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venerdì 25 aprile 2008

La riforma della scuola...

Il nuovo Governo Berlusconi riamodernerà la scuola Italiana??? Tanti, soprattutto gli studenti, gli insegnanti precari ed i genitori degli alunni lo sperano...

"Liberazione": "parole pompose" e "tristi realtà!"

Roma - A leggermi qualcuno potrebbe pensare che io sia acriticamente ed aprioristicamente schierato. E che le mie parole siano scritte al solo scopo di esaltare la mia parte, svillaneggiando la parte avversaria. Niente di più falso. Io, difatti, chiamo "fratelli" sia i "repubblichini" sia i "resistenti". E che altro potevano fare gli Italiani negli anni 1943/45? Con il "Duce", arrestato dal Re e liberato dai Tedeschi; con il Re e il Governo Badoglio che scappavano a porsi sotto la protezione degli Alleati, senza aver dato uno straccio di ordine e di direttiva? Ciascuno ha scelto secondo le proprie idee, spesso secondo il caso.
No, il problema non sta nel dare "giudizi taglienti" sugli uomini e sui fatti del 1943/45. Perché in entrambi gli schieramenti ci furono "eroi", "martiri" e "carnefici". Il problema sta nell’uso che i "vincitori" fecero della "vittoria". E, allora, non si può non concludere che, grazie alla "liberazione del 25 aprile 1945", siamo diventati una "colonia" amministrata da molti "papponi". Papponi senza intelligenza, senza dignità, senza onore e senza pudore. Parole in libertà? E, allora, leggiamoci i "fatterelli" di questa "Italya liberata". E cominciamo dal fatto che oggi, 25 aprile 2008, i nostri politici sono in piazza a celebrare la "data fatidica". E che, nel celebrare, non ci sono distinzioni di sorta. Sono tutti lì, a recitare parole solenni.
Nel frattempo…. Nel frattempo in Italia ci stanno 113 basi militari USA. Sapete dirmi da chi ci difendono? Nel frattempo 10.000 soldati italiani stanno all’estero. A combattere le guerre americane. Oppure volete dirmi che noi avevamo un qualche interesse al fatto che gli USA costruissero una grandiosa base militare in Kossovo e che la UNOCAL costruisca i suoi oleodotti in Afganistan? Nel frattempo la situazione nel Vicino Oriente si fa, di giorno in giorno, più incandescente. Perché, mentre gli Europei siamo rassegnati a comprarci le materie prime, gli USA sono abituati a rapinare le materie prime altrui.
Potremmo trarcene fuori, dicendo che noi seguiamo "la via della pace" e che, se loro "cercano la guerra", se la facciano da soli. Potremmo farlo se il partito americano e sionista non fosse accampato tra di noi e su di noi. E se noi, immemori dell’insegnamento di Dante ("Uomini siate e non pecore matte, sì che il giudeo di voi, tra voi, non rida"), non ci illudessimo che siamo "liberati". E non ci lasciassimo portare al macello come tante pecore belanti. Inneggiando alla "liberazione dal nazifascismo".
