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sabato 22 dicembre 2012

BASTA IMMIGRAZIONE SELVAGGIA E INSENSATA, A FEBBRAIO SI VOTA PER RINNOVARE LA CAMERA E IL SENATO, GLI ITALIANI DECIDANO PER I PARTITI CHE FINALMENTE E CORAGGIOSAMENTE, SALITI AL POTERE, METTANO UN FRENO DECISO ALLO SCEMPIO INDECOROSO DELLA GUERRA DEI "POVERI TRA I POVERI"! PERCHE' SE VINCE BERSANI E VENDOLA, PER L'ITALIA TUTTA SARA' DAVVERO UN ARMAGEDDON: EMERGENZA POVERTA', EMERGENZA ALLUVIONI E TERREMOTI, EMERGENZA SPECULAZIONE IMMOBILIARE, EMERGENZA IMMIGRAZIONE, EMERGENZA EVERSIONE TERRORISMO-RAZZISMO-INTOLLERANZA: CHE COS'HANNO IN COMUNE QUESTE EMERGENZE NAZIONALI?

ITALIA - (UNIONE EUROPEA) - L'edificazione e la cementificazione selvaggia in Italia, negli ultimi 40 anni, si è mangiata 5 MILIONI DI ETTARI di terreni agricoli, boschi e campi verdi di ogni genere, una quantità pari all'intera SICILIA insieme alla SARDEGNA!

Dal dopo guerra sino ad oggi, soprattutto negli obbrobriosi anni '60 e '70 del secolo scorso, gli anni delle Brigate Rosse e delle Brigate Nere, gli anni delle stragi impunite e dell'omicidio di Aldo Moro, tutti i Sindaci delle città e dei paesi d'Italia, hanno autorizzato le speculazioni edilizie piu' spregievoli, hanno appoggiato i costruttori senza scrupoli, hanno avvallato improbabili pianificazioni edilizie dove purtroppo l'ambiente ed il clima naturale ci hanno sempre perso nel confronto; grazie a questa politica dissennata dell'arraffare perpetrata dalla vecchia Democrazia Cristiana (DC) oggi rappresentata dall'UDC dell'onorevole Pierferdinando Casini (Ex-Portaborse del Senatore a Vita Giulio Andreotti, in odore di Mafia) e da una costola del PD (Partito Democratico capeggiato da Bersani) e dal PDL (Capeggiato da Alfano) per mezzo secolo, solo grazie a loro, l'Italia oggi ha perso in 50 anni la sua autosufficienza alimentare! Anche l'olio d'oliva che si produce in Italia, non basta piu' per tutti; abbiamo bisogno di importare anche ciò di cui abbiamo bisogno grazie alle politiche mafiose, fallimentari e speculative perpetrate negli ultimi 70 anni dalla DC di Andreotti, Forlani e oggi da Casini.
Difatti oggi si potrebbe tranquillamente sostenere il fatto che, se Giulio Andreotti, che da oltre 60 anni ha governato l'Italia tutta e che ancora a quasi 100 anni di età siede oggi al Senato, se fosse stato un dipendente di un'azienda privata, sarebbe stato licenziato in tronco per evidente incapacità professionale e per varie negligenze oltre chè per aver affossato l'economia di un'intera nazione per mezzo secolo, lui e gli amici "mafiosi" complici e soci della sua "cricca" politica: Forlani, De Michelis, Craxi, De Mita, La Malfa, Martelli, Scalfaro, Cossiga, Ciampi, Napolitano, D'Alema, Bersani, Prodi, Fanfani, ecc. ecc. e chi piu' ne ha piu' ne metta!
Tutta la classe politica Italiana è nata, deriva o comunque è legata a quella generazione di politici che hanno marciato e hanno fatto marcire l'Italia per decenni sull'anti-fascismo di facciata (e di comodo) ma soprattutto sulla guerra fredda tra est e ovest, su cui hanno mangiato e fatturato miliardi di dollari, sempre a discapito del povero e ignorante popolo Italiano, che masochisticamente hanno sempre votato gli stessi.
Le facce di ieri (Andreotti, Forlani, Craxi, Martelli, De Michelis, Spadolini, La Malfa, Aldo Moro, Togliatti, Nenni) ecc. ecc. e quelle di oggi (Casini, Bersani, D'Alema, Veltroni, Napolitano, Fini, Bossi, Berlusconi, Montezzemolo, La Russa, Gasparri, Alemanno, Matteoli, Santanchè, Alfano, Mario Monti) ecc. ecc. rappresentano tutte, nel passato così come nel presente, un programma socio-economico-politico-assistenzialista-corrotto-mafioso-speculatore già fallito e riproposto all'infinito, per perpetrare null'altro che sugli enormi e giganteschi interessi e privilegi di una "Casta" che non vuole, e non può morire, se non si taglierà quel cordone ombelicale che li lega a "noi" e cioè, al popolo Italiano sovrano.
Un colpo al cerchio e un colpo alla botte, anche una parte del popolo sovrano ha avuto in passato le sue colpe, grazie alla sua latente ignoranza di comodo e di facciata, contento di farsi guidare ed assistere da uno Stato assassino e corrotto fino al midollo, e se è vero che il fumo di Satana è già entrato in Vaticano, possiamo ben dire oggi che Satana siede e governa già dentro le mura di Palazzo Madama, di Montecitorio, di Palazzo Chigi e del Quirinale.

