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mercoledì 11 marzo 2009

Documentario sul Dalai Lama...pericolo di un ritorno di fiamma del fondamentalismo Religioso in Tibet fomentato dall'Occidente

Tenzin Dorjee, il giovane leader dell'ala radicale del movimento tibetano, non ha dubbi: "Rispettiamo il nostro capo spirituale, ma l'unica cosa per cui valga la pena lottare è la piena sovranità del nostro paese. Ecco perché l'autonomia politica di Tengin Gyatso non ci basta più", dice a Panorama.it
Per i tibetani è il giorno della rabbia!!!

Fonte: http://www.wikio.it

P.S. L'America e l'Europa Occidentale spera e fomenta per la guerra di secessione in Tibet!!! Tutto ciò è grave e inamissibile...

The Dali Lama Interview...L'Occidente e la Cina facciano attenzione al fanatismo Religioso!!!

Tibet, Cina: "menzogne" dal Dalai Lama
Pechino replica al Dalai Lama,nel gior-
no del 50esimo anniversario della fal-
lita rivolta tibetana, di "diffondere
false voci" sul Tibet.

Il portavoce,Ma Zhaoxu,ha sostenuto che
la "cricca del Dalai Lama diffonde men-
zogne e confonde il bianco con il nero"

Il leader del Tibet, parlando dalla sua
residenza di Dharamsala, ha accusato la
Cina di aver ucciso "centinaia di mi-
gliaia di tibetani" nei 50 anni del suo
esilio in India e di aver provocato"in-
descrivibili sofferenze e distruzioni".

Fonte: http://www.televideo.rai.it

In nome del solito DIO: Le menzogne Americane e Occidentali sul Tibet , sul Dalai Lama e sulle guerre del Terzo Mondo!!!

Media commerciali e ufficiali propongono incessantemente la versione americana del tormento che il Tibet avrebbe subito dall’aggressore e sterminatore cinese. Personalmente ero affascinato anch’io dal buddismo tibetano e dalla santità del Dalai Lama. Ero pure addolorato per l’oppressione subita dai tibetani a causa dell’oppressione cinese. Bhè, come diciamo nel nostro motto, ho cambiato radicalmente idea per accordarla alla verità. Le mie conclusioni sono una profonda avversione per la “causa tibetana” (così come ce la propone Hollywood) e per il Dalai Lama.

Come di fronte ad ogni versione ufficiale, mi sono mosso alla ricerca di una verità alternativa. Non ero sicuro di trovarne una, ma volevo vedere se il “martirio” del Tibet è così univoco come gli americani vorrebbero far credere. Volevo vedere se i Cinesi possono essere considerati “aggressori” del Tibet come ripetono incessantemente i media legati a Washington e Londra. Questa ricerca è fatta in nome del solo principio che mi caratterizza: la ricerca della verità. E ho trovato delle cose sconcertanti…

Secoli di aggressioni, stermini, attentati, eccidi, guerre da parte degli occidentali al popolo cinese non fanno parte di questo articolo, ma vale la pena almeno accennarli per puntualizzare che nessun “occidentale” può parlare di aggressione cinese a chicchessia senza prima parlare di torture, umiliazioni, spoliazioni, stermini da parte degli occidentali ai danni dei “musi gialli”. Chiudiamo qui la parentesi su cui magari scriveremo un articolo dedicato.

L’imperialismo occidentale cerca incessantemente di promuovere la secessione del Tibet dalla Cina. Perfino una certa sinistra in buona fede si fa portavoce (assieme agli organi di informazione dell’Impero) di questa posizione per subalternità o mancanza di conoscenza. E veniamo ai fatti.

La sovranità cinese sul Tibet ha alle spalle secoli e secoli di storia. Il Tibet è territorio cinese dal tempo in cui in Europa non esistevano ancora gli Stati nazionali. I primi a mettere in discussione la sovranità cinese sul Tibet sono stati i fautori dell’imperialismo britannico. (1)(2)
Come si legge in un manuale di storia asiatica (uno qualunque), i tentativi di distruggere la sovranità cinese sul Tibet sono la conseguenza di una politica volta allo “smantellamento della Cina”. (3)
Non sono soltanto i comunisti cinesi a considerare il Tibet parte della Cina. Sun Yat-sen, primo presidente della Repubblica nata dal rovesciamento della dinastia Manciù, ne era convinto. Quando gli inglesi gli chiesero di partecipare attivamente alla Prima Guerra Mondiale per poter recuperare alla Cina i territori che la Germania le aveva strappato, lui rispose: “Voi vorreste strapparci anche il Tibet!”. (4)
Prima della guerra fredda Washington riconosceva che il Tibet era territori cinese. Ancora nel 1949 il Dipartimento di Stato Americano pubblicò un libro sulle relazioni USA-Cina con una mappa che mostrava tutta la Cina, Tibet incluso dunque. (5)

