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domenica 2 settembre 2012

Stefania Limiti racconta la testimonianza di Mary Pace, scrittrice di intelligence: i servizi segreti italiani sapevano dov'era il nascondiglio Pakhistano di Osama Bin Laden...verità o fanta-politica? Bin Laden, il libro e l'altra verità sul blitz: «Ucciso già morente e disarmato!» Le «rivelazioni» su «no easy day» il libro scritto da uno del navy seals del raid...gli ultimi momenti di Bin Laden: era disarmato! Il capo di Al Qaeda aveva nella sua stanza un Kalashnikov e una pistola Makarov ma i caricatori erano vuoti!

AGENTE DEI SERVIZI SEGRETI ITALIANI
 
 I SERVIZI SAPEVANO DOV'ERA BIN LADEN

Osama bin Laden

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Foto di Osama bin Laden durante un'intervista del 1997
Osāma bin Muhammad bin ʿAwaḍ bin Lāden, più noto come Osāma bin Lāden o Bin Lāden (in arabo: أسامة بن محمد بن عوض بن لادن, Usāma b. Muhammad b. Awāḍ b. Lādin; Riyad, 10 marzo 1957Abbottabad, 2 maggio 2011), è stato un terrorista saudita, fondamentalista islamico sunnita, fondatore e leader di al-Qāʿida, la più nota organizzazione terroristica internazionale, attiva a partire dalla fine del XX secolo, di stampo jihadista, responsabile degli attentati dell'11 settembre contro gli Stati Uniti e numerosi altri attacchi con "vittime di massa" contro obiettivi civili e militari.[1][2][3]
Apparteneva alla facoltosa famiglia saudita Bin Laden, nonché all'etnia Kindita Yemenita.[4]
Bin Laden fu schedato dall'American Federal Bureau of Investigation (FBI) nella Ten Most Wanted Fugitives e nella Most Wanted Terrorists per il suo coinvolgimento agli attentati alle ambasciate statunitensi del 1998.[5][6][7] Dal 2001 al 2011, Bin Laden è stato un importante obiettivo della Guerra al terrorismo, con una taglia di 25 milioni di dollari da parte della Federal Bureau of Investigation.[8]
Dopo essere stato inserito dall'FBI nella lista Most Wanted, Bin Laden rimase in latitanza durante tre amministrazioni presidenziali statunitensi. Il 2 Maggio 2011 Bin Laden è stato ucciso in un conflitto a fuoco all'interno di un complesso residenziale ad Abbottabad, in Pakistan, dai Navy SEAL statunitensi e da agenti CIA nel corso di un'operazione segreta ordinata dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Poco dopo la sua morte, il corpo di Bin Laden è stato sepolto in mare.[9] Al-Qāʿida ha confermato la sua morte il 6 maggio 2011, promettendo vendetta.[10]

Indice

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Varianti del nome "bin Laden" [modifica]

Il nome Osāmatraslitterazione fonetica di Usāma bin Lāden - secondo la pronuncia saudita - o Ibn Lādin, secondo la pronuncia "classica") - è quello maggiormente citato nei rapporti dell'FBI e dai mass media di lingua anglosassone. Altre traslitterazioni meno corrette sono: Ussamah Bin Ladin, Oussama Ben Laden, come pure Binladen. Letteralmente la dicitura "Bin Lāden" non è un cognome ma un semplice nasab (patronimico) che significa "figlio di Lāden", equivalente nella sua realtà fonetica al grafico Ibn Lādin.
Osāma è stato abbinato a parecchi alias, quali "il Principe", "Il Principe del terrore", "lo Sceicco del terrore", "l'Emiro", "Abu Abd Allah", "Mujahid Shaykh" e "Hajji".

Biografia [modifica]

Origini e adolescenza [modifica]

Nato da Muhammad bin Awād bin Lāden (1908-1967)[11] e dalla siriana Hamida al-Attas (allora si chiamava Alia Ghanem), sua decima moglie, Osama bin Laden è stato il diciassettesimo di cinquantadue fratelli e fratellastri.[12] Suo padre era un self made man originario dello Yemen del Sud, magnate delle costruzioni e in stretti rapporti con la famiglia reale saudita.
Mohammed bin Laden divorziò da Hamida poco dopo la nascita di Osama bin Laden. Mohammed raccomandò quindi Hamida a Mohammed al-Attas, un socio. Al-Attas la sposò alla fine degli anni 1950 o i primi del 1960, e sono tuttora insieme.[13] Osama visse con la madre e il suo nuovo marito Muhammad al-Attas. Con al-Attas la madre ebbe altri tre figli e una figlia[11]. La famiglia bin Laden incassò 5 miliardi nel settore delle costruzioni, di cui Osama poi ne ha ereditato circa 25-30 milioni di dollari.[14]
Cresciuto nell'insegnamento della cultura e della religione musulmana fedele alla Sharīʿa (Allāh era spesso invocato da Osāma nelle sue interviste), Osāma faceva riferimento alla corrente dell'Islam wahhabita[15], dal nome dal suo fondatore Muhammad b. ʿAbd al-Wahhāb, che predica un ritorno alla religione delle origini con la cancellazione di tutte le innovazioni apportate dallo svolgersi del tempo.
Ancora adolescente viene mandato a studiare nell'Università Re ʿAbd al-ʿAzīz di Gedda e si laurea in Economia in vista di un suo inserimento professionale nell'azienda paterna (il Saudi Binladin Group), specializzata nell'edilizia e nell'esecuzione di grandi lavori infrastrutturali. Nel 1979 consegue anche un diploma in ingegneria civile, nella stessa università di Gedda. Nel 1971, quando aveva quattordici anni, visita insieme a due fratelli la Oxford University. All'università, il principale interesse di Bin Laden era la religione, dove era impegnato sia nell'interpretazione del Corano e del jihād sia in attività di beneficenza.[16] Altri interessi includevano la composizione di poesie;[17] la lettura, affermando che i lavori di Field Marshal Bernard Montgomery e Charles de Gaulle erano tra i suoi preferiti; cavalli neri; e il calcio, in cui si divertiva a giocare come centravanti e seguiva le vicende dell'Arsenal F.C.[18] Il periodo trascorso in Gran Bretagna del giovane Osāma è documentato da alcune istantanee pubblicate dopo i fatti dell'11 settembre dalla stampa occidentale.

Vita privata [modifica]

Nel 1974, all'età di 17 anni, Bin Laden sposò Najwa Ghanem a Latakia, in Syria;[19] divorziarono prima dell'11 settembre 2001. Altre mogli note di Bin Laden erano Khadīja Sharīf (sposata nel 1983, divorziata negli anni '90), Khayriyya Sabar (sposata nel 1985), Siham Sabar (sposata nel 1987), e Amal al-Sadah (sposata nel 2000). Alcune fonti includono una sesta moglie di denominazione sconosciuta, il cui matrimonio è stato annullato poco dopo la cerimonia.[20] Bin Laden fu padre all'incirca di 20-26 bambini avuti dalle sue mogli.[21][22] Molti dei figli di Bin Laden fuggirono in Iran dopo gli attentati dell'11 settembre e dal 2010 le autorità iraniane continuano, in base a quanto riportato, a monitorare i loro spostamenti.[23]
Il padre di Bin Laden morì nel 1967 in un incidente aereo in Arabia Saudita quando il suo pilota americano mancò un atterraggio.[24] Il fratellastro maggiore di Bin Laden, Salem bin Laden, il susseguente capo della famiglia Bin Laden, rimase ucciso nel 1988 nei pressi di San Antonio, in Texas, Stati Uniti, quando si schiantò, accidentalmente, con un aereo contro le linee elettriche.[25]
L'FBI descrisse Osama bin Laden da adulto come alto e snello, tra i 193–198 cm e 75 kg di peso, caratterizzato da una carnagione olivastra. Era solito indossare un turbante bianco ed aveva smesso di portare il tradizionale copricapo maschile saudita (la kefia).[26] Bin Laden era anche conosciuto per il pacato modo di parlare che lo contraddistingueva nel mondo arabo e per i modi gentili che caratterizzavano il suo carattere.[27][28]

