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domenica 13 gennaio 2008

Junio Valerio Borghese: il personaggio!

« In ogni guerra, la questione di fondo non è tanto di vincere o di perdere, di vivere o di morire; ma di come si vince, di come si perde, di come si vive, di come si muore. Una guerra si può perdere, ma con dignità e lealtà. La resa ed il tradimento bollano per secoli un popolo davanti al mondo. »
(Junio Valerio Borghese)




Junio Valerio Scipione Borghese (Roma, 6 giugno 1906Cadice, 26 agosto 1974) membro della famiglia Borghese, fu militare e politico italiano.
Ufficiale di Marina, durante la seconda guerra mondiale entrò a far parte della Decima Flottiglia MAS e si rese celebre per alcune audaci imprese nel Mediterraneo. Come comandante della omonima unità indipendente aderì alla Repubblica Sociale Italiana combattendo contro l'esercito anglo-americano e le formazioni partigiane. Al termine dell'attività bellica si arrese al Comitato di Liberazione Nazionale senza fuggire; fu arrestato per collaborazionismo.
Rimase in carcere fino al 1949, nell'isola di Procida. Nel dopoguerra alcuni sostengono che il Borghese costituì gruppi clandestini armati, in stretto collegamento con Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, due organizzazioni di estrema destra. Nel 1970 fu tra i promotori di un tentativo di colpo di stato, il cosiddetto "Golpe Borghese", improvvisamente interrotto in circostanze tuttora non chiare.
Il Principe Junio Valerio Borghese nacque a Roma in una delle famiglie più blasonate della nobiltà capitolina. Di antiche origini senesi (ultimo ramo Borghese-Torlonia), con tre cardinali, un papa e la sorella di Napoleone Bonaparte (Paolina) fra i suoi rami araldici. Il padre di Junio Valerio era il principe Livio Borghese di Sulmona, principe di Rossano, principe di Vivaro, principe di Montecompatri, duca di Palombara, duca di Poggio Nativo e Castelchiodato; la madre era la principessa Valeria Maria Alessandra Keun.
Come conseguenza del fatto che il padre era un diplomatico, Junio trascorse i primi anni di vita in viaggio fra l'Italia e le principali capitali estere, soggiornando in Cina, Egitto, Spagna, Francia e Gran Bretagna.
Sposò a Firenze, il 30 settembre 1931, la russa Daria Wassilievna contessa Olsoufiev Schouvalov da cui ebbe quattro figli: Elena Maria Nives (nata a Roma nel 1932), Paolo Valerio Livio Wassili (nato a Roma nel 1933), Livio Giuseppe (nato a Roma nel 1940), Andrea Scirè (nato a Roma nel 1942).
Attratto dalla vita militare, nel 1922 venne ammesso ai corsi della Regia Accademia Navale, dalla quale uscì nel 1928 con il grado di guardiamarina; dovette comunque attendere quasi un anno per avere il suo primo imbarco, sull'incrociatore Trento. Nel 1930 venne promosso sottotenente di vascello e imbarcato su una delle torpediniere operanti in Adriatico; l'anno successivo frequentò il corso superiore dell'Accademia Navale, e nel 1932 venne trasferito ai sommergibili.
Dopo aver frequentato il corso di armi subacquee, nel 1933, promosso tenente di vascello, venne imbarcato dapprima sulla Colombo, quindi sulla Titano. Nonostante avesse nel frattempo conseguito i brevetti di palombaro normale e di grande profondità, fu solo nel 1935 che ricevette il primo incarico di sommergibilista, partecipando alla guerra d'Etiopia, dapprima imbarcato a bordo del sommergibile Tricheco, successivamente del Finzi.
Nel 1937 assunse, infine, il primo comando: con il sommergibile Iride prese parte alla guerra civile spagnola, venendo decorato l'8 aprile 1939 della medaglia di bronzo al Valor Militare per «... l'elevato spirito offensivo e le solide qualità professionali...» dimostrate nel corso delle operazioni. Trasferito successivamente presso la base di Lero, nel Dodecaneso, vi rimase fino all'entrata in guerra dell'Italia, il 10 giugno 1940.
Nelle prime fasi del conflitto, come comandante del sommergibile Vittor Pisani, prese parte alla battaglia di Punta Stilo e a una serie di falliti tentativi di forzare il porto di Gibilterra, tra il settembre e l'ottobre del 1940. Promosso capitano di corvetta, nel 1941 venne designato alla X Flottiglia MAS, dove assunse gli incarichi di comandante del sommergibile Scirè e di capo del reparto subacqueo: anche con il suo contributo vennero pianificati e realizzati i progetti per il forzamento delle rade di Gibilterra (20-21 settembre 1941) e Alessandria (18-19 dicembre 1941, operazione che condusse Il grave danneggiamento delle navi da battaglia inglesi Queen Elizabeth e Valiant), venendo per questo decorato con la medaglia d'oro al Valor Militare e all'Ordine militare di Savoia.
Il 1 maggio 1943, fu promosso capitano di fregata.
Immediatamente dopo l'armistizio dell'8 settembre costituì un reparto di volontari denominato Decima Mas (prendendo il nome della X Flottiglia Mas), riuscendo a concludere, il 14 settembre, un accordo con il Korvettenkapitän Max Berninghaus, comandante navale delle forze del Terzo Reich in Liguria, con il quale la neonata flottiglia venne riconosciuta quale unità combattente con piena autonomia in campo logistico, organico, della giustizia, disciplinare e amministrativo e battente bandiera italiana. Alla nascita, pochi giorni dopo, della Repubblica Sociale Italiana, la Decima Mas fu inserita nell'organico della Marina Nazionale Repubblicana, sebbene essa agisse di fatto in maniera del tutto autonoma. Nonostante i contrasti con i vertici politici e militare della Repubblica Sociale (contrasti che condussero al suo arresto con l'accusa di essere a capo di una congiura tesa a rovesciare il governo), le sue forze furono impegnate su tutti i fronti più importanti, a partire da quello di Anzio e Nettuno. Da notare che la X MAS e il Borghese stesso non furono mai "fascisti"[citazione necessaria] in quanto la prima era completamente indipendente e il secondo non ebbe mai la tessera del Partito Nazionale Fascista[citazione necessaria].
L'attività della X MAS non si limitò alle incursioni navali contro le forze nemiche, ma si estese alla costituzione di reparti di terra che assunsero al termine del conflitto le dimensioni di una vera e propria divisione di fanteria leggera. Tuttavia a causa dell'opposizione tedesca (che mal vedeva la ricostituzione di grandi unità italiane) la Divisione Decima (composta da due gruppi di combattimento) non poté mai entrare in azione come unità organica, ma fu frazionata in battaglioni usati dai comandi tedeschi sul fronte della Linea Gotica e poi del Senio. Una parte della Divisione (il Secondo Gruppo) era pronto per muovere sul confine orientale, per difendere Trieste e Fiume dall'avanzata degli jugoslavi, ma fu bloccato prima dai tedeschi e poi dal precipitare degli eventi nell'aprile 1945. I nazisti impiegarono la Decima anche in attività antipartigiane e rastrellamenti di civili nelle zone dove agivano i partigiani; in queste azioni si registrarono casi di tortura su prigionieri (sia partigiani che civili) e numerose esecuzioni sommarie. Gli ultimi reparti della divisione, decimati dagli attacchi inglesi, si arresero a nord di Schio (Veneto) il 2 maggio 1945.
Il regolamento della Decima è un interessante unicum nella storia militare italiana: prevedeva la totale uguaglianza fra ufficiali e truppa (panno della giubba uguale per tutti, pasti in comune), promozioni guadagnate solo sul campo, pena di morte per i marò colpevoli di furto, saccheggio, diserzione o vigliaccheria in faccia al nemico. Inizialmente i militari della Decima erano tutti volontari (frutto anche di un'efficiente opera di propaganda), provenienti dalle più diverse armi delle Forze Armate Repubblicane, compresi «disertori» di altre armi che si arruolavano illegalmente per poter raggiungere un fronte di guerra e combattere. Successivamente, però, si registrò un calo del numero di volontari e frequenti casi di diserzione, tanto che Borghese dovette appunto adottare misure estreme come la pena capitale per chi disertasse o anche fosse considerato "codardo"; per aumentare il numero degli uomini furono eseguiti arruolamenti forzati a seguito di azioni di rastrellamento degli abili.
Negli ultimi mesi del conflitto, Borghese avviò contatti con la Regia Marina al sud (ammiraglio De Courten) per favorire uno sbarco italo-alleato in Istria e salvare le terre orientali dall'invasione slava. Lo sbarco si sarebbe avvalso dell'appoggio delle formazioni fasciste e della Decima, con o senza il consenso tedesco. L'opposizione inglese fece fallire questo piano, in favore dell'invasione titina, che ebbe invece l'attivo sostegno della Royal Navy britannica.
Al termine del conflitto, dopo lo scioglimento formale della X MAS il 26 aprile 1945 a Milano, Borghese fuggì a Roma, aiutato dai servizi segreti americani, separando le proprie sorti da quelle degli altri esponenti della RSI e da quelle di molti suoi commilitoni, e trascorse un breve periodo alla macchia, venendo in seguito arrestato dalle autorità americane e trasferito al carcere di Cinecittà. Rilasciato in ottobre, venne nuovamente arrestato dalle autorità italiane e trasferito da un luogo di detenzione all'altro, in attesa dell'inizio del processo. Il 17 febbraio 1949, ritenuto colpevole di collaborazionismo con i nazisti, venne condannato a dodici anni di detenzione, ma fu subito scarcerato grazie alla protezione accordatagli dai Servizi segreti americani, con i quali era già in contatto da diversi mesi prima della fine della guerra.
Nel dopoguerra Borghese aderì al Movimento Sociale Italiano, di cui fu nominato presidente onorario nel 1951; inizialmente appoggiò Almirante, poi abbandonò il partito, che giudicava troppo debole, si avvicinò alla destra extraparlamentare e nel settembre 1968 fondò il Fronte Nazionale (Italia), allo scopo - secondo i servizi segreti - “di sovvertire le istituzioni dello Stato con disegni eversivi”.
Intanto nel 1963, forte dell'appoggio di settori economici di destra, era diventato presidente del Banco di Credito Commerciale e Industriale, poi acquisita dal "banchiere di Dio" Michele Sindona.
Nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970 promosse un colpo di stato, avviato e poi interrotto, con la collaborazione di altri dirigenti del Fronte Nazionale, paramilitari appartenenti a formazioni dell'estrema destra e di numerosi alti ufficiali delle forze armate e funzionari ministeriali.
Le circostanze del fallimento sono tuttora oscure e controverse. Fu Borghese in persona a impartire il contrordine, ma si rifiutò di spiegarne le ragioni persino ai suoi più fidati collaboratori.
In seguito al fallimento del golpe, Borghese si rifugiò in Spagna dove, non fidandosi della giustizia italiana, che nel 1973 revocò l'ordine di cattura, rimase fino alla morte, avvenuta in circostanze sospette a Cadice, il 26 agosto 1974. Lo stesso anno Borghese era stato in Cile con il terrorista Stefano Delle Chiaie, per incontrare il generale Augusto Pinochet e il capo della polizia segreta cilena, Jorge Carrasco. È sepolto nella cappella di famiglia, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, a Roma.

