Visualizzazioni totali delle visite sul blog "Mitrokhin" dalla sua nascita: 08 Novembre 2007

Classifica settimanale delle news piu' lette sul blog Mitrokhin...

Cerca nel blog

Vota il mio blog...

siti migliori

Translator (Translate blog entries in your language!)

Post in evidenza

"I MIEI BRANI" 🎸🎶💞 TUTTI I VIDEO UFFICIALI DI TORRI CRISTIANO CANTAUTORE DI CARRARA (MS) - TOSCANA

TORRI CRISTIANO CANTAUTORE CANALE YOUTUBE DI CRISTIANO TORRI CANALE UFFICIALE DI TORRI CRISTIANO SU SPOTIFY PROFILO FACEBOOK DI TORRI CRISTI...

Visualizzazione post con etichetta Fronte Nazionale. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Fronte Nazionale. Mostra tutti i post

venerdì 15 marzo 2019

Il confronto tra Matteo Renzi e Marine Le Pen su France 2 (TV Francese) al talk-show francese "L'Emission politique" - la rivincita del PARTITO DEMOCRATICO è iniziata!!!

MATTEO RENZI CONTRO MARINE LE PEN
 
Renzi-Le Pen, l'acceso confronto sulla tv francese: "Io ho perso qualche volta, lei sempre!" - Acceso confronto verbale fra Matteo Renzi e Marine Le Pen in diretta al talk-show francese "L'Emission politique" della tv pubblica France 2. "Signora Le Pen, voi parlate a me di vittoria elettorale? - dice l'ex premier alla leader dell'estrema destra francese - Matteo Salvini ha avuto il 17% dei voti, noi del PARTITO DEMOCRATICO il 19%. Ma noi non abbiamo accettato l'alleanza con il M5S perché sono pericolosi per la democrazia italiana". Poi incalza ancora: "Siete la donna con più sconfitte in assoluto e voi parlate a me di vittoria elettorale? Ok, io ho perso qualche volta, ho cercato di cambiare il mio Paese, ma voi avete perso sempre, è incredibile".
 



 


domenica 13 maggio 2012

In 20 anni (1992-2012) l'opportunista Gianfranco Fini, oggi ancora Presidente della Camera, ha distrutto, cancellato, annientato un'intera area politica (quella a Destra) insieme ai suoi complici ed ex-colonnelli tra cui i piu' importanti e tra i peggiori uomini politici che l'area abbia mai avuto dopo la morte del grande Giorgio Almirante: Altero Matteoli, Maurizio Gasparri, Ignazio La Russa, Riccardo Migliori, Gianni Alemanno, Italo Bocchino, Adolfo Urso, Domenico Fisichella, Luigi Ramponi, Giuseppe Basini, Publio Fiori, Gustavo Selva e tanti altri sciagurati che non solo lo hanno assecondato in quasi tutte le sue scelte scellerate, ma poi lo hanno a sua volta abbandonato al suo destino dopo la fusione di Alleanza Nazionale con il Popolo delle Libertà di Silvio Berlusconi dove tutt'oggi occupano ancora posti di rilievo e di comando nonostante le colossali debacle e gli imbarazzanti flop del PDL in tutte le tornate elettorali degli ultimi mesi in tutta Italia!!! Intanto dove la destra è stata coerente e unita in tutta Europa, ha registrato grandi successi e progressi...

