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sabato 17 settembre 2011

Russia - Agosto 1991 - 2011: 20 anni fa il golpe che affondò l'Urss e causò disastri politici ed economici in tutta l'Europa dell'Est ed in mezzo Mondo!



Il colpo di stato sovietico del 1991 fu il tentativo di colpo di stato da parte di alcuni membri del governo sovietico di deporre il presidente Mikhail Gorbačëv e prendere il controllo della nazione. Il suo fallimento, e i risvolti politici che ne seguirono, segnarono la dissoluzione dell'Unione Sovietica.

Gli eventi

Nell'agosto 1991, dopo una trattativa di notevole complessità, il presidente sovietico Mikhail Sergeevič Gorbačëv si apprestava a siglare il nuovo patto federativo dell'Unione Sovietica che, di lì a poco, avrebbe mutato la propria denominazione ufficiale da Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche in quella, presumibilmente, di Unione delle Repubbliche Sovietiche Sovrane.
Dodici dei paesi già facenti parte dell'URSS erano prossimi alla firma, la Federazione Russa, l'Ucraina, la Bielorussia, la Moldavia, la Georgia, l'Armenia, l'Azerbaijan, il Kazakistan, il Turkmenistan, il Kirghizistan, l'Uzbekistan ed il Tagikistan. Solo si esclusero le Repubbliche Baltiche, ovvero, Lituania, Lettonia ed Estonia, che finalmente, dopo più di cinquant'anni, ebbero l'attesa possibilità di liberarsi dall' occupazione sovietica e di riconquistare una totale indipendenza dall' Unione.
D'altronde, pochi mesi prima, oltre il 70% dei cittadini sovietici chiamati alle urne, aveva espresso il proprio sostegno ad una rinnovata Unione. Il Segretario del PCUS, nonché Presidente dell'Unione Sovietica, aveva deciso di prepararsi al gravoso impegno riposandosi nella dacia presidenziale in Crimea.
Era il 19 agosto quando, su ordine di alti gradi del Partito, timorosi delle incombenti novità, Gorbačëv veniva trattenuto contro la sua volontà in Crimea, non potendo quindi recarsi alla sigla del nuovo accordo federativo: era l'inizio del tentativo di colpo di stato che, a dispetto delle intenzioni tanto degli autori, quanto delle vittime, avrebbe condotto ad un risultato impensabile fino a poco tempo prima: la dissoluzione dell'Unione Sovietica.
I golpisti erano personaggi di spicco della politica sovietica: il capo del KGB Vladimir Krjučkov, il ministro degli Interni Boris Pugo, il ministro della Difesa Dmitry Yazov, il vice-presidente dell'Urss Gennadij Janaev, il primo ministro Valentin Pavlov, il capo della segreteria di Gorbačëv, Valerij Boldin. Il loro intento era chiaro: preservare l'Unione dall'insorgere delle nazionalità, impedire un alleggerimento del potere centrale, preservare il primato del PCUS.
Il vice presidente Gennadij Janaev prese potere della televisione e della radio immediatamente dopo l'annuncio con gli altri leader del colpo di stato e rilasciò una debole denuncia del regime precedente, portando immediatamente a credere che egli non fosse l'uomo adatto a portare l'ordine pubblico ricercato disperatamente dagli insorti. Grandi dimostrazioni pubbliche contro i leader del colpo di stato ebbero luogo a Mosca e a Leningrado e le lealtà divise degli organismi di difesa e sicurezza fecero sì che le forze armate non attaccassero i dimostranti.
Il presidente della RSSF russa Boris Eltsin guidò la resistenza dalla Casa Bianca, l'edificio del parlamento russo. Dopo l'annuncio di Janaev, Eltsin denunciò vigorosamente il colpo di stato. Ad un certo punto, durante la dimostrazione, salì su un carro armato e, con un megafono, condannò la "junta". La forte presa di posizione di Eltsin contrastava nettamente con il debole comunicato di Janaev. Questa immagine, trasmessa dai telegiornali di tutte le televisioni mondiali, divenne una delle più durevoli di tutto il colpo e rafforzò enormemente la posizione di Eltsin. Un assalto all'edificio del parlamento programmato dal Gruppo Alfa, le forze speciali del KGB, fu annullato quando le truppe si rifiutarono unanimemente di eseguire l'ordine. Un'unità di carri armati disertò dalle forze del governo e si pose in difesa del parlamento con le armi puntate verso l'esterno.
Ci furono confronti armati nelle strade vicine, incluso uno in cui tre dimostranti furono accidentalmente feriti a morte dai carri armati, ma comunque la violenza fu sorprendentemente limitata. Il 21 agosto la grande maggioranza delle truppe spedite a Mosca si schierò apertamente con la resistenza e tolse l'assedio. Il golpe rovinò su sé stesso e Gorbačëv ritornò a Mosca sotto la protezione delle forze di Eltsin.
Una volta tornato a Mosca, Gorbačëv agì come se avesse dimenticato i cambiamenti occorsi nei tre giorni precedenti. Tornato al potere Gorbačëv promise di espellere dal Partito Comunista dell'Unione Sovietica i rivoltosi.

Fine del PCUS

Il 24 agosto Mikhail Gorbachev si dimise da Segretario Generale del PCUS. Vladimir Ivashko divenne Segretario Generale del PCUS fino al 29 agosto, giorno in cui si dimetteva. Lo stesso giorno il Presidente Boris Yeltsin, con proprio decreto N.83 transferiva gli archivi del PCUS alle autorità dell'archivio di Stato. Il 25 agosto Boris Yeltsin con proprio Decreto N.90 nazionalizzava le proprietà del PCUS in Russia (che includeva non solo le sedi di comitati di partito ma anche istituzioni educative, hotel, ecc.).
Il 6 novembre Boris Yeltsin con proprio Decreto n.169, metteva fine e proibiva l'attività del PCUS in Russia.

Data 19 - 21 agosto 1991
Luogo bandiera URSS
Esito Dissoluzione dell'Unione Sovietica
Schieramenti
Bandiera dell'URSS Comitato Statale per lo Stato di Emergenza Red Army flag.svg Armata Rossa
Emblema del KGB.png KGB
Partito Liberal-Democratico dell'Unione Sovietica[1]

Repubbliche sovietiche in appoggio al colpo:
bandiera RSS Bielorussa[2]
bandiera RSS Azera[2]
bandiera Transnistria[3] Appoggio internazionale Bandiera della Palestina Palestina[4][5]
Bandiera dell'Iraq Iraq[5]
Bandiera della Jugoslavia Jugoslavia[4]
Bandiera della Libia Libia[4][5]
Bandiera del Sudan Sudan[5]
bandiera Russia Manifestanti anticomunisti

Repubbliche ostili al colpo:[2]
bandiera Estonia
bandiera Lettonia
bandiera Lituania
bandiera RSS Moldava Appoggio internazionale: bandiera Stati Uniti d'America[4] Bandiera dell'Unione europea Unione europea[4]
Comandanti
Bandiera dell'URSS Gennadij Janaev
Bandiera dell'URSS Dimitrij Jazov
Bandiera dell'URSS Vladimir Kryuchkov
Bandiera dell'URSS Alexander Burak
Bandiera della Russia Boris El'cin
Bandiera della Russia Aleksandr Ruckoj
Bandiera della Russia Konstantin Kobets

Fonte: http://it.wikipedia.org/

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ITALIA-CINA

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PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!