Fede e ideologia [modifica]

Secondo l'ex analista della CIA Michael Scheuer, che ha diretto la caccia ad Osama bin Laden da parte della CIA, il leader di al-Qāʿida era motivato dalla convinzione secondo cui la politica estera statunitense aveva oppresso, ucciso, o comunque danneggiato i musulmani in Medio Oriente,[29] condensata nella frase "Loro ci odiano per quello che facciamo, non per ciò che siamo."
Bin Laden affermò inoltre che solo il ripristino della Sharīʿa avrebbe "rimesso le cose a posto" nel mondo musulmano, e che le alternative come il "panarabismo, il socialismo, il comunismo, la democrazia" dovevano essere contrastate.[30] Questo credo, in concomitanza con una jihad violenta, è stato talvolta chiamato Qutbismo, essendo stato promosso da Sayyid Qutb, personalità islamica cui Osama bin Laden faceva spesso riferimento, compreso nel suo ultimo messaggio alla Umma musulmana nei primi mesi del 2011.[31] Bin Laden riteneva che l'Afghanistan, sotto il governo dei talebani del Mullah Omar, era "l'unico paese islamico" nel mondo musulmano.[32] Bin Laden in modo coerente sottolineò la necessità di un jihad violento per rimediare a ciò che credeva fossero ingiustizie perpetrate contro i musulmani dagli Stati Uniti e, talvolta, da altri Stati non-musulmani,[33] la necessità di eliminare lo Stato di Israele e la necessità di costringere gli Stati Uniti a ritirarsi dal Medio Oriente. Egli invitò anche gli americani a "rigettare gli atti immorali di fornicazione, omosessualità, gli inebrianti, il gioco d'azzardo e l'usura", in un comunicato dell'ottobre 2002.
L'ideologia di Bin Laden includeva l'idea che i civili, comprese donne e bambini, fossero obiettivi legittimi della jihad.[34][35] Bin Laden era antiisraelita, e inviò avvertimenti contro presunti complotti ebraici: "Questi giudei sono maestri dell'usura e capi nel tradimento. Non vi lascieranno nulla, né in questo mondo né nel prossimo".[36] I musulmani sciiti sono stati elencati insieme agli "eretici, [...] all'America e ad Israele", come i quattro principali "nemici dell'Islam" nelle lezioni ideologiche dell'organizzazione al-Qa'ida di Bin Laden.[37]
Bin Laden era contrario alla musica per motivi religiosi,[38] e il suo atteggiamento verso la tecnologia era diverso. Da un lato era interessato a "macchine movimento terra e all'ingegneria genetica delle piante", ma dall'altro respingeva i "sistemi per l'acqua refrigerata".
I suoi punti di vista e i metodi per raggiungerli lo avevano portato ad essere designato come terrorista da parte degli studiosi,[39][40] dai giornalisti del New York Times,[41][42] dalla BBC,[43] dall'emittente televisiva del Qatar Al Jazeera,[44] da analisti indipendenti come Peter Bergen,[45] Michael Scheuer,[46] Marc Sageman,[47] e Bruce Hoffman,[48][49] ed è stato accusato di terrorismo da parte delle forze dell'ordine di Madrid, di New York, e di Tripoli.[50]
Nel complesso, la strategia di Bin Laden contro i nemici molto più grandi, come l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti, era quella di indurle a una lunga guerra di logoramento sul suolo di paesi musulmani, attirando in questo modo un gran numero di jihadisti che non si sarebbero mai arresi. Egli riteneva che ciò avrebbe portato al collasso economico della nazione nemica.[51] I manuali di al-Qāʿida delineano con chiarezza questa strategia. In un nastro del 2004 trasmesso da al-Jazeera, Bin Laden parlò di "insanguinare l'America fino al punto della bancarotta".[52]

Attività militante [modifica]

Guerrigliero in Afghanistan [modifica]

Dopo aver lasciato gli studi nel 1979, ventiduenne, Bin Laden andò in Pakistan, si unì ad ʿAbd Allāh al-ʿAzzām e utilizzò soldi e macchinari della propria impresa di costruzioni proprio per aiutare la resistenza dei mujaheddin nella guerra sovietica in Afghanistan.[53][54] In seguito disse ad un giornalista: "Mi sentito offeso dal fatto che un'ingiustizia fosse stata commessa contro il popolo dell'Afghanistan".[55]
La CIA venne a conoscenza delle attività di Bin Laden solo sul finire degli anni '80, senza mai entrarvi in contatto o finanziarlo direttamente.[56] Lo stesso Consigliere per la Sicurezza Nazionale del presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter, Zbigniew Brzezinski, ha affermato che sotto l'operazione Cyclone, dal 1979 al 1989, i guerriglieri afgani beneficiarono della fornitura di armi (inclusi i missili contraerei "da spalla" Stinger) e del finanziamento (indiretto) statunitense,[57] attraverso l'Inter-Services Intelligence (ISI) del Pakistan. Dichiarazione che va certamente in contrasto con ciò che affermò Bin Laden nell'intervista ad al-Jazeera nel 1998, quando disse che, qualsiasi ipotesi secondo cui gli USA e la CIA avessero sostenuto lui e i suoi combattenti nella guerra santa dei mujahideen contro l'Unione Sovietica in Afghanistan negli anni '80, fosse "un'alterazione da parte degli americani".[58]
Bin Laden incontrò e strinse contatti con Hamid Gul, che era il generale a tre stelle dell'esercito pakistano e capo dell'agenzia dell'ISI. Anche se gli Stati Uniti avessero fornito denaro ed armi per un certo periodo, la formazione dei gruppi militanti è stato interamente compito delle forze armate pakistane e dell'Isi.
Nel 1984 Osama bin Laden e ʿAzzam fondano il Maktab al-Khidamat, con il compito di convogliare denaro, armi e combattenti provenienti da tutto il mondo arabo in Afghanistan. Attraverso al-Khadamat, il patrimonio di famiglia ereditato da Bin Laden[59] servì per pagare biglietti aerei e alloggi, per pagare le pratiche con le autorità pakistane e per fornire altri servizi simili ai combattenti jihadisti. Bin Laden stabilì campi all'interno di Khyber Pakhtunkhwa in Pakistan e addestrò volontari provenienti da tutto il mondo musulmano per combattere contro il fantoccio regime sovietico, denominato Repubblica Democratica dell'Afghanistan. Fu durante questo periodo che divenne idolatrato da molti arabi.[60]