E secondo l'ultimo demografico Italiano "terrificante" e forse in parte latente, perchè purtroppo forse saremo ancora di piu', pietosamente ci dice che siamo arrivati alla soglia di 59.500.000 residenti tra cui in fortissimo aumento dei residenti stranieri, ufficiali 3.769.518 ma vi assicuro che se ci aggiungiamo le centinaia di migliaia di extra-comunitari clandestini che bazzicano l'intero stivale, approssimativamente sfioreranno i 5.000.000 di stranieri; troppi, siamo troppi, in un lembo di terra spalmato nel Mar Mediterraneo, di cui un terzo sotto il costante alto pericolo sismico e l'elevato rischio idrogeologico, deve far riflettere che oggi le politiche migratorie di tutta Europa, in primis dell'Italia, devono essere riviste, ridimensionate, per il nostro caso dovrebbero essere ristrette al massimo.
E piu' i nostri confini si aprono ai poveri, e piu' si incrementa lo scontro dei poveri tra i poveri, uno scontro fratricida e sanguinario da cui i benefici ne traggono solo le ONLUS di partito e di religione, le varie CARITAS Diocesane, i Centri sociali, le Chiese Evangeliche e quei partiti e quei movimenti che sussistono solo grazie all'esistenza dei poveri, se immigrati ancora meglio, che senza di essi non avrebbero una mera ragione di esistere.
Ecco il collegamento dell' EMERGENZA POVERTA', EMERGENZA ALLUVIONI E TERREMOTI, EMERGENZA SPECULAZIONE IMMOBILIARE, EMERGENZA IMMIGRAZIONE, EMERGENZA EVERSIONE TERRORISMO-RAZZISMO-INTOLLERANZA, perchè è con l'immigrazione selvaggia, senza controllo e quasi  forzata, dei poveri verso, (oramai povere anche le nostre città), che nasce il terrorismo, l'intolleranza e il razzismo! ORA BASTA! Si chiudano almeno per tre anni, le frontiere Mediterranee del Sud-Italia.
Prima dell'inevitabile spargimento di altro sangue e di vite innocenti.  

Alexander Mitrokhin 

lunedì 19 novembre 2012

Quasi tre italiani su dieci a rischio miseria! EMERGENZA POVERTA', EMERGENZA ALLUVIONI E TERREMOTI, EMERGENZA SPECULAZIONE IMMOBILIARE, EMERGENZA IMMIGRAZIONE, EMERGENZA EVERSIONE TERRORISMO-RAZZISMO-INTOLLERANZA: CHE COS'HANNO IN COMUNE QUESTE EMERGENZE NAZIONALI? IN QUESTO ARTICOLO-POST CHE SCRIVERO' IN DIVERSI GIORNI VE LO SPIEGHERO'! LEGGETE ATTENTAMENTE CON CURA, SOPRATTUTTO RIFLETTETECI BENE...(Potete contribuire anche voi lettori con i vostri pensieri, notizie e riflessioni, scrivendoli nello spazio dei commenti che trovate sotto questo articolo!)

ITALIA - (UNIONE EUROPEA) - L'edificazione e la cementificazione selvaggia in Italia, negli ultimi 40 anni, si è mangiata 5 MILIONI DI ETTARI di terreni agricoli, boschi e campi verdi di ogni genere, una quantità pari all'intera SICILIA insieme alla SARDEGNA!
Dal dopo guerra sino ad oggi, soprattutto negli obbrobriosi anni '60 e '70 del secolo scorso, gli anni delle Brigate Rosse e delle Brigate Nere, gli anni delle stragi impunite e dell'omicidio di Aldo Moro, tutti i Sindaci delle città e dei paesi d'Italia, hanno autorizzato le speculazioni edilizie piu' spregievoli, hanno appoggiato i costruttori senza scrupoli, hanno avvallato improbabili pianificazioni edilizie dove purtroppo l'ambiente ed il clima naturale ci hanno sempre perso nel confronto; grazie a questa politica dissennata dell'arraffare perpetrata dalla vecchia Democrazia Cristiana (DC) oggi rappresentata dall'UDC dell'onorevole Pierferdinando Casini (Ex-Portaborse del Senatore a Vita Giulio Andreotti, in odore di Mafia) e da una costola del PD (Partito Democratico capeggiato da Bersani) e dal PDL (Capeggiato da Alfano) per mezzo secolo, solo grazie a loro, l'Italia oggi ha perso in 50 anni la sua autosufficienza alimentare! Anche l'olio d'oliva che si produce in Italia, non basta piu' per tutti; abbiamo bisogno di importare anche ciò di cui abbiamo bisogno grazie alle politiche mafiose, fallimentari e speculative perpetrate negli ultimi 70 anni dalla DC di Andreotti, Forlani e oggi da Casini.

Difatti oggi si potrebbe tranquillamente sostenere il fatto che, se Giulio Andreotti, che da oltre 60 anni ha governato l'Italia tutta e che ancora a quasi 100 anni di età siede oggi al Senato, se fosse stato un dipendente di un'azienda privata, sarebbe stato licenziato in tronco per evidente incapacità professionale e per varie negligenze oltre chè per aver affossato l'economia di un'intera nazione per mezzo secolo, lui e gli amici "mafiosi" complici e soci della sua "cricca" politica: Forlani, De Michelis, Craxi, De Mita, La Malfa, Martelli, Scalfaro, Cossiga, Ciampi, Napolitano, D'Alema, Bersani, Prodi, Fanfani, ecc. ecc. e chi piu' ne ha piu' ne metta!

Tutta la classe politica Italiana è nata, deriva o comunque è legata a quella generazione di politici che hanno marciato e hanno fatto marcire l'Italia per decenni sull'anti-fascismo di facciata (e di comodo) ma soprattutto sulla guerra fredda tra est e ovest, su cui hanno mangiato e fatturato miliardi di dollari, sempre a discapito del povero e ignorante popolo Italiano, che masochisticamente hanno sempre votato gli stessi.