Colui che stava alle spalle del grande politico di Destra Giorgio Almirante, ha distrutto un'intera area politica...si credeva un "geniale stratega" o almeno è riuscito a farlo credere agli altri! Colpa anche di ogni singolo tesserato, militante e dirigente nazionale e locale che in quegli anni glielo hanno permesso, acclamandolo e votandolo a gran voce ai comizi, ai raduni, alle assemblee nazionali...cosa grave gli hanno permesso di disfare uno storico e glorioso partito quale era il M.S.I.-D.N. e disfare di nuovo ancora, un partito politico di area come Alleanza Nazionale che andava benissimo ed aveva conquistato a fatica tanti consensi, quanti ora a livello nazionale li hanno i Grillini del Movimento 5 Stelle, cioè il 15% e oltre, il tutto devastato solo nell'arco di un decennio...e questo piccolo "Giuda Iscariota" ha distrutto e venduto un'intera area politica per due denari, i suoi! (Montecarlo docet) La Francia lo insegna tutt'oggi, difatti se il F.N. (Fronte Nazionale) di Le Pen è salito dal 4-5-6% degli anni passati al 20% delle elezioni Presidenziali 2012 soprattutto è grazie anche al fatto che F.N. è sempre rimasto il solito partito di sempre, non ha mai cambiato simbolo (la fiamma è sempre quella concessagli da Almirante, la solita che era simbolo del M.S.I.-D.N.) si è modernizzato nella sua struttura senza mai auto-distruggersi, senza mai passare dai Congressi "suicidi" di Fiuggiana e "Finiana" memoria, cosa piu' importante non si è mai spaccato in 8 partiti e partitini...F.N. è sempre rimasto lo stesso partito da quando è stato fondato, così come avrebbe dovuto fare il Movimento Sociale Italiano di Almirante!!! Marine Le Pen lo ha dimostrato ampiamente...

Alexander Mitrokhin

domenica 13 gennaio 2008

Adriano Monti, uno dei pochi "capi" Golpisti ancora in vita, racconta alcuni retroscena dell'Operazione "Tora-Tora"!