***
Succede, dunque, che mentre i nostri "politici/papponi" si esibiscono a celebrare la resistenza, l’ambasciatore libico all’ONU propone di condannare Israele perché "Gaza è un lager". Protestano gli ambasciatori francese, americano e inglese. E il nostro ambasciatore propone che si sospenda la seduta (1). "Gaza come un campo di concentramento nazista"? Io non so dire, si potrebbe indire una gara internazionale per cercare di individuare le "somiglianze" e le "differenze". Ma protestare per il confronto a me pare un eccesso. Non la pensa come me Pierluigi Battista che, sulle colonne del "Corriere", ci spiega che è "intollerabile" che gli "Israeliani" vengano confrontati ai "nazisti". Perché, avendo i nazisti perso la guerra ed avendola gli Ebrei vinta, un simile confronto è blasfemo. Non fu forse detto "non bestemmiare il Signore Dio tuo"? E allora noi, liberati il 25 aprile 1945, prendiamo posizione: nessun dibattito che, facendo raffronti tra "Gaza" ed "Auschwitz", metta in dubbio la "pietas judaica". Blasfemo chi dice il contrario. E, se la realtà di Gaza brucia gli occhi, meglio chiudere gli occhi che dubitare degli Ebrei.
Si dibatte negli USA sul fatto che gli Israeliani hanno bombardato la località di Al Kibar in Siria. E tutti a dire "quanto sono cattivi questi Siriani che volevano costruire una centrale atomica" e "quanto sono cattivi questi nordcoreani che fornivano i macchinari e i tecnici". Giustamente nessuno condanna gli Israeliani autori del bombardamento che poteva scatenare una guerra. Gli Israeliani sono amici degli USA e, pertanto, "benedetti da Jahvé". Chi oserà criticarli? Non gli USA "liberatori", non gli "Italyani liberati". E giustamente il "Corriere" ci pubblica su un articolo tutto zucchero e miele (3).
Per fortuna il bello deve ancora venire. Su questo ci informa il "Corriere" (4). Pare, dunque, che sul problema "sanzioni all’Iran" il centrosinistra tenesse un "profilo defilato": stavano in seconda fila e, pur annuendo, bofonchiavano. Ora che subentra il centrodestra e che al Ministero degli Esteri va Frattini (sionista.doc) prenderemo "parte attiva" e saremo "più decisivi". Perché se taluni del centrosinistra, per compiacere gli Ebrei, si erano fatti "circoncidere"; pare che tali altri del centrodestra, pur di risultare graditi agli Ebrei, oltre che "circoncidere" si siano anche fatti "sodomizzare". Insomma, ne vedremo delle belle. Anche perché gli Iraniani (sono "ariani" e, come se questo non bastasse, sono anche dei "fanatici mussulmani") sono un osso molto duro da mandare giù. E, dunque, che Padre Giove ce la mandi buona.
Né mi sono di conforto alcuno le ciance che lo scrittore ebreo/israeliano Abraham Yehoushua ci ammannisce in questa data fatidica (5). Perché lo scrittore guarda al passato. Se, invece, guardasse al futuro, vedrebbe nero anche lui. Solo che fu detto: "Dio acceca coloro che vuol perdere". E, allora, il buon Abraham sproloquia. Sproloquia ma non vede oltre il suo naso.
***
Concludendo. Io guarderei con un certo rispetto agli uomini ed ai fatti accaduti negli anni 1943/45. Ma oggi, guardando ai "papponi" che ci stanno portando al macello, salmeria di USA/Israel, il mio intelletto si ribella. E il mio cuore esprime una ripulsa senza "se" e senza "ma". E’ necessario liberarci da questa canaglia che si imbandiera a festa. Per nascondere le loro ruberie e la nostra schiavitù.