Nascita di al-Qāʿida [modifica]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce al-Qāʿida.
Bin Laden lancia un videomessaggio dal suo rifugio in Pakistan
Nel 1988, quando Bin Laden lasciò il Maktab al-Khidamat, molti dei suoi militanti lo seguirono. Mentre ʿAzzam fungeva da supporto per i combattenti afghani, Bin Laden voleva un ruolo sempre più militare. Uno dei principali punti, che portano alla scissione e alla creazione di al-Qāʿida, fu l'insistenza di Azzam di far integrare i combattenti arabi tra i gruppi combattenti afghani, invece di formare una forza combattente separata.[61] Appunti di una riunione di Bin Laden ed altri, del 20 agosto 1988, indicano che al-Qāʿida era un gruppo formale in quel momento: "Fondamentalmente una fazione islamica organizzata, il suo obiettivo è quello di sollevare la parola di Dio, per rendere la sua religione vittoriosa." Un elenco di requisiti per l'adesione riporta quanto segue: capacità di ascolto, buone maniere, obbedienza, e giuramento (in arabo bayʿat, letteralmente "prendere la mano", in segno di sottomissione e riconoscimento della superiorità altrui) di seguire i propri superiori.[62]
Secondo Wright, il nome reale del gruppo non venne utilizzato nelle dichiarazioni pubbliche perché "la sua esistenza era ancora un segreto ben tenuto".[63] Le sue indagini suggeriscono che al-Qāʿida è stata formata l'11 agosto 1988, in un incontro tra "eminenti comandanti" della Jihad islamica egiziana, ʿAbd Allāh al-ʿAzzām, e Bin Laden, in cui fu concordato di unificare i capitali di Bin Laden con l'esperienza dell'organizzazione Jihad Islamica, e di sostenere altrove la causa jihadista non appena i sovietici si sarebbero ritirati dall'Afghanistan.[64] In seguito al ritiro dell'Unione Sovietica dall'Afghanistan nel febbraio 1989, Osama bin Laden torna in Arabia Saudita nel 1990 e viene accolto come eroe della jihad, osannato perché insieme alla sua legione araba "aveva rovesciato la superpotenza" dell'Unione Sovietica.[65] Nonostante ciò, egli era infuriato per lo scoppio di lotte intestine e di violenze tribali tra gli stessi afghani.[66]
L'invasione irachena del Kuwait sotto Saddam Hussein il 2 agosto 1990, mette il regno saudita e il casato dei Saʿūd a rischio, con le forze irachene al confine saudita e l'appello di Saddam al pan-arabismo che potenzialmente incitano dissenso interno. Bin Laden incontrò immediatamente il Re Fahd, e il Principe Sulṭān quale ministro della Difesa saudita, incoraggiandoli a non dipendere dal supporto non-musulmano offerto dagli Stati Uniti e da altri, offrendosi di aiutare e di difendere l'Arabia Saudita con la sua legione araba. L'offerta di Bin Laden venne respinta, e la monarchia saudita invitò il dispiegamento delle forze Usa in territorio saudita.[67] Bin Laden denunciò pubblicamente la completa dipendenza militare saudita nei confronti degli Stati Uniti, sostenendo che i due luoghi più sacri dell'Islam, La Mecca e Medina, le città in cui il Profeta Mohammed ricevette e recitò il messaggio di Dio, avrebbero dovuto essere difese dai musulmani. Resterà impressa, nell'opinione generale e in particolare del mondo arabo, la commozione con cui Bin Laden reciterà in un filmato, che lo vedrà di fronte i suoi militanti, diversi versi del Corano e Ḥadīth del Profeta dell'Islam, nel quale paragonerà Saddam Hussein ai governanti arabi sauditi, alludendo al loro essere ṭawāghīt (governanti apostati), seppur non affermandolo esplicitamente. Non mancò di definire i governanti sauditi innovatori e lontani dalla metodologia di Muhammad, per aver abbandonato la terra santa in mano alla gestione statunitense, scegliendo come alleata la Casa Bianca piuttosto che i musulmani, sottoponendoli a embargo per mano dei "crociati", andando in questo modo a violare i precetti più importanti di una costituzione che si definiva fondata sulla Sharia. Da qui in avanti si rivolgerà all'Arabia Saudita con l'appellativo di La Terra delle Due Sacre Moschee (con l'espressione al-Ḥaramayn ci si riferisce alla Ka'ba di Mecca e alla Moschea del Profeta di Medina), non intendendo più riconoscere la famiglia reale Āl Saʿūd, che ha dato il suo nome all'Arabia, come legittima autorità del Paese.[68][69] La critica di Bin Laden verso la monarchia saudita li ha portati a tentare di farlo tacere. L'82nd Airborne Division (82ª Divisione aviotrasportata) dell'esercito degli Stati Uniti sbarcò nel nord-est della città saudita di Dhahran e cominciò a schierarsi nel deserto ad appena 400 chilometri da Medina.[66]
Nel frattempo, l'8 novembre 1990, l'FBI fa irruzione nella casa di New Jersey di El Sayyid Nosair, un associato del doppio-agente Ali Mohamed, sequestrando numerose prove di complotti terroristici, compresi piani per far saltare grattacieli di New York. Ciò ha segnato la prima conoscitiva dei piani terroristici di al-Qāʿida al di fuori dei paesi musulmani.[70] Nosair alla fine è stato condannato in relazione all'attentato del 1993 al World Trade Center, e più tardi confesserà l'omicidio del rabbino Meir Kahane a New York il 5 novembre 1990.
Bin Laden intanto continuava a rilasciare pubblicamente dichiarazioni contro il governo saudita. Seguì un'incrinatura dei rapporti, ed una rottura definitiva, con la monarchia saudita che gli tolse la cittandinanza. Andò a vivere in esilio in Sudan, nel 1992, grazie ad un accordo mediato da Ali Mohamed.[71]

Esilio in Sudan e ritorno in Afghanistan [modifica]

