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venerdì 9 novembre 2012

Fine del muro di Berlino - 9 Novembre 1989...ecco perchè invece era meglio quando il muro era in piedi!!! Come disse il Presidente Russo Vladimir Putin: "La caduta del Muro di Berlino prima e dell'Urss due anni dopo, sono state la catastrofe geo-politica piu' grande della Storia dell'Umanità!"

Io oggi in contro-tendenza, non festeggio questo giorno, perchè sono dalla parte del Presidente Russo Vladimir Putin che ha detto: "La caduta del Muro di Berlino prima e dell'Urss due anni dopo, sono state la catastrofe geo-politica piu' grande della Storia dell'Umanità!" E proprio di vera catastrofe umanitaria lo è stata: il Capitalismo Occidentale piu' bieco e speculatore, dopo la caduta dell'argine Orientale che cercava di contenere la sua avanzata, ha disastrato anno dopo anno le economie di mezzo mondo, appunto dell'Est-Europa e dell'Asia centrale; in Russia per anni prima di Putin, la fame, la miseria, la povertà estrema, la mafia, la droga, la prostituzione e le armi illegali hanno preso il sopravvento con una violenza inimmaginabile; nell'ex-Yugoslavia (tra la Slovenia, Croazia, Bosnia, Kossovo e Serbia) centinaia di miliaia di morti per una guerra fratricida che è durata quasi un decennio; tutta l'Asia Occidentale, Centrale e Orientale è stata preda del fondamentalismo Islamico che si è risvegliato dopo la caduta dell'Urss nel 1991, provocando decine di guerre civili sanguinose e altre centinaia di miliaia di morti, feriti, città anche storiche di pregio andate distrutte! (Guerra civile in Cecenia, Georgia, Turkmenisthan, Kirgisthan, Tagikisthan, Uzbekhistan, Moldavia, Arzebaijan, Transinistria, Nagorno-Karaback, Ossezia, quelle principali!) e alcune di queste non sono ancora del tutto finite!!! Dopo la caduta del Muro nel 1989, la Romania è collassata insieme all'Albania, dove la mafia e la violenza sulle donne schiavizzate, grazie sempre a quel 9 Novembre 1989, ancora oggi impera!!! (In Europa decine di miliaia di donne Rumene e Albanesi, dal 1990 in poi, hanno invaso letteralmente le strade d'Italia prostituendosi (chi costrette dalla criminalità, chi per propria volontà) a causa della povertà, fame, miseria generata dal crollo totale di tutto il blocco Sovietico; ancora oggi paghiamo le sofferenze e gli errori di quel giorno, grazie al quale abbiamo avuto le primavere Arabe sanguinose del 2011, l'attentato delle Torri Gemelle a New York l'11 Settembre 2001, le due guerre Iraqene (1990 - 2003), la guerra in Afghanistan e in Libia...in breve, gli assetti geo-politici destabilizzati nel 1989, hanno devastato le politiche estere e finanziarie di mezzo mondo ma anche dell'Europa stessa, per almeno 15 anni e ad oggi ancora qualche strascico lo stiamo subendo ancora, soprattutto con la piaga dell'immigrazione incontrollata dei popoli del Terzo Mondo, sfruttati e truffati da un Capitalismo sfrenato che non ha piu' "controllori" e "competitori"!!! Grazie, ma non me la sento proprio di festeggiare...
BERLINO (GERMANIA) - 9 Novembre 1989 - Dal Muro di Berlino a Piazza Tien a Men: 
A 23 anni di distanza da uno degli eventi Storici che più hanno caratterizzato la vita Politica Europea e che hanno dato inizio ai più grandi sconvolgimenti geo-politici Mondiali, noi precursori della dottrina Social-Popolare non possiamo non constatare e registrare i gravissimi danni che l'assetata quanto frettolosa voglia di libertà delle popolazioni dell'Est Europa spinti e sostenuti dai Governi del così detto Occidente Capitalista ha causato in mezzo Mondo a partire proprio da quell'Europa che ha illuso pure i suoi stessi figli e la sua stessa gente.
La caduta del Muro di Berlino ha da principio fatto credere a tutte le popolazioni del continente che una nuova Era di Pace, Libertà e Progresso Sociale, Eguaglianza e Fratellanza era alle porte...finalmente il Nuovo Mondo da troppo tempo atteso avrebbe trasformato le Nazioni e tutti gli uomini...la Guerra Fredda con il suo equilibrio del Terrore e l'incubo dell'Olocausto Atomico nella magia di una notte sembravano essere cancellati, Papa Giovanni Paolo II° che fù uno dei più grandi sostenitori della politica anti-Cortina di Ferro di memoria Sovietica gioiva entusiasta insieme a tutti i più grandi Statisti dell'Epoca...dalla Tacher a Kohl, da Mitterand ad Andreotti e Cossiga, da Ronald Reagan all'epoca Presidente degli Stati Uniti d'America a Michkail Gorbaciov Presidente della oramai morente Unione Sovietica e novello Premio Nobel per la Pace, dalla Regina d'Inghilterra al Re di Spagna...tutto era un tripudio, un festeggiamento: finalmente la Grande Germania uscita con le ossa fracassate dalla Seconda Guerra Mondiale del 1939-1945 da lei stessa scatenata poteva riunificarsi sotto l'ombrello protettivo dello Zio Sam e del Capitalismo Mondiale.
Libertà era la parola d'ordine insieme al redivivo anti-Comunismo fomentato dalle Lobby miliardarie di mezzo Mondo guidate dalle potenti Massonerie segrete Americane che già fiutavano con la bava alla bocca le immensi ricchezze che l'apertura di quei nuovi mercati e lo sfruttamento a basso costo delle materie prime con la forza lavoro umana offrivano quegli Stati liberati dal predominio dei Regimi Comunisti dell'Est Europa, della Russia e della Cina.
Non solo, con la liquidazione della Super-Potenza Sovietica e della sua influenza sulla politica estera, anche lo scacchiere della geo-politica in Africa e nel Medio-Oriente avrebbe subito grandi mutamenti sempre a favore della causa Capitalista delle grandi Lobby che influivano e influiscono tutt'oggi sulla politica economica dei Governi Occidentali dell'Europa e dell'America...e così è avvenuto!
Quest'anno il Mondo intero festeggierà in pompa magna la caduta del Muro di Berlino come se tutto ciò che è accaduto dopo non ci fosse mai stato ma noi vogliamo invece ricordare ciò che la grande illusione ha provocato e vogliamo in contro-tendenza Mondiale ricordare a tutti ciò che di benefico in realtà non ha portato a tutti quei popoli che erano stati illusi dal nostro sistema capitalistico consumista con l'equazione: LIBERTA'=RICCHEZZA!!!
L'Occidente con in testa gli Stati Uniti d'America avevano utilizzato un colpo quanto mai più basso, bieco e spregievole per convincere nel corso degli anni e convincere le varie e vaste popolazioni dell'Est Europa e dell'Asia Centrale che l'abbattimento dei vari Regimi Comunisti dell'epoca che li governavano avrebbe portato loro non solo il vento di una nuova libertà ma anche una ricchezza diffusa, una ricchezza che sarebbe stata alla portata di tutti...così con l'ultima pietra abbattuta del Muro di Berlino, tempo 2 anni: 1989-1991...l'Unione Sovietica è crollata dopo i colpi mortali assestati prima dal crollo del proprio vassallo Europeo che appunto era la Repubblica Democratica di Germania e dalla Romania con l'abbattimento del Regime di Ceaucescu e la fucilazione dello stesso insieme alla moglie...dopo il Muro abbattuto inizia il lento ed inesorabile dramma: dalla Lituania alla Georgia, dal Turkmenistan alla Cecenia...ogni Repubblica dell'Unione Sovietica sferza il proprio colpo mortale all'ormai agonizzante Orso Russo...che muore definitivamente il 21 Agosto del 1991 con la proclamazione d'indipendenza di tutte le Repubbliche Sovietiche da cui abbiamo visto nascere i nuovi Stati: Ucraina, Bielorussia, Lituania, Estonia, Lettonia, Kazakhistan e le altre piccole e grandi Repubbliche che per 70 lunghi anni avevano costituito l'immenso Impero Sovietico!
I piani delle grandi Massonerie e dei grandi gruppi Capitalisti Occidentali avevano funzionato, cancellata la Guerra Fredda avevano potuto dare inizio ai loro grandi progetti economici, hanno aiutato con ingenti finanziamenti molti leader politici emergenti nei vari Stati per così dire liberati dal Comunismo e li hanno sostenuti fino ad aiutarli ad essere eletti dai propri popoli in competizioni politiche pseudo-democratiche e pilotate, hanno aiutato e finanziato la costituzione di governi amici che sopra la corruzione hanno costruito e rafforzato il proprio potere su tutto e su tutti...diffondendo errori e mostruosità all'interno delle proprie economie nazionali e diffondendo insieme alla corruzione una povertà sempre più estesa che si tramutava spesso in una vera e propia miseria.
Poche elité si arricchivano oltre misura e moltissimi si impoverivano sempre più...così dopo il crollo del Muro di Berlino e dopo il crollo dell'Unione Sovietica e di tutto il blocco Comunista dell'Est Europa che costituiva il Patto di Varsavia, abbiamo assistito inermi ed increduli alle lunghissime file del pane a Mosca, a Praga, a Bucarest, a Varsavia...abbiamo assistito alle immani migrazioni dei tanti che per sfuggire alla fame emigravano in Italia e in Europa, abbiamo visto l'Armata Rossa dissestata e abbandonata pericolosamente a sè stessa ed alla sua miseria improvvisa, abbiamo assistito al violento disfacimento della Yugoslavia smembrata in una guerra terribile e fratricida nel cuore dell'Europa Capitalista e moderna che ha causato decine e decine di migliaia di morti innocenti, guerra sostenuta e finanziata con soldi e armi segretamente da quelle stesse Lobby Capitaliste che hanno fomentato il caos e l'abbattimento del Muro di Berlino; abbiamo visto l'Albania disgregarsi e cadere succuba di un vero e proprio Governo Mafioso e corrotto che ha impoverito la popolazione, scappata in massa sulle navi, sui barconi e sui gommoni nel mare Adriatico per raggiungere le nostre coste Italiane; abbiamo assistito alle tantissime guerre etniche, alle pulizie etniche, alle guerre civili che sono scoppiate una dopo l'altra dal 1989 in poi nei vari territori dell'ex-Unione Sovietica: Turkmenistan, Georgia, Armenia, Azerbaijan, Cecenia, Ingusciezia, Moldavia...popolazioni che un tempo vivevano in pace in un progresso sociale seppur diverso e avverso dal nostro Occidentale, si ritrovarono d'un tratto trascinate in guerre sanguinose, città un tempo edificate si erano trasformate in cimiteri a cielo aperto, rase al suolo, distrutte dalle pioggie di fuoco e di odio fomentato da coloro che pilotavano le guerre per arricchirsi oltre misura e per impadronirsi delle materie prime di quei paesi, di quei territori, di quelle nazioni....guerre civili mascherate da guerre di religione e di intolleranza che erano in realtà guerre per i soldi e per la ricchezza dei futuri mercati che dovevano essere sfruttati al meglio dalle Caste e dalle Lobby Massoniche-Capitaliste Mondiali.
I vari Leader Politici locali venivano comprati, prezzolati, corrotti al solo fine di creare caos e di costituire Governi amici e condiscendenti che dovevano servire fedelmente i propri veri padroni...banchieri, massoni, lobby, mafiosi...questo in realtà ha scoperchiato veramente il crollo del Muro di Berlino!!! Tutti i popoli, dall'Occidente all'Oriente, sono stati ingannati, illusi e disillusi...le conseguenze dei veri piani strategici nascosti ai più sono venuti ormai a galla ma oramai tutto è stato compiuto e tutto è stato inquinato, tutto è stato fatto ed i danni sono irreversibili...gli Stati di mezza Europa dell'Est, Russia compresa, sono guidati da Governi impuri, corrotti, collusi con la Mafia e la criminalità...Governi che tutelano gli interessi di pochi ricchi e potenti, Governi che hanno la piena volontà affinchè una parte della propria popolazione rimanga in povertà perchè la povertà delle masse garantisce la ricchezza ed i privilegi di un Capitalismo che basa il proprio sistema sull'egoismo e sull'edonismo...un sistema trapiantato in quei paesi dallo stesso Capitalismo edonista ed egoista che ancora più potente che mai guida, influisce e governa anche la nostra Italia, la nostra Europa, l'Occidente moderno così come lo conosciamo tutti...con in testa gli Stati Uniti d'America egemoni e rappresentanti l'unica vera Super-Potenza politica, economica e militare sopravissuta e vincitrice della passata Guerra Fredda dei blocchi contrapposti.
A 20 anni di distanza dal crollo del fatidico Muro di Berlino dunque, noi precursori della dottrina Social-Popolare rimpiangiamo l'equilibrio del terrore della Guerra Fredda che paradossalmente ha garantito e poteva garantire una vera pace, una vera stabilità e una vera prosperità economica seppur diversa dalla nostra, in almeno mezzo Pianeta Terra!!!
Invece dopo il suo abbattimento, abbiamo assistito al riemerge di pericolosi sentimenti ultra-nazionalisti, di tremendi rigurgiti di fondamentalismo religioso...soprattutto in Africa e nel Medio-Oriente...guerra, disordine, caos, povertà, miseria, mafia, criminalità, droga, immigrazione selvaggia e clandestina, traffico di armi, di organi umani e di droga, sangue, distruzione, genocidi, massacri, pulizia etnica, devastazioni, corruzione...è questo ciò che ci hanno regalato i vincitori della Guerra Fredda in mezza Europa se non nel Mondo intero!!! LIBERTA' ci avevano detto e LIBERTA' gridavano anche in Piazza Tien a Men a Pechino nel 1989 ma grazie a DIO la Cina Comunista ha resistito all'onda d'urto che si stava propagando e dirigendo anche verso di loro perchè anche questo era di sicuro nei progetti dei Massoni-Capitalisti Occidentali, distruggere URSS e CINA per invadere silenziosamente con i propri tentacoli mafiosi quei territori così vasti e così ricchi di materie prime preziose...un grande mercato cento volte superiore per numero e potenzialità all'Europa stessa!!! Nel 2009 si festeggia anche la ricorrenza della rivoluzione per la Libertà degli studenti Cinesi a Piazza Tien a Men contro il Regime di Pechino ma quì noi sosteniamo che sarebbe forse meglio festeggiare il fallimento di quella Rivoluzione sprovveduta ed avventata che avrebbe avuto conseguenza ben più peggiori e terrificanti se quella Rivoluzione avesse avuto successo!!!
Dopo il crollo del Muro di Berlino abbiamo assistito alla recrudescenza della guerra di Religione trà le due culture: Cristiana-Occidentale contro quella Islamica-Araba...di sicuro con la Guerra Fredda non avremmo mai visto l'attentato (presunto?) alle Torri Gemelle di New York dell'11 Settembre 2001, le due guerre in Iraq (Desert Storm del 1991 e quella del 2003) e non avremmo visto le altre guerre in Afghanistan...moltissime delle varie guerre che abbiamo visto nascere e crescere negli ultimi 20 anni, nel proseguio dell'equilibrio del terrore non avrebbero avuto corso nè inizio....Al Qaida ed il regime di sangue attuato dalla costituzione del movimento terroristico internazionale e trasversale mondiale fomentato dal fanatismo Islamico e non solo, con il Muro ancora in piedi a Berlino non avrebbero non solo avuto modo di esistere ma non sarebbero riusciti a sopravvivere a lungo!!!
Noi oggi possiamo solo confidare nel rafforzamento e nella sopravvivenza del Regime di Pechino, dell'Avana a Cuba di Raoul Castro fratello del Leader Maximo Fidel, del Vietnam e del Laos e di tutti quei Regimi in cui anche se non regna una libertà totale apparente in ogni caso regna comunque l'ordine, la stabilità, la pace ed il controllo ferreo del Potere Politico e dello Stato lontano dalla corruzione e dalla Mafia!!! Soprattutto ci auguriamo che la Cina non debba crollare e colassare mai...sarebbe una catastrofe umanitaria che noi mai ci sogneremo di incoraggiare e di augurare a nessuno Stato...soprattutto per noi in Occidente, in Europa, in Italia....sarebbe davvero una catastrofe incontenibile...catastrofe che invece purtroppo i gruppi Massonico-Capitalisti sperano avvenga molto presto per tutti i motivi che abbiamo elencato prima in questo stesso articolo.
Noi siamo prima di tutto amici del Regime Cinese e speriamo, confidiamo nel suo ordine e nel suo Governo e diffidiamo tutti voi dal credere ciecamente alla propaganda occidentale che vuole la Cina un paese tiranno, cinico e crudele!!! Ricordate che trà un estremo e l'altro, la verità stà nel mezzo...
Oggi il Capitalismo Occidentale per scardinare e scalfire il Regime di Pechino stà prezzolando ed utilizzando il Dalai Lama in primis, i Monaci ed il popolo Tibetano poi, per fomentare quella Rivoluzione della falsà ed ipocrita Libertà fallita in Piazza Tien a Men nel 1989 e questa volta il pretesto è più grave e più bieco, più sconvolgente che mai: l'odio etnico-razziale e religioso!!! Fomentando i revanscismi nazionalistici e culturali-religiosi contro Pechino si spera in occidente di scatenare una vera e propria guerra di secessione per sperare nel crollo definitivo del Regime Cinese!!! Una pericolosa bomba...ad orologeria che i Cinesi intelligentemente devono cercare al più presto di disinnescare...prima della deflagrazione letale e finale che getterebbe nel caos e nel disordine un quarto della popolazione Mondiale!!!
E' questo ciò che vogliono e sperano di fare i paladini della Democrazia Occidentale??? Non sono bastati i fiumi di sangue scaturiti dalle disgrazie e dalle guerre etniche e religiose scoppiate dopo il crollo del Muro di Berlino in Europa, nel Caucaso, in Asia Centrale, in Africa e nel Medio-Oriente??? Non è bastato a loro la ricchezza depredata ai popoli di mezzo Mondo??? L'ultima grave crisi economica da cui tutt'oggi soffriamo e lentamente ci stiamo tirando fuori è causa ancora di questi banchieri e massoni-capitalisti senza scrupoli che sulle disgrazie altrui basano le loro ricchezze, è causa di questo Capitalismo che sopravvive e si arricchisce basando la propria esistenza sulla corruzione, sull'edonismo e sull'egoismo così come lo stesso Papa Benedetto XVI° ha detto pubblicamente tempo fà: "L'egoismo è alla radice della crisi economica!" Ed allora, che cosa pretenderebbero di fare con la Cina Maoista e la Cuba Castrista??? Perchè l'America dopo oltre 40 anni continua imperterrita a mantenere l'embargo economico su Cuba anche dopo la caduta del Muro di Berlino??? Perchè si deve credere al Dalai Lama come se fosse un Dio in Terra e perchè taluni ancora oggi cercano di utilizzarlo come un moderno "Cavallo di Troia" in maniera tale di tentare di scardinare il Regime Cinese dall'interno???
Noi confidiamo nella Cina Maoista moderna...e ci auguriamo vivamente che il Regime Cinese sopravviva per altri 50 anni almeno così come ci auguriamo che a Cuba Raoul Castro riesca a mantenere l'ordine e riesca a mantenere in vita il Regime Castrista per altri 40 anni almeno...non perchè siamo Comunisti, noi siamo Social-Popolari, ma perchè crediamo che questi per noi oggi Stati-Modello, siano l'ultimo baluardo per contrastare l'ipocrisia del nostro sistema Democratico Occidentale inquinato ormai dal malaffare, dalla mafia, dal crimine e dalle Lobby-Massoniche che guardano solo agli interessi dei pochi privilegiati a discapito dei molti che sono costretti gioco-forza a vivere sotto la soglia della povertà, della miseria, del lavoro precario, dell'ipocrisia e dell'ingiustizia sociale dei nostri tempi.