Le facce di ieri (Andreotti, Forlani, Craxi, Martelli, De Michelis, Spadolini, La Malfa, Aldo Moro, Togliatti, Nenni) ecc. ecc. e quelle di oggi (Casini, Bersani, D'Alema, Veltroni, Napolitano, Fini, Bossi, Berlusconi, Montezzemolo, La Russa, Gasparri, Alemanno, Matteoli, Santanchè, Alfano, Mario Monti) ecc. ecc. rappresentano tutte, nel passato così come nel presente, un programma socio-economico-politico-assistenzialista-corrotto-mafioso-speculatore già fallito e riproposto all'infinito, per perpetrare null'altro che sugli enormi e giganteschi interessi e privilegi di una "Casta" che non vuole, e non può morire, se non si taglierà quel cordone ombelicale che li lega a "noi" e cioè, al popolo Italiano sovrano.
Un colpo al cerchio e un colpo alla botte, anche una parte del popolo sovrano ha avuto in passato le sue colpe, grazie alla sua latente ignoranza di comodo 3.769.518e di facciata, contento di farsi guidare ed assistere da uno Stato assassino e corrotto fino al midollo, e se è vero che il fumo di Satana è già entrato in Vaticano, possiamo ben dire oggi che Satana siede e governa già dentro le mura di Palazzo Madama, di Montecitorio, di Palazzo Chigi e del Quirinale.
E secondo l'ultimo demografico Italiano "terrificante" e forse in parte latente, perchè purtroppo forse saremo ancora di piu', pietosamente ci dice che siamo arrivati alla soglia di 59.500.000 residenti tra cui in fortissimo aumento dei residenti stranieri, ufficiali 3.769.518 ma vi assicuro che se ci aggiungiamo le centinaia di migliaia di extra-comunitari clandestini che bazzicano l'intero stivale, approssimativamente sfioreranno i 5.000.000 di stranieri; troppi, siamo troppi, in un lembo di terra spalmato nel Mar Mediterraneo, di cui un terzo sotto il costante alto pericolo sismico, deve far riflettere che oggi le politiche migratorie di tutta Europa in primis dell'Italia, devono essere riviste, ridimensionate, per il nostro caso ristrette al massimo.
E piu' i nostri confini si aprono ai poveri, e piu' si incrementa lo scontro dei poveri tra i poveri, uno scontro fratricida e sanguinario da cui i benefici ne traggono solo le ONLUS di partito e di religione, le varie CARITAS Diocesane, i Centri sociali, le Chiese Evangeliche e quei partiti e quei movimenti che sussistono solo grazie all'esistenza dei poveri, se immigrati ancora meglio, che senza di essi non avrebbero una mera ragione di esistere.
Ecco il collegamento dell' EMERGENZA POVERTA', EMERGENZA ALLUVIONI E TERREMOTI, EMERGENZA SPECULAZIONE IMMOBILIARE, EMERGENZA IMMIGRAZIONE, EMERGENZA EVERSIONE TERRORISMO-RAZZISMO-INTOLLERANZA, perchè è con l'immigrazione selvaggia e forzata dei poveri verso, oramai, povere anche le nostre città, che nasce il terrorismo, l'intolleranza e il razzismo! ORA BASTA! Si chiudano almeno per tre anni, le frontiere Mediterranee del Sud-Italia.
Prima dell'inevitabile spargimento di altro sangue e di vite innocenti.  

Alexander Mitrokhin 


 
"È inaudito e inaccettabile che in un Paese come l'Italia, milioni di cittadini vivano alla soglia della povertà ed altrettanti nella povertà più nera, mentre la casta politica gozzovigli indisturbata fagocitando anno dopo anno miliardi di risorse."


Raffaele Caponetto

(ITALIA) - 10 Dicembre 2012 - I nuovi poveri: quei quasi tre italiani su dieci a rischio povertà!

Nel 2011, il 28,4% dei residenti in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale. Emerge da un'indagine che rileva come i più a rischio siano gli anziani o le famiglie con un solo stipendio e molti figli. La concentrazione maggiore nel Mezzogiorno.

MILANO - Tre italiani su dieci rischiano di finire nella triste categoria dei poveri. Quelli che la bistecca si mangia una volta la settimana, che non riescono a fare una vacanza lontano da casa, che devono tenere i riscaldamenti spenti e che una spesa di 800 euro imprevista è un salasso inaffrontabile. Sono gli anziani, le famiglie con un solo reddito o quelle con tanti figli. Secondo il rapporto dell'Istat su reddito e condizioni di vita, il 28,4% delle persone residenti in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale. La situazione è peggiorata negli ultimi due anni e vivere in Italia oggi è peggio che stare in qualsiasi altro paese europeo. Nel 2011 l'indicatore è cresciuto di 2,6 punti percentuali rispetto al 2010 a causa dall'aumento della quota di persone a rischio di povertà (dal 18,2% al 19,6%) e di quelle che soffrono di severa deprivazione (dal 6,9% all'11,1%). Dopo l'aumento osservato tra il 2009 e il 2010, sostanzialmente stabile (10,5%) è la quota di persone che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro. Il rischio di povertà o esclusione sociale è più elevato rispetto a quello medio europeo (24,2%), soprattutto per la componente della severa deprivazione (11,1% contro una media dell'8,8%) e del rischio di povertà (19,6% contro 16,9%). Come dire che basta ancora poco per finire nella peggiore delle condizioni possibili. Aumentano, rispetto al 2010, gli individui che vivono in famiglie che dichiarano di non potersi permettere, nell'anno, una settimana di ferie lontano da casa (dal 39,8% al 46,6%), che non hanno potuto riscaldare adeguatamente l'abitazione (dall'11,2% al 17,9%), che non riescono a sostenere spese impreviste di 800 euro (dal 33,3% al 38,5%) o che, se volessero, non potrebbero permettersi un pasto proteico adeguato ogni due giorni (dal 6,7% al 12,3%). Il 19,4% delle persone residenti nel Mezzogiorno è gravemente deprivato, valore più che doppio rispetto al Centro (7,5%) e triplo rispetto al Nord (6,4%). Nel Sud l'8,5% delle persone senza alcun sintomo di deprivazione nel 2010 diventa gravemente deprivato nel 2011, contro appena l'1,7% nel Nord e il 3% nel Centro. Le famiglie più esposte al rischio di deprivazione sono quelle più numerose e/o con un basso numero di percettori di reddito. Si trovano più spesso in condizioni di disagio le famiglie monoreddito, come gli anziani soli e i monogenitori, e quelle con tre o più figli minori. Le persone in famiglie a prevalente reddito da lavoro autonomo mostrano una minore diffusione della severa diprivazione di quelle sostenute dal lavoro dipendente o da pensioni; le famiglie di pensionati sono anche quelle che hanno mostrato i più evidenti segnali di peggioramento tra il 2010 e il 2011. Il rischio di povertà, calcolato sulla base del reddito 2010, mostra aumenti più marcati tra gli individui residenti nelle regioni del Mezzogiorno, in famiglie monoreddito, dove la fonte principale di reddito è da lavoro, sia dipendente sia autonomo, tra le coppie con figli, con almeno un minore, i monogenitori e le famiglie di altra tipologia, con membri aggregati.
Quelle che incontravamo erano persone classificate come normali, vestite in maniera usuale, con un dire appropriato e con modi molto più spaesati, come di qualcuno che si trovi per la prima volta in un ambiente non suo. Sembravano casi singoli, non anelli di una catena più grande. 