Antonino Amato

Liberiamoci dei liberatori!

Noi Italiani abbiamo 113 motivi per festeggiare la "liberazione". 113 sono le basi militari USA dislocate in Italia. A nostre spese.
Noi Italiani abbiamo 10.000 motivi per festeggiare la "liberazione". 10.000 sono i soldati italiani mandati all’estero a combattere le guerre americane. A nostre spese.
Noi Italiani abbiamo 400.000 motivi per festeggiare la "liberazione". 400.000 sono i ladroni che, dal 1945, ci amministrano per conto degli USA. Rubando alle nostre spalle.




Liberiamoci dei liberatori!!!



Ciaoeuropa

Benedetto XVI sprizza "amore" da tutti gli "artigli!"

Roma - Leggo sul "Corriere della Sera": "Benedetto XVI si raccoglie in preghiera a Ground Zero, dove sorgevano le Twin Towers abbattute dai terroristi l’11 settembre 2001, e chiede al "Dio della Pace" di convertire "coloro che hanno il cuore e la mente consumati dall’odio" (1). Ed io mi confermo nell’idea che, se bisogna fare "santo subito" Giovanni Paolo II°, bisogna fare "santo immediatamente" Ratzinger. Mentre è ancora vivente e senza aspettare che raggiunga il suo "Creatore". Il quale creatore, di Benedetto XVI, non è il "Buon Dio padre di tutti gli uomini", ma Jahvé, il "dio nazionale dei giudeocristiani". Che, essendo giudeocristiani, stanno nella grazia di Dio, quali che siano i loro crimini e i loro delitti. E giustamente Benedetto XVI non prega per coloro che bombardano ed uccidono in Afganistan e in Iraq né per coloro che vessano e massacrano in Palestina.
Il "Buon Papa" prega per coloro che, bombardati, uccisi e costretti all’esilio dai giudeocristiani, dovessero nutrire verso costoro sentimenti di odio. Anch’io prego il Buon Dio: "Signore, confondi l’impostura e gli impostori. Chiama davanti a te Benedetto XVI".
Ovviamente, quello che il "Buon Papa" predica a New York "vale zero a Roma", culla della Cristianità. E, difatti, quando a Roma risuonano parole di odio per fatti accaduti negli anni 1943/1945, Benedetto XVI corre a nascondersi nell’armadio della sacrestia. Perché "gli Ebrei hanno diritto di odiare nei millenni chi ha fatto loro del male"; gli altri, invece, devono "perdonare" coloro che li massacrano e continuano allegramente a massacrarli. Un modo invero singolare (perfido?) di interpretare i Vangeli.

Antonino Amato

E i Fascisti chiesero scusa ai Palestinesi per il razzismo vigente in Israele!

Roma - "EUROPA Informazioni" informa della riunione che il Consiglio Nazionale di "RIFONDAZIONE FASCISTA" tenne, presso il Lupercale, la mattina del 24 aprile 2008.
Si cominciò con la lettura del "Corriere della Sera" (1) e subito gli animi si scaldarono. E tutti a commentare negativamente il teatrino messo su da Pacifici, Presidente della Comunità ebraica romana. E tutti a dire che il tirare in ballo i lutti subiti dagli Ebrei negli anni 1943/45 per decidere se Sindaco di Roma dovesse essere Alemanno (PdL) oppure Rutelli (PD) era una sconcezza. E che, se questo squallido teatrino era fatto per lucrare qualche appalto dal "politico amico", sarebbe stato meglio parlare di "politica" piuttosto che di "morti". Intervenne "Lupo Nero" che osservò: "che volete farci? Gli Ebrei tirano in ballo il genocidio in tutte le occasioni e in tutte le circostanze. C’è chi campa vendendo tappeti, loro campano vendendoci continuamente il genocidio. E pazienza se, per guadagnarci, gonfiano i fatti".
I presenti, davanti alle sagge parole di "Lupo Nero", si erano acquietati. Ma subito tornarono ad agitarsi. Fu quando "Lupo ribelle" lesse ad alta voce: "Io non posso dimenticare chi fu a spedirmi all’inferno e loro ne sono gli eredi. Purtroppo oggi ci sono molti che sono nati "dopo" e non sono stati sufficientemente educati nelle loro famiglie e non conoscono il fascismo" (1). E tutti a dire: "passi che costui ci racconti qualche "impostura", gonfiando i fatti. Ma non è possibile che costui esprima concetti così schifosamente razzisti. "Eredi"? "Nati dopo"? E che cazzo vuole dire? Che noi ci dovremmo sorbire in eterno questa lagna? Non sa costui che, presso i popoli civili, le colpe dei delitti, veri o falsi che siano, non si trasmettono agli eredi e a chi è nato dopo? Ma da quale fogna esce costui?".
Intervenne "Lupo Grigio" a sedare gli animi: "camerati, non scordatevi che gli ebrei romani vivono in una condizione schizofrenica. Sono "italiani" ma sono anche "israeliani". Nessuna meraviglia se vorrebbero applicare in Italia le leggi razziali vigenti in Israele. In quel luogo malefico, difatti, 800.000 Palestinesi sono stati cacciati dai paesi natali e spogliati di tutto. Non erano colpevoli di alcun delitto, salvo essere Palestinesi che da sempre abitavano quella terra".
Gli animi si rasserenarono. E i Fascisti decisero ad unanimità di chiedere scusa ai Palestinesi vittime delle leggi razziali vigenti in Israele. E pazienza se gli ebrei romani, tutti presi a rammentare i torti subiti negli anni 1943/45, tacciono sui delitti che quotidianamente Israele commette in Palestina.

Ciaoeuropa

"GUARDARE AVANTI"! Si, ma "AVANTI DOVE?"