Alexander Mitrokhin
9 NOVEMBRE 1989 - CADE IL MURO DI BERLINO

Il Muro di Berlino (in tedesco Berliner Mauer), eretto dal regime comunista della Germania Est, era una barriera in cemento alta circa tre metri e mezzo che separava Berlino Ovest da Berlino Est e dal resto della Repubblica Democratica Tedesca. Il muro ha diviso in due la città di Berlino per 28 anni, dalla sua costruzione (iniziata il 13 agosto del 1961) fino al suo smantellamento, ed era considerato un simbolo della Cortina di ferro. Il suo smantellamento avvenne il 9 novembre 1989, a causa della sua inutilità, dopo lo smantellamento (avvenuto il 23 agosto 1989) della Cortina di Ferro da parte dell'Ungheria e del successivo esodo (via paese danubiano) di tedeschi dalla DDR (a partire dall'11 settembre dello stesso anno).

sabato 29 settembre 2012

Vladimir Zirinovsky: "Se ogni combattente Ceceno avesse avuto una donna al suo fianco, non ci sarebbe mai stata la guerra in Cecenia!" Ergo: le guerre spesso sono lo specchio delle frustrazioni sessuali estremizzate dell'uomo, e comunque questa frase pronunciata in una delle sue tante passate interviste al vetriolo di quasi 20 anni fa, ha attualizzato il vecchio detto: "Fate l'amore e non la guerra!" Dunque anche oggi il grande Vladimir Zirinovsky avrebbe ragione su tutte le guerre sporche che si combattono nel Mondo, soprattutto di quelle che si combattono in Africa, Nord-Africa, Asia Centrale e in Medio-Oriente...

Partito Liberal-Democratico di Russia

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Partito Liberal-Democratico di Russia
(RU) Либерально-Демократическая Партия России (ЛДПР)
Liberal'no-Demokratičeskaja Partija Rossii (LDPR)
Leader Vladimir Zhirinovsky

Stato Bandiera della Russia Russia
Fondazione 1989
Sede Mosca

Ideologia Nazionalismo,[1]
Populismo di destra,[1]
Euroscetticismo,
Anti-globalismo,
Conservatorismo sociale,
Conservatorismo liberale
Collocazione Estrema destra
Seggi Duma
56 / 450
 (2011)

Colori blu e oro
Il Partito Liberal-Democratico di Russia (in russo Либерально-Демократическая Партия России, Liberal'no-Demokratičeskaja Partija Rossii, LDPR) è un partito politico russo, fondato nel 1989 con il nome di Partito Liberal-Democratico dell'Unione Sovietica, che si ispira al nazionalismo e al populismo di destra.[1]
È stato guidato sin dalla sua fondazione da Vladimir Zhirinovsky.
Alle elezioni del 1993 LDPR, puntando su programma nazionalista, ottenne il 22,9% dei voti ed elesse 64 deputati su 450. Nel 1995, LDPR scese all'11, 2%, eleggendo comunque 54 deputati, a causa del buon risultato della neonata "la Russia è la Nostra Casa", che raccolse consensi nello stesso elettorato di LDPR. Nel 1999 LDPR, dimezzò ancora i propri voti (6%) ed ottenne appena 17 seggi. Le elezioni del 2003 videro il ritorno di LDPR all'11,5% dei suffragi ed a 37 seggi. Il buon risultato fu dovuto al fatto che sia LDPR, che il Partito Comunista della Federazione Russa vennero considerati dagli elettori l'unica alternativa al partito del presidente Vladimir Putin, Russia Unita.
Alle elezioni politiche del 2007, LDPR è sceso all'8,1% dei consensi. Ciò nonostante i liberal-nazionalisti hanno ottenuto 40 seggi, 3 in più rispetto al 2003. Ciò è dovuto all'introduzione del nuovo sistema elettorale interamente proporzionale, che eliminando la quota maggioritaria ed elevando lo sbarramento al 7%, ha impedito l'accesso alla Duma ai partiti minori (Partito Agrario di Russia, Jabloko, Unione delle Forze di Destra) ed agli indipendenti, ben 71 nella Duma precedente.

Ideologia

LDPR si autodefinisce come un movimento centrista e riformista. Il nome Liberal-Democratico, infatti, nacque per distinguersi dai partiti filo-europei, liberisti di Unione delle Forze di Destra e socio-liberali di Jabloko, e dai comunisti del Partito Comunista della Federazione Russa.
Più propriamente però, LDPR va considerato come un partito della destra populista, con tendenze nazionaliste, ostile sia al comunismo dell'era sovietica sia al capitalismo selvaggio degli anni novanta.[1]
Il programma di PDPR si schiera su posizioni sia stataliste sia liberiste, esprimendo interesse anche per progetti di carattere nazionalista come la riunificazione della Russia con alcune ex repubbliche sovietiche. È a favore dell'iniziativa privata in economia, ma con un ruolo dirigista da parte dello Stato.
Nello specifico i principali punti d'azione programmatica di LDPR sono:
  • La riunificazione di alcune delle ex-repubbliche sovietiche in un stato unitario, con una forte presidenza, ed una sola lingua ufficiale (il russo);
  • Il consolidamento della riforma del sistema giudiziario;
  • La pena capitale per i condannati per terrorismo, omicidio premeditato ed altri gravi reati;
  • L'abolizione delle religioni "non-tradizionali" e delle sette religiose;
  • La statalizzazione delle risorse di settori strategici dell'economia, in particolare per le quelle naturali, l'alcool, tabacco, e agricoltura;
  • Meno tasse per i produttori nazionali;
  • Il diritto al lavoro e agli utili dell'impresa;
  • Radicale riforma del sistema di assicurazioni sociali;
  • Sostegno statale per la scienza, le tecnologie e l'agricoltura intensiva;
  • L'abolizione di corruzione del governo;
  • Sovranità economica russa / protezionismo;
  • Il controllo di tutti i terreni agricoli da parte dello Stato.

Note

  1. ^ a b c d (EN) Parties and elections - Russia. URL consultato in data 11 giugno 2012.

lunedì 30 luglio 2012

La versione di Gorbaciov sulla sua carriera politica e sul suo ruolo attivo e determinante per il crollo definitivo dell'Unione Sovietica: è stato premio nobel per la Pace a Oslo nel 1990 (anche Adolf Hitler fu nominato uomo dell'anno dalla celebre rivista TIME nel 1938) ma il traditore del PCUS, dell'URSS e dei suoi stessi ideali, sempre in contraddizione con se stesso e con la sua ideologia, dovrebbe essere incriminato al tribunale dell'Aja per aver commesso e soprattutto istigato gravi crimini contro l'umanità! Perchè con il suo agire politico da doppio giochista prezzolato forse dalla CIA Americana di Ronald Regan e dal Governo Britannico della Leader di ferro Margaret Thatcher, ha causato la disfatta economica di mezzo mondo ed ha scatenato infinite guerre civili che hanno causato centinaia di miliaia di morti innocenti, Gorbaciov come il Dalai Lama, criminali politici a piede libero!