Il mancato ministro degli Esteri del governo golpista si chiama Adriano Monti, fa il medico a Rieti, ed è un distinto signore sulla settantina. Quasi trentacinque anni dopo il fallimento che gli cambiò la vita, ha deciso di parlare. Ha detto molte cose interessanti. Per esempio, il nome di quello che, se il piano fosse andato in porto, sarebbe stato il capo del governo militare: Giulio Andreotti.
Ad indicarlo, secondo il testimone, fu la Cia, il servizio segreto americano. La scontata smentita di Andreotti, assieme a tutto il resto, è andata in onda, in seconda serata su Raitre alle 23,40 in una puntata de "La storia siamo noi", stagione televisiva targata anno 2005, di Giovanni Minoli, dedicata al "golpe Borghese", (dal nome del suo ideatore, il principe Junio Valerio Borghese) o anche "golpe dell'Immacolata" (i fatti si svolsero la notte tra il 7 e l'8 dicembre del 1970).
Definizioni che appartengono a una convenzione giornalistica e storiografica. Per la giustizia italiana, infatti, non si trattò d'un tentativo di colpo di Stato ma di «un conciliabolo di quattro o cinque sessantenni»: il 27 novembre del 1984, la corte d'assise d'appello di Roma mandò assolti un'ottantina di imputati tra generali, colonnelli e neofascisti, e mise la pietra tombale sul più pericoloso tra i tentativi d'annientare la democrazia italiana.
Se Adriano Monti avesse detto allora anche solo la metà di ciò che ha raccontato a Marco Marra, l'autore dell'inchiesta, le cose sarebbero andate diversamente. «Ero un tramite con certi ambienti internazionali - ha spiegato - e avevo l'incarico di verificare se questa nuova aura di presidenzialismo era gradita a certi ambienti». La "nuova aura di presidenzialismo" non era altro che il golpe. Gli "ambienti" erano gli Stati Uniti di Richard Nixon. A rappresentarli in Italia era Ugo Fenwich, un giovane manager industriale. Monti riuscì a diventarne amico e lo informò del progetto golpista che fu subito portato a conoscenza dell'ambasciata Usa e del dipartimento di Stato a Washington. Vicenda interamente documentata lo scorso anno da "Repubblica" con una serie di informative provenienti dagli archivi segreti americani.Il racconto di Monti, non solo conferma che "gli americani sapevano" ma rivela che, per ottenere il loro appoggio, il principe Junio Valerio Borghese utilizzò tutte le sue conoscenze e amicizie, anche quelle maturate dopo l'8 settembre del 1943 quando, con la sua Decima Mas, si era schierato accanto ai nazisti. Così il giovane medico reatino, che ambiva all'incarico di ministro degli Esteri del futuro governo golpista, fu inviato a Madrid e si incontrò nientemeno che con Otto Skorzeny, l'austriaco che, su incarico di Hitler, il 12 settembre del 1943 aveva liberato Benito Mussolini. Dopo quella spericolata operazione, Skorzeny era stato dichiarato "l'uomo pericoloso d'Europa". Ma, finita la guerra, al pari di tanti altri ex nazisti, era stato reclutato dai servizi americani come combattente anticomunista. Dunque, quando nel 1970 Monti lo incontrò in Spagna, era un agente della Cia.
«Gli chiesi - racconta il testimone - se poteva dare la conferma che da parte di certi ambienti dell'intelligence americana, si guardava con rispetto a un'iniziativa del genere. Dopo un ponderato pomeriggio d'attesa, la risposta fu "sì". A condizione che ci fosse un personaggio da loro indicato, un nome della politica italiana che doveva dare la garanzia. Avrebbe dovuto essere praticamente un presidente in pectore di questa specie di governo militare o paramilitare».
«Chi era?», domanda l'intervistatore. «Giulio Andreotti», risponde Monti.
«Strano... non immaginavo nemmeno queste forme insurrezionali... sono negato concettualmente. Mi sono sempre trovato bene nel sistema democratico». Un altro istante, ed ecco di nuovo Monti, che precisa: «Se lui fosse d'accordo, non lo so».
Quel che accadde la notte dell'Immacolata del 1970 è noto da tempo. Gli uomini del Fronte nazionale di Junio Valerio Borghese occuparono il Viminale e ne saccheggiarono l'armeria mentre circa duecento forestali sostavano a poche centinaia di metri dalla Rai di Via Teulada in attesa dell'ordine d'attacco. Era pronto anche il proclama alla nazione. Poi accadde un evento ancora misterioso. Qualcuno, mai si è saputo chi fosse, telefonò ai golpisti e ordinò la ritirata. Proprio un attimo prima che accadesse l'irreparabile: il sequestro del capo dello Stato, Giuseppe Saragat, e l'omicidio del capo della polizia, per compiere il quale erano giunti della Sicilia dei killer di Cosa Nostra. Ma questa circostanza emerse solo nel 1991, assieme al coinvolgimento di Licio Gelli. Si scoprì pure che solo una piccola parte del dossier di Maletti era stata mandata alla procura di Roma e che i nomi di alcuni alti ufficiali erano stati cancellati. Troppo tardi. Uno di loro, Giovanni Torrisi, aveva fatto a tempo a diventare capo di Stato maggiore della Difesa prima d'essere scoperto, assieme a molti altri golpisti dell'Immacolata, nelle liste della P2.
Comunque, l'8 dicembre del 1970 l'Italia si svegliò democratica e ignara. La prima notizia del tentato golpe fu data, circa tre mesi dopo, da "Paese Sera". Partì l'inchiesta giudiziaria. Il capo del servizio segreto, Vito Miceli, comunicò alla magistratura che le Forze Armate erano estranee alla vicenda. Ma, quattro anni, dopo proprio Andreotti inviò alla procura di Roma un dossier elaborato da un altro dei nostri spioni storici, Gian Adelio Maletti, dal quale emergeva che lo stesso Miceli era coinvolto nel piano. Scoppiò lo scandalo che si può immaginare. Nell'ottobre del 1974 Miceli fu arrestato, una ventina di alti ufficiali cambiarono incarico. Anche Adriano Monti finì in carcere e ci rimase fino alla primavera del 1975. Scarcerato per motivi di salute, lasciò l'Italia. E benché assolto per insufficienza di prove fin dal primo grado, per rientrare attese la Cassazione: dieci anni di volontario esilio. Poi altri venti di silenzio.



7 DICEMBRE 1970: "GOLPE BORGHESE" IN ITALIA! Chi e perchè fermò il tentativo quasi riuscito di sovvertire la Repubblica Italiana?