Roma - Finalmente le elezioni nazionali sono finite. Ed anche il chiacchiericcio, più o meno futile, si va attenuando. Del resto, i risultati sono incontrovertibili: il PdL (Berlusconi) ha vinto sul PD (Veltroni). La UDC si colloca tra "vittoria" e "sconfitta": ha superato il quorum del 4% alla Camera; ma, per il Senato, ha superato il quorum solo in Sicilia, grazie al controverso Cuffaro.
Gli altri, invece, hanno perso più o meno clamorosamente. Ed è sugli altri, che hanno perso, che conviene soffermare l’analisi. Va notato, intanto, una caratteristica particolare di questa campagna elettorale: i due partiti maggiori (PdL e PD) hanno invocato il "voto utile" mentre i partiti minori hanno fatto appello alla "identità". Ed è nella logica delle cose che i dirigenti dei partiti che hanno perso si dimettano e si chiedano perché "hanno perso il contatto con l’opinione pubblica".
Unica eccezione viene dalla "Destra". Non ha raggiunto alcun risultato tangibile non avendo superato lo sbarramento del 4%. Cionondimeno i suoi dirigenti sostengono di aver vinto. Aggrappandosi ad argomentazioni più o meno pretestuose:
Noi non abbiamo vinto, ma la "sinistra radicale" ha perso. Argomentazione ridicola. Vorrebbe dire che la "Destra" non ha un suo programma da portare avanti ma si limita alla solita falsa e vuota "litania anticomunista".
La seconda argomentazione ha una qualche consistenza: siamo nati solo 4 mesi fa. Ma nega la logica: nuovi alla politica Buontempo, Storace e la Santanché? Mah!
Io penso, invece, che i "fuorusciti da AN" hanno intercettato pochi consensi. E, pertanto queste argomentazioni servono solo a confermare la "inamovibilità" dei dirigenti e le loro "identità fondanti". Che gli altri, aderendo alla "Destra", dovrebbero accettare come "grazia che piove dall’alto". Ma su questo tornerò in prosieguo di tempo. Qui è sufficiente dire che anche la "Destra" dovrebbe porsi il problema della "identità".
***
Una "sinistra cretinamente antifascista" contro una "destra cretinamente anticomunista"?
In molti, di questi tempi, si interrogano sulla loro "identità". E questo va visto come un fatto positivo. Il problema si pone, invece, se, cercando la propria identità, volgono lo sguardo "avanti" oppure "indietro". Voglio dire: "comunismo" e "fascismo" sono due "categorie storiche". E, pertanto, vanno affidate alla storia. Su questo conviene essere chiari. Le idee e i programmi passano, ma i popoli restano. E, pertanto, se nello sviluppo degli accadimenti storici è successo che "comunisti" e "fascisti" se le suonassero di santa lena, questo non vuol dire che si deve continuare all’infinito. Anzi continuare su questa strada, e in assenza del "nemico fascista" o del "nemico comunista" sarebbe un modo di sragionare. Utile magari a chi gestisce il "potere", ma inutile a chi conta di ripresentarsi alla opinione pubblica con un qualche programma credibile.
Conviene, dunque, che sia "a destra" che "a sinistra" si guardi alla situazione contingente. E, quali che siano le motivazioni ideali, non potranno non convenire che oggi siamo "sudditi degli USA". Per via delle 113 basi militari USA istallate in Italia e per via dei 10.000 soldati italiani, inviati fuori dai confini nazionali a combattere le guerre americane.
E questo, la sudditanza verso gli USA, è un vulnus alla "indipendenza" e alla "sovranità" nazionale. Questo vulnus costituisce anche un notevole aggravio economico che grava sulle nostre spalle e ci impedisce un normale sviluppo economico e sociale. Si aggiunga che, di questi tempi, mentre ai cittadini comuni si impongono vincoli giuridici ed amministrativi a non finire, l’alta finanza spadroneggia e detta legge a dei politici ridotti al rango di "camerieri".
Ci sarebbero, dunque, mille motivi reali, motivi reali e concreti, perché nasca dal basso un sentimento di rivolta nazionale e sociale contro coloro che, "liberandoci" nel 1945, si sono istallati in Italia da "padroni". E non se ne vogliono andare. E non se ne andranno se noi non li cacceremo. Solo mi chiedo: a destra e a sinistra saranno capaci di togliersi i paraocchi e di fare una analisi disincantata della "realtà che ci circonda"? Io non so, ma ci spero.