La versione di Gorbaciov


Successi e rimpianti dell'ultimo Presidente dell'Urss e padre della perestrojka, a ventuno anni dal crollo dell'Unione Sovietica, LEGGETE ATTENTAMENTE LE GRANDI MENZOGNE DI QUESTO CRIMINALE POLITICO CHE DOVREBBE ESSERE PROCESSATO AL TRIBUNALE DELL'AJA INSIEME AL SUO "EX - ALLEATO - AMICO RADOVAN KHARADZIC COME MLADIC O IL DEFUNTO MILOSEVIC IN SERBIA DA LUI SOSTENUTO ALLA FINE DEGLI ANNI '80": Ultimo Presidente dell’Urss, Nobel per la pace, leader dell’Unione dei socialdemocratici: è il cursus honorum di Mikhail Gorbaciov. Nel 1985 avvia la perestrojka. Contribuisce alla fine della Guerra Fredda e alla caduta del muro di Berlino. Annuncia la Glasnost e riabilita le vittime dello stalinismo. Poi il crollo dell’Urss, di cui, oggi, si pente. L’Occidente lo adora, in Russia è malvisto. Tutto il mondo lo chiama Gorby.
Se potesse tornare indietro cosa farebbe di diverso?
Torno spesso con la mente al marzo del 1985 quando fu accettata la proposta della mia nomina a segretario generale. Non potevo certo rinunciare. E Raissa (Raissa Maksimovna Gorbaciova, sua moglie) era contraria. Mi chiese: Ne hai bisogno?. Non provava simpatie per la politica, ma mi amava. Così dissi a me stesso: se sei una persona seria, non devi dire di no. Avevo ben chiara la situazione del Paese. Non caddi giù dalle nuvole. Ero nel Partito da quando avevo quindici anni. Ero pure il più giovane membro del Politburo. Probabilmente agirei nello stesso modo e la mia scelta sarebbe la stessa di ventisette anni fa. Di sicuro cercherei di evitare gli errori di calcolo e le previsioni sbagliate che ho fatto. 
Cosa è stato di intralcio nella realizzazione dei suoi progetti politici?
Stavamo andando nella giusta direzione. Eravamo però in ritardo con la riforma del Partito che da promotore della perestrojka si trasformò nel suo freno. A dire il vero anche la nomenklatura non ci aiutò. A un certo punto capì che se le fosse sfuggito il controllo del Paese, sarebbe stata la fine del monopolio. Il Pcus non superò la prova democratica. E anche dopo il 1989 nelle libere elezioni i comunisti ricevettero quasi l’85 per cento dei voti. Il popolo non era contro i comunisti, tra i quali figuravano persone serie e brillanti. Molto spesso tuttavia erano i carrieristi con la tessera del Partito a occupare i posti più importanti. Sicuramente rimanemmo indietro anche con la riforma dell’Unione. Non ci passava nemmeno per la testa che tutto sarebbe finito. Eravamo sicuri che l’Urss fosse una roccia.
Cosa sarebbe diventata l’Urss se si fossero attuate le riforme?
Sarebbe stato un Paese libero e democratico. Guardi, qualsiasi cosa abbia intenzione di fare il nuovo potere si sta chiarendo che il via di tutto fu dato durante la perestrojka. Questo significa che i processi iniziati allora continuano. Se avessi io la possibilità di occuparmene allora lo farei in modo coerente, graduale e non tutto in fretta e furia come è nella nostra tradizione. Accettare la perestrojka in un Paese come il nostro è in generale un grosso rischio. E prendersi la responsabilità per cambiamenti simili è un fardello fuori dalla portata di chiunque.
Quando si sarebbe potuta riformare l’Unione per non farla crollare? Negli anni Ottanta questo punto non era forse già stato superato e la dissoluzione era inevitabile?
Dopo 30 anni di governo di Stalin, dopo che si era insediato il suo rigido meccanismo e un sistema economico-amministrativo totalitario, uscirne come l’araba fenice dalle ceneri o ribellarsi a esso era impossibile. Krusciov ci provò e fece alcune cose affinché iniziassimo a pensare in quale Paese vivevamo, ma ne pagò il prezzo. Ci allontanavano dall’eredità staliniana a fatica. La gente semplice non capiva e non accettava tutte queste rivelazioni sul "culto della personalità". E tutto il periodo di Brezhnev fu a suo modo un neostalinismo: un regime totalitario senza repressioni.
Nella sua vita professionale e politica quale fu il momento di massima tensione? Cosa pensa della decisione che prese in quel frangente?
Dall’inizio alla fine, posso dire di aver dato tutto me stesso nel lavoro. E altrettanto ho ricevuto in cambio. Questo impegno mi è costato molto caro, da tanti punti di vista. Non giocavo a golf. Tutto quello che era rimasto a me e Raissa era la nostra passeggiata giornaliera di sei chilometri. In qualunque momento della giornata. Persino di notte se tornavo tardi. Uscivamo di casa e c’incamminavamo. Lo abbiamo fatto per quasi quarant’anni. Di una cosa mi rammarico: non aver portato avanti le riforme fino alla fine. E, comunque, attraverso compromessi, complicate manovre, decisioni flessibili siamo riusciti a portare la società fino al punto in cui ritornare a un passato totalitario e sovietico non era più possibile. Questo, alla fine, è ciò che conta.
Qual è secondo lei il suo successo più importante?
Negli anni della perestrojka siamo riusciti a metterci sul cammino della libertà. E questo percorso resta ancora da completare.
Ha un motto?
Uno che valesse per tutta la vita non ce l’avevo.  Quando però c’era la perestrojka, mi ripetevo spesso: risolvi i problemi in modo democratico, senza spargere sangue. Attraverso compromessi, manovre complicate e decisioni flessibili siamo riusciti a portare la società fino al punto in cui ritornare a un passato totalitario non era più possibile. Questo è ciò che conta.

Questa intervista è stata pubblicata per la prima volta sulla rivista "Snob"
L'intervento è stato pubblicato sull'edizione cartacea di Russia Oggi

sabato 7 aprile 2012

Per non dimenticare - Sarajevo - Bosnia: 20anni fa l'assedio di Sarajevo, 11mila sedie vuote ricordano le vittime innocenti!


(ASCA-AFP) - Sarajevo - Un concerto classico davanti a 11.541 sedie rosse vuote, quante le vittime dell'assedio a Sarajevo da parte delle forze serbo-bosniache e dell'esercito Jugoslavo, disposte in 825 file lungo la principale arteria della citta', il Viale Maresciallo Tito. Cosi' la capitale bosniaca ha ricordato oggi l'assedio, a vent'anni dal conflitto durato quasi quattro anni, che provoco' oltre 12.000 morti e circa 50.000 feriti, l'85% dei quali civili.
L'assedio di Sarajevo e' stato il piu' lungo nella storia bellica moderna, protrattosi dal 5 aprile 1992 al 29 febbraio 1996. Vide scontrarsi, durante la guerra di Bosnia, le forze del governo bosniaco, che avevano dichiarato l'indipendenza dalla Jugoslavia contro l'Armata Popolare Jugoslava (JNA) e le forze serbo-bosniache (VRS), che miravano a distruggere il neo-indipendente stato della Bosnia-Erzegovina e a creare una Repubblica autonoma.
Nella seconda meta' del 1992 e nella prima meta' del 1993 l'assedio raggiunse il suo apice per la violenza dei combattimenti. Furono commesse gravi atrocita': la piu' grande delle stragi fu il massacro di Markale in cui morirono 68 civili e 200 furono feriti. Per aiutare la popolazione assediata l'aeroporto di Sarajevo fu aperto agli aerei delle Nazioni Unite alla fine del giugno 1992. La sopravvivenza della citta' da allora dipese in larga parte proprio dai rifornimenti Onu.
I rapporti indicano una media di circa 329 bombardamenti al giorno durante il corso dell'assedio, con un massimo di 3.777 bombe sganciate il 22 luglio 1993. Gli incendi causati dai proietti danneggiarono seriamente le strutture della citta', inclusi gli edifici civili (comprese le strutture sanitarie, di comunicazione, internazionali) e culturali. Tra i danneggiamenti piu' rilevanti ci furono quelli della Presidenza della Bosnia Erzegovina e della Biblioteca Nazionale, che brucio' completamente insieme a migliaia di testi non piu' recuperabili.
Nel 1995, dopo un secondo massacro di Markale nel quale persero la vita 37 persone e 90 ne restarono ferite, le forze internazionali condannarono fermamente gli attacchi e risposero sul campo ristabilendo in parte la normalita' nella regione. Il riscaldamento, l'elettricita' e l'acqua poterono tornare in citta'. Fu raggiunto l'accordo del ''cessate il fuoco'' nell'ottobre dello stesso anno e fu siglato l'Accordo di Dayton, al quale segui' un periodo di stabilizzazione, con il governo bosniaco che non dichiaro' la fine dell'assedio fino al 29 febbraio 1996.

Fonte: http://www.asca.it 

A 20 anni dall'inizio della guerra in Bosnia il ricordo commosso di Sarajevo...tanti i peluche sulle sedie rosse per ricordare i tanti bambini uccisi durante il conflitto durato 4 anni!

Sarajevo - Bosnia - (TMNews) - "Queste sedie dicono tutto... Non c'è null'altro da aggiungere. Tutte queste sedie sarebbero potuto essere delle persone"."Adesso ti rendi davvero conto della grandezza di questo numero. Abbiamo sempre detto 'migliaia', più o meno, ma questa cifra è impressionante... soprattutto quando vedi queste piccole sedie".Le lacrime e la commozione dei cittadini di Sarajevo in Bosnia di fronte alle 11.541 sedie rosse, allineate sul Corso Maresciallo Tito, una per ciascun civile ucciso nella città durante i 44 mesi dell'assedio iniziato 20 anni fa, il 6 aprile del 1992, hanno segnato le celebrazioni per l'anniversario del conflitto.Di fronte alle sedie vuote, una piccola orchestra e il coro intonavano brani composti durante l'assedio. Sulle sedie più piccole, orsacchiotti e peluche per ricordare le centinaia di bambini uccisi durante la guerra."Sapevo di questa installazione - dice questa ragazza - ma vederla così mi tocca il cuore. È un'immagine che non dimenticherò".Era il 5 aprile del '92 quando 50mila bosniaci di tutte le etnie e religioni si radunarono a Sarajevo, per una grande manifestazione per la pace. Su di loro si abbatterono i primi colpi dei cecchini serbo-bosniaci, uccidendo due donne. L'indomani, il 6 aprile era la guerra. Il conflitto serbo-bosniaco, che ha portato all'indipendenza della Bosnia dalla ex Jugoslavia, è stato considerato il più sanguinoso d'Europa dopo la Seconda guerra mondiale: in tutto le vittime furono oltre 100mila.

Fonte: http://www.tmnews.it

sabato 4 febbraio 2012

Rival Putin crowds rally in Moscow - Scende in piazza il popolo anti-Putin...si mobilitano i blogger, ma anche i filogovernativi!



Manifestanti in piazza  (EPA/SERGEI ILNITSKY)
MOSCA - (RUSSIA) - Per nulla spaventati dal freddo e dalla neve. Sono ormai oltre centomila le persone scese in piazza a Mosca per manifestare pro ma soprattutto contro Putin, in quattro meeting organizzati nella capitale. Su piazza Bolotnaja si stanno raccogliendo almeno trentamila persone, fluite attraverso il corteo partito dalla metropolitana Oktjabrskaja. È il popolo del blogger Alexei Navalny e delle diverse anime dell'opposizione che ha preso i colori dell'inverno russo ossia quelli della neve. La protesta nata con le elezioni legislative dello scorso 4 dicembre e le conseguenti accuse di brogli, continua dunque a un mese esatto dalle presidenziali.

«PUTIN VATTENE!» - A colorare il corteo numerosi cartelli con le scritte «Putin vattene!», «Vogliamo il cambiamento!», «È il circo o sono le elezioni?», «Hanno spento la luce per un'ora e poi hanno vinto». «Abbiamo deciso di scendere in piazza per la prima volta nella nostra vita», racconta alcuni manifestanti. Nel frattempo in zona Poklonnaja si sarebbero radunati, secondo la polizia, novantamila sostenitori di Putin, premier e favoritissimo candidato alle presidenziali del prossimo 4 marzo. Ma alcuni testimoni sul posto parlano di un numero nettamente inferiore di persone: circa ventimila.
VIGILANO 9 MILA AGENTI- La manifestazione secondo l'opposizione sarebbe stata organizzata solo per dimostrare il consenso al premier e i partecipanti sarebbero stati pagati. A vigilare ci sono 9.000 agenti che vigilano sui due cortei anti-Putin e su quello filo-governativo. Metal detector sono stati sistemati alla partenza del corteo in piazza Kaluzhkaja e all'arrivo in piazza Balotnaja: il passaggio obbligato per l'ingresso a Balotnaja dove è stato montato un grande palco e maxischermi per trasmettere gli interventi di alcuni leader della protesta e l'esibizione di gruppi musicali. A differenza delle precedenti manifestazioni del 10 e 24 dicembre non si è comunque vista la presenza dell'esercito. 

Redazione Online - 4 Febbraio 2012 | 16:53© RIPRODUZIONE RISERVATA
Fonte: http://www.corriere.it/ 

giovedì 12 gennaio 2012

Gli Yugo-nostalgici...in Serbia si riparte dalla ex-Yugoslavia Titina...

In Serbia il partito comunista riparte dalla famiglia del maresciallo Tito. Josip Joshka Broz, nipote del dittatore della ex Jugoslavia, annuncia la nascita partito ambizioso e nuovo di zecca. Tra gli obiettivi indicati da Broz: restituire alla popolazione la propria dignità, ripristinare il sistema di valori esistente nella ex Jugoslavia, rafforzare i contatti socio-economici tra i Paesi della vecchia Federazione, collaborare con l’Unione europea.
Il nipote di Tito ha consegnato alle autorità competenti di Belgrado le 12mila firme necessarie alla registrazione del nuovo partito che – come ha sottolineato lui stesso – ha voluto raccogliere e fondere in un’unica formazione 14 altri piccoli partiti comunisti sparsi in tutto il paese. ”Vogliamo aiutare i giovani a fare i loro studi, i vecchi a curarsi, i pensionati ad avere regolarmente i loro assegni. E per questo vogliamo unire tutte le forze della sinistra”, ha detto il nipote di Tito citato dall’agenzia Beta.
Parlando dinanzi ad alcune decine di membri del nuovo partito, Joshka Broz ha annunciato che il primo appuntamento sarà la partecipazione alle prossime elezioni locali e parlamentari in programma nel 2012. In una intervista all’Ansa lo scorso maggio, in occasione del 30/mo anniversario della morte di Tito (4 maggio 1980), il nipote del maresciallo aveva parlato di una ”nostalgia per Tito in continua crescita” a causa principalmente delle difficili condizioni di vita non solo in Serbia ma anche nelle altre repubbliche della ex Jugoslavia.
Interrogato sulla possibilità di ricreare la vecchia Federazione jugoslava, Joshka Broz ha detto che è necessario a suo avviso intensificare le relazioni economiche e sociali tra i paesi della ex Jugoslavia, anche se – ha osservato – ”le frontiere politiche nella regione non possono più cambiare”. ”Creare una comunità è un progetto che è già stato applicato nell’Unione europea. E’ importante che nella regione esista una certa forma di associazione poiché non possiamo stare gli uni senza gli altri”.
Il nuovo Partito comunista – ha detto Joshka Broz – ”difende la figura e l’opera di Josip Broz Tito, le conquiste della lotta di liberazione nazionale e si batte per la pace tra i popoli”. Al nuovo partito, ha precisato, può aderire chiunque senza distinzione di religione o appartenenza etnica. ”Non ci sono più né partigiani né cetnici, lavoriamo per la riconciliazione del nostro popolo e impegnamoci a costruire una vita migliore”, ha detto il nipote di Tito. Joshka Broz Tito (63 anni), la cui somoglianza col nonno è impressionante, gestisce a Belgrado un ristorante, le cui pareti sono tappezzate di quadri raffiguranti il maresciallo Tito, ma anche altre figure politiche ‘forti’ come Vladimir Putin, Fidel Castro, Hugo Chavez, Aleksandr Lukashenko. Tutti quadri, ha tenuto a sottolineare, di autori rigorosamente comunisti.

6 dicembre 2010 | 17:59


domenica 8 gennaio 2012

Putin intimistico svela un segreto familiare: «Mia madre mi battezzò in gran segreto sfidando mio padre!»


SANPIETROBURGO - (FEDERAZIONE RUSSA) - La messa di mezzanotte del Natale ortodosso nella cattedrale di San Pietroburgo. Vladimir Putin non poteva scegliere un'occasione più suggestiva per confessare un segreto custodito per sessant'anni: «è proprio qui che sono stato battezzato in segreto da mia madre ai tempi di Stalin», ha confidato il premier russo all'uscita della cerimonia ai giornalisti.
IL RACCONTO - Il racconto di come avvenne il battesimo del piccolo Vladimir - correva l'anno 1952 e Stalin era ancora vivo - è apparso, dopo la confessione notturna, sul sito dello stesso premier. «Accompagnata da un vicino mia madre - racconta il premier russo - mi portò a battezzare in segreto sfidando la contrarietà di mio padre, ufficialmente ateo ed iscritto al partito comunista». «Mio padre - rievoca Putin - è stato membro del Pc e uomo coerente e tutto d'un pezzo. Mi hanno battezzato in segreto, o per lo meno hanno creduto di farlo in segreto», ha aggiunto Putin lasciandosi andare a confidenze sul suo privato assai rare fino ad oggi. È sempre nella cattedrale di San Pietroburgo che si svolsero i funerali dei genitori del premier russo, motivo - ha spiegato - che gli rende ancora più caro il luogo.


