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sabato 22 ottobre 2011

Da Ustica all’Atomica, tutti i segreti, anche quelli più scomodi della "Guerra Fredda" sono stati sepolti con lui...Gheddafi era uno degli ultimi capi di Stato ancora in carica e in vita dai tempi della "Guerra Fredda" tra l'Occidente e il blocco Sovietico! Dopo la sua scomparsa molti tirano sospiri di sollievo, a Oriente e Occidente...intantoil corpo straziato di Gheddafi è stato esposto al mercato dei polli di Misurata! Poteva essere salvato, ma a molti capi di Stato in occidente e oriente la sua morte ha fatto comodo e se la sono sempre augurata: braccato come un cane rognoso, un uomo a 69 anni di età non può essere trattato come un animale così come quel branco di assassini impazziti ha fatto il 20 Ottobre; nessuno tra quel gruppo di ribelli ha avuto pietà per un solo secondo, nessuno ha pensato al dolore dei familiari di Gheddafi che avrebbero provato a guardare quei video dove il rais viene strattonato, picchiato, umiliato, deriso e malmenato prima di essere giustiziato senza processo e senza sentenza di appello! Al grido di "Allah è grande" questi ribelli, in realtà estremisti islamici reclutati dalle milizie di Al-Qaeda, saranno la colonna portante di un futuro regime Islamico fondato sul fondamentalismo e sul terrore, chi crede che in Libia ci sarà una pacifica Democrazia si illude e si sbaglia di grosso! Solo il governo di Gheddafi era riuscito in 42 anni a tenere lontano i fondamentalismi e i terroristi, oggi invece così come avevano confermato gli stessi leader di Al-Qaeda, molti di questi fondamentalisti guardano con forti interessi alla Libia come futura terra di conquista!

 
LIBIA (TRIPOLI) - Ancora non era nemmeno confermata la notizia che a Sirte lo avevano fatto fuori, che già il potere che ora in Libia comandava senza più oppositori metteva le mani avanti: «Noi non abbiamo mai dato l'ordine di ammazzare Gheddafi». I governi - quelli ufficiali e regolari quasi sempre, figuriamoci poi quelli autodefinitisi transitori - non mostrano molti pudori nel difendere pubblicamente le loro malefatte, contando sul convincimento che alla fine le verità istituzionali hanno una buona capacità di tenuta nel tempo; i "weakyleaks" arrivano sempre dopo, quando la memoria si è affievolita e, soprattutto, le regole del gioco e i suoi stessi protagonisti sono ormai cambiati. E allora, perché non credere a quanto dicono oggi e dicevano già ieri Jalil e soci?
Loro, Gheddafi non lo volevano morto, proprio per niente, loro che fino all'altro ieri erano stati suoi corifei e accanto a lui ne avevano cantato glorie e sapienza. E certamente non lo volevano morto proprio per niente la Francia mistificatrice di Ustica, la Nato del comando regionale di Napoli, l'America bombardiera di Reagan e Clinton, il Pakistan di quel genio folle di Abdul Kader Khan, l'Inghilterra dell' Mi-6 di Blair e Gordon Brown, e anche l'Italia, naturalmente, l'Italia che va dal Craxi& Andreotti della Prima repubblica fino al Berlusconi&Frattini della Seconda. In più, certo, una lunga lista di nomi illustri e di nazioni orgogliose, e di bande armate, con, dentro, anche una cinquantina di capi di Stato africani, larga parte dei Raìss del Medio Oriente da Nasser fino a oggi, i servizi segreti di mezzo mondo dal vecchio Kgb alla Cia di sempre, e poi la galassia del terrorismo internazionale che negli Anni Settanta e Ottanta ma fino ai giorni nostri dell'integralismo qaedista ha avuto mani in affari e traffici che il Qaìd intrecciava inseguendo il suo sogno, la sua ossessione, di poter salire, un giorno, sulla poltrona dove sta seduto il più potente dei Potenti della terra.
Un tale listone di Paesi e di capipopolo che coinvolge i destini e le fortune praticamente di ogni latitudine del pianeta può voler dire una cosa soltanto: che Gheddafi certamente su quella sedia tanto agognata non s'era potuto mai sedere, e però anche che in questi suoi 42 anni di potere assoluto aveva intanto intrecciato una rete così estesa e fitta di relazioni da poter comunque sopravvivere con tutte le sue folli ambizioni, pur in un mondo che mutava geneticamente. In quella rete ci stava di tutto, il baciamano di Berlusconi come i baci sulle guance di Blair, la tenda beduina montata su a due passi dall'Eliseo come le lettere affettuose che la Cia e l'Mi-6 indirizzavano a Moussa potente capo dei servizi segreti libici; non tutte erano uguali, queste storie, certamente, e però tutte avevano qualche ombra ben nascosta, qualche manovra o qualche traffico che era meglio non far conoscere. Solo che quella rete Gheddafi ora se la porterà via con sé nella tomba; e nella terra che ha coprirà quella tomba senza nome sarà sepolta anche la fitta sequenza di misteri, e di strategie politiche spesso inconfessabili, che il Qaìd vivo avrebbe invece potuto aiutare a svelare, con conseguenze che oggi, magari, farebbero fare sonni assai inquieti a molti dei potenti degli ultimi decenni.
La sua forza, la fonte del suo potere e del suo sogno, era il petrolio, la manna inarrestabile che sgorgava dai pozzi della Cirenaica e della Tripolitania, offrendogli una munifica cassa continua con la quale comprare sudditanze, comparaggi, alleanze, servizi sporchi, strumenti di pressione d'ogni tipo, fino agli attentati più spregiudicati e alle stragi più indifferenti. E nello scorrere del tempo, questa cassa continua si piegava a strategie che il Colonnello cambiava senza apparenti problematicità, adeguandosi ai fallimenti, o comunque alle irresolutezze, che vedeva trasparire dagli ambiziosi progetti su cui di volta in volta aveva puntato. E se il primo progetto era stato quello dell'inseguimento del panarabismo di Nasser - un inseguimento nel quale, dopo aver buttato a mare la basi americane, aveva spinto fiumi di denaro verso l'Egitto e la Siria - subito dopo, vinta la delusione, aveva montato il nuovo progetto di un Terzo Potere, altro dal capitalismo e dal comunismo, fino ad approdare, in ultimo, a un panafricanismo che a forza di pagamenti cash costruiva una corte ubbidiente di capi di stato del Continente nero con cui reggere la sua ambizione di farsi Re dei re.
In questo movimento scomposto, dove il disegno della destabilizzazione era la linea guida che pilotava le scelte tattiche, Gheddafi non poteva non urtare interessi consolidati, egemonie politiche e d'affari, equilibri strategici molto delicati, con la conseguenza che ogni atto compiuto in un simile territorio di poteri sensibili doveva misurarsi con una realtà di fatto e su questa intervenire, provocandone la reazione inevitabile. Nasce all'interno di questa dinamica l'uso strumentale che Gheddafi faceva di ogni movimento politico e di ogni forza d'opposizione militare ai poteri istituzionali, e da qui tutti gli episodi che oggi accompagnano la riflessione sulla sua morte «in guerra», nell'impossibile desiderio di recuperare finalmente la verità di quanto è accaduto, a Ustica, a Lockerbie, a Berlino, a Bab Al-Azizyia, nell'Irlanda ddell'Ira, nel Paese Basco, o anche in Afghanistan e in Pakistan.
Ustica, il missile che abbatte un volo dell'Itavia nel cielo e nel mare di quell'isola, resta il simbolo più efficace e più significativo di questo intreccio di interessi strategici internazionali, e di mistificazioni politiche, che hanno accompagnato nella tomba, ormai per sempre, i «misteri» di Gheddafi. Il depistaggio continuo, gli atti spregiudicati di disinformazione, le menzogne ufficiali che coinvolgevano alti gradi militari del nostro paese, della Francia, del comando Nato di Napoli, sono pezzi d'una storia che s'è fatto di tutto - da chi poteva - perché non si chiarisse mai. In questa storia (che poi ebbe una coda in un caccia libico precipitato sulle terre di Crotone), Gheddafi, e un attentato contro di lui, sono rimasti sempre sullo sfondo, legando al destino del Qaìd di Tripoli interessi politici che paiono essere stati manovrati ben al di là del ruolo di Roma o di Parigi.
Sotto questa storia, e sotto quella, per esempio, del volo di linea della Pan-Am esploso in volo sul cielo scozzese di Lockerbie, c'era certamente il ruolo di terrorista internazionale che il Colonnello si era scelto per favorire una destabilizzazione diffusa, che dal Mediterraneo e dalle logiche dei processi critici del mondo arabo si era poi spinta fino a Washington e alla Casa Bianca. Il bombardamento di Reagan sulla «reggia» di Bab AlAzizyia sta dentro questo stesso scenario, dove i morti americani della discoteca di Berlino sono solo il pretesto per una resa dei conti che con quei morti aveva solo una relazione indiretta. E sta sempre dentro questo scenario il progetto di Gheddafi di costruirsi la sua Bomba, utilizzando l'avidità commerciale d'uno scienziato pachistano, Abdel Karen Khan, che ha venduto materiale fissile e tecnologia nucleare a ogni angolo delpianeta.
Ora che Gheddafi era diventato un «buono», consegnando agli americani i suoi piani nucleari, la rivolta di Bengasi fattasi rivoluzione ha fornito un buon pretesto agli interessi francesi (e non solo francesi) per togliere comunque di mezzo il Colonnello. Certamente, nessuno voleva ammazzarlo. Ma in guerra si muore, e può anche accadere che una morte «in guerra» metta sotto un metro di terra anche mille scomode verità.
 