Nello stesso anno decise di fissare in Sudan la propria base operativa ad al-Khartum. Comprò una casa in via al-Mashtal nel ricco quartiere di al-Riyāḍ, e un ritiro spirituale sul Nilo Azzurro a Soba.[72][73] Durante la sua permanenza in Sudan, investì molto nelle infrastrutture, nel settore agricolo e nelle imprese. Costruì strade usando le stesse ruspe che aveva impiegato per costruire sentieri di montagna in Afghanistan. Molti dei suoi operai erano gli stessi combattenti che erano stati suoi compagni nella guerra contro l'Unione Sovietica. Era generoso verso i poveri e popolare tra la gente.[74][75] Continuava a criticare il Re Fahd dell'Arabia Saudita, e in risposta, nel 1994, Fahd spogliò Bin Laden della sua cittadinanza saudita e convinse la sua famiglia a privarlo del suo stipendio annuale pari a 7 milioni di dollari.[76] A questo punto Osama bin Laden veniva associato alla Jihad islamica egiziana (EIJ), che costituiva il nucleo di al-Qāʿida. Nel 1995 la EIJ tentò di assassinare il presidente egiziano Hosni Mubarak. Il tentativo fallì, e la EIJ venne espulsa dal Sudan.
Il fatto che il regime sudanese avesse garantito il suo appoggio a Saddam Hussein nel 1991 e che il suo presidente al-Bashir insieme al braccio destro del regime Hassan Al-Turabi, ideologo del fondamentalismo nazional-sudanese, si tenessero così stretto il ricchissimo uomo d'affari saudita Osama bin Laden, non piacque alla Casa Bianca, in special modo dopo l'incoronazione dello Sceicco in una manifestazione pubblica a lui dedicata.[77][78] Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America accusò il Sudan di essere uno 'sponsor del terrorismo internazionale' e Bin Laden stesso di gestire 'campi di addestramento per terroristi' nel deserto sudanese. Il progressivo isolamento internazionale di Kharṭūm si tradusse presto anche in vere e proprie sanzioni, unilateralmente imposte sia da Washington che dall’ONU. Se da un lato le sanzioni accettate internazionalmente, che si limitavano a bannare i voli della compagnia aerea di bandiera Sudan Airways, non sono mai state completamente applicate, quelle decise dal governo americano del presidente Bush senior non solo furono messe seriamente in atto, ma furono rafforzate durante il primo mandato del presidente Clinton (1996-2000). Vennero sottoposti a embargo gli scambi commerciali tra Sudan e Stati Uniti, gli investimenti americani nel paese, nonché il nascente settore petrolifero sudanese e, molte società petrolifere americane che avevano già ottenuto concessioni per lo sfruttamente del petrolio, furono costrette a rinunciare.[79]
Il Sudan quindi avviò le iniziative per espellere Bin Laden. Il Rapporto della Commissione sull'11 settembre afferma:
Verso la fine del 1995, quando Bin Laden era ancora in Sudan, il Dipartimento di Stato e la Central Intelligence Agency (CIA) appresero che i funzionari sudanesi stavano discutendo con il governo saudita sulla possibilità di espellere Bin Laden. Il paramilitare della CIA Billy Waugh rintracciò Bin Laden in Sudan e preparò un'operazione per arrestarlo, ma venne negata l'autorizzazione.[80] L'ambasciatore degli Stati Uniti Timothy Carney incoraggiò il sudanese di continuare su questa pista. I sauditi, però, non volevano Bin Laden, giustificandosi con la revoca della sua cittadinanza. Il ministro della Difesa del Sudan, Fatih Erwa, affermò che il Sudan si offrì di consegnare Bin Laden agli Stati Uniti. La Commissione non ha riscontrato alcuna prova credibile che fosse andata così. L'ambasciatore Carney ebbe solo istruzioni di far pressione sui sudanesi affinché espellessero Bin Laden. L'ambasciatore Carney non aveva alcuna base giuridica per chiedere di più al Sudan in quanto, allo stato dei fatti, non vi era alcuna accusa rilevante contro Bin Laden in qualsiasi paese.
Nel febbraio 1996, i funzionari sudanesi iniziarono a trattare con i funzionari degli Stati Uniti e di altri governi, chiedendo quali azioni da parte loro avrebbero potuto ridurre la pressione esercitata dall'estero. Negli incontri segreti con i funzionari sauditi, il Sudan offrì l'espulsione di Bin Laden in Arabia Saudita e chiese ai sauditi di perdonarlo. Funzionari statunitensi vennero a conoscenza di queste discussioni segrete, sicuramente prima di marzo. I funzionari sauditi a quanto pare volevano che Bin Laden fosse espulso dal Sudan. Avevano già revocato la sua cittadinanza, peraltro, e non gradivano la sua presenza nel loro paese. Anche Bin Laden potrebbe non essersi più sentito al sicuro in Sudan, dove era già sfuggito ad almeno un tentativo di assassinio che egli riteneva fosse stato opera del regime egiziano o saudita, e pagati per conto della CIA.
Nel maggio 1996, a causa della crescente pressione esercitata sul Sudan, da parte dell'Arabia Saudita, dell'Egitto e degli Stati Uniti, fu permesso a Bin Laden di partire per un paese di sua scelta. Egli scelse di tornare a Jalalabad, in Afghanistan a bordo di un volo charter, e lì forgiò un rapporto stretto con il Mullah Mohammed Omar.[81][82] Nonostante le sue ambizioni e capacità organizzative, quando Bin Laden lasciò il Sudan, lui e la sua organizzazione risultarono significativamente indeboliti.[83]
Nell'agosto del 1996, Bin Laden dichiarò guerra agli Stati Uniti. Nonostante la promessa del Presidente George H. W. Bush a Re Fahd nel 1990, che tutte le forze statunitensi con base in Arabia Saudita sarebbero state ritirate una volta che la minaccia irachena fosse stata sistemata, nel 1996 gli americani stazionavano ancora lì, con riferimento alla sopravvivenza del regime di Saddam (che Bush aveva deciso di non distruggere). L'opinione di Bin Laden era che "i 'mali' del Medio Oriente sono stati causati dal tentativo da parte dell'America di impadronirsi della regione e dal suo appoggio a Israele. L' Arabia Saudita è stata trasformata in una colonia americana."[84] La fatwā venne pubblicata per prima su al-Quds al-ʿArab, un quotidiano londinese in lingua araba. Era intitolata "Dichiarazione di guerra contro gli americani che occupano la Terra dei Due Luoghi Santi»."[85] L'Arabia Saudita è talvolta chiamata "La Terra delle Due Sacre Moschee" in riferimento alla Mecca e Medina, i due luoghi più sacri dell'Islam. Il riferimento a 'occupazione' nella fatwa fa riferimento alle forze statunitensi con base in Arabia Saudita atte a controllare lo spazio aereo in Iraq, nota come Operazione Southern Watch.
In Afghanistan, Bin Laden e al-Qāʿida raccoglievano fondi grazie a "finanziatori dei tempi della jihad sovietica", e grazie all'Inter-Services Intelligence (ISI) del Pakistan con lo scopo di instaurare più campi di addestramento per i combattenti mujaheddin.[86] Bin Laden prese validamente il controllo dell'Ariana Afghan Airlines, che traghettò militanti islamici, armi, denaro e oppio attraverso gli Emirati Arabi Uniti e il Pakistan, così come fornì falsi documenti d'identità ai membri della rete terroristica di Bin Laden.[87] Viktor Bout contribuì a gestire la compagnia aerea, curando la manutenzione aerea e occupandosi del caricamento merci. Michael Scheuer, capo dell'unità Bin Laden della CIA, ha concluso che l'Ariana venne utilizzata come un "servizio taxi terroristico".[88]
Si sospetta che, con l'aiuto di organizzazioni ufficialmente presunte alla carità verso i musulmani (una delle quali fondata dallo stesso cognato Muhammed Jamāl Khalīfa),[89] espanse successivamente il proprio raggio di attività inviando esponenti della propria organizzazione nel sud est asiatico ed in Africa, Europa e Stati Uniti con lo scopo di reclutare nuovi affiliati per al-Qāʿida e radicare il fondamentalismo islamico.
Con al-Qāʿida, Bin Laden avrebbe anche finanziato nel 1997 l'uccisione di un gruppo di turisti a Luxor, in Egitto.[90]
Nel 1999 la CIA si occupò di addestrare ed equipaggiare segretamente un commando di circa 60 uomini dei servizi segreti pakistani con l'obiettivo di farli entrare in Afghanistan per catturare o uccidere Osama bin Laden.[91]

Primi attentati e supporto agli attentati [modifica]

