.
Origini e infanzia
Nasce a
Sirte, che al tempo è parte della
provincia italiana di Misurata, in una famiglia islamica di cui però non si conosce molto. Al riguardo, nel
2009, un'anziana signora israeliana di origine libica, tal Rachel Tammam, ha affermato che Gheddafi avrebbe anche una discendenza
ebraica in quanto figlio di sua zia Razale Tammam (un'ebrea di
Bengasi che, poco dopo la maggiore età, avrebbe sposato un uomo musulmano, scontrandosi contro la volontà del padre)
[1]; questa voce relativa alle possibili origini ebraiche del leader libico, che ha circolato ormai da tempo, non è però mai stata dimostrata in modo inequivocabile dagli storici, dando adito al dubbio che si tratti di una pura e semplice fantasia.
All'età di sei anni Gheddafi rimane coinvolto in un incidente, durante il quale perde due suoi cugini e rimane ferito ad un braccio, a causa dell'esplosione di una mina risalente al periodo bellico
[2]. Tra il
1956 e il
1961 frequenta la scuola coranica di
Sirte, in cui viene a contatto con le idee
panarabe di
Gamal Abd el-Nasser e alle quali aderisce con entusiasmo. Nel
1968 decide di iscriversi all'
Accademia Militare di
Bengasi. Una volta concluso il corso e dopo un breve periodo di specializzazione in
Gran Bretagna, comincia la propria carriera nell'esercito ricevendo la nomina al grado di
capitano all'età di 27 anni.
Insoddisfatto del governo guidato dal re
Idris I, giudicato da Gheddafi e da altri ufficiali troppo servile nei confronti di
Stati Uniti e
Francia, il
26 agosto del
1969 si pone alla guida del colpo di Stato organizzato contro il sovrano, che porta, il
1º settembre dello stesso anno, alla proclamazione della
Repubblica, guidata da un
Consiglio del Comando della Rivoluzione composto da 12 militari di tendenze panarabe filo-nasseriane (i cosiddetti "Liberi Ufficiali Unionisti": in
arabo:
الضباط الوحدويين الأحرار ,
al-Ḍubbāṭ al-waḥdawiyyīn al-aḥrār ). Gheddafi, che nel frattempo si è autopromosso al grado di
colonnello e si è messo a capo di tale Consiglio, instaura in
Libia un regime che, progressivamente, si trasforma in una vera e propria
dittatura.
Anni sessanta, settanta e ottanta
Una volta al potere,
Gheddafi fa approvare dal Consiglio una nuova
costituzione e abolisce le elezioni e tutti i partiti politici. La Libia (chiamata per volere di Gheddafi
Jamāhīriyya, neologismo coniato per l'occasione a partire dal termine
arabo jumhūr, il cui plurale
jamāhīr significa "masse") non si può infatti considerare una
democrazia, non essendovi concesse molte libertà politiche (tra cui, per esempio, il multipartitismo). La politica della prima parte del governo Gheddafi viene definita dai suoi sostenitori una "terza via" rispetto al
comunismo e al
capitalismo, nella quale cerca di coniugare i principi del
panarabismo con quelli della
socialdemocrazia. Gheddafi decide di esporre le proprie visioni politiche e filosofiche nel suo
Libro verde (esplicito ammiccamento al
Libretto rosso di
Mao Tse-tung), che pubblica nel
1976.
In nome del
Nazionalismo arabo, decide di nazionalizzare la maggior parte delle proprietà petrolifere straniere, di chiudere le basi militari statunitensi e britanniche, in special modo la base "Wheelus", ridenominata "ʿOqba bin Nāfiʿ" (dal nome del primo
conquistatore arabo-musulmano delle regioni
nordafricane) e di espropriare tutti i beni delle comunità italiana ed ebraica, espellendole dal paese.