Fonte: http://www3.lastampa.it

LIBIA (MISURATA) - Avessero deciso loro l’avrebbero portato qui, in questa piazza che è diventata un museo all’aperto, dove a mezzogiorno portano in trionfo l’ultima parte del bottino di guerra, quello che hanno trovato sulla Toyota della fuga.
Le mutande di seta viola del Colonnello, il pigiama di seta blu a pois bianchi, lo specchio tondo e il pettine, una blasfema bottiglia di gin, gli occhiali da sole, un fazzoletto verde, i guanti, il cappotto con le mostrine. «E il Viagra!», urla Hamed agitando una scatola di medicine. Sono pasticche di «Glovit», soltanto vitamina. Non importa, per i 400 mila di Misurata sarà per sempre Viagra. «Porco!».
E invece no, almeno su questo i Ribelli di Misurata si sono fermati. E tocca a loro, sebbene di malavoglia, accompagnare Muammar Gheddafi nelle sue ultime ore sulla terra. Lo scortano nella notte, cambiano almeno due improvvisati obitori: una cella frigorifera per polli e poi un container per casse d’acqua minerale. Continuano a cercarlo, a Misurata, lo vogliono vedere. Alle otto di sera, lontano dalla città, Gheddafi è al «Mercato dei Tunisini». Fuori dai cancelli c’è ressa, spingono, urlano. Lui è al posto dei polli, su un materasso giallo, due buchi nel petto, la testa girata a sinistra, a coprire il colpo alla tempia.
Nella cella è tutto uno scattare e filmare, non c’è combattente di Misurata che non abbia queste immagini nel telefonino. «Presto, presto, fate presto». Solo loro possono entrare, i Tuwar che hanno vinto la caccia al Topo. Loro che si raccontano come l’hanno preso, e a sentirli pare che attorno a quel tunnel di Sirte ci sia stata la Libia tutta. Più che le parole questa volta contano davvero le immagini, come quella che riprende il Colonnello ancora in piedi, ferito e lucido, che reagisce a pugni e spintoni: «Quello che state facendo è peccato grave», dice. Si sente un colpo secco, forse quello mortale. Ma l’immagine non c’è più.
Ora che è su questo materasso giallo a fiori marroni, con una smorfia che fissa la sua fine, l’hanno lasciato con i pantaloni della divisa. Avevano detto, giovedì, che era morto per le ferite alla testa, alle gambe e allo stomaco. Mohammed el Bibi, il ragazzotto che gli ha preso la pistola d’oro, aveva annunciato al mondo d’avergli sparato in pancia. Un piccolo foro di proiettile c’è, ben ripulito dai medici e da chi l’ha lavato. Ma restano ben visibili ferite, lividi, tagli sulle braccia, sui fianchi, sul petto. Come se Gheddafi, prima del colpo alla tempia, fosse stato strattonato, malmenato, aggredito dall’ira. E finito.
In questo strano obitorio di Misurata s’incontra chi c’era. Non a Sirte, appena fuori dal tunnel di cemento, dove l’hanno trovato. Ma qualche chilometro lontano, sulla strada che porta qui a Misurata, al check-point numero 50. Abdel Rahoumah, 34 anni, «Ufficiale di polizia prima di passare con i Ribelli», era lì. «È arrivata la colonna di Twuar con in mezzo l’ambulanza, non sapevo ancora niente e non è stato difficile immaginare che dentro ci fosse lui. Era ancora vivo, con il medico vicino. Si sono fermati ed è stato il caos, tutti attorno Un ragazzino gli ha strappato i capelli, ha detto che erano finti e unti di nero».
Abdel il poliziotto ha cinque filmati nel telefonino. C’è quello che si chiude con il colpo di pistola, «ma non è successo al check-point 50. Sono ripartiti per Misurata dopo dieci minuti, e ho visto che era ancora vivo». Non sa, Abdel, se l’ambulanza si sia fermata ancora. «Forse era già successo prima». Mohammed Behlil era a Sirte, vicino al tunnel. «Quando è salito in ambulanza camminava, nessuno gli aveva sparato alla testa». Insomma, nemmeno i Combattenti sanno cosa sia davvero successo, ammesso che la questione li appassioni. Piuttosto, seppellirlo qui, e anche questo è trofeo di guerra, o mandarlo via, lontano da Misurata?
Il cimitero ha muri bianchi e bassi, coperti dalle scritte con i nomi dei Martiri. «Non lo vogliono, qui. Qui ci stanno solo i martiri. Vada via!», grida una donna. C’è chi lo vorrebbe buttare in mare, «così non è più nemmeno sotto la nostra terra». Ma almeno un’ultima volta, e per molti di loro sarebbe l’unica, lo vogliono vedere da vicino. «L’abbiamo dovuto spostare almeno tre volte», dicono dal comando militare del Consiglio Nazionale di Transizione, mentre al primo piano, negli studi di «Radio Misurata» arrivano le telefonate di chi vuol sapere «dov’è il Topo», «se non lo vedo non ci credo», «vi prego, ditemelo».
Il Colonnello e Mutassim, il capo del temuto servizio di sicurezza interno, li avevano portati a casa di Anwar Sanwan, 41 anni, la barba riccia, il Ribelle che abita nelle case di Mar Bath, le dune di sabbia e subito c’è il mare. «Ma arrivava troppa gente e li abbiamo portati qui», e indica il vecchio deposito di ghiaia ora occupato dalle Tigri di Misurata. Di fronte c’è l’antenna bianca e rossa della tv, la prima a esser stata colpita dall’aviazione di Gheddafi il 20 febbraio. Lo credevano all’ospedale, il Colonnello. Invece era qui, accanto al figlio, nel container 45R1 e la scritta «Evergreen», sempre verde.
Alle undici del mattino, quando Anwar infila la chiave nel grosso lucchetto del container e apre la porta, un moscone s’infila nel gelo. Mutassim è sui bancali di legno, una coperta arancione come materasso, nudo, solo un lenzuolo di garza azzurra e un altro verde a coprirlo appena. Barba e capelli sono un misto di sangue e sabbia, ha un buco sotto la gola, un secondo in mezzo al petto, un terzo alla gamba sinistra. «E qui sotto - indica Anwar, e pare un esperto becchino - si vede il segno del prelievo per l’esame del Dna. L’abbiamo fatto anche al padre, in modo che nessuno abbia mai più un dubbio. È finita davvero».
Non sembra, attorno a questo container svuotato in fretta dalle bottiglie di minerale marca Shafia, lo stesso nome della moglie del Colonnello, la madre di Mutassim. Si sentono i canti delle donne del quartiere, che prima della preghiera del venerdì arrivano con le figlie. Hanno saputo che il corpo di Gheddafi, portato via nella notte, tornerà a metà pomeriggio. E prepareranno la festa, con i pentoloni per il riso e il montone, le ceste di datteri freschi, gli altoparlanti con la musica, i bambini armati di pistole giocattolo che ballano. Ma sarà troppo rischioso riportare il Colonnello nel container. Festa funebre annullata.
Ancora una notte nella cella frigorifera dei polli, per Gheddafi. In una Misurata che resta tutta macerie, vuota di giorno e la sera piena di luci e di macchine. Alle nove una colonna di Twuar sta scortando un’ambulanza. «È lui, è lui!», si muove la folla. Sparano in aria dalla Piazza del bottino di guerra. Non era lui, e forse è l’ultima notte al «Mercato dei Tunisini». Ai cancelli continuano a premere, nessuno che voglia sapere come è morto, tutti che lo vogliono vedere. E la tv Al Arabyia chiude il tg con gli ultimi secondi del rais vivo. I calci, gli sputi, le spinte. E una pistola che si avvicina alla tempia sinistra.
 
