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sabato 16 agosto 2008

Manichino sulla sedia elettrica al Luna Park di Milano...

L'attrazione del Luna Park di Milano incriminata...io esprimo la mia più totale solidarietà al Giostraio inquisito dai Giudici Milanesi!

giovedì 14 agosto 2008

Ecco perchè oggi i Russi stanno sbagliando strategia per la prima volta nel Caucaso!

Le regioni del Caucaso
Come potrete notare dalla cartina geografica l'area interessata dagli scontri odierni trà Russi e Georgiani è confinante con un'altra zona di conflitto: la Cecenia! Ma se nel caso della Cecenia i Russi hanno in gran parte tutti i diritti per impedirne la secessione, in questo caso in Georgia fomentare la secessione dell'Ossezia e dell'Abkhazia è una pura follia....un auto-goal che rischia di ritorcersi contro Mosca!!! Perchè se è vero che i Russi in Georgia vogliono garantire il diritto all'autodeterminazione dei popoli e se è vero che vogliono garantire i diritti civili degli Osseti e degli Abkhazi allora per quale motivo sino ad oggi non lo hanno garantito alla stessa Cecenia che stà lì al confine con le aree interessate dal nuovo conflitto Caucasico??? Dal Cremlino hanno innescato una bomba ad orologieria con un timer impazzito che rischia di causare una potente esplosione ideologica all'interno della Federazione Russa stessa!!! Incentivando la secessione e lo smembramento della Georgia di fatto ha legittimato le Regioni autonome come ad esempio il Daghestan che ancora fanno parte della Federazione Russa a dichiararsi indipendenti quando lo riterranno più opportuno ed a distaccarsi così dalla legislazione di Mosca!!! Sia nel caso della Cecenia sia nel caso della Georgia il vero motivo che ha fatto smuovere l'esercito Russo è sicuramente la guerra del petrolio, del gas e delle varie materie prime che si trovano in quelle regioni...ma schierarsi apertamente con i separatisti ed i secessionisti è stato sicuramente un errore che avrà nel futuro conseguenze drammatiche per la Federazione Russa se non ripareranno questa falla che vede per la prima volta in errore l'indomabile Vladimir Putin!!!


A.M.

Mosca non molla Gori e Poti: "Sosterremo Ossezia e Abkhazia"!

Smentito da Tblisi l'abbandono delle città ai confini con l'Ossezia del Sud, che sarebbe dovuto avvenire in mattinata. Tensione altissima fra Mosca e Washington: Condoleezza Rice in missione a Parigi!
Tbilisi (Georgia), 14 agosto 2008 - Il ministero degli Esteri georgiano ha dichiarato che nuove unità militari russe sono entrate nelle città di Gori e di Poti, su territorio georgiano. L'annuncio smentisce le precedenti dichiarazioni del ministero degli Interni di Tbilisi, secondo cui le truppe russe si erano ritirate dal centro portuale di Poti e dalla città a ridosso dell'Ossezia del Sud, diventato fulcro del braccio di ferro russo-georgiano dopo la dichiarazione del cessate-il-fuoco. Il ritiro era previsto entro la mattinata.
Carri armati russi sarebbero entrati a Poti, città portuale sul Mar Nero a poche decine di chilometri dalla frontiera con la Repubblica autonoma ribelle dell'Abkhazia, in lotta per la secessione con il beneplacito di Mosca, al pari dell'Ossezia del Sud. A riferirlo non è stato il governo della Repubblica caucasica ma un testimone oculare: un agente marittimo. "Pochi minuti fa i russi sono entrati a Poti a bordo di carri armati", ha dichiarato per telefono.
Da Mosca, intanto, un funzionario della Difesa fa sapere che il ritiro russo da Gori avverrà tra due giorni, e nel frattempo la città sarà sotto il "controllo congiunto" di russi e georgiani. "Per altri due giorni le nostre unità rimarranno nella zona, così da passare le consegne alle forze georgiane - ha spiegato il generale Vyacheslav Borisov - Dopodichè, se ne andranno. La polizia locale è tornata in città, e comincerà a svolgere le sue mansioni per mantenere la sicurezza. I civili potranno farlo anch'essi, non appena ne sarà stato garantito il controllo".
RICE IN EUROPA
Prima tappa l'Eliseo, poi Tbilisi: il Segretario di Stato americano Condoleezza Rice incontrerà oggi il presidente francese e presidente di turno dell'Ue Nicolas Sarkozy per discutere la crisi georgiana e il piano in sei punti proposto dallo stesso Sarkozy, accettato dalle parti ma la cui applicazione rimane ancora in dubbio.
Al colloquio parteciperà anche il ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner; subito dopo Rice partirà alla volta di Tbilisi dove incontrerà il presidente Mikhail Saakashvili, al quale trasmetterà la "solidarietà" di Washington.
Si tratta di un segnale della volontà statunitense di riprendere in mano l'iniziativa diplomatica dopo i riflettori lasciati all'Ue e in particolare alla Francia, che da parte sua presenterà una nuova bozza di risoluzione al Consiglio di Sicurezza dell'Onu, bozza che comprenderà al suo interno il piano di pace proposto da Sarkozy. L'Unione europea è stata accusata dalla Georgia di averla 'abbandonata' e di essersi mostrata troppo tiepida nelle critiche alla Russia.
Prima di partire per Parigi Rice ha avvertito la Russia del rischio di isolamento internazionale in caso di mancato rispetto del cessate il fuoco: "Non siamo più nel 1968, quando la Russia poteva minacciare i Paesi vicini, occuparne una capitale, rovesciarne un governo e poi ritirarsi tranquillamente: le cose sono cambiate".
L'APPOGGIO RUSSO AI RIBELLI
La Russia "sosterrà" e "garantirà" qualsiasi decisione delle repubbliche secessioniste dell'Abkhazia e dell'Ossezia del sud sul loro status. Lo ha dichiarato il presidente Dmitri Medvedev nel corso di un incontro con i leader separatisti delle due regioni georgiane, al centro dello scontro Mosca-Tbilisi.
"Sosterremo tutte le decisioni che prenderanno i popoli dell'Ossezia del sud e dell'Abkhazia, in conformità con la carta dell'Onu, la convenzione internazionale del 1966 e la dichiarazione di Helsinki sulla sicurezza in Europa. Garantiremo (tali valori, ndr) sia nel Caucaso che nel resto del mondo", ha detto Dmitri Medvedev in conferenza stampa, al fianco di Serguei Bagapsh e Edouard Kokoity. "Avete difeso la vostra terra, vincendo anche con l'aiuto del contingente di pace russo", ha concluso il capo del Cremlino rivolgendosi ai due leader delle repubbliche secessioniste.

