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venerdì 25 aprile 2008

Mahatma Gandhi...in breve chi era il grande mistico che ha liberato l'India dalla colonizzazione Inglese!

Mohandas Karamchard Gandhi, detto il Mahatma (in sanscrito significa Grande Anima, soprannome datogli dal poeta indiano R. Tagore), è il fondatore della nonviolenza e il padre dell'indipendenza indiana. Il nome Gandhi in lingua indiana significa 'droghiere': la sua famiglia dovette esercitare per un breve periodo un piccolo commercio di spezie. Nato il 2 ottobre 1869 a Portbandar in India, dopo aver studiato nelle università di Ahmrdabad e Londra ed essersi laureato in giurisprudenza, esercita brevemente l'avvocatura a Bombay. Di origini benestanti, nelle ultime generazioni la sua famiglia ricoprì alcune cariche importanti nelle corti del Kathiawar, tanto che il padre Mohandas Kaba Gandhi era stato primo ministro del principe Rajkot. I Gandhi tradizionalmente erano di religione Vaishnava; appartenevano cioè ad una setta Hindù con particolare devozione per Vishnù. Nel 1893 si reca in Sud Africa con l'incarico di consulente legale per una ditta indiana: vi rimarrà per ventuno anni. Qui si scontra con una realtà terribile, in cui migliaia di immigrati indiani sono vittime della segregazione razziale. L'indignazione per le discriminazioni razziali subite dai suoi connazionali (e da lui stesso) da parte delle autorità britanniche, lo spingono alla lotta politica. Il Mahatma si batte per il riconoscimento dei diritti dei suoi compatrioti e dal 1906 lancia, a livello di massa, il suo metodo di lotta basato sulla resistenza nonviolenta, denominato anche Satyagraha: una forma di non-collaborazione radicale con il governo britannico, concepita come mezzo di pressione di massa. Gandhi giunge all'uguaglianza sociale e politica tramite le ribellioni pacifiche e le marce. Alla fine il governo sudafricano attua importanti riforme a favore dei lavoratori indiani: eliminazione di parte delle vecchie leggi discriminatorie, riconoscimento ai nuovi immigrati della parità dei diritti e validità dei matrimoni religiosi. Nel 1915 Gandhi torna in India dove circolano già da tempo fermenti di ribellione contro l'arroganza del dominio britannico, in particolare per la nuova legislazione agraria, che prevedeva il sequestro delle terre ai contadini in caso di scarso o mancato raccolto, e per la crisi dell'artigianato. Diventa il leader del Partito del Congresso, partito che si batte per la liberazione dal colonialismo britannico. Nel 1919 prende il via la prima grande campagna satyagraha di disobbedienza civile, che prevede il boicottaggio delle merci inglesi e il non-pagamento delle imposte. Il Mahatma subisce un processo ed è arrestato. Viene tenuto in carcere pochi mesi, ma una volta uscito riprende la sua battaglia con altri satyagraha. Nuovamente incarcerato e poi rilasciato, Gandhi partecipa alla Conferenza di Londra sul problema indiano, chiedendo l'indipendenza del suo paese. Del 1930 è la terza campagna di resistenza. Organizza la marcia del sale: disobbedienza contro la tassa sul sale, la più iniqua perché colpiva soprattutto le classi povere. La campagna si allarga con il boicottaggio dei tessuti provenienti dall'estero. Gli inglesi arrestano Gandhi, sua moglie e altre 50.000 persone. Spesso incarcerato anche negli anni successivi, la "Grande Anima" risponde agli arresti con lunghissimi scioperi della fame (importante è quello che egli intraprende per richiamare l'attenzione sul problema della condizione degli intoccabili, la casta più bassa della società indiana). All'inizio della Seconda Guerra Mondiale Gandhi decide di non sostenere l'Inghilterra se questa non garantirà all'India l'indipendenza. Il governo britannico reagisce con l'arresto di oltre 60.000 oppositori e dello stesso Mahatma, che è rilasciato dopo due anni. Il 15 agosto 1947 l'India conquista l'indipendenza. Gandhi vive questo momento con dolore, pregando e digiunando. Il subcontinente indiano è diviso in due stati, India e Pakistan, la cui creazione sancisce la separazione fra indù e musulmani e culmina in una violenta guerra civile che costa, alla fine del 1947, quasi un milione di morti e sei milioni di profughi. L'atteggiamento moderato di Gandhi sul problema della divisione del paese suscita l'odio di un fanatico indù che lo uccide il 30 gennaio 1948, durante un incontro di preghiera.


Yasser Arafat...in breve chi era l'uomo che ha fondato l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP)!