(Pierluigi Dovis) 



Il fenomeno della povertà, che è sempre stato molto marginale nell’agenda politica italiana, sembra del tutto sparito; proprio quando, accanto ai gruppi tradizionalmente più a rischio e alle cause “classiche”, le nuove incertezze economiche del mercato del lavoro e della famiglia stessa allargano l’area della vulnerabilità a individui e gruppi sociali che credevano di esserne protetti.
 

(Chiara Saraceno) 

 




mercoledì 24 ottobre 2012

Signor Prefetto di Napoli, Andrea De Martino, aspettiamo subito le sue dimissioni: perchè lei non è un Signore qualunque, ma è il SERVO DI TUTTI GLI ITALIANI, TUTTI VOI COLLUSI TRADITORI CON LA CAMORRA E LA MAFIA, NON DOVETE FREGGIARVI DI TITOLI BLASONATI, VOI SIETE AL SERVIZIO DEL POPOLO ITALIANO, VOI SIETE SERVITORI DEL POPOLO ITALIANO E DELLO STATO...CHIEDETE SCUSA AL PRETE ANTI-CAMORRA...INFAMI! SIGNORA PREFETTA...LEI NON E' E NON DEVE ESSERE SEDUTA SU UNO SCRANNO PER ERERGERSI AL DI SOPRA DI TUTTI, LEI CARA SIGNORA DEVE LAVORARE AL SERVIZIO DEGLI ITALIANI E SE NON GLI PIACE IL SUO RUOLO SE NE VADA A CASA! SUBITO!!!

 
Don Maurizio Patriciello, aggredito verbalmente dal Prefetto di Napoli Andrea De Martino, dopo aver chiamato 'Signora' la sua collega Prefetto. E' successo a Caserta qualche giorno fa!
 
Questo è lo Stato Italiano, i Boss Mafiosi in libertà, i "poveri cristi" in galera; dopo anni di battaglie per difendere la salute e chiedere il rispetto dei suoi fedeli, don Maurizio Patriciello, prete anticamorra di Caivano, noto come il sacerdote anti-roghi tossici, mai avrebbe pensato di venire redarguito dalle istituzioni proprio per una mancanza di rispetto.
Eppure è quello che è accaduto il 18 ottobre scorso, quando il prete ospite in Prefettura a Napoli ha iniziato a parlare con i due prefetti, quello partenopeo, Andrea De Martino, e quello di Caserta, Carmela Pagano.
L'IRA DEL PREFETTO. Al sacerdote è bastato chiamare 'signora' la dottoressa Pagano e non 'prefetto' per scatenare l'ira di De Martino: «Lei chiamerebbe mai 'signore' un sindaco? Dov'è il rispetto per le istituzioni?», ha detto il funzionario redarguendo il reverendo.
«Ma non era mia intenzione offendere, se vuole posso anche andarmene», ha risposto don Patriciello, che aveva solo esordito dicendo: «Una mattina sono andato dalla signora, la signora è stata così gentile da ricevermi ...»
Quel 'signora' è stata una definizione inaccettabile per De Martino, che ha alzato la voce: «Può anche andarsene, ma prima cerchi di capire cosa sto dicendo. Chiamandola signora l'ha offesa e ha offeso anche me».
Il prete, che voleva solo parlare della difficile situazione dei roghi, è rimasto sempre più attonito mentre De Martino continuava la sua filippica sul galateo, non senza qualche scivolone di sintassi: «Se io la chiamerei 'signore' invece di reverendo, lei che direbbe?».
Il prete cercava di spiegare che la sua non voleva essere certo una mancanza di rispetto, ma De Martino è tornato a incalzarlo: «Ma quale signora, è un prefetto della Repubblica Italiana. Abbia più rispetto per le istituzioni».
SIGNORI SI NASCE. Un intervento che ha lasciato sbalordito lo stesso pubblico presente all'incontro. «Signori si nasce», ha esclamato una donna, che rivolgendosi direttamente a De Martino. «Lei è prima di tutto un cittadino», ha continuato, «abbiate voi piuttosto rispetto per i cittadini». Una richiesta che ha risuonato nella stanza della prefettura e grazie alla registrazione di un telefonino è girata subito in Rete.
A sostegno del prete si è costituito un gruppo su Facebook che chiede al prefetto De Martino di scusarsi pubblicamente. Un gruppo che conta già oltre 350 iscritti. Intanto gli aderenti al «Coordinamento Comitato Fuochi» annunciano iniziative clamorose per i prossimi giorni e si scagliano contro il ministro della Salute Renato Balduzzi che avrebbe sottovalutato la vicenda.