Tuttavia, con l’avanzare del Partito Comunista Cinese e quindi con l’avvicinarsi al potere di un chiaro Partito di massa antimperialista, Washington cominciò a manipolare la realtà. Gli inizi di questa manipolazione possono essere rintracciati in una lettera del 13 gennaio 1947 al Presidente americano Truman da parte di Gorge R. Merrel, incaricato d’affari USA a Nuova Dheli. La lettera riguardava la “inestimabile importanza strategica” del Tibet e recitava: “Il Tibet può pertanto essere considerato come un bastione contro l’espansione del comunismo in Asia o almeno come un’isola di conservatorismo in un mare di sconvolgimenti politici”. E aggiunse che “l’altopiano tibetano […] in epoca di guerra missilistica può rivelarsi il territorio più importante di tutta l’Asia”.
Questi particolari sono tratti da un autore americano per decenni funzionario della CIA. L’Autore evidenzia come il contenuto di questa lettera sia quasi combaciante con la visione imperialistica che aveva a suo tempo l’Inghilterra vittoriana impegnata nel “grande gioco” dell’espansione in Asia. (6)
Il separatismo tibetano diviene uno strumento dell’imperialismo americano o, meglio, per dirla come il funzionario della CIA, diviene uno strumento degli “interessi geopolitica USA” per costringere il nuovo governo comunista di Mao a disperdere le forze, ponendo quindi le condizioni per un “cambiamento di regime a Pechino”.

Per portare a compimento questi “interessi geopolitici USA”, vennero addestrati “guerriglieri” nel Colorado e poi paracadutati in Tibet e riforniti per via aerea di armi, munizioni, apparecchiature ricetrasmittenti, ecc. A tali guerriglieri la CIA aggiunge la “collaborazione dei banditi Khampa di vecchio stile”. (7)
In questo contesto si sviluppa la “rivolta tibetana” del 1959.
E’ ancora il funzionario della CIA, Knaus, a raccontare i fatti: la rivolta faceva seguito ad un tentativo fallito da parte dei servizi segreti americani di provocare disordini in Cina a partire dalle Filippine; come disse un esponente della CIA, lo scatenamento della rivolta aveva “poco a che fare con l’aiuto ai tibetani”, perché lo scopo era quello di mettere in difficoltà i “comunisti cinesi”. Era la stessa logica che i servizi segreti americani usavano in Indonesia per “aiutare i colonnelli ribelli indonesiani nel loro sforzo di rovesciare Sukarno”, reo di essere troppo tollerante verso i comunisti di quel paese. (8) Come è noto il colpo di Stato verrà portato a termine grazie alla CIA nel 1965, col massacro di centinaia di migliaia di comunisti o di elementi tolleranti verso i comunisti. Sarebbero state meno feroci le forze finanziate e addestrate dalla CIA in Tibet se avesse vinto il separatismo? (9)

Penso che sia interessante far sapere che fu un agente della CIA a organizzare la fuga del Dalai Lama dal Tibet: questo agente visse più tardi nel Laos “in una casa decorata con una corona di orecchie strappate dalle teste di comunisti morti”, come ci informa un docente americano su una rivista USA. (10)

Dopo il fallimento in territorio cinese della rivolta tibetana, i servizi segreti americani danno inizio ad una campagna mediatica in occidente.
Nonostante che il Dalai Lama fosse considerato allo stesso modo dei colonnelli macellai indonesiani, come il capo della rivolta reazionaria anticomunista filo-occidentale, ora viene santificato. Diventa il leader della non violenza. Lo stesso buddismo tibetano diventa una dottrina e una tecnica spirituale sublime. L’industria cinematografica americana si adopera per proporre incessantemente questo falso mito.

Ma la storia ha dei precedenti. Quando agli inizi del Novecento gli inglesi e la Russia si contendevano il Tibet, regione della Cina, correva voce che lo Zar in persona si fosse convertito al buddismo. (11)

Oggi, invece, sono la CIA e Hollywood ad essere convertiti al buddismo. Una conversione che ha del miracoloso se si pensa che l’Occidente ha sempre disprezzato il buddismo tibetano come sinonimo di dispotismo orientale, con la sua figura di Dio-Re. Basti ricordare il disprezzo dei padri della cultura occidentale come Rousseau, Herder e Hegel. Fino ai primi anni del 1900 i lama sono considerati una “incarnazione di tutti i vizi e di tutte le corruzioni, non già dei lama defunti”. (12)