Fonte: http://officialguide.info 

mercoledì 14 dicembre 2011

Russia, Putin fa firmare ai paesi ex Urss l'unione del libero scambio...

Mosca - (Russia) - Tra le canzoni dei Beatles preferite da Vladimir Putin c'è "Back in the Ussr" e quella potrebbe essere la colonna sonora di quanto accaduto nella serata a San Pietrobugo, al palazzo di Costantino. I primi ministri si erano riuniti apparentemente solo per la preparazione al XX anniversario della Comunità degli Stati Indipendenti, creata per sostituire l'Unione Sovietica, e invece i lavori si sono protratti a lungo e alla fine 8 delle ex repubbliche sorelle hanno firmato un trattato per il libero scambio. Meglio di quanto era possibile sperare per Mosca. Putin ha fatto di questo disegno - per molti un ritorno all'Urss - la sua bandiera nella prossima corsa al Cremlino. Non tutti i paesi della Csi hanno firmato, ma già nel gruppo ci sono quelli molto significativi: Russia, Ucraina, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Armenia, Moldavia e Tagikistan. Entro la fine dell'anno potrebbero entrare anche Azerbaijan, Uzbekistan, Turkmenistan.
Oggi scrive la Komsomolskaja Pravda, il quotidiano più diffuso in Russia: "Quando il trattato è stato firmato e dopo cena i premier si sono presentati alla stampa alle 10 di sera. Putin era di un umore allegro, e ha detto che l'accordo sulla zona di libero scambio 'dà una nuova configurazione alle relazioni economiche e commerciali nello spazio ex sovietico'". Putin ha sostenuto l'idea che l'accordo apre grandi opportunità. Il primo ministro bielorusso Mikhail Myasnikovich ha ricordato il recente articolo di Putin sull'Unione Eurasiatica. Il primo ministro armeno Sarkisian ha detto che i paesi della Csi al trattato hanno lavorato 20 anni. Il primo ministro ucraino Mykola Azarov non voleva parlare, ma Putin - riporta la gazzetta - ha suggerito che prendesse la parola con un sorriso di avvertimento: "Ma solo su questo documento", forse temendo che Azarov volesse affrontare anche altre questioni di frattura tra Mosca e Kiev, come il gas.
Da notare che ieri l'Unione europea ha rinviato a data da destinarsi la visita del presidente ucraino Viktor Ianukovitch a Bruxelles prevista per giovedi' prossimo. Nel corso della visita il presidente ucraino avrebbe dovuto incontrare il presidente permanente della Ue, Herman Van Rompuy, ed il presidente della Commissione, Jose' Manuel Barroso. La decisione della Ue era legata alla condanna inflitta a Yulia Tymoshenko. Mentre sarebbero dovuti continuare i contatti tecnici per l'accordo di associazione con l'Ucraina. 
 
Fonte: http://notizie.tiscali.it

Russia: Putin apre le porte al progetto Eurasia...

Russia, l'Eurasia di Putin. La popolarità in Russia di Vladimir Putin non è forte come un tempo. A molte persone infatti non piace più il suo modus operandi, che lo ha portato a guidare direttamente o indirettamente ogni cambiamento negli aspetti della vita pubblica e politica russa. L'ultima trovata della staffetta con Medvedev per la poltrona di presidente della Federazione Russa, mossa che lo vedrebbe al potere fino al 2024, non è stata presa bene dalla gente. Per evitare brutte sorprese alle prossime elezioni, lo Zar Vladimir si sarebbe inventato la soluzione Eurasia, una sorta di Ue in salsa moscovita. 

Nascerà nuova Urss? - L'Eurasia non è altro che un unico spazio economico comune, che già coinvolge Russia, Bielorussia e Kazakhstan, ed all’interno del quale potrebbero confluire anche Kirghizistan e Tagikistan. Questo progetto è stato lanciato dallo stesso Putin con un articolo sul quotidiano Izvestia, e prevede anche l'abbattimento delle barriere tra tutti gli stati prima citati, l'utilizzo di un'unità monetaria uguale per ogni paese, e la prospettiva di una più ampia integrazione con l'Europa. Il progetto di Putin non ha ricevuto tanti commenti positivi da parte dei suoi connazionali. Alcuni infatti si sono detti preoccupati di questa nuova unione con le ex-repubbliche sovietiche, che potrebbe dar vita ad un Urss in versione moderna e de-comunistizzata. Altri invece non vedono di buon occhio quest'apertura all'Europa, anche perchè a Mosca si guardano con diffidenza gli eurocrati di Bruxelles, e gli attuali allargamenti dell'Ue e della Nato ai paesi dell'ex-cortina di ferro.

Simone Lo Iacono
  Fonte: http://www.newnotizie.it 

sabato 17 settembre 2011

19-20-21 Agosto 1991 - 2011: Russia, 20 anni fa il fallito golpe che portò al crollo dell'Unione Sovietica!

Mosca, 19 Agosto 1991 (Adnkronos) - La mattina di un Lunedi' di 20 anni fa, il mondo si sveglio' con un golpe in Urss. Una "dichiarazione della leadership sovietica" era stata diramata fin dalle 07.00 del mattino dalla radio e televisione sovietica. Tank, reparti di fanteria motorizzaata e reparti paramilitari si erano posizionati in punti strategici di Mosca. Il presidente sovietico Mikhail Gorbaciov e sua moglie Raissa erano stati arrestati nella dacia dove stavano trascorrendo le vacanze a Foros in Crimea. 
Il golpe era stato organizzato da un gruppo di falchi del Pcus decisi a fermare il corso della perestroika e la glasnost di Gorbaciov, che a loro avviso avrebbe portato alla dissoluuzione dell'Urss sulla spinta dei movimenti indipendentisti che stavano formandosi nelle repubbliche dell'Unione. Ma paradossalmente furono proprio gli eventi innescati dal golpe a segnare la fine dell'Unione Sovietica. Anima del colpo di Stato era il capo dei servizi segreti del Kgb, Vladimir Kryuchkov, ma del complotto facevano parte anche il vice presidente dell'Urss Gennady Yanayev, il primo ministro Valentin Pavlov, il ministro della Difesa Dmitri Yazov, il ministro degli Affari Interni Boris Pugo e il capo del Consiglio di Difesa Oleg Balaklanov.
I golpisti non avevano pero' previsto la pronta reazione del presidente della Russia, Boris Eltsin. Arrivato alle 09.00 del mattino di quel 19 Agosto davanti al parlamento russo, la Casa Bianca, Eltsin dichiaro' che era in atto un colpo di stato reazionario e ordino' alle forze armate di non parteciparvi. Gli abitanti di Mosca risposero all'appello e una folla di di persone comincio' a radunarsi attorno alla Casa Bianca erigendo barricate. Il pomeriggio del 20 Agosto, Kryuchkov, Yazov e Pugo ordinarono l'attacco al parlamento russo. Ma un primo gruppo di fanteria motorizzata fu bloccato dalle barricate erette in un tunnel e i reparti speciali non obbedirono agli ordini. A questo punto Yazov ordino' il ritiro delle truppe da Mosca.
Una delegazione dei golpisti si reco' a Foros per trattare con Gorbaciov, ma questi rifiuto' ogni accordo. Quando tornarono tutti a Mosca in aereo, compresi Gorbaciov e la moglie, alle prime ore del 22 Agosto, i golpisti vennero arrestati. Gli eventi avevano pero' cambiato i rapporti di forza fra Gorbaciov ed Eltsin, la cui foto in piedi su un carro armato aveva fatto il giro del mondo. Il golpe di fatto accelero' il processo di disgregazione dell'Urss, che fu ufficialmente sciolta il 26 Dicembre di quello stesso anno.
 
Fonte: http://www.adnkronos.com/


 
 

 

giovedì 26 maggio 2011

Serbia, arrestato Ratko Maldic!

L'ex capo militare dei serbi di Bosnia e' ricercato per genocidio e crimini contro l'umanita'!

Il generale della guerra serbo-bosniaca Ratko Mladic, la cui lunga latitanza ha ostacolato finora l'ingresso della Serbia nell'Unione europea, è stato arrestato in Serbia. Lo ha confermato il presidente Tadic.
"Si trova nel quartier generale della Bia", ha detto un amico di famiglia, facendo riferimento all'Agenzia di intelligence serba. "E' stato arrestato in Serbia", ha aggiunto.
Comandante delle forze serbo-bosniache nella guerra di Bosnia del 1992-1995, Mladic è stato incriminato nel 1995 di genocidio per il massacro di Srebrenica in cui morirono 8.000 uomini musulmani e per l'assedio di Sarajevo, durato 43 mesi.
Mladic, genocidio e crimini contro l'umanità, è stato arrestato dagli agenti della sicurezza di Stato serba, secondo la tv di Stato Rts Tv che ha citato alcune fonti.
La tv pubblica serba Rts ha confermato che Mladic è stato arrestato. Secondo un'altra televisione, B92, Mladic e' stato catturato nel villaggio di Lazarevo, a 80 chilometri a nord-est di Belgrado. E' attesa a minuti una conferenza stampa del presidente Boris Tadic.

Fonte: http://notizie.it.msn.com

martedì 19 maggio 2009

Stipendi in Serbia, Croazia, Bosnia Erzegovina e dintorni...

Sopra, la cartina geografica della Serbia...
La bandiera Nazionale della Serbia...
Quanto guadagna un postino in Serbia? E in Croazia, Bosnia o Montenegro? Una breve rassegna del quotidiano belgradese “Politika” tra stipendi medi e potere d'acquisto:
Di A. Nikolić, Politika, 8 gennaio 2007 (tit. orig. Плате у Србији и окружењу. Од 200 до 750 евра) Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak

Se i portafogli dei cittadini della ex Jugoslavia si misurassero secondo lo spessore il migliore sarebbe quello degli sloveni con uno stipendio medio mensile di 750 euro. I portafogli più sottili, come ha mostrato la nostra ricerca, sono quelli dei macedoni con poco più di 200 euro al mese. Abbastanza male, con circa 250 euro al mese, se la pasano i montenegrini. Nella stessa situazione si trovano anche i cittadini della Bosnia ed Erzegovina, dove in media si guadagna poco più di 500 marchi convertibili, che sono circa 250 euro. Un po’ meglio se la passano i cittadini del nostro paese (meno di 300 euro), mentre i croati, con 610 euro in media, trottano dietro agli sloveni che sono al primo posto. Non bisogna trascurare il fatto che nell’unico paese jugoslavo membro dell'Unione europea anche i prezzi sono comunque europei e molto più alti che da noi. Nonostante le differenze nello standard, quando vengono paragonati gli stipendi medi secondo le professioni, indubbiamente in tutti i paesi nella miglior posizione sono i programmatori dei computer, i manager, gli ingegneri e gli impiegati del settore finanziario. Sul territorio della ex Jugoslavia i parrucchieri, i postini, i droghieri, i muratori e gli spazzini continuano ad essere i mestieri meno pagati. In Serbia, per fare un esempio, secondo i dati delle imprese comunali pubbliche, gli spazzini guadagnano circa 260 euro. In Montenegro questo lavoro in media viene pagato da 120 a 200 euro, mentre gli spazzini sloveni mensilmente guadagnano più di 400 euro. Coloro che ricevono lo stipendio dal budget statale, generalmente stanno meglio in Serbia che in Montenegro. Comunque, come dice il nostro corrispondente dal Montenegro, è molto difficile stabilire a quanto davvero ammonta l’importo dello stipendio. I datori di lavoro a causa delle tasse per lo più fanno vedere solo il minimo stabilito per legge e su quella cifra saldano gli obblighi verso lo Stato. In Serbia esiste un problema di altro tipo. Nessuna statistica segna quanto in media si guadagna secondo le professioni, sicché come fonti per questa ricerca sono stati usati principalmente i dati dei ministeri competenti, delle imprese statali e private. Gli stipendi degli avvocati e delle altre professioni non possono che essere oggetto di indovinelli e di storie “per sentito dire”. Quello che si sa per certo e che la statistica segna regolarmente è che da anni gli stipendi più alti in Serbia li percepiscono gli impiegati nell'industria del tabacco. Secondo i dati recenti, lo stipendio medio nel mese di novembre in questo ramo dell'industria, senza le tasse e i contributi, ammontava persino a 59.576 dinari. Guadagni un po’ più inferiori li hanno avuti gli impiegati nel settore finanziario (48.868) e nel settore delle assicurazioni (45.056). Persino otto volte più bassi sono gli stipendi dei tessili che da anni si trovano in fondo alle tabelle. A novembre i loro stipendi, secondo i dati dell’Istituto per la statistica della Repubblica, erano di poco superiori ai 6.000 dinari. E' disastroso anche il fatto che addirittura sei comuni in Serbia segnano gli stipendi medi soltanto con una cifra. Meno di diecimila guadagnano gli abitanti di Ivanjica (9.619), di Blac (9.554), Pantelej, il comune di Nis (8.569), e di Svrljig (7.992). Di sicuro peggio, con solo 7.127 dinari, se la passano gli abitanti di Bela Palanka. Dall'altra parte, Vracar, Beocin, Lazarevac, Novi Beograd e Surcin appartengono ai comuni dove si vive meglio. Già da mesi, i loro abitanti mediamente hanno gli stipendi più alti di 30.000 dinari. Fra l’altro, il guadagno medio senza le tasse e contributi in Serbia, percepito nel mese di novembre, era di 23.148 dinari, poco meno di 300 euro. Rispetto al guadagno medio senza le tasse e i contributi pagato nel mese di ottobre 2006, nominalmente è più alto del 3,62, e realmente del 2,59 per cento. La statistica ha segnato anche il fatto che per i primi 11 mesi dell'anno scorso gli stipendi sono aumentati realmente di 10,93 per cento.

martedì 5 maggio 2009

Napoleone Bonaparte...chi era l'Imperatore dominatore di mezza Europa? Il personaggio...