Onorificenze: Capitano di Corvetta M.M. Al comando del sommergibile Sciré - «Comandante di sommergibile, aveva già dimostrato in precedenti circostanze di possedere delle doti di ardimento e di slancio. Incaricato di riportare nelle immediate vicinanze di una munitissima base navale nemica alcuni volontari, destinati a tentarne il forzamento con mezzi micidiali, incontrava, nel corso dei reiterati tentativi di raggiungere lo scopo prefisso, le più aspre difficoltà create dalla violenta reazione nemica e dalle condizioni del mare e delle correnti. Dopo aver superato con il più assoluto sprezzo del pericolo e con vero sangue freddo gli ostacoli opposti dall'uomo e dalla natura, riusciva ad assolvere in maniera completa il compito affidatogli, emergendo a brevissima distanza dall'ingresso della base nemica ed effettuando con calma e con serenità le operazioni di fuoruscita del personale. Durante la navigazione di ritorno sventava la rinnovata caccia del nemico e, nonostante le dìfficilissime condizioni di assetto in cui era venuto a trovarsi il sommergibile, padroneggiava la situazione, per porre in salvo l'unità e il suo equipaggio. Mirabile esempio di cosciente coraggio, spinto agli estremi limiti di perfetto dominio d'ogni avverso evento.» Mediterraneo Occidentale, 21 ottobre-3 novembre 1940.




7 DICEMBRE 1970: "GOLPE BORGHESE" IN ITALIA! Chi e perchè fermò il tentativo quasi riuscito di sovvertire la Repubblica Italiana?

Con golpe Borghese (o golpe dei forestali) si indica un tentativo di colpo di Stato avvenuto in Italia nella notte del 7 dicembre 1970 (chiamata anche notte di Tora Tora, in ricordo dell'attacco giapponese a Pearl Harbor, il 7 dicembre 1941) ed organizzato da Junio Valerio Borghese, sotto la sigla Fronte Nazionale, in stretto rapporto con Avanguardia Nazionale. Borghese, conosciuto anche come il "principe nero", era un ex comandante della X MAS che dopo l'8 settembre 1943 aderì alla repubblica di Salò.Il golpe era stato progettato da diversi anni nei minimi particolari: dal 1969 erano stati formati gruppi clandestini armati con stretti rapporti con le Forze Armate. In accordo con diversi vertici militari e membri dei Ministeri, il golpe prevedeva l'occupazione del Ministero dell'Interno, del Ministero della Difesa, delle sedi RAI e dei mezzi di telecomunicazione (radio e telefoni) e la deportazione degli oppositori presenti nel Parlamento. Nei piani c'erano anche il rapimento del capo dello stato Giuseppe Saragat e l'assassinio del capo della polizia, Angelo Vicari. A tutto questo sarebbe stato accompagnato un proclama ufficiale alla nazione, che Borghese stesso avrebbe letto dagli studi RAI occupati. Ecco il proclama dittatoriale in forma breve:

« Italiani, l'auspicata svolta politica, il lungamente atteso colpo di stato ha avuto luogo [...]. Le forze armate, le forze dell'ordine, gli uomini più competenti e rappresentativi della nazione sono con noi; mentre, d'altro canto, possiamo assicurarvi che gli avversari più pericolosi, quelli, per intenderci, che volevano asservire la patria allo straniero, sono stati resi inoffensivi [...]. Nel riconsegnare nelle vostre mani il glorioso tricolore vi invitiamo a gridare il nostro prorompente inno d'amore: Italia, Italia, Viva Italia! »

Il piano cominciò ad essere attuato tra il 7 e l'8 dicembre 1970, con il concentramento nella capitale di diverse centinaia di congiurati, con azioni simili in diverse città italiane, tra cui Milano. All'interno del Ministero degli Interni iniziò anche la distribuzione di armi e munizioni ai cospiratori; il generale dell'Aeronautica militare italiana Giuseppe Casero e il colonnello Giuseppe Lo Vecchio presero posizione al Ministero della Difesa, mentre un gruppo armato della Guardia Forestale, di 187 uomini, guidato dal maggiore Luciano Berti si appostò non lontano dalle sedi televisive della RAI. A Milano, invece, si organizzò l'occupazione di Sesto San Giovanni tramite un reparto al comando del colonnello dell'esercito Amos Spiazzi.
Il golpe era in fase di avanzata esecuzione quando, improvvisamente, Valerio Borghese ne ordinò l'immediato annullamento. Le motivazioni di Borghese per questo improvviso ordine a poche ore dall'attuazione effettiva del piano non sono ancora certe e esenti da una possibile smentita. Secondo la testimonianza di Amos Spiazzi[1] il golpe sarebbe stato in realtà fittizio: immediatamente represso dalle forze governative, sarebbe stato ideato come scusa per consentire al governo democristiano di emanare leggi speciali, secondo un piano che sarebbe stato chiamato "Esigenza triangolo". Borghese, tuttavia, si sarebbe reso conto, o sarebbe stato avvertito della trappola e si sarebbe dunque fermato in tempo.