Il giornalista pakistano Hamid Mir mentre intervistava Osama bin Laden in Afghanistan nel 1997
Si ritiene che il primo attentato terroristico diretto da Bin Laden avvenne il 29 dicembre 1992 contro il Gold Hotel Mihor ad Aden in cui vennero uccise due persone.[92]
Si ritiene che solo dopo questo attentato al-Qāʿida svilupperà la propria giustificazione per quanto concerne l'uccisione di persone innocenti. Secondo una fatwa emessa da Mamdouh Mahmud Salim, l'uccisione di qualcuno in piedi vicino al nemico è giustificata per il fatto che tutti gli astanti innocenti troveranno la loro giusta ricompensa morendo, andando nella Jannah (Paradiso) se erano stati buoni musulmani e nel Jahannam (inferno), se erano stati pessimi musulmani o non credenti.[93] La fatwa venne emessa esclusivamente ai membri di al-Qāʿida, ma non al grande pubblico.
Negli anni '90, l'organizzazione al-Qāʿida di Bin Laden fornì assistenza finanziaria ai jihadisti e, talvolta, militare in Algeria, Egitto ed Afghanistan. Nel 1992 o 1993 Bin Laden inviò in Algeria un emissario, Qari al-Saʿīd, con 40,000 dollari per dare aiuto agli islamisti ed esortare la guerra, piuttosto che promuovere un negoziato con il governo. Il loro consiglio venne ascoltato, ma la guerra che ne seguì uccise 150.000-200.000 algerini e si concluse con la resa islamica al governo.
Bin Laden finanziò il massacro di Luxor del 17 novembre 1997,[94][95][96] che uccise 62 civili, ma indignò non poco l'opinione pubblica egiziana. A metà del 1997, l'Alleanza del Nord minacciò di invadere Jalalabad, portando Bin Laden a dover abbandonare il suo compound, sito nelle vicinanze, denominato Najim Jihad e a spostare la sua base operativa nel sud in un campo vicino Kandahar, noto come Tarnak Farms.[97]
Un altro attentato riuscito venne condotto nella città di Mazar-i Sharif in Afghanistan. Bin Laden riuscì a consolidare la sua alleanza con i talebani inviando loro centinaia di combattenti arabi afghani per aiutare i talebani impegnati ad uccidere tra i cinque e seimila hazara che popolavano la città.[98]
Nel febbraio 1998, Osama bin Laden e Ayman al-Zawahiri cofirmano una fatwa in nome del Fronte Islamico Internazionale per la Jihad Contro gli Ebrei e i Crociati che dichiarava l'uccisione dei nordamericani e dei loro alleati come un "dovere individuale per ogni musulmano" per "liberare la Moschea al-Aqsa (a Gerusalemme) e la Sacra Moschea (a La Mecca) dalla loro morsa".[99][100][101][102] All'annuncio pubblico della fatwa, Bin Laden dichiarò che i nordamericani erano "bersagli molto facili". Egli disse ai giornalisti presenti, "Vedrete i risultati di ciò in un tempo molto breve".[103]
Bin Laden e Ayman al-Zawāhirī organizzarono un congresso di al-Qāʿida che si tenne il 24 giugno 1998.[104]
Gli attentati alle ambasciate statunitensi del 1998 sono stati una serie di attacchi coordinati che si verificarono il 7 agosto 1998, nelle quali furono uccise centinaia di persone attraverso esplosioni simultanee di autobomba nelle ambasciate statunitensi delle maggiori città dell'Africa orientale, a Dar es Salaam in Tanzania e a Nairobi in Kenya. La data degli attentati era la ricorrenza dell'arrivo delle truppe americane sul suolo saudita durante la prima guerra del Golfo. Gli attacchi vennero attribuiti ai membri locali della Jihad islamica egiziana, portarono, per la prima volta, Osama bin Laden e Ayman al-Zawahiri all'attenzione pubblica degli Stati Uniti, e come conseguenza la US Federal Bureau of Investigation schedò Bin Laden nella sua Ten Most Wanted.
Nel dicembre 1998 il Direttore del Centro Antiterrorismo della CIA riferì al presidente Bill Clinton che al-Qāʿida stesse preparando attentati negli Stati Uniti d'America, nonché stesse provvedendo all'addestramento del personale al fine di dirottare aerei.[105]
Verso la fine del 2000, Richard Clarke rivelò che i militanti islamici guidati da Bin Laden avevano progettato un triplo attentato per il 3 gennaio 2000, che avrebbe incluso gli attentati in Giordania del Radisson SAS Hotel di Amman, di turisti sul Monte Nebo e di un sito sul Giordano, l'affondamento del cacciatorpediniere USS The Sullivans nello Yemen, così come un attentato contro un obiettivo negli Stati Uniti. Il piano è stato sventato grazie all'arresto della cellula terrorista giordana, all'affondamento della barca carica di esplosivo destinato a colpire il distruttore, e all'arresto di Ahmed Ressam.[106]

Guerre jugoslave [modifica]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Guerre jugoslave.
Un ex funzionario del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti nell'ottobre del 2001 descrisse la Bosnia-Erzegovina come un rifugio sicuro per i terroristi, dopo che gruppi militanti stessi del vecchio governo di Sarajevo rivendicarono di proteggere diversi estremisti, alcuni dei quali avevano forti legami con Osama bin Laden.[107]

Guerra santa [modifica]

Il primo attacco di Bin Lāden contro gli Stati Uniti avvenne contro un gruppo di soldati alloggiati in un albergo nello Yemen: i militari erano però partiti due giorni prima per la Somalia. Nel bombardamento dell'hotel morirono due turisti austriaci.[108]
Secondo alcune fonti Osāma avrebbe anche ideato e diretto l'attentato al World Trade Center del 1993[109] e pianificato, con la complicità del terrorismo indonesiano, il progetto Bojinka,[110] sventato a Manila il 6 gennaio 1995.
Il 23 febbraio 1998, Osāma fu uno dei cinque firmatari (fra cui l'emiro Ayman al-Zawāhirī, fondatore della Jihad islamica egiziana) di una fatwa (parere giuridico religioso) diretta a nome del Fronte islamico mondiale contro "ebrei e crociati".[111] In essa si sosteneva testualmente che «uccidere gli americani ed i loro alleati, civili e militari, è un dovere individuale per ogni musulmano che possa farlo in ogni paese ove sia possibile, per giungere alla liberazione della moschea al Aqsā di Gerusalemme e della Sacra Moschea della Mecca (che circonda la Kaʿba) e scacciare le loro armate dalle terre dell'Islam». Tutto ciò – proseguiva la fatwa – «secondo le parole dell'onnipotente Allāh: combattete i pagani tutti insieme come essi combattono voi tutti insieme, combatteteli fino a quando non ci saranno più tumulti od oppressioni e fintanto che non prevalga la giustizia e la fede in Allah».[112]
Il presidente americano Bill Clinton ordinò il congelamento di ogni bene di Bin Lāden in America, ma data la tardiva decisione nulla fu trovato. Contestualmente autorizzò la sua cattura e, se necessario, la sua uccisione, come nel caso del fallito lancio di missili da crociera contro la sua presunta base nell'agosto 1998.[113] Posta sul capo di bin Lāden una taglia di 25 milioni di dollari, per chiunque avesse fornito informazioni utili alla sua cattura, gli Stati Uniti convinsero nel 1999 le Nazioni Unite a imporre sanzioni contro l'Afghanistan nel tentativo di forzare il regime talebano a estradarlo.

Attentati terroristici contro gli Stati Uniti dell'11 settembre 2001 [modifica]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Attentati dell'11 settembre 2001.
Il secondo aereo che si schianta contro il World Trade Center.