Antonino Amato

Mahatma Gandhi...in breve chi era il grande mistico che ha liberato l'India dalla colonizzazione Inglese!

Mohandas Karamchard Gandhi, detto il Mahatma (in sanscrito significa Grande Anima, soprannome datogli dal poeta indiano R. Tagore), è il fondatore della nonviolenza e il padre dell'indipendenza indiana. Il nome Gandhi in lingua indiana significa 'droghiere': la sua famiglia dovette esercitare per un breve periodo un piccolo commercio di spezie. Nato il 2 ottobre 1869 a Portbandar in India, dopo aver studiato nelle università di Ahmrdabad e Londra ed essersi laureato in giurisprudenza, esercita brevemente l'avvocatura a Bombay. Di origini benestanti, nelle ultime generazioni la sua famiglia ricoprì alcune cariche importanti nelle corti del Kathiawar, tanto che il padre Mohandas Kaba Gandhi era stato primo ministro del principe Rajkot. I Gandhi tradizionalmente erano di religione Vaishnava; appartenevano cioè ad una setta Hindù con particolare devozione per Vishnù. Nel 1893 si reca in Sud Africa con l'incarico di consulente legale per una ditta indiana: vi rimarrà per ventuno anni. Qui si scontra con una realtà terribile, in cui migliaia di immigrati indiani sono vittime della segregazione razziale. L'indignazione per le discriminazioni razziali subite dai suoi connazionali (e da lui stesso) da parte delle autorità britanniche, lo spingono alla lotta politica. Il Mahatma si batte per il riconoscimento dei diritti dei suoi compatrioti e dal 1906 lancia, a livello di massa, il suo metodo di lotta basato sulla resistenza nonviolenta, denominato anche Satyagraha: una forma di non-collaborazione radicale con il governo britannico, concepita come mezzo di pressione di massa. Gandhi giunge all'uguaglianza sociale e politica tramite le ribellioni pacifiche e le marce. Alla fine il governo sudafricano attua importanti riforme a favore dei lavoratori indiani: eliminazione di parte delle vecchie leggi discriminatorie, riconoscimento ai nuovi immigrati della parità dei diritti e validità dei matrimoni religiosi. Nel 1915 Gandhi torna in India dove circolano già da tempo fermenti di ribellione contro l'arroganza del dominio britannico, in particolare per la nuova legislazione agraria, che prevedeva il sequestro delle terre ai contadini in caso di scarso o mancato raccolto, e per la crisi dell'artigianato. Diventa il leader del Partito del Congresso, partito che si batte per la liberazione dal colonialismo britannico. Nel 1919 prende il via la prima grande campagna satyagraha di disobbedienza civile, che prevede il boicottaggio delle merci inglesi e il non-pagamento delle imposte. Il Mahatma subisce un processo ed è arrestato. Viene tenuto in carcere pochi mesi, ma una volta uscito riprende la sua battaglia con altri satyagraha. Nuovamente incarcerato e poi rilasciato, Gandhi partecipa alla Conferenza di Londra sul problema indiano, chiedendo l'indipendenza del suo paese. Del 1930 è la terza campagna di resistenza. Organizza la marcia del sale: disobbedienza contro la tassa sul sale, la più iniqua perché colpiva soprattutto le classi povere. La campagna si allarga con il boicottaggio dei tessuti provenienti dall'estero. Gli inglesi arrestano Gandhi, sua moglie e altre 50.000 persone. Spesso incarcerato anche negli anni successivi, la "Grande Anima" risponde agli arresti con lunghissimi scioperi della fame (importante è quello che egli intraprende per richiamare l'attenzione sul problema della condizione degli intoccabili, la casta più bassa della società indiana). All'inizio della Seconda Guerra Mondiale Gandhi decide di non sostenere l'Inghilterra se questa non garantirà all'India l'indipendenza. Il governo britannico reagisce con l'arresto di oltre 60.000 oppositori e dello stesso Mahatma, che è rilasciato dopo due anni. Il 15 agosto 1947 l'India conquista l'indipendenza. Gandhi vive questo momento con dolore, pregando e digiunando. Il subcontinente indiano è diviso in due stati, India e Pakistan, la cui creazione sancisce la separazione fra indù e musulmani e culmina in una violenta guerra civile che costa, alla fine del 1947, quasi un milione di morti e sei milioni di profughi. L'atteggiamento moderato di Gandhi sul problema della divisione del paese suscita l'odio di un fanatico indù che lo uccide il 30 gennaio 1948, durante un incontro di preghiera.