Gli italiani scoprirono il tentato golpe tre mesi dopo. Paese Sera titolò: "Piano eversivo contro la repubblica, scoperto piano di estrema destra". Il 18 marzo 1971 il sostituto procuratore di Roma Claudio Vitalone firmò i mandati di arresto con l'accusa di usurpazione dei poteri dello stato e cospirazione per il costruttore edile Remo Orlandini, Mario Rosa, Giovanni De Rosa, Sandro Saccucci, Giuseppe Lo Vecchio e Junio Valerio Borghese.
In seguito al fallimento del golpe, Borghese si rifugiò in Spagna dove rimase fino alla morte, avvenuta a Cadice il 26 agosto 1974, non rientrando in Italia neanche dopo che, nel 1973, fu revocato l'ordine di cattura spiccato nei suoi confronti dalla magistratura italiana.

Il 15 settembre 1974 Giulio Andreotti, all'epoca Ministro della Difesa, consegnò alla magistratura romana un dossier del SID diviso in tre parti che descriveva il piano e gli obiettivi del golpe, portando alla luce nuove informazioni. Il dossier fu redatto dal numero due del SID, il generale Gianadelio Maletti, che avviò un'inchiesta sulle cospirazioni mantenendolo nascosto anche a Vito Miceli, direttore del servizio. Aiutato dal capitano Antonio La Bruna, furono registrate le dichiarazioni di Remo Orlandini, quest'ultimo coordinatore per Borghese verso collegamenti all'estero e in Italia. Durante un colloquio, Orlandini fa il nome di Vito Miceli, come una figura coinvolta direttamente come Borghese. A questo punto Maletti è costretto a scavalcare Miceli e a parlare direttamente con Andreotti.
Miceli si giustifica affermando che doveva acquisire delle informazioni. Venne subito destituito insieme ad altri 20 generali e ammiragli, senza particolari spiegazioni.
La Magistratura fa partire altri 32 arresti, tra cui anche quello di Adriano Monti. Nel 1974 Monti nega tutto e viene scarcerato per motivi di salute. Immediatamente fugge all'estero e rimane latitante per 10 anni.
Nel 1991 si scopre che le registrazioni consegnate nel 1974 da Andreotti alla magistratura non erano la versione integrale. In origine Remo Orlandini faceva il nome di numerosi personaggi di spicco in ambito politico e militare, ma Andreotti ha recentemente dichiarato che ritenne di dover tagliare quelle parti per non renderle pubbliche, in quanto tali informazioni erano "inessenziali" per il processo in corso e, anzi, avrebbero potuto risultare "inutilmente nocive" per i personaggi ivi citati.
Le parti cancellate includevano il nome di Giovanni Torrisi, successivamente Capo di Stato Maggiore della Difesa tra il 1980 e il 1981; inoltre venivano fatti riferimenti a Licio Gelli e alla loggia massonica P2, che si doveva occupare del rapimento del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat; infine si facevano rivelazioni circa un "patto" stretto da Borghese con alcuni esponenti della mafia siciliana, secondo cui alcuni sicari della mafia, in effetti presenti a Roma la notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970, avrebbero ucciso il capo della polizia, Angelo Vicari. L'esistenza di tale patto sarebbe poi stata confermata da vari pentiti di mafia, tra cui Tommaso Buscetta;
Grazie alle rivelazioni di Tommaso Buscetta e di Antonino Calderone, emergeranno anche i legami tra il progetto golpista e l'organizzazione mafiosa. I due collaboratori hanno rievocato la vicenda nel corso del cd. "processo Andreotti". La loro audizione è stata riassunta in questi termini nella requisitoria dei Pubblici Ministeri Scarpinato e Lo Forte:

« Il primo a riferire la vicenda di queste trattative (già in data 3 dicembre 1984) è stato Tommaso Buscetta, il quale - anche in questo dibattimento, all'udienza del 9 gennaio 1996 - ha precisato che:
nel 1970 - nello stesso periodo di tempo in cui si svolgevano i campionati mondiali di calcio in Messico - egli si era recato a Catania insieme a
Salvatore Greco "cicchiteddu" (giunto appositamente dal Sud-America, ove soggiornava) per incontrare Giuseppe Calderone. Nell'occasione, entrambi avevano preso alloggio in casa di "Pippo" Calderone, il quale frattanto - in una villetta di San Giovanni La Punta - ospitava il latitante Luciano Leggio. Oggetto di questo incontro era la discussione della proposta di partecipazione ad un "golpe", avanzata dal principe Borghese; il progetto di "golpe" prevedeva un ruolo attivo degli affiliati all'organizzazione Cosa Nostra, a cui Tommaso Buscetta sarebbe stata affidata la "gestione" del territorio ricompreso nel mandamento di ciascuna famiglia mafiosa, per "calmare e far vedere al popolo siciliano che noi eravamo d'accordo, ognuno per la sua sfera di influenza che avevamo nelle nostre terre"; in contropartita del ruolo attivo di Cosa Nostra, il principe Borghese aveva offerto la revisione di molti processi in corso a carico di esponenti dell'organizzazione criminale, facendo un particolare riferimento al "processo Rimi" (si rammenti che, in quel momento, i due Rimi erano già stati condannati all'ergastolo anche in Appello). al progetto di "golpe" era interessata la Massoneria, e l'allora Capitano dei Carabinieri Giuseppe Russo - anch'egli massone - era informato del tentativo insurrezionale ed avrebbe avuto, anzi, il compito di arrestare il Prefetto di Palermo; il principe Borghese - in caso di accettazione della proposta di partecipazione al "golpe" da parte del vertice di Cosa Nostra - avrebbe richiesto un elenco di tutti gli uomini d'onore partecipanti alle operazioni golpiste o - in subordine - avrebbe voluto che durante l'insurrezione armata gli uomini d'onore si rendessero riconoscibili agli altri golpisti mediante una fascia di colore verde da portare al braccio; proprio queste ultime richieste del principe Borghese avevano indotto i partecipanti alla riunione di Catania (Buscetta, Leggio, Giuseppe Calderone, Salvatore Greco) a diffidare della proposta e ad esprimere disinteresse; tuttavia, poiché una delle contropartite all'intervento di Cosa Nostra offerte dal principe Borghese riguardava proprio la revisione del "processo Rimi", i convenuti avevano deciso di coinvolgere nella decisione definitiva Gaetano Badalamenti, ben consapevoli di quanto egli avesse a cuore la sorte del cognato Filippo e del di lui padre, già condannati all'ergastolo. Per questo motivo avevano stabilito di incontrare il Badalamenti a Milano, nei cui pressi egli si trovava in soggiorno obbligato; in occasione dell'incontro di Milano - al quale, insieme a Buscetta, avevano partecipato Salvatore Greco "Cicchiteddu", Salvatore Riina, Gerlando Alberti e Giuseppe Calderone - pure Riina aveva apertamente espresso il proprio dissenso. Al termine dell'incontro - nel quale si era convenuto di rifiutare l'offerta - alcuni dei partecipanti, tra cui lo stesso Buscetta, si erano allontanati con una vettura ed erano stati fermati ed identificati dalla Polizia, sfuggendo all'arresto perché muniti di documenti falsi (25 giugno 1970); tuttavia, la famiglia Rimi aveva autonomamente continuato ad interessarsi del progetto di "golpe", tanto che Natale Rimi - figlio di Vincenzo Rimi, a cui premeva la revisione del processo a carico del padre - era tra coloro che nella notte tra il 7 e l'8 dicembre del 1970 si erano recati a prendere le armi in una caserma militare di Roma; questo dettaglio era stato riferito al Buscettada da Gaetano Badalamenti; egli aveva saputo, comunque, del fallimento del tentativo insurrezionale, bloccato in extremis perché in quel giorno o in quel periodo c'era una flotta russa nel Mediterraneo ed agli americani questo non piaceva. Quindi era stata rimandata a nuova data, senza che poi più si fece, perché la flotta russa era presente nel Mediterraneo:
Le circostanze esposte da Tommaso Buscetta circa la connessione tra il "processo Rimi" e le trattative riguardanti l'eventuale partecipazione di Cosa Nostra al "golpe Borghese", sono state pienamente e analiticamente confermate dal collaboratore di giustizia Antonino Calderone, il quale - all'udienza del 17 settembre 1996 - ha riferito che: vi erano state varie riunioni tra gli esponenti di vertice di Cosa Nostra per valutare la proposta del principe Valerio Borghese di una partecipazione dell'organizzazione mafiosa al golpe (ci sono state tante riunioni… c'è stato anche il discorso del golpe Borghese, ne hanno parlato... Valerio Borghese voleva parlare con delle persone, esponenti della mafia della Sicilia… ne hanno parlato, ne hanno discusso e poi si è arrivato alla determinazione che qualcuno ci andava a parlare); suo fratello Giuseppe Calderone, all'uopo prescelto dall'organizzazione, si era quindi incontrato a Roma con il principe Borghese; questi voleva conoscere i nomi degli affiliati all'organizzazione, ed offriva in cambio la revisione dei processi di Rimi e di Luciano Leggio (Volevano i nomi... si è chiesto in contropartita che si dovevano fare la revisione dei processi di Rimi e di Luciano Liggio... E questo è stato accordato, dice: noialtri... facciamo la revisione dei processi; però, dopo che ci insediamo, non è che dovete continuare a fare dei reati, perché poi vi arrestiamo noialtri...); Quello che spingeva fortissimo era Gaetano Badalamenti (Gaetano Badalamenti avrebbe fatto il patto con il diavolo per potere risolvere questo processo di suo cognato e del padre di suo cognato... avrebbe fatto la "qualunque", ha schiacciato tutti i bottoni, voleva risolvere questo processo in qualsiasi modo e in qualsiasi maniera); ma anche tutta Cosa Nostra si muoveva intorno al processo Rimi;Le trattative non avevano avuto esito positivo; e tuttavia Natale Rimi aveva continuato a muoversi, aveva toccato tutte le pedine, si era fatto trasferire a Roma, ed aveva avuto un ruolo personale nel fallito golpe.
»