Saviano: «De Martino chieda scusa a don Patriciello o si dimetta!»

A difendere il sacerdote è anche Roberto Saviano: «Il prefetto di Napoli Andrea De Martino si scusi con don Maurizio Patriciello o bisognerà chiedere le sue dimissioni immediate», ha detto lo scrittore in una dichiarazione all'Ansa. «Da anni don Maurizio è presidio di legalità e umanità in terre difficilissime. Don Maurizio», conclude Saviano, «è lo Stato in quel territorio».
«Se questo 'incidente' è servito a far accendere ancora di più i riflettori sull'emergenza ambientale in provincia di Napoli per me non c'e alcun problema», ha commentato don Maurizio Patriciello. «Per prima cosa voglio chiarire una cosa: non era mia intenzione di mancare di rispetto al prefetto di Caserta chiamandola solo signora e non 'signor prefetto'. Non mi sarei mai permesso. Il mio intendimento non è certo quello di fare polemica ma solo di sollecitare la soluzione, continuandoci a confrontare, al problema dei rifiuti in fiamme e a quelli lasciati lungo le strade»
LA REPLICA DEL PREFETTO. De Martino continua però a difendere la sua reazione: «Don Patriciello conosceva il prefetto Carmela Pagano ed il suo ruolo perché era stato ricevuto in più occasioni presso la prefettura di Caserta. Pertanto, dopo averla chiamata per ben tre volte signora», spiega il prefetto in una nota, «ho ritenuto doveroso invitare don Patriciello a rivolgersi al responsabile della prefettura di Caserta utilizzando il titolo di prefetto, perché riconoscesse nel suo interlocutore, agli occhi tutti, il ruolo e le responsabilità che sono affidate al rappresentante di governo». 
 


giovedì 7 giugno 2012

Ecco chi è il killer di Brindisi: "Non si esclude un mandante!" Ma chi c'è veramente dietro a questo assurdo attentato? Chi sono i veri mandanti? Qual'è la verità? Intanto il killer confessa: "Ho fatto io quella bomba!"

Si chiama Giovanni Vantaggiato, ha 68 e un'impresa che distribuisce carburanti. E' il killer che ha ucciso Melissa. Come confermato dal procuratore Cataldo Motta, "ha ammesso di aver fabbricato l'ordigno e di averlo fatto esplodere". Ma questa è l'unica certezza. Le indagini proseguono, "perchè se ci fermassimo qui sarebbe una indagine zoppa". E, alla domanda del direttore di Affaritaliani.it, Angelo Maria Perrino, Motta ha risposto che "non si esclude la presenza di un mandante". Ancora dubbi sul movente: l'uomo "ha dato un'indicazione generica e priva di credibilità".
Nella notte Vantaggiato (nella foto, tratta da Senzacolonne) ha confessato. Ma restano ancora punti oscuri nella sua versione, che apre a nuovi interrogativi. Perché non è scappato? "Pensava di non essere identificato. Dopo l'attentato ha ripreso la vita di tutti i giorni". La famiglia sapeva? "Non si può dire di no!"
Passeggia avanti e indietro per circa tre volte, guardando la scuola. Ad un certo punto alza il braccio sinistro e sembra azionare un telecomando. Poi si allontana. L’esplosione avviene dopo qualche secondo. E' l'attentatore alla scuola Morvillo Falcone di Brindisi, ripreso dalle telecamere di sorveglianza di un bar proprio nei pressi dell'istituto. Il video integrale è stato diffuso in esclusiva da Sky Tg24. L’uomo, camicia bianca e giacca scura, ha azionato, secondo gli investigatori, un dispositivo volumetrico simile a quello degli allarmi domestici. Il telecomando è stato premuto nel momento stesso in cui l’attentatore vede arrivare l’obiettivo e cioè presumibilmente il pullmann da Mesagne con a bordo le studentesse: l’esplosione si è attivata quindi nel momento stesso in cui la prima delle ragazze è entrata nel raggio d’azione degli infrarossi.
Le ipotesi degli investigatori sono due: o l’uomo non si è accorto delle telecamere oppure, non essendo di Brindisi, non teme di essere riconosciuto. 

attentato-brindisiBRINDISI - Il presunto colpevole dell'attentato a Brindisi è stato fermato. Il responsabile della strage avvenuta davanti alla scuola intitolata a Giovanni Falcone e sua moglie in cui è morta una ragazza di 16 anni, Melissa Bassi, avrebbe un nome e un volto. Il procuratore di Lecce Cataldo Motta ha confermato le voci che si inseguivano da tempo: Si tratterebbe diun benzinaio di 68 anni, Giovanni Vantaggiato, di Copertino in provincia di Lecce.
A quante pare il benzinaio avrebbe anche confessato, dicendo: "Sì, quella bomba l'ho fatta io da solo. L'ho pensata e l'ho costruita". Sembra anche che l'uomo abbia alternato momenti di lucidità a stati confusionali. La sua auto, una Fiat Punto, sarebbe stata ripresa dalle telecamere nei pressi della scuola Morvillo poco prima dell'esplosione. L'uomo è accusato di strage aggravata alla finalità di terrorismo.
L'uomo avrebbe fatto tutto da solo e il movente sarebbe una vendetta privata, probabilmente per dei rancori contro il preside della scuola. L'uomo potrebbe avere un altro movente: la voglia di vendetta dopo un torto subito dalla giustizia e per questo avrebbe deciso di colpire la scuola che porta il nome del magistrato Giovanni Falcone. La polizia ha diffuso i risultati di un'intensa attività di controllo sul territorio.
Dopo l'esplosione all'Istituto «Morvillo» la Questura di Brindisi ha avviato «servizi di controllo del territorio eccezionali» con 1.400 persone controllate e 32 perquisizioni domiciliari.