« "Dio lo sa che non ci è passato per la mente di attaccare le Torri, ma dopoché la situazione è divenuta insostenibile—e abbiamo assistito all'ingiustizia e alla tirannia dell'alleanza israelo-americana contro la nostra gente in Palestina e in Libano—ci ho pensato. E gli eventi che mi hanno colpito direttamente sono stati quello del 1982 e quelli che seguirono—quando l'America permise agli israeliani di invadere il Libano, aiutati dalla Sesta Flotta U.S. Mentre osservavo le torri distrutte in Libano,[114] mi venne in mente di punire l'ingiusto allo stesso modo: distruggere le torri in America in modo che essa avrebbe assaggiato ciò che stiamo assaggiando e avrebbe smesso di uccidere le nostre donne e i nostri bambini." »

(Osama bin Laden, 2004[115][116])
Dopo aver negato,[117][118] Bin Lāden ha ammesso il suo diretto coinvolgimento negli atti terroristici contro gli Stati Uniti dell'11 settembre 2001 poco dopo gli episodi[119] e più esplicitamente il 29 ottobre 2004 con un video trasmesso dall'emittente del Qatar, Al Jazeera,[120][121][122] pochi giorni prima delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. In precedenza non aveva comunque mancato di definire più volte gli Stati Uniti un paese ostile all'Islam e un nemico dichiarato da combattere "con ogni mezzo" in nome del Jihād. Fra le registrazioni video, effettuate presumibilmente in Afghanistan e diffuse nei giorni immediatamente successivi all'11 settembre dall'emittente Al Jazeera, una in particolare aveva mostrato lo stesso Osāma parlare dell'attentato in termini che – secondo gli analisti dei servizi segreti statunitensi – lasciavano pochi dubbi su una sua partecipazione al piano d'attacco.
Gli attentati compresero il dirottamento di quattro aerei di linea[123], la conseguente distruzione di questi aerei e del World Trade Center a New York, ingenti danni al Pentagono sito nella Contea di Arlington[124], e la morte di 2973 persone[125] e dei diciannove dirottatori.[126] In risposta agli attentati, gli Stati Uniti lanciarono una guerra al terrore per deporre il regime talebano in Afghanistan e catturare gli agenti di al-Qaeda, e diversi paesi rafforzarono le proprie leggi anti-terrorismo per impedire attentati futuri. Venne affidata alla Divisione Attività Speciali della CIA un ruolo guida nel rintracciare e uccidere o catturare Bin Laden.[127]
La Federal Bureau of Investigation ha precisato che la documentazione confidenziale[128] che associa al-Qaeda e Bin Laden agli attentati dell'11 settembre è chiara e inconfutabile.[129] Il Governo britannico raggiunse una simile conclusione riguardante la responsabilità di al-Qaeda e di Osama bin Laden in merito agli attentati dell'11 settembre.[130]
Bin Laden negò inizialmente il proprio coinvolgimento negli attentati, e ciò secondo molti analisti per prendersi del tempo e per una scelta comune da parte del direttivo dell'organizzazione. Il 16 settembre 2001, Bin Laden legge un comunicato più tardi trasmesso dalla rete televisiva del Qatar, Al Jazeera, negando la propria responsabilità riguardo gli attentati.[131]
Il 7 ottobre dello stesso anno, poco dopo che le forze Usa iniziarono gli attacchi di rappresaglia contro il regime talebano in Afghanistan, la rete televisiva al-Jazeera trasmette un comunicato, registrato e successivamente inviato, di Bin Laden insieme ai più alti agenti di al-Qaeda, fra cui il suo "luogotenente" Ayman al-Zawahiri, il capo militare Mohammed Atef e il portavoce Sulaiman Abu Ghaith, in cui discutono dell'attentato; il messaggio sembra essere registrato nei giorni precedenti visto che non cita l'invasione statunitense sul suolo afghano. L'ultimo a parlare è proprio Bin Laden che nel mezzo della sua dichiarazione lancia affermazioni a prima vista fuori tema ma che agli occhi degli esperti sono messaggi cifrati intenzionalmente inviati ai suoi affiliati in Spagna e altrove, come il riferimento all'Andalusia, una zona nel sud della Spagna con una storia di guerra tra musulmani e "Vandali" del Nord (l'Andalucia o Vandalia prende il nome da questi vandali); da qui la scelta del governo americano di censurare i futuri comunicati del leader di al-Qaeda al grande pubblico, mostrando in futuro solo brevi spezzoni.[132] Concludendo il suo discorso si rivolge direttamente all'America e al suo popolo giurando che "solo quando la Palestina vivrà sicurezza il popolo americano potrà vivere in tranquillità"; questa frase racchiude uno degli obiettivi di Bin Laden e la citerà in diverse circostanze negli anni a seguire.[133]
La rete di Bin Laden in quel momento era attiva in 34 paesi.[134]
A seguito degli attentati alle Twin Towers di New York e al Pentagono di Arlington (Virginia)[135][136], Bin Laden fu ricercato dal FBI e da diversi governi.[137] Figurava al primo posto nella lista dei ricercati dall'FBI[138], non soltanto per i fatti dell'11 settembre, poiché per tali atti terroristici a occuparsene è direttamente il Dipartimento di Stato statunitense, il quale ha messo su Bin Laden una taglia di 25 milioni di dollari[139], poi raddoppiata a 50 milioni di dollari nel 2007[140].

Procedimenti penali [modifica]

Il 16 marzo 1998 la Libia emise il primo mandato ufficiale di cattura internazionale, tramite l'Interpol, nei confronti di Osama bin Laden e altre tre persone. I tre erano accusati dell'assassinio di Silvan Becker, agente dei servizi segreti interni tedeschi (Ufficio federale per la protezione della Costituzione) nel Dipartimento Antiterrorismo, e di sua moglie in Libia il 10 marzo 1994.[50][141] Bin Laden era ancora ricercato dal governo libico al momento della morte.[142][143] Osama bin Laden venne per la prima volta incriminato da un grand jury degli Stati Uniti l'8 giugno 1998 con l'accusa di aver uccisso cinque americani e due indiani il 14 novembre 1995, quando un'autobomba distrusse l'edificio della Guardia nazionale saudita di Riyadh dove lavoravano consiglieri statunitensi: sette morti (cinque americani) e oltre 60 feriti. Lo sceicco Osama Bin Laden rivendicò a pochi giorni l'attacco.[144] [145] Bin Laden venne accusato di "associazione per delinquere al fine di attaccare i servizi di difesa degli Stati Uniti", e i pubblici ministeri accusarono inoltre Bin Laden di essere la testa dell'organizzazione terroristica al-Qaeda e di essere un rilevante finanziatore dei combattenti islamici in tutto il mondo.[144]

Localizzazione di Bin Laden [modifica]

