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Le vite degli altri - Das Leben der Anderen: per arrivare alla verità e alla giustizia, nei casi più estremi di Mafia, Terrorismo questo è necessario!
Le vite degli altri - Berlino Est
Le vite degli altri - Das Leben der Anderen: per arrivare alla verità e alla giustizia, nei casi più estremi di Mafia, Terrorismo, stragi di ogni tipo...questo è necessario!
Italy, Italia
Berlino, Germania
mercoledì 8 giugno 2011
martedì 7 giugno 2011
Lo strano caso di Dominic Strauss-Khan...il triste destino di un "papabile" successore di Sarkozy alla Presidenza della Repubblica Francese! Complotto o realtà dei fatti?
Prima di parlare dello strano caso di Dominique Strauss-Khan è necesario capire cos’è il Fondo Monetario Internazionale e come si è arrivati al ruolo egemonico degli stati Uniti.
Il ruolo egemonico degli Stati Uniti fu favorito dagli accordi di Bretton Woods. Infatti, nella conferenza di Bretton Woods, che si tenne dal 1 al 22 luglio del 1944, si accordò il dollaro come unica moneta convertibile in oro. Con questa mossa, fortemente voluta dal delegato statunitense Harry Dexter White, il dollaro esendo l’unica moneta convertibile in oro, divenne automaticamente la moneta utilizzata negli scambi internazionali.
Gli USA, oltre ad imporre il dollaro come moneta di riferimento mondiale impulsarono la creazione di due organismi: il Banco Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale (FMI). Soffermiamoci ad analizzare il FMI, il cui segretario generale, Dominique Strauss-Khan è finito nell’occhio del ciclone.
Il FMI ha il compito di promuovere la cooperazione monetaria internazionale e facilitare l’espansione del commercio. A tale organismo venne affidato anche un altro importante compito: aiutare gli stati membri in difficoltà economiche, attraverso il prestito di risorse; ossia, se uno stato membro ha un deficit di bilancio, il FMI interviene prestandogli soldi e quindi lo aiuta a superare la momentanea crisi.
Il sistema uscito da Bretton Woods era stato disegnato per favorire gli Stati Uniti ed infatti dopo la seconda guerra mondiale gli USA ascesero al ruolo di superpotenza, assieme alla ex Unione Sovietica; praticamente tutti gli altri stati del mondo si ritrovarono sottomessi.
Aver imposto la propia moneta, il dollaro, come unica moneta di riferimento per gli scambi internazionali ha determinato che tutti i paesi del mondo per poter operare a livello internazionale debbono rifornirsi di dollari.
In secondo luogo, il FMI lungi dall’essere l’organismo destinato ad aiutare i paesi in difficoltà, è sempre stato lo strumento attraverso il quale gli USA ed i suoi principali alleati (Regno Unito, Francia, Germania e Giappone) hanno potuto controllare tutti gli altri paesi del mondo.
Praticamente, un paese che ricorre al prestito del FMI, nel momento di difficoltà,si trasforma in un paese totalmente dipendente dagli USA. A cambio del prestito, lo stato richiedente è obbligato ad applicare determinate politiche economiche imposte dal Fondo a garanzia dei soldi prestati. Ossia, il FMI presta soldi a cambio dell’applicazione di una rigida ricetta economica che prevede sempre le stesse misure: riduzione delle spese sociali, aumento dell’età pensionistica, congelamento o riduzione degli stipendi, aumento delle tariffe pubbliche; aumento delle imposte e soprattutto privatizzazione di tutto quanto sia possibile privatizzare.
Lo stato che si ritrova a dover ricorrere al prestito del FMI, difficilmente si riprende, come ha dimostrato la storia e soprattutto rimane definitivamente assoggetato. Il tutto è stato disegnato per asservire gli stati ed I popoli al dominio statunitense e del suo sistema economico.
La ricetta imposta di fatto impedisce allo stato ricorrente al prestito di uscire dalla crisi. Con i provvedimenti imposti è impossibile la ripresa: lo stato è costretto a privatizzare le più importanti imprese pubbliche che davano ingressi e quindi una volta privatizzate, spesso svendute e “regálate” ai privati, cessano di apportare ingressi; la riduzione delle spese sociali, il congelamento o la riduzione degli stipendi e l’aumento delle tariffe pubbliche finiscono per minare il potere d’acquisto della maggioranza della popolazione, in particolare dei salariati e conseguentemente ciò si riflette sulla domanda; la caduta della domanda ovviamente si riflette sulla produzione, che reagisce con l’espulsione di ulteriore forza lavoro o la chiusura delle stesse imprese. Tutto il sistema peggiora ed in particolare diminuiscono le entrate fiscali dello stato, che lungi dal migliorare il suo deficit si ritrova con sempre minori ingressi ed ulteriori ricorsi al FMI.
In questi mesi, ad esempio, questa situazione si sta ripetendo in Grecia, che dopo il primo prestito e l’adozione di tutte le misure imposte dal Fondo, si trova in una situazione peggiore di prima ed è costretta a chiedere un ulteriore aiuto. Non è difficile ipotizzare prossime esplosioni ad Atene ed in tutta la Grecia. Nella stessa situazione è il Portogallo e presto anche Spagna e Italia potrebbero necessitare l’aiutino del FMI. In passato tanti popoli sono stati affamati, gettati sul lastrico da questo mostro che è il FMI.
Il 27 febbraio del 1989 la miseria estrema in cui il FMI aveva costretto il popolo del Venezuela fece da detonatore per la prima rivolta contro questo organismo al servizio del capitale USA. Ad oggi, quella fu in assoluto la prima ribellione contro i disumani provvedimenti del FMI ed anche l’unica rivolta riuscita vittoriosa. L’esperienza venezuelana dimostra che è possibile ribellarsi e liberarsi del FMI.
In conclusione il FMI agisce come uno strozzino: presta soldi a stati retti da politici corrotti, delinquenti e spendaccioni, che ritrovandosi in un mare di debiti per non affogare è costretto a chiedere prestiti al FMI. Il FMI presta ben volentieri ma a cambio di garanzie, ossia a cambio dell’adozione delle politiche di cui sopra, che finiscono per distruggere totalmente lo stato che cade nelle sue grinfie.
Il 27 febbraio del 1989 la miseria estrema in cui il FMI aveva costretto il popolo del Venezuela fece da detonatore per la prima rivolta contro questo organismo al servizio del capitale USA. Ad oggi, quella fu in assoluto la prima ribellione contro i disumani provvedimenti del FMI ed anche l’unica rivolta riuscita vittoriosa. L’esperienza venezuelana dimostra che è possibile ribellarsi e liberarsi del FMI.
In conclusione il FMI agisce come uno strozzino: presta soldi a stati retti da politici corrotti, delinquenti e spendaccioni, che ritrovandosi in un mare di debiti per non affogare è costretto a chiedere prestiti al FMI. Il FMI presta ben volentieri ma a cambio di garanzie, ossia a cambio dell’adozione delle politiche di cui sopra, che finiscono per distruggere totalmente lo stato che cade nelle sue grinfie.
Chi controlla il FMI?
Lo statuto del FMI prevede che le decisioni, soprattutto quelle più importanti, siano prese con una altissima maggioranza qualificata. Il sistema di voto è direttamente proporzionato alla quota detenuta da ogni paese. Inizialmente, gli USA detenevano un terzo del capitale; oggi, quantunque la sua quota sia scesa al di sotto del 20%, continuano ad essere il principale paese detentore; in sostanza, per le decisioni più importanti, occorrendo una altisisma maggioranza qualificata (i 2/3 o 3/4), i paesi che volessero prendere soluzioni contrarie agli interessi USA non hanno alcuna possibilità di farlo.
Di seguito riportiamo l’elenco (aggiornato al 18/05/2011) dei primi 20 paesi membri del FMI, con le rispettive quote di possesso ed i loro attuali rappresentati, avvertendono che nel sito è possibile consultare l’elenco completo dei 187 paesi membri.
La moneta di riferimento è il cosidetto SDR, ossia Diritti Speciali di Prelievo; si tratta di uno strumento creato dal FMI nel 1969 e basato su un paniere di quattro monete: il dollaro USA, lo yen giapponese, la sterlina inglese e l’euro.
In sostanza, il Fondo è controllato dagli USA, attraverso il Minsitro delle Finanze. Nessuna decisione può essere presa se USA ed i suoi più stretti alleati non sono d’accordo. Infatti, gli USA col 17,75% detengono la quota più alta ed i primi cinque paesi assieme controllano il 40%.
In conclusione, il sistema incentrato sull’egemonia statunitense si regge su questi due principi: il dollaro come moneta di riferimento mondiale ed il FMI come organismo che controlla gli stati ed i popoli, impedendo a questi di indipendizzarsi dal sistema.
Il superamento di uno o di entrambi questi strumenti pone in pericolo la sopravvivenza stessa degli Stati Uniti. Analizziamo i motivi di questa nostra affermazione.
Cosa significa essere moneta di riferimento mondiale? Significa che tutti gli scambi commerciali o la maggior parte di essi si effettuano in dollari e quindi tutti i paesi per le loro esigenze commerciali hanno dovuto riempire le proprie riserve internazionali coi dollari. Se il dollaro cessasse di essere la moneta di riferimento, tutti gli Stati sarebbero costretti a vendere i loro dollari e comprare la nuova o le nuove monete necessarie ad effettuare le transazioni commerciali. Ciò determinerebbe una immediata svalutazione del dollaro ed il tracollo degli USA. Da un lato gli USA si ritroverebbero con un dollaro fortemente svalutato e quindi dovrebbero sostenere costi altissimi soprattutto per comprare petrolio; dall’altro, l’economia USA andrebbe incontro ad una iperinflazione; con tutta la quantità di dollari in circolazione, un’ondata inflazionaria sarebbe inevitabile.
Conclusione: gli USA non possono permettersi che il dollaro cessi di essere la moneta di riferimento e pertanto debbono stroncare qualsiasi tentativo che miri a tale misura.
Anche il venir meno degli scopi reali del FMI mina l’esistenza stessa degli USA. Se il FMI smettesse di controllare i popoli e gli stati, questi potrebbero allontanarsi dal sistema dollaro e di conseguenza siamo alla stessa situazione che condurrebbe ad una crisi profonda negli USA.
Gli USA che praticamente non aderiscono o non pagano le quote di molti organismi internazionali (Trattato di Kioto, ONU, Corte penale Internazionale, Unicef), invece tengono strettamente nelle loro mani il FMI e continuano a detenere e pagare la quota di maggioranza.
Le dichiarazioni di Dominique Strauss-Khan
L’attuale dirigenza del FMI è cosciente della grave crisi attuale e per bocca del suo massimo rappresentante, Dominique Strauss-Khan, il segretario generale, lo scroso febbraio arriva a dichiarare non solo che è necessario abbandonare il dollaro, ma occorre anche agire con urgenza perchè i conflitti all’interno del sistema finanziario mondiale potrebbero trascinare nel caos il mondo intero (vedasi nostro articolo: “Verso il tramonto del dollaro: anche Dominique Strauss-Kahn, segretario del FMI, chiede l’abbandono del dollaro”).
Affermare ciò ed iniziare a mettere in pratica il superamento del dollaro significa – come visto – minare l’esistenza stessa degli USA. Ovviamente gli USA non potevano accettare ed era facile prevedere la reazione; nell’articolo citato avevamo ipotizzato un futuro poco roseo per l’attuale segretario del FMI. Cosi è stato!
Tutti erano a conoscenza delle debolezze di Dominique Strauss-Khan e della sua dipendenza dal sesso, per cui è stato facile tendergli una trappola ed accusarlo di violenza sessuale.
Daniel Estulin nel suo articolo “Sexo en Nueva York” ipotizza che la cameriera che Dominique Strauss-Kahn ha tentato probabilmente di pagare (e non violentare) per ottenere servizi sessuali era un agente del Mossad, il servizio segreto isaeliano e vincolata al QAT internazionale (per i dettagli vedasi l’articolo citato).
Che sia stata una trappola si capisce anche dal fatto che una cameriera non entra a fare le pulizie in una stanza occupata. Meno che meno si permette di entrare in una stanza, quindi disturbare, se l’ospite paga 3.000 dollari a notte. In un hotel di lusso, il cliente è sacro e non va minimamente disturbato, pertanto la cameriera entra a fare le pulizie solo quando è certa che la stanza sia vuota. A meno che il proposito non sia un altro.
Inoltre, appena Dominique Strauss-Khan è arrestato, il segretario USA Timothy F. Geithner, sale a dichiarare che deve abbandonare l’incarico di segretario; non aspetta neppure il tempo necessario per verificare se si fosse trattato di un errore!
Dominique Strauss-Kahn era uno degli uomini più potenti del mondo. Era in pratica lui a decidere del destino di milioni di esseri umani; letteralmente decideva del futuro, della vita e della morte di milioni di esseri umani. Come massimo esponente del partito socialista francese, sembrava anche l’uomo più accreditato a succedere a Sarkozy nella carica di Presidente. All’improvviso, durante il suo soggiorno a New York, in un hotel da 3.000 dollari a notte la sua vita cambia completamente, accusato di violenza sessuale. Dominique Strauss-Kahn è ovviamente un uomo finito.
Come è possibile che si stato capace di cadere così ingenuamente? Probabilmente, essere il segretario del FMI, lo ha portato a sentirsi poco meno che un dio in terra. Si sarà sentito cosi potente da potersi schierare contro la potenza USA, in grave crisi, ma viva e disposta a venderé cara la pelle fino alla fine.Un errore gravissimo aver dato per spacciato il suo padrone.
Attilio Folliero, Caracas 20/05/2011
Fonte: http://www.nexusedizioni.it
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lunedì 6 giugno 2011
Raid della Nato sulla tv di Stato a Tripoli Rasmussen: "Prepararsi al dopo Gheddafi!"
Colpita anche la sede del Parlamento, già semidistrutta in un bombardamento di alcune settimane fa. Il segretario dell'Alleanza Atlantica: "Il tempo del Colonnello è alla fine. Nella transizione sia predominante il ruolo dell'Onu". Nuovi scontri fra lealisti e insorti, mentre i ribelli entrano a Yafran, in Tripolitania. Emissario Russo in visita a Bengasi!
TRIPOLI - Aerei della Nato hanno colpito oggi edifici della radio e della televisione di Stato a Tripoli, denuncia un responsabile del regime. Un corrispondente della France Presse ha riferito inoltre di danni alla sede del Congresso generale del popolo, il Parlamento libico, che era stato già colpito dai raid dell'Alleanza tre settimane fa ed era semidistrutto. I due edifici sono a meno di due chilometri dal centro della capitale libica.
Mentre i ribelli avanzano, conquistando la città di Yafran, città a sud ovest di Tripoli prima occupata dalle forze fedeli al regime, il segretario generale dell'Alleanza atlantica, Anders Fogh Rasmussen, afferma che il tempo del Colonnello è ormai "alla fine" e che la comunità internazionale deve cominciare a pensare al "dopo Gheddafi".
La Nato non giocherà "un ruolo primario" nella fase di transizione democratica della Libia, ha spiegato Rasmussen in una conferenza stampa tenuta a Bruxelles. "Penso piuttosto ad un ruolo maggiore per l'Onu, insieme all'Unione europea, all'Unione africana e alla Lega araba", ha chiarito, aggiungendo che la Nato continuerà a fare la propria parte "aiutando a costruire e a formare un sistema di forze di sicurezza moderno e democratico".
"Gheddafi ha perduto la sua stretta sulla maggior parte del Paese e sembra isolato a casa sua come all'estero", ha detto ancora Rasmussen, secondo il quale il popolo libico può ora cominciare a pianificare il proprio futuro verso una società libera e democratica, lasciandosi alla spalle il regime di paura. "Spetta al popolo libico forgiare il proprio futuro - ha precisato Rasmussen - ma la comunità internazionale deve cominciare a preparasi al dopo Gheddafi".
Sul terreno si continua a combattere. I ribelli hanno preso Yafran, in Tripolitania, riferiscono Al Jazeera e giornalisti della Reuters sul posto. Le forze governative intanto sono tornate a bombardare Agedabia, strategica roccaforte dei ribelli in Cirenaica e loro estrema difesa in vista di Bengasi, 'capitale' dell'insurrezione: secondo un portavoce dell'opposizione, Ahmed Bani, sulla città sono stati lanciati almeno quattro missili Grad. Nel frattempo nuovi combattimenti di terra tra lealisti e rivoltosi sono scoppiati 18 chilometri più a ovest, a ridosso della linea del fronte, senza che nessuna delle parti riuscisse a guadagnare terreno rispetto all'altra.
Sul piano diplomatico, a Bengasi è atteso l'inviato russo Mikhail Margelov. Il presidente Dmitri Medvedev aveva annunciato al vertice del G8 il mese scorso a Deauville l'invio di un emissario nella roccaforte degli insorti, concretizzando così il riposizionamento di Mosca, dopo la prima fase in cui aveva dialogato prevalentemente con il rais. Margelov non ha specificato se andrà anche a Tripoli per incontrare i rappresentanti del governo di Gheddafi, ma per ora non sembra in programma alcuna visita nella capitale.
Sul terreno si continua a combattere. I ribelli hanno preso Yafran, in Tripolitania, riferiscono Al Jazeera e giornalisti della Reuters sul posto. Le forze governative intanto sono tornate a bombardare Agedabia, strategica roccaforte dei ribelli in Cirenaica e loro estrema difesa in vista di Bengasi, 'capitale' dell'insurrezione: secondo un portavoce dell'opposizione, Ahmed Bani, sulla città sono stati lanciati almeno quattro missili Grad. Nel frattempo nuovi combattimenti di terra tra lealisti e rivoltosi sono scoppiati 18 chilometri più a ovest, a ridosso della linea del fronte, senza che nessuna delle parti riuscisse a guadagnare terreno rispetto all'altra.
Sul piano diplomatico, a Bengasi è atteso l'inviato russo Mikhail Margelov. Il presidente Dmitri Medvedev aveva annunciato al vertice del G8 il mese scorso a Deauville l'invio di un emissario nella roccaforte degli insorti, concretizzando così il riposizionamento di Mosca, dopo la prima fase in cui aveva dialogato prevalentemente con il rais. Margelov non ha specificato se andrà anche a Tripoli per incontrare i rappresentanti del governo di Gheddafi, ma per ora non sembra in programma alcuna visita nella capitale.
Fonte: http://www.repubblica.it/
(06 giugno 2011)
Libia, scacco dei ribelli: occupata Yafran Rasmussen: "Tempo di Gheddafi sta per finire!" Intanto i ribelli armati, gli estremisti islamici guidati e finanziati dall'Italia, dalla Francia e dall'Europa insieme ai gruppi fedeli al terrorismo di Al Qaeda stanno mietendo vittime, morte, terrore e distruzione! Le bombe NATO continuano a uccidere i civili, l'ordine politico e sociale che solo Gheddafi poteva mantenere si sta sfaldando...torbidi scenari di corruzione politica ed economica, violenza e morte si stanno aprendo senza un potere forte di una guida centrale! La Libia rischia di trasformarsi in una nuova Somalia o peggio in un nuovo Iraq o Afghanistan!
Importante successo militare dei rivoltosi: strappata alle forze del Regime la cittadina a sud ovest di Tripoli. Il segretario generale dell'Alleanza: "Ora ha inizio una nuova fase di transizione in cui la Nato non avrà un ruolo primario!" - Yafran (Libia), 6 giugno 2011 - Importante successo militare dei ribelli libici, che hanno strappato alle forze fedeli al regime di Muammar Gheddafi la cittadina di Yafran, 70 chilometri a sud-ovest di Tripoli. A darne notizia sono state fonti giornalistiche presenti sul posto, secondo cui nella zona non si vedono piu’ truppe governative.
Le stesse fonti hanno raccontato che gli insorti sono entrati a Yafran sventolando la vecchie bandiere tricolori della Libia pre-Gheddafi e che ritratti e cartelli con l’effigie del Colonnello sono stati distrutti. In realta’ il centro della citta’ era caduto in mano agli oppositori gia’ giovedi’ scorso, ma altri quartieri erano rimasti presidiati dai lealisti. Si tratta di una delle localita’ piu’ vicine alla capitale tra quelle controllate dai rivoltosi in Tripolitania.
"NATO NON AVRA' UN RUOLO PRIMARIO NELLA TRANSIZIONE" - "Gheddafi ha perduto la sua stretta sulla maggior parte del paese e sembra isolato a casa sua come all’estero", Con queste parole, il segretario generale dell'Alleanza Fogh Rasmussen, ha voluto sottolineare che Gheddafi "non ha molto tempo davanti a sè".
Ora ha inizio una nuova fase, quella in cui il popolo libico può cominciare a pianificare il proprio futuro verso una società libera e democratica, lasciandosi alla spalle il regime di paura.
E in questa fase di transizione, la Nato non giocherà ‘’un ruolo primario’’.
‘’Spetta al popolo libico forgiare il proprio futuro’’, ha precisato Rasmussen, ma la comunita’ internazionale - ha ribadito - deve cominciare a preparasi al dopo Gheddafi. La Nato comincerà a farlo mercoledi’ e giovedi’ a Bruxelles, nella riunione dei ministri della Difesa degli alleati".
Fonte: http://qn.quotidiano.net
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LE BOMBE "UMANITARIE" DELLA NATO E LA GUERRA CIVILE IN LIBIA E' MOLTO PEGGIO DEL REGIME "PACIFICO" DI GHEDDAFI! CI SONO SEMPRE PIU' VITTIME TRA I CIVILI! CHI HA FOMENTATO LA RIVOLTA ARMATA AL RAIS E CHI LA STA FINANZIANDO (ITALIA ED EUROPA IN TESTA) STA NON SOLO SBAGLIANDO, MA STA COMMETTENDO UN GRAVE ERRORE: TROPPI MORTI, TROPPA DISTRUZIONE, TROPPO DOLORE! TUTTO PER IL PETROLIO!
MORTE E DISTRUZIONE IN LIBIA! STOP THE WAR!
TRIPOLI (LIBIA) - C'è una guerra in corso da tre mesi, i bombardieri della Nato tuonano giorno e notte, ma dove sono i giornalisti di denuncia, i Santoro, i Lerner, i Floris e dove sono l’Annunziata e la D’Amico? Dov’è la schiena diritta del giornalismo sedicente libero, quello che chiama “servi” tutti gli altri? Sarei curioso anche di sentire la saggia voce di spiriti liberali come Paolo Mieli o Ernesto Galli della Loggia. Invece sono diventati tutti muti. A cosa si deve questo improvviso silenzio collettivo?
È vero che il 26 aprile scorso si poteva leggere sul “Corriere della sera” che «il Colle sostiene i bombardamenti» con l’opposizione di sinistra tutta allineata dietro Napolitano (il governo già si era dovuto adeguare). E che anche mercoledì scorso, al vicepresidente americano Biden, Napolitano ha ripetuto che l’Italia è «fianco a fianco» con gli Usa nella vicenda libica. Ed è vero che il compagno-presidente con tale entusiastica adesione ai bombardamenti “umanitari” è diventato il riferimento privilegiato della Casa Bianca, relegando di fatto l’indebolito e incerto Berlusconi (che ha dovuto seguirlo nell’impresa) a un ruolo di secondo piano.
L'AUTOBAVAGLIO
Ma la stampa avrebbe almeno il dovere di raccontare ciò che sta accadendo. Invece niente. Un autobavaglio così totale non si era mai visto. Eppure ogni notte i bombardieri Nato colpiscono duro. Il Vicario apostolico di Tripoli, monsignor Giovanni Martinelli, implora instancabilmente di smetterla con le bombe. Ha dichiarato ad Asianews: «La Nato ha intensificato i bombardamenti e continua a fare vittime. I missili stanno cadendo ovunque e purtroppo non colpiscono solo zone militari, ma anche civili. La gente a Tripoli soffre, anche se nessuno ne parla». Nell’ultima settimana il vescovo ha denunziato il bombardamento di un ospedale, di un quartiere popolare e di una chiesa cristiana copta.
Ma non c’è traccia di tutto questo sui giornali e in tv. Nessuno fa una piega. Nessuno s’indigna. Nessun programma tv, nessun editoriale. Non si vede in giro neanche una bandiera arcobaleno alle finestre. E dire che solo qualche anno fa avevano riempito l’Italia. Ma a quel tempo si trattava di protestare contro Bush, mentre oggi a bombardare è il Premio nobel per la pace nonché democratico Obama.
Dunque oggi niente manifestazioni e niente marce Perugia-Assisi. Tutte le anime belle dormono un sonno profondo. All’inizio di tutto, in marzo, della guerra parlò Lerner con “L’Infedele” e mi capitò di assistere incredulo al memorabile elogio della Francia dei bombardieri: ci fu addirittura chi – col plauso di Gad – ebbe la faccia tosta di affermare che il governo francese in questo modo testimoniava la sua imperitura volontà di affermare dovunque i valori umanitari della rivoluzione francese, di cui invece al governo italiano non importava niente.
Curioso paradosso perché i francesi affermavano quei presunti ideali umanitari bombardando i libici, mentre le autorità italiane - accusate di insensibilità perché ancora restie a bombardare - si stavano prodigando a soccorrere migliaia di rifugiati arrivati disperatamente a Lampedusa anche per fuggire dalla guerra “umanitaria” dei francesi.
Dunque dal buon progressista le bombe francesi furono giudicate umanitarie, mentre i soccorsi italiani erano disumanitari. Che grande esempio di giornalismo.
Tutti sanno che in realtà gli ideali umanitari non c’entrano niente con la guerra, tanto è vero che nessuno si sogna di andare a bombardare Damasco dove il regime compie quasi ogni giorno stragi contro i manifestanti. Tanto meno si pensa di andare a bombardare Pechino perché il regime cinese stroncò nel sangue le manifestazioni di piazza Tienanmen o perché continua a spedire nei lager gli oppositori. A proposito, neanche Napolitano si sogna di prospettare spedizioni militari contro quei due Paesi, che egli peraltro visitò nel 2010 dando la mano a quei despoti (provate a rileggervi anche i discorsi molti amichevoli fatti in quella sede).
SMANIA PARIGINA - Ma allora perché questa smania di francesi e inglesi (che hanno il colonialismo nella loro storia) e poi degli americani, di sostenere una sorta di colpo di Stato interno alla nomenclatura libica e spedire bombardieri sulla Tripolitania? Secondo Angelo del Boca, storico ed esperto delle vicende libiche, «le vere ragioni di questa guerra sono il controllo dei pozzi di petrolio e i 200 miliardi di dollari dello Stato libico depositati nelle banche straniere».
Non so dire se queste sono “le vere ragioni”, ma di sicuro non si può continuare a gabellarci la favoletta dell’intervento umanitario. Sarebbe il caso che la stampa raccontasse quello che sta accadendo e scavasse alla ricerca delle “vere ragioni” della guerra. Invece da settimane non si legge un solo articolo sulla tragedia della Libia. E quando ne appare qualcuno è peggio che mai. È il caso del reportage da Tripoli pubblicato ieri a tutta pagina sul “Corriere della sera” a firma Lorenzo Cremonesi: spiace dirlo, ma sembrava quasi un inno ai bombardieri. Si riportavano queste testuali dichiarazioni (rigorosamente anonime): «Brava Nato. Continui così».
Possibile che l’inviato del Corriere sia riuscito a pescare proprio i pochi – guarda caso anonimi - che sono felici di venire bombardati ogni giorno e anzi chiedono di essere bombardati più intensamente? Chissà perché non ha parlato con monsignor Martinelli e chissà perché non è andato a vedere gli effetti di quei bombardamenti, ascoltando le vittime. In tv del resto la guerra proprio non esiste. C’è un colossale problema di informazione sulla vicenda libica. Gli Usa, i francesi e gli inglesi, con le autorità militari della Nato ormai fanno mera propaganda. Dice Del Boca: «Gli alti costi dell’operazione contro Gheddafi hanno trasformato un conflitto lampo in una guerra di fandonie fatta dai media».
PADRE GHEDDO - Mi ha colpito quanto ha scritto su «Asianews» padre Piero Gheddo, il decano dei missionari italiani, un uomo di Dio per nulla incline al pacifismo ideologico e al settarismo di sinistra, basti dire che fu tra i primi, negli anni Settanta, a denunciare i crimini dei Khmer rossi di Pol Pot in Cambogia, svergognando certi media e certa sinistra italiana ancora intrisa di antiamericanismo.
Dunque l’altroieri padre Gheddo ha scritto: «Le anomalie di questa guerra di Libia sono infinite e dimostrano che anche in Occidente soffriamo di una disinformazione colossale. L’intervento umanitario iniziale sta assumendo i contorni di un crimine di Stato. L’Onu aveva giustificato la “No fly zone” per impedire che gli aerei libici bombardassero i ribelli della Cirenaica. Ma in pochi giorni le forze aeree della Libia vennero facilmente azzerate. Poi si è passati a bombardare i mezzi militari di terra che avanzavano verso Bengasi e si continua, da più di due mesi, a bombardare le città della Cirenaica, non per proteggere il popolo libico da Gheddafi, ma per la “caccia all’uomo” Gheddafi, il che sta scavando un abisso di odio e di vendetta fra le due parti del paese, Tripolitania e Cirenaica, che erano e sono pro o contro il raìs».
Padre Gheddo ha poi citato Anders Fogh Rasmussen segretario generale della Nato che «ha definito i bombardamenti come parte dell’intervento umanitario per proteggere il popolo libico! Ci vuole una bella faccia tosta, a mentire in modo così smaccato!», ha tuonato il missionario. «Chi mai può credere che i quotidiani bombardamenti su Tripoli sono fatti per difendere il popolo libico? Ecco perché stampa e Tv occidentali non parlano più della guerra in Libia. Non sanno più come giustificare una così evidente violazione dei diritti umani».
L’assurdo poi è che la trattativa per far uscire di scena Gheddafi in modo incruento sarebbe stata possibile, ma proprio gli “umanitari” l’hanno uccisa sul nascere. Per quanto deve continuare questa guerra? E il nostro silenzio?
È vero che il 26 aprile scorso si poteva leggere sul “Corriere della sera” che «il Colle sostiene i bombardamenti» con l’opposizione di sinistra tutta allineata dietro Napolitano (il governo già si era dovuto adeguare). E che anche mercoledì scorso, al vicepresidente americano Biden, Napolitano ha ripetuto che l’Italia è «fianco a fianco» con gli Usa nella vicenda libica. Ed è vero che il compagno-presidente con tale entusiastica adesione ai bombardamenti “umanitari” è diventato il riferimento privilegiato della Casa Bianca, relegando di fatto l’indebolito e incerto Berlusconi (che ha dovuto seguirlo nell’impresa) a un ruolo di secondo piano.
L'AUTOBAVAGLIO
Ma la stampa avrebbe almeno il dovere di raccontare ciò che sta accadendo. Invece niente. Un autobavaglio così totale non si era mai visto. Eppure ogni notte i bombardieri Nato colpiscono duro. Il Vicario apostolico di Tripoli, monsignor Giovanni Martinelli, implora instancabilmente di smetterla con le bombe. Ha dichiarato ad Asianews: «La Nato ha intensificato i bombardamenti e continua a fare vittime. I missili stanno cadendo ovunque e purtroppo non colpiscono solo zone militari, ma anche civili. La gente a Tripoli soffre, anche se nessuno ne parla». Nell’ultima settimana il vescovo ha denunziato il bombardamento di un ospedale, di un quartiere popolare e di una chiesa cristiana copta.
Ma non c’è traccia di tutto questo sui giornali e in tv. Nessuno fa una piega. Nessuno s’indigna. Nessun programma tv, nessun editoriale. Non si vede in giro neanche una bandiera arcobaleno alle finestre. E dire che solo qualche anno fa avevano riempito l’Italia. Ma a quel tempo si trattava di protestare contro Bush, mentre oggi a bombardare è il Premio nobel per la pace nonché democratico Obama.
Dunque oggi niente manifestazioni e niente marce Perugia-Assisi. Tutte le anime belle dormono un sonno profondo. All’inizio di tutto, in marzo, della guerra parlò Lerner con “L’Infedele” e mi capitò di assistere incredulo al memorabile elogio della Francia dei bombardieri: ci fu addirittura chi – col plauso di Gad – ebbe la faccia tosta di affermare che il governo francese in questo modo testimoniava la sua imperitura volontà di affermare dovunque i valori umanitari della rivoluzione francese, di cui invece al governo italiano non importava niente.
Curioso paradosso perché i francesi affermavano quei presunti ideali umanitari bombardando i libici, mentre le autorità italiane - accusate di insensibilità perché ancora restie a bombardare - si stavano prodigando a soccorrere migliaia di rifugiati arrivati disperatamente a Lampedusa anche per fuggire dalla guerra “umanitaria” dei francesi.
Dunque dal buon progressista le bombe francesi furono giudicate umanitarie, mentre i soccorsi italiani erano disumanitari. Che grande esempio di giornalismo.
Tutti sanno che in realtà gli ideali umanitari non c’entrano niente con la guerra, tanto è vero che nessuno si sogna di andare a bombardare Damasco dove il regime compie quasi ogni giorno stragi contro i manifestanti. Tanto meno si pensa di andare a bombardare Pechino perché il regime cinese stroncò nel sangue le manifestazioni di piazza Tienanmen o perché continua a spedire nei lager gli oppositori. A proposito, neanche Napolitano si sogna di prospettare spedizioni militari contro quei due Paesi, che egli peraltro visitò nel 2010 dando la mano a quei despoti (provate a rileggervi anche i discorsi molti amichevoli fatti in quella sede).
SMANIA PARIGINA - Ma allora perché questa smania di francesi e inglesi (che hanno il colonialismo nella loro storia) e poi degli americani, di sostenere una sorta di colpo di Stato interno alla nomenclatura libica e spedire bombardieri sulla Tripolitania? Secondo Angelo del Boca, storico ed esperto delle vicende libiche, «le vere ragioni di questa guerra sono il controllo dei pozzi di petrolio e i 200 miliardi di dollari dello Stato libico depositati nelle banche straniere».
Non so dire se queste sono “le vere ragioni”, ma di sicuro non si può continuare a gabellarci la favoletta dell’intervento umanitario. Sarebbe il caso che la stampa raccontasse quello che sta accadendo e scavasse alla ricerca delle “vere ragioni” della guerra. Invece da settimane non si legge un solo articolo sulla tragedia della Libia. E quando ne appare qualcuno è peggio che mai. È il caso del reportage da Tripoli pubblicato ieri a tutta pagina sul “Corriere della sera” a firma Lorenzo Cremonesi: spiace dirlo, ma sembrava quasi un inno ai bombardieri. Si riportavano queste testuali dichiarazioni (rigorosamente anonime): «Brava Nato. Continui così».
Possibile che l’inviato del Corriere sia riuscito a pescare proprio i pochi – guarda caso anonimi - che sono felici di venire bombardati ogni giorno e anzi chiedono di essere bombardati più intensamente? Chissà perché non ha parlato con monsignor Martinelli e chissà perché non è andato a vedere gli effetti di quei bombardamenti, ascoltando le vittime. In tv del resto la guerra proprio non esiste. C’è un colossale problema di informazione sulla vicenda libica. Gli Usa, i francesi e gli inglesi, con le autorità militari della Nato ormai fanno mera propaganda. Dice Del Boca: «Gli alti costi dell’operazione contro Gheddafi hanno trasformato un conflitto lampo in una guerra di fandonie fatta dai media».
PADRE GHEDDO - Mi ha colpito quanto ha scritto su «Asianews» padre Piero Gheddo, il decano dei missionari italiani, un uomo di Dio per nulla incline al pacifismo ideologico e al settarismo di sinistra, basti dire che fu tra i primi, negli anni Settanta, a denunciare i crimini dei Khmer rossi di Pol Pot in Cambogia, svergognando certi media e certa sinistra italiana ancora intrisa di antiamericanismo.
Dunque l’altroieri padre Gheddo ha scritto: «Le anomalie di questa guerra di Libia sono infinite e dimostrano che anche in Occidente soffriamo di una disinformazione colossale. L’intervento umanitario iniziale sta assumendo i contorni di un crimine di Stato. L’Onu aveva giustificato la “No fly zone” per impedire che gli aerei libici bombardassero i ribelli della Cirenaica. Ma in pochi giorni le forze aeree della Libia vennero facilmente azzerate. Poi si è passati a bombardare i mezzi militari di terra che avanzavano verso Bengasi e si continua, da più di due mesi, a bombardare le città della Cirenaica, non per proteggere il popolo libico da Gheddafi, ma per la “caccia all’uomo” Gheddafi, il che sta scavando un abisso di odio e di vendetta fra le due parti del paese, Tripolitania e Cirenaica, che erano e sono pro o contro il raìs».
Padre Gheddo ha poi citato Anders Fogh Rasmussen segretario generale della Nato che «ha definito i bombardamenti come parte dell’intervento umanitario per proteggere il popolo libico! Ci vuole una bella faccia tosta, a mentire in modo così smaccato!», ha tuonato il missionario. «Chi mai può credere che i quotidiani bombardamenti su Tripoli sono fatti per difendere il popolo libico? Ecco perché stampa e Tv occidentali non parlano più della guerra in Libia. Non sanno più come giustificare una così evidente violazione dei diritti umani».
L’assurdo poi è che la trattativa per far uscire di scena Gheddafi in modo incruento sarebbe stata possibile, ma proprio gli “umanitari” l’hanno uccisa sul nascere. Per quanto deve continuare questa guerra? E il nostro silenzio?
di Antonio Socci
06/06/2011
Fonte: http://www.libero-news.it
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mercoledì 1 giugno 2011
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