Napoleone Bonaparte (Ajaccio, 15 agosto[1] 1769Isola di Sant'Elena, 5 maggio 1821) è stato un politico e militare francese, nonché fondatore del Primo Impero francese.
Fu prima ufficiale d'artiglieria e quindi generale durante la rivoluzione francese. Governò la Francia a partire dal 1799: fu Primo Console dal novembre 1799 al maggio 1804 e Imperatore dei francesi, con il nome di Napoleone I (Napoléon Ier ), dal dicembre 1804 al 14 aprile 1814 e nuovamente dal 20 marzo al 22 giugno 1815. Fu anche presidente della Repubblica Italiana dal 1802 al 1805 e re d'Italia dal 1805 al 1814, «mediatore» della Repubblica Elvetica dal 1803 al 1813 e «protettore» della Confederazione del Reno dal 1806 al 1813.
Grazie a una serie di brillanti campagne militari e alleanze, conquistò e governò larga parte dell'Europa continentale, esportando gli ideali rivoluzionari di rinnovamento sociale e arrivando a controllare numerosi Regni europei tramite i membri della sua famiglia (Spagna, Napoli, Westfalia e Olanda).
La disastrosa Campagna di Russia (1812) segnò la fine del suo dominio sull'Europa. Sconfitto a Lipsia dagli alleati europei nell'ottobre del 1813, Napoleone abdicò il 14 aprile 1814 e fu esiliato all'Isola d'Elba.
Nel marzo del 1815, abbandonata furtivamente l'Elba, sbarcò vicino ad Antibes e rientrò a Parigi «senza sparare un sol colpo», riconquistando il potere per il periodo detto dei Cento Giorni, finché non venne definitivamente sconfitto a Waterloo dalla settima coalizione, il 18 giugno 1815. Trascorse gli ultimi anni di vita in esilio all'isola di Sant'Elena, sotto il controllo degli inglesi. Dopo la sua caduta, il Congresso di Vienna ristabilì in Europa i vecchi Regni pre-napoleonici (Restaurazione).
Fu il primo regnante della dinastia dei Bonaparte. Sposò Joséphine de Beauharnais nel 1796, e in seconde nozze l'arciduchessa Maria Luisa d'Asburgo-Lorena, l'11 febbraio 1810, dalla quale ebbe l'unico figlio legittimo, Napoleone Luigi detto il re di Roma (1811-1832).
La sua figura ha ispirato artisti, letterati, musicisti, politici e storici, dall'ottocento sino ai giorni nostri.


Primi anni e carriera nell'esercito
Per approfondire, vedi la voce Età napoleonica.
Napoleone Bonaparte nacque ad Ajaccio in Corsica poco più di un anno dopo la stipula del Trattato di Versailles (maggio 1768), con il quale la Repubblica di Genova lasciava mano libera alla Francia in Corsica, che fu così invasa dalle armate di Luigi XV ed annessa al patrimonio personale del Re.
La famiglia Bonaparte apparteneva alla piccola borghesia còrsa[2] e aveva lontane origini nobili toscane (sembra accertato che gli antenati fossero, al servizio di Genova, immigrati in Corsica da Sarzana nel XVI secolo)[3].
Il padre di Napoleone, Carlo Maria Buonaparte (Napoleone "francesizzò" il cognome in "Bonaparte" dopo la morte del padre, pochi giorni prima di sposare Giuseppina e partire per la campagna d'Italia[4]), avvocato laureatosi all'Università di Pisa, aveva effettuato ricerche araldiche per ottenere, presso i lontani parenti toscani di San Miniato (Pisa), una patente di nobiltà che gli conferisse prestigio in Patria e gli permettesse di meglio provvedere all'istruzione dei figli. Morì ancor giovane a causa di un cancro allo stomaco, il 24 febbraio 1785, a Montpellier. La madre, Letizia Ramolino, sopravvisse allo stesso Napoleone, passando gli ultimi anni della sua vita a Roma, dove morì nel 1836.Letizia Ramolino ebbe 13 figli, di cui solo otto sopravvissero: i fratelli Giuseppe, Luciano, Luigi e Girolamo; le sorelle Elisa, Paolina e Carolina oltre che lo stesso Napoleone.
Fu solo grazie al titolo nobiliare ottenuto in Toscana che Carlo poté iscriversi al Libro della nobiltà di Corsica, istituito dai francesi per consolidare la conquista dell'isola,[5] e solo grazie a tale iscrizione, all'età di appena nove anni, il giovane Napoleone fu ammesso il 23 aprile 1779, sempre per iniziativa del padre, alla Scuola reale di Brienne-le-Château, nel nord della Francia, dove rimase fino al 17 ottobre 1784 o, secondo alcuni storici, fino al 30 ottobre dello stesso anno.[6] Per migliorare il suo francese e prepararsi alla scuola, prima frequentò per quattro mesi il collegio di Autun.
Napoleone inizialmente non si considerava francese e si sentiva a disagio in un ambiente dove i suoi compagni di corso erano in massima parte provenienti dalle file dell'alta aristocrazia transalpina, e lo prendevano crudelmente in giro motteggiando il suo nome come "la paille au nez = la paglia per il naso".[7] (l'accusa di essere straniero l'avrebbe perseguitato per tutta la vita)[8] Senza amici e mal considerato, anche per la fragile apparenza fisica, il giovane Napoleone si dedicò con costanza agli studi, riuscendo particolarmente bene in matematica.
Il 22 ottobre 1784 Luigi XVI gli concesse un posto di cadetto-gentiluomo nella École Militaire di Parigi, fondata da Luigi XV. Nel 1785 tentò di passare in Marina, ma in seguito all'annullamento degli esami d'ammissione di quell'anno, passò in artiglieria, desideroso di abbandonare gli studi al più presto e dedicarsi alla carriera militare.Ottenne quindi la nomina a sottotenente a soli 16 anni e fu distaccato presso un reggimento di stanza a Valence (Drôme), nel sud-est della Francia.
Allo scoppio della rivoluzione nel 1789, Napoleone, ventenne e ormai ufficiale del re Luigi XVI, riuscì ad ottenere una lunga licenza grazie alla quale poté riparare al sicuro in Corsica. Qui giunto si unì al movimento rivoluzionario dell'isola assumendo il grado di tenente colonnello della Guardia Nazionale. Nel 1792 si rifiutò di tornare a servire nell'Armata in Francia e fu pertanto considerato disertore. Su pressione dei familiari, si convinse tuttavia a rientrare a Parigi, dove si presentò al ministro della Guerra e difese la propria causa con tali argomenti e tale abilità da ottenere non solo il perdono e il reintegro, ma persino la promozione ipso facto a capitano.[9]
Nel frattempo in Corsica infuriava la guerra civile scoppiata appunto nel 1793. Già dal 1792 gli eccessi rivoluzionari e l'instaurazione del "Terrore" avevano spinto l'eroe nazionale dell'indipendenza corsa, Pasquale Paoli (che era rientrato trionfalmente nel suo Paese nel 1790, dopo il lungo esilio impostogli dai Re di Francia), a prendere le distanze da Parigi e a riprendere la lotta per l'indipendenza della Corsica. Accusato di tradimento e inseguito da un mandato di arresto emesso dalla Convenzione Nazionale il 2 aprile 1792, Paoli ruppe gli indugi il 17 aprile, appellandosi direttamente a tutta la popolazione còrsa affinché difendesse la propria patria e i propri diritti. La famiglia Buonaparte, che pure avevano sostenuto Paoli al tempo della rivolta contro Genova e poi contro le Armate di Luigi XV (il padre Carlo e forse anche la madre parteciparono accanto a Paoli alla battaglia di Ponte Nuovo contro i francesi), scelsero però la causa francese.Napoleone fuggì rapidamente ad Ajaccio e di lì riparò con l'intera famiglia, accusata di tradimento, a Tolone.
Da quel momento Napoleone sostenne con la massima decisione la rivoluzione e salì rapidamente nella gerarchia militare. Nel dicembre 1793, come tenente colonnello addetto all'artiglieria, liberò il porto di Tolone dai monarchici e dalle truppe inglesi che li appoggiavano; fu il suo primo clamoroso e avventuroso successo militare, che gli valse la nomina a generale di brigata e l'attenzione del futuro membro del Direttorio Paul Barras, che lo aiuterà poi nella successiva scalata al potere. La sua amicizia con Augustin Robespierre, fratello di Maximilien, lo fece però cadere in disgrazia all'indomani del 9 termidoro e la conseguente fine del Terrore. Tuttavia la fortuna gli arrise quando il 13 vendemmiaio (5 ottobre 1795) Barras lo nominò, all'improvviso, comandante della piazza di Parigi, con l'incarico di salvare la Convenzione Nazionale dalla minaccia dei monarchici (realisti). Con l'aiuto di Gioacchino Murat al comando della cavalleria, Napoleone colpì spietatamente i rivoltosi scongiurando un nuovo colpo di Stato. In seguito al brillante successo, Barras lo nominò generale del Corpo d'Armata dell'Interno.


Il 9 marzo 1796 Napoleone sposò Joséphine Tascher de La Pagerie, vedova Beauharnais, già moglie di un ufficiale ghigliottinato dopo la rivoluzione. Dopo soli due giorni partì per l'Italia al comando di 38.000 uomini mal equipaggiati, dando il via ad una operazione militare che, nei piani del Direttorio, doveva essere semplicemente di «diversione», poiché l'attacco all'Austria sarebbe dovuto avvenire lungo due direttrici sul Reno. Iniziava così la prima campagna d'Italia che avrebbe portato alla luce il genio militare e politico di Napoleone il quale, nonostante l'inferiorità numerica e logistica, riuscì a sconfiggere ripetutamente le forze austriache. Questi successi affascinarono anche il grande compositore Ludwig Van Beethoven, che dedicò al giovane generale repubblicano la sinfonia n. 3, l'"Eroica".
Numerose le battaglie contro le forze armate austriache e piemontesi a Dego, Millesimo, Cairo Montenotte, Cosseria e a San Michele Mondovì dove vi fu una storica battaglia il 19 aprile 1796 chiamata "Battaglia della Bicocca di San Giacomo" o "Presa di San Michele"[10]. Con l'armistizio di Cherasco, Napoleone costrinse Vittorio Amedeo III di Savoia a pesanti concessioni, ratificate con la Pace di Parigi (15 maggio), che assegnava alla Francia sia la Savoia che la contea di Nizza. Il 10 maggio 1796 sbaragliò l'ultima difesa austriaca nella battaglia al Ponte di Lodi e il 15 maggio dello stesso anno entrò a Milano.


Il 16 maggio, venne insediata a Milano l'Amministrazione Generale della Lombardia, entità politico-militare della quale facevano parte sia francesi (provenienti dalle file dell'Armata d'Italia) sia esponenti illuministi filo-francesi del capoluogo lombardo, come Pietro e Alessandro Verri, Gian Galeazzo Serbelloni e Francesco Melzi d'Eril.
Costretto il Piemonte alla resa ed occupata Milano, Napoleone ricevette dai Direttorio i pieni poteri sull'Armata d'Italia e si preparò al compito più arduo: sconfiggere l'esercito austriaco. Dopo una serie di scontri parziali, le forze armate francesi e austriache si fronteggiarono, il 5 agosto, nella Battaglia di Castiglione. Fu la prima grande battaglia direttamente condotta da Napoleone, il quale dimostrò il suo genio tattico ribaltando a proprio favore una situazione che pareva compromessa e conquistando la prima importante vittoria della sua carriera militare. Sebbene non definitiva, la sconfitta fu pesantissima per l'esercito austriaco che, riorganizzato e rinforzato da nuovi reparti, venne in seguito battuto a Bassano, Arcole e, infine, a Rivoli.
Il 9 luglio 1797 venne proclamata la Repubblica Cisalpina con capitale Milano e, nell'ottobre del 1796, si costituì la Legione Lombarda, prima forza armata composta da italiani ad adottare quale bandiera di guerra il Tricolore (verde, bianco e rosso). Contemporaneamente le ex-legazioni pontificie si costituirono in Repubblica Cispadana e adottarono (7 gennaio 1797) il tricolore quale bandiera nazionale. Con il diretto intento di danneggiare il pontefice fu proclamata nel 1797 la Repubblica Anconitana con capitale Ancona che fu poi unita alla Repubblica Romana: il tutto ebbe però breve durata, poichè nel 1800 lo Stato Pontificio fu ripristinato.
Le forze austriache, comandate dall'arciduca Carlo d'Austria, intimorite dalla rapida marcia di Napoleone verso Vienna, dovettero accettare una tregua, che si concretizzò nel trattato di Campoformio, il 17 ottobre 1797.Oltre all'indipendenza delle nuove repubbliche formatesi, la Francia acquisiva i Paesi Bassi e la riva sinistra del Reno, gli Austriaci inglobavano i territori della Repubblica di Venezia. Terminava così, con una secca sconfitta dell'Austria, la campagna d'Italia.
Nel corso della campagna d'Italia, Napoleone manifestò la sua brillante capacità strategica, in grado di assorbire il sostanzioso "corpo" delle conoscenze militari del suo tempo (particolarmente i più moderni insegnamenti di Federico II di Prussia) e di applicarlo al mondo reale che lo circondava. Ufficiale di artiglieria per formazione, utilizzò i mezzi d'artiglieria in modo innovativo come supporto mobile agli attacchi della fanteria. Dipinti contemporanei del suo Quartier Generale mostrano che in queste battaglie utilizzò, primo al mondo in un teatro di guerra, un sistema di telecomunicazioni basato su linee di segnalazione realizzate col semaforo di Chappe, appena perfezionato nel 1792[11].


Nel 1798 il Direttorio, preoccupato per l'eccessiva popolarità e per il notevole prestigio di Bonaparte, gli affidò l'incarico di occupare l'Egitto per contrastare l'accesso inglese all'India e quindi per danneggiarla economicamente. Un indizio della devozione di Napoleone ai principi dell'Illuminismo fu la sua decisione di affiancare gli studiosi alla sua spedizione: la spedizione d'Egitto ebbe il merito di far riscoprire, dopo centinaia di anni, la grandezza di quella terra, e fu proprio l'opera di Napoleone a far nascere la moderna egittologia, soprattutto grazie alla scoperta della Stele di Rosetta da parte dei soldati al seguito della spedizione. Napoleone aveva da anni accarezzato l'idea di una campagna in oriente, sognando di seguire le orme di Alessandro Magno ed essendo dell'idea che «L'Europa è una tana di talpe. Tutte le grandi personalità vengono dall'Oriente»[12].


Dopo un'importante vittoria nella battaglia delle Piramidi, Napoleone schiacciò i mamelucchi di Murad Bey ed entrando al Cairo divenne padrone dell'Egitto. Pochi giorni dopo, il 1º agosto 1798, la flotta di Napoleone in Egitto fu completamente distrutta dall'ammiraglio Horatio Nelson, nella baia di Abukir, cosicché Napoleone rimase bloccato a terra. Dopo una ricognizione sul Mar Rosso, Napoleone decise di recarsi in Siria, col pretesto di inseguire il governatore di Acri Ahmad Jazzār Pascià che aveva tentato di attaccarlo. Giunto però il 19 marzo 1799 dinanzi a San Giovanni d'Acri, l'antica fortezza dei crociati in Terra Santa, Napoleone perse più di due mesi in un inutile assedio e la campagna di Siria si concluse con un fallimento.
Ritornato al Cairo, Napoleone sconfisse il 25 luglio 1799 un esercito di oltre diecimila ottomani guidati da Mustafa Pascià ad Abukir, proprio dove l'anno prima era stato privato di tutta la sua flotta. Preoccupato tuttavia delle terribili notizie che giungevano dalla Francia (l'esercito in ripiegamento su tutti i fronti, il Direttorio ormai privo di potere) e consapevole che la campagna d'Egitto non aveva conseguito i fini sperati, Napoleone, lasciato il comando al generale Kléber, s'imbarcò in gran segreto il 22 agosto sulla fregata Muiron (preda bellica ex veneziana)[13] alla volta della Francia.