L'ultima localizzazione di Bin Lāden risaliva al 2001 nella zona di Kandahar, Afghanistan. Dopo l'attacco dell'11 settembre gli Stati Uniti chiesero al governo dei Talebani l'estradizione di Bin Lāden, senza ottenerla. Questo rifiuto fu uno dei motivi riportati dalle fonti statunitensi per il successivo attacco militare all'Afghanistan in cui lo stesso governo talebano fu rovesciato.
Stando alle indagini dell'FBI, Bin Lāden fu responsabile anche degli attentati compiuti contro le ambasciate degli Stati Uniti a Dar es Salaam (Tanzania) e Nairobi (Kenya) che causarono la morte di oltre duecento persone,[146] e di altri attacchi terroristici in varie parti del mondo.
Alla vigilia del sesto anniversario dell'attacco agli Stati Uniti dell'11 settembre 2001, la CIA rivelò di aver ricevuto un nuovo video di Osāma bin Lāden.[147] Bin Laden nel video cita Sarkozy. Nel video Bin Lāden sarebbe ritratto sullo sfondo e leggerebbe il testamento di uno dei terroristi delle Twin Towers, Walīd al-Shehri.
Nel settembre 2006, dopo che alcuni giornali francesi diffusero la notizia della sua morte per febbre tifoide (poi smentita),[148] fu ipotizzato un cattivo stato di salute di Bin Lāden, che sarebbe perdurato per alcuni anni.
Del 20 settembre 2007 è il messaggio audio da parte di Osama bin Laden rivolto al popolo del Pakistan, "Venite alla Jihad", in cui il leader di al-Qāʿida esorta i Musulmani in generale a perseguire la Jihad, ma in particolare ai pakistani affinché rovescino il loro presidente Pervez Musharraf come vendetta per l'assedio alla Moschea Rossa del luglio precedente.[149][150][151]
Il 22 ottobre 2007 bin Laden si rivolge al popolo iracheno invitando tutti i gruppi iracheni insorti a fare rete tra di loro. In questa occasione bin Laden lamenta una certa disunione e un cattivo uso delle risorse. Ammette che Qāʿida ha commesso degli errori, e che tutti gli arabi sunniti devono unirsi per sconfiggere gli stranieri e i musulmani sciiti. Il tono del messaggio e gli argomenti trattati, secondo gli analisti, suggeriscono una parziale ammissione, da parte di Bin Laden, della sua sconfitta in Iraq.[152][153]
Il 21 marzo 2008, Bin Laden inviò due audiomessaggi, in uno dei quali minacciava di morte papa Benedetto XVI che venne difeso da Bill Clinton.[154]
Il 28 aprile 2009 comparve la notizia, poi smentita, secondo cui il presidente pachistano Asif Ali Zardari dichiarava che l'intelligence del suo Paese riteneva morto il leader di al-Qāʿida, pur non avendo prove certe della stessa[155].
Il 3 giugno 2009 il canale televisivo Al Jazeera trasmise un messaggio di Bin Laden che metteva in guardia i musulmani e il mondo intero da ciò che è per lui l'"imbroglio Obama", accusando il Presidente degli Stati Uniti di disprezzare, come il suo predecessore George W. Bush, l'Islam[156].
Messaggi audio furono trasmessi via Internet in data 13 e 25 settembre 2009. Nel primo Bin Laden celebrava l'ottavo anniversario degli attentati dell'11 settembre 2001, definendo Barack Obama incapace di fermare i conflitti interni in Iraq e Afghanistan, e facendo un appello al popolo statunitense affinché si liberasse da quella da lui definita "lobby israeliana", contro la quale furono rivolti anche gli attacchi del 2001[157]. Nel secondo faceva invece appello alla popolazione europea, condannando l'alleanza NATO nella guerra in Afghanistan e il non rispetto dei diritti umani all'interno del conflitto, ricordando infine gli eventi degli attentati del 7 luglio 2005 a Londra e degli attentati dell'11 marzo 2004 a Madrid[158].
Il 24 gennaio 2010 rivendicò, in un messaggio audio, un fallito attentato a un aereo negli Stati Uniti il 25 dicembre 2009, chiamando "eroe" l'attentatore; inoltre intimò al presidente Obama di annullare la stretta alleanza statunitense con Israele, esprimendo compassione per le sofferenze che la popolazione subisce nella Striscia di Gaza, perché solo con la fine di questa alleanza e la pace in Palestina, afferma al-Qāʿida, potrà far cessare gli attentati[159].
Il 29 gennaio 2010 Bin Laden rilasciò dichiarazioni su argomenti differenti rispetto ai precedenti messaggi, tra cui i cambiamenti climatici. Accusò gli Stati Uniti di non aver rispettato il protocollo di Kyoto, diventando così, insieme agli altri paesi industrializzati, i maggiori responsabili dell'effetto serra. Inoltre parlò di economia; affrontò l'argomento della grave crisi economica del 2009, attribuendone la colpa all'economia statunitense, ed invitò il mondo al boicottaggio dei prodotti statunitensi e del dollaro[160].
Il 25 marzo 2010 Bin Laden ritornò all'uso di un linguaggio duro e minaccioso, in un audiomessaggio diffuso da Al Jazeera, nel quale minacciava, dopo essersi lamentato col popolo americano del proseguimento della Guerra in Afghanistan, di far uccidere qualunque ostaggio statunitense catturato dai suoi affiliati se fossero stati condannati a morte coloro che erano stati le menti degli attentati dell'11 settembre 2001 ed i loro compagni detenuti a Guantanamo.
In data 1 ottobre 2010 fece comparire un messaggio audio sul web dove parlava dei rischi connessi ai cambiamenti climatici e della povertà. Dava inoltre consigli agli agricoltori del Sudan riguardo ai problemi comportati dalla desertificazione, ed espresse il suo cordoglio alle vittime dell'alluvione del 2010 in Pakistan, chiedendo un'azione più incisiva dei governi e criticando la scelta del Pakistan di destinare solo l'1% dei suoi bilanci ai poveri. Ha fatto gli auguri ai musulmani per la fine del Ramadan[161].
Il 21 gennaio 2011 Osama Bin Laden rivolse una dura minaccia alla Francia affermando che se essa non avesse ritirato i propri soldati l'Afghanistan, gli ostaggi francesi, sequestrati da cellule di al-Qāʿida in Niger, sarebbero stati uccisi, per colpa della subalternità di Nicolas Sarkozy agli USA.
Del 18 gennaio 2011 è l'ultimo messaggio audio di Bin Laden; messaggio postumo rilasciato 16 giorni dopo la sua morte attraverso il tradizionale metodo usato dal dipartimento per la propaganda di Qāʿida al-Sahab. Bin Laden si rivolgeva alla comunità musulmana elogiando la primavera araba e incoraggiando i rivoltosi, non facendo comunque riferimento alla situazione libica.[162][163]. Secondo il giornalista Tayseer Allouni, famoso per aver intervistato Osama bin Laden un mese dopo gli attentati dell'11 settembre 2001, lo Sceicco saudita era risoluto a perseguire una trega o comunque una militanza in linea con la primavera araba.[164][165]
L'ultimo messaggio video di Osama bin Laden viene rilasciato da Qāʿida il giorno successivo al 10º anniversario degli attentati dell'11 settembre 2001. L'ex leader dell'organizzazione si rivolgeva al popolo americano avvertendelo dal rischio "capitalismo" e del complesso militare-industriale.[166].

La morte [modifica]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Morte di Osama bin Laden.
Modello del rifugio dove si nascondeva Osama bin Laden
Alle 00:05 del 2 maggio 2011,[167] nei primi minuti dopo mezzanotte, data ed ora del fuso orario del Pakistan, un'unità dei Navy SEAL (le forze speciali della marina statunitense)[168] ha condotto un'azione ad Abbottabad, vicino ad Islamabad, presso il rifugio del leader di al-Qāʿida, individuato grazie ad un'operazione di intelligence condotta fin dall'agosto dell'anno precedente e lo ha ucciso in un conflitto a fuoco. Nella stessa notte del 1º maggio 2011 (fuso orario di Washington, dove non era ancora passata la mezzanotte), il Presidente degli Stati Uniti d'America, che aveva seguito l'intera operazione attraverso microcamere poste sugli elmetti dei militari, ne ha annunciato la morte.[169]
Nell'azione sarebbero morti altri membri del gruppo di comando di bin Laden, o della sua famiglia.[170]
La scelta di utilizzare l'azione mirata portata in loco dal commando, in luogo del lancio di una bomba convenzionale aviolanciata e guidata, ad altissimo potenziale, sarebbe stata presa per limitare morti e distruzioni (nel fabbricato dove era alloggiato bin Laden risiedevano almeno 20 persone, fra cui alcune donne e bambini), e - non secondariamente - anche per avere l'assoluta certezza del decesso di bin Laden.[170]
Le modalità di conduzione dell'operazione hanno tuttavia suscitato alcune critiche.[171] Tra gli altri: l'ex-cancelliere tedesco Helmut Schmidt, che ha evidenziato «una chiara violazione delle leggi internazionali»;[172] il Ministro svizzero Ueli Maurer,[173] che ha accusato Obama di «elevare il terrorista al suo stesso livello».