Infatti, proprio fra le primissime iniziative del regime di Gheddafi, c'è l'adozione di misure sempre più restrittive nei confronti della popolazione italiana che era rimasta a vivere in quella che era stata la
ex-colonia, limitazioni che culminano con il decreto di confisca del
21 luglio 1970 emanato per
"restituire al popolo libico le ricchezze dei suoi figli e dei suoi avi usurpate dagli oppressori". Gli italiani vengono pertanto privati di ogni loro bene, compresi i contributi assistenziali versati all'
INPS e da questo trasferiti, in base ad un accordo, all'istituto libico corrispondente, e sono sottoposti a progressive restrizioni che culminano con la costrizione a lasciare il Paese entro il
15 ottobre del
1970[3]. Dal
1970, ogni
7 ottobre in Libia si celebra il “
Giorno della vendetta”, in ricordo del sequestro di tutti i beni e dell'espulsione di 20.000
italiani.
In politica estera, il regime libico diventa finanziatore dell'
OLP di
Yasser Arafat nella sua lotta contro
Israele, inoltre, si fa spesso propugnatore di un'unione politica tra i tanti Stati
islamici dell'
Africa, caldeggiando in particolare, nei primi
anni settanta, un'unione politica con la
Tunisia; la risposta negativa dell'allora presidente tunisino
Bourguiba fa però tramontare questa ipotesi. Sempre nel medesimo periodo, e per molti anni successivi, Gheddafi è uno dei pochissimi leader internazionali che continuano a sostenere i dittatori
Idi Amin Dada e
Bokassa (quest'ultimo però soltanto nel periodo in cui si dichiarò musulmano), mentre non verrà mai dimostrato un suo coinvolgimento nella misteriosa scomparsa in
Libia, nel
1978, dell'
Imam sciita Musa al-Sadr (di cui non apprezza i tentativi di pacificazione del
Libano) e neppure il suo fattivo sostegno al combattente palestinese
Abu Nidal e alla sua organizzazione para-militare, organizzatori, tra l'altro, della
Strage di Fiumicino nel
1985. In quest'ultimo caso la Libia smentisce ogni suo coinvolgimento ma non manca di rendere ufficialmente onore ai terroristi attori di tale attentato.
Dal
16 gennaio 1970 al
16 luglio 1972 Gheddafi è anche,
ad interim, primo ministro della Libia, prima di lasciare il posto a
ʿAbd al-Salām Jallūd. Nel
1977, grazie ai maggiori introiti derivanti dal
petrolio, il regime decide di effettuare alcune opere a favore della propria nazione, come la costruzione di strade, ospedali, acquedotti ed industrie. Proprio sull'onda della popolarità di tale politica, nel
1979, Gheddafi rinuncia a ogni carica ufficiale, pur rimanendo l'unico vero leader del paese, serbandosi il solo l'appellativo onorifico di "Guida della Rivoluzione".
Negli
anni ottanta avviene un'ulteriore radicalizzazione nelle scelte di politica internazionale. La sua ideologia anti-israeliana e anti-americana lo porta a sostenere gruppi
terroristi, quali ad esempio l'
IRA irlandese e il
Settembre Nero palestinese. Viene anche accusato dall'
Intelligence statunitense di essere l'organizzatore degli attentati in
Sicilia,
Scozia e
Francia, anche se per questi atti si è sempre proclamato estraneo. Si rende, altresì, sicuramente responsabile del lancio di due missili
SS-1 Scud contro il territorio italiano di Lampedusa, come rappresaglia per il bombardamento della Libia da parte degli Stati Uniti nell'operazione
El Dorado Canyon. I missili fortunatamente non provocano danni, cadendo in acqua a 2 km dalle coste siciliane.
Il suo regime, pertanto, diviene il nemico numero uno degli
Stati Uniti d'America ed è progressivamente emarginato dalla
NATO. Questa tensione prelude, il
15 aprile 1986, al
blitz militare sulla Libia per volere del presidente statunitense
Ronald Reagan: un massiccio bombardamento ferisce mortalmente la figlia adottiva di Gheddafi, ma lascia indenne il colonnello, che poi si scoprirà essere stato preventivamente avvertito delle intenzioni statunitensi da
Bettino Craxi, allora
Presidente del Consiglio italiano[4].