Quando la Gran Bretagna si accinse poi alla conquista del Tibet lo fece in nome della civiltà contro “quest’ultima roccaforte dell’oscurantismo”, per civilizzare “questo piccolo popolo miserabile”. (13)

Oggi la propaganda americana cerca di rimuovere l’infamia della teocrazia tibetana. Come illustra lo stesso storico Morris, quello che era in carica agli inizi del ‘900 “era uno dei pochi Dalai Lama ad aver raggiunto la maggiore età, dato che la maggior parte di loro veniva eliminata durante la fanciullezza a seconda della convenienza del Consiglio di Reggenza”. (14)

Stando a quanto affermano Hollywood e la CIA, il buddismo tibetano è divenuto sinonimo di pace e tolleranza, oltre che di elevata spiritualità. Seguendo l’ideologia imperialistica anticomunista occidentale, “i tibetani sono dei superuomini e i cinesi dei subumani”. (15)

La teocrazia oscurantista tibetana è santificata dai media commerciali americani al servizio degli strateghi militari. La struttura castale si manifesta anche dopo la morte: il corpo di un aristocratico viene cremato o inumato, mentre i corpi della massa vengono dati in pasto agli avvoltoi. Poco tempo fa era l’“International Herald Tribune” che descriveva come durante i funerali di plebei fosse il sacerdote che staccava pezzo per pezzo la carne dalle ossa per facilitare il compito degli avvoltoi.
La descrizione era minuziosa e seguita da uno studioso che spiegava il tutto in chiave “ecologica”. (16) Lo studioso non chiariva però perché all’equilibrio ecologico doveva contribuire solo il corpo dei plebei.

Vorrei chiarire la mia posizione: io non condanno queste pratiche disumane perché potrei rimanere vittima della mia cultura italiana; dovrei essere un tibetano per condannarle; ad ognuno la sua cultura. Io condanno il fatto che gli occidentali imperialisti appoggino pratiche così disumane per noi, sostengano movimenti sanguinari come il buddismo tibetano e siano pronti ad inventarsi ogni peggiore frottola (molto meno disumana) su falsi crimini di Cuba, di Saddam, di Pechino e di tutti gli avversari, salvo santificare la reazione più assoluta.

La Rivoluzione Culturale maoista si era scagliata contro la pratica castale, discriminatrice e violenta. Nel Tibet precedente alla Rivoluzione la teocrazia riduceva in schiavitù o servaggio la stragrande maggioranza della popolazione. Come scrisse uno scrittore radicalmente anticomunista, le riforme realizzate dal 1951 hanno “abolito feudalesimo e servaggio”. (17) La Rivoluzione abolì anche la teocrazia incarnata nel Dio-Re che pretendeva e pretende ancor oggi di essere il Dalai Lama. Fu attuata la separazione tra potere religioso e potere civile.

La Rivoluzione ha significato per i tibetani l’accesso a diritti umani prima del tutto sconosciuti, un miglioramento del tenore di vita e un sensibile prolungamento della vita media. E ciò è malgrado i media universalmente riconosciuto da tutti gli esperti analisti della regione.
La Cina di oggi garantisce alla Regione Autonoma Tibetana libertà che non ha mai conosciuto in tutta la sua storia passata e recente. La regione tibetana, oltre ad avere il bilinguismo con prima lingua il tibetano, vede garantiti altri diritti nazionali quali la preferenza a favore dei tibetani e delle altre minoranze nazionali per quanto riguarda l’ammissione all’università, la carriera pubblica, ecc. (18)

Il santificato Dalai Lama viene insignito del Premio Nobel. Ma cosa chiede questo personaggio che si proclama Dio-Re? “Esige la creazione di un Grande Tibet, il quale includerebbe non solo il territorio che ha costituito il Tibet politico in età contemporanea, ma anche aree tibetane nella Cina occidentale, in larghissima parte perse dal Tibet già nel diciottesimo secolo”. (19) E poi esistono tibetani in Bhutan, Nepal, India. Tutti i loro territori dovrebbero far parte del Grande Tibet. Si tratta della pretesta di Hitler di riunificate nello lo stesso Stato tutti i territori che erano abitati da maggioranza tedesca. Il principio “nazionale” del Dalai Lama è quello di Hitler, con la sola differenza che del nazional-socialismo il Dalai Lama non ha neppure un briciolo di “socialismo”. E’ solo puro nazionalismo esasperato ai massimi livelli.