Il 9 ottobre 1799 Bonaparte sbarcò a Fréjus e la sua corsa verso Parigi fu accompagnata dall'entusiasmo dell'intera Francia, certa che il generale fosse tornato in patria per assumere il controllo della situazione ormai ingestibile e, in effetti, era questa la sua intenzione. Giunto a Parigi, egli riunì i cospiratori decisi a rovesciare il Direttorio. Dalla sua si schierarono il fratello maggiore Giuseppe e soprattutto il fratello Luciano, allora presidente del Consiglio dei Cinquecento, che con il Consiglio degli Anziani costituiva il potere legislativo della repubblica. Dalla sua Napoleone riuscì ad avere il membro del Direttorio Roger Ducos e soprattutto Emmanuel Joseph Sieyès, il celebre autore dell'opuscolo Che cosa è il Terzo Stato? e ideologo di punta della borghesia rivoluzionaria. Inoltre, dalla sua si schierò l'astutissimo ministro degli esteri Talleyrand e il ministro della polizia Joseph Fouché. Barras, il membro più influente del Direttorio dopo Sieyès, conscio delle capacità di Napoleone, accettò di farsi da parte[14].
Fatta trapelare la falsa notizia di un complotto realista per rovesciare la repubblica, Napoleone riuscì a far votare al Consiglio degli Anziani e al Consiglio dei Cinquecento una risoluzione che trasferisse le due Camere il 18 brumaio (9 novembre) fuori Parigi, a Saint-Cloud; Napoleone fu nominato comandante in capo di tutte le forze armate. Ciò fu fatto per evitare che durante il colpo di Stato qualche deputato potesse sollevare i cittadini parigini per difendere la Repubblica dal tentativo di Napoleone. L'intenzione di Napoleone era quella di portare le due Camere a votare autonomamente il loro scioglimento e la cessione dei poteri nelle sue mani. Non fu così: il Consiglio degli Anziani rimase freddo al discorso pasticciato di Napoleone per far pressione su di esso, mentre quando Napoleone entrò nella sala del Consiglio dei Cinquecento i deputati gli si lanciarono contro chiedendo di votare per rendere Bonaparte fuorilegge (cosa che voleva significare l'arresto e la ghigliottina)[15]. Nel momento in cui sembrava che il colpo di Stato fosse prossimo alla catastrofe, a soccorrere Napoleone giunse il fratello Luciano, che nelle vesti di presidente dei Cinquecento uscì dalla sala e arringò le truppe schierate all'esterno, ordinando che disperdessero i deputati terroristi. Memorabile il momento in cui puntò la sua spada al collo di Napoleone e dichiarò: «Non esiterei un attimo a uccidere mio fratello se sapessi che costui stesse attentando alla libertà della Francia»[16]. Le truppe, in gran parte veterani delle campagne di Napoleone, al comando del cognato di quest'ultimo, il generale Victor Emanuel Leclerc e del futuro cognato Gioacchino Murat, entrarono con le baionette innestate e dispersero i deputati. In serata, le Camere venivano sciolte e fu votato il decreto che assegnava i pieni poteri a tre consoli: Roger Ducos, Sieyès e Napoleone.
Il Consolato
Nominati consoli provvisori, i tre nuovi padroni della Francia redigevano insieme a due commissioni apposite una nuova costituzione, la costituzione dell'anno VIII che, ratificata con un plebiscito popolare, legittimava il colpo di Stato. L'evoluzione della rivoluzione si stava ormai riportando verso forme di governo più aristocratico, dimostrandosi non praticabili molte delle teorie rivoluzionarie emerse nella rivoluzione. Nel pensiero politico di Sieyès, il Consolato sarebbe dovuto essere un governo dei notabili, che assicurasse la democrazia attraverso un complesso equilibrio di poteri. Questo progetto fu mandato all'aria da Napoleone il quale, pur in teoria detentore del solo potere esecutivo, aveva in realtà facile gioco nello scavalcare quello legislativo frammentato in ben quattro Camere. Fattosi nominare Primo Console, ossia concretamente superiore a qualsiasi altro potere dello Stato, Napoleone ricostruiva la Francia con una struttura amministrativa fortemente accentratrice ma così perfetta che è rimasta tale fino a oggi: la Francia veniva frazionata in dipartimenti, distretti e comuni, rispettivamente amministrate da prefetti, sottoprefetti e sindaci. Le casse dello Stato venivano risanate dalle conquiste di guerra e dalla fondazione della Banca di Francia, nonché dall'introduzione del franco d'argento che poneva fine all'era degli assegnati e dell'inflazione. La lunga lotta contro il Cattolicesimo si concludeva con il Concordato del 1801, ratificato da papa Pio VII, che stabiliva il Cattolicesimo «religione della maggioranza dei francesi» (benché non religione di Stato), ma non riconsegnava al clero i beni espropriati durante la rivoluzione. Nel campo dell'istruzione, Napoleone istituì i licei e i politecnici, per formare una classe dirigente preparata e indottrinata, ma tralasciò l'istruzione elementare, essendo dell'idea che il popolo dovesse rimanere in una certa ignoranza per garantire un governo stabile e un esercito ubbidiente[17]. Il consolato di Napoleone divenne «a vita» con il plebiscito del 2 agosto 1802. Si apriva la strada all'istituzione dell'Impero napoleonico.


Durante l'esilio a Sant'Elena, Napoleone sottolineò più volte che la sua opera più importante, quella che sarebbe passata alla storia più delle centinaia di battaglie vinte, sarebbe stato il suo codice civile, il Codice napoleonico. Indubbiamente, la sua frase colse nel segno.
Il Codice napoleonico legittimò alcune delle idee illuministiche, fu esportato in tutti i paesi dove giunsero le armate di Napoleone, fu preso a modello da tutti gli Stati dell'Europa continentale e ancora oggi è la base del diritto italiano. Istituita l'11 agosto 1799, la commissione incaricata di redigere il codice civile (composta dal Secondo Console Jean-Jacques Régis de Cambacérès e da quattro avvocati), fu presieduta molto spesso dallo stesso Napoleone, il quale ne leggeva le bozze durante le campagne militari e inviava a Parigi, dal fronte, le sue idee sul progetto [18]. Il 21 marzo 1804 il Codice Civile, da subito ribattezzato Codice napoleonico, entrava in vigore.
Il Codice eliminava definitivamente i retaggi dell'ancien régime, del feudalesimo, dell'assolutismo, e creava una società prevalentemente borghese e liberale, di ispirazione laica, nella quale venivano consacrati i diritti di eguaglianza, sicurezza e proprietà. Tra i principi della Rivoluzione, venivano salvaguardati quelli della libertà personale, dell'uguaglianza davanti alle legge, della laicità dello Stato (già sancita dal Concordato) e della libertà di coscienza, della libertà del lavoro. Il Codice era stato però pensato e redatto soprattutto per valorizzare gli ideali della borghesia; perciò andava soprattutto a regolamentare questioni rigurdanti i contratti di proprietà e la stessa legislazione riguardante la famiglia era di natura contrattualistica[19]. La struttura familiare che il Codice consacra è di tipo paternalistico: il padre può far imprigionare i figli per sei mesi senza controllo delle autorità e amministra i beni della moglie. Veniva tuttavia garantito il divorzio, benché reso più complesso rispetto all'epoca rivoluzionaria.
Per l'Italia il valore del Codice napoleonico fu fondamentale, poiché esso fu portato negli stati creati da Napoleone e confluì poi nel codice civile italiano del 1865. Di eguale valore e importanza sono anche gli altri codici: quello di procedura civile, emanato nel 1806, quello del commercio (1807), quello di procedura penale (1808) e il codice penale del 1810.
Le opposizioni realista e giacobina
Per approfondire, vedi la voce Napoleone Bonaparte: le opposizioni realista e giacobina.
La sera del 10 ottobre 1800 Napoleone, mentre assisteva ad un'opera al Théatre de la République, sarebbe dovuto cadere sotto le pugnalate di quattro sicari, ma il complotto fu sventato all'ultimo momento grazie ad una soffiata, che consentì alla polizia di intervenire arrestando i quattro attentatori proprio in teatro. L'evento passerà alla storia con il nome di congiura dei pugnali.
Poco dopo, la notte di Natale del medesimo anno Napoleone, la moglie e il suo seguito scamparono miracolosamente a un attentato dinamitardo nelle strade di Parigi, mentre si recavano all'Opera. Napoleone ne approfittò per mettere fuori legge i giacobini, molti dei quali vennero esiliati in Guyana, e disperdere i monarchici. L'opposizione non demordeva e, oltre ad una intensa attività libellistica, si ebbe notizia di attentati in preparazione contro di lui. Infatti egli era odiato sia dai giacobini, che dopo le misure di riconciliazione nazionale, quali l'amnistia generale ed il diritto al rientro per i nobili emigrati per scampare al terrore, temevano volesse restaurare la monarchia, sia dai realisti, che lo consideravano come l'usurpatore del legittimo sovrano Luigi XVIII.
Nel marzo 1804, per dare un segnale forte ai Borboni, che ancora complottavano per ritornare sul trono francese, Napoleone fece catturare a Ettenheim, cittadina dello stato del Baden situata presso il confine francese, il duca di Enghien, legato alla famiglia reale esiliata, che fu ingiustamente accusato di cospirazione contro il Primo Console e fucilato subito dopo. L'evento destò l'indignazione di tutte le corti europee per l'arrogante violazione della sovranità di uno stato estero da parte della Francia e per la sorte riservata al povero duca, e conferì un'ombra negativa all'immagine europea del Bonaparte, alla quale invece l'allora Primo Console teneva moltissimo. Il generale Moreau, implicato nel complotto realista ma idolo dei giacobini, venne invece condannato a soli due anni di carcere, successivamente condonati con la possibilità di espatriare negli Stati Uniti, da dove però Moreau ritornerà nel 1813 per unirsi all'esercito russo e morire durante la battaglia di Dresda.


Durante l'assenza di Napoleone impegnato in Egitto, i francesi erano stati ripetutamente battuti in Italia e in Germania dagli austriaci (battaglia di Novi) a Cassano d'Adda e sul Reno. La nuova coalizione antifrancese aveva rovesciato la Repubblica Napoletana del 1799, fondata dai francesi, e quella Romana e la Repubblica Cisalpina. Il 6 maggio 1800, sei mesi dopo il colpo di Stato del 18 brumaio, Napoleone assunse nuovamente il comando dell'esercito francese. Con una marcia esemplare valicò le Alpi al passo del Gran San Bernardo, un'impresa che colse di sorpresa gli Austriaci, i quali vennero rapidamente battuti a Montebello, mentre Napoleone ritornava a Milano. Il 14 giugno 1800 si combatté la battaglia di Marengo. Fu la più celebre delle battaglie napoleoniche in Italia, la più dura ma definitiva. Alle tre del pomeriggio Napoleone aveva perso: alle otto della sera il suo trionfo era completo. A rovesciare le sorti della battaglia fu il generale Desaix che, giunto sul campo con nuove truppe, annientò l'esercito austriaco del generale Melas, già certo della vittoria, ma morì in battaglia.[20] A Milano venne provvisoriamente ricostituita la Repubblica Cisalpina che verrà sostituita dopo i Comizi di Lione dalla Repubblica Italiana (1802-1805)
La pace in Italia venne sancita con la pace di Luneville, che in pratica riconfermava il precedente trattato di Campoformio violato dagli Austriaci.
Nel 1802 venne proclamato Presidente della Repubblica Italiana (il patrizio milanese Francesco Melzi d'Eril ne fu nominato vice Presidente), titolo che conserverà sino al 17 marzo 1805 quando assumerà quello di Re d'Italia.
Con la pace di Amiens del 1802 anche l'Inghilterra firmava la pace con la Francia. Napoleone aveva distrutto la nuova coalizione antifrancese, assicurandosi anche l'appoggio dello zar di Russia Alessandro I. Per due anni l'Europa fu finalmente in pace.
Nel 1802 Napoleone vendette una parte del Nord America agli Stati Uniti come parte dell'Accordo sulla Louisiana: egli aveva appena fronteggiato un grosso problema militare quando l'esercito, mandato a riconquistare Santo Domingo, dopo aver affrontato la rivolta capeggiata da Toussaint L'Ouverture, fu colpito dalla febbre gialla. La rivolta fu comunque stroncata.[21] Con le forze dell'Ovest in condizioni tali da non poter agire, Napoleone capì che non avrebbe potuto difendere la Louisiana e decise di venderla (8 aprile 1803). Egli ristabilì, nel 1802, la schiavitù nelle colonie francesi.
Dopo che Napoleone ebbe allargato la sua influenza alla Svizzera e alla Germania, una disputa su Malta fornì all'Inghilterra il pretesto nel 1803 per dichiarare guerra alla Francia e fornire sostegno ai monarchici francesi che a lui si opponevano.


Ormai console a vita, Napoleone era in pratica sovrano assoluto della Francia. Il 18 maggio 1804 il Senato lo proclamò imperatore dei francesi. Il 2 dicembre dello stesso anno, nella cattedrale di Notre-Dame a Parigi, fu celebrata la cerimonia di incoronazione: dopo che le insegne imperiali furono benedette da papa Pio VII, Napoleone incoronò prima sé stesso imperatore dei francesi, e quindi imperatrice sua moglie Joséphine de Beauharnais[22]. Sono apocrife le voci secondo cui Napoleone avrebbe strappato la corona dalle mani del Papa durante la cerimonia, per non assoggettarsi all'autorità pontificia: Pio VII si aspettava la mossa e non toccò mai la corona con le sue mani[23]
Successivamente, il 26 maggio 1805 nel Duomo di Milano, Napoleone fu incoronato Re d'Italia con la Corona Ferrea, custodita nel Duomo di Monza a partire dal 1946.
Rinasceva in Francia la monarchia, ma non era la stessa monarchia rovesciata nel 1792, privata dei poteri già nel 1789. Napoleone non era «re di Francia e di Navarra per grazia di Dio», come citavano le formule dell'Ancien Régime, ma «Imperatore dei francesi per volontà del popolo». Fu in sostanza un nuovo re dei francesi, tanto che da lui hanno origine molte delle attuali monarchie moderne europee; e fu in effetti una monarchia, poiché Napoleone era padrone assoluto, anche se una monarchia che però non si rifaceva alla nobiltà feudale dell'Ancien Régime, ma nella quale si attuavano alcuni princìpi illuministici della borghesia.