venerdì 8 agosto 2008

OGGI ALLE 14.00 ORA ITALIANA AL VIA L'OLIMPIADE DI PECHINO!

PECHINO - Sono partite con Italia-Honduras le trasmissioni dedicate ai Giochi: Raidue la rete olimpica. Impegnati 36 giornalisti specializzati della redazione sportiva, 23 opinionisti e 7 telecineoperatori. Diciannove ore di diretta giornaliera fino al 24 agosto per un totale di oltre trecento ore di trasmissioni.Mancano poche ore alla cerimonia inaugurale delle Olimpiadi di Pechino, prevista per domani sera, ma la Rai, con la trasmissione della partita di esordio della nazionale di calcio (un rotondo 3-0 per gli azzurri di Pierluigi Casiraghi) ha già iniziato il suo impegno olimpico, che la vedrà realizzare, da domani e fino al 24 agosto, circa diciannove ore giornaliere di diretta, per un totale di trecento ore di trasmissione. La rete "olimpica" sarà Rai Due, che conterà sul contributo di 36 giornalisti specializzati di Raisport, la redazione sportiva di casa Rai, di 23 opinionisti e di 7 telecineoperatori.Grande l'impegno anche della radio, con Rai Radio1 canale delle Olimpiadi: 15 giornalisti - due studi in parallelo a Pechino e Roma - per 130 ore di programmazione racconteranno i Giochi minuto per minuto.


mercoledì 6 agosto 2008

Il Comunismo in Cina: (dall’ascesa del Partito Comunista alla morte di Mao)!

Delusi dal cinismo mostrato dalle potenze occidentali, i cinesi rivolsero la loro attenzione all'Unione Sovietica, rappresentata in patria dal Partito comunista cinese, fondato a Shanghai nel 1921 e che contava tra i suoi primi membri Mao Zedong. Nel 1923 Sun Yat-Sen accolse i consigli sovietici relativi alla riorganizzazione del Guomindang e delle sue deboli forze militari, ammettendo membri comunisti nel direttivo del partito, che dopo la morte di Sun venne guidato dal generale Jiang Jieshi (Chiang Kai-shek). Questi, nel 1926, dalla base militare del partito a Canton, iniziò la campagna di liberazione nazionale dal potere dei signori della guerra. Nel contempo, a partire dal 1928, Jiang rovesciò la linea del suo predecessore e condusse una sanguinosa epurazione dei membri comunisti del partito, appoggiandosi ai proprietari terrieri e alle potenze imperialiste.La guerra civile e l'espansionismo giapponese Il nuovo governo nazionale, stabilito dal Guomindang a Nanchino nel 1928, dovette così affrontare l'opposizione dei signori della guerra e agli inizi degli anni Trenta la rivolta comunista guidata da Mao Zedong; egli, con i capi comunisti Zhou Enlai e Che-teh, costituì, nella zona montana dello Jangxi, una Repubblica sovietica cinese sostenuta da un forte esercito e appoggiata dai contadini, attratti dalla prospettiva di una riforma agraria. Infine, il nuovo governo di Jiang dovette far fronte all'aggressione giapponese in Manciuria e nella Cina settentrionale, sfociata nel 1932 nella creazione dello stato fantoccio del Manchukuo, formalmente affidato alla guida di Pu Yi, ultimo sovrano manciù, che assunse il titolo di imperatore.Nel tardo 1934 Jiang riuscì a circondare l'Armata Rossa nello Jiangxi, ma i comunisti, rotto l'assedio al termine della cosidetta Lunga Marcia, riuscirono a trasferirsi nella provincia settentrionale dello Shaanxi. Allarmato dall'avanzata giapponese, un gruppo di ufficiali obbligò Jiang a stringere un momentaneo patto d'azione antigiapponese con i comunisti, sospendendo la guerra civile.
Seconda guerra mondiale Nel 1937 la penetrazione giapponese in Cina sfociò in una vera e propria guerra. Entro il 1938 il Giappone aveva invaso la maggior parte della Cina nordorientale, la valle del Chiang Jiang fino ad Hankou, e il territorio di Canton, sulla costa sudorientale. Il Guomindang spostò la capitale e gran parte dell'esercito nell'entroterra, nella provincia sudoccidentale di Sichuan. Durante la seconda guerra mondiale i comunisti, dalla base di Yan'an, occuparono gran parte del territorio della Cina del Nord infiltrandosi in molte zone rurali a ridosso delle linee giapponesi. Riuscirono poi a conquistarsi l'appoggio dei contadini locali, consolidando le basi del Partito e dell'Armata Rossa e aumentandone sensibilmente le fila.
La lotta per la supremazia tra il Guomindang e il Partito comunistaNel 1945, subito dopo la resa del Giappone, la guerra civile riprese, nonostante un tentativo di mediazione operato dal generale americano George Marshall, che dopo circa un anno dovette rinunciare all'impresa (1947). Nel 1948 l'iniziativa militare passò ai comunisti, e nell'estate del 1949 la resistenza nazionalista crollò. Jiang Jieshi e i suoi cercarono rifugio sull'isola di Taiwan, mentre il 1° ottobre 1949 veniva proclamata ufficialmente la Repubblica popolare cinese.
La Repubblica popolare Il nuovo regime, imperniato sui principi del Partito comunista cinese e del maoismo, diede vita a una struttura di governo fortemente centralizzata.Obiettivo prioritario del nuovo regime fu la trasformazione della Cina in una società socialista. Per ristrutturare radicalmente l'economia, distrutta da decenni di guerre interne, i comunisti adottarono misure rigorose nel controllo dell'inflazione, organizzarono gli agricoltori in cooperative e si impegnarono a fondo in un programma teso ad aumentare la produzione nelle campagne, mentre l'industria veniva gradualmente nazionalizzata. Una riforma agraria generale fu messa a punto nel 1950, seguita dalla creazione di fattorie collettivizzate. Il primo piano quinquennale industriale del 1953 (programmato con l'assistenza sovietica) fu incentrato sull'industria pesante, a scapito della produzione di generi di largo consumo.Politica esteraCina e Unione Sovietica sottoscrissero trattati di amicizia e di alleanza nel 1950, 1952 e 1954. Durante la guerra di Corea truppe cinesi intervennero a sostegno del regime comunista nordcoreano, mentre dopo la tregua del 1953 Pechino sostenne la lotta del Vietnam contro i francesi. Nel 1955, alla conferenza dei paesi africani e asiatici di Bandung, la Cina si pose alla testa della lotta anticoloniale e della politica del non allineamento.Pechino, inoltre, si apprestò a conquistare aree territoriali considerate storicamente cinesi e di importanza strategica fondamentale: nel 1950 truppe cinesi invasero il Tibet. Nel 1954 Zhou Enlai dichiarò ufficialmente che uno degli obiettivi di Pechino era la liberazione di Taiwan dal regime di Jiang Jieshi; nello stesso anno si verificarono continui scontri tra comunisti e nazionalisti per il controllo dell'isola di Quemoy, e solo nel 1958 fu raggiunto un cessate il fuoco.Il Grande balzo in avantiNel 1956 fu portata a termine l'organizzazione collettivistica dell'agricoltura con la creazione delle comuni del popolo, unità socioeconomiche e amministrative di base, con limitata autonomia decisionale, chiamate a dare attuazione ai programmi produttivi stabiliti dalle autorità centrali. Due anni dopo fu varato un piano generale di sviluppo economico a tappe forzate. Slogan del programma era l'effettuazione di un Grande balzo in avanti, ma il piano portò al conseguimento di risultati modesti a causa dell'inadeguata pianificazione e di una direzione incerta.Progressivo isolamentoLa situazione peggiorò nel 1960 con la sospensione dell'assistenza economica e tecnica da parte dell'Unione Sovietica. Tra le due potenze comuniste erano infatti emersi contrasti ideologici; i cinesi erano particolarmente critici verso il leader sovietico Nikita Kruscev, accusato di revisionismo e di tradimento degli ideali marxisti-leninisti. Pechino iniziò a proporre apertamente la propria leadership come alternativa a quella sovietica nel mondo comunista, puntando soprattutto a ottenere consensi tra i paesi non allineati. Tuttavia, i conflitti scoppiati nello stesso periodo non facilitarono questa politica: nel 1959 truppe cinesi occuparono territori appartenenti all'India; i negoziati che seguirono si rivelarono inconcludenti, e le ostilità ripresero nel 1962 quando, nuovamente, forze cinesi violarono le frontiere indiane (vedi Guerra sino-indiana).
La grande rivoluzione culturale proletariaLe divergenze tra Mao e il partito dei moderati pragmatisti si intensificarono. Nel 1959, sostituito dal moderato Liu Shaoqi nella carica di capo dello stato, Mao conservò quella di presidente del partito. Il suo carisma ebbe però a soffrire del fallimento totale del Grande balzo in avanti da lui ideato e fortemente voluto. La divergenza si trasformò in aperto contrasto nel 1966 quando Mao, sua moglie Jang Qing e altri suoi stretti collaboratori lanciarono lo slogan della "grande rivoluzione culturale proletaria" intesa a recuperare lo zelo rivoluzionario del primo comunismo cinese, perduto a causa dell'imborghesimento dei quadri di governo e dell'apparato burocratico del partito.Gruppi di studenti autodenominatisi "guardie rosse della rivoluzione" invasero le strade, seguiti da giovani lavoratori, contadini e soldati in congedo, manifestando a favore di Mao e criticando ogni forma di autorità istituita. Intellettuali, burocrati, funzionari di partito, operai divennero oggetto di umiliazioni e violenze pubbliche, licenziamenti, e spesso furono forzati a lavori fisici abbrutenti. La struttura del partito fu annientata, e molti suoi alti funzionari (tra i quali il capo dello stato Liu e il segretario generale del partito Deng Xiaoping) rimossi dai loro incarichi ed espulsi.Nel biennio 1967-68 le lotte sanguinose tra maoisti e antimaoisti fecero migliaia di vittime. Alla fine il compito di ripristinare l'ordine venne demandato all'esercito, guidato da Lin Piao.Nel frattempo la tensione tra Cina e URSS si era intensificata raggiungendo il culmine con le accuse di imperialismo mosse ai leader sovietici dopo l'invasione della Cecoslovacchia. Nel 1969, lungo il fiume Ussuri, in Manciuria, truppe cinesi attaccarono alcune guardie di confine sovietiche, creando una situazione che poteva rivelarsi esplosiva.
Alla luce di questi eventi, il IX Congresso del Partito comunista, tenuto nell'aprile del 1969, cercò di riportare ordine nella situazione interna, componendo la lotta di potere in corso da tempo ai vertici della nazione. Mao fu rieletto presidente del partito e il ministro della Difesa Lin Piao (scelto personalmente da Mao) venne indicato quale suo successore. Alcuni posti-chiave, tuttavia, vennero affidati a esponenti moderati fautori di politiche pragmatiche, come il primo ministro Zhou Enlai (unico vero antagonista di Mao per carisma personale e potere).Un episodio clamoroso di queste poco decifrabili lotte intestine si ebbe nel 1971, quando Lin Piao morì vittima di un misterioso incidente aereo mentre, apparentemente, tentava la fuga dal paese. La preminenza politica di Zhou Enlai apparve sempre più evidente. Mao lanciò un nuovo appello diretto alle masse (1973-74) a difesa delle acquisizioni egualitarie della rivoluzione comunista e contro il "burocraticismo di partito". Il radicalismo di Mao ebbe ancora modo di esprimersi nella nuova Costituzione adottata dal IV Congresso nazionale del popolo nel gennaio del 1975; tuttavia nello stesso anno vi fu la nomina a vice primo ministro di Deng Xiaoping, vittima riabilitata della rivoluzione culturale.In questo periodo le relazioni internazionali della Cina migliorarono sensibilmente. Nel 1971 essa venne ammessa alle Nazioni Unite (ONU) subentrando alla Repubblica Cinese (Taiwan), ottenendo un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza. Nel 1972 il presidente americano Richard Nixon si recò in visita ufficiale a Pechino, aprendo così la strada a normali relazioni diplomatiche tra le due potenze (1973); quelle con il Giappone furono riprese nello stesso 1972.
I successori di MaoDopo la morte di Mao e Zhou Enlai nel 1976, si scatenò la lotta per il potere tra moderati e radicali. Questi ultimi riuscirono a impedire l'elezione a primo ministro di Deng Xiaoping, che fu addirittura rimosso temporaneamente dagli incarichi di governo e di partito. Con un compromesso fra i due schieramenti, Hua Kuo-feng fu nominato primo ministro: sotto il suo governo prevalse la linea moderata. Per consolidare la propria posizione, Hua fece arrestare e accusare di diversi crimini i capi dell'estrema sinistra, la cosiddetta Banda dei Quattro; quindi si concentrò sullo sviluppo economico della nazione, affidandosi al "partito dei pragmatisti". Nel 1977 Deng fu reintrodotto nelle sue funzioni di vicepremier, in base a un organigramma che venne confermato l'anno successivo dal V Congresso nazionale del popolo.


martedì 5 agosto 2008

INTRODURRE LA PENA DI MORTE PER I GRAVI REATI DI MAFIA, TERRORISMO E STRAGI...

INTRODURRE LA PENA DI MORTE PER I GRAVI REATI DI MAFIA, TERRORISMO E STRAGI...

FIRMA ANCHE TU PER FERMARE IL TERRORISMO ED IL SANGUE CHE SCORRE PER COLPA DELLA CRIMINALITA'!

Attentato in Cina, 16 poliziotti uccisi nello Xinjiang!

A quattro giorni dall'apertura delle Olimpiadi di Pechino 2008 gli incubi dei dirigenti cinesi si trasformano in realtà: è allarme terrorismo. Almeno sedici poliziotti sono rimasti uccisi e 16 feriti in un attentato contro un commissariato di Kashgar nello Xinjiang, la regione nordoccidentale a maggioranza musulmana abitata dagli Uiguri. Secondo l'agenzia cinese Xinhua, due uomini hanno usato un camion come un ariete per penetrare nell'edifico per poi lanciare due granate. Gli assalitori sono stati fermati alle 8 locali, le 2 in Italia. I primi lanci della Xinhua erano contraddittori: parlavano di due veicoli coinvolti. Alcuni minuti prima l'agenzia Nuova Cina aveva dato notizia di un'esplosione nello Xinjiang, senza fornire ulteriori dettagli. Da Urumqi, capitale della regione, un funzionario dell'Ufficio di Propaganda del governo regionale ha spiegato che l'esplosione è avvenuta nei pressi dell'Ospedale per le Minoranze di Kashgar, aggiungendo che sue tutte le strade sono stati allestiti posti di blocco e che la polizia sta indagando sulla vicenda. Negli ultimi mesi le autorità cinesi avevano ripetutamente messo in guardia contro possibili attentati dagli estremisti musulmani dello Xinjiang, in vista delle olimpiadi. Gli uighuri, un'etnia turcofona di religione musulmana, sono gli abitanti originari della regione Autonoma dello Xinjiang, nel nordovest della Cina, che chiamano il loro paese Turkestan dell' Est. Oggi sono circa il 44 per cento dei 20 milioni di abitanti della regione e su di loro negli ultimi 60 anni si è abbattuta la repressione cinese. Per il Comitato olimpico internazionale non è possibile al momento stabilire se vi sia un legame fra l'attentato e i Giochi olimpici. Secondo Emmanuelle Tonge, portavoce del Cio si tratta di «un incidente avvenuto in una regione della Cina e non si deve stabilire automaticamente un legame con i Giochi». Uno dei massimi esperti cinesi di terrorismo, il professore Li Wer dell' Istituto per le relazioni internazionali, ha affermato invece di ritenere «possibile» che altri attentati si verifichino nel periodo olimpico in altre città della Cina.

lunedì 4 agosto 2008

Cina: fucilati 2 sospetti terroristi...

(ANSA) - PECHINO, 12 LUG - Sono stati fucilati in Cina due uighuri (musulmani dello Xinjiang) condannati a morte per aver fatto parte di un gruppo di terroristi. Lo riporta Radio Free Asia, spiegando che l'esecuzione e' avvenuta subito dopo la sentenza di condanna di un tribunale del popolo dello Xinjiang. Altri 15 imputati hanno avuto condanne che vanno dall'ergastolo ai dieci anni. Tutti sarebbero stati arrestati nel 2007 sulle montagne del Pamir in un presunto campo di addestramento di terroristi islamici.

Cosa Nostra: le regole della mafia siciliana...

Nella sentenza si descrive l'organizzazione di Cosa Nostra, secondo le testimonianze di Buscetta. Tra le molte leggi non scritte che regolano il comportamento mafioso, vi è anche l'obbligo di dire sempre la verità allorché si parla fra “uomini d'onore” di questioni comuni.La vita di Cosa Nostra (la parola mafia è un termine letterario che non viene mai usato dagli aderenti a questa organizzazione criminale) è disciplinata da regole rigide non scritte ma tramandate oralmente, che ne regolamentano l'organizzazione e il funzionamento ("nessuno troverà mai elenchi di appartenenza a Cosa Nostra, né attestati di alcun tipo, né ricevute di pagamento di quote sociali"), e così riassumibili, sulla base di quanto emerge dal lungo interrogatorio del Buscetta.- La cellula primaria è costituita dalla "famiglia", una struttura a base territoriale, che controlla una zona della città o un intero centro abitato da cui prende il nome (famiglia di Porta Nuova, famiglia di Villabate e così via).
- La famiglia è composta da "uomini d'onore" o "soldati" coordinati, per ogni gruppo di dieci, da un "capodecina" ed è governata da un capo di nomina elettiva, chiamato anche "rappresentante", il quale è assistito da un "vice capo" e da uno o più "consiglieri".Qualora eventi contingenti impediscano o rendano poco opportuna la normale elezione del capo da parte dei membri della famiglia, la "commissione" provvede alla nomina di "reggenti" che gestiranno pro tempore la famiglia fino allo svolgimento delle normali elezioni. Ad esempio, ha ricordato Buscetta, la turbolenta "famiglia" di Corso dei Mille è stata diretta a lungo dal reggente Francesco Di Noto fino alla sua uccisione (avvenuta il 9.6.1981); alla sua morte è divenuto rappresentante della famiglia Filippo Marchese.Analogamente, a seguito dell'uccisione di Stefano Bontate, rappresentante della famiglia di S. Maria di Gesù, la commissione nominava reggenti Pietro Lo Iacono e Giovanbattista Pullarà, mentre a seguito dell'uccisione di Salvatore Inzerillo, capo della famiglia di Passo di Rigano, veniva nominato reggente Salvatore Buscemi; così, dopo la scomparsa di Giuseppe Inzerillo, padre di Salvatore e capo della famiglia di Uditore, veniva nominato reggente Bonura Francesco ed analogamente, dopo l'espulsione da Cosa Nostra di Gaetano Badalamenti, capo della famiglia di Cinisi, veniva nominato reggente Antonino Badalamenti, cugino del vecchio capo.- L'attività delle famiglie è coordinata da un organismo collegiale, denominato "commissione" o "cupola", di cui fanno parte i "capi-mandamento" e, cioè, i rappresentanti di tre o più famiglie territorialmente contigue. Generalmente, il "capo mandamento" è anche il capo di una delle famiglie, ma, per garantire obiettività nella rappresentanza degli interessi del "mandamento" ed evitare un pericoloso accentramento di poteri nella stessa persona, talora è accaduto che la carica di "capo mandamento" fosse distinta da quella di "rappresentante" di una famiglia.- La commissione è presieduta da uno dei capi-mandamento: in origine, forse per accentuarne la sua qualità di primus inter pares, lo stesso veniva chiamato "segretario" mentre, adesso, è denominato "capo". La commissione ha una sfera d'azione, grosso modo, provinciale ed ha il compito di assicurare il rispetto delle regole di Cosa Nostra all'interno di ciascuna famiglia e, soprattutto, di comporre le vertenze fra le famiglie.- Da tempo (le cognizioni del Buscetta datano dagli inizi degli anni '50) le strutture mafiose sono insediate in ogni provincia della Sicilia, ad eccezione (almeno fino ad un certo periodo) di quelle di Messina e di Siracusa.- La mafia palermitana ha esercitato, pur in mancanza di un organismo di coordinamento, una sorta di supremazia su quella delle altre province, nel senso che queste ultime si adeguavano alle linee di tendenza della prima.- In tempi più recenti, ed anche in conseguenza del disegno egemonico prefissosi dai Corleonesi, è sorto un organismo segretissimo, denominato "interprovinciale", che ha il compito di regolare gli affari riguardanti gli interessi di più province.- Non meno minuziose sono le regole che disciplinano l' "arruolamento" degli "uomini d'onore" ed i loro doveri di comportamento.I requisiti richiesti per l'arruolamento sono: salde doti di coraggio e di spietatezza (si ricordi che Leonardo Vitale divenne "uomo d'onore" dopo avere ucciso un uomo); una situazione familiare trasparente (secondo quel concetto di "onore" tipicamente siciliano, su cui tanto si è scritto e detto) e, soprattutto, assoluta mancanza di vincoli di parentela con "sbirri".La prova di coraggio ovviamente non è richiesta per quei personaggi che rappresentano, secondo un'efficace espressione di Salvatore Contorno, la "faccia pulita" della mafia e cioè professionisti, pubblici amministratori, imprenditori che non vengono impiegati generalmente in azioni criminali ma prestano utilissima opera di fiancheggiamento e di copertura in attività apparentemente lecite.Il soggetto in possesso di questi requisiti viene cautamente avvicinato per sondare la sua disponibilità a far parte di un'associazione avente lo scopo di "proteggere i deboli ed eliminare le soverchierie". Ottenutone l'assenso, il neofita viene condotto in un luogo defilato dove, alla presenza di almeno tre uomini della famiglia di cui andrà a far parte, si svolge la cerimonia del giuramento di fedeltà a Cosa Nostra. Egli prende fra le mani un'immagine sacra, la imbratta con il sangue sgorgato da un dito che gli viene punto, quindi le dà fuoco e la palleggia fra le mani fino al totale spegnimento della stessa, ripetendo la formula del giuramento che si conclude con la frase: "Le mie carni debbono bruciare come questa santina se non manterrò fede al giuramento".Lo status di "uomo d'onore", una volta acquisito, cessa soltanto con la morte; il mafioso, quali che possano essere le vicende della sua vita, e dovunque risieda in Italia o all'estero, rimane sempre tale.Proprio a causa di queste rigide regole Antonino Rotolo era inviso a Stefano Bontate (oltre che per la sua stretta amicizia con Giuseppe Calò), essendo cognato di un vigile urbano; e lo stesso Buscetta veniva espulso dalla mafia per avere avuto una vita familiare troppo disordinata e, soprattutto, per avere divorziato dalla moglie.Pare, comunque, che adesso, a detta del Buscetta, a causa della degenerazione di Cosa Nostra, i criteri di arruolamento siano più larghi e che non si vada più tanto per il sottile nella scelta dei nuovi adepti.L' "uomo d'onore", dopo avere prestato giuramento, comincia a conoscere i segreti di Cosa Nostra e ad entrare in contatto con gli altri associati.Soltanto i Corleonesi e la famiglia di Resuttana non hanno mai fatto conoscere ufficialmente i nomi dei propri membri ai capi delle altre famiglie, mentre era prassi che, prima che un nuovo adepto prestasse giuramento, se ne informassero i capi famiglia, anche per accertare eventuali motivi ostativi al suo ingresso in Cosa Nostra.In ogni caso, le conoscenze del singolo "uomo d'onore" sui fatti di Cosa Nostra dipendono essenzialmente dal grado che lo stesso riveste nell'organizzazione, nel senso che più elevata è la carica rivestita maggiori sono le probabilità di venire a conoscenza di fatti di rilievo e di entrare in contatto con "uomini d'onore" di altre famiglie.Ogni "uomo d'onore" è tenuto a rispettare la "consegna del silenzio": non può svelare ad estranei la sua appartenenza alla mafia, né, tanto meno, i segreti di Cosa Nostra; è, forse, questa la regola più ferrea di Cosa Nostra, quella che ha permesso all'organizzazione di restare impermeabile alle indagini giudiziarie e la cui violazione è punita quasi sempre con la morte.All'interno dell'organizzazione, poi, la loquacità non è apprezzata: la circolazione delle notizie è ridotta al minimo indispensabile e l' "uomo d'onore" deve astenersi dal fare troppe domande, perché ciò è segno di disdicevole curiosità ed induce in sospetto l'interlocutore.Quando gli "uomini d'onore" parlano tra loro, però, di fatti attinenti a Cosa Nostra hanno l'obbligo assoluto di dire la verità e, per tale motivo, è buona regola, quando si tratta con "uomini d'onore" di diverse famiglie, farsi assistere da un terzo consociato che possa confermare il contenuto della conversazione. Chi non dice la verità viene chiamato "tragediaturi" e subisce severe sanzioni che vanno dalla espulsione (in tal caso si dice che l' "uomo d'onore è posato") alla morte.Così, attraverso le regole del silenzio e dell'obbligo di dire la verità, vi è la certezza che la circolazione delle notizie sia limitata all'essenziale e, allo stesso tempo, che le notizie riferite siano vere.Questi concetti sono di importanza fondamentale per valutare le dichiarazioni rese da "uomini d'onore" e, cioè, da membri di Cosa Nostra e per interpretarne atteggiamenti e discorsi. Se non si prende atto della esistenza di questo vero e proprio "codice" che regola la circolazione delle notizie all'interno di "Cosa Nostra" non si riuscirà mai a comprendere come mai bastino pochissime parole e perfino un gesto, perché uomini d'onore si intendano perfettamente tra di loro.Così, ad esempio, se due uomini d'onore sono fermati dalla polizia a bordo di un'autovettura nella quale viene rinvenuta un'arma, basterà un impercettibile cenno d'intesa fra i due, perché uno di essi si accolli la paternità dell'arma e le conseguenti responsabilità, salvando l'altro.E così, se si apprende da un altro uomo d'onore che in una determinata località Tizio è "combinato" (e, cioè, fa parte di Cosa Nostra), questo è più che sufficiente perché si abbia la certezza assoluta che, in qualsiasi evenienza ed in qualsiasi momento di emergenza, ci si potrà rivolgere a Tizio, il quale presterà tutta l'assistenza necessaria. [...]Proprio in ossequio a queste regole di comportamento sia Buscetta sia Contorno, come si vedrà, hanno posto una cura esasperata nell'indicare come "uomini d'onore" soltanto i personaggi dei quali conoscevano con certezza l'appartenenza a Cosa Nostra, e cioè soltanto coloro che avevano avuto presentati come "uomini d'onore" e coloro che avevano avuto indicati come tali da altri uomini d'onore, anche se personalmente essi non li avevano mai incontrati.Anche la "presentazione" di un uomo d'onore è puntualmente regolamentata dal codice di Cosa Nostra allo scopo di evitare che nei contatti fra i membri dell'organizzazione si possano inserire estranei.E' escluso, infatti, che un "uomo d'onore" si possa presentare da solo, come tale, ad un altro membro di Cosa Nostra, poiché, in tal modo, nessuno dei due avrebbe la sicurezza di parlare effettivamente con un "uomo d'onore". Occorre, invece, l'intervento di un terzo membro dell'organizzazione che li conosca entrambi come "uomini d'onore" e che li presenti tra loro in termini che diano l'assoluta certezza ad entrambi dell'appartenenza a Cosa Nostra dell'interlocutore. E, così, come ha spiegato Contorno, è sufficiente che l'uno venga presentato all'altro, con la frase "Chistu è a stissa cosa", (questo è la stessa cosa), perché si abbia la certezza che l'altro sia appartenente a Cosa Nostra.Altra regola fondamentale di Cosa Nostra è quella che sancisce il divieto per l'uomo di trasmigrare da una famiglia all'altra.Questa regola, però, riferisce Buscetta, non è stata più rigidamente osservata dopo le vicende della "guerra di mafia" che hanno segnato l'inizio dell'imbastardimento di Cosa Nostra: infatti, Salvatore Montalto, che era il vice di Salvatore Inzerillo (ucciso nella guerra di mafia) nella "famiglia" di Passo di Rigano, è stato nominato, proprio come premio per il suo tradimento, rappresentante della "famiglia" di Villabate.Il mafioso, come si è accennato, non cessa mai di esserlo quali che siano le vicende della sua vita.L'arresto e la detenzione non solo non spezzano i vincoli con Cosa Nostra ma, anzi, attivano quell'indiscussa solidarietà che lega gli appartenenti alla mafia: infatti gli "uomini d'onore" in condizioni finanziarie disagiate ed i loro familiari vengono aiutati e sostenuti, durante la detenzione, dalla "famiglia" di appartenenza; e spesso non si tratta di aiuto finanziario di poco conto, se si considera che, come è notorio, "l'uomo d'onore rifiuta il vitto del Governo" e, cioè, il cibo fornito dall'amministrazione carceraria, per quel senso di distacco e di disprezzo generalizzato che la mafia nutre verso lo Stato.Unica conseguenza della detenzione, qualora a patirla sia un capo famiglia, è che questi, per tutta la durata della carcerazione, viene sostituito dal suo vice in tutte le decisioni, dato che, per la sua situazione contingente, non può essere in possesso di tutti gli elementi necessari per valutare adeguatamente una determinata situazione e prendere, quindi, una decisione ponderata. Il capo, comunque, continuando a mantenere i suoi collegamenti col mondo esterno, è sempre in grado di far sapere al suo vice il proprio punto di vista, che però non è vincolante, e, cessata la detenzione, ha il diritto di pretendere che il suo vice gli renda conto delle decisioni adottate.Durante la detenzione è buona norma, anche se non assoluta, che l'uomo d'onore raggiunto da gravi elementi di reità non simuli la pazzia nel tentativo di sfuggire ad una condanna: un siffatto atteggiamento è indicativo della incapacità di assumersi le proprie responsabilità.Adesso, però, sembra che questa regola non sia più seguita, e, comunque, che non venga in qualche modo sanzionata, ove si consideri che sono numerosi gli esempi di detenuti sicuramente uomini d'onore, che hanno simulato la pazzia (vedi in questo procedimento gli esempi di Giorgio Aglieri, Gerlando Alberti, Tommaso Spadaro, Antonino Marchese, Gaspare Mutolo, Vincenzo Sinagra "Tempesta").Tutto ciò, a parere di Buscetta, è un ulteriore sintomo della degenerazione degli antichi princìpi di Cosa Nostra.Anche il modello di comportamento in carcere dell'uomo d'onore, descritto da Buscetta, è radicalmente mutato negli ultimi tempi.Ricorda infatti Tommaso Buscetta che in carcere gli "uomini d'onore" dovevano accantonare ogni contrasto ed evitare atteggiamenti di aperta rivolta nei confronti dell'autorità carceraria. Al riguardo, cita il suo stesso esempio: si era trovato a convivere all'Ucciardone, per tre anni, con Giuseppe Sirchia, vice di Cavataio ed autore materiale dell'omicidio di Bernardo Diana, il quale era vice del suo grande amico, Stefano Bontate; ma, benché non nutrisse sentimenti di simpatia nei confronti del suo compagno di detenzione, lo aveva trattato senza animosità, invitandolo perfino al pranzo natalizio.Questa norma, però, non è più rispettata, come si evince dal fatto che Pietro Marchese, uomo d'onore della famiglia di Ciaculli, è stato ucciso il 25.2.1982 proprio all'interno dell'Ucciardone, su mandato della "commissione", da altri detenuti.Unica deroga al principio della indissolubilità del legame con Cosa Nostra è la espulsione dell'uomo d'onore, decretata dal "capo famiglia" o, nei casi più gravi, dalla "commissione" a seguito di gravi violazioni del codice di Cosa Nostra, e che non di rado prelude all'uccisione del reo. L'uomo d'onore espulso, nel lessico mafioso, è "posato".Ma neanche l'espulsione fa cessare del tutto il vincolo di appartenenza all'organizzazione, in quanto produce soltanto un effetto sospensivo che può risolversi anche con la reintegrazione dell'uomo d'onore.Pertanto l'espulso continua ad essere obbligato all'osservanza delle regole di Cosa Nostra. Lo stesso Buscetta, a causa delle sue movimentate vicende familiari, era stato "posato" dal suo capo famiglia Giuseppe Calò, il quale poi gli aveva detto di non tenere conto di quella sanzione ed anzi gli aveva proposto di passare alle sue dirette dipendenze. Anche Gaetano Badalamenti, nel 1978, benché fosse capo di Cosa Nostra, era stato espulso dalla "commissione", per motivi definiti gravissimi, su cui però Buscetta non ha saputo (o voluto) dire nulla.L'uomo d'onore posato non può trattenere rapporti con altri membri di Cosa Nostra, i quali sono tenuti addirittura a non rivolgergli la parola. E proprio basandosi su questa regola, Buscetta si era mostrato piuttosto scettico sulla possibilità che il Badalamenti, benché "posato", fosse coinvolto nel traffico di stupefacenti con altri uomini d'onore; sennonché, venuto a conoscenza delle prove obiettive acquisite dall'ufficio, si è dovuto ricredere ed ha commentato che "veramente il danaro ha corrotto tutto e tutti".Anche la vicenda della espulsione di Buscetta da parte di Calò appare nebulosa.Il Buscetta, infatti, aveva avuto comunicata la sua espulsione addirittura da Gaetano Badalamenti e durante la detenzione non aveva ricevuto, come d'uso per i "posati", alcun aiuto finanziario da parte della sua "famiglia"; per contro il suo capo famiglia Pippo Calò lo aveva esortato a non tenere conto di quanto andava dicendo quel "tragediaturi" di Badalamenti e si era scusato per la mancanza di aiuto finanziario, assumendo che non era stato informato; aveva notato inoltre che in carcere gli altri uomini d'onore intrattenevano con lui normali rapporti, come se nulla fosse accaduto.Altra regola fondamentale di Cosa Nostra è l'assoluto divieto per l'"uomo d'onore" di fare ricorso alla giustizia statuale. Unica eccezione, secondo il Buscetta, riguarda i furti di veicoli, che possono essere denunziati alla polizia giudiziaria per evitare che l'uomo d'onore, titolare del veicolo rubato, possa venire coinvolto in eventuali fatti illeciti commessi con l'uso dello stesso; naturalmente, può essere denunciato soltanto il fatto obiettivo del furto, ma non l'autore.Del divieto di denunciare i furti, vi è in atti un riscontro persino umoristico riguardante il capo della "commissione", Michele Greco. Carla De Marie, titolare di una boutique a Saint Vincent, era solita fornire alla moglie di Michele Greco capi di abbigliamento che spediva a Palermo, tramite servizio ferroviario, regolarmente assicurati contro il furto. Una volta, il pacco era stato sottratto ad opera di ignoti durante il trasporto, e la De Maria aveva più volte richiesto telefonicamente alla signora Greco di denunciare il furto, essendo ciò indispensabile perché la compagnia assicuratrice rifondesse il danno. Ebbene, la moglie di Michele Greco, dopo di avere reiteratamente fatto presente alla De Marie che il marito non aveva tempo per recarsi alla polizia per presentare la denunzia, aveva preferito pagare i capi di abbigliamento, nonostante che non li avesse mai ricevuti.


ITALIA-CINA

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