La Rivoluzione cubana compie 50 anni. Le auguriamo un buon compleanno, e naturalmente, altri cento ed oltre di questi giorni. Un'età importante, a cui è arrivata nonostante in molti, in vari tempi, ne avessero previsto crolli o inevitabili declini. Dopo la fine del socialismo reale, oppure dopo che Fidel, malato, ha dovuto abbandonare la carica di Presidente. Dopo l'attacco della Baia dei porci o i mille piani per rovesciare Fidel.
Invece la Rivoluzione cubana ha resistito. Senza questa resistenza oggi non avremo il risveglio di un intero continente, di quell'America latina a cui guardiamo con speranza perché si possa ricostruire un socialismo per il XXI secolo e un'alternativa al neoliberismo. Quell'America latina che dopo 500 anni vede riconoscere i diritti delle popolazioni native e vede paesi come il Venezuela, la Bolivia, l'Ecuador dotarsi di costituzioni democratiche e progressiste, frutto di una straordinaria partecipazione popolare e di uno scontro frontale con le borghesie e le oligarchie locali.
Cuba ha rappresentato un simbolo e un sogno per intere generazioni di rivoluzionari, non solo in America latina. E' stata per molti un rifugio, quando nel continente imperversavano gli aguzzini addestrati alla scuola del las americas e le dittature che dal Cile al Paraguay, dall'Argentina all'Uruguay, sostenute dagli Usa, incarceravano e uccidevano migliaia di giovani militanti.
Cuba è stata e resta un esempio di dignità, perché nonostante il blocco e l'isolamento, ha resistito negli anni piu difficili, quelli in cui era venuto a mancare di tutto a causa della scomparsa del commercio con l'Est, mantenendo le sue conquiste sociali, di cui giustamente si fa vanto nel mondo, come la sanità e l'istruzione. E' per queste ragioni che che 33 stati latino americani, con in testa il Brasile di Lula, hanno chiesto agli Stati Uniti la fine dell'embargo, e la riammissione di Cuba all'Oea.
Le varie amministrazioni statunitensi che si sono succedute, da 50 anni a questa parte, hanno non solo mantenuto, ma inasprito quel blocco economico e sociale che cerca di strangolare la rivoluzione fin dai suoi primi anni di vita. Addirittura, con criminale cinismo, gli Stati Uniti hanno persino negato una sospensione di tre mesi dell'embargo per poter rispondere all'emergenza in cui si è trovata l'isola dopo i tre uragani che fra agosto e settembre hanno prodotto danni immani e distruzioni. Un embargo che, anche se condannato per ben 17 volte di seguito da tutte le nazioni del mondo nell'assemblea dell'Onu (uniche eccezioni Usa, Israele e credo le isole Cayman insieme alle Fiji), rimane con tutta la sua durezza. Si calcolano danni per 225 mila milioni di dollari: una cifra enorme, per un'isola così piccola. Un blocco che oltre a colpire direttamente il popolo cubano, colpisce anche tutti quei paesi che con esso commerciano o hanno rapporti finanziari.
«L'indecenza dell'embargo americano a Cuba non è mai stato così evidente come adesso, dopo le conseguenze di tre devastanti uragani. Le necessità del popolo cubano non sono mai state così disperate. L'embargo è semplicemente disumano e totalmente improduttivo». Così Sean Penn commentava gli effetti del blocco economico, finanziario e commerciale, a margine dell'intervista al presidente cubano Raul Castro, pubblicata dal nostro giornale lo scorso 28 novembre. E' il segno, forse, che anche negli Stati Uniti cominciano a maturare i tempi per una messa in discussione del micidiale blocco nei confronti dell'isola ribelle.
Come ricorda Fidel Castro, Cuba e la sua rivoluzione hanno visto succedersi ben 10 presidenti degli Stati Uniti e si preparano all'undicesimo, quello sul quale si condensano le maggiori speranze di un cambiamento nei confronti del criminale embargo, Barack Obama. Nelle scorse settimane, il presidente cubano Raul Castro ha inoltre proposto agli Stati Uniti di liberare i cinque agenti cubani nelle carceri Usa in cambio della liberazione di tutti i dissidenti. La speranza è che questa occasione non vada perduta, e che gli Usa possano finalmente permettere all'isola grande di poter liberamente scegliere il proprio futuro, difendendo la propria sovranità e autonomia, la sua opzione per il socialismo.
E' proprio per questo, e per rinnovare la nostra piena solidarietà al popolo e alla Rivoluzione Cubana, che abbiamo deciso, come Prc, di lanciare una campagna nazionale contro il blocco e per la raccolta fondi per gli uragani. Cuba è arrivata a questo importante compleanno perché ha saputo cambiare, riconoscere i propri errori ed innovare. Siamo sicuri che saprà di nuovo sorprendere, come ha fatto fino ad oggi, nel rispondere anche ai problemi che la attraversano ora. Ma oggi ci piace ricordare la forza di quell'utopia. Perché è nella forza delle sue idee, che Cuba è riuscita a resistere. E perché la sua è un'utopia ancora necessaria, nel tempo in cui la crisi del capitalismo globalizzato ci chiede di continuare a lottare, resistere e sperare, con la stessa forza che animò chi, 50 anni fa, ebbe il coraggio di tentare l'impossibile. Quei ragazzi barbuti - Fidel, Che, Camilo, Raul (e vorremmo qui ricordarlo, Gino Donè) - le cui gesta rimangono un simbolo di dignità e di speranza per il mondo intero.
Invece la Rivoluzione cubana ha resistito. Senza questa resistenza oggi non avremo il risveglio di un intero continente, di quell'America latina a cui guardiamo con speranza perché si possa ricostruire un socialismo per il XXI secolo e un'alternativa al neoliberismo. Quell'America latina che dopo 500 anni vede riconoscere i diritti delle popolazioni native e vede paesi come il Venezuela, la Bolivia, l'Ecuador dotarsi di costituzioni democratiche e progressiste, frutto di una straordinaria partecipazione popolare e di uno scontro frontale con le borghesie e le oligarchie locali.
Cuba ha rappresentato un simbolo e un sogno per intere generazioni di rivoluzionari, non solo in America latina. E' stata per molti un rifugio, quando nel continente imperversavano gli aguzzini addestrati alla scuola del las americas e le dittature che dal Cile al Paraguay, dall'Argentina all'Uruguay, sostenute dagli Usa, incarceravano e uccidevano migliaia di giovani militanti.
Cuba è stata e resta un esempio di dignità, perché nonostante il blocco e l'isolamento, ha resistito negli anni piu difficili, quelli in cui era venuto a mancare di tutto a causa della scomparsa del commercio con l'Est, mantenendo le sue conquiste sociali, di cui giustamente si fa vanto nel mondo, come la sanità e l'istruzione. E' per queste ragioni che che 33 stati latino americani, con in testa il Brasile di Lula, hanno chiesto agli Stati Uniti la fine dell'embargo, e la riammissione di Cuba all'Oea.
Le varie amministrazioni statunitensi che si sono succedute, da 50 anni a questa parte, hanno non solo mantenuto, ma inasprito quel blocco economico e sociale che cerca di strangolare la rivoluzione fin dai suoi primi anni di vita. Addirittura, con criminale cinismo, gli Stati Uniti hanno persino negato una sospensione di tre mesi dell'embargo per poter rispondere all'emergenza in cui si è trovata l'isola dopo i tre uragani che fra agosto e settembre hanno prodotto danni immani e distruzioni. Un embargo che, anche se condannato per ben 17 volte di seguito da tutte le nazioni del mondo nell'assemblea dell'Onu (uniche eccezioni Usa, Israele e credo le isole Cayman insieme alle Fiji), rimane con tutta la sua durezza. Si calcolano danni per 225 mila milioni di dollari: una cifra enorme, per un'isola così piccola. Un blocco che oltre a colpire direttamente il popolo cubano, colpisce anche tutti quei paesi che con esso commerciano o hanno rapporti finanziari.
«L'indecenza dell'embargo americano a Cuba non è mai stato così evidente come adesso, dopo le conseguenze di tre devastanti uragani. Le necessità del popolo cubano non sono mai state così disperate. L'embargo è semplicemente disumano e totalmente improduttivo». Così Sean Penn commentava gli effetti del blocco economico, finanziario e commerciale, a margine dell'intervista al presidente cubano Raul Castro, pubblicata dal nostro giornale lo scorso 28 novembre. E' il segno, forse, che anche negli Stati Uniti cominciano a maturare i tempi per una messa in discussione del micidiale blocco nei confronti dell'isola ribelle.
Come ricorda Fidel Castro, Cuba e la sua rivoluzione hanno visto succedersi ben 10 presidenti degli Stati Uniti e si preparano all'undicesimo, quello sul quale si condensano le maggiori speranze di un cambiamento nei confronti del criminale embargo, Barack Obama. Nelle scorse settimane, il presidente cubano Raul Castro ha inoltre proposto agli Stati Uniti di liberare i cinque agenti cubani nelle carceri Usa in cambio della liberazione di tutti i dissidenti. La speranza è che questa occasione non vada perduta, e che gli Usa possano finalmente permettere all'isola grande di poter liberamente scegliere il proprio futuro, difendendo la propria sovranità e autonomia, la sua opzione per il socialismo.
E' proprio per questo, e per rinnovare la nostra piena solidarietà al popolo e alla Rivoluzione Cubana, che abbiamo deciso, come Prc, di lanciare una campagna nazionale contro il blocco e per la raccolta fondi per gli uragani. Cuba è arrivata a questo importante compleanno perché ha saputo cambiare, riconoscere i propri errori ed innovare. Siamo sicuri che saprà di nuovo sorprendere, come ha fatto fino ad oggi, nel rispondere anche ai problemi che la attraversano ora. Ma oggi ci piace ricordare la forza di quell'utopia. Perché è nella forza delle sue idee, che Cuba è riuscita a resistere. E perché la sua è un'utopia ancora necessaria, nel tempo in cui la crisi del capitalismo globalizzato ci chiede di continuare a lottare, resistere e sperare, con la stessa forza che animò chi, 50 anni fa, ebbe il coraggio di tentare l'impossibile. Quei ragazzi barbuti - Fidel, Che, Camilo, Raul (e vorremmo qui ricordarlo, Gino Donè) - le cui gesta rimangono un simbolo di dignità e di speranza per il mondo intero.
Fonte: http://www.rifondazionemottola.it
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