Tratto dalla Repubblica di ROMA - Incarico a Franco Marini. Come previsto. Napolitano ha voluto fornire, come aveva promesso, le “motivazioni” della sua decisione. In sintesi: 1) prima della crisi c’era un dialogo sulla riforma elettorale, non si vede perché non possa dare frutti; 2) sciogliere le Camere è decisione “gravosa”, l’ultima che il presidente vorrebbe prendere; 3) sentiti i partiti emerge che quasi tutti vorrebbero una riforma del sistema elettorale, ma alcuni ritengono impossibile farla adesso; 4) il capo dello Stato ha quantomeno il dovere di provarci, Marini è la persona adatta; 5) Se qualcuno avesse dei dubbi, in questa scelta non c’è nulla di dilatorio. Incarico per la legge elettorale. Questo, insomma, ha deciso il capo dello Stato. Per la precisione si tratta di un incarico a “verificare le possibilità di consenso su un preciso progetto di riforma della legge elettorale e di sostegno ad un governo funzionale all’approvazione di quel progetto e all’assunzione delle decisioni più urgenti in alcuni campi”.LEGGI IL DISCORSO DI NAPOLITANOMarini accetta. Marini, forse non del tutto convinto, lascia da parte i dubbi e assicura presidente e paese che ci proverà con tutte le sue forze nonostante sappia benissimo “che l’incarico è gravoso”. Da domani si mette in pista. Dal centrosinistra avrà tutto il sostegno, dal centro, almeno, tutta l’attenzione. Casini e Mastella fanno sapere che prima di decidere ascolteranno. Il presidente Udc aggiunge che, comunque, “i margini sono stretti”. Da Forza Italia, Lega e An (magari con sfumature diverse) un bel “niet”: si andrà dal “tempo perso” allo “scusa, ma non adesso”. Marini sentirà, rifletterà e riferirà al capo dello Stato. Se ci saranno margini formerà il governo e andrà alle Camere a cercare la fiducia, altrimenti Napolitano dovrà sciogliere Camera e Senato e indire elezioni politiche presumibilmente per aprile. La giornata. E’ la sintesi della giornata. Il 29 gennaio, in questa crisi segna un punto di non ritorno. I margini, salvo ulteriori sorprese, si sono ridotti e le opzioni sul tappeto sono rimaste due: governo per la riforma elettorale e, come ha detto Napolitano, “per l’assunzione delle decisioni più urgenti in alcuni campi”, o elezioni. Marini, comunque, tenta la difficile avventura. La Consulta. Non è ancora uscito da Montecitorio dove è andato a consultarsi con il presidente della Camera Fausto Bertinotti che, dalla Consulta, gli arriva un non piccolo aiuto. La Corte Costituzionale, infatti, nel giudizio di ammissibilità dei referendum, ha detto che l’attuale “Porcellum” ha in sé non poche carenze. In particolare la Consulta sente il “dovere di segnalare al Parlamento l’esigenza di considerare con attenzione gli aspetti problematici di una legislazione che non subordina l’attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e/o di seggi”. Marini potrà mostrare la sentenza a Berlusconi (e, soprattutto, a Fini che il referendum l’ha sostenuto e lo sostiene) per dire: “Vedete? Si può andare al voto con questa roba?”. La chiamata al Quirinale. La prima metà della giornata è vissuta sull’attesa del tempo di riflessione di Giorgio Napolitano. Alle 15 arriva una prima nota dal Quirinale: “Il capo dello Stato ha convocato il presidente del Senato, Franco Marini, al Quirinale per le 17″. Chiaro che è la chiamata per l’incarico. Resta solo da vedere il contenuto della decisione di Napolitano. Scontato che Marini accetterà, magari solo per senso di responsabilità. Il colloquio. Il colloquio dura circa mezz’ora. Napolitano aveva poche cose da dire che Marini già non sapesse o non avesse capito. Il presidente del Senato sapeva benissimo che, al di là del suo pessimismo, non poteva sottrarsi a questo tentativo. Poco dopo le 17,30, esce il segretario generale del Quirinale Donato Marra e legge poche righe: “Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha conferito al presidente del Senato Franco Marini l’incarico di verificare la possibilità di consenso su una riforma della legge elettorale e di sostegno a un governo funzionale all’approvazione di tale riforma e all’assunzione delle decisioni più urgenti”. L’accettazione. Poi, i due protagonisti. Napolitano conferma, spiega il contenuto dell’incarico “finalizzato” a cercare una maggioranza sulla legge elettorale e fornisce le famose “motivazioni”. Marini accetta con poche parole: “So bene che si tratta di un impegno non semplice, anzi gravoso”. Il presidente del Senato sottolinea che “nelle attese dei cittadini c’è una attenzione forte per la modifica della legge elettorale”. Quindi assicura di affrontare questa sua missione “nei tempi più brevi possibili” e con “grande serietà“. “Ci metterò tutta la mia determinazione”, è la sua assicurazione finale. Marini fa sapere che comincia domani e, poi, si reca a Montecitorio per parlare con Bertinotti. I commenti delle forze politiche arrivano neanche troppo immediati. Di sicuro, sono tutti abbastanza scontati. Le reazioni. Tutte positive quelle del centrosinistra. Tutte o quasi negative dall’altra parte. Il primo è Bossi. Piuttosto netto: “Meno male che Napolitano ha dato solo un mandato esplorativo… Perchè qui stanno comunque cercando di far passare il tempo e adesso è il momento di dire basta ai giochi di prestigio”. Casini e Berlusconi, che, nel frattempo, si sono visti a Montecitorio, si affidano a un comunicato congiunto in cui promettono le riforme nella prossima legislatura. “Impegno a promuovere le riforme costituzionali necessarie ed utili al Paese con la convinzione che queste non possano essere realizzate nel solo perimetro di una parte politica. Poi, ciascuno per conto proprio, ribadiscono i rispettivi punti di vista. Berlusconi fa sapere che non c’è spazio e che dirà a Marini che si deve andare subito al voto. Casini assicura che ascolterà Marini ma che ritiene che i margini siano sempre più stretti. Sulla stessa linea Mastella e l’Udeur. Fini ci mette una lapidaria previsione: “E’ largamente prevedibile che il presidente Marini verificherà rapidamente l’insussistenza di qualsiasi possibilità di varare una legge elettorale largamente condivisa. Rimetterà il mandato e calerà il sipario”. Pochi minuti e arriva il giudizio di ammissibilità della Consulta che restituisce un po’ di speranza al tentativo di Marini. Colpo di scena serale. Baccini e Tabacci lasciano l’Udc in polemica con la linea Casini. E’ un atto che segna la nascita del Grande Centro, Marini ha qualche carta in più da giocare.
Fonte: http://www.repubblica.it/
Nessun commento:
Posta un commento