Fonte: http://www3.lastampa.it

giovedì 13 ottobre 2011

National Transitional Council forces in Libya continue to bombard small pockets of Sirte where Gaddafi loyalists are in a last stand...



Al Qaida. Ayman al Zawahri punta dritto alla Libia!

TUNISI - Ayman al Zawahri tenta di entrare nello scenario del Nord Africa delle rivoluzioni (più o meno riuscite) e delle guerre. E lo fa con l'ennesimo video nel quale punta dritto alla Libia, chiedendo a chi è riuscito a sconfiggere Muammar Gheddafi di istituire nel Paese la Sharia, la legge islamica, e nel contempo di scacciare il nemico che, per il numero uno di al Qaeda, ha le fattezze degli occidentali scesi in campo al fianco degli insorti.
Un messaggio inequivocabile che si inserisce a pieno titolo in quel disegno che vede oggi nel Nord Africa e nel Sahel il miglior teatro per portare avanti la "guerra" di al Qaeda, e vuole porre le basi per un califfato, spesso auspicato un po' ovunque, ma che evidentemente vede in Libia e, quindi, in Algeria i ‘terreni' più ‘facili'.
Gli argomenti che al Zawahri ha toccato nel suo video (13 minuti, persi nell'immensità della Rete e trovati da un sito specializzato nell'analisi delle comunicazioni degli integralisti islamici) sono quelli di sempre: attaccano l'Occidente e i nuovi ‘crociati' che ne sono i testimoni in arme e chiedono alle popolazioni di quei Paesi sino a ieri retti da dittature dichiaratamente laiche (Tunisia e Libia su tutte) di ribellarsi e riportare ogni frammento della vita quotidiana ai dettami dell'islam. Ma ora al Zawahri sembra avere messo più a fuoco la strategia di al Qaeda e incita gli algerini a rivoltarsi contro il "tiranno" - il presidente Abdelaziz Bouteflika - e a buttarlo (come hanno fatto tunisini e libici con Ben Ali e Gheddafi) nella pattumiera.
Al di là della ritualità delle dichiarazioni di al Zawahri, quelle di ieri sembrano dare un segnale diverso perché chiudono, ideologicamente, il cerchio che sul terreno vede impegnata al Qaeda nel Maghreb. La posta in palio è molto alta, più di quel che può apparire, perché il medico egiziano con le sue parole sembra lanciare un appello a tutte le forze che si riconoscono nella filosofia oltranzista della rete del terrore di scegliere l'Algeria per agire, dove peraltro Aqmi, guidata dall'emiro Droukdel, è a corto di risultati e falcidiata nei suoi quadri dirigenti.
In questi anni Bouteflika, pure artefice della legge di pacificazione nazionale che ha indotto molti esponenti del partito islamico armato algerino a lasciarsi alle spalle il passato, si trova a combattere quotidianamente con attentati e imboscate, dopo avere - con riforme che appaiono peralto abbastanza blande - allontanato per il momento lo spettro di una rivoluzione in casa sua. Una guerra di logoramento che vede ogni giorno aggiornati i suoi bilanci, perché se l'Esercito continua a "neutralizzare" (é così che dicono le autorità di Algeri) i miliziani, i terroristi di Aqmi inanellano attacchi, anch'essi letali. Ma, a differenza dello scenario libico, quello algerino non é a se stante, perché l'Algeria è la chiave di volta del Sahel e se al Qaeda dovesse prevalere il rischio reale è che il terrorismo islamico si trovi spalancate due porte: la prima verso il Mediterraneo e l'Europa, la terra dei "crociati"; la seconda verso gli Stati dell'Africa equatoriale, che vivono una ribollente stagione politica.