Con golpe Borghese (o golpe dei forestali) si indica un tentativo di colpo di Stato avvenuto in Italia nella notte del 7 dicembre 1970 (chiamata anche notte di Tora Tora, in ricordo dell'attacco giapponese a Pearl Harbor, il 7 dicembre 1941) ed organizzato da Junio Valerio Borghese, sotto la sigla Fronte Nazionale, in stretto rapporto con Avanguardia Nazionale. Borghese, conosciuto anche come il "principe nero", era un ex comandante della X MAS che dopo l'8 settembre 1943 aderì alla repubblica di Salò.Il golpe era stato progettato da diversi anni nei minimi particolari: dal 1969 erano stati formati gruppi clandestini armati con stretti rapporti con le Forze Armate. In accordo con diversi vertici militari e membri dei Ministeri, il golpe prevedeva l'occupazione del Ministero dell'Interno, del Ministero della Difesa, delle sedi RAI e dei mezzi di telecomunicazione (radio e telefoni) e la deportazione degli oppositori presenti nel Parlamento. Nei piani c'erano anche il rapimento del capo dello stato Giuseppe Saragat e l'assassinio del capo della polizia, Angelo Vicari. A tutto questo sarebbe stato accompagnato un proclama ufficiale alla nazione, che Borghese stesso avrebbe letto dagli studi RAI occupati. Ecco il proclama dittatoriale in forma breve:

« Italiani, l'auspicata svolta politica, il lungamente atteso colpo di stato ha avuto luogo [...]. Le forze armate, le forze dell'ordine, gli uomini più competenti e rappresentativi della nazione sono con noi; mentre, d'altro canto, possiamo assicurarvi che gli avversari più pericolosi, quelli, per intenderci, che volevano asservire la patria allo straniero, sono stati resi inoffensivi [...]. Nel riconsegnare nelle vostre mani il glorioso tricolore vi invitiamo a gridare il nostro prorompente inno d'amore: Italia, Italia, Viva Italia! »

Il piano cominciò ad essere attuato tra il 7 e l'8 dicembre 1970, con il concentramento nella capitale di diverse centinaia di congiurati, con azioni simili in diverse città italiane, tra cui Milano. All'interno del Ministero degli Interni iniziò anche la distribuzione di armi e munizioni ai cospiratori; il generale dell'Aeronautica militare italiana Giuseppe Casero e il colonnello Giuseppe Lo Vecchio presero posizione al Ministero della Difesa, mentre un gruppo armato della Guardia Forestale, di 187 uomini, guidato dal maggiore Luciano Berti si appostò non lontano dalle sedi televisive della RAI. A Milano, invece, si organizzò l'occupazione di Sesto San Giovanni tramite un reparto al comando del colonnello dell'esercito Amos Spiazzi.
Il golpe era in fase di avanzata esecuzione quando, improvvisamente, Valerio Borghese ne ordinò l'immediato annullamento. Le motivazioni di Borghese per questo improvviso ordine a poche ore dall'attuazione effettiva del piano non sono ancora certe e esenti da una possibile smentita. Secondo la testimonianza di Amos Spiazzi[1] il golpe sarebbe stato in realtà fittizio: immediatamente represso dalle forze governative, sarebbe stato ideato come scusa per consentire al governo democristiano di emanare leggi speciali, secondo un piano che sarebbe stato chiamato "Esigenza triangolo". Borghese, tuttavia, si sarebbe reso conto, o sarebbe stato avvertito della trappola e si sarebbe dunque fermato in tempo.

Gli italiani scoprirono il tentato golpe tre mesi dopo. Paese Sera titolò: "Piano eversivo contro la repubblica, scoperto piano di estrema destra". Il 18 marzo 1971 il sostituto procuratore di Roma Claudio Vitalone firmò i mandati di arresto con l'accusa di usurpazione dei poteri dello stato e cospirazione per il costruttore edile Remo Orlandini, Mario Rosa, Giovanni De Rosa, Sandro Saccucci, Giuseppe Lo Vecchio e Junio Valerio Borghese.
In seguito al fallimento del golpe, Borghese si rifugiò in Spagna dove rimase fino alla morte, avvenuta a Cadice il 26 agosto 1974, non rientrando in Italia neanche dopo che, nel 1973, fu revocato l'ordine di cattura spiccato nei suoi confronti dalla magistratura italiana.

Il 15 settembre 1974 Giulio Andreotti, all'epoca Ministro della Difesa, consegnò alla magistratura romana un dossier del SID diviso in tre parti che descriveva il piano e gli obiettivi del golpe, portando alla luce nuove informazioni. Il dossier fu redatto dal numero due del SID, il generale Gianadelio Maletti, che avviò un'inchiesta sulle cospirazioni mantenendolo nascosto anche a Vito Miceli, direttore del servizio. Aiutato dal capitano Antonio La Bruna, furono registrate le dichiarazioni di Remo Orlandini, quest'ultimo coordinatore per Borghese verso collegamenti all'estero e in Italia. Durante un colloquio, Orlandini fa il nome di Vito Miceli, come una figura coinvolta direttamente come Borghese. A questo punto Maletti è costretto a scavalcare Miceli e a parlare direttamente con Andreotti.
Miceli si giustifica affermando che doveva acquisire delle informazioni. Venne subito destituito insieme ad altri 20 generali e ammiragli, senza particolari spiegazioni.
La Magistratura fa partire altri 32 arresti, tra cui anche quello di Adriano Monti. Nel 1974 Monti nega tutto e viene scarcerato per motivi di salute. Immediatamente fugge all'estero e rimane latitante per 10 anni.
Nel 1991 si scopre che le registrazioni consegnate nel 1974 da Andreotti alla magistratura non erano la versione integrale. In origine Remo Orlandini faceva il nome di numerosi personaggi di spicco in ambito politico e militare, ma Andreotti ha recentemente dichiarato che ritenne di dover tagliare quelle parti per non renderle pubbliche, in quanto tali informazioni erano "inessenziali" per il processo in corso e, anzi, avrebbero potuto risultare "inutilmente nocive" per i personaggi ivi citati.
Le parti cancellate includevano il nome di Giovanni Torrisi, successivamente Capo di Stato Maggiore della Difesa tra il 1980 e il 1981; inoltre venivano fatti riferimenti a Licio Gelli e alla loggia massonica P2, che si doveva occupare del rapimento del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat; infine si facevano rivelazioni circa un "patto" stretto da Borghese con alcuni esponenti della mafia siciliana, secondo cui alcuni sicari della mafia, in effetti presenti a Roma la notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970, avrebbero ucciso il capo della polizia, Angelo Vicari. L'esistenza di tale patto sarebbe poi stata confermata da vari pentiti di mafia, tra cui Tommaso Buscetta;
Grazie alle rivelazioni di Tommaso Buscetta e di Antonino Calderone, emergeranno anche i legami tra il progetto golpista e l'organizzazione mafiosa. I due collaboratori hanno rievocato la vicenda nel corso del cd. "processo Andreotti". La loro audizione è stata riassunta in questi termini nella requisitoria dei Pubblici Ministeri Scarpinato e Lo Forte:

« Il primo a riferire la vicenda di queste trattative (già in data 3 dicembre 1984) è stato Tommaso Buscetta, il quale - anche in questo dibattimento, all'udienza del 9 gennaio 1996 - ha precisato che:
nel 1970 - nello stesso periodo di tempo in cui si svolgevano i campionati mondiali di calcio in Messico - egli si era recato a Catania insieme a
Salvatore Greco "cicchiteddu" (giunto appositamente dal Sud-America, ove soggiornava) per incontrare Giuseppe Calderone. Nell'occasione, entrambi avevano preso alloggio in casa di "Pippo" Calderone, il quale frattanto - in una villetta di San Giovanni La Punta - ospitava il latitante Luciano Leggio. Oggetto di questo incontro era la discussione della proposta di partecipazione ad un "golpe", avanzata dal principe Borghese; il progetto di "golpe" prevedeva un ruolo attivo degli affiliati all'organizzazione Cosa Nostra, a cui Tommaso Buscetta sarebbe stata affidata la "gestione" del territorio ricompreso nel mandamento di ciascuna famiglia mafiosa, per "calmare e far vedere al popolo siciliano che noi eravamo d'accordo, ognuno per la sua sfera di influenza che avevamo nelle nostre terre"; in contropartita del ruolo attivo di Cosa Nostra, il principe Borghese aveva offerto la revisione di molti processi in corso a carico di esponenti dell'organizzazione criminale, facendo un particolare riferimento al "processo Rimi" (si rammenti che, in quel momento, i due Rimi erano già stati condannati all'ergastolo anche in Appello). al progetto di "golpe" era interessata la Massoneria, e l'allora Capitano dei Carabinieri Giuseppe Russo - anch'egli massone - era informato del tentativo insurrezionale ed avrebbe avuto, anzi, il compito di arrestare il Prefetto di Palermo; il principe Borghese - in caso di accettazione della proposta di partecipazione al "golpe" da parte del vertice di Cosa Nostra - avrebbe richiesto un elenco di tutti gli uomini d'onore partecipanti alle operazioni golpiste o - in subordine - avrebbe voluto che durante l'insurrezione armata gli uomini d'onore si rendessero riconoscibili agli altri golpisti mediante una fascia di colore verde da portare al braccio; proprio queste ultime richieste del principe Borghese avevano indotto i partecipanti alla riunione di Catania (Buscetta, Leggio, Giuseppe Calderone, Salvatore Greco) a diffidare della proposta e ad esprimere disinteresse; tuttavia, poiché una delle contropartite all'intervento di Cosa Nostra offerte dal principe Borghese riguardava proprio la revisione del "processo Rimi", i convenuti avevano deciso di coinvolgere nella decisione definitiva Gaetano Badalamenti, ben consapevoli di quanto egli avesse a cuore la sorte del cognato Filippo e del di lui padre, già condannati all'ergastolo. Per questo motivo avevano stabilito di incontrare il Badalamenti a Milano, nei cui pressi egli si trovava in soggiorno obbligato; in occasione dell'incontro di Milano - al quale, insieme a Buscetta, avevano partecipato Salvatore Greco "Cicchiteddu", Salvatore Riina, Gerlando Alberti e Giuseppe Calderone - pure Riina aveva apertamente espresso il proprio dissenso. Al termine dell'incontro - nel quale si era convenuto di rifiutare l'offerta - alcuni dei partecipanti, tra cui lo stesso Buscetta, si erano allontanati con una vettura ed erano stati fermati ed identificati dalla Polizia, sfuggendo all'arresto perché muniti di documenti falsi (25 giugno 1970); tuttavia, la famiglia Rimi aveva autonomamente continuato ad interessarsi del progetto di "golpe", tanto che Natale Rimi - figlio di Vincenzo Rimi, a cui premeva la revisione del processo a carico del padre - era tra coloro che nella notte tra il 7 e l'8 dicembre del 1970 si erano recati a prendere le armi in una caserma militare di Roma; questo dettaglio era stato riferito al Buscettada da Gaetano Badalamenti; egli aveva saputo, comunque, del fallimento del tentativo insurrezionale, bloccato in extremis perché in quel giorno o in quel periodo c'era una flotta russa nel Mediterraneo ed agli americani questo non piaceva. Quindi era stata rimandata a nuova data, senza che poi più si fece, perché la flotta russa era presente nel Mediterraneo:
Le circostanze esposte da Tommaso Buscetta circa la connessione tra il "processo Rimi" e le trattative riguardanti l'eventuale partecipazione di Cosa Nostra al "golpe Borghese", sono state pienamente e analiticamente confermate dal collaboratore di giustizia Antonino Calderone, il quale - all'udienza del 17 settembre 1996 - ha riferito che: vi erano state varie riunioni tra gli esponenti di vertice di Cosa Nostra per valutare la proposta del principe Valerio Borghese di una partecipazione dell'organizzazione mafiosa al golpe (ci sono state tante riunioni… c'è stato anche il discorso del golpe Borghese, ne hanno parlato... Valerio Borghese voleva parlare con delle persone, esponenti della mafia della Sicilia… ne hanno parlato, ne hanno discusso e poi si è arrivato alla determinazione che qualcuno ci andava a parlare); suo fratello Giuseppe Calderone, all'uopo prescelto dall'organizzazione, si era quindi incontrato a Roma con il principe Borghese; questi voleva conoscere i nomi degli affiliati all'organizzazione, ed offriva in cambio la revisione dei processi di Rimi e di Luciano Leggio (Volevano i nomi... si è chiesto in contropartita che si dovevano fare la revisione dei processi di Rimi e di Luciano Liggio... E questo è stato accordato, dice: noialtri... facciamo la revisione dei processi; però, dopo che ci insediamo, non è che dovete continuare a fare dei reati, perché poi vi arrestiamo noialtri...); Quello che spingeva fortissimo era Gaetano Badalamenti (Gaetano Badalamenti avrebbe fatto il patto con il diavolo per potere risolvere questo processo di suo cognato e del padre di suo cognato... avrebbe fatto la "qualunque", ha schiacciato tutti i bottoni, voleva risolvere questo processo in qualsiasi modo e in qualsiasi maniera); ma anche tutta Cosa Nostra si muoveva intorno al processo Rimi;Le trattative non avevano avuto esito positivo; e tuttavia Natale Rimi aveva continuato a muoversi, aveva toccato tutte le pedine, si era fatto trasferire a Roma, ed aveva avuto un ruolo personale nel fallito golpe.
»

Il 30 maggio 1977 cominciò il processo per il golpe a 68 imputati.
Remo Orlandini dichiarò che la notte dell'8 dicembre, dopo l'avvio dell'operazione, ricevette una telefonata da Borghese il quale gli ordinava di rientrare, ma il motivo del contrordine rimase sconosciuto.
Il ruolo di Adriano Monti fu invece quello di fare da "mediatore" per accertare il gradimento o meno del golpe in ambienti esteri. Grazie al Freedom of Information Act nel 2004 si è scoperto infatti che il piano di Borghese era noto al governo degli Stati Uniti. Monti era in collegamento con l'ambasciata americana attraverso Ugo Fenwich, il quale, subito dopo l'arresto di Monti, fuggì negli USA con un aereo appositamente preparato. Monti inoltre si recò a Madrid per incontrare il tedesco Otto Skorzeny (amico di Borghese), che aveva preso parte alla liberazione di Mussolini il 12 settembre 1943. L'incontro fu necessario per confermare l'"avallo" statunitense al golpe, che fu dato, a condizione però che fosse assicurato il coinvolgimento di un personaggio politico italiano "di garanzia". Il nome indicato fu quello di Giulio Andreotti, che sarebbe dovuto diventare una sorta di presidente "in pectore" del governo post-golpe. Monti tuttavia non seppe se Andreotti fosse al corrente dell'indicazione statunitense.
Venne accertato che la colonna delle guardie forestali, comandata dal capitano Berti, da Rieti si diresse verso Roma, arrestandosi sulla via Olimpica. Questa marcia fu in seguito giustificata come "una coincidenza".
Il processo per il fallito Golpe si concluse in secondo grado in Corte d'Assise d'appello il 29 novembre 1984 con una complessiva assoluzione. I giudici disponevano l'assoluzione di tutti i 46 imputati ("perché il fatto non sussiste") dall'accusa di cospirazione politica, aggiungendo che tutto ciò che era successo non era che il parto di un "conciliabolo di 4 o 5 sessantenni". La sentenza, riformando completamente la decisione di primo grado, si limitava, per il resto, a ridurre le condanne che erano state inflitte nel luglio del 1978 ad alcuni imputati minori per il reato di detenzione e porto di armi da fuoco.

Approfondimenti: Il giornalista Mauro De Mauro avrebbe scoperto il piano dei Golpisti, si presume che l'estrema Destra avrebbe chiesto la sua uccisione direttamente ai clan Mafiosi per evitare il divulgamento della notizia, notizia che avrebbe mandato a monte il progetto eversivo! ( Per leggere gli approfondimenti sui legami Golpisti-Mafiosi clicca su "GOLPE BORGHESE" )

Fonti: "La Storia siamo Noi - Il golpe Borghese" di Marco Marra - Trasmissione televisiva: Rai - 5 dicembre 2005 da http://it.wikipedia.org/




ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!