Il
21 dicembre del
1988 esplode un aereo passeggeri sopra la cittadina
scozzese di
Lockerbie, dove periscono tutte le 259 persone a bordo oltre a 11 cittadini di Lockerbie. Prima dell'
11 settembre 2001, questo è l'attacco terroristico più grave mai avvenuto. L'
ONU attribuisce alla
Libia la responsabilità dell'attentato aereo, chiedendo al governo di
Tripoli l'arresto di due suoi cittadini accusati di esservi direttamente coinvolti. Al netto e insindacabile rifiuto di Gheddafi, le
Nazioni Unite approvano la
Risoluzione 748, che sancisce un pesante embargo economico contro la
Libia, la cui economia si trova già in fase calante. Solo nel
1999, con la decisione da parte libica di cambiare atteggiamento nei confronti della comunità internazionale, Tripoli accetta di consegnare i sospettati di Lockerbie: Abdelbaset ali Mohamed al-Megrahi viene condannato all'ergastolo nel gennaio
2001 da una corte
scozzese, mentre al-Amin Khalifa Fhimah viene assolto
[5]. Nel
febbraio 2011, intervistato dal quotidiano svedese
Expressen, l'ex ministro della giustizia
Mustafa Abd al-Jalil ha ammesso le responsabilità dirette del colonnello Gheddafi nell'ordinare l'attentato del
1988 al
Volo Pan Am 103[6][7]
Dal 1990 a oggi
A partire dai primi
anni novanta, Gheddafi decide un ulteriore cambiamento del ruolo del suo regime all'interno dello scacchiere internazionale; condanna l'invasione dell'
Iraq ai danni del
Kuwait nel
1990 e successivamente sostiene le trattative di pace tra
Etiopia ed
Eritrea. Quando anche
Nelson Mandela fa appello alla "Comunità Internazionale", a fronte della disponibilità libica di lasciar sottoporre a giudizio gli imputati libici della
strage di Lockerbie e al conseguente pagamento dei danni provocati alle vittime, l'
ONU decide di ritirare l'embargo alla Libia (
primavera del
1999).
Nei primi anni
duemila, proprio questi ultimi sviluppi della politica libica, portano Gheddafi ad un riavvicinamento agli
USA e alle democrazie europee, con un conseguente allontanamento dall'
integralismo islamico. Grazie a questi passi il presidente statunitense
George W. Bush decide di togliere la Libia dalla lista degli
Stati Canaglia (di cui fanno parte
Iran,
Siria e
Corea del Nord) portando al ristabilimento di pieni rapporti diplomatici tra Libia e Stati Uniti.
Nel
2004, il
Mossad, la
CIA e il
Sismi individuano una nave che trasporta la prova che il regime libico sia in possesso di un arsenale di
armi di distruzione di massa. Invece di rendere pubblica la scoperta e sollevare uno scandalo, Stati Uniti e Italia pongono a Gheddafi un
ultimatum che viene accettato.
[8]
Gli
anni 2000 vedono Gheddafi protagonista, assieme a
Silvio Berlusconi, del
riavvicinamento tra Italia e Libia, sancito da diverse visite ufficiali del capo libico in
Italia e del presidente del consiglio italiano in
Libia.
Guerra civile del 2011, la cattura e la morte
Nel
2011, il procuratore del
Tribunale Penale Internazionale,
Luis Moreno Ocampo, chiede alla corte penale l'incriminazione di Gheddafi per
crimini contro l'umanità, insieme al figlio Sayf al-Islām Gheddafi e al capo dei servizi segreti libici
Abd Allah al-Sanussi[9]. La richiesta di incriminazione nasce dalle prove raccolte sui comportamenti messi in atto per la repressione della
rivolta libica del 2011[9].