Nel 1805 si formò in Europa la terza coalizione contro Napoleone; egli aveva trascorso l'ultimo anno sulle coste della Normandia, a preparare una vasta operazione militare con l'alleanza della Spagna contro l'Inghilterra ma, comprendendo la situazione troppo sfavorevole, tornò improvvisamente sui suoi passi e si mise al comando della Grande Armata che, a marce forzate, giunse rapidamente nel cuore dell'Europa per sconfiggere le forze nemiche sul continente. Napoleone aveva fatto bene i suoi conti: il 21 ottobre, infatti, a largo di Trafalgar la flotta francese comandata dal mediocre ammiraglio Pierre-Charles Villeneuve veniva completamente annientata dagli inglesi al comando di Horatio Nelson, che morì durante lo scontro, colpito da un tiro di moschetto. Svanivano per sempre i sogni di invasione dell'Inghilterra.
Le forze coalizzate prevalentemente austriache e russe (sotto il nuovo zar Alessandro I), anche se con la neutralità della Prussia, erano numericamente soverchianti ma divise. Due i fronti interessati: quello germanico, dove Napoleone in persona guidava la Grande Armée e quello italiano dove il generale Masséna guidava l'Armée d'Italie. A nulla valsero la resa del generale nemico Mack ad Ulma (20 ottobre), la battaglia di Caldiero (30 ottobre) e la conquista di Vienna da parte di Gioacchino Murat: il grosso dell'esercito nemico rimaneva infatti intatto. Il 2 dicembre 1805, tuttavia, anniversario della sua incoronazione, Napoleone mise fine alla terza coalizione nella battaglia di Austerlitz. Rimasta nella storia come il suo capolavoro strategico, con la battaglia di Austerlitz Napoleone divenne padrone dell'Europa.[24] Il giorno dopo i sovrani d'Europa chiesero la pace. L'Austria perdeva anche Venezia, che veniva unita al regno d'Italia, e perdeva ogni controllo sulla Germania, che ora si ricostruiva come Confederazione del Reno, primo seme dell'unità tedesca sotto il controllo diretto di Napoleone. Si racconta che, dopo aver appreso di Austerlitz, il primo ministro inglese William Pitt avesse chiesto a una nipote di arrotolare la carta dell'Europa esposta in un corridoio di casa. «Non ci servirà per almeno dieci anni»[25].
L'anno seguente Napoleone sconfisse la Prussia nella battaglia di Jena (14 ottobre 1806).
La quarta coalizione, comandata dalla Prussia, venne sconfitta il 14 giugno 1807 sulle gelide pianure di Friedland, dopo i rovesci alterni della sanguinosissima battaglia di Eylau: lo zar Alessandro I fu costretto a firmare la pace, nell'incontro di Tilsit. In quell'incontro l'Europa venne ufficiosamente divisa in zone d'influenza: si decise, in una nota segreta allegata al tratto di Tilsit, che i territori tra il fiume Elba e il Memel avrebbero formato la barriera di divisione tra i due grandi imperi[26]. Rimaneva aperta la questione della Polonia, che Napoleone voleva rendere indipendente, contrariamente alle intenzioni dello zar.
Quando il papa rifiutò di aderire all'embargo nei confronti dell'Inghilterra, dichiarando che le sue qualità di pastore universale gli imponevano la neutralità, Napoleone fece occupare Roma dal generale Miollis e il 7 maggio 1809 ordinò l'annessione dello Stato Pontificio all'Impero francese. Il papa rispose con una bolla di scomunica e Napoleone ordinò a Miollis di precedere all'arresto del pontefice. Provvide subito il generale Radet che lo fece trasportare, insieme con il Segretario di Stato cardinale Bartolomeo Pacca, a Grenoble,[27] indi a Fontainebleau, dove Napoleone riuscì solo quattro anni dopo a strappargli l'approvazione di un nuovo Concordato[28].


Per mettere in ginocchio l'Inghilterra, unica potenza ancora in armi contro la Francia, Napoleone avviò un embargo. Tuttavia questo embargo, chiamato Blocco Continentale (poiché, nelle intenzioni del Bonaparte, tutta l'Europa continentale avrebbe dovuto aderire all'embargo contro le isole britanniche) non diede i risultati sperati. Il fallimento del blocco fu dovuto al fatto che molti paesi europei non vi aderirono completamente, continuando a mantenere scambi commerciali con l'Inghilterra. Napoleone inoltre, per colpire il Portogallo che manteneva aperti i suoi porti alla flotta inglese, invase la Spagna ed il Portogallo stesso, mentre successivamente la scelta della Russia di uscire dal blocco, costringerà Napoleone a imbarcarsi in una campagna che per lui sarà catastrofica.
Nel 1808, sfruttando un contrasto nella famiglia reale spagnola tra il re Carlo IV e il figlio, il principe delle Asturie Ferdinando, Napoleone costrinse entrambi ad abdicare e mise sul trono di Spagna il fratello Giuseppe Bonaparte, facendola così entrare direttamente nell'orbita dell'Impero francese. Contemporaneamente le truppe francesi invadevano e conquistavano il Portogallo; ma la situazione divenne presto problematica. Gli inglesi, infatti, fecero sbarcare in Portogallo truppe al comando del generale sir Arthur Wellesley futuro duca di Wellington, che riuscì a liberare il Portogallo, contrastando la campagna in Spagna. Qui, infatti, la popolazione era insorta contro l'occupazione francese e aveva iniziato una durissima guerriglia che mise in ginocchio l'esercito occupante, costringendo Giuseppe Bonaparte alla fuga, richiedendo l'intervento diretto di Napoleone. Questi scese in Spagna ed il 4 dicembre Madrid si arrendeva all'imperatore francese. La Spagna rimase comunque una spina nel fianco di Napoleone mentre poco tempo dopo giunse la notizia di una nuova coalizione appena formata.
Tra il 5 e il 6 luglio 1809 Napoleone sconfisse la quinta coalizione a Wagram, dopo aver occupato Vienna e il palazzo di Schönbrunn. L'Austria subì pesantissime condizioni di pace: il Trentino-Alto Adige/Sud Tirolo, la Baviera, l'Istria e la Dalmazia furono perse. L'indennizzo di guerra fu enorme.
La nuova Europa di Napoleone
Nel 1810, l'Europa era definitivamente ridisegnata secondo il volere napoleonico. I territori sotto il diretto controllo francese si erano espansi ben oltre i tradizionali confini pre-1789; il resto degli Stati europei era o suo satellite o suo alleato. Il regno d'Italia era nominalmente governato da Napoleone, ma retto dal viceré Eugenio Beauharnais (figlio di primo letto della moglie di Napoleone Joséphine); il principato di Lucca e Piombino (fino al 1809), e quindi buona parte della Toscana (dal 1809), era governata dalla sorella Elisa, andata in sposa al principe còrso Felice Baciocchi; alla sorella Paolina, sposata col principe Camillo Borghese, andò il ducato di Guastalla, poi ceduto al regno d'Italia; il fratello maggiore Giuseppe riceveva il trono di Spagna; il fratello Luigi riceveva il trono d'Olanda, dopo aver sposato Hortense de Beauharnais, figlia della moglie di Napoleone Joséphine; il fratello Girolamo ebbe il regno di Westfalia; il generale Gioacchino Murat, poi maresciallo dell'Impero, ebbe il regno di Napoli, dopo aver sposato la sorella di Napoleone, Carolina; il maresciallo Bernadotte ebbe il trono di Svezia, ma ben presto tradì il suo ex capo entrando nella coalizione che lo avrebbe detronizzato.[29] La Confederazione del Reno era di fatto sotto il controllo di Napoleone.
Dopo la pace di Schönbrunn, Napoleone e l'austriaco Metternich si erano accordati per un matrimonio di Stato. Il 14 dicembre 1809, Napoleone divorziò da Joséphine de Beauharnais, la moglie certo infedele ma amatissima[30]: i due rimasero sempre legati fino alla morte di quest'ultima, avvenuta durante l'esilio di Napoleone all'Elba. Il 1º aprile 1810 Napoleone sposò la figlia dell'imperatore d'Austria, Maria Luisa di Asburgo, nipote di Maria Antonietta, la regina decapitata durante la Rivoluzione (il che provocò non poche polemiche in Francia). Con questo matrimonio l'Austria si era legata a Napoleone, il che portava alla creazione di un'alleanza pressoché indissolubile. Napoleone ebbe un erede legittimo da Maria Luisa, nato dopo un parto difficile il 20 marzo 1811. Tuttavia l'erede dell'Impero, Napoleone Francesco, detto il re di Roma (Napoleone II), non salì in realtà mai al trono: Napoleone fu detronizzato pochi anni dopo e Napoleone II morì successivamente a soli 21 anni.


Nonostante gli accordi stabiliti a Tilsit, lo zar Alessandro I di Russia aveva cominciato a temere Napoleone e rifiutò di collaborare con lui riguardo al Blocco Continentale, per non danneggiare l'economia russa. Fu questa la principale causa che spinse Napoleone a invadere la Russia nel 1812 con ben 655.000 uomini, solo un terzo dei quali francesi. I russi, comandati da Kutuzov, decisero la tattica della ritirata piuttosto che scontrarsi contro il preponderante esercito napoleonico. Il 7 settembre nei dintorni di Mosca ebbe luogo la battaglia di Borodino: i russi, sconfitti, ripiegarono e Napoleone entrò a Mosca una settimana dopo, nel pomeriggio del 14 settembre, dopo aver posto il suo quartier generale sulla collina Poklonnaja, convinto che Alessandro avrebbe negoziato la pace. Stabilitosi nel Cremlino, Napoleone non poteva immaginare che la città completamente vuota nascondesse in realtà un'insidia: nella notte Mosca cominciò a bruciare, essendo state appiccate le fiamme da alcuni russi nascosti nelle case.[31] Napoleone, che aveva tentato a più riprese di venire a un accordo con Alessandro I senza riuscire neanche a far ricevere i suoi messi, perdendo così tempo prezioso per la ritirata, vista la prossimità dell'inverno, si rese conto della necessità di ritirarsi. Diede perciò ordine di iniziare la ritirata, (e di far saltare il Cremlino che solo per una miracolosa pioggia fu salvato): era rimasto in Mosca non più di trentacinque giorni.
La Grande Armata francese soffrì gravi perdite nel corso della rovinosa ritirata; la spedizione era iniziata con circa 700.000 uomini (di cui poco meno della metà erano francesi) e 200.000 cavalli, alla fine della campagna poco più di 18.000 uomini raggiunsero Vilna rimanendo nei ranghi; a questi si aggiunsero poi quarantamila isolati nei giorni successivi. In totale più di 400.000 furono i morti e 100.000 i prigionieri[32]. Residuarono inoltre solo 10.000 cavalli. Tra il 25 e il 29 novembre, infatti, i resti dell'armata, distrutta prima dal caldo e poi dal freddo (il cosiddetto "generale Inverno")[33] vennero in gran parte annientati dai russi durante il passaggio della Beresina. Intanto, Napoleone era stato raggiunto dalla notizia che a Parigi il generale Malet aveva diffuso la notizia della morte dell'imperatore e tentato un colpo di Stato. Angosciato delle notizie di tradimento (Talleyrand e Fouché stavano ormai tramando col nemico)[34], Napoleone abbandonò precipitosamente la Russia lasciando il comando a Gioacchino Murat e ad Eugenio Beauharnais e tornando nella capitale, dove iniziava a ricostruire un nuovo esercito di 400.000 uomini, in realtà giovanissimi e male addestrati. Le potenze europee, consce dell'atroce disfatta di Russia, sollevarono la testa e formarono una nuova coalizione.
La sconfitta di Lipsia, l'abdicazione e l'esilio all'Elba
La prima a unirsi alla vittoriosa Russia fu la Prussia che, abbandonando l'alleanza con Napoleone, si schierò a fianco dell'Inghilterra. Era la settima coalizione. Napoleone non si fece cogliere impreparato, e sconfisse i prussiani prima a Lützen e poi a Bautzen nel maggio 1813. Ma l'insidia più grande era l'Austria, la quale - non rispettosa dei patti - era pronta a scavalcare anche un matrimonio di stato come quello di Napoleone con Maria Luisa pur di sconfiggere l'odiato nemico. Nel corso di un memorabile e burrascoso incontro bilaterale a Dresda, Napoleone e Metternich non riuscirono a giungere a un accordo, e il 12 agosto l'Austria si univa alla coalizione antifrancese. Dopo un'ultima schiacciante vittoria francese proprio a Dresda, le forze napoleoniche si scontrarono con gli eserciti congiunti di Austria, Russia, Prussia e Svezia (l'esercito di quest'ultima era comandato dall'ex maresciallo francese Bernadotte) nella battaglia di Lipsia, detta "battaglia delle Nazioni" perché vi parteciparono eserciti di tutta Europa. L'inesperto esercito francese, formato in gran parte da giovani reclute, la defezione dei contingenti tedeschi e le soverchianti forze nemiche furono i fattori che determinarono la sconfitta di Napoleone a Lipsia. L'esercito francese fu costretto a una rovinosa ritirata attraverso la Germania in piena insurrezione contro l'occupazione napoleonica, mentre anche l'Olanda si rivoltava e la Spagna era ormai persa.
Rientrato precipitosamente a Parigi, Napoleone doveva subire ora l'insubordinazione di tutti i corpi politici: le Camere denunciarono solo ora la sua tirannia, la nuova nobiltà da lui creata gli girò le spalle, il popolo ormai stanco della guerra rimase freddo, i marescialli dell'Impero cominciarono a defezionare: tra i principali, Gioacchino Murat che passò al nemico per conservare il regno di Napoli.
Il giorno di Natale del 1813 la Francia veniva invasa dagli eserciti della coalizione. Un mese dopo, il 25 gennaio 1814, consegnato al fratello Giuseppe il controllo di Parigi e alla moglie Maria Luisa la reggenza, salutato il piccolo figlio che non avrebbe mai più rivisto, Napoleone si metteva al comando di un esercito di 60.000 veterani della Vecchia Guardia[35]. Per due mesi, Napoleone tenne testa al nemico in quella che sarà definita da alcuni la sua campagna più brillante, vincendo a Brienne (proprio dove aveva studiato l'arte militare), a Champaubert, Montmirail, Chateau-Thierry, Vauchamps, Mormant, Villeneuve, Montereau, Craonne, Laon. Sconfitto infine dalle forze prussiane del feldmaresciallo von Blücher, da quelle austriache e da quelle russe di Wintzingerode, consapevole di non poter anticipare le truppe nemiche in marcia su Parigi, Napoleone ripiegò su Fontainebleau ove, appresa la notizia del tradimento del generale Marmont che si era arreso con le sue truppe agli alleati, e scoraggiato dall'atteggiamento rinunciatario del maresciallo Michel Ney, il 4 aprile annunciò ufficialmente la sua intenzione di chiedere la pace.