Note [modifica]

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Bibliografia [modifica]

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  • Jean-Pierre Milelli, Al-Qaeda. I testi, Roma-Bari, Laterza, 2006.

Voci correlate [modifica]

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Collegamenti esterni [modifica]

PredecessoreCapo di QāʿidaSuccessoreFlag of al-Qaeda in Iraq.svg
sconosciuto1986 - 2 maggio 2011Ayman al-Zawahiri

NEW YORK - Quando i Navy Seal entrarono nella stanza da letto di bin Laden, nel suo fortino di Abbottabad, in Pakistan, il numero uno di al Qaida era già ferito a morte, con una pallottola al cervello, riverso a terra in una pozza di sangue. Ed era disarmato. Nonostante ciò gli furono scaricate addosso parecchie raffiche di mitra che misero definitivamente fine alla vita dell'uomo più odiato d'America. La mente che ideò i terribili attentati dell'11 settembre del 2001. La clamorosa rivelazione è contenuta nel discusso libro 'No Easy Day', edito dalla casa editrice Penguin e in uscita il prossimo 4 settembre.
Libro scritto da uno dei protagonisti e testimone di quel raid, un membro del commando che partecipò all'operazione in tutte le sue fasi, fino alla morte di Osama. L'autore si chiama Mark Owen. Ma quest'ultimo è in realtà uno pseudonimo dietro cui si cela l'ex 'Rambo' Matt Bissonnette. Da quando Fox News ha rivelato il suo vero nome, l'uomo è stato più volte minacciato di morte su alcuni siti legati a gruppi di estremisti islamici. Del suo racconto sono state diffuse alcune anticipazioni da cui emerge una verità diversa dalla versione finora raccontata da Casa Bianca e Pentagono. E che potrebbe innescare molte polemiche, visto che in base al racconto i Navy Seals avrebbero di fatto violato le regole di ingaggio.
Regole che erano molto chiare: se Osama non avesse costituito una minaccia, doveva essere preso vivo. La ricostruzione fatta nel libro dice che non andò così. Mentre i membri del commando dei Navy Seals salivano lungo una scala stretta, ricorda Owen-Bissonnette, in cima si vide un uomo che metteva la testa fuori da una porta: «Eravamo a meno di cinque gradini, quando sentii dei colpi attutiti dal silenziatore. Bop Bop». «Non potevo dire dalla mia posizione se le pallottole avevano centrato il bersaglio. L'uomo era intanto scomparso nella stanza buia».
Al momento dell'irruzione, quindi, la scena che si presentò ai membri del commando fu quella del leader di al Qaida tutt'altro che armato, come è stato raccontato finora. Osama era per terra, in un lago di sangue, e alcune donne erano riverse sul suo corpo. Su un comodino c'erano un Kalashnikov e una pistola Makarov, ma i caricatori erano vuoti. Osama indossava una maglietta bianca senza maniche, pantaloni kaki larghi e una tunica beige: «Sangue e pezzi di cervello gli uscivano da un lato del cranio. Lui era ancora in preda alle ultime convulsioni», scrive l'autore. Mentre il terrorista più ricercato del mondo esalava gli ultimi respiri, lo stesso Owen e un secondo Navy Seal gli puntarono le armi al petto e spararono parecchi colpi: «Le pallottole scossero il suo corpo - si legge - inchiodandolo al pavimento fino a che non restò immobile».


WASHINGTON – Osama Bin Laden era disarmato quando è stato centrato dal fuoco dei commandos americani. Il capo di Al Qaeda aveva nella sua stanza un Kalashnikov e una pistola Makarov ma i caricatori erano vuoti. Sono questi i primi particolari che emergono dal libro scritto da uno dei Navy Seals che ha partecipato al raid ad Abbottabad (Pakistan). No Easy Day sarà nelle librerie a partire dal 4 settembre ma il sito Huffington Post è riuscito ad averne una copia ed ha lanciato alcune anticipazioni.
AZIONE FINALE - Mark Owen – questo lo pseudonimo dell’autore – racconta così le fasi finali dell’azione. «Eravamo cinque scalini dalla cima delle scale quando ho sentito due colpi soffocati. Dalla mia posizione non posso dire se il bersaglio fosse stato colpito. L’uomo era già sparito nell’oscurità della stanza». Osama probabilmente si affaccia sull’uscio ed è centrato da chi apre la fila dei commandos americani. A quel punto il team entra nella camera di Bin Laden. Lui indossa una maglietta senza maniche, una tunica, un paio di pantaloni. È riverso per terra. A fianco, piangenti, alcune donne. «Materiale celebrale e sangue escono da una ferita alla testa», prosegue Owen. Bin Laden è agonizzante, il suo corpo ha come delle convulsioni. «Puntiamo i laser (del sistema di puntamento dei mitra, ndr) sul suo petto e spariamo diversi colpi che scuotono il suo corpo al suolo fintanto che resta immobile».
ORDINI - I Seals esaminano il volto per un primo riconoscimento, quindi rivolgono qualche domanda alle donne per essere sicuri che si tratti di Osama. In apparenza i commandos non rispettano gli ordini. Owen ricorda che prima della missione hanno ricevuto la visita di un legale – mandato dalla Casa Bianca o dal Pentagono – che chiarisce: «Non è un’operazione di target killing. Se non rappresenta una minaccia lo dovete catturare vivo». E in effetti – sempre che la ricostruzione sia veritiera – Osama non solo non oppone resistenza ma non è neppure pronto a farlo. Uno scenario già emerso, in qualche modo, nell’immediatezza dell’operazione ma che ora ha una conferma da un testimone diretto.
VERSIONI CONTRASTANTI - Owen rivela poi che non ci sarebbe stato alcuno scontro a fuoco quando i militari arrivano davanti alla palazzina-rifugio. Secondo la versione diffusa dopo il raid l’unità dei Seals aveva sostenuto una battaglia di 40 minuti prima di poter far irruzione al piano dove si trovava il leader terrorista. In No Easy Day non mancano risvolti politici. Il membro della squadra d’assalto, infatti, non risparmia frecciate al presidente. Owen sostiene che erano sicuri che si sarebbe preso il merito di «aver ucciso» Bin Laden e per questo «sarebbe stato rieletto». Siccome «non eravamo certo dei fans di Obama» – aggiunge – si scherzava se sarebbe stato meglio «non farlo» per impedirne così la rielezione.
PROMESSE NON MANTENUTE - Infine c’è il ricordo della visita alla Casa Bianca. E qui riappare la scarsa simpatia di Owen verso chi li ospita. Nell’articolo sull’Huffington Post viene riportata una battuta ironica sul vice presidente Biden: «Mi è sembrato una persona simpatica – dice l’autore -, anche se mi ricordava uno zio ubriaco alla cena di Natale». Ma quello che infastidisce i protagonisti del blitz è la mancata promessa del presidente. Congedandoli, Obama li invita «a tornare per una birra alla Casa Bianca». E Owen si lamenta che quella chiamata non è mai arrivata. Il libro – che è stato scritto senza l’autorizzazione dei vertici militari, o almeno così dicono – si annuncia come un grande successo. Doveva uscire l’11 settembre ma la casa editrice ha deciso di anticiparlo al 4 vista la grande richiesta e il fuoco delle polemiche. Che continueranno. 



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