Fonte: http://www.americaoggi.info/

 

venerdì 23 settembre 2011

Messaggio ai cittadini Italiani da Anonymous-Italia...la crisi economica e finanziaria del Paese rischia di compromettere la pace sociale e gli equilibri della pacifica convivenza civile!


TESTO

Ciao popolo italiano.
Anonymous vi stanno osservando.
La qualità della vostra informazione è molto bassa.
La maggiorparte dei vostri giornali prende finanziamenti dal governo e mente sull'attuale situazione politica.
I vostri network televisivi, in nome del primo ministro Silvio Berlusconi, diffondono una visione distorta della realtà.
Solo il 50% della popolazione italiana usa internet e questo piace al vostro governo.
Loro non vogliono un alto uso di Internet.
Il vostro parlamento è pieno di politici collusi con organizzazioni criminali, come la mafia.
Uno dei maggiori partiti italiani, Lega Nord, usa metodi fascisti e razzisti per governare.
I partiti di opposizione non hanno la forza politica necessaria a contrastare questa deriva illiberale.
I vostri diritti sono in pericolo.
I cittadini italiani devono svegliarsi.
I cittadini italiani devono combattere prima che sia troppo tardi.
Governo Italiano:
Anonymous ti sta osservando.

L'informazione è libera.
Noi siamo Anonymous.
Noi siamo una legione.
Noi non perdoniamo.
Noi non dimentichiamo.
Aspettaci.

Noi cittadini del mondo occuperemo piazza affari, in contemporanea a Wall Street e alle principali borse europee.
Vogliamo protestare contro il signoraggio, che ha ridotto le nostre democrazie in dittature economiche, che ci hanno resi schiavi di un sistema, in cui l’etica e la morale, non hanno più importanza.
Le banche centrali private, stanno commettendo un grosso crimine nei confronti dell’umanità e i nostri governanti ne sono i complici.
Noi cittadini, per pagare il debito pubblico, siamo costretti a vivere condizioni di vita poco dignitose.
Noi protestiamo perché rivogliamo:

- la sovranità popolare

- i diritti sociali che ci stanno negando

- un’informazione libera dalle logiche di potere politico ed economico

L’iniziativa vuole essere anche un momento di sensibilizzazione e comprensione dei problemi economici.
Tutti i gruppi e movimenti, che condividono gli obiettivi, sono invitati ad aderire, diffondere l’evento e partecipare.

La giornata oltre ad avere uno scopo informativo sulle tematiche economiche, vuole diventare un momento di confronto e interazione tra cittadini, da cui far emergere proposte e collaborazioni.
Per garantire il rispetto reciproco ci ispireremo alle regole delle assemblee degli Indignatos spagnoli, per permettere a chiunque lo desideri e si ritrovi nei valori dell’antifascismo, antirazzismo, antisessismo e della non violenza, di poter partecipare attivamente esprimendo la propria opinione o proposta. L’iniziativa è indipendente da qualsiasi organizzazione partitica.

PROGRAMMA:

- ore 11.30 Giulietto Chiesa www.giuliettochiesa.it

- assemblea con tema “controinformazione ed economia”

- assemblea con tema “economia e lavoro precario”

- ore16.00 Salvatore Tamburro http://www.democraziadirettasovranitamonetaria.it/

- assemblea con tema “economia, mafie e spazi pubblici”

- ore 18.30 Moni Ovadia http://www.moniovadia.it/

- assemblea con tema “cultura ed economia”

DOCUMENTO MANIFESTO - ANTIBAKS DAY 17 SETTEMBRE 2011

Noi cittadini che ci siamo riuniti davanti alla borsa di Milano: siamo indignati per la dittatura economica che stiamo vivendo. Vogliamo sottolineare che siamo persone pacifiche, che non hanno nessuna intenzione né provocare le forze dell'ordine, né di creare disordini, ma semplicemente fare le nostre richieste:

1) Chiediamo alla Banca Centrale Europea e alla Banca dItalia (che per il 95% è in mano a private società per azioni) di farsi carico del Debito Pubblico, che hanno generato a nostre spese. Non vogliamo che tale debito gravi sulle spalle dei cittadini. I governi di turno, per mantenere i patti con le banche, vengono obbligati ad effettuare tagli sulla spesa pubblica e ad innalzare le imposte. Il Signoraggio Bancario, ossia la truffa generata da questo sistema finanziario, è il male che vogliamo debellare dalla nostra società.

2) Chiediamo il ripristino della Sovranità Monetaria. Lo Stato deve avere il potere di gestire la propria politca monetaria e di emettere la moneta necessaria al soddisfacimento della spesa pubblica, in modo tale che tutti i beni e servizi utili al benessere della collettività siano garantiti, senza generare nuovo debito. Chiediamo quindi la Nazionalizzazione delle Banche Centrali. Vogliamo che il potere di emettere moneta sia esclusivamente nelle mani del popolo e non in quelle delle banche private. La moneta deve essere di proprietà del portatore.

3) Riteniamo che la politica rappresentativa sia un fallimento, in quanto non è più in grado di rappresentare il volere popolare. In una democrazia è il popolo che deve governare. Chiediamo quindi, che venga dato il giusto potere agli strumenti di democrazia diretta: proposte di legge e referendum. Vogliamo che in parlamento vengano discusse le iniziative popolari. A tal riguardo chiediamo l'introduzione di referendum propositivi e confermativi.

4) Chiediamo che lo Stato come Istituzione garante dei diritti dei cittadini, non subisca direttive da istituzioni sovra-nazionali, non elette democraticamente dalla popolazione (BCE:Banca Centrale Europea, FMI: Fondo Monetario Internazionale, BM: Banca Mondiale, OMC: Organizzazione Mondiale del Commercio, Commissione Europea), nè da altre istituzioni segrete, quali il gruppo Bilderberg o la Commissione Trilaterale .

IN SINTESI chiediamo:

- estinzione del debito pubblico e eliminazione del signoraggio bancario

- sovranità monetaria nelle mani del popolo

- democrazia diretta

- libertà culturale dai poteri economici
Fonte: http://www.anon-news.blogspot.com/ e http://www.youtube.com/user/anonymousvsberlusca

martedì 13 settembre 2011

Il Presidente del Cnt parla ai Libici: "Saremo un paese moderato!"