Il 30 maggio 1977 cominciò il processo per il golpe a 68 imputati.
Remo Orlandini dichiarò che la notte dell'8 dicembre, dopo l'avvio dell'operazione, ricevette una telefonata da Borghese il quale gli ordinava di rientrare, ma il motivo del contrordine rimase sconosciuto.
Il ruolo di Adriano Monti fu invece quello di fare da "mediatore" per accertare il gradimento o meno del golpe in ambienti esteri. Grazie al Freedom of Information Act nel 2004 si è scoperto infatti che il piano di Borghese era noto al governo degli Stati Uniti. Monti era in collegamento con l'ambasciata americana attraverso Ugo Fenwich, il quale, subito dopo l'arresto di Monti, fuggì negli USA con un aereo appositamente preparato. Monti inoltre si recò a Madrid per incontrare il tedesco Otto Skorzeny (amico di Borghese), che aveva preso parte alla liberazione di Mussolini il 12 settembre 1943. L'incontro fu necessario per confermare l'"avallo" statunitense al golpe, che fu dato, a condizione però che fosse assicurato il coinvolgimento di un personaggio politico italiano "di garanzia". Il nome indicato fu quello di Giulio Andreotti, che sarebbe dovuto diventare una sorta di presidente "in pectore" del governo post-golpe. Monti tuttavia non seppe se Andreotti fosse al corrente dell'indicazione statunitense.
Venne accertato che la colonna delle guardie forestali, comandata dal capitano Berti, da Rieti si diresse verso Roma, arrestandosi sulla via Olimpica. Questa marcia fu in seguito giustificata come "una coincidenza".
Il processo per il fallito Golpe si concluse in secondo grado in Corte d'Assise d'appello il 29 novembre 1984 con una complessiva assoluzione. I giudici disponevano l'assoluzione di tutti i 46 imputati ("perché il fatto non sussiste") dall'accusa di cospirazione politica, aggiungendo che tutto ciò che era successo non era che il parto di un "conciliabolo di 4 o 5 sessantenni". La sentenza, riformando completamente la decisione di primo grado, si limitava, per il resto, a ridurre le condanne che erano state inflitte nel luglio del 1978 ad alcuni imputati minori per il reato di detenzione e porto di armi da fuoco.

Approfondimenti: Il giornalista Mauro De Mauro avrebbe scoperto il piano dei Golpisti, si presume che l'estrema Destra avrebbe chiesto la sua uccisione direttamente ai clan Mafiosi per evitare il divulgamento della notizia, notizia che avrebbe mandato a monte il progetto eversivo! ( Per leggere gli approfondimenti sui legami Golpisti-Mafiosi clicca su "GOLPE BORGHESE" )

Fonti: "La Storia siamo Noi - Il golpe Borghese" di Marco Marra - Trasmissione televisiva: Rai - 5 dicembre 2005 da http://it.wikipedia.org/




sabato 12 gennaio 2008

Cassonetti su Al Jazeera. L'Italia in mondovisione è roba da terzo mondo!!!

L'emergenza rifiuti a Napoli finisce sulle televisioni di tutto il pianeta!

CAMPANIA - Eravamo campioni di tv spazzatura, adesso solo di spazzatura. Un bel biglietto da visita! Le immagini dell'Italia che i telegiornali di tutto il mondo stanno mandando in onda riguardano la rivolta contro la riapertura della discarica di Pianura. Si vedono roghi, montagne di immondizia per le strade di Napoli, cariche di polizia e sassaiole, ambulanze, un autobus in fuoco. Persino Al Jazeera, versione inglese, ci ha trattato come meritiamo.
Il bello (il brutto) è che le immagini di Napoli erano accostate, per uno strano destino, a disastri naturali, a inondazioni, ai grandi slum di Nairobi, le baraccopoli sorte sulle montagne di rifiuti. Dobbiamo rassegnarci: nella rappresentazione giornalistica internazionale rischiamo di apparire come un Paese del «terzo mondo», ammesso che questa definizione abbia ancora senso, un Paese che si fa sommergere e opprimere dai rifiuti, un Paese che un tempo dettava stili di vita e che ora naviga nell'immondizia.Al Jazeera è la tv satellitare pan-araba che trasmette 24 ore su 24, come la Cnn. La sua sede è a Doha, capitale del piccolo emirato del Qatar; qualche anno fa è diventata all'improvviso famosa per aver trasmesso l'appello di Osama Bin Laden alla «guerra santa» contro gli Usa. Adesso possiede una rete in inglese: significa che è importante non solo per i Paesi arabi. E noi su Al Jazeera, come su altre all news, ci siamo finiti per la nostra incapacità di risolvere un problema vitale come quello del pattume: «Naples residents riot over rubbish», è rivolta a Napoli per i rifiuti. Sul sito di Al Jazeera, in coda alla descrizione della guerriglia, sono riportate sia le preoccupazioni del presidente Giorgio Napolitano che quelle di Romano Prodi: «Everybody's watching us, and I don't want Italy to give off this negative image». È proprio così: tutti ci vedono, persino nei Paesi arabi, e l'immagine che l'Italia offre di sé è negativa. Ed è la cosa più triste, infelice, dannosa che potessimo fare: fornire lo qualche spettacolo avvilente di un Paese che non è più in grado di smaltire i suoi rifiuti. A corredo della notizia, Al Jazeera propone la connessione con due vecchie vicende riguardanti mafia e camorra. Bingo! In questi anni, qualche bello spirito ha pensato che tutti i problemi potessero essere risolti in termini d'immagine, di apparenza, di moda.
Sottovalutando un po' il reale. Che ogni tanto scuote il corpaccione e si prende le sue rivincite. Così, all'immagine che vorremmo dare di noi, si sostituisce l'immagine che gli altri hanno di noi.Tempo fa, descrivendo Rai International sottolineavo l'aria di provincia e di mestizia che spira da quel canale. Rai International è l'immagine della Rai all'estero ma soprattutto è l'immagine globale del nostro Paese perché è l'unico canale di cui disponiamo nel mondo. Non siamo nemmeno in grado di sottotitolare in inglese il Tg1. Temo però che la situazione sia ancora più grave: la modestia della nostra tv riproduce bene l'emergenza attuale del nostro Paese. L'emergenza spazzatura, appunto.

Fonte: Aldo Grasso da www.ilcorriere.it

Primarie Usa, si riparte dal Michigan...