Yasser Arafat...in breve chi era l'uomo che ha fondato l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP)!

Esiste una disputa sul giorno e sul luogo di nascita di Yasser Arafat, il quale affermava di essere nato il 4 agosto 1929 a Gerusalemme, mentre il certificato di nascita ufficiale afferma che sia nato in Egitto, a Il Cairo, il 24 agosto 1929. Arafat nasce in una importante famiglia originaria di Gerusalemme, gli Husseini. Il suo vero e completo nome è Mohammed Abd al-Rahman Abd al-Raouf Arafat ma è stato anche conosciuto con un altro appellativo, quello usato in guerra, ossia Abu Ammar. Il padre era un commerciante di successo, la madre muore quando lui ha solo quattro anni. Trascorre l'infanzia al Cairo, poi a Gerusalemme presso uno zio. Entra da subito nelle fazioni in lotta contro la costituzione dello Stato israeliano. Diciannovenne, prende parte attiva alla lotta palestinese. Intanto studia ingegneria civile all'università del Cairo dove, nel 1952, si unisce alla Fratellanza musulmana e alla Lega degli studenti palestinesi di cui diviene anche il presidente. Consegue il diploma di laurea nel 1956. Allo scoppio della guerra per il controllo del canale di Suez è sottotenente dell'esercito egiziano. Ormai facente parte del gruppo di leader del nascente movimento palestinese è un personaggio scomodo, ricercato dalle autorità israeliane. Per evitare l'arresto abbandona l'Egitto per il Kuwait dove nel 1959 fonda, con altri importanti componenti delle fazioni ribelli, "al-Fatah". L'organizzazione riesce a convogliare nelle sue fila centinaia di giovani palestinesi e a creare un movimento consistente ed incisivo. Dopo la sconfitta nella guerra araba contro Israele nel 1967, al-Fatah converge nell'OLP, "l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina": nel febbraio 1969 Yasser Arafat diventa presidente del Comitato Esecutivo del Consiglio Nazionale della Palestina. Con il suo carisma e la sua abilità politica Arafat indirizza l'OLP verso la causa palestinese allontanandola dai disegni panarabi. Allo stesso tempo la crescita del suo ruolo politico corrisponde a maggiori responsabilità militari: nel 1973 diventa Comandante in capo dei gruppi armati palestinesi. Nel luglio 1974 Arafat decide una svolta importante dell'OLP, rivendicando per il popolo palestinese il diritto all'autodeterminazione e alla creazione di uno Stato palestinese; a novembre, in uno storico discorso all'Assemblea delle Nazioni Unite, Arafat chiede una soluzione pacifica, politica, per la Palestina, ammettendo implicitamente l'esistenza di Israele. Nel 1983, nel pieno svolgimento della guerra civile libanese, sposta il quartier gnerale dell'OLP da Beirut a Tunisi e, nel novembre di cinque anni più tardi, proclama lo Stato indipendente di Palestina. Chiede inoltre il riconoscimento delle risoluzioni ONU e chiede di aprire un negoziato con Israele. Nell'aprile 1989 è eletto dal Parlamento palestinese primo Presidente dello Stato che non c'è, lo Stato di Palestina. E' un periodo rovente, che vede l'esplosione delle sue tensioni sotterranee nella Guerra del Golfo, scatenata nel 1990 dagli Stati Uniti contro Saddam Hussein, reo di aver proditoriamente invaso il vicino Kuwait. Arafat stranamente - forse accecato dall'odio nei confronti dell'Occidente e soprattutto nei confronti degli Stati Uniti - si schiera proprio con Saddam. Una "scelta di campo" che gli costerà cara e di cui lo stesso Arafat avrà di cui pentirsi, soprattutto alla luce degli avvenimenti legati all'attentato alle Torri Gemelle dell'11 Settembre 2001. La mossa attira su di lui sospetti consistenti di avere le mani in pasta nelle frange terroristiche che pullulano in Medio Oriente. Da qui l'incrinarsi della sua credibilità come controparte sul piano delle trattative con Israele. Ad ogni modo, piaccia o non piaccia, Arafat è sempre rimasto l'unico interlocutore attendibile, a causa di un fatto molto semplice: è stata l'unica personalità che per anni i palestinesi hanno riconosciuto come loro portavoce (escludendo le solite frange estremiste). Pur essendo accusato da più parti di essere fomentatore del terrorismo e della linea integralista, per altri Arafat è sempre stato invece sinceramente dalla parte della pace. I negoziati fra Israele e palestinesi condotti da lui, d'altronde, hanno avuto una storia travagliata, mai conclusa. Un primo tentativo si fece con la conferenza per la pace in Medio Oriente a Madrid, poi con trattative segrete portate avanti dal 1992, fino agli accordi di Oslo del 1993. Nel dicembre dello stesso anno per Arafat arriva un importante riconoscimento dell'Europa: il leader palestinese è ricevuto come capo di Stato dal Parlamento europeo, al quale chiede che l'Unione diventi parte in causa del processo di pace. Un anno più tardi, nel dicembre 1994, riceve il Nobel per la pace ex aequo con importanti esponenti dello Stato israeliano, Yitzhak Rabin e Shimon Peres. Nel frattempo il leader palestinese si trasferisce a Gaza, dove guida l'Autorità Nazionale Palestinese (Anp). La sua eventuale successione, all'interno di un quadro che vede le istituzioni dell'Anp assai fragili e poco consolidate, delinea potenzialmente scenari da guerra civile palestinese che rischiano di alimentare ancora di più il terrorismo internazionale. In questa realtà, gruppi fondamentalisti e fautori del terrorismo più sanguinario come quelli di "Hamas" suppliscono all'assenza di uno Stato con attività di proselitismo, ma anche di assistenza, istruzione islamica e solidarietà fra famiglie. E' grazie a questa rete di supporto e di guida che Hamas riesce a condizionare i suoi adepti fino a portarli al sacrificio di se stessi nelle famigerate azioni suicide. Sul piano della sicurezza dunque, sostiene lo stesso Arafat, non è possibile poter controllare tutte le frange di terroristi con un poliziotto ogni cinquanta palestinesi, in questo trovando supporto e consensi anche in parte dell'opinione pubblica israeliana. Alla fine di ottobre 2004 Arafat viene stato trasferito urgentemente a Parigi, in terapia intensiva, per curare il male che lo ha colpito. Nei giorni che hanno seguito il suo ricovero sono continuamente susseguite voci e smentite di una sua probabile leucemia, di sue varie perdite di conoscenza e su un coma irreversibile. La sua morte è stata annunciata dalla tv israeliana nel pomeriggio del 4 novembre, ma subito è nato un giallo perchè il portavoce dell'ospedale dove Arafat era ricoverato smentiva. In serata è stata ufficializzata dai medici la sua morte cerebrale. Dopo un frenetico susseguirsi di voci sulle sue condizioni nei giorni successivi, Yasser Arafat è morto alle 3:30 del giorno 11 novembre.