Ora, questa santità, Premio Nobel per la Pace, odia profondamente gli uomini che hanno la pelle gialla e parlano il cinese. Un odio viscerale, razzista, tanto che, quando l’India procedette al riarmo nucleare, trovò il suo più fiero sostenitore nel Premio Nobel, il Dalai Lama.
Ma, ci domandiamo, almeno il multimiliardario Dalai Lama rappresenta il popolo tibetano? Risposta: nemmeno per sogno! E’ perfino il “Libro Nero del Comunismo” a riconoscere che un’elementare analisi storica “distrugge il mito unanimista alimentato dai partigiani del Dalai Lama”. (20)
Alla liberazione pacifica del Tibet nel 1951, che portò alla caduta del regime teocratico, vi fu una resistenza accanita dei gruppi più reazionari e delle classi dei privilegiati, ma i comunisti poterono contare sull’appoggio della stragrande maggioranza della popolazione civile. Gli autori più anticomunisti e anticinesi del pianeta-Occidente si scagliano così contro la plebe tibetana, colpevole di “essersi collegata subito col regime comunista”; anche i monaci sono dei farabutti che “non esitano ad augurarsi che ‘presto sia liberato’ il Tibet” e che commettono il crimine di fraternizzare con i comunisti e l’esercito Popolare di Liberazione.

Per questi autori è inconcepibile come il Dalai Lama sia disprezzato non solo dalla maggior parte del popolo, ma anche da ampi settori religiosi tibetani. Ancora nel 1992, nel corso di un suo viaggio a Londra il Dalai Lama è oggetto di manifestazioni ostili da parte della più grande organizzazione buddista in Gran Bretagna, che lo accusa di essere un “dittatore spietato” e un “oppressore della libertà religiosa”. (21)

Oggi il Dalai Lama continua a sperare in una disintegrazione della Cina come è avvenuto nella tragedia che ha caratterizzato l’URSS. (22)

Michele – Risiko

NOTE:
Le informazioni di questo articolo sono ricavate da Domenico Losurdo, “La sinistra, la Cina e l’imperialismo”, ed. La città del Sole, Napoli.
La sua opera di informazione è indispensabile sull’argomento.
(1) Owen Lattimore, 1970, “La frontiera. Popoli e imperialismi alla frontiera tra Cina e Russia”, Einaudi, Torino.
(2) Jacques Fernet, 1978, “Il mondo cinese. Dalle prime civiltà alla Repubblica Popolare”, Einaudi, Torino.
(3) Jan Romein, 1969, “Il secolo dell’Asia. Imperialismo occidentale e rivoluzione asiatica nel secolo XX”, Einaudi, Torino.
(4) Sun Yat-sen, 1976, “L’imperialismo dei bianchi e l’imperialismo dei gialli”, in “I tre principi del popolo”, Einaudi, Torino.
(5) Herbert Aptheker, 1977, “America Foreign Policy and The Cold War” (1962), Krauss Reprint Millwood, N.Y.
(6) Jhon Kenneth Knaus, 1999, “Orphans of the Cold War. American and the Tibetan Struggle for Survival”, PublicAffairs, N.Y.
(7) Come sopra.
(8) Come sopra.
(9) Domenico Losurdo, 1999, “La sinistra, la Cina e l’imperialismo”, La città del Sole, Napoli.
(10) Daniel Wikler, 1999, “The Dalai Lama and the CIA”, in “The New York Review of Books”, 23 settembre.
(11) James Morris, 1992, “Pax Britannica”, The Folio Society, London.
(12) Donald S. Lopez Jr., 1998, “Prisoners of Shangri – La. Tibetan Buddhism and the West”, University of Chicago Press, Chicago and London.
(13) Vedi nota 11.
(14) Come sopra.
(15) Vedi nota 12.
(16) Seth Faison, 1999, “In Tibean ‘Sky Burials’, Vultures Dispose of the Dead”, in “International Herald Tribune, 6 luglio.
(17) Melvyn C. Goldstein, 1998, “The Dalai Lama’s Dilemma”, il “foreign Affairs”, gennaio-febbraio.
(18) Seth Faison, 1999, “for Tibetans in Sichuan, Life in the Shadow of Intollerance”, in “International Herald Tribune”, 1 settembre.
(19) Vedi nota 17.
(20) Courtois et al., 1998, « Il Libro Nero del Comunismo », Mondaori, Milano.
(21) Vedi nota 12.
(22) Vedi nota 17.

Fonte: http://www.resistenze.org

Le esagerazioni del Dalai Lama: "Fanatismo, esasperazione o complotto Occidentale per incendiare ed insanguinare il Tibet?"