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"Sì, quella bomba l'ho fatta io da solo. L'ho pensata e l'ho costruita". Questo è quanto confessato da Giovanni Vantaggiato agli investigatori della questura di Lecce, dove è stato portato nella notte in quanto indagato per l'attentato dinamitardo di fronte alla scuola "Morvillo Falcone" di Brindisi, avvenuto il 19 Maggio scorso.
Lo scoppio delle bombe portò alla morte di Melissa Bassi (nella foto), studentessa di sedici anni. L'uomo, un benzinaio di sessantotto anni, avrebbe agito per una vendetta privata.


mercoledì 23 maggio 2012

La soluzione finale per sconfiggere la Mafia e lo Stato assassino è da rivedere nella famosa e storica "OPERAZIONE VALCHIRIA" nella Germania Hitleriana...20 anni fa un Giudice anti-Mafia veniva trucidato insieme alla moglie e a tre agenti di scorta; lo Stato Italiano da allora non è mai cambiato, la sua Costituzione Repubblicana, le sue Provincie e i suoi Comuni amministrati sempre dalle stesse persone...e sempre e soprattutto nel Sud, dalla Mafia, dalla Camorra, dalla 'Ndrangheta, dalla Sacra Corona Unita, dalla Massoneria, dai terroristi neri, rossi, anarchici...un GOLPE alla Pinochet in salsa Cilena misto all'operazione Valchiriana di Germanica memoria è l'unica soluzione possibile per fare tabula rasa di tutto...un DEFAULT SOCIALE necessario, con le persone giuste, fidate...meditate gente, meditate!!! In questo articolo spiegamo grazie a Wikipedia in che cosa è consistita l'operazione Valchiria!

bussola Disambiguazione – "Operazione Valchiria" rimanda qui. Se stai cercando l'omonimo film del 2008, vedi Operazione Valchiria (film).
Attentato a Hitler del 20 luglio 1944
Bundesarchiv Bild 146-1972-025-10, Hitler-Attentat, 20. Juli 1944.jpg
La sala conferenze della Wolfsschanze dopo l'esplosione del 20 luglio 1944; sono visibili al centro, con la divisa chiara, Hermann Göring ed, alla sua destra, Martin Bormann

Stato bandiera Germania
Luogo Rastenburg
Obiettivo Adolf Hitler
Data 20 luglio 1944
12.42
Tipo attentato dinamitardo
Morti 4
Feriti 22
Responsabili Claus Schenk von Stauffenberg
Motivazione colpo di Stato
L'attentato del 20 luglio 1944 fu il tentativo organizzato da alcuni politici e militari tedeschi della Wehrmacht ed attuato dal colonnello Claus Schenk von Stauffenberg di assassinare Adolf Hitler; esso ebbe luogo all'interno della Wolfsschanze, il quartier generale del Führer, sito a Rastenburg nella Prussia Orientale.
Lo scopo dell'attentato era quello di eliminare Adolf Hitler e, attraverso un colpo di Stato, instaurare un nuovo governo che avesse il compito di negoziare una tregua con la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, allo scopo di evitare la resa incondizionata della Germania. L'attentato fu pianificato sfruttando la possibilità che offriva il piano Walküre, ossia la mobilitazione della milizia territoriale in caso di colpo di stato o insurrezione interna, opportunamente modificato dal colonnello von Stauffenberg. L'esplosione dell'ordigno uccise tre ufficiali e uno stenografo, ma il Führer subì solo lievi ferite; il conseguente fallimento del colpo di Stato portò all'arresto di circa 5.000 persone, molte delle quali furono successivamente giustiziate o internate nei lager[1].