Decine di migliaia di persone si sono radunate sulla Piazza dei Martiri di Tripoli per ascoltare il primo discorso di Mustapha Abdel Jalil, nella sua qualità di presidente del Consiglio nazionale di transizione.

mercoledì 16 marzo 2011

Siamo davvero sicuri che Gheddafi è un mostro? Le prime notizie giunte a noi dopo l'inizio delle rivolte del 17 Febbraio 2011 si sono rivelate fasulle! Le fosse comuni, le stragi, i cadaveri sparsi per le strade di Tripoli e di Bengasi, i bombardamenti dei Jet Libici sulla popolazione civile inerme...tutto falso!!! Lo scopo era di spingere e convincere l'opionione pubblica Mondiale e soprattutto Occidentale ad accettare una nuova guerra, una nuova impresa militare simile a quella attuata in Iraq e in Afghanistan! Lo scopo delle notizie false era quello di indignare da subito l'opinione pubblica Mondiale, fortunatamente questo scellerato piano propagandistico è fallito! il Governo legittimo e ufficiale guidato da Gheddafi sta riprendendo il controllo del Paese!

GHEDDAFI
TRIPOLI - (LIBIA) - Come abbiamo già potuto verificare, la realtà viene riscritta in versioni molto differenti a seconda dei media. E non è un caso che, con grande disappunto di Hilary Clinton, la Russia abbia allestito un network con speaker che parlano un perfetto inglese americano. Perché ora il pubblico può confrontarsi con l’altra faccia della medaglia.
E proprio da Russia Today ci arriva un servizio che è un vero schiaffo alla versione  finora diffusa sulle rivolte in Libia. Secondo i vertici militari russi, infatti, che stanno monitorando la regione via satellite fin dall’inizio delle rivolte, non ci sarebbe nessuna traccia dei bombardamenti su Bengasi e su Tripoli annunciati dai media occidentali e da Al Jazeera il 22 febbraio scorso. La verità, come sempre, starà nel mezzo?
A sentire i media, è proprio guerra. Anzi, la guerra sono i media in primo luogo. Per la stampa dell’Occidente, che fino a ieri accoglieva con un caloroso abbraccio i suoi capitali e oggi li congela, Gheddafi si è trasmutato improvvisamente in un mostro sanguinario, che non ha esitato a bombardare la sua stessa popolazione per reprimere le rivolta, scatenando la guerra civile nell’intero paese. E intanto, quanto scommettiamo che, grazie a tutto questo, le proprietà estere del Colonnello torneranno agli antichi proprietari? A leggere la stampa russa, però, la verità sarebbe un’altra: in un appassionato apologo apparso pochi giorni fa sulla Pravda (che, bisogna ricordare, significa “verità”), emerge un immagine molto diversa del leader libico.
Come possiamo, scrive la Pravda, “chiamare dittatore un leader che ha spodestato un monarca corrotto, che ha modernizzato il paese, che ha lo ha portato a uno dei più alti indici di sviluppo umano, applicando un sistema di governo basato sulla democrazia diretta?” Parole che sarebbero potute essere – e forse sono state – sulle labbra di qualche governo occidentale, fino a solo un mese fa.
Ma non è tutto: “Gheddafi ha sempre supportato i movimenti rivoluzionari nel mondo.” continua la Pravda “Mentre i media asserviti agli USA elogiavano il regime di apartheid nel Sud Africa, il giovane Gheddafi addestrava in Libia [i dissidenti] e li rimandava indietro con le migliori armi per guadagnare la libertà in Sud Africa.”
Le fosse comuni? I bombardamenti di Tripoli? Manipolazioni. Ma allora perché la stampa avrebbe cominciato a demolire Gheddafi ? Secondo la Pravda, perché gli Stati Uniti vorrebbero riguadagnare influenza nel mondo arabo, dopo aver perso un leader servizievole come Mubarak.
Naturalmente, la verità sta, se non nel mezzo, perlomeno non da una parte o dall’altra. Quel che è certo è che la guerra si sta combattendo in primo luogo nelle teste delle persone. Si sa, una delle caratteristiche umane è la capacità di adattarsi e di abituarsi a tutto. Così, come ci si è abituati all’incubo nucleare durante la guerra fredda e alla minaccia islamica dopo l’11 settembre 2001, ci abitueremo anche all’idea di tiranni mostruosi da combattere nel Nord Africa. Un modo come un altro per farci entrare in un mood e per prepararci a sacrificare un altro pezzetto della nostra libertà. E magari, ad abituarci a sentire i fischi delle esplosioni sempre più da vicino.
In tutto ciò, il fronte libico è e sarà un’altro teatro immaginario di un conflitto che per noi rimarrà altrettanto sconosciuto quanto quello iracheno o afgano. Possiamo veramente mettere la mano sulle foto di massacri, oggi che la manipolabilità delle immagini e delle informazioni è pressoché infinita? A questo non possiamo rispondere, e sollevata dalla Pravda, testata di regime, certo, ma anche quest’ultima affermazione è terribilmente faziosa. E il precedente delle “armi di distruzione di massa” che costò l’impiccagione a Saddam Hussein non gioca a favore delle certezze.
Siamo in una guerra di informazione e stiamo perdendo questa guerra.” ha dichiarato Hilary Clinton in un intervento che non è passato inosservato a Russia Today “Al Jazeera è vincente, i cinesi hanno aperto una rete globale televisivo multi-lingua, i russi hanno aperto su di una rete in lingua inglese. L’ho visto in alcuni paesi, ed è abbastanza istruttivo ”. Ecco il vero fronte, ed ecco perché la Clinton difende con le unghie e i denti gli investimenti americani nell’informazione. È guerra e il campo di battaglia siamo noi.
Amante della lettura e cultore del genere fantasy di Roger Zelazny, suo autore preferito, ha una predilezione per le spade e l’I-Pad, magari uno a cella solare, utile anche su un’isola deserta.
Wikileaks? “Assange è chiaramente guidato.” Le banche? “Sono loro i veri proprietari della nostra ricchezza.” La Cyber War? “Chi ci governa non ha la minima consapevolezza di quello che succede.” Il caso Telecom? “Uno scontro tra titani, in cui ha prevalso il più potente.”
Ghioni non si risparmia, offre consigli su come evitare pericoli tecnologici e attacca: “Ti assicuro che non c’è nulla che possa finire sulle prime pagine dei giornali se il Sistema non vuole. E questo, i giornalisti dell’Espresso, del Fatto Quotidiano, di Repubblica lo sanno molto bene…”
Sarebbe riduttivo dire che sei un hacker?
La riduttività dipende dal significato che tu dai alla parola. Per quanto riguarda il significato che gli do io, potrei ritenerlo un onore essere considerato tale.
Telecom, di cui parleremo, è storia vecchia: cosa fai oggi?
Mi sto impegnando nello sviluppo e nella diffusione di nuove tecnologie relative alla protezione dell’informazione e di dati. Cerco di divulgare una cultura di consapevolezza affinché la tecnologia non sia più un modo per ipnotizzare le persone ma diventi uno strumento nelle mani delle persone.
Io da bambino usavo a malapena il Commodore 64…
Usavo anch’io il Commodore 64, esattamente l’Executive 64. Era un trasportabile, perché allora non c’era il portatile, pesa 25 chili, ce l’ho ancora. È un cimelio. Diciamo che quello che ti porta a diventare un esperto di questo settore è la curiosità e il desiderio di ricercare il più possibile, perché negli ultimi 20 anni non sono esistiti corsi o scuole che potessero formare persone in questo ambito.
C’è stato un momento particolare della tua vita in cui ti sei reso conto di avere talento in questo campo?
Io non lo considero un talento. Mi sono laureato in psicologia quando stava nascendo internet e l’era dell’informatica era ancora in uno stato embrionale. Ho avuto semplicemente l’intuizione che la tecnologia sarebbe stata il governatore del futuro e, in quanto tale, riuscire a dominarla era ed è la cosa giusta da fare.
Quando hai messo a segno il primo successo da hacker? Ricordo il caso di uno studente delle superiori che ha bucato la rete della sua scuola per modificare i voti delle sue pagelle…
Nonostante il caso Telecom, considero che tutte le azioni che ho fatto sono state guidate da uno scopo che fosse perlomeno etico. Per esempio, nel caso Telecom dovevamo proteggere l’azienda secondo quanto diceva la presidenza. Non ho mai nemmeno spiato la mail della fidanzata. Ritengo queste cose basse o poco onorevoli.
Cyber war: pensi sia un concetto campato in aria?