DHARAMSHALA (India) - Il Tibet è diventato "un inferno in terra", e "centinaia di migliaia di tibetani" sono stati uccisi. Scaglia parole pesanti contro la Cina il Dalai Lama. In occasione del 50esimo anniversario della fallita rivolta tibetana contro i cinesi, dal luogo eletto per il suo esilio in India, a Dharamshala, il leader spirituale del buddismo tibetano ribadisce anche la rivendicazione per una "autonomia significativa" per il suo paese natale e, nonostante il dolore degli ultimi anni, si dice convinto che la causa tibetana vincerà. "Questi ultimi 50 anni sono stati anni di sofferenza e distruzione per il territorio e il popolo del Tibet", ha affermato il Dalai Lama, insignito nel 1989 del premio Nobel per la pace, in un discorso pronunciato nel tempio in cui vive da mezzo secolo, sulle pendici dell'Himalaya. Non solo: "La loro religione, cultura, linguaggio, identità sono prossimi a scomparire. I tibetani sono considerati criminali, meritevoli solo della morte". Dalai Lama: "La nostra causa vincerà". "Noi, i tibetani, siamo alla ricerca di un'autonomia legittima e significativa che ci permetta di vivere nell'ambito della repubblica popolare di Cina", ha ripetuto il Dalai Lama. "Non nutro alcun dubbio: la giustizia prevarrà a proposito della causa tibetana", ha detto. Parole rassicuranti dopo che nel novembre scorso, lo stesso leader spirituale aveva "riconosciuto il fallimento" della sua lotta per un autonomia del Tibet, dopo otto anni di negoziati infruttuosi con Pechino.
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La Cina, dal canto suo, respinge le accuse, accusando a sua volta il Dalai Lama di non distinguere "il vero dal falso" e di "diffondere voci fasulle". "Le riforme democratiche nel Tibet sono le più importanti e profonde della sua storia", ha assicurato il portavoce del ministero degli affari esteri, Ma Zhaoxu, che ha sottolineato di non voler "rispondere alle menzogne del Dalai Lama". Tensione Pechino-Washington. Pechino si è rivolta anche agli Stati Uniti, chiedendo in modo pressante che il Congresso americano non voti una risoluzione del deputato democratico Rush Holt che sollecita "il riconoscimento della disperazione del popolo tibetano" e invita ad "uno sforzo multilaterale per trovare una soluzione duratura e pacifica alla questione del Tibet". Tale risoluzione, ha assicurato Zhaoxu, "va contro la storia e la realtà del Tibet". Per prevenire ogni forma di protesta in occasione del 50esimo anniversario della rivolta e in ricordo delle numerose vittime del marzo 2008 (21 morti secondo Pechino, 203 secondo i tibetani) la Cina ha dispiegato migliaia di uomini delle forze di sicurezza sull'altopiano tibetano e ai suoi confini, per impedire l'accesso di stranieri. Manifestazioni in tutto il mondo. Intanto, in diverse parti del mondo ci sono state manifestazioni di solidarietà per il Tibet. Circa 300 persone hanno sfilato oggi davanti all'ambasciata cinese nella capitale australiana Canberra, dopo un corteo iniziato dal parlamento federale. Molti sventolavano bandiere dell'indipendenza tibetana o indossavano maschere con la scritta 'Pace in Tibet', e anche alcuni parlamentari si sono uniti alla protesta, fra cui il laburista Michael Danby, che presiede il gruppo parlamentare multipartitico per il Tibet. Quattro persone sono state arrestate quando un gruppo di manifestanti ha sfondato il recinto che limitava l'area designata per la protesta, ma sono state poi rilasciate senza imputazioni. Anche a Katmandù, in Nepal, centinaia di esuli tibetani hanno manifestato portando striscioni su cui si legge: "Liberate il Tibet", "Fermate gli omicidi in Tibet" e "Lunga vita al Dalai Lama".
(10 marzo 2009) Fonte: http://www.repubblica.it/

Le menzogne del Dalai Lama: "Fanatismo Religioso ed estremismo politico fomentati dall'Occidente corrotto? Chi vuole fomentare la rivolta armata?"

Il Dalai Lama Tibetano

(ASCA-AFP) - Dharamshala, 10 Marzo 2009 - Il Dalai Lama, leader spirituale dei tibetani, ha chiesto un'''autonomia legittima e significativa'' per la sua regione e ha accusato la Cina di aver ucciso centinaia di migliaia di tibetani e di aver trasformato la sua patria in un ''inferno sulla terra''.Accuse subito respinte da Pechino, che ha parlato di ''menzogne'' e ha sottolineatro come il Tibet, con il governo cinese, abbia goduto di ampie riforme.''Questi ultimi 50 anni - ha detto il Dalai Lama in un discorso da Dharamsala, in India, in occasione del 50esimo anniversario della fallita rivolta anti-cinese del 1959 che lo costrinse all'esilio - sono stati quelli della sofferenza e della distruzione per il popolo del Tibet''.''Una volta che il Tibet e' stato occupato - ha aggiunto - il governo comunista cinese ha condotto li' una serie di campagne di violenze e di repressione'' che hanno avuto come conseguenza ''la morte di centinaia di migliaia di tibetani''.''Non rispondero' alle menzogne del Dalai Lama'', ha detto da parte sua ai giornalisti il portavoce del ministero degli Esteri cinese Ma Zhaoxu.Secondo il portavoce, ''la cricca del Dalai Lama confonde giusto e sbagliato. Stanno mettendo in giro delle dicerie. Le riforme democratiche sotto il governo cinese sono le riforme piu' ampie e le piu' profonde nella storia tibetana''.