Esiste una disputa sul giorno e sul luogo di nascita di Yasser Arafat, il quale affermava di essere nato il 4 agosto 1929 a Gerusalemme, mentre il certificato di nascita ufficiale afferma che sia nato in Egitto, a Il Cairo, il 24 agosto 1929. Arafat nasce in una importante famiglia originaria di Gerusalemme, gli Husseini. Il suo vero e completo nome è Mohammed Abd al-Rahman Abd al-Raouf Arafat ma è stato anche conosciuto con un altro appellativo, quello usato in guerra, ossia Abu Ammar. Il padre era un commerciante di successo, la madre muore quando lui ha solo quattro anni. Trascorre l'infanzia al Cairo, poi a Gerusalemme presso uno zio. Entra da subito nelle fazioni in lotta contro la costituzione dello Stato israeliano. Diciannovenne, prende parte attiva alla lotta palestinese. Intanto studia ingegneria civile all'università del Cairo dove, nel 1952, si unisce alla Fratellanza musulmana e alla Lega degli studenti palestinesi di cui diviene anche il presidente. Consegue il diploma di laurea nel 1956. Allo scoppio della guerra per il controllo del canale di Suez è sottotenente dell'esercito egiziano. Ormai facente parte del gruppo di leader del nascente movimento palestinese è un personaggio scomodo, ricercato dalle autorità israeliane. Per evitare l'arresto abbandona l'Egitto per il Kuwait dove nel 1959 fonda, con altri importanti componenti delle fazioni ribelli, "al-Fatah". L'organizzazione riesce a convogliare nelle sue fila centinaia di giovani palestinesi e a creare un movimento consistente ed incisivo. Dopo la sconfitta nella guerra araba contro Israele nel 1967, al-Fatah converge nell'OLP, "l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina": nel febbraio 1969 Yasser Arafat diventa presidente del Comitato Esecutivo del Consiglio Nazionale della Palestina. Con il suo carisma e la sua abilità politica Arafat indirizza l'OLP verso la causa palestinese allontanandola dai disegni panarabi. Allo stesso tempo la crescita del suo ruolo politico corrisponde a maggiori responsabilità militari: nel 1973 diventa Comandante in capo dei gruppi armati palestinesi. Nel luglio 1974 Arafat decide una svolta importante dell'OLP, rivendicando per il popolo palestinese il diritto all'autodeterminazione e alla creazione di uno Stato palestinese; a novembre, in uno storico discorso all'Assemblea delle Nazioni Unite, Arafat chiede una soluzione pacifica, politica, per la Palestina, ammettendo implicitamente l'esistenza di Israele. Nel 1983, nel pieno svolgimento della guerra civile libanese, sposta il quartier gnerale dell'OLP da Beirut a Tunisi e, nel novembre di cinque anni più tardi, proclama lo Stato indipendente di Palestina. Chiede inoltre il riconoscimento delle risoluzioni ONU e chiede di aprire un negoziato con Israele. Nell'aprile 1989 è eletto dal Parlamento palestinese primo Presidente dello Stato che non c'è, lo Stato di Palestina. E' un periodo rovente, che vede l'esplosione delle sue tensioni sotterranee nella Guerra del Golfo, scatenata nel 1990 dagli Stati Uniti contro Saddam Hussein, reo di aver proditoriamente invaso il vicino Kuwait. Arafat stranamente - forse accecato dall'odio nei confronti dell'Occidente e soprattutto nei confronti degli Stati Uniti - si schiera proprio con Saddam. Una "scelta di campo" che gli costerà cara e di cui lo stesso Arafat avrà di cui pentirsi, soprattutto alla luce degli avvenimenti legati all'attentato alle Torri Gemelle dell'11 Settembre 2001. La mossa attira su di lui sospetti consistenti di avere le mani in pasta nelle frange terroristiche che pullulano in Medio Oriente. Da qui l'incrinarsi della sua credibilità come controparte sul piano delle trattative con Israele. Ad ogni modo, piaccia o non piaccia, Arafat è sempre rimasto l'unico interlocutore attendibile, a causa di un fatto molto semplice: è stata l'unica personalità che per anni i palestinesi hanno riconosciuto come loro portavoce (escludendo le solite frange estremiste). Pur essendo accusato da più parti di essere fomentatore del terrorismo e della linea integralista, per altri Arafat è sempre stato invece sinceramente dalla parte della pace. I negoziati fra Israele e palestinesi condotti da lui, d'altronde, hanno avuto una storia travagliata, mai conclusa. Un primo tentativo si fece con la conferenza per la pace in Medio Oriente a Madrid, poi con trattative segrete portate avanti dal 1992, fino agli accordi di Oslo del 1993. Nel dicembre dello stesso anno per Arafat arriva un importante riconoscimento dell'Europa: il leader palestinese è ricevuto come capo di Stato dal Parlamento europeo, al quale chiede che l'Unione diventi parte in causa del processo di pace. Un anno più tardi, nel dicembre 1994, riceve il Nobel per la pace ex aequo con importanti esponenti dello Stato israeliano, Yitzhak Rabin e Shimon Peres. Nel frattempo il leader palestinese si trasferisce a Gaza, dove guida l'Autorità Nazionale Palestinese (Anp). La sua eventuale successione, all'interno di un quadro che vede le istituzioni dell'Anp assai fragili e poco consolidate, delinea potenzialmente scenari da guerra civile palestinese che rischiano di alimentare ancora di più il terrorismo internazionale. In questa realtà, gruppi fondamentalisti e fautori del terrorismo più sanguinario come quelli di "Hamas" suppliscono all'assenza di uno Stato con attività di proselitismo, ma anche di assistenza, istruzione islamica e solidarietà fra famiglie. E' grazie a questa rete di supporto e di guida che Hamas riesce a condizionare i suoi adepti fino a portarli al sacrificio di se stessi nelle famigerate azioni suicide. Sul piano della sicurezza dunque, sostiene lo stesso Arafat, non è possibile poter controllare tutte le frange di terroristi con un poliziotto ogni cinquanta palestinesi, in questo trovando supporto e consensi anche in parte dell'opinione pubblica israeliana. Alla fine di ottobre 2004 Arafat viene stato trasferito urgentemente a Parigi, in terapia intensiva, per curare il male che lo ha colpito. Nei giorni che hanno seguito il suo ricovero sono continuamente susseguite voci e smentite di una sua probabile leucemia, di sue varie perdite di conoscenza e su un coma irreversibile. La sua morte è stata annunciata dalla tv israeliana nel pomeriggio del 4 novembre, ma subito è nato un giallo perchè il portavoce dell'ospedale dove Arafat era ricoverato smentiva. In serata è stata ufficializzata dai medici la sua morte cerebrale. Dopo un frenetico susseguirsi di voci sulle sue condizioni nei giorni successivi, Yasser Arafat è morto alle 3:30 del giorno 11 novembre.


Mikhail Gorbaciov...in breve chi è l'uomo che è stato l'ultimo Presidente dell'Unione Sovietica e del PCUS!