Mikhail Gorbaciov...in breve chi è l'uomo che è stato l'ultimo Presidente dell'Unione Sovietica e del PCUS!

Mikhail Gorbaciov nasce il 2 marzo 1931 da una famiglia di agricoltori nel villaggio di Privolnoye - Territorio di Stavropol - nel sud della repubblica russa. Nel 1950 si diploma ottenendo una medaglia di argento e viene ammesso all'Università Statale di Mosca dove frequenta la facoltà di legge, laureandosi nel 1955. Successivamente segue dei corsi per corrispondenza presso la Facoltà di Agraria dell'Università di Stavropol e nel 1967 aggiunge alla sua laurea in Legge una laurea in Economia agraria. Da studente universitario Mikhail Gorbaciov si iscrive al Partito Comunista dell'Unione Sovietica. Negli stessi anni incontra Raisa Titarenko, che sposerà poco dopo in una semplice cerimonia. Da quel momento Raissa sarà la persona più cara e vicina a Mikhail Gorbaciov, rimanendogli a fianco nel corso di tutta la sua carriera politica fino alla sua morte, avvenuta il 20 settembre 1999 che ha commosso tutto il mondo. Poco dopo il suo ritorno a Stavropol gli viene offerto un incarico nella locale associazione giovanile Komsomol che segna l'avvio della sua carriera politica. Nel 1970 viene eletto Primo Segretario del Comitato del Partito nel Territorio di Stavropol, l'incarico di massima responsabilità della zona. Nello stesso anno diviene membro del Comitato Centrale del PCUS (Partito Comunista dell'Unione Sovietica). Nel 1978 diventa uno dei Segretari e si trasferisce a Mosca. Due anni più tardi entra a far parte del Politburo del Comitato Centrale del PCUS, la massima autorità del partito e della nazione. Nel marzo del 1985 viene eletto Segretario Generale del Comitato Centrale del Partito, l'incarico più alto nella gerarchia di partito e nel paese. È Gorbaciov ad avviare il processo di cambiamento dell'Unione Sovietica che più avanti sarà definito "Perestroika", una radicale trasformazione della società e del paese, che genera un sostanziale mutamento nello scenario internazionale: il nuovo sistema di pensiero che viene associato al nome di Mikhail Gorbaciov gioca un ruolo fondamentale nel porre fine alla Guerra Fredda, arrestando la corsa agli armamenti ed eliminando il rischio di un conflitto nucleare. Il 15 marzo 1990 il Congresso dei rappresentanti del popolo dell'URSS - il primo parlamento costituito sulla base di libere, e contestate, elezioni nella storia dell'Unione Sovietica - elegge Gorbaciov Presidente dell'Unione Sovietica. Il 15 ottobre dello stesso anno gli viene assegnato il Premio Nobel per la Pace, a riconoscimento del suo fondamentale ruolo di riformatore e leader politico mondiale, e del fatto di avere contribuito a cambiare in meglio la natura stessa del processo mondiale di sviluppo. Il 25 dicembre 1991 Gorbaciov rassegna le sue dimissioni da Capo dello Stato. Dal gennaio del 1992 è Presidente della Fondazione Internazionale Non-Governativa per gli Studi Socio-Economici e Politici (la Fondazione Gorbaciov). Dal marzo 1993 è Presidente della "Green Cross International", organizzazione ambientalista internazionale indipendente, presente in più di 20 paesi. Ricopre anche l'incarico di Presidente del Partito Social Democratico Unito della Russia, fondato nel marzo del 2000. Mikhail Gorbaciov ha ottenuto l'Ordine della Bandiera Rossa del Lavoro, tre Ordini di Lenin insieme a molte altre onorificenze e riconoscimenti sovietici e internazionali, e a numerose lauree honoris causa da università di tutto il mondo. È autore di numerosi scritti pubblicati in raccolte di articoli e riviste e di vari saggi, tra i quali citiamo i seguenti: - A Time for Peace ("Tempo di pace", 1985) - The Coming Century of Peace ("Si avvicina un secolo di pace", 1986) - Peace Has no Alternative ("La pace non ha alternative", 1986) - Moratorium ("Moratoria", 1986) - Selected Speeches and Writings ("Scritti e discorsi scelti", in sette volumi, 1986-1990) - Perestroika: New Thinking for Our Country and the World (1987, Perestrojka, Mondadori, 1988) - The August Coup: Its Cause and Results ("Il colpo di stato di agosto", 1991) - December 91. My Stand ("Dicembre 1991. La mia posizione", 1992) - The Years of Hard Decisions ("Gli anni delle decisioni difficili", 1993) - Life and Reforms ("Vita e riforme", in due volumi, 1995) - Moral Lessons of the XX Century (dialogo con Daisaku Ikeda, pubblicato nel 1996 in tedesco, francese e italiano - Le nostre vie si incontrano all'orizzonte, Sperling&Kupfer - nel 2000 in russo) - On My Country and the World ("Sul mio paese e il mondo", 1998),


ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!