Intanto il fratello Giuseppe era capitolato e il nemico era entrato vittorioso in Parigi con alla testa lo zar Alessandro I il 31 marzo, che il giorno successivo aveva già fatto affiggere sui muri di Parigi il suo proclama indirizzato al popolo francese.
A Fontainebleau Napoleone passò giorni duri e difficili. Gli giunse notizia che il nemico aveva rigettato la sua proposta di pace che stabiliva il ritorno ai «confini naturali» della Francia. Lo zar Alessandro I gli impose l'abdicazione. Egli, dopo aver più volte tentennato, decise di abdicare in favore del figlio e della reggenza di Maria Luisa. Ma il nemico decise per un'abdicazione totale, poiché Talleyrand aveva già preso accordi per restaurare sul trono i Borboni. Napoleone, indignato, minacciò di rimettersi alla testa dei suoi eserciti e marciare su Parigi, ma i marescialli lo costrinsero a cedere[36]. L'abdicazione divenne effettiva il 6 aprile.
Il 12, Napoleone ingerì una forte dose di veleno ma miracolosamente si salvò[37].
Dopo un memorabile addio alla Vecchia Guardia, Napoleone subì il dramma della fuga quando, attraversando la Francia del sud, fu costretto a indossare un'uniforme austriaca per non finire linciato dalla folla[38]. Imbarcatosi precipitosamente su un bastimento inglese, il 4 maggio 1814 sbarcò all'isola d'Elba, dove il nemico aveva deciso di esiliarlo, pur riconoscendogli la sovranità sull'isola e il titolo di Imperatore.
Stabilitosi a Portoferraio nei dieci mesi di esilio Napoleone non rimase inoperoso ma costruì infrastrutture, miniere, strade, difese, mentre il Congresso di Vienna che doveva disegnare la nuova Europa della Restaurazione ipotizzava di esiliarlo nell'oceano.


Pur impegnato nei lavori sull'Elba, Napoleone continuava a ricevere notizie della situazione francese. Il nuovo sovrano, Luigi XVIII Borbone, era inviso alla popolazione: nel solco della Restaurazione, Luigi stava lentamente smantellando tutte le conquiste della Rivoluzione legittimate da Napoleone[39]. Queste notizie, aggiunte alla voce ormai certa che i nemici fossero prossimi a trasferirlo lontano dall'Europa, portarono Napoleone ad agire. Imbarcatosi in gran segreto con uno sparuto gruppo di granatieri su un bastimento, l'imperatore eluse la sorveglianza inglese e il 1º marzo 1815 sbarcò in Francia nel golfo di Cannes. Iniziavano i leggendari "Cento giorni". La popolazione lo accolse con un entusiasmo sorprendente, e gli eserciti inviatigli contro da Luigi invece di fermarlo si unirono a lui. Il maresciallo Ney, che Napoleone stesso aveva definito «il più prode dei prodi» dopo le sue eroiche imprese nella ritirata di Russia, giurò allora al sovrano borbone che avrebbe condotto Napoleone a Parigi «in una gabbia di ferro»[40]. Ma quando i due eserciti si trovarono l'uno di fronte all'altro Napoleone si fece incontro all'esercito avversario e gridò «Chi vuole sparare al suo Imperatore è libero di farlo», fu accolto da un tripudio e lo stesso Ney crollò tra le sue braccia[41] (sfortunatamente per lui, in seguito alla sconfitta di Napoleone a Waterloo, pagò con la fucilazione il voltafaccia, nonostante esista un'ipotesi che egli sia fuggito negli Stati Uniti dove avrebbe iniziato una nuova vita). Il 20 marzo Napoleone entrò trionfalmente a Parigi, mentre Luigi era fuggito in gran fretta sotto suggerimento di Talleyrand, il quale al Congresso di Vienna spinse le teste coronate a riprendere la spada contro il despota.
Riorganizzato in gran fretta l'esercito, Napoleone chiese ai nemici nuovamente coalizzatisi la pace alla sola condizione di mantenere il trono di Francia: non venne ascoltato[42]. Intanto, in campo politico, l'imperatore aveva ben compreso i limiti del suo governo precedente e aveva promulgato una costituzione maggiormente liberale, ritornando più fedelmente ai principi del 1789. Per evitare una nuova invasione del suolo patrio, Napoleone fece la prima mossa spostando il conflitto nel Belgio. Il suo piano prevedeva una manovra su due ali che avrebbero diviso e annientato i prussiani e gli inglesi prima che, superiori di numero, potessero congiungersi. L'ala destra da lui comandata impegnò quindi i prussiani di von Blücher a Ligny e il maresciallo Ney attaccò gli inglesi di Wellington a Quatre Bras, ma nessuno dei due combattimenti ebbe esito determinante. Così si giunse al fatale 18 giugno 1815, «la giornata del destino» descritta anche da Victor Hugo, quella della battaglia di Waterloo. Il piano strategico generale di Napoleone venne mandato all'aria dall'inefficienza dei suoi marescialli, principalmente Grouchy, il quale era stato inviato a distruggere la colonna prussiana sfuggita alla battaglia di Ligny, ma in pratica commise l'errore di inseguire solo la retroguardia delle forze prussiane che si erano intanto riorganizzate e che, grazie alla loro determinazione, riuscirono a ricongiungersi con Wellington proprio nel bel mezzo della battaglia di Waterloo sì che le forze inglesi del duca di Wellington, unitesi a quelle prussiane, colsero l'opportunità di sconfiggere i francesi.
Napoleone compì non pochi errori, tra cui quello di affidarsi ai generali Davout, Grouchy e a Ney (l'eroe di Borodino), famoso per ardimento ma non per la sua sapienza strategica, il cui comportamento inutilmente focoso fu fra i fattori determinanti della disfatta. Ultimo ad arrendersi fu il giovane generale della Guardia imperiale Cambronne[43] che, sacrificando l'intera Guardia, consentì al resto dell'esercito sconfitto di ritirarsi senza ulteriori danni alla volta di Parigi.
Napoleone schierò le sue ultime forze in quadrati e iniziò una lenta, ordinata ma drammatica ritirata. «Wellington è un pessimo generale. Stasera ceneremo a Bruxelles», aveva dichiarato la mattina della battaglia. In serata, l'imperatore era sulla strada di ritorno per Parigi conscio della certezza della fine di ogni suo sogno.
Impostagli dalla Camera la nuova abdicazione, sotto le pressioni del potente Fouché («Avrei dovuto farlo impiccare prima», sbottò Napoleone[44]), egli dichiarò di immolarsi «in olocausto per la Francia» e chiese invano che venisse rispettata la sua volontà di porre sul trono all'età giusta suo figlio Napoleone II. Le forze nemiche, viceversa, entrarono a Parigi e rimisero sul trono Luigi XVIII. Napoleone si rifugiò al castello di Malmaison, la vecchia casa dove aveva abitato con la moglie Joséphine, morta da poco. La sua intenzione era di fuggire negli Stati Uniti, ma rifiutò di travestirsi come sarebbe stato necessario per sfuggire alla cattura, perché ciò avrebbe infamato il suo onore[45]. Invece, con un gesto storico, il 15 luglio 1815 Napoleone si arrese agli inglesi salendo a bordo della nave HMS Bellerofont. Condizione della consegna era la deportazione in Inghilterra o negli Stati Uniti, ove intendeva vivere soggetto al diritto comune e con lo status di privato cittadino. Il capitano Maitland, in rappresentanza del principe reggente, venne meno alla parola data, e Napoleone venne tratto in arresto e condotto dal Northumberland a Sant'Elena, piccola isola nel mezzo dell'Oceano Atlantico.


Il 16 ottobre 1815 la nave da battaglia inglese HMS Northumberland giunse a Sant'Elena col prezioso carico. Ivi, con un piccolo seguito di fedelissimi,[46] fu trasferito nel villaggio interno di Longwood, ove rimase fino al decesso.
Napoleone dettò le sue memorie ed espresse il suo disprezzo per gli inglesi, personificati nell'odiosa figura del "carceriere" di Napoleone sir Hudson Lowe (che dal trattamento duro riservato a Napoleone non trasse alcun vantaggio per la sua carriera, anzi fu accusato di essere stato troppo severo nei confronti dell'imperatore francese). Egli dettò al conte de Las Cases il Memoriale di Sant'Elena e nella seconda metà dell'aprile 1821 scrisse lui stesso le sue ultime volontà e molte note a margine (per un totale di 40 pagine).


I dolori allo stomaco di cui già soffriva da tempo, acuitisi nel clima inospitale dell'isola e con il duro regime impostogli, lo condussero alla morte il 5 maggio 1821 alle ore 17:49. Le ultime parole di Napoleone furono Francia e testa dell'armata[47]. Egli chiese di essere seppellito sulle sponde della Senna, ma fu invece seppellito a Sant'Elena come stabilito già l'anno prima dal governo inglese. Il governatore Lowe e i suoi uomini gli tributarono gli onori riservati a un generale.
L'autopsia accertò che la causa fu in effetti un tumore dello stomaco.


Il 19 luglio 1821, poco dopo aver appreso la notizia della morte di Napoleone, Alessandro Manzoni scrisse la famosa ode Il cinque maggio, che ebbe una forte risonanza in tutta Europa e che fu tradotta in tedesco da Johann Wolfgang Goethe.
« Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore orba di tanto spiro,così percossa, attonita la terra al nunzio sta, muta pensando all'ultima ora dell'uom fatale; né sa quando una simile orma di pie' mortale la sua cruenta polvere a calpestar verrà. »
(da Il cinque maggio di Alessandro Manzoni)
Il secondo funerale a Parigi
Il 2 agosto 1830, nove anni dopo la morte di Napoleone, il re Borbone Carlo X fu costretto ad abdicare e la corona venne concessa a Luigi Filippo d'Orléans di idee più liberali. La statua dell'imperatore fu restaurata sulla colonna di Place Vendôme e vi furono richieste del rientro in patria delle spoglie mortali. Il figlio cadetto del re, il Principe di Joinville, venne incaricato di riportare le spoglie dell'imperatore in Francia e questi, dopo aver ottenuto il permesso dei britannici, diresse una spedizione a Sant'Elena per riportare la salma a Parigi. L'8 ottobre 1840 venne riesumata la salma che si rivelò intatta (anche per l'effetto conservante dell'arsenico secondo alcuni autori), vestita nell'uniforme di colonnello dei cacciatori della guardia[48]. Ricomposto il corpo in una bara di ebano, l'imperatore iniziò il suo viaggio di ritorno in Francia, dove arrivò a Cherbourg il 29 novembre, salutato dalle salve di cannone del forte e delle navi militari presenti.


Il 15 dicembre 1840 ebbe luogo il funerale solenne a Parigi celebrato con tutti gli onori del rango imperiale. Disposto il feretro su di un carro trainato da 16 cavalli, scortato dai Marescialli di Francia Oudinot e Molitor, l'ammiraglio Roussin e il generale Bertrand, a cavallo, sui quattro lati, il corteo funebre passò sotto l'arco di trionfo, tra due file di insegne con l'aquila imperiale, salutato dalle salve di cannone e accolto dalla famiglia regnante in nome della Francia. Il generale Bertrand, che aveva fedelmente accompagnato Napoleone all'Elba e a Sant'Elena, venne incaricato dal Re di porre la spada e il copricapo dell'imperatore sulla bara, ma non vi riuscì per l'emozione e fu sostituito dal generale Gourgaud. Più tardi, nel 1843 Giuseppe Bonaparte inviò il gran collare, il nastro, e le insegne della Legion d'Onore che suo fratello aveva indossato.


La Tomba di Napoleone nella chiesa di Saint-Louis des Invalides
I resti di Napoleone riposano in un monumento posto in una cripta a cielo aperto ricavata nel pavimento della cattedrale di Saint-Louis des Invalides a Parigi, esattamente sotto la cupola dorata. Il monumento, concepito dall'architetto Louis Visconti, venne terminato nel 1861, consiste in un immenso sarcofago di quarzite rossa della Finlandia, che contiene le 6 bare entro cui è stato chiuso il corpo di Napoleone: dalla più interna alla più esterna abbiamo una bara in lamiera e poi una in mogano, due bare in piombo, una di ebano e l'ultima in legno di quercia. Intorno al sarcofago c'è un loggiato circolare decorato con enormi statue raffiguranti dodici Vittorie.
Il trasferimento dalla cappella di Saint-Jérôme dove era stata deposta la salma nel 1840, alla cripta sala centrale della cattedrale di Saint-Louis des Invalides venne effettuato con cerimonia non pubblica il 2 aprile 1861, alla presenza dell'imperatore Napoleone III. La maschera funeraria è conservata invece presso l'Accademia degli Euteleti a San Miniato in provincia di Pisa, città dove gli antenati dell'imperatore avevano risieduto.
All'interno della cripta è presente anche la tomba del figlio di Napoleone, Napoleone Luigi.


I figli
Per approfondire, vedi la voce Napoleone Bonaparte (vita privata).
Napoleone ebbe un solo figlio legittimo, il già citato Napoleone Francesco (18111832), avuto dalla seconda moglie Maria Luisa d'Asburgo-Lorena (17911847).
Tuttavia sono noti per certo almeno due figli illegittimi:
Carlo, conte Léon (1806 - 1881) avuto da Luisa Caterina Eleonora Denuelle de la Plaigne (1787 - 1868), lettrice della principessa Carolina Bonaparte, già sposata a Jean-Honoré François Revel e da questi divorziata pochi mesi prima della nascita di Carlo;[49]
Alessandro Floriano Giuseppe, conte Colonna-Walewski, (1810 - 1868), avuto da Maria Laczynska (17861817), giovane polacca, moglie dell'anziano conte Attanasio Colonna di Walewice-Walewski, meglio nota con il nome di Maria Walewska, della quale Napoleone fu sinceramente innamorato
Si scrisse inoltre[50]che il filosofo, giornalista e uomo di stato francese, Jules Barthélemy-Saint-Hilaire (1805 – 1895), di cui si ha certezza che fosse un figlio naturale ma del quale non si conosce neppure il nome della madre, fosse figlio illegittimo di Napoleone Bonaparte, ma non vi è alcuna certezza storica in merito.

Onorificenze

Grand maître de la Légion d'honneur (Gran Maestro della Legion d'onore)

Grand maitre dell'Ordine dei Tre Tosoni d'Oro (formalmente)

Grand maitrè Ordre de la Reunion

Gran Maestro dell'Ordine della Corona Ferrea

Cavaliere dell'Ordine dell'Aquila Nera

Cavaliere dell'Ordine di Sant'Andrea

Cavaliere dell'Ordine del Toson d'Oro

ITALIA-CINA

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