Il
20 ottobre 2011 la tv degli
Emirati Arabi Al Arabiya annuncia la cattura e la successiva uccisione di Gheddafi da parte di militanti del
Consiglio nazionale di transizione durante uno scontro a fuoco. Oltre a lui giunge subito la notizia dell'uccisione anche del figlio Mu'tasim (Mutassim per buona parte della stampa). Successivamente all'evento, il cadavere del
colonnello sarebbe stato subito trasportato a
Misurata e la
Guerra civile libica sembrerebbe giunta al suo epilogo. Stando alle notizie di fonte giornalistica, Gheddafi sarebbe stato ferito alle gambe e si sarebbe nascosto in un rifugio sotterraneo e, prima di morire, avrebbe inutilmente chiesto agli assalitori di non sparare, prima di essere raggiunto da un gran numero di colpi al petto e alle gambe.
[10][11]
Vita personale
La prima moglie di Gheddafi, Fātiḥa, è un'insegnante, sposata nel
1969. Cronache del tempo raccontano come i due non si fossero mai incontrati prima della data dello sposalizio. Dalla loro unione nasce un solo figlio e, dopo sei mesi di matrimonio, Gheddafi decide di separarsi per sposare la seconda moglie
Safia Farkash, nata al-Brasai ed ex-infermiera di origini ungheresi (
Farkas in ungherese vuol dire
lupo ed è un cognome assai diffuso); i due si conoscono in
Bosnia, a
Mostar, città di origine della donna dove la famiglia si era trasferita ai tempi in cui il nonno di lei era direttore scolastico
[12].
Gheddafi ha avuto 8 figli:
Muhammad (
1971),
Sayf al-Islam (
1972),
Saadi (
1973),
Hannibal (
1975), l'unica femmina
Aisha (
1977),
Mutassim (
1977-
2011),
Saif al-Arab (
1982-
2011),
Khamis (
1983-
2011).
Il figlio maggiore è
Muhammad al-Qadhdhāfī, l'unico nato dalla sua prima moglie Fatiha; ricopre la carica di presidente del
Comitato Olimpico Nazionale ed è presidente di
Libyana, una dei due operatori di telefonia mobile posseduta dalla
General Post and Telecommunication Company. Il secondogenito è
Sayf al-Islam al-Qadhdhāfī, nato nel 1972 dall'attuale moglie e ritenuto colui che sarebbe dovuto diventare il
delfino del colonnello. Architetto, collaboratore politico del padre dopo esserne stato designato erede alla presidenza nel
1995, nel
2006, avendo criticato il regime del padre, con la richiesta di attuare riforme in senso democratico, cade momentaneamente in disgrazia e va a vivere all'estero, a Londra, dove consegue un
master presso la
London School of Economics (Lse) con una tesi, che poi si scopre essere stata copiata, inerente alla
natura anti-democratica della governance globale. Ritorna in Libia insediandosi inizialmente alla presidenza della Fondazione caritatevole di famiglia ma, nonostante nel
2008 dichiari di non volere avvicendare il padre nella guida del paese, ritorna a ricoprire via via incarichi sempre più importanti all'interno del regime fino al
2011, quando gli viene dato il compito di portavoce del regime e di lavorare alla realizzazione di una nuova costituzione.
Il terzogenito è il figlio maschio
al-Saʿādī al-Qadhdhāfī, sposato con la figlia di un generale dell'esercito libico e, visto il suo principale interesse per il
calcio (ha giocato con scadenti risultati in
Serie A con il
Perugia, esordendo in un incontro contro la
Juventus, e ha militato, sempre in
Serie A, anche con l'
Udinese e la
Sampdoria), responsabile della Federazione Calcistica Libica. Il quartogenito è
Hānnībāl al-Qadhdhāfī, incaricato alla gestione dell'export del petrolio libico, si rende protagonista di alcuni incidenti in Italia (dove ha aggredito nel
2001 tre agenti di polizia), Francia (dove ha aggredito una ragazza a
Parigi) e Svizzera. In quest'ultimo paese viene anche arrestato per aver aggredito due camerieri alle sue dipendenze a
Ginevra, causando un grave conflitto diplomatico-economico-politico tra
Berna e la Libia
[13] (→
Crisi diplomatica fra Libia e Svizzera).
