Almeno altre 20 vittime!
ISLAMABAD - Uccisa durante un comizio pre-elettorale, a pochi giorni dal voto dell'8 gennaio. Benazir Bhutto, leader dell'opposizione pachistana, icona anti-islamista e filo-americana, è morta in un attentato suicida avvenuto a Rawalpindi. Nell'attacco hanno perso la vita almeno altre 20 persone. Secondo la ricostruzione della polizia, uno o due attentatori su una moto si sono avvicinati all'auto di Benazir Bhutto e hanno sparato almeno cinque colpi con un fucile mitragliatore Ak75 (kalashnikov), colpendo la leader dell'opposizione alla nuca. I due si sono poi fatti esplodere poco lontano e i soccorsi hanno tardato a raggiungere l'auto della Bhutto perché temevano un'altra esplosione.
LE REAZIONI - Alla notizia della morte di Benazir Bhutto, il Pakistan - un paese di 160 milioni di musulmani (fra sciiti e sunniti) e dotato di atomica - è piombato sull'orlo della guerra civile. Mentre i principali leader mondiali hanno condannato l'attacco, rivendicato da Al Qaeda, il presidente Pervez Musharraf, alleato-chiave degli Stati Uniti nella guerra al terrore, ha proclamato tre giorni di lutto nazionale (rimarranno chiusi scuole, banche e negozi), puntando il dito contro i terroristi islamici. Ma dal marito della vittima sono arrivate accuse opposte: «È opera del governo» ha commentato a caldo Asif Ali Zardari, poco prima di partire da Dubai, dove una parte della famiglia vive in esilio, alla volta del Pakistan (per partecipare ai funerali che si terranno venerdì a Larkana, città natale della Bhutto).
AL QAEDA - L'attentato è stato rivendicato da Al Qaeda. Secondo quanto ha dichiarato il principale portavoce dell'organizzazione terroristica Sheikh Saeed in un colloquio telefonico da una località sconosciuta con AKI-Adnkronos International, è stato il numero due della rete terroristica, Ayman Al Zawahiri, a ordinare l'uccisione della Bhutto. «Abbiamo eliminato il più importante asset nelle mani degli americani», ha detto lo sceicco. Secondo Sheikh Saeed, l'assassinio è stato realizzato da un militante della cellula terroristica Lashkar-i-Jhangvi del Punjab.
DISORDINI - Dopo la notizia dell'uccisione della Bhutto, si sono verificati incidenti in diverse località pachistane, con scontri e vittime. Migliaia di sostenitori del Partito del popolo (Ppp) dell'ex premier si sono diretti verso l'ospedale di Rawalpindi. I sostenitori della Bhutto hanno attaccato anche la polizia, tirando sassi contro gli agenti. Fuori dall'ospedale di Rawalpindi i 'fedelissimi' della Bhutto hanno iniziato a intonare slogan contro il presidente Musharraf. A Karachi, città natale della Bhutto, i sostenitori del Ppp hanno occupato le strade della città, incendiato copertoni e lanciato sassi contro le automobili: negli scontri sarebbero morte dieci persone. Disordini anche a Peshawar, dove la polizia ha usato gas lacrimogeni e manganelli per disperdere una folla inferocita riunitasi spontaneamente.
L'APPELLO DI MUSHARRAF - Il presidente del Pakistan, Pervez Musharraf, ha rivolto un appello alla popolazione. Condannando l'attentato, Musharraf ha chiesto di mantenere la calma per affrontare «questa tragedia e continuare a combattere contro il terrorismo». E per la morte della Bhutto ha dichiarato tre giorni di lutto nazionale. SHARIF: VOTO DA BOICOTTARE - Ma quanto accaduto a Rawalpindi è destinato a condizionare fortemente le elezioni previste per il prossimo 8 gennaio. Musharraf, la cui popolarità è crollata negli ultimi mesi in seguito alla crescente violenza nel Paese, potrebbe decidere di rinviare il voto e imporre nuovamente lo stato d'emergenza revocato il 15 dicembre dopo sei settimane. L'ex primo ministro Nawaz Sharif, un altro leader dell'opposizione, ha già annunciato che il suo partito, la Lega musulmana del Pakistan, boicotterà le elezioni. Sharif ha inoltre invitato Musharraf a dimettersi immediatamente e ha sollecitato uno sciopero nazionale (nel giorno della morte della Bhutto, a "completare" il quadro, altre cinque persone sono rimaste uccise in un attacco contro un comizio al quale lo stesso Sharif avrebbe dovuto partecipare).
LE ULTIME PAROLE - La Bhutto, 54 anni, era sfuggita a un primo sanguinoso attentato a Karachi a ottobre, il giorno del suo rientro in patria dopo otto anni di esilio volontario. Il suo ritorno in Pakistan era avvenuto sulla base di un accordo per la spartizione del potere con Musharraf, voluto da Washington. Un patto che le aveva procurato molte critiche, anche all'interno del suo stesso partito, alla cui guida è rimasta con pugno di ferro, fino all'ultimo momento. Poco prima di essere uccisa, la Bhutto aveva parlato dei rischi che sapeva di correre: «Metto la mia vita in pericolo e sono qui perché credo che questo Paese sia in pericolo», aveva detto durante il comizio di Rawalpindi. Una specie di testamento.
Fonte: http://www.corriere.it/
27 dicembre 2007, (ultima modifica: 28 dicembre 2007)
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