New York - La riscossa di Hillary Clinton e di John McCain ha riaperto completamente i giochi per la corsa alla Casa Bianca al punto che non è scontato che la partita si possa chiudere nel "super-martedi" elettorale del 5 febbraio, quando si voterà in 22 Stati tra i quali California, New York e New Jersey. L’attenzione per adesso è puntata sulle primarie del Michigan di martedì prossimo; sui caucus del Nevada (il 19 gennaio) e soprattutto sulle primarie della Carolina del Sud, il 26 gennaio, che hanno un valore importante perchè sono le prime nella parte meridionale degli Stati Uniti.
In Michigan, la sfida repubblicana assumerà un significato particolare: McCain vi vinse nel 2000, Romney vi è cresciuto quando era figlio dell’allora governatore; il pastore battista Mike Huckabee, potrebbe farvi incursioni grazie al voto dei cristiani evangelici. Nel South Carolina (dove i repubblicani voteranno per le primarie il 19 gennaio; e i Democratici il 26) potrebbe essere un banco di prova per entrambi i fronti.
McCain punterà alla vittoria perchè fu proprio in quello Stato che le sue aspirazioni presidenziali naufragarono otto anni fa. Inoltre nel nel South Carolina vi è un forte blocco di religiosi conservatori che potrebbero appoggiare l’outsider Huckabee. I Democratici voteranno prima il 19 nel Nevada, primo dello Stato dell’Ovest a votare (dove potrebbe cercare un’affermazione Bill Richardson, che è stato governatore del del vicino New Mexico); e poi, il 26, nel South Carolina, dove Obama parte avvantaggiato dal fatto che oltre la metà dei votanti del suo partito sono afro-americani.
John Edwards, ex senatore del vicino North Carolina, arrivato secondo nell’Iowa e terzo nel New Hampshire, tenterà lì una rimonta. Dopodichè, alla vigilia del ’super-martedì rimarrà, oltre alle primarie repubblicane nel Maine, solo la Florida, su cui ha concentrato tutti i suoi sforzi Rudy Giuliani. All’indomani del 5 febbraio, i repubblicani avranno scelto 1.258 delegati e i democratici 2,238, ovvero più della metà di quelli che siederanno nelle convention di Denver (dal 25 al 28 agosto per il partito dell’Asinello) e di Minneapolis (dal 1 al 4 settembre per quello dell’Elefantino), per scegliere i candidati alla corsa per la Casa Bianca.
Intanto il governatore del New Mexico Bill Richardson si ritira dalla corsa per la nomination democratica alla presidenza dopo i cattivi risultati nelle prime contese. Lo hanno riportato ieri media nazionali.
Richardson, che puntava a diventare il primo presidente ispanico, ha avuto solo il 5% nelle primarie democratiche in New Hampshire, arrivando quarto dopo Hillary Clinton, Barack Obama e John Edwards.
Anche in Iowa aveva ottenuto un cattivo risultato.
L'annuncio del ritiro dovrebbe arrivare oggi, secondo i media che citano fonti informate.
La Cnn, citando uno stratega dello staff, ha detto che sono i numeri la ragione. "Non ci sono abbastanza voti, non ci sono abbastanza soldi".

domenica 6 gennaio 2008

Hillary Rodham Clinton: chi è il politico che punta a diventare la prima "donna" Presidente degli Stati Uniti d'America!

Hillary Diane Rodham Clinton (nata Hillary Diane Rodham; Chicago, 26 ottobre 1947) è una senatrice statunitense del Partito Democratico nello stato di New York, ed è stata first lady degli Stati Uniti dal 1993 al 2001. Attualmente è candidata alla presidenza degli Stati Uniti per le elezioni del 2008.
Si sposò con Bill Clinton nel 1975. Nel 2000 entrò in politica e nel 2003 scrisse un libro autobiografico: La mia vita, la mia storia (Living History).
Il 20 gennaio 2007 ha annunciato la propria candidatura alle elezioni presidenziali statunitensi del 2008: concorrerà dunque alle elezioni primarie del Partito Democratico, per le quali è già nota anche la candidatura del senatore dell'Illinois Barack Obama.
Hillary Diane Rodham è nata all'Edgewater Hospital di Chicago, Illinois, ed è cresciuta in una famiglia metodista a Park Ridge, Illinois. Suo padre, Hugh Ellsworth Rodham, figlio di immigrati inglesi, era dirigente di un'industria tessile a Scranton, Pennsylvania, mentre sua madre, Dorothy Emma Howell Rodham, era casalinga. Ha due fratelli minori, Hugh e Tony.
Da bambina, Hillary era coinvolta in diverse attività alla chiesa e alla scuola di Park Ridge. Partecipò attivamente a diverse discipline sportive sport ottenendo diversi riconoscimenti come Brownie Girl e Girl Scouts of Usa (organizzazioni scoutistiche femminili).[1] Prima di diplomarsi alla Maine South High School, frequentò la Maine East High School dove ricoprì il ruolo di presidente di classe, membro del consiglio degli studenti, membro del e membro della National Honor Society. Durante il suo ultimo anno di liceo, ricevette il primo premio in scienze sociali. Cresciuta in una famiglia conservatrice,[2] lavorò come volontaria per il candidato repubblicano Barry Goldwater nella campagna presidenziale del 1964.[3] I suoi genitori le suggerirono di scegliere la carriera che volesse.[4]
Così nel 1965 la Rodham entrò al Wellesley College divenne attiva in politica e ottenne la carica di presidente della sezione del Wellesley College dei College Republicans. In gioventù fu investita dalla notizia della morte del leader dell'associazione per i diritti civili Martin Luther King che aveva conosciuto di persona nel 1962.[1]
Hillary Clinton è Senatrice eletta a New York ed è in carica dal 3 Gennaio 2001, di area Liberal-Moderata, crede in Dio e segue la Religione Metodista.
The official web page: www.hillaryclinton.com/

Barack Obama: chi è l'uomo politico che punta a diventare il primo Presidente "nero" degli Stati Uniti d'America!