Mikhail Gorbaciov nasce il 2 marzo 1931 da una famiglia di agricoltori nel villaggio di Privolnoye - Territorio di Stavropol - nel sud della repubblica russa. Nel 1950 si diploma ottenendo una medaglia di argento e viene ammesso all'Università Statale di Mosca dove frequenta la facoltà di legge, laureandosi nel 1955. Successivamente segue dei corsi per corrispondenza presso la Facoltà di Agraria dell'Università di Stavropol e nel 1967 aggiunge alla sua laurea in Legge una laurea in Economia agraria. Da studente universitario Mikhail Gorbaciov si iscrive al Partito Comunista dell'Unione Sovietica. Negli stessi anni incontra Raisa Titarenko, che sposerà poco dopo in una semplice cerimonia. Da quel momento Raissa sarà la persona più cara e vicina a Mikhail Gorbaciov, rimanendogli a fianco nel corso di tutta la sua carriera politica fino alla sua morte, avvenuta il 20 settembre 1999 che ha commosso tutto il mondo. Poco dopo il suo ritorno a Stavropol gli viene offerto un incarico nella locale associazione giovanile Komsomol che segna l'avvio della sua carriera politica. Nel 1970 viene eletto Primo Segretario del Comitato del Partito nel Territorio di Stavropol, l'incarico di massima responsabilità della zona. Nello stesso anno diviene membro del Comitato Centrale del PCUS (Partito Comunista dell'Unione Sovietica). Nel 1978 diventa uno dei Segretari e si trasferisce a Mosca. Due anni più tardi entra a far parte del Politburo del Comitato Centrale del PCUS, la massima autorità del partito e della nazione. Nel marzo del 1985 viene eletto Segretario Generale del Comitato Centrale del Partito, l'incarico più alto nella gerarchia di partito e nel paese. È Gorbaciov ad avviare il processo di cambiamento dell'Unione Sovietica che più avanti sarà definito "Perestroika", una radicale trasformazione della società e del paese, che genera un sostanziale mutamento nello scenario internazionale: il nuovo sistema di pensiero che viene associato al nome di Mikhail Gorbaciov gioca un ruolo fondamentale nel porre fine alla Guerra Fredda, arrestando la corsa agli armamenti ed eliminando il rischio di un conflitto nucleare. Il 15 marzo 1990 il Congresso dei rappresentanti del popolo dell'URSS - il primo parlamento costituito sulla base di libere, e contestate, elezioni nella storia dell'Unione Sovietica - elegge Gorbaciov Presidente dell'Unione Sovietica. Il 15 ottobre dello stesso anno gli viene assegnato il Premio Nobel per la Pace, a riconoscimento del suo fondamentale ruolo di riformatore e leader politico mondiale, e del fatto di avere contribuito a cambiare in meglio la natura stessa del processo mondiale di sviluppo. Il 25 dicembre 1991 Gorbaciov rassegna le sue dimissioni da Capo dello Stato. Dal gennaio del 1992 è Presidente della Fondazione Internazionale Non-Governativa per gli Studi Socio-Economici e Politici (la Fondazione Gorbaciov). Dal marzo 1993 è Presidente della "Green Cross International", organizzazione ambientalista internazionale indipendente, presente in più di 20 paesi. Ricopre anche l'incarico di Presidente del Partito Social Democratico Unito della Russia, fondato nel marzo del 2000. Mikhail Gorbaciov ha ottenuto l'Ordine della Bandiera Rossa del Lavoro, tre Ordini di Lenin insieme a molte altre onorificenze e riconoscimenti sovietici e internazionali, e a numerose lauree honoris causa da università di tutto il mondo. È autore di numerosi scritti pubblicati in raccolte di articoli e riviste e di vari saggi, tra i quali citiamo i seguenti: - A Time for Peace ("Tempo di pace", 1985) - The Coming Century of Peace ("Si avvicina un secolo di pace", 1986) - Peace Has no Alternative ("La pace non ha alternative", 1986) - Moratorium ("Moratoria", 1986) - Selected Speeches and Writings ("Scritti e discorsi scelti", in sette volumi, 1986-1990) - Perestroika: New Thinking for Our Country and the World (1987, Perestrojka, Mondadori, 1988) - The August Coup: Its Cause and Results ("Il colpo di stato di agosto", 1991) - December 91. My Stand ("Dicembre 1991. La mia posizione", 1992) - The Years of Hard Decisions ("Gli anni delle decisioni difficili", 1993) - Life and Reforms ("Vita e riforme", in due volumi, 1995) - Moral Lessons of the XX Century (dialogo con Daisaku Ikeda, pubblicato nel 1996 in tedesco, francese e italiano - Le nostre vie si incontrano all'orizzonte, Sperling&Kupfer - nel 2000 in russo) - On My Country and the World ("Sul mio paese e il mondo", 1998),


Boris Eltsin...in breve chi era l'uomo forte della nuova Democrazia Russa che ha distrutto l'Unione Sovietica del PCUS!

Lo statista russo Boris Eltsin nasce il giorno 1 febbraio 1931 in un umile paesino delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, dal nome sghembo ed irregolare di Bukta. Le sue doti intellettuali e la brillante capacità nelle materie scientifiche gli permettono di iscriversi al Politecnico degli Urali; gli studi intrapresi gli permetteranno in seguito di dedicarsi alla carriera nell'ambito dell'ingegneria delle costruzioni, anche se ben presto la passione politica prende in lui il sopravvento. Aderisce al Partito Comunista dell'Unione Sovietica nel 1961 e, grazie alla sua dialettica e al carisma trascinatore, diviene ben presto segretario per il partito della regione di Sverdlovsk. Sono ormai gli anni '70 e mentre tutto il mondo conosce processi contraddittori ma anche esaltanti, molti dei quali all'insegna dell'ideologia comunista, la Russia versa in una condizione drammatica di miseria e povertà, incapace di risollevarsi economicamente a causa della politica asfittica dei suoi dirigenti. L'immagine pubblica di Boris Eltsin in questo periodo appare un pò appannata ma, quello che sarà il principale avversario del riformatore Gorbaciov, viene introdotto nel Comitato Centrale proprio da quest'ultimo (per essere poi affiancato al nuovo segretario dell'economia Ryzhkov). Eltsin però scalpita e male si adatta a quel ruolo, seppur prestigioso. Nel 1985 lo troviamo promosso a capo della sezione moscovita del partito. Oratore dalla vena raffinata, portato a smussare gli angoli nella polemica verbale, così come nel concepire l'opera riformista, Boris Eltsin è però altrettanto testardamente deciso a combattere i meccanismi corrotti generati dalla politica moscovita, un immenso "organismo" burocratico che funziona praticamente a mazzette. Quando riesce a farsi eleggere al Politburo persegue lo stesso obiettivo con audace convinzione, ponendosi decisamente controcorrente rispetto all'"andazzo" dominante. Il momento veramente critico si manifesta nel 1987 quando ad una riunione plenaria del Comitato Centrale si scaglia contro i dirigenti del partito conservatore, accusandoli di remare contro l'importante riforma economica operata da Gorbaciov (la cosiddetta Perestroika); a causa di questo intervento infuocato, viene declassato all'umile grado di amministratore delle Poste. Il suo nome torna però alla ribalta nel 1989 quando viene eletto nel nuovo Congresso dei deputati dell'Unione Sovietica e, nel giugno del 1991, addirittura presidente della Federazione Russa. L'innovazione e le riforme introdotte da Mikhail Gorbaciov disturbavano assai i detentori del potere sovietico, tanto che questi ultimi giungono all'estrema conseguenza di ordire un colpo di stato ai suoi danni. Eltsin però riesce a dissuadere i conservatori dal gesto sconsiderato, con la conseguenza diretta che la sua influenza politica cresce enormemente. Tuttavia la crisi russa si amplifica ulteriormente per via dell'unità ormai incrinata che tiene in piedi il paese e che da lì a poco si sarebbe risolta in una frattura interna, e che porterà alla costituzione di numerosi stati satellite. Malgrado ciò l'azione riformatrice di Eltsin non conosce sosta, seppur continuamente ed apertamente osteggiata, come detto, dagli esponenti conservatori della gerarchia sovietica. Indìce quindi un referendum per tastare l'opinione pubblica circa i suoi progetti, proponendo nell'occasione una nuova costituzione per la Russia. Negli ultimi anni della sua presidenza la popolarità e il consenso subiscono un grave colpo per via della persistente crisi economica da cui la Russia sembra proprio non potersi sollevare, e per le decisioni prese in relazione alla Cecenia, che porteranno alla guerra e al duro contrasto con gli indipendentisti di quella terra. Nell'agosto del 1999, iniziata la seconda guerra in Cecenia, Eltsin nomina premier e suo "erede" Vladimir Putin. Alla fine dell'anno si dimetterà passando il potere a Putin. Negli anni non si sono potuti tacere i gravi problemi di salute che hanno sempre afflitto Eltsin (alcuni malignamente attribuiti all'abuso di alcool), e che hanno costituito di fatto il suo maggior problema durante il governo del 1997. Boris Eltsin è morto all'età di 76 anni il giorno 23 aprile 2007, a causa di complicazioni cardiache.