No, assolutamente, è una faccenda molto realistica, anche se le persone che ci governano non ne hanno la giusta consapevolezza e non riescono  a comprenderne la portata e a capire i fenomeni che stanno accadendo. Quindi non hanno la possibilità di mettere a punto sistemi che ci proteggano da questa minaccia, che ovviamente colpisce le nazioni che più dipendono dalla tecnologia: l’Occidente e quelli che stanno imitando l’Occidente.
Quali sono questi “fenomeni che stanno accadendo”?
Nazioni come l’Iran, le due Coree, gli Stati Uniti, l’Inghilterra, la Germania, la Russia, l’Estonia hanno messo in piedi settori militarizzati, e comunque governati dalla struttura militare, per la cyber war. Loro dicono che serve per la difesa, ma ovviamente la difesa può essere fatta anche in maniera attiva.
Scendiamo su un piano pratico: come si combatte la cyber war? In cosa consiste?
Se al tempo del Far West una banca aveva un mucchietto di soldi con scritto sopra il tuo nome e cognome, e questi soldi erano tuoi, adesso esiste solo un numero in un database. Questo discorso vale per tutto, compresi i dati che compongono la nostra identità e che ci definiscono come cittadini: sono semplicemente delle strisciate in banche dati. Queste strisciate possono essere flaggate, cancellate, modificate, duplicate, copiate, trasferite e quant’altro con la facilità con cui si manda una mail.
E quale sarebbe il pericolo?
Se vengono cancellati tutti i database del sistema bancario italiano, non abbiamo più soldi. Quando succederà, ti accorgerai che il pacchetto di soldi che pensavi fosse lì non c’è più.
Quasi quasi conviene rimetterli sotto il materasso…
Da esperto di tecnologia ho passato le varie fasi che hanno passato tutti, però magari le ho vissute dieci anni prima, munendomi di tutti gli amminicoli possibili. Quando mi sono accorto di quello che la tecnologia stava producendo in me e nella società, ho iniziato a ridurre fortemente la dipendenza dalla tecnologia.
Per capirci: dove li tieni tu i soldi? Come ti proteggi?
Per esempio non uso l’e-banking e comunque cerco di non avere tutte le mie risorse a disposizione di una banca, perché in questo caso il vero proprietario della mia ricchezza non sono più io, ma la banca.
Qualcuno dice che Wikileaks sia una bufala, o quantomeno una manovra d’intelligence per destabilizzare alcuni paesi, leggasi quanto sta succedendo in Medio Oriente.
Sono stato molto deluso da Wikileaks, perché ero uno di quelli che credeva ci fosse la possibilità di rendere note certe falle del sistema in modo tale che il cittadino e il sistema stesso potessero auto correggersi. E invece dalla mia esperienza e da quanto successo nell’ultimo periodo capisco che Assange è chiaramente guidato. Ti assicuro che non c’è nulla che possa finire sulle prime pagine dei giornali se il sistema non vuole. E questo, i giornalisti dell’Espresso, del Fatto Quotidiano, di Repubblica lo sanno molto bene. E poi basta guardare la natura delle informazioni che sono uscite, tante notizie che non servono a niente, magari su Berlusconi maniaco sessuale o su Gheddafi feticista: cosa dai in più alle persone? Nulla.
Mi dici una notizia, di cui tu sei a conoscenza, che il sistema vuole occultare?
Te la dico a metà: chi era l’Amministratore Delegato dell’azienda che faceva uscire i tabulati della telefonia mobile di Telecom Italia? Ecco, quel nome non è mai uscito. Prova a indovinare chi è…
Me lo dici o devo andarmelo a cercare?
L’azienda si chiamava TIM. Te lo vai a cercare e capirai perché non se n’è parlato…
Hai scritto che “la principessa  Kaoru Nakamaru racconta di come, ai tempi della presidenza Clinton, la famiglia di Al Gore l’avesse informata di un piano per eliminare gran parte della popolazione mondiale diffondendo pandemie attraverso i vaccini.” Un po’ quello che si pensa sia successo con il virus suino. Non pensi siano teorie cospirazioniste?
Se certe parole vengono pronunciate da una persona riconosciuta da Newsweek, nel 1973, come la migliore intervistatrice del mondo, da una persona imparentata con la famiglia reale, che effettivamente ha intervistato i soggetti di cui parla, sai com’è, un pelino di credibilità gliela do anche. Perlomeno ci rende nota la sua opinione o quello che lei dice di aver sentito.
Commissione Trilaterale, Gruppo Bilderberg e CFA: che idea ti sei fatto? Secondo il giornalista investigativo, ex KGB, Daniel Estulin sono loro che governano il mondo.
Ma mica solo secondo lui sono loro che governano il mondo! Guarda, nella mia esperienza ho avuto delle richieste che mi confermano questa tesi, però non ti posso specificare nulla.
Parliamo di quello che ti è successo qualche tempo fa in Italia: chi era divineshadow?
Grassa risata
Era il nome d’arte che usavo nel mondo degli hacker. All’estero, non in Italia. L’ho fatto diventare il personaggio di un fumetto quando mi è stato chiesto, durante una conferenza che ho tenuto a Las Vegas, un contributo per un’asta benefica. E allora abbiamo avuto questa idea di trasformare persone vere in personaggi del fumetto. Abbiamo fumettizzato ogni grande hacker  che andavamo ad incontrare, inserendoli come special guest star all’interno dei quattro numeri che sono usciti. Poi è successo il casino di Telecom e abbiamo dovuto smettere la produzione.
Peter Gomez, sull’Espresso del Febbraio 2007, ha scritto che “in uno degli ultimi numeri si vede Divineshadow (alias Ghioni) che carica un uomo a forza su un furgone. Sembra il sequestro di Abu Omar..”
Ma per favore! Ma per favore! Gli piace molto andare di fantasia.
Il 18 gennaio 2007 finisci in carcere.
C’era una guerra tra Tronchetti Provera e De Benedetti e chi c’è andato di mezzo sono le persone che lavoravano per Tronchetti, visto che De Benedetti apparentemente è molto più forte. Tutto lì quello che è successo. Tronchetti aveva appena licenziato Marco De Benedetti da amministratore delegato di TIM e poco tempo dopo è uscito l’articolo sull’Espresso su “super amanda”. Ancora mi chiedo cosa è questa cazzo di “super amanda”! E credo che se lo chiedano in tanti.
È vero che in Telecom difendevi i server dagli attacchi dei pirati del Web e attaccavi i computer di quelli che consideravi nemici della multinazionale?
Le azioni fatte, che sono state poi oggetto di azione penale da parte della magistratura, sono state tutte richieste e finanziate da Telecom Italia.
In base a cosa Telecom Italia sceglieva  questi nemici?
Ma tu pensi che Telecom fosse l’unica a farlo? Lo fa anche Vodafone, lo fa Telefonica, lo fa Telemex. Lo fanno tutte le grosse multinazionali.
In base a…
In base al fatto che – per il caso Telecom – c’era una guerra con la Kroll in Brasile; in base al fatto che si poteva sentire una minaccia da parte di uno o altro ente.  Questi sono i criteri suppongo. In alcuni casi potevo anche essere d’accordo, perché vedevo effettivamente quello che accadeva, in altri casi invece non sono stato d’accordo. Ma quando sei un dipendente, e io ero un dirigente di Telecom Italia, i casi sono due: o ti adegui oppure vieni cacciato. Probabilmente dovevo farmi cacciare.
Secondo gli inquirenti, il Tiger Team era un gruppo di hacker che combatteva una cyber war a colpi d’intercettazioni telematiche e invio di virus.
Queste sono palle.
E allora come la combattevate ‘sta guerra?
Come si dice…non bisogna mai svelare i segreti del mestiere, no?
Tavaroli, il gran capo della sicurezza Telecom, ha sempre detto che non era al corrente delle vostre attività illegali.
È una cazzata, si tratta di strategie difensive che nell’ambito di un processo penale ognuno ha. Così come Tronchetti Provera: sa benissimo quando gli venivano mostrate certe cose.
Che idea ti sei fatto dell’attuale situazione politica italiana?
Ah ah ah ah ah ah ah… ti basta come risposta?
Qual è, secondo te, il futuro della rete?
La rete diventerà come una divinità induista: gli verrà dato un nome e verrà venerata.
Un sogno da realizzare.
Che la definizione di hacker diventi quella che ho fatto nel video. E che tutti l’accettino in quel modo.
Un aforisma che ti rappresenta.
“Alea iacta est”. Il dado è tratto.