Indice

Premesse

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce resistenza tedesca.
Il generale Ludwig Beck, uno tra i principali oppositori in ambito militare di Adolf Hitler e del regime nazista.
Ai primi significativi dissensi al regime hitleriano in ambito militare, si andarono ad affiancare altri di tipo religioso, quali quelli del cardinale Clemens August von Galen e del vescovo Theophil Wurm che protestarono contro l'attuazione del cosiddetto programma eutanasia[2] e civile, promossi da gruppi organizzati quali l'Orchestra Rossa e la Rosa Bianca. Questi movimenti iniziarono sommessamente a manifestarsi nel 1938, quando gruppi dell'Abwehr e dello Heer cominciarono a pianificare un rovesciamento del regime di Hitler; i primi che ipotizzarono tale opzione furono i generali Hans Oster e Ludwig Beck ed il feldmaresciallo Erwin von Witzleben, che stabilirono in seguito contatti con numerose autorità politiche come Carl Goerdeler e Helmuth James Graf von Moltke[3].
I militari, parzialmente soggetti al controllo della Gestapo e all'influenza del partito nazista, avevano espresso notevoli critiche al regime, in particolare durante gli avvenimenti svoltisi tra il 1933 ed il 1938, quando i più alti membri delle gerarchie dell'esercito erano entrati in contrasto con Hitler. Il generale Beck rassegnò le dimissioni, ipotizzando già un possibile rovesciamento del regime di Hitler, ma anche altri importanti personaggi compirono lo stesso gesto in seguito all'Anschluss (l'annessione dell'Austria alla Germania) e allo scandalo Fritsch-Blomberg, che provocò l'allontanamento del generale Werner von Fritsch e del feldmaresciallo von Blomberg[4].
L'opposizione in ambito militare crebbe mano a mano che le sorti del conflitto volgevano a sfavore della Germania, allo scopo di favorire una pace separata con gli Alleati ed evitare così una possibile distruzione del paese[5]. Queste idee in virtù del giuramento di fedeltà prestato, non si manifestarono mai apertamente, ma rimasero sommerse nello scontento degli ufficiali[6]. Alcuni piani per un rovesciamento del regime atti a impedire a Hitler di scatenare una nuova guerra mondiale vennero preparati già nel 1938 e nel 1939, ma non furono portati a termine a causa dell'indecisione dei generali dell'esercito Franz Halder e Walther von Brauchitsch e della fallimentare strategia delle potenze occidentali nel contrastare la politica aggressiva del Führer[4].
Nel 1942, anche a seguito dei primi insuccessi della Wehrmacht, il colonnello Henning von Tresckow membro dello Stato Maggiore del feldmaresciallo Fedor von Bock, formò un nuovo gruppo di adepti, che divenne presto il centro nevralgico della cospirazione[7]. Tuttavia la notevole protezione di cui godeva Hitler rappresentava un evidente problema per la progettazione e l'attuazione di un attentato[8]. Nel 1942 l'adesione del generale Friedrich Olbricht, che in qualità di capo del quartier generale dell'ufficio dell'esercito controllava un sistema indipendente di comunicazione delle unità di riserva in tutta la Germania, al gruppo di resistenza di Tresckow, gettò le basi per l'attuazione di un colpo di Stato[6].
Tra il 1942 e il 1943, Tresckow, all'epoca capo di stato maggiore dell'Heeresgruppe Mitte, aveva partecipato a tre infruttuosi tentativi. Il primo, avvenuto il 17 febbraio a Zaporižžja nel quartier generale dell'Heeresgruppe Süd, ma non realmente concretizzatosi a causa dell'opposizione del feldmaresciallo Erich von Manstein[9], il secondo, avvenuto il 13 marzo a Smolensk durante la visita di Hitler allo stato maggiore dell'Heeresgruppe Mitte, dove il colonnello Fabian von Schlabrendorff consegnò ad un ufficiale dello stato maggiore che viaggiava in aereo con il Führer un pacchetto, ufficialmente contenente alcoolici, provvisto invece di due piccole cariche esplosive sufficienti per fare precipitare l'aereo, che tuttavia non esplosero. Il terzo infine, avvenne il 21 marzo a Berlino, quando al colonnello Rudolf Christoph Freiherr von Gersdorff fu affidato l'incarico di accompagnare Hitler ad una mostra di materiale bellico catturato al nemico; Tresckow chiese a von Gersdorff se fosse disponibile a sacrificarsi facendosi saltare in aria mentre si trovava accanto a lui ma, dopo averne ricevuto l'assenso, la visita del Führer si svolse così rapidamente da non permettere il tempo di azionamento delle spolette, costringendo von Gersdorff ad uscire per disinnescarle.

La pianificazione dell'attentato

L'idea di un attentato ai danni del Führer nacque durante un incontro avvenuto nel settembre del 1943 tra il feldmaresciallo Günther von Kluge, il generale a riposo Ludwig Beck, il dottor Carl Friedrich Goerdeler ed il generale Friedrich Olbricht, riunitisi presso l'appartamento di quest'ultimo[10]. Goerdeler fu sindaco di Lipsia e per un breve periodo commissario del Reich per il controllo dei prezzi. Fu uno dei maggiori oppositori alla politica del Führer, nonché fautore di una nuova forma di governo nella quale egli stesso avrebbe dovuto ricoprire la carica di Cancelliere, mentre il generale Beck, ex capo di stato maggiore dell'esercito, sarebbe dovuto divenire il nuovo Capo di Stato[6][11]. Il motivo della riunione risiedeva nella richiesta del feldmaresciallo von Kluge (comandante dal 16 dicembre 1941 al 27 ottobre 1943 dell'Heeresgruppe Mitte sul fronte orientale), di un incontro con il generale Beck per esprimere la sua preoccupazione sull'andamento della guerra e sull'impossibilità di proseguirla su due fronti, e in merito alla necessità di prendere una decisione per eliminare Hitler dalla scena politica e militare, ritenendo che questo avrebbe impedito la distruzione del paese e l'invasione sovietica della Germania.[12]
Le condizioni per la realizzazione di un attentato tuttavia peggioravano sempre di più poiché Hitler non appariva quasi più in pubblico e raramente si recava a Berlino[8]; egli infatti, dal 24 giugno 1941, due giorni dopo l'inizio dell'operazione Barbarossa, aveva spostato il suo quartier generale a Rastenburg, nella Wolfsschanze, spostandosi solo occasionalmente nella sua residenza estiva nell'Obersalzberg, il Berghof. Heinrich Himmler e la Gestapo inoltre nutrivano sospetti sulla possibilità di un complotto contro Hitler, sospettando un coinvolgimento da parte degli ufficiali dello Stato maggiore generale.

L'ingresso di Stauffenberg nei cospiratori

Il colonnello Claus Schenk von Stauffenberg, esecutore materiale dell'attentato ad Hitler del 20 luglio 1944.
Nell'agosto 1943, Tresckow incontrò per la prima volta un giovane ufficiale, il tenente colonnello Claus Schenk von Stauffenberg; questi era stato gravemente ferito in Tunisia, perdendo la mano destra, due dita della mano sinistra e l'occhio sinistro. Il conte von Stauffenberg aveva un orientamento politico conservatore, nazionalista e cattolico e, dall'inizio del 1942, condivise il pensiero largamente diffuso tra gli ufficiali dell'esercito, che il proseguimento della guerra avrebbe portato la Germania al disastro e che Hitler sarebbe dovuto essere rimosso dal potere. Inizialmente i suoi scrupoli religiosi gli avevano impedito di giungere alla conclusione che l'assassinio sarebbe stato l'unico modo per raggiungere questo scopo ma cambiò idea dopo la sconfitta della 6ª armata a Stalingrado nel dicembre 1942, ed il conseguente fallimento della seconda offensiva estiva sul fronte orientale[13].
Una volta terminata la convalescenza, venne contattato dai cospiratori, accettando di unirsi all'organizzazione; dopo avere ricevuto la nomina di capo di stato maggiore dell'esercito territoriale, sotto il diretto comando del generale Olbricht, rielaborò insieme a von Tresckow ed al maggiore Hans-Ulrich von Oertzen la strategia del colpo di stato, modificando radicalmente gli ordini di mobilitazione della riserva nel caso della morte di Hitler, in modo tale da poter agire contro le più alte personalità del Reich e le SS. La scelta su chi dovesse compiere materialmente l'attentato cadde proprio sul colonnello von Stauffenberg, in virtù dell'opportunità che questi aveva di avvicinare il Führer durante le riunioni alla "tana del lupo" (Wolfsschanze), il quartier generale di Adolf Hitler sul fronte orientale[8].