venerdì 6 marzo 2009

The case against Tariq Aziz - 29 Apr 2008...

Al Jazeera's Owen Fay reports on the families of 42 businessmen at the heart of the trial against Tariq Aziz. The former Deputy Prime Minister will also face the death penalty if convicted on charges related to the execution of 42 businessmen in 1992.

Saddam Trial May 24 2006 Tariq Aziz (ARABIC)

Bagdad - È stato assolto stamani dal Tribunale speciale iracheno (Tsi) l’ex vice primo ministro Tareq Aziz, accusato assieme ad altri sette gerarchi del deposto regime, di aver favorito l’esecuzione di 42 commercianti e uomini d’affari nel 1992 a Baghdad. Lo riferisce la tv di Stato irachena con una scritta in sovrimpressione. Nello stesso processo, la corte ha emesso quattro condanne a morte per altrettanti ex gerarchi del regime di Saddam Hussein tra i quali, Alì Hassan al Majid, meglio conosciuto come "Alì il chimico". Secondo l’agenzia irachena, "la Corte ha predisposto la liberazione di Tareq Aziz". Nel 2003, all’indomani della caduta di Bagdad, Aziz si era consegnato "spontaneamente" alle forze Usa che lo hanno tenuto nel carcere Usa all’aeroporto internazionale di Bagdad.

Le condanne Sono stati assolti, oltre a Tareq Aziz, tre importanti dirigenti baatisti: Ugla Abd Saqer, Ibrahim Saheb e Sayf al Din al Mashhadani. Gli imputati sono accusati di esser responsabili dell’uccisione nel 1999 di sciiti durante le proteste popolari scoppiate nelle regioni meridionali del Paese in seguito all’uccisione dell’allora autorità religiosa sciita Muhammad Sadeq al Sadr.

Terza condanna a morte per "Alì il chimico" Nello stesso processo ha ricevuto la sua terza condanna a morte Alì Hassan al Majid, noto come "Alì il Chimico". Dal 26 gennaio, Aziz è imputato anche in un altro processo assieme ad altri 15 ex dirigenti del deposto regime, tra cui due fratellastri di Saddam Hussein e lo stesso al Majid, con l’accusa di essere responsabili dell’uccisione e deportazione di curdi sciiti iracheni all’inizio degli anni ’80.

Tareq Aziz assolto dal Tribunale Speciale in Iraq...


Tareq Aziz

L'ex numero due di Saddam Hussein, Tareq Aziz, e' stato assolto dal Tribunale speciale iracheno (Tsi) nel processo per l'esecuzione di 42 commercianti e uomini d'affari nel 1992 a Baghdad. Lo riporta "Peacereporter" citando la tv di Stato irachena. Aziz era accusato assieme ad altri sette gerarchi del deposto regime, di aver favorito la strage. Detenuto dal 2003, Aziz ha subito un progressivo deteriorarsi delle sue condizioni di salute. Per questo la sua famiglia e la sua difesa avevano chiesto il rilascio, ma la Corte non ha mai accettato. Restano per lui in atto altre inchieste rispetto ai crimini commessi dal regime di Saddam. Aziz era stato per anni al centro della vita politica irachena, in patria e all'estero. In quanto cristiano, si era spesso recato in visita in Italia, l'ultima volta nel 2003, per tentare attraverso il Vaticano una mediazione che impedisse l'invasione dell'Iraq.

(02 marzo 2009)

Fonte: http://www.repubblica.it



Raul Castro: chi è il nuovo Capo di Stato Cubano, fratello del Leader Maximo Fidel Castro e Rivoluzionario insieme al Che...


Raul Castro fratello di Fidel è il nuovo Capo di Stato Cubano

Figlio di galiziani immigrati a Cuba, è il fratello di Fidel Castro, è stato artefice, insieme a questi, a Ernesto "Che" Guevara e ad altri personaggi come Camilo Cienfuegos, della rivoluzione cubana e della politica interna del nuovo regime.