Tratto da  L’infiltrato
Fonte: http://www.fabioghioni.net

giovedì 25 giugno 2009

W THE REVOLUTION OF THE IRANIAN PEOPLE!!! LA PROTESTA CONTINUA ANCHE SUI CAMPI DI CALCIO...

W THE REVOLUTION
OF THE IRANIAN PEOPLE!!!
FREDOM FOR
IRANIAM PEOPLE!!!
(KHAMENEJ AND AHMADINEJAD GO HOME!!!)

TEHERAN (Iran), 25 giugno 2009 – Anche il calcio entra nelle polemiche che rendono inquieto l’Iran dalla rielezione del presidente Mahmoud Ahmadinejad nelle elezioni dello scorso 12 giugno. Quattro giocatori della nazionale, scesi in campo contro la Corea del Sud con dei braccialetti verdi, simbolo del candidato sconfitto Mir Houssein Moussavi, sarebbero stati banditi a vita dalla squadra, anche se la federazione iraniana ha smentito parlando per due di loro di ritiro volontario. VERDE — Mercoledì scorso a Seul, dove l’Iran ha pareggiato 1-1 contro la Corea del Sud ponendo fine alle proprie speranze di qualificazione per il mondiale in Sud Africa, erano in sei ad indossare il braccialetto verde simbolo della protesta. La squalifica a vita riguarderebbe il 31enne Ali Karimi, ex Bayern Monaco, il 32enne capitano Mehdi Mahdavikia, che gioca in Germania nell’Eintracht Francoforte, il 24enne talento Hosein Kaabi e il 32enne Vahid Hashemian, in forza ai tedeschi del Bochum. Tra i “ribelli” in Corea c’erano anche i due giocatori dell’Osasuna, Masoud Shohjaei (che adirittura avrebbe indossato una canottiera verde sotto la divisa da gioco), autore del gol iraniano, e Javad Nekounam, contro cui però non sarebbero state prese sanzioni. Secondo quanto riportato dal quotidiano britannico Guardian, nell’intervallo ai sei sarebbe stato intimato di togliere il braccialetto, ordine che hanno eseguito anche se Mahdavikia ha indossato una fascia da capitano verde per tutto l’incontro, trasmesso dalla televisione iraniana. Una volta tornati in Iran ai giocatori non sarebbe stato riconsegnato il passaporto e proibito di parlare con i media non iraniani. SMENTITA — “La federazione non ha interdetto nessun giocatore dalla nazionale. I media stranieri hanno scritto solo menzogne e malvagità ” ha detto Ali Kafashin, capo della federcalcio iraniana. Ieri la Fifa, attraverso un portavoce, aveva fatto sapere "di aver scritto alla federazione iraniana chiedendo chiarimenti sulle notizie in seguito alle notizie diffuse dalla stampa su alcuni giocatori dopo la partita tra Corea e Iran". La federcalcio mondiale si riferiva soprattutto a notizie pubblicate dalla stampa anglosassone, che parlava di squalifiche a vita mascherate da ritiro.
DUBBI — Addirittura inquietante il dubbio insinuato questa mattina dal Daily Star, secondo cui Nekounam Javad e Shajaei Masod, i due nazionali che giocano in Spagna nell'Osasuna, sarebbero scomparsi dopo il rientro in patria e di loro non si avrebbero notizie. ADDIO VOLONTARIO — Ma i media iraniani raccontano un’altra realtà. Secondo l’agenzia Isna i due giocatori più rappresentativi, Karimi e Mahdavikia avrebbero deciso volontariamente di lasciare la nazionale. “Sono contento di lasciare spazio ai più giovani” avrebbe detto Karimi. Sulla stessa linea, sempre secondo Isna, il commiato di Mahdavikia: “La squadra deve preparasi per la Coppa d’Asia 2011: penso di dover cedere il mio posto a giocatori più giovani e dire addio alla squadra”. Ma l'Iran, anche calcistico, resta nel caos.