Kim Jong Il...in breve chi è l'uomo forte del Comunismo Nord-Coreano!

Capo assoluto dell'attuale Corea del Nord, le origini di Kim Jong Il sono avvolte da una coltre di sostanziale mistero. Alcuni ricercatori molto attendibili dicono che sia nato in una regione all'Estremo Oriente dell'Unione Sovietica il 16 febbraio 1942. Suo padre, Kim Il Sung, era fuggito proprio in Unione Sovietica quando i giapponesi avevano messo una taglia sulla sua testa per le attività guerrigliere nella Corea occupata. La famiglia tornò nel nord della penisola dopo che i giapponesi si arresero alla fine della Seconda Guerra Mondiale e il dittatore sovietico Stalin incoronò Kim Il Sung leader della Repubblica Popolare Democratica di Corea. Il fratello minore di Kim Jong Il annegò che era ancora un bambino, la madre morì che lui aveva sette anni. Poco dopo esplose la Guerra di Corea e lui venne mandato in Manciuria, da dove tornò tre anni dopo, a conflitto concluso. Nonostante questi inizi Kim Jong Il cresce per lo più tra agi e lussi. In qualità di primogenito di un dittatore dal pugno di ferro "era probabile che le porte più importanti si sarebbero aperte per lui fin dalla più giovane età", ha fatto notare il professor Dae. Kim Il Sung nomina formalmente successore il figlio nel 1980. A Kim Jong Il vengono dati posti di rilievo nel Politburo, nella Commissione militare e nella Segreteria del Partito. Assume il titolo di "Caro leader" e il governo comincia a costruire intorno a lui un culto della personalità ricalcato sull'esempio di quello paterno, il "Grande leader". Al giovane Kim viene attributo l'ordine dato ad agenti nordcoreani di compiere due attentati. In realtà nessuna prova lega direttamente Kim Jong Il agli attentati e numerosi analisti ritengono che il padre Kim Il Sung, ancora per tutti gli anni '80, abbia tenuto saldamente in mano la politica internazionale nordcoreana, lasciando invece al figlio un maggior potere negli affari interni. Dopo la laurea all'Università di Pyongyang, nel 1964, Kim Jong Il assume il ruolo di zar culturale del Partito dei lavoratori, con particolare attenzione per la produzione editoriale e cinematografica. La sua ossessione per i film provoca uno dei fatti più strani che lo riguardino: il rapimento, nel 1978, dell'attrice sudcoreana Choi En-hui e del marito, il regista Shing Sang-ok. Il racconto che la coppia farà di quella esperienza, dopo essere riuscita a fuggire nel 1986, sembra quasi la sceneggiatura di un mediocre film. Nel 1991 Kim Jong Il diviene comandante in capo del potente esercito nordocoreano, l'ultimo passo di un lungo processo di attribuzione di poteri. Tre anni più tardi (1994) l'ottantaduenne Kim Il Sung muore improvvisamente d'infarto. Il Paese perde il suo venerato padre fondatore: molti predicono un rapido crollo della Corea del Nord. Pochi anni prima le sue potenti alleanze si erano dissolte con la caduta del blocco sovietico e lo spostamento della Cina verso un sistema di mercato. Una serie di alluvioni, accompagnate da un sistema agricolo di proprietà statale del tutto inefficiente, erosero le riserve alimentari del paese portandolo alla carestia. Non ci poteva essere momento peggiore per sostituire l'unico leader che la Corea del Nord avesse mai conosciuto. Dopo gli elaborati funerali pubblici del padre, Kim Jong Il sparisce dalla scena alimentando in questo modo numerose voci, tuttavia riuscirà rapidamente a consolidare il suo potere. Nella nuova struttura di governo da lui organizzata il posto di presidente occupato dal padre viene lasciato vacante; Kim Jong Il assume il titolo di segretario generale del Partito dei lavoratori e Presidente della Commissione di difesa nazionale. Secondo il professor Dae "è quanto meno una struttura di governo singolare. Rende onore all'eredità del padre, ma il nuovo governo è il governo di Kim Jong Il ed è piuttosto diverso da quello del padre". Il particolare stalinismo di Kim Il Sung, intriso di filosofia "juche" (termine che si può tradurre approsimativamente con "autosufficienza") viene messo in secondo piano dalla più militante "politica della bandiera rossa" introdotta da Kim Jong Il nel 1996. La profondità dei cambiamenti è clamorosamente illustrata nel 1997 dalla fuga di Hwang Jang Yop, ideatore della filosofia "juche" e primo esponente di alto livello nordcoreano a chiedere asilo in Corea del Sud. Nonostante abbia lanciato un missile contro il Giappone nel 1999 e nonostante siano accaduti altri incidenti, la Corea del Nord di Kim Jong Il ha anche inviato segnali di essere pronta a nuove alleanze dopo decenni di isolamento. Miliardi di dollari in aiuti internazionali sono stati lanciati a pioggia sulla Corea del Nord senza che questa abbia fatto qualcosa in cambio. Molti analisti sono dunque arrivati alla conclusione che Kim Jong Il non abbia fatto altro che giocare le sue carte con grande abilità. "Io tendo a non non dar retta alle voci che lo descrivono come un uomo irrazionale e con il quale nessuno può fare affari", ha detto Alexander Mansourov, per lungo tempo studioso della Corea ed ex diplomatico russo inviato a Pyongyang sul finire degli anni '80. "Credo che sia intelligente, pragmatico. E penso possa essere anche privo di scrupoli. E' un uomo che non vuole in nessun modo perdere la presa sulle persone che lo circondano". In questa fase, ha aggiunto Mansourov, Kim Jong Il sta mostrando di avere solo un progetto di breve periodo. "E' la sopravvivenza. Non vedo segni di una strategia di lungo termine, ma penso che cambierà. L'economia sta migliorando, o almeno questo è quanto la Corea del Nord vuole farci credere". E' facile da fuori demonizzare Kim Jong Il, un dittatore che spende il 25% (o forse più) del prodotto interno del suo Paese per l'apparato militare mentre il Paese muore di fame. Ma nella Corea del Nord chiusa alle influenze esterne, spaventata dalle minacce dei suoi vicini e soggetta a decenni di socializzazione politica calati su una lunga tradizione gerarchica, Kim Jong Il è considerato in modo positivo da molte persone, afferma Han S. Park, del Center for Study of Global Issue. "Il livello di venerazione per Kim Jong Il in Corea del Nord è sottostimato all'esterno - sostiene Park - Molti lo ritengono non solo un leader di grande livello, ma un uomo degno e di alto profilo morale. Se sia vero o meno non importa se si vuole avere a che fare con la Corea del Nord. Bisogna capire il loro sistema mentale: la percezione è la realtà". I media nord-coreani presentano Kim Jong Il come un uomo straordinario dai mille interessi e lo hanno paragonato addirittura a Leonardo Da Vinci: pare abbia scritto poesie e composto musica. Ha inoltre un grande interesse per le scienze. Il dittatore ha avuto tre mogli, di cui una russa. La terza, un'ex attrice, è fuggita all'estero. Con lei ha avuto un figlio, Kim Nam Jong, che era stato designato erede, ma che a 20 anni era già un alcolizzato. Nessuno sa che fine abbia fatto. Nel 2006 trapela la notizia - senza che venga smentita dalle fonti ufficiali - che la sua segretaria sia la sua nuova compagna; la cosa curiosa è che lo sarebbe fin dagli anni '80. Vi sono molte leggende alimentate dal mistero che circondano l'immagine di Kim Jong Il, segretario generale del Partito dei lavoratori nordcoreano, comandante supremo delle Forze armate, presidente della commissione per la difesa nazionale, ma non ufficialmente capo dello Stato perché la "presidenza eterna" resta al padre Kim Il Sung, il "Grande leader", morto il 9 luglio 1994.


La Repubblica Italiana...in breve com'è nato il nostro sistema partitico-politico-parlamentare!

Il 2 giugno 1946 gli italiani votano il referendum popolare per decidere tra repubblica e monarchia. Il 54,3% degli elettori sceglie la repubblica, con un margine di appena 2 milioni di voti, decretando la fine della monarchia e l'esilio dei Savoia. Il processo che portò al successo della repubblica fu lungo e travagliato e getta le sue radici nel ventennio successivo, segnato dall'esperienza del fascismo. La prima tappa è costituita dalla destituzione e dal successivo arresto di Benito Mussolini il 25 luglio 1943. Dopo la caduta del tiranno, Vittorio Emanuele III affida al maresciallo Pietro Badoglio l'incarico di formare il nuovo governo, che rimarrà in carica fino al 22 aprile 1944, quando sarà sostituito da un nuovo governo, sempre però guidato dallo stesso Badoglio. Anche questo esecutivo avrà vita assai breve. Il 4 giugno 1944, infatti, gli alleati entrano a Roma e il giorno seguente Badoglio rassegna le dimissioni, per poi riottenere l'incarico dal luogotenente in carica quel momento. Il "Comitato di liberazione nazionale" (nato ufficialmente a Roma il 9 settembre 1943, e composto dai rappresentanti di tutti i partiti antifascisti), protesta, sia perché la nomina è stata effettuata dal luogotenente, sia perché Badoglio è personaggio troppo compromesso con il passato regime. Il Comitato (chiamato anche con formula abbreviata "Cnl"), ottiene così la nomina del proprio presidente, il demolaburista Bonomi (con l'assenso americano e l'opposizione inglese). Il nuovo governo, al quale partecipano tutti i partiti antifascisti è reso possibile anche dalla cosiddetta svolta di Salerno, con la quale il leader comunista Palmiro Togliatti propone di rinviare la soluzione della questione istituzionale del futuro della monarchia, a vantaggio della soluzione di governi di unità nazionale per fronteggiare l'esigenza del momento, costituita "in primis" dalla fine della guerra e dall'urgenza di avviare la ricostruzione. Nel frattempo riprende la normale dialettica tra le forze politiche, vecchie e nuove, con le prime forti contrapposizione tra partiti di sinistra e quelli cattolici e liberali. Com'è fisiologico, non mancano contrasti e divergenze di vedute, e già durante la fase dei governi di unità nazionale si cominciano a mettere a punto gli strumenti per il successivo scontro elettorale. Il 2 giugno 1946, oltre al referendum istituzionale tra monarchia e repubblica, gli elettori votano anche per eleggere l'Assemblea Costituente, che dovrà ridisegnare l'impianto istituzionale italiano. Le urne daranno i seguenti risultati (che oltretutto testimoniano per la prima in modo inequivocabile quale sia la reale forze di ogni singolo partito all'interno della società): DC 35,2%, PSI 20,7%, PCI 20,6%, UDN 6,5%, Uomo Qualunque 5,3%, PRI 4,3%, Blocco nazionale delle libertà 2,5%, Pd'A 1,1%. Il primo verdetto delle urne mette quindi in luce la doppia sconfitta del PCI, che fallisce gli obiettivi di ottenere la maggioranza del blocco delle sinistre sui partiti di centro-destra e quello di avere più voti del PSI. La Democrazia Cristiana, d'altro canto, deve fare i conti con la sorprendente affermazione dell'"Uomo Qualunque" di Guglielmo Giannini, un movimento politico anomalo che si era costituito in base ai proclami del giornale omonimo, caratterizzato da una polemica sfiducia nelle istituzioni statali e nei partiti politici e da una tendenza genericamente conservatrice, in nome di una gestione non ideologica del potere (da qui la nascita del neologismo "qualunquista" per indicare un atteggiamento di svalutazione di qualsiasi impegno ideologico e politico). Questo riscontro di un partito non-partito come quello di Giannini, preoccupava non poco i vertici della Democrazia Cristiana come esemplare testimonianza dei numerosi cattolici che non si riconoscevano nel programma del leader DC Alcide De Gasperi. I governi di unità nazionale, comunque, durano fino al maggio del 1947, dopo due governi Bonomi (18 giugno-12 dicembre 1944 e 12 dicembre 1944-19 giugno 1945), un governo Parri (20 giugno ? 24 novembre 1945, frutto dell'irruzione sulla scena politica nazionale delle forze del Cln-Alta Italia, dopo la liberazione dell'Italia settentrionale) e tre governi guidati dallo stesso leader democristiano. Le successive e celebri elezioni del '48 inaugurano invece la stagione del centrismo democristiano, con un PCI e poi PSI eternamente all'opposizione per i successivi cinquant'anni. Inizia così, appunto, la fase della rigida contrapposizione tra DC e PCI (e più in generale, tra comunismo e anticomunismo), anche in conseguenza di quanto stava accadendo a livello internazionale con l'inizio della Guerra Fredda. Nello stesso tempo, l'Italia dimostra una formidabile capacità di ripresa tanto che, come un'araba fenice che risorge dalle sue ceneri, da lì a poco darà vita alla stagione del "miracolo economico", che trasformerà profondamente l'economia e la società nel suo complesso.



Enrico De Nicola 1946 - 1948 Già Capo provvisorio dello Stato dal 28 giugno 1946, ha esercitato le attribuzioni ed ha assunto il titolo di Presidente della Repubblica dal 1° gennaio 1948, a norma della I delle disposizioni finali e transitorie della Costituzione.


Luigi Einaudi 1948 - 1955 Eletto l'11 maggio 1948 al 4° scrutinio, ha prestato giuramento il 12 maggio 1948.


Giovanni Gronchi 1955 - 1962 Eletto il 29 aprile 1955 al 4° scrutinio, ha prestato giuramento l'11 maggio 1955. Antonio Segni 1962 - 1964 Eletto il 6 maggio 1962 al 9° scrutinio, ha prestato giuramento l'11 maggio 1962. Si è dimesso dalla carica il 6 dicembre 1964.


Giuseppe Saragat 1964 - 1971 Eletto il 28 dicembre 1964 al 21° scrutinio, ha prestato giuramento il 29 dicembre 1964.


Giovanni Leone 1971 - 1978 Eletto il 24 dicembre 1971 al 23° scrutinio, ha prestato giuramento il 29 dicembre 1971. Si è dimesso dalla carica il 15 giugno 1978.


Alessandro Pertini 1978 - 1985 Eletto l'8 luglio 1978 al 16° scrutinio, ha prestato giuramento il 9 luglio 1978. Si è dimesso dalla carica il 29 giugno 1985.


Francesco Cossiga 1985 - 1992 Eletto il 24 giugno 1985 al 1° scrutinio, ha prestato giuramento il 3 luglio 1985. Si è dimesso dalla carica il 28 aprile 1992.


Oscar Luigi Scalfaro 1992 - 1999 Eletto il 25 maggio 1992 al 16° scrutinio, ha prestato giuramento ed è entrato in carica il 28 maggio 1992. Si è dimesso dalla carica il 25 maggio 1999.


Carlo Azeglio Ciampi 1999 - 2006 Eletto il 13 maggio 1999 al 1° scrutinio, ha prestato giuramento il 18 maggio 1999. Si è dimesso dalla carica il 15 maggio 2006.


Giorgio Napolitano, dal 2006 Eletto il 10 maggio 2006 al 4° scrutinio con 543 voti su 990, ha prestato giuramento il 15 maggio 2006.




Slobodan Milosevic...in breve chi era l'uomo forte dei Balcani che ha distrutto la Yugoslavia Comunista di Tito!

Slobodan Milosevic nasce il 20 agosto 1941 nella città di Pozarevac nella Repubblica di Serbia. Nel 1964 ottiene la laurea in legge all'università di Belgrado e inizia la propria carriera nei settori amministrativo e bancario. Entra giovanissimo nella Lega dei comunisti. Mentre è a Belgrado a studiare il padre si suicida. Undici anni dopo, la madre farà lo stesso. Anche lo zio materno, ex generale, si suicida. Queste tragedie segnano profondamente il giovane Slobodan. Terminata l'università si iscrive al Partito comunista: è il percorso obbligato per fare carriera nella Jugoslavia di Tito. Milosevic diventa funzionario della "Tehnogas" di Belgrado, una delle più grandi compagnie industriali della Serbia. Passa poi alla guida della Beobanka, il principale istituto di credito del Paese. Viaggia spesso e soggiorna a lungo negli USA. Impara i segreti della finanza e affina il suo inglese. Sposato e con due figli, Marija e Marko, la moglie Mirjana Markovic, è un'affermata professoressa all'università di Belgrado ed è membro dell'Accademia Russa Delle Scienze Sociali. Dopo essere entrato in politica Milosevic ricopre alcune delle più importanti cariche pubbliche della Repubblica di Serbia. È il fondatore ed il presidente del partito socialista serbo. Sia nelle elezioni nazionali del 1990 sia in quelle del 1992, Milosevic viene eletto presidente della Serbia dalla grande maggioranza degli elettori. Il 15 luglio 1997 viene eletto presidente della Jugoslavia mediante una votazione segreta svoltasi durante la riunione della Camera Della Repubblica e della Camera Dei Cittadini, facenti parte dell'Assemblea Federale. Il suo mandato inizia il 23 luglio 1997, dopo aver giurato fedeltà alla Repubblica durante la riunione dell'Assemblea Federale. Da allora Milosevic è rimasto per lungo tempo saldamente al potere, fino alla sconfitta alle elezioni presidenziali del settembre 2000. Considerato uno dei maggiori responsabili del genocidio che è stato perpetrato in Serbia nei confronti dei kosovari, denunciato per crimini contro l'umanità, il satrapo balcanico viene arrestato come ordinato dal Tribunale Internazionale dell'Aja poichè, secondo l'accusa, "dal gennaio 1999 fino al 20 giugno 1999, Slobodan Milosevic, Milan Milutinovic, Nikola Sainovic, Dragoljub Ojdanic e Vlajko Stojiljkovic hanno pianificato, istigato, ordinato, eseguito o in qualunque altro modo sostenuto e favorito una campagna di terrore e violenza diretta verso civili albanesi abitanti nel Kosovo, all'interno della Repubblica Federale Yugoslava". Muore per cause naturali, nella prigione di Scheveningen, il giorno 11 marzo 2006, mentre era ancora in corso il processo per crimini di guerra, apertosi nel febbraio 2002 al Tribunale penale internazionale dell'Aia.


Malcom X...in breve chi era colui che è stato uno dei più grandi uomini politici Americani!

Settimo di 11 figli, Malcolm nasce il 19 maggio 1925 a Omaha, nel Nebraska. Suo padre, Earl Little, era un pastore battista mentre la madre, Louise Norton, era un'immigrata di Grenada, a quel tempo isola antillana che apparteneva all'impero britannico. Entrambi avevano aderito alla Universal Negro Improvement Association, il movimento pan-africanista di liberazione dei neri, fondato nel 1914 dal politico giamaicano Marcus Garvey. A quel tempo tra i gruppi razzistici più attivi vi era il Ku Klux Klan, fondato nel 1867 nel Tennessee da ex-appartenenti all'esercito sudista, messo fuorilegge nel 1869 e rinato in Georgia nel 1915. Proprio a questa organizzazione si attribuì, nel 1931, la morte del padre di Malcolm, colpevole di aver predicato in quartieri segregati dei neri. Nel 1937 la cronica mancanza di reddito e la grave malattia che aveva colpito la madre cominciarono a disgregare la famiglia di Malcolm, che venne affidato ad alcuni amici. L'anno seguente fu espulso dalla scuola per "cattiva condotta e comportamento anti-sociale" e venne spedito nella casa di correzione di Lansing. Nel gennaio 1939 gli assistenti sociali e il giudice decisero, dopo l'aggravamento della malattia, di rinchiudere la madre Louise in manicomio. Intanto Malcolm, nel correzionale dello Stato del Michigan, si segnalava come brillante studente, anche se sente molto forte la discriminazione che pesa sulla sua carriera dell'avvocato. Poco dopo, insieme alla famiglia, si stabilisce nel ghetto nero di Boston dove lavora come lustrascarpe e come inserviente in ristoranti e treni. Entrato a far parte di alcuni gruppi anarchici, lascia il lavoro per trasformarsi in un organizzatore di scommesse clandestine. Arriva anche a spacciare droga. Ricercato dalla polizia, nel 1945, ritorna a Boston e si mette a capo di una banda di rapinatori, ma l'esperienza ha vita breve. Nel febbraio 1946, viene arrestato per una banale rapina e condannato a dieci anni di carcere. Dal febbraio 1946 al luglio 1952 Malcolm soggiornò in tre carceri del Massachussetts. Nella colonia penale di Norfolk, in cui trascorse il periodo 1948-1951, avviene la sua trasformazione. Attraverso il fratello Reginald, Malcolm entra in contatto con la Nazione dell'Islam e col suo capo Elijah Poole, che intanto aveva assunto il nome di Elijah Muhammad. La Nazione dell'Islam predicava il separatismo autosufficiente dei neri dai bianchi (necessario prima del ritorno in Africa), denunciava il razzismo della religione cristiana e lottava contro la droga, il tabacco, l'alcol, i cibi impuri e ogni forma di vizio. Malcolm inizia a studiare e a leggere facendo nello stesso tempo proselitismo tra le mura del carcere. Diventa pericoloso al punto che per evitare problemi le autorità carcerarie decidono di liberarlo. Trovato lavoro come commesso, si stabilisce a Inkster, ghetto nero di Detroit, e prende la decisione di cambiare il cognome in "X", a perenne ricordo della privazione del suo vero nome africano a cui i bianchi avevano assoggettato i suoi antenati in schiavitù nel Nuovo Mondo. Decide di lavorare anche alla catena di montaggio di un'industria automobilistica per poi passare ad essere "rettificatore" alla Gar Wood, una fabbrica di camion, e fare ritorno, in seguito, sulla costa orientale, diventando il più infaticabile predicatore della Nazione dell'Islam. Apre e organizza nuove moschee e trasforma la Nazione dell'Islam in un dinamico gruppo politico-religioso di "musulmani di colore, separatisti e rigidamente organizzati". Nel 1958 si sposa con una compagna del suo movimento, Betty Shabazz e si stabilisce a New York Negli anni 1963-64 egli matura la decisione di fondare con un gruppo di seguaci, "l'Organizzazione dell'Unità Afroamericana". I viaggi in Europa, Medio Oriente e Africa, gli offrono il destro per diffondere le sue idee, che comprendono due punti fondamentali: una più stretta intesa con gruppi antisegregazionisti operanti nel Sud e nel resto del paese e il tentativo di internazionalizzare il problema dei neri, cercando intese con paesi arabi, soprattutto africani, ed ex-colonie, per creare un fronte e un'azione comuni. Intanto Malcolm continua a prendere posizioni forti contro il governo degli Stati Uniti, in politica interna ed estera, trovando il tempo per finire di scrivere, con l'aiuto del giornalista Alex Haley, la sua "Autobiografia". Non condividendo il pacifismo di Martin Luther King, rompe con lui dopo la marcia su Washington, consentita dal potere centrale. La tempesta però si avvicina. Durante la visita al Cairo è vittima di un tentativo di avvelenamento. Al suo rientro, a New York, il 14 febbraio 1965, un attentato dinamitardo gli incendia la casa da cui a stento si salva con moglie e figlie. Il 21 febbraio doveva tenere una conferenza a New York. Aveva chiesto di tener lontani tutti i giornalisti e di non perquisire nessuno. Non fece neppure in tempo a iniziare il discorso che tre uomini seduti in prima fila iniziarono a sparargli contro con fucili e pistole. Fu colpito da 16 proiettili di cui tre mortali. Chi è stato ad uccidere Malcom X? A tutt'oggi sono al vaglio diverse ipotesi. C'è chi sospetta della sua cerchia di collaboratori, chi dell'FBI e chi ancora della malavita organizzata e del traffico di droga che, grazie a Malcom X, avevano subito un netto calo degli affari. Di recente, una delle figlie di Malcolm, Qubilah Shabazz, ha accusato l'attuale capo della Nazione dell'Islam, Louis Farrakhan, di essere stato il mandante dell'assassinio. La vedova di Malcolm, Betty, è stata uccisa nel 1997 da un nipote dodicenne, anche lui di nome Malcolm.


Deng Xiaoping...il Grande Timoniere! In breve chi era l'uomo forte della Cina Comunista dopo la morte di Mao Tse Tung!

Deng Xixian (nome originario di Deng Xiaoping) nasce nel villaggio di Paifangcun (nella provincia del Sichuan), il 22 agosto 1904. La data, in realtà, non è certissima, a causa del fatto che Xiaoping, pur sostenendo la necessità di precisi resoconti storici, ha sempre rifiutato di scrivere le sue memorie o di autorizzare una propria biografia. A partire da ciò, dunque, alcuni sinologi hanno sollevato perplessità circa l'attribuzione di date certe nella vita del leader. Ad ogni buon conto, questo è comunque il giorno "ufficiale" che appare sulle biografie internazionali del politico cinese. Figlio di una stirpe di antiche tradizioni, Deng ebbe un padre assai vivace, che sposò quattro mogli e fece numerosi figli; la prima moglie era di fatto sterile e fu dunque con la seconda (la concubina Tan Shi Deng), che generò Xiaoping. Discendente dunque di avi di nobili origini, risalenti alla Cina nobiliare, la famiglia Deng godeva di buona prosperità economica, anche se ancora in gran parte radicata nella campagna, ossia nel piccolo borgo di Xiexing. La figura paterna, di cui si diceva, è la più importante nella crescita del piccolo Deng, in questo molto simile all'altro leader storico cinese, il leggendario Mao. Tuttavia, mentre quest'ultimo ha sempre dichiarato odio e rancore verso il genitore, Deng ha avuto la fortuna di stabilire sempre ottimi rapporti con entrambi i parenti, rapporti intrisi di rispetto e ammirazione. La morte del padre, oltretutto, fu assai violenta, dato che venne decapitato durante un'imboscata di banditi, forse prezzolati dai suoi nemici locali. Il borgo di Xiexing era isolato ma aveva ugualmente una piccola scuola confuciana. Deng aveva anche un istitutore privato dal quale imparò la calligrafia, espressione artistica poi coltivata per tutta la vita. Nel 1916 raggiunge Chongqing, dove per un anno e mezzo studiò presso un vecchio rivoluzionario che preparava i giovani e spaesati provinciali al programma di studio-lavoro nella lontana Francia. Ed è così che nel '20 arriva a Parigi: gli anni del suo soggiorno francese saranno decisivi per la sua formazione. Infatti, quivi entra nel '22 nella Lega della Gioventù Socialista e quindi, due anni dopo, nel Partito Comunista Cinese, del quale ricopre la nomina di Segretario Generale del Comitato Centrale tra il '27 e il '29. Successivamente, ha modo di effettuare un soggiorno a Mosca, utile per appropriarsi sempre meglio dei complessi meccanismi politici tipici della gestione comunista del potere. Rientrato in patria, trova però un paese messo a dura prova dalla guerra civile e dalle occupazioni straniere: nel '34 partecipa alla Lunga Marcia e, nel corso della guerra di resistenza contro il Giappone, diviene Vicedirettore del Dipartimento Politico Generale dell'Ottava Armata. Partecipa quindi alla Guerra di Liberazione Nazionale e contribuisce alla liberazione di Nanchino. Questo è un momento assai fulgido per la sua carriera, che lo vede instaurarsi nelle cariche più prestigiose del Partito Comunista Cinese. Nel '56, però, perde tutte le cariche, a causa della sua contrapposizione rispetto alla linea "maoista" e alla conseguente "Rivoluzione Culturale" instaurata dal tristemente celebre "Padre della patria". Esautorato da ogni potere, viene confinato con la famiglia nel suo appartamento, quindi sottoposto a umilianti sedute di critica e costretto in ginocchio ad ascoltare accuse farcite di insulti. Sarà obbligato a lavorare in una fabbrica di locomotive a trenta chilometri da Pechino. Ma la "Rivoluzione Culturale" si accanirà anche su tutta la sua famiglia, tra fratelli suicidi (?) a causa delle persecuzioni delle Guardie Rosse e cognati arrestati e "rieducati" a causa di semplici eredità (uno di questi fu ad esempio trucidato per questo, con l'accusa di essere un "capitalista"). Nel settembre del 1968, il figlio prediletto di Deng, Pufang, dopo essere stato aggredito e malmenato, venne gettato dalla finestra di un quarto piano dell'Università. La caduta gli provocò una lesione permanente alla colonna vertebrale che lo costringe ancora oggi alla sedia a rotelle. Deng Xiaoping sarà reintegrato nel '73 alla carica di Vice-premier del Consiglio di Stato per decisione del Comitato Centrale del Partito; quindi eletto Vicepresidente del Comitato Centrale e membro della Commissione Permanente dell'Ufficio Politico alla II sessione plenaria del X Comitato Centrale, nel '75. La sua ascesa, a partire dal '73, segna la fine della rivoluzione culturale, anche se rimase inizialmente coinvolto nelle contraddizioni tra fazioni che segnarono il dopo-Mao. Dopo la sciagurata impostazione economica di quest'ultimo, la Cina è divenuto un Paese difficilmente controllabile nelle sue spinte ideali e sociali e uno Stato altrettanto difficile da ammodernare e da condurre sugli standard delle moderne democrazie. Per fare questo, Xiaoping ha saggiamente ritenuto di dover fare affidamento su di una politica che miscelasse entrambe le tendenze; in sostanza, di "mantenere la via socialista e sostenere la dittatura democratica del popolo", ma, contemporaneamente di iniziare la fase riformistica della cosiddetta "porta aperta" (ossia introducendo massicce ma controllate dosi di libero mercato). Al XII Congresso Nazionale, nell'82, il leader ha fatto emergere la necessità di integrare la "verità universale" del marxismo con la realtà concreta della Cina per costruire un socialismo con le caratteristiche cinesi. Una sua celebre metafora, che soleva ripetere spesso in occasioni delle riflessioni sul mercato era: "non importa che il gatto sia bianco o nero; ciò che importa è se acchiappa i topi". Deng fu dunque uno fra i principali promotori di una democratizzazione sostanziale del paese, nel tentativo di coniugare riforme economiche improntate ad una maggiore liberalizzazione del mercato con gli equilibri interni ancora segnati a fuoco dal comunismo. In seguito, Deng mantenne le cariche ricevute, aggiungendovi quella di Presidente della Commissione militare centrale nell'81 e di Presidente della Commissione militare centrale della RPC nell'83, dalle quali si dimise rispettivamente nel novembre 89 e nel e nel marzo 90, avendo la sua figura politica subito un oscuramento dopo i contrastati accadimenti di Tiananmen. Dal 94 aveva abbandonato la vita politica dimettendosi da tutte le cariche (da un'unica carica non si era mai dimesso, dalla Presidenza dell'Associazione Nazionale di bridge) e non compariva in pubblico per le sue condizioni di salute. La sua morte è stata ufficialmente annunciata alle 21:08 del 19 febbraio 1997.


ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!