Il quintogenito è
al-Muʿtaṣim bi-llāh al-Qadhdhāfī (spicciativamente chiamato Mutassim o Motassim Gheddafi), ritenuto confidente del padre e unica seria alternativa a Sayf al-Islam al-Qadhdhāfī per la successione. Alcune voci però lo descrivono coinvolto in un tentativo di colpo di Stato contro il padre e in una successiva sua fuga in Egitto. Dopo qualche anno di esilio gli viene però concesso di rientrare in Libia, dove diventa consigliere per la sicurezza nazionale e comandante di un'unità speciale dell'Esercito. Il sesto figlio è
Sayf al-ʿArab al-Qadhdhāfī, studia a
Monaco di Baviera presso la Technische Universität (dove nel 2008 si narra che la polizia tedesca gli sequestra l'automobile a seguito di gravi infrazioni). Nel
2011, viene nominato a capo di alcune milizie dell'esercito libico durante le ribellioni. Viene dichiarato morto da alcune fonti il
30 aprile 2011, a causa di un bombardamento NATO.
Il settimo figlio è
Khamīs al-Qadhdhāfī, molto fedele al padre, anche lui ufficiale dell'esercito libico. Si narra che a tre anni, nel
1986, durante il blitz americano su Tripoli a cui Gheddafi riesce a scampare, viene ferito. Si laurea prima presso l'accademia militare di Tripoli, ottenendo un diploma in
arte e scienza militare, in seguito all'Accademia Militare di Mosca e all'Accademia di Stato Maggiore dell'Accademia delle Forze Armate della Federazione Russa. Dall'aprile 2010 si iscrive ad un master in economia presso la
IE Business School di
Madrid, venendone però successivamente espulso nel marzo 2011 a causa dei "suoi collegamenti agli attacchi contro la popolazione libica". La guerra civile libica infatti, durante la quale viene soprannominato "Mu'ammar il giovane" dai propri miliziani e "macellaio" dai rivoltosi di Bengasi, lo vede al comando delle brigate che sparano per reprimere le prime rivolte scoppiate il
17 febbraio in
Cirenaica. Viene più volte dato per morto a seguito di un bombardamento NATO su
Tripoli.
Unica figlia, prediletta dal padre, è
ʿĀʾisha al-Qadhdhāfī, un'avvocato che ha difeso anche
Saddam Hussein e il giornalista iracheno
Muntazar al-Zaydi. Gheddafi ha adottato anche due bambini, Hanna e Milad. Hanna, data per uccisa durante il bombardamento
statunitense del
1986, compare insieme a lui in un filmato, probabilmente del
1988, e sarebbe ancora viva, come testimoniato da alcune foto rinvenute nella residenza-bunker di Gheddafi, e da non meglio precisate testimonianze.
A proposito del nome
Il sottostante schema riproduce le diverse possibilità di scrivere il suo nome, nel rispetto talora della realtà grafica e altre volte di quella fonetica. Per le trascrizioni sono indicate anche le differenti modalità delle diverse lingue neo-latine di riprodurre i
fonemi arabi originari.
Opere
- I, La soluzione del problema della democrazia. Il potere del popolo, Milano, Mursia, 1977.
- II, La soluzione del problema economico. Il socialismo, Palermo, Palumbo, 1978.
Onorificenze
| "Victoire historique" Medal |
| — 7 ottobre 2008 |
| Medaille de l'Afrique |
| — 14 febbraio 2009 |
| Medaille de l'Afrique |
| — 10 febbraio 2004 |
[nascondi]
Mu'ammar Gheddafi (1942 - 2011) |
| Voci correlate |
|
| Mogli |
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| Famiglia |
|
Note
Altri progetti
Fonte: http://it.wikipedia.org