Davide Chinellato

Fonte: http://www.gazzetta.it


domenica 29 giugno 2008

PENA DI MORTE PREVISTA NELLA COSTITUZIONE EUROPEA!

In un sito di un amico blogger ho trovato il testo, molto interessante, del prof. Schnachschenider sulla pena di morte in Europa che quì voglio riportare: "La Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea (la cosiddetta "Costituzione" bocciata in Francia nel 2005, a cui ci riferiremo d'ora in avanti con la sigla CDFUE) permette espressamente nelle "spiegazioni" ai Diritti Fondamentali e nelle sue "definizioni negative" – assorbite nel Trattato di Lisbona – contrariamente all'abolizione della pena di morte vigente in Germania, Austria e altri paesi in conformità con il principio [costituzionale] della dignità dell'uomo, la reintroduzione della pena di morte in caso di guerra o in caso di diretto pericolo di guerra, ma permette anche l'omicidio per reprimere una sommossa o un'insurrezione.Avete visto? E' stato previsto che prima o poi la gente si potrebbe ribellare allo Stato dell'Unione guidata dai Massoni e dai Banchieri, e allora..........Decisivo per questo non è l'Art. 2 Paragrafo 2 della Carta, che proibisce la condanna a morte e l'esecuzione capitale, bensì la spiegazione di quest'articolo, integrata nel Trattato [di Lisbona], che risale alla Convenzione sui Diritti Umani del 1950. Secondo l'Art. 6 Par. 1 e Sottopar. 3 del Trattato sull'Unione Europea (TUE) nella versione di Lisbona, vengono definiti i diritti, le libertà e i principi fondamentali della Carta in conformità con le disposizioni generali del Titolo VII dela Carta, che regola l'esposizione e l'applicazione degli stessi, e sottoposti alla debita considerazione delle "spiegazioni" allegate alla Carta, in cui vengono indicate le fonti di queste disposizioni.La rilevanza giuridica delle "spiegazioni" sgorga anche dal Paragrafo 5 S. 2 del Preambolo della Carta, secondo il quale l'interpretazione di questa avviene "tenendo in debito conto le spiegazioni elaborate sotto l'autorità del praesidium della Convenzione europea". Il Paragrafo 5 S. 2 del Preambolo e il Paragrafo 7 dell'Art. 52 sono stati reinseriti nella Carta il 12 dicembre 2007. Erano già presenti nel naufragato Trattato Costituzionale del 29 ottobre 2004. Questo allargamento del testo smentisce il temporaneo successo della politica contro la pena di morte e l'esecuzione capitale. Le "spiegazioni" riguardano anche e proprio l'Art. 2 Par. 2 della Carta.Le deleghe all'Unione nel campo della politica estera e di sicurezza comune è sufficiente affinché, nell'interesse dell'efficienza delle missioni secondo l'Art. 28 (42) Par. 1 S. 2 e Art. 28b (43) Par. 1 TUE, o anche nell'interesse della difesa, l'introduzione della pena di morte; ad esempio la delega al Consiglio tramite l'Art. 28b (43) Par. 2 S. 1 TUE sulle decisioni riguardanti le missioni, che permette "di stabilire le condizioni generali di attuazione valide" per le missioni stesse. A ciò non partecipano né il Parlamento Europeo né tantomeno i parlamenti nazionali. Una decisione del genere andrebbe valutata in combinazione con l'Art. 2 Par. 2 della CDFUE, con le sue spiegazioni. Inoltre gli stati membri si impegnano con l'Art. 28 (42) Par. 3 Sottopar. 2 S. 1 TUE, "a migliorare progressivamente le proprie capacità militari". Le guerre del passato e del presente dimostrano che la pena di morte ad esempio nel caso di soldati che si rifiutano di eseguire gli ordini, tende a incrementare notevolmente le capacità militari di un esercito. L'efficienza di misure militari può essere incrementata, tra l'altro, per mezzo dell'esecuzione di terroristi e sabotatori o anche presunti tali.La prassi dell'Unione di estendere estremamente i testi sui doveri degli stati membri non autorizza ad escludere anche una tale interpretazione, quando la situazione lo comanda o lo consiglia. Per inciso, il dovere di riarmo di questa prescrizione non è compatibile con il principio pacifista, vincolante, delle costituzioni tedesca (preambolo della Grundgesetz, Art. 1 Par. 2, Art. 26 Par. 1) e austriaca.Nella Dichiarazione riguardante le Spiegazioni della Carta dei Diritti Fondamentali, che secondo l'Art. 49b (51) TUE ("Allegato") sono parte costituente dei Trattati, dunque sono parimenti vincolanti, sta scritto:3. Le disposizioni dell'articolo 2 della Carta corrispondono a quella degli articoli summenzionati della CEDU e del protocollo addizionale e, ai sensi dell'articolo 52, paragrafo 3 della Carta, hanno significato e portata identici. Pertanto le definizioni "negative" che figurano nella CEDU devono essere considerate come presenti anche nella Carta:a) articolo 2, paragrafo 2 della CEDU:"La morte non si considera cagionata in violazione del presente articolo se è il risultato di un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario(ASSOLUTAMENTE NECESSARIO?):a) Per garantire la difesa di ogni persona contro la violenza illegale;b) Per eseguire un arresto regolare o per impedire l'evasione di una persona regolarmente detenuta;(Per quale reato.....?)c) Per eseguire un arresto regolare o per impedire l'evasione di una persona regolarmente detenuta;(Per quale reato...? Tutti indistintamente)d) Per reprimere, in modo conforme alla legge, "una sommosa o un'insurrezione";(Questo è di una gravità inaudita!)b) articolo 2 del protocollo n. 6 della CEDU:"Uno stato può prevedere nella propria legislazione la pena di morte per atti commessi in tempo di guerra o in caso di pericolo imminente di guerra; tale pena sarà applicata solo nei casi previsti da tale legislazione e conformemente alle sue disposizioni ..." Sommosse o insurrezioni possono essere viste anche in certe dimostrazioni. Secondo il Trattato di Lisbona, l'uso mortale di armi da fuoco in tali situazioni non rappresenta una violazione del diritto alla vita. In guerra si trovano attualmente sia la Germania che l'Austria. Le guerre dell'Unione Europea aumenteranno. Per questo, l'Unione si riarma – anche con il Trattato di Lisbona.


Karl Albrecht Schachtscchneider


ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!