Il piano Walküre

Carl Friedrich Goerdeler avrebbe dovuto ricoprire nel nuovo Governo la carica di Cancelliere del Reich.
Nel 1943 Olbricht aveva presentato una nuova strategia per la realizzazione del colpo di Stato; l'esercito territoriale (l'Ersatzheer), aveva un piano operativo denominato "operazione Valchiria" (in tedesco Operation Walküre), utilizzabile in caso di rivolta interna o nei territori occupati. I vertici militari avevano infatti considerato l'ipotesi che la mancanza di ordine e di controllo, dovuta alla distruzione delle città a causa dei bombardamenti e nelle conseguenti difficoltà di controllare le strutture necessarie a trattenere i milioni di lavoratori forzati occupati nelle fabbriche tedesche, sarebbe potuta sfociare in una ribellione o in una insurrezione.
Wolf-Heinrich von Helldorf, alla sinistra di Heinrich Himmler, capo della polizia di Berlino; garantì la collaborazione delle forze dell'ordine della capitale durante il colpo di Stato.
Il generale Friedrich Fromm (quarto da sinistra), comandante dell'esercito territoriale.
Olbricht suggerì che questo piano avrebbe potuto essere utilizzato per mobilitare l'esercito territoriale non contro la minaccia preventivata ma viceversa contro le SS ed i vertici del partito. Tra l'agosto ed il settembre 1943 venne quindi redatto un nuovo piano Walküre da von Tresckow, che introdusse nuovi ordini supplementari per l'occupazione dei ministeri del governo di Berlino, del quartier generale di Himmler nella Prussia orientale, delle stazioni radio e delle centrali telefoniche, oltreché per la liberazione dei campi di concentramento[14][15]. L'operazione Valchiria poteva essere messa in atto esclusivamente dal generale Friedrich Fromm, comandante dell'esercito territoriale, che quindi si trovò nella posizione di dover partecipare alla congiura oppure essere arrestato assieme agli altri funzionari governativi ed ai militari che fossero rimasti fedeli ad Hitler.
Il ruolo di Stauffenberg era indispensabile per l'attuazione del piano. Durante il colpo di Stato che avrebbe seguito la morte del Führer Stauffenberg avrebbe dovuto fare immediatamente ritorno a Berlino per prendere il comando della milizia territoriale mentre il capo ufficio segnalazioni Fellgiebel, avrebbe dovuto telefonare a Berlino per dare la notizia della morte di Hitler, e ricevuta la notizia, il generale Friedrich Olbricht assieme al nuovo capo di Stato Maggiore, al colonnello Albrecht Mertz von Quirnheim e ad altri ufficiali favorevoli al rovesciamento del governo, avrebbero avviato il piano Walküre. Questo era tuttavia debole in diversi punti: il generale Fromm era a conoscenza del complotto ma fino a quel momento non aveva fatto nulla per fermarlo, e tra i congiurati si era fatta largo la convinzione che parimenti non avrebbe fatto nulla per ostacolarlo. Egli tuttavia aveva condizionato la sua adesione alla riuscita del colpo di Stato, ossia non ne avrebbe preso parte fino a quando il successo non fosse stato assicurato[16], quindi, in caso di fallimento era lecito pensare che si sarebbe schierato contro i partecipanti. In questo modo il suo eventuale rifiuto di inoltrare gli ordini relativi al piano, avrebbe impedito ai comandanti dei distretti militari la loro conferma, con il pericolo che questi avrebbero potuto opporre il rifiuto di eseguirli.
La verifica della morte di Hitler era un'altra delle variabili essenziali alla riuscita del piano, poiché, se l'attentato fosse fallito, le possibilità di iniziare l'operazione Valchiria erano praticamente inesistenti dato che i comandanti dei distretti non avrebbero obbedito ad ordini provenienti dalla milizia territoriale, se questi si fossero basati sulla notizia inesatta della morte del Führer. Il tempo necessario a Stauffenberg per fare ritorno a Berlino, pari a circa tre ore, aggiungeva difficoltà al piano, poiché gli ordini per la mobilitazione della riserva territoriale erano firmati da Olbricht e da von Quirnheim; tuttavia, se dai distretti militari fosse pervenuta la richiesta, questi avrebbero dovuto essere confermati da Fromm, e di conseguenza Stauffenberg non avrebbe potuto confermare nessun ordine prima del suo ritorno a Berlino. Inoltre se gli ordini non fossero partiti o se il blocco delle comunicazioni non avesse retto, lo stato maggiore di Hitler avrebbe potuto emanare i relativi contrordini[17].

L'attentato

L'adesione di Rommel

Nell'estate del 1944 la Gestapo era a conoscenza di un piano per assassinare Hitler. Inoltre vi era la sensazione che anche sul campo di battaglia rimanesse poco tempo prima della definitiva disfatta della Germania, poiché il fronte orientale era in rotta e il 6 giugno gli Alleati aprirono un nuovo fronte in Francia. Circa un mese prima il feldmaresciallo Erwin Rommel era stato informato dal generale Hans Speidel dei preparativi di un attentato al Führer e questi aveva formalmente aderito e, anche se nