di essere di sinistra. Ma gli elettori cominciano a intuire che la macelleria sociale si può chiudere uscendo dall’euro. Cara Rossanda, gli operai non sono “scombussolati”, come dice lei: stanno solo capendo. “Peccato e vergogna non restano nascosti”, dice lo spirito maligno a Gretchen. Così, dopo vent’anni di Realpolitik, ad annaspare dove non si tocca si ritrovano i politici di sinistra, stretti fra la necessità di ossequiare la finanza, e quella di giustificare al loro elettorato una scelta fascista non tanto per le sue conseguenze di classe, quanto per il paternalismo con il quale è stata imposta. Si espongono così alle incursioni delle varie Marine Le Pen che si stanno affacciando in paesi di democrazia più compiuta, e presto anche da noi. Perché le politiche di destra, nel lungo periodo, avvantaggiano solo la destra. Ma mi rendo conto che in un paese nel quale basta una legislatura per meritarsi una pensione d’oro, il lungo periodo possa non essere un problema dei politici di destra e di sinistra. Questo spiega tanta unanimità di vedute.
Alberto Bagnai
Fonte: www.ilmanifesto.it
Link: http://www.ilmanifesto.it/archivi/commento/anno/2011/mese/08/articolo/5225/
22.08.2011
Fonte: www.ilmanifesto.it
Link: http://www.ilmanifesto.it/archivi/commento/anno/2011/mese/08/articolo/5225/
22.08.2011
lunedì 11 luglio 2011
Dominique Gaston André Strauss-Kahn: la biografia dell'ex-Presidente del F.M.I. (Fondo Monetario Internazionale) Chi è Strauss-Kahn? Sicuramente uno degli uomini più potenti e più influenti del Mondo dopo il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama!
Dominique Gaston André Strauss-Kahn (Neuilly-sur-Seine, 25 aprile 1949) è un economista e politico francese.
Membro del Partito Socialista, è stato più volte ministro in dicasteri economici nei governi a guida socialista. Economista, è professore di macro-economia a Sciences Po (Institut d'Etudes Politiques di Parigi)
Il 14 maggio 2011 viene arrestato a New York con l'accusa di tentata violenza sessuale ai danni di una cameriera di un albergo presso cui alloggiava a New York[1] e pochi giorni dopo rassegna le sue dimissioni dalla carica di Direttore del FMI.[2]
Sulla stampa francese il suo nome viene spesso abbreviato in "DSK".
Biografia
Il padre, Gilbert Strauss-Kahn (1918-1992), era figlio di un ebreo ashkenazita alsaziano e di una donna francese originaria della Lorena e di religione cattolica; la madre, Jacqueline Fellus (1919-2006), era figlia di una coppia di ebrei sefarditi tunisini[3].
Formazione e vita professionale
Nato in un quartiere residenziale alle porte di Parigi, Dominique ha vissuto in Marocco, ad Agadir, per poi trasferirsi a Montecarlo in seguito al terremoto del 1960 ed ha studiato all'HEC Paris e all'Institut d'études politiques (Sciences Po) di Parigi. Non superò il concorso di ammissione all'École nationale d'administration (Ena) ma conseguì la laurea magistrale in diritto pubblico e il dottorato in scienze economiche - materia che ha insegnato a Nancy e a Nanterre - ed è oggi professore ordinario di macro-economia a Sciences Po, a Parigi. Nel 1993 ha fondato lo studio legale DSK Consultants per esercitare la professione di avvocato.
Nel 1995 ha sposato in sinagoga la sua terza moglie: la giornalista televisiva Anne-Élise Schwartz, meglio conosciuta come Anne Sinclair.
Attività politica
I primi passi
Il suo percorso politico è strettamente legato a quello di Lionel Jospin, divenuto segretario del Partito socialista francese (PS), in seguito all'elezione di François Mitterrand alla presidenza della Repubblica.
Nel 1986 fu eletto per la prima volta deputato, nell'Alta Savoia. Rieletto nel 1988 in un collegio uninominale della Val-d'Oise, nell' hinterland parigino, fu in seguito nominato presidente della Commissione Finanze dell' Assemblée Nationale.
Nel 1991 entrò come ministro dell'Industria e del Commercio estero nel governo di Édith Cresson, funzione che mantenne nel governo di Pierre Bérégovoy fino alle elezioni politiche del 1993, vinte da una coalizione di centro-destra. In seguito alla sconfitta elettorale, fu nominato presidente del «gruppo di esperti» del PS, creato da Claude Allègre e rilanciato da Michel Rocard.
Nel 1994 partecipò al «Cercle de l'Industrie», un circolo in difesa dell'industria francese a Bruxelles, insieme all'imprenditore Vincent Bolloré e Louis Schweitzer, amministratore delegato del gruppo Renault.
Eletto sindaco di Sarcelles per la prima volta nel 1995, ha in seguito rinunciato alla carica dopo la nomina a ministro dell'Economia, delle Finanze e dell'Industria nel governo di Lionel Jospin, nel 1997.
Ministro dell'Economia
Nel 1997, Lionel Jospin, nuovo Primo ministro francese, lo nominò ministro dell'Economia, delle Finanze e dell'Industria. Dominique Strauss-Kahn divenne così uno dei personaggi di punta del governo. I buoni risultati dell'economia francese, la forte crescita e la creazione di nuovi posti di lavoro nel settore privato contribuirono a consolidare la popolarità del ministro nel partito e nell'opinione pubblica.
Capolista alle elezioni regionali del 1998 nell'Île-de-France, portò i socialisti alla vittoria, rinunciando però alla presidenza della Regione a favore di Jean-Paul Huchon per rimanere ministro.
Le principali iniziative del suo mandato ministeriale furono l'abbassamento dell'IVA al 5,5% nel settore edile per rilanciare l'attività del settore e disincentivare l'evasione fiscale. Attraverso una politica di rigore economico e di privatizzazioni riuscì a fare rientrare il deficit pubblico sotto la soglia del 3% imposta dai parametri di Maastricht, garantendo alla Francia l'ingresso nella zona dell'euro. Malgrado la sua opposizione, non riuscì a impedire la riduzione del tempo di lavoro a 35 ore settimanali, misura fortemente voluta dal ministro delle Politiche sociali Martine Aubry.
Indagato in diversi processi legati alla sua attività di avvocato nei primi anni '90, Dominique Strauss-Kahn rassegnò le proprie dimissioni da ministro nel novembre 1999. Il primo ministro Lionel Jospin era talmente certo della sua estraneità, da sostituirlo in un primo momento con il segretario di stato Christian Sautter e quindi manifestando l'intenzione di reintegrarlo quanto prima alla guida dell'economia. Alcuni esponenti del suo stesso partito gli riservarono un sostegno tiepido e qualcuno come Ségolène Royal usò addirittura parole aspre nei suoi riguardi, ma lui preferì non tenerne conto. Nel 2001 venne interamente scagionato da ogni accusa e fu rieletto deputato poco dopo in un'elezione supplettiva.
Le ambizioni presidenziali
Dopo la vittoria di Jacques Chirac alle elezioni presidenziali del 2002, Dominique Strauss-Kahn venne rieletto deputato nel collegio uninominale di Sarcelles alle elezioni politiche immediatamente successive. Tuttavia, il Partito socialista, stroncato dal sorpasso da parte di Jean-Marie Le Pen al primo turno delle presidenziali, perse le elezioni politiche a favore della destra.
Insieme a Michel Rocard fondò il club di riflessione À gauche en Europe (A sinistra in Europa) e presiedette la corrente del partito socialista Socialisme et Démocratie (Socialismo e democrazia), di ispirazione riformatrice.
Dopo avere sostenuto la mozione maggioritaria presentata dal segretario François Hollande al congresso del Partito socialista di Le Mans, annunciò nel maggio 2006 la sua intenzione di partecipare alle primarie organizzate dal partito per designare il candidato ufficiale alle elezioni presidenziali del 2007. Gli altri concorrenti erano l'ex primo ministro Laurent Fabius e la presidente della regione Poitou-Charentes Ségolène Royal. Nel novembre 2006 gli iscritti al partito socialista votarono il loro candidato e Strauss-Kahn ottenne il 20% dei voti, appena davanti a Fabius, in una elezione nettamente favorevole a Royal, vincitrice fin dal primo turno con il 60% dei voti.
Direttore generale del Fondo Monetario Internazionale
La nomina
Nel luglio 2007 Dominique Strauss-Kahn venne candidato ufficialmente alla direzione generale del Fondo Monetario Internazionale (FMI) dal presidente della Repubblica francese Nicolas Sarkozy. La sua designazione fu appoggiata, oltre che da Sarkozy, da Jean-Claude Juncker e da Romano Prodi.[4] Con questo sostegno europeo e col consenso degli Stati Uniti, vinse su quella dell'unico antagonista, l'ex premier ceco Josef Tosovsky, sostenuta dal presidente russo Putin; il 28 settembre 2007 Strauss-Kahn fu nominato alla testa dell'FMI, entrando così nell'esclusivo club dei francesi che dirigono istituzioni economiche internazionali. Gli altri sono Jean-Claude Trichet (BCE), Pascal Lamy (OMC) e Jean Lemierre (BERS).
Strauss-Kahn ebbe a dichiarare che se fosse stato eletto al vertice del FMI sarebbe rimasto in carica per tutta la durata del suo mandato[senza fonte] (dal 1º novembre 2007 al 1º novembre 2012), escludendo implicitamente di essere intenzionato a presentarsi alle elezioni presidenziali francesi del maggio 2012.
Il primo scandalo a sfondo sessuale: l' affaire Piroska Nagy
Il 18 ottobre 2008 il Wall Street Journal rivelò che un'inchiesta interna era stata aperta per accertare se DSK avesse dato prova di favoritismi all'interno dell'organizzazione a favore della sua amante Piroska Nagy, da lungo tempo responsabile del dipartimento FMI che si occupa dei problemi finanziari dell'Africa.[5] Quest'ultima lo accusò di abuso della sua posizione.[6] Dominique Strauss-Kahn presentò pubblicamente le sue scuse alla moglie Anne Sinclair, così come al personale del Fondo monetario internazionale per aver commesso un erreur de jugement (errore di valutazione) nell'aver avuto una relazione con una sua subordinata[7] ed il 25 ottobre fu discolpato dalla commissione d'inchiesta del Fondo, ove però il decano del Consiglio di Amministrazione del Fondo sottolineò che egli aveva commesso atti «regrettables et reflétant une grave erreur de jugement (incresciosi e rivelatori di un grave errore di valutazione)[8]» (Il 6 maggio 2011, a seguito dell' affaire Piroska Nagy, la molestia [a fini sessuali, n.d.r. ] è divenuta motivo di licenziamento nel Fondo Monetario Internazionale.[9])
Il secondo scandalo a sfondo sessuale: l'arresto negli USA
Il 14 maggio 2011 Dominique Strauss-Kahn è stato arrestato a New York con l'accusa di tentata violenza sessuale ai danni della cameriera di un hotel di Times Square ove DSK era alloggiato.[10] La notizia ha destato molto scalpore in Francia[11] in quanto Strauss-Kahn era ritenuto uno dei possibili candidati "di prestigio" del Partito Socialista Francese alle elezioni presidenziali del 2012.[12] Qualche giorno dopo l'arresto, ha rassegnato le sue dimissioni dalla carica di direttore del FMI:[2] a sostituirlo, l'ex ministro dell'economia francese Christine Lagarde. Dopo 6 giorni di detenzione nel carcere di massima sicurezza di Rikers Island, previo pagamento di una cauzione di 6 milioni di dollari, all'economista sono stati concessi gli arresti domiciliari.
Il 1º luglio il New York Times ha annunciato una svolta nell'indagine. Gli investigatori avrebbero difatti rilevato pesanti incongruenze nel racconto dell'accusatrice,[13] nonché eventi specifici che hanno minato seriamente la sua credibilità.[14] Secondo il procuratore, la donna avrebbe deliberatamente mentito davanti al Gran Giurì: dalla ricostruzione è emerso infatti che la cameriera, dopo la presunta violenza e prima di riferire l'accaduto ai suoi superiori, avrebbe riassettato un'altra stanza.[13] Per questo, a Strauss-Kahn sono stati revocati i domiciliari, e la cauzione milionaria restituita.
Vita familiare
Dopo aver incontrato Hélène Dumas nel 1963 (nel corso di un pic-nic sulla spiaggia di Mentone con alcuni allievi del liceo Alberto I, nel Principato di Monaco[15]), la sposò nel 1967[16] e la coppia ebbe tre figli (Vanessa, Marine e Laurin).DSK divorziò da Hélène Dumas e si risposò nel 1986[17] con Brigitte Guillemette, presidente e direttore generale del gruppo Corolle PR, controllata dal gruppo Mattel,[18] dalla quale ebbe, nel 1985, un figlio.[19][20]
Nel 1989 divorziò dalla seconda moglie e sposò in terze nozze, il 26 novembre 1991[21] Anne Sinclair, allora giornalista della rete televisiva TF1 e presentatrice della trasmissione politica domenicale Sept sur sept (Sette su sette), ella stessa divorziata dal giornalista Ivan Levaï. In quell'occasione gli fu testimone di nozze, insieme a suo padre, Lionel Jospin.[22]
Pensiero politico
Principi economici e sociali
Per Dominique Strauss-Kahn la globalizzazione è un'opportunità che deve sapere essere colta nel modo giusto perché tutti i francesi possano approfittare dei suoi vantaggi.
Le nuovi condizioni economiche e sociali implicano un rinnovamento dei principi socialisti rispetto al passato che devono appoggiarsi su tre punti fondamentali: la ridistribuzione della ricchezza, la regolazione dell'economia e la lotta alle ineguaglianze alla nascita.
Europa
Le istituzioni europee rappresentano per Dominique Strauss-Kahn una grande opportunità per garantire il futuro ed i diritti dei cittadini francesi, quindi europei.
È favorevole ad un rafforzamento delle istituzioni europee e allo sviluppo dell'integrazione economica e la cooperazione politica tra l'Europa e i paesi dell'area del Mediterraneo per risolvere i problemi di immigrazione e sicurezza. In ambito economico auspica una riforma del Patto di stabilità e di crescita e dello statuto della Banca centrale europea per permettere la coordinazione delle politiche fiscali e monetarie (policy mix) e un aumento considerevole delle risorse a disposizione della Commissione.
Nel 2005 ha preso posizione favorevole al progetto di Costituzione europea, bocciato da parte del 54% dei cittadini francesi.
Istruzione
Dominique Strauss-Kahn è favorevole ad una riforma radicale del sistema universitario che permetta un aumento significativo dei mezzi a disposizione degli atenei. La percentuale di francesi che ottengono la laurea è del 30% contro l'80% della Corea del Sud e della Svezia ed il 50% degli Stati Uniti. Il sistema dovrebbe essere rinnovato attraverso la concessione di una maggiore autonomia dei singoli atenei che incentivi la concorrenza e la sinergia con il settore delle imprese. L'uguaglianza ed il merito personale devono ritornare al centro del sistema che comunque deve restare pubblico.
Aneddoti
Jacques Chirac non ha mai fatto mistero di provare della simpatia umana per "DSK". Durante la coabitazione con il governo Jospin, nel corso di un viaggio di stato, l'allora Presidente della Repubblica si è accorto che il ministro dell'economia, rimasto in maniche di camicia, incominciava ad avere freddo. Così Chirac si è tolto immediatamente la giacca e gliel'ha messa sulle spalle.
Al primo turno delle elezioni presidenziali del 2002, esattamente cinque minuti dopo che erano stati resi noti i risultati che vedevano Lionel Jospin escluso dal ballottaggio, "DSK", fissando l'obiettivo della telecamera, non esitò ad affermare che al ballottaggio avrebbe votato per Jacques Chirac. François Fillon, che partecipava alla trasmissione, ha replicato rendendo omaggio a Strauss-Kahn.
Sempre nel corso di un dibattito televisivo, all'indomani delle elezioni legislative del 2002, Strauss-Kahn ha esordito felicitandosi con l'esponente del Raggruppamento per la Repubblica (RPR) Alain Juppé per i brillanti risultati elettorali conseguiti dal suo partito. In collegamento diretto da Bordeaux Juppé, di solito molto caustico con gli avversari politici, ha ringraziato "DSK" con le parole: «Lei è un bon joueur, ed è un'ottima cosa».
Opere
- Inflation et partage des surplus; le cas des ménages (Inflazione e condivisione degli avanzi di bilancio. Il caso dei nuclei familiari). Cujas, 1975 (in collaborazione con André Babeau e André Masson).
- Economie de la famille et accumulation patrimoniale (Economia della famiglia e accumulazione patrimoniale). Cujas. 1977.
- La Richesse des Français- Epargne, Plus-value/Héritage (La ricchezza dei Francesi - Risparmio, Plusvalore/Eredità) (in collaborazione con André Babeau). Parigi: PUF, 1977. Collezione «L'économiste» a cura di Pierre Tabatoni.
- Pierre Bérégovoy: une volonté de réforme au service de l'économie 1984-1993 (Pierre Bérégovoy: una volontà di riforma al servizio dell'economia 1984-1993). Cheff, 2000 (in collaborazione con Christian Sautter).
- La flamme et la cendre (La fiamma e la cenere), Grasset, 2002.
- Oui, lettre ouverte aux enfants d'Europe (Sì, lettera aperta ai figli d'Europa). Grasset et Fasquelle, 2004.
- DVD pour le Oui à la constitution (DVD per il Sì alla costituzione), 2005.
- 365 jours, journal contre le renoncement (365 giorni, diario contro la rinuncia), Grasset 2006.
Mandati
- 02/04/1986 - 14/05/1988 : deputato
- 13/06/1988 - 16/06/1991 : deputato
- 20/03/1989 - 18/03/1990 : consigliere comunale a Sarcelles (Val-d'Oise)
- 19/03/1990 - 17/06/1995 : consigliere comunale a Sarcelles (Val-d'Oise)
- 17/05/1991 - 02/04/1992 : ministro dell'Industria e del Commercio estero
- 03/04/1992 - 29/03/1993 : ministro dell'Industria e del Commercio estero
- 18/06/1995 - 18/03/2001 : consigliere comunale a Sarcelles (Val-d'Oise)
- 18/06/1995 - 03/06/1997 : sindaco di Sarcelles
- 01/06/1997 - 04/07/1997 : deputato
- 04/06/1997 - 18/03/2001 : assessore a Sarcelles
- 04/06/1997 - 02/11/1999 : ministro dell'Economia, delle Finanze e dell'Industria
- 15/03/1998 - 02/04/2001 : consigliere regionale in Ile-de-France.
- 02/04/2001 - 19/10/2007 : deputato
Note
- ^ Molinari Maurizio. New York, Strauss-Kahn arrestato per violenze su una cameriera. 15-05-2011
- ^ a b Comunicato stampa n.11/187 del 18 maggio 2011 sul Sito ufficiale del FMI
- ^ (FR) Qui est vraiment Dominique Strauss-Kahn, Le Point - 05/05/2011. Biografia
- ^ « Nommé à la tête du FMI, "DSK" se dit prêt à réformer l'institution », Le Monde, 28 settembre 2007.
- ^ (FR) « Dominique Strauss-Kahn visé par une enquête pour abus de pouvoir », Reuters, 18 ottobre 2008.
- ^
(FR) « Strauss-Kahn a abusé de sa position pour entrer en relation avec moi Je n’étais pas préparée aux avances du directeur général du FMI. […] J’avais le sentiment que j’étais perdante si j’acceptais, et perdante si je refusais […]. Je crains que cet homme n’ait un problème qui, peut-être, le rend peu apte à diriger une organisation où travailleraient des femmes. »(IT) « Strauss-Kahn ha abusato della sua posizione per entrare in relazione con me […] Io non ero preparata alle avances del direttore generale del FMI. […] Ebbi la sensazione che sarei stata perdente se avessi accettato e perdente se avessi rifiutato […]. Io temo che quest'uomo abbia un problema, forse, che lo renda poco idoneo a dirigere un'organizzazione ove lavorano delle donne »(Libération, 19 febbraio 2009. (FR) Liberation: «Une étrange lettre dans l'enquête new-yorkaise sur Strauss-Kahn») - ^ (FR) « Dominique Strauss-Kahn présente ses excuses », Le Figaro, 20 octobre 2008.
- ^ (EN) « Statement by IMF Executive Board on Review of Managing Director's Conduct », communicato del FMI, 25 ottobre 2008.
- ^ (FR) « Le harcèlement devient un motif de licenciement au FMI », L'Express, 20 mai 2011.
- ^ Affari italiani
- ^ Marcello Foa su Il Giornale.it del 21 maggio 2011
- ^ Il Giornale.it del 21 maggio 2011
- ^ a b http://www.asca.it/news-STRAUSS-KAHN__PROCURATORE__VITTIMA_HA_RESO_FALSE_DICHIARAZIONI-1031311-ORA-.html
- ^ TG-Com
- ^ (FR) « Qui est vraiment Dominique Strauss-Kahn », Le Point, 5 mai 2011.
- ^ (FR) « Arrestation de New York - DSK en quelques dates », Le Point.fr, 15 maggio 2011.
- ^ (FR) « La deuxième épouse de DSK : “C’est impensable et impossible” », leParisien.fr, 17 maggio 2011.
- ^ (FR) Profil Viadeo de Brigitte Guillemette
- ^ Hortense Paillard, « Biographie: qui est Dominique Strauss-Kahn ? », La République des Lettres, 22 maggio 2011.
- ^ Bio de star, Gala.fr
- ^ (FR) Vincent Giret, Véronique Le Billon, Les Vies cachées de DSK, Éditions du Seuil, 2000.
- ^ (FR) « Affaire DSK : Anne Sinclair, combattive et effondrée », Le Monde, 18 maggio 2011.
Fonte: http://it.wikipedia.org/
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