Da giovane partecipò a numerose manifestazioni studentesche di protesta contro il dittatore Fulgencio Batista, il cui colpo di stato aveva tra l'altro impedito al fratello Fidel di candidarsi alle elezioni del 1952. Dopo che la loro denuncia contro Batista non era stata presa in considerazione, i due fratelli organizzarono un assalto armato alla caserma Moncada a Santiago di Cuba nella Provincia di Oriente, il 26 luglio 1953. La mossa ebbe risultati negativi: molti rivoltosi morirono e altri, come lui stesso, furono condannati a vari anni di carcere.

Il 2 dicembre del 1956, dopo aver goduto di un'amnistia, Raùl Castro dall'esilio volontario in Messico partì alla volta di Cuba su una piccola imbarcazione, il Granma, insieme al fratello Fidel e ad altri rivoluzionari per dare inizio alla lotta di liberazione.Il Movimento del 26 di luglio , dopo un'abile guerriglia condotta soprattutto nella Sierra Maestra, scacciò Batista da Cuba e pose Fidel Castro a capo del governo (1 gennaio 1959).

Di ideologia comunista (pare che aderì al marxismo contemporaneamente a Che Guevara e quindi prima rispetto al fratello), Raúl Castro venne nominato Ministro delle Forze Armate Rivoluzionarie immediatamente dopo la rivoluzione; nel 1965 aggiunse a questa carica anche quella di secondo segretario del comitato centrale del Partito Comunista Cubano, e nel 1976 primo vice-presidente del Consiglio di Stato, diventando in tal modo il numero due del governo dell'isola caraibica (dopo, ovviamente, il lìder maximo).

Già considerato delfino del fratello (L'articolo 94 della Costituzione Cubana del 1976 infatti afferma che: "In caso di assenza, malattia o morte del Presidente del Consiglio di Stato, il suo incarico sarà preso dal primo vice-presidente"), il 31 luglio 2006 Fidel Castro, a causa di un problema all'intestino, gli ha ceduto temporaneamente i poteri; poteri che poi ha acquisito in maniera definitiva e ufficiale il 24 febbraio 2008[1], dopo la rinuncia del fratello Fidel alla presidenza. I suoi detrattori sostengono che egli, avendo vissuto all'ombra del fratello, non abbia le capacità di prendere in mano le redini del paese (ed altri critici interni affermano che all'interno del PCC ci siano giovani leader più capaci di lui); secondo i suoi sostenitori invece egli è l'unico uomo che può far continuare in sicurezza la tradizione castrista dell'isola.

Dal 31 luglio 2006 al 24 febbraio 2008 ha posto in essere modeste riforme all'interno dello stato cubano.

Il 26 luglio 2007, in occasione dei festeggiamenti per l'assalto al Cuartel Moncada, ha onestamente riconosciuto che i salari sono bassi ed è necessario introdurre riforme di struttura per migliorare la vita della gente, chiedendo alla popolazione di parlare dei problemi e delle soluzioni in appositi incontri pubblici.

Dopo il passaggio oltremodo distruttivo tra la fine di agosto e l'inizio di settembre 2008 di due uragani, Gustav e Ike, che hanno provocato danni per 10 miliardi di dollari, molti lo hanno criticato perché non è stato presente in televisione e sui luoghi colpiti. In verità in quei giorni tutte le personalità più in vista del partito sono state presenti sui luoghi molteplici del disastro. Ciò perché per il Presidente cubano conta che non un uomo, ma il partito, che incarna lo Stato, sia presente nei momenti difficili.

Nel mese di ottobre 2008 in una intervista all'attore americano Sean Penn ha dichiarato che Cuba è disposta da pari a dialogare col nuovo Presidente americano Barack Obama in un luogo neutrale, dunque anche nella base navale americana di Guantanamo, in territorio cubano.

Il 14 dicembre 2008 ha effettuato la prima visita all'estero, da quando è Capo di Stato, in Venezuela, dove è stato accolto con tutti gli onori dal Presidente Chavez.

Alcuni giorni dopo, il 16 dello stesso mese, si è recato in Brasile per la Cumbre del Gruppo di Rio, nel quale Cuba è stata ammessa, dove in modo molto chiaro ha affermato che il suo paese non è disposto a fare nessun gesto unilaterale nei confronti degli Stati Uniti, per la eliminazione del bloqueo, che dura dal 1962, e che il governo cubano è disposto a liberare i dissidenti a patto che gli Stati Uniti liberino i cinque eroi cubani, accusati di spionaggio.

Il 2 marzo 2009 la televisione cubana ha annunciato su decisione del Consiglio di Stato una profonda ristrutturazione nell'ambito del governo, dal quale vengono allontanati ben 11 ministri, tra cui quello degli esteri Perez Roque e il segretario del governo Carlos Lague, fedelissimi di Fidel Castro,poi dimessisi con una lettera inviata a Raul Castro da tutti gli incarichi parlamentari e di partito, ed accorpati 4 ministeri in due.

Se sulla stampa internazionale, prima di questa decisione, si pensava che Raul subisse l'influenza del fratello, dopo questa ristrutturazione governativa si è concordi sul fatto che a comandare sia il Presidente del Consiglio di Stato.

Nel periodo precedente il 24 febbraio 2008 ha ottenuto l'aumento dei prezzi prefissati degli alimenti che i contadini vendono allo Stato, il pagamento dei debiti di questo nei loro confronti, il regolamento sulle indiscipline nell'ambito del lavoro, il diritto di introdurre dall'estero i dvd, pagando alla dogana il valore in cuc, la firma dei trattati internazionali sui diritti umani.

Nominato Capo del Consiglio di Stato il 24 febbraio 2008, ha permesso di acquistare dal 1°aprile 2008 computer (ma senza accesso a Internet), ventilatori ed altri utensili tecnologici che prima di quella data erano vietati loro, dal 14 aprile di poter comprare un telefonino e registrarne il contratto.

Queste libertà, però, si pagano in cuc, la seconda moneta, entrata in circolazione nell'isola nel 1994, che ha sostituito la divisa americana alla fine del 2004;1 cuc vale 25 pesos.

Si è semplificato, inoltre, il regolamento per il trasferimento in proprietà ai singoli o alle famiglie, dopo 20 anni di affitto, delle case dello Stato.

Dal settembre 2008, immediatamente dopo il passaggio degli uragani distruttivi, la polizia, su direttiva del governo, ha iniziato una dura lotta contro il mercato nero, originato dai furti a danno dello stato.

Si sono avute aperture anche sul fronte dei diritti umani e dei civili, il vero problema che separa Cuba dalla comunità internazionale, nonché sulla libertà di circolazione.

Si è permesso dal 31 marzo ai cubani di frequentare gli hotels di lusso per turisti, autorizzate le operazioni chirurgiche gratuite del cambio del sesso nelle strutture pubbliche ai transessuali, introdotto la moratoria alla pena di morte.

Durante il primo periodo di governo di Raul 31 luglio 2006-31 luglio 2008 i prigionieri politici sono scesi da 316 a 219, anche se le detenzioni di alcuni giorni sono aumentate.

Sulla questione salariale l'11 luglio 2008 davanti al Parlamento ha affermato che per lo Stato cubano è importante l'uguaglianza dei diritti, non l'egualitarismo dei salari, e che, chi lavora di più, deve essere remunerato di più, affossando così uno dei principi base del socialismo cubano.

Per far fronte agli aumenti dei prezzi internazionali degli alimenti ed alle importazioni soprattutto dagli USA, alcuni giorni dopo il discorso davanti alla Assemblea de Poder Popular, il Consiglio di Stato ha emanato il decreto legge n.259/2008 col quale si concedono in usufrutto ad enti giuridici e persone fisiche terre statali incolte, che sono stimate intorno al 50%.

Dal 17 settembre 2008 lo Stato cubano ha iniziato la distribuzione delle terre oziose, dopo che dalla stessa data ha permesso ai contadini e alle cooperative di opzionarle. Fino al 22 gennaio 2009, secondo il vice ministro dell'Agricoltura, citato dal quotidiano Trabajadores, sono stati distribuiti 450 mila ettari di terra.

Si sono aumentate dal 1° maggio 2008 le pensioni minime da 167 a 200 pesos mensili ed è stata introdotta l'eliminazione del tetto dei salari, che è diventata obbligatoria per tutte le imprese dal 1° gennaio 2009.

Dal 22 gennaio 2009 è entrata in vigore la legge approvata nel dicembre 2008 dall'Assemblea Nazionale del Potere Popolare, che ha aumentato l'età pensionabile da 60 a 65 per gli uomini, da 55 a 60 per le donne e il periodo lavorativo da 25 a 30 anni, nell'arco, però, di 7 anni, ha riconosciuto ai lavoratori autonomi con regolare licenza il diritto di ricevere la pensione e ha permesso il cumulo di pensione e stipendio ai lavoratori subordinati.

Infine, con decreto legge n.260/2008 del Consiglio di Stato, per riempire vuoti di organico, dovuti ai bassi salari ed ai pensionamenti, si è permesso ai maestri e professori in pensione di ritornare al lavoro, cumulando alla pensione il salario.


Fonte: http://it.wikipedia.org

ITALIA-CINA

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