Barack Hussein Obama Jr. (Honolulu, 4 agosto 1961) è un senatore statunitense.
Membro del Partito Democratico, è il Senatore junior per l'Illinois ed è attualmente l'unico senatore afroamericano.[1]
Ha ricevuto una vasta notorietà nazionale a partire dalla Convention democratica del 2004, in cui Obama, che allora era membro del Senato Statale dell'Illinois, pronunciò il discorso introduttivo.
Il 10 febbraio 2007 Obama ha annunciato ufficialmente la sua candidatura per le elezioni presidenziali del 2008.[2] Recenti sondaggi lo collocano secondo - in salita - nelle scelte degli elettori democratici, subito dopo la senatrice Hillary Rodham Clinton[3]. Ha vinto le primarie nell'Iowa con quasi il 38% dei voti.
VOTE FOR BARACK OBAMA! OFFICIAL WEB PAGE: www.barackobama.com/
Primi anni:
Barack Obama nacque al Queen's Medical Center di Honolulu da Barack Hussein Obama Sr., un keniota agnostico, ex pastore di capre ed all'epoca studente straniero, e da Ann Dunham, proveniente da Wichita, in Kansas; al momento della sua nascita entrambi i genitori erano giovani studenti universitari.[4]
Riguardo gli anni passati alle Hawaii, Obama ha scritto in seguito:
« È ironico che la mia decisione di occuparmi di politica sia nata quando mi sono trasferito in una grande città continentale e non nel periodo in cui vivevo nelle Hawaii, che comunque costituiscono ancora il mio punto di riferimento. »
Nel 1963 i genitori si separarono e successivamente divorziarono; il padre andò all'Università di Harvard per conseguire un dottorato, e infine tornò in Kenya[5], dove morì nel 1982. Rivide il figlio solo in un'occasione. La madre invece si risposò con Lolo Soetoro, un altro suo ex collega universitario, da cui ebbe una figlia. Soetoro proveniva dall'Indonesia, si laureò in geografia nel 1962, morì poi il 2 marzo del 1993. Obama si trasferì quindi con la famiglia a Giakarta, dove nacque la sorellastra di Obama, Maya Soetoro-Ng. A Giakarta, Obama frequentò le scuole elementari da 6 a 10 anni[6].
A dieci anni, Obama ritornò ad Honolulu per ricevere un'istruzione migliore. Fu cresciuto prima dai nonni materni, (Madelyn Dunham), e poi dalla madre. Si iscrisse alla quinta elementare della scuola Punahou, dove si diplomò con ottimi voti nel 1979. [7][8] Suo padre morì in un incidente stradale in Kenya quando Obama aveva 21 anni.[9]. La madre di Obama morì invece di cancro pochi mesi dopo la pubblicazione della sua autobiografia, Dreams from My Father. [10]
Nel suo libro Dreams from My Father, Obama descrive la sua esperienza di crescere con la famiglia di sua madre; una famiglia di ceto medio, e, ovviamente, bianca. La conoscenza del suo nero padre assente derivò principalmente dalle storie della famiglia e dalle fotografie. Della sua infanzia, Obama scrive: "Che mio padre non sembrava per nulla come le persone a fianco a me — che era nero come la pece, mentre mia madre bianca come il latte &madsh; non ci feci neppure caso."[11] Da giovane, lottò per riconciliare le percezioni sociali sulla sua eredità multiculturale. Obama scrive sul suo utilizzo di marijuana e cocaina durante la sua adolescenza per "togliermi dalla testa la domanda su chi fossi."[12]
Dopo il liceo, Obama studiò per un paio d'anni all'Occidental College, prima di spostarsi al Columbia College della Columbia University. Là si laureò in scienze politiche, con una specializzazione in relazioni internazionali.[13][14] Dopo la laurea, lavorò per un anno alla Business International Corporation (ora parte dell'The Economist Group), una ditta che forniva notizie economiche di carattere internazionale alle aziende clienti.[15] Si trasferì poi a Chicago, per dirigere un progetto non profit che assisteva le chiese locali nell'organizzare programmi di apprendistato per i residenti dei quartieri poveri nel South Side.[14][16]
Nel 1988, Obama lasciò Chicago per tre anni per studiare giurisprudenza ad Harvard. Nel febbraio 1990 diventò il primo presidente afroamericano della celebre rivista Harvard Law Review.[17] Nel 1989, durante uno stage estivo presso uno studio legale specializzato in diritto societario conobbe Michelle Robinson, avvocato associato nello stesso studio. Si laureò magna cum laude nel 1991 e sposò Michelle nel 1992. In seguito anche lui diviene avvocato, anche se non esercita la professione.
Tornato a Chicago, Obama diresse un movimento per far registrare al voto quanti più elettori possibili (voter registration drive), poi come avvocato associato lavorò per difendere organizzazioni impegnate nella difesa dei diritti civili e del diritto di voto presso lo studio legale Miner, Barnhill & Galland, e insegnò diritto costituzionale presso la Scuola di legge dell'Univerisità di Chicago, dal 1993 fino alla sua elezione al Senato federale nel 2004.[16]
L'impegno politico:
L'impegno politico di Obama cominciò nel 1992, anno in cui, dopo un'aggressiva campagna elettorale, aiutò il presidente Bill Clinton nelle elezioni presidenziali, portandogli circa 100.000 voti. Personaggio abbastanza conosciuto a Chicago, dove lavorando in uno studio legale si era occupato di diritti civili, nel 1993 favorì l'elezione al Senato di Carol Moseley Braun, prima donna afro-americana a diventare senatrice.
Senatore dell'Illinois:
Nel 1996, Obama fu eletto al senato dell'Illinois dal 13° distretto nel quartiere Hyde Park, nel sud di Chicago. Nel gennaio 2003, quando i democratici riconquistarono la maggioranza del senato, fu nominato presidente del Comitato della Sanità e dei Servizi umani del Senato.[18] Tra le sue iniziative legislative, Obama aiutò a realizzare degli sgravi fiscali sul reddito per favorire le famiglie a basso reddito, lavorò su una legge che aiutava i residenti che non si potevano permettere un'assicurazione sanitaria, e aiutò a promuovere leggi per aumentare la prevenzione dell'AIDS e programmi di assistenza.[19]
Nel 2000 si candidò alle elezioni primarie del Partito Democratico che avrebbero dovuto scegliere il rappresentante congressuale per l'Illinois, ma fu sconfitto in maniera abbastanza netta da Bobby Rush. Rush, già membro delle Pantere Nere e un attivista nella comunità, affermò che Obama non "aveva vissuto nel primo distretto congressuale abbastanza per sapere realmente cosa stava succedendo."[20] Rush vince le primarie con il 61% dei voti, contro il 30% di Obama.[21] Dopo la sconfitta, Obama si concentrò sul Senato statale, creando una legge che obbliga la polizia a registrare gli interrogatori nei confronti di criminali punibili con la pena di morte[7] e favorendo una legge che richiede alle assicurazioni di coprire mammografie di routine.[22][23] Nel 2002 si candidò alla stessa carica senza rivali.[24]
Analizzando la carriere di Obama nel Senato dell'Illinois, un articolo del Washington Post, pubblicato nel febbraio del 2007, ha notato la sua abilità nel lavorare con efficacia sia coi democratici che con i repubblicani, e la capacità di costruire coalizioni bipartisan.[25] Nella sua campagna elettorale seguente, per il Senato federale, Obama ha ottenuto l'appoggio del Fraternal Order of Police, il più grande sindacato di polizia statunitense. Gli agenti hanno lodato il suo "duraturo appoggio ad un controllo sulle armi da fuoco e la sua volontà di raggiungere compromessi," nonostante alcune leggi su cui il sindacato di polizia si era opposto.[26]
Obama al Senato di Washington:
Nel 2004 si tennero le elezioni in Illinois per decidere il nuovo senatore che avrebbe rappresentato lo stato al congresso USA; il senatore in carica era il repubblicano Peter Fitzgerald, il quale però aveva già annunciato di non volersi ricandidare. Sostenuto da due quotidiani prestigiosi come il Chicago Tribune ed il Chicago Sun-Times, Obama presentò la sua candidatura alle primarie democratiche. Nei primi sondaggi Obama inseguiva il ricchissimo uomo d'affari Blair Hull e il supervisore statale Dan Hynes. Le possibilità per Hull precipitarono, però, dopo le accuse di violenza domestica.[27]
La candidatura di Obama divenne vincente grazie ad una campagna pubblicitaria che proponeva immagini di Harold Washington, il sindaco deceduto di Chicago, e dello scomparso senatore federale Paul Simon. Fu inoltre sostenuto dalla figlia di Simon, e dal Chicago Tribune e il Chicago Sun-Times.[28][29] Quindi affrontò Jack Ryan, il vincitore delle primarie per il Partito Repubblicano. Nei sondaggi iniziali Ryan inseguiva Obama, il quale però lo distanziò di venti punti dopo che i media resero noto che Ryan aveva incaricato un assistente di seguire le apparizioni pubbliche di Obama. Con il progredire della campagna, una causa intentata dal Chicago Tribune e dal canale (WLS-TV) di proprietà della ABC, portarono un tribunale della California ad aprire dei dossier sull'affidamento che datavano dal divorzio di Ryan dalla moglie, l'attrice Jeri Ryan. Nei dossier, la donna sosteneva che il marito l'avesse condotta in alcuni sex club di svariate città con l'intenzione di avere rapporti sessuali in pubblico. Benché la natura sensazionale delle accuse ne facesse materiale per giornali scandalistici e programmi televisivi specializzati nell'argomento, i dossier avevano comunque rilevanza giornalistica in quanto Ryan aveva insistito con i leader repubblicani che essi non contenevano niente che potesse danneggiarlo. Di conseguenza molti repubblicani misero in dubbio l'integrità morale di Ryan, che abbandonò la campagna elettorale il 25 giugno 2004, lasciando Obama senza rivali.[30]
Risultò difficile per il Partito Repubblicano dell'Illinois trovare un sostituto al posto di Ryan, perché molti dei potenziali candidati, fra i quali Mike Dikta ex allenatore degli Chicago Bears, rifiutarono la candidatura. La presidente del Partito Repubblicano dell'Illinois, Judy Baar Topinka, alla fine indicò due possibili candidati, entrambi afroamericani: Alan Keys, un ex funzionario del Dipartimento di Stato e commentatore radiofonico dal Maryland, e Andrea Barthwell, un ex funzionario dell'Agenzia Antidroga federale. Nell'agosto del 2004, a meno di tre mesi dal giorno delle elezioni, Alan Keyes accettò la nomina di candidato repubblicano, per sostituire Ryan.[31] Keyes, un residente del Maryland di lunga data, cambiò la sua residenza legale nell'Illinois dopo la candidatura. [32]
Obama e Keyes esprimevano punti di vista opposto riguardo alla ricerca sulle cellule staminali, sull'aborto, sul controllo sulle armi da fuoco, sui tagli alle tasse e sui buoni scuola.[33] Il 2 novembre 2004, Obama trionfò contro Keyes con il 70% dei voti, contro il 27% dell'avversario.[34]
L'attività a Washington:
Obama giurò come senatore il 4 gennaio 2005.[35] Scelse, come direttore del personale, il direttore del personale dell'ex coordinatore dei Democratici al Senato Tom Daschle, e Karen Kornbluh, un economista che era stata vice capo di gabinetto di Robert Rubin, l'ex segretario del Tesoro, come consulente politica.[36] Nel luglio 2005, Samantha Power, vincitrice del premio Pulitzer per un libro sui diritti umani e il genocidio, entra nella squadra di Obama.[37] A quattro mesi dal suo arrivo al senato, il Time lo dichiara una dei "100 personaggi più influenti del mondo," definendolo "uno dei più ammirati politici in America."[38] Un articolo dell'ottobre 2005 della rivista britannica New Statesman ha nominato Obama uno dei "10 personaggi che possono cambiare il mondo."[39] Nei primi due anni in Senato, Obama ricevette un Dottorato ad honorem in legge dal Knox College,[40] dalla University of Massachusetts Boston,[41], dalla Università Nordoccidentale,[42] e dalla Xavier University of Louisiana.[43] È un membro delle seguenti commissioni al Senato: relazioni internazionali; salute, educazione, lavoro e pensioni; sicurezza nazionale e affari di governo; e veterani.[44]
Legislatura:
Obama ha prodotto 152 disegni di legge e risoluzioni presso il 109° Congresso nel 2005 e nel 2006, e ne ha appoggiate altre 427.[46][47] Il suo primo disegno di legge è stata la "Legge per l'aumento delle borse di studio universitarie Pelle."[48] Mantenendo una promessa elettorale, il disegno proponeva di aumentare l'ammontare massimo di borse di studio "Pell Grant" per aiutare studenti di famiglie a basso reddito di pagarsi le rette universitarie.[49] Il disegno di legge non superò l'esame della commissione e non fu mai votata dal Senato.
Obama svolse un ruolo attivo nello sforzo del Senato per migliorare la sicurezza dei confini e le riforme sull'immigrazione. A partire dal 2005, ha appoggiato la "Legge sull'America sicura e sull'Immigrazione controllata", introdotta dal senatore John McCain (R-AZ).[50] Obama successivamente aggiunse tre emendamenti alla legge 2611, la "Riforma tollerante sull'Immigrazione," voluta dal senatore Arlen Specter (R-PA).[51][52] La S. 2611 passò l'esame del Senato nel maggio 2006, ma non fu approvata dalla maggioranza della Camera.[53] Nel settembre 2006, Obama appoggiò un disegno di legge legata, la "Legge per la barriera sicura", che autorizza la costruzione di un muro e altri miglioramenti nella sicurezza del confine tra Stati Uniti e Messico.[54] Il Presidente Bush approvò il disegno di legge nell'ottobre 2006, definendolo "un passo importante verso la riforma dell'immigrazione".[55]
Congiuntamente, prima, al Senatore Richard Lugar (R-IN), e poi al Senatore Tom Coburn (R-OK), Obama ha introdotto con successo due iniziative che portavano il suo nome. La "Lugar-Obama" amplia la "Nunn-Lugar" sulla riduzione delle armi di distruzione di massa, anche alle armi convenzionali, tra cui i missili a spalla e le mine anti-uomo.[56][57]
La "Legge sulla trasparenza dei fondi federali Coburn-Obama" fornisce un sito web, gestito dall'Agenzia della Gestione e del Bilancio, che annota tutte le organizzazioni che ricevono fondi federali dal 2007 in avanti, e fornisce dettagliatamente quale agenzia destina i fondi, la quantità di denaro fornito, e il motivo del finanziamento o contratto.[58][59] Il 22 dicembre 2006, il presidente Bush firmò la "Legge per gli aiuti, sicurezza e promozione della democrazia della Repubblica Democratica del Congo;" questa è stata la prima legge federale con Obama primo firmatario.[60]
Nei primi giorni della 110° legislatura, in un editoriale pubblicato sul Washington Post, Obama ha invocato la fine di "ogni pratica che faccia pensare ad un cittadino ragionevole che un politico deve qualcosa ad una corporativa".[61] Si è unito al Senatore Russ Feingold (D-WI) per fare pressione alla dirigenza dei Democratici per ottenere restrizioni più severe nella S.1, la legge del 2007 sulla trasparenza e la responsabilità dei legislatori, che è passata al Senato con una maggioranza del 96-2.[62][63] Obama si è unito a Charlse Schumer (D-NY nell'appoggiare la S. 453, un disegno di legge che intende criminalizzare pratiche scorrette nelle elezioni federali, tra cui volantini fraudolenti e telefonate automatiche, come è avvenuto nelle elezioni di medio termine 2006.[64][65]
Le iniziative di Obama riguardo all'energia hanno riscosso plausi e critiche da parte degli ambientalisti, che hanno gradito la sua proposta di legge sul riscaldamento globale, presentata con il Senatore John McCain (R-AZ, che permetterebbe di ridurre le emissioni di gas serra di due terzi, entro il 2050, ma si sono mostrati più scettici nei confronti dell'appoggio di Obama nei confronti di una legge che promuove la produzione di carbone liquefatto.[66][67] Sempre nei primi mesi della 110° Legislatura, Obama ha presentato il "disegno di legge per l'uscita dalla guerra in Iraq," una proposta che prevede la graduale riduzione del numero di militari presenti sul suolo iracheno a partire dal primo maggio 2007, e prevede il totale rientro di tutti i militari dall'Iraq entro il 31 marzo 2008.[68][69]
Visite ufficiali:
Nella pausa parlamentare dell'agosto 2005, Obama viaggiò con il Senatore Richard Lugar, Presidente della Commissioni del Senato sui Rapporti con l'Estero, in Russia, Ucraina e Azerbaijan. Il viaggio era focalizzato su strategie per controllare l'offerta mondiale di armi convenzionali, armi biologiche e le armi di distruzioni di massa, come una prima difesa strategica dalla minaccia di futuri attacchi terroristici.[70] Lugar e Obama hanno ispezionato una struttura per la distruzione di testate nucleari a Saratov, nel sud della Russia europea.[71]
Nel gennaio 2006, Obama ha partecipato ad una delegazione del Congresso che ha incontrato i militari statunitensi in Kuwait e in Iraq. Dopo le visite, Obama si è recato in Giordania, Israele, e in Palestina. Mentre era in Israele, Obama ha incontrato il Ministro degli Esteri israeliano Silvan Shalom. [72] Obama ha anche incontrato un gruppo di studenti palestinesi due settimane prima che Hamas vincesse le elezioni. ABC News 7 (Chicago) ha riportato che Obama ha riferito agli studenti che "gli Stati Uniti non riconosceranno mai la vittoria di Hamas, se questo non rinuncia alla sua principale missione di distruggere Israele," e poi dichiarò lo stesso nel suo incontro con il Presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, Mahmud Abbas.[73]
Il terzo viaggio ufficiale di Obama fu nell'agosto del 2006, in Sudafrica, Kenya, Gibuti, Etiopia e Chad. Obama fu raggiunto dalla moglie e dalle due figlie nella visita al luogo di nascita di suo padre, un villaggio vicino a Kisumu, in una regione occidentale e rurale.[74] Obama fu accolto da folle entusiaste nelle sue uscite pubbliche.[75] Per incoraggiare le popolazioni locali ad effettuare il test HIV in maniera volontaria, Obama e sua moglie si sottoposero pubblicamente ad un test in una clinica keniota.[76] In un discorso ripreso dalla televisione keniota, tenuto presso l'Università di Nairobi, Obama criticò fortemente l'influenza delle rivalità etniche sulla politica keniota.[77] Il discorso generò un pubblico dibattito tra i diversi dirigenti politici, alcuni dei quali bollarono formalmente le parole di Obama come ingiuste e inappropriate, mentre altri condivisero le sue posizioni.[78][79]
Ambizioni Presidenziali:
Articolo su Wikinotizie: Il senatore USA Obama annuncia la candidatura alle presidenziali
Il 10 febbraio 2007 Barack Obama annuncia la sua intenzione di correre per le presidenziali del 2008. Voci su una sua possibile candidatura alle elezioni presidenziali del 2008 si erano intensificate dopo la sua vittoria al Senato Federale nel Novembre 2004. Subito dopo la sua vittoria, Obama aveva dichiarato ai giornalisti: "Posso senza dubbio affermare che non mi candiderò alle elezioni presidenziali tra quattro anni".[80]. La stessa domanda gli viene posta nel gennaio 2006 durante la trasmissione televisiva Meet the Press; anche questa volta Obama ha ripetuto la sua volontà di terminare il mandato da senatore, che scade nel 2010.[81] L'altro senatore democratico dell'Illinois, Dick Durbin, ha più volte invitato Obama a pensare di candidarsi.[82]. Un articolo del dicembre 2005 sulla rivista The New Republic osservava che il 2008 sarebbe il momento in cui Obama avrebbe le maggiori possibilità di vittoria; in quanto non ci sarà un presidente che si ricandiderà o un vicepresidente che si candiderà, come accade invece nella maggior parte dei casi.[83]
Nel settembre 2006, Daniel Hynes, l'avversario di Obama alle primarie senatoriali del 2004, aveva scritto una lettera aperta al Chicago Sun-Times, in cui invitava i Democratici a pensare seriamente alla candidatura di Obama.[84] Il 2 ottobre 2006, il New York Magazine ha pubblicato un articolo in cui Obama dichiarava "Molta gente mi chiede se mi candiderò nel 2008, e io ho risposto di no. E se cambio idea, vi farò sapere".[85]. Anche la rivista Time ha pubblicato un articolo con nuove voci sua una sua possibile candidatura nel 2008;[86] la prestigiosa rivista ha anche pubblicato la sua foto in prima pagina, con un titolo che diceva "Le ragioni per cui Barack Obama potrebbe essere il prossimo presidente".
Il 18 ottobre 2006, Obama ha partecipato al famoso programma The Oprah Winfrey Show e ha detto a Winfrey che, se mai avesse deciso di candidarsi alla presidenza, lo avrebbe annunciato in quel programma.[87] Precedentemente Oprah aveva dichiarato in proposito: "So che non sto parlando solo per me. Ci sono molte persone che vogliono che tu ti candidi alla presidenza degli Stati Uniti."[87]
Il 22 ottobre 2006, Obama ha di nuovo partecipato alla trasmissione Meet the Press e aveva ammesso di pensare alla candidatura.[88] Ha dichiarato: "Non voglio essere schivo al riguardo: date le reazioni che ho ricevuto negli scorsi mesi, ho pensato a questa possibilità, ma non ci ho ancora pensato con la serietà e la profondità che credo siano necessarie."[89] "Dopo il 7 novembre [data delle elezioni di medio termine americane], mi fermerò, mi siederò e considererò la questione, e se ad un certo punto cambio idea, farò un annuncio pubblico e tutti saranno in grado di darmi addosso" ha promesso Obama.[90]
Famiglia e religione:
Mentre lavorava presso la società di consulenze legali Sidley & Austin nell'estate del 1989, Obama incontrò Michelle Robinson, un avvocato associato della società.[92] Michelle e Barack Obama si sposarono nel 1992 presso la Trinity United Church of Christ di Chicago; la cerimonia fu svolta dal reverendo Jeremiah Wright.[93] Hanno due figlie, Malia, di otto anni, e Natasha, di cinque.[92] Un passaggio del discorso chiave di Obama presso la Convention democratica del 2004, nonché il titolo del suo libro del 2006, The Audacity of Hope, gli sono state ispirate dai sermoni del reverendo Wright.[94]Nel libro, Obama descrive cosi' la sua crescita in un ambiente non-religioso:
Non fui cresciuto in una famiglia religiosa. I miei genitori materni, che erano del Kansas, erano cresciuti in famiglie battiste e metodiste, ma la fede non ha mai veramente messo radici nei loro cuori. Le stesse esperienze di mia madre, una bambina sensibile e immersa nei libri cresciuta in un piccole città del Kansas, Oklahoma e Texas, non fecero altro che rinforzare questo scetticismo ereditato. [...] Mio padre fu quasi totalmente assente dalla mia infanzia, siccome i miei genitori divorziarono quando avevo 2 anni; ad ogni modo, nonostante mio padre fosse stato educato da musulmano, quando incontrò mia madre era ormai un ateo convinto, che riteneva che la religione fosse solo superstizione.
Obama scrive che le sue convinzioni religiose nacquero intorno ai vent'anni, quando collaborava con alcune chiese locali, organizzando la comunità. Fu qui che capì "il potere della tradizione religiosa afro-americana nello spronare cambiamenti sociali";
Fu a causa di queste nuove comprensioni, cioè che l'impegno religioso non richiedeva di sospendere il pensiero critico, di smettere di lottare per la giustizia economica o sociale, o di ritirarmi da quel mondo che conoscevo e amavo, che fui finalmente capace di camminare nella navata della Trinity United Church of Christ ed essere battezzato. Fu una scelta consapevole, non una rivelazione; le domande che mi ponevo non sparirono di colpo. Ma inginocchiandomi sotto la croce nel South Side di Chicago, sentii lo spirito di Dio che mi attraeva. Mi piegai alla Sua volontà, e mi dedicai a scoprire la Sua verità.[95]
Critiche:
Come ogni politico, anche Obama è stato talvolta criticato; si è attirato contro le critiche di progressisti come il giornalista David Sirota quando ha votato per confermare Condoleezza Rice come Segretario di Stato, quando ha votato a favore di una legge di Azione collettiva "scritta dalle multinazionali", e per "essersi rifiutato di criticare apertamente" la guerra in Iraq, nonostante si presenti come un candidato contro la guerra.[96]
Opere:
Obama ha pubblicato la sua autobiografia, Dreams from My Father, nel 1995 e ha pubblicato una nuova versione, con qualche modifica, nel 2004.[97]. La versione in audiolibro è stata premiata nel 2006 con un Grammy Award for Best Spoken Word Album.[98]
Nel dicembre 2004, Obama ha stretto un accordo da 1,9 milioni di dollari per scrivere tre libri.[99] Il primo, The Audacity of Hope, è uscito il 17 ottobre 2006, e delinea le sue convinzioni politiche.[100] Il secondo è un libro per bambini scritto in stretta collaborazione con la moglie Michelle e le loro due figlie, i cui profitti saranno devoluti in beneficenza. L'argomento del terzo libro non è stato annunciato.
Risultati elettorali:

2004 Elezione al Senato Federale

Barack Obama (D), 70%
Alan Keyes (R), 27%
Albert J. Franzen (I), 2%
Jerry Kohn (L), 1%

2000 Elezione alla Camera dei Deputati - 1° distretto (Primarie dei Democratici)

Bobby Rush (D), 61%
Barack Obama (D), 30%
Donne Trotter (D), 7%

USA 2008: PRIMARIE, OBAMA E PAUL I VINCITORI DI "MYSPACE"!

USA - Barack Obama e Ron Paul sono i vincitori delle primarie democratiche e repubblicane di 'MySpace'. Il senatore dell'Illinois ha ottenuto il 46 per cento dei voti tra i 150.000 membri della comunita' virtuale che l'1 e il 2 gennaio hanno partecipato alle prime primarie on line della storia statunitense. Hillary Clinton si e' aggiudicata il 31% dei consensi, mentre John Edwards solo l'8%.
Intanto nelle "vere" primarie ha preso il via con le assemblee nello Iowa la corsa alle nominations per la Casa Bianca. Tra i democratici, Barack Obama, senatore nero dell'Illinois, ha avuto la meglio sull'ex senatore della North Carolina John Edwards e sull'ex first lady Hillary Rodham Clinton.
Tra i repubblicani ha vinto l'ex governatore dell'Arkansas Mike Huckabee con quasi 10 punti di vantaggio sull'ex governatore del Massachusetts Mitt Romney. Più staccati il senatore dell'Arizona John McCain, un eroe di guerra in Vietnam, e l'ex senatore e star tv di "Law & Order" Fred Thompson. Dopo la vittoria, Obama ha invitato il Paese a un cambiamento nell'unità; per Huckabee il successo rappresenta "un nuovo giorno per la politica americana". Prossima tappa delle primarie martedì prossimo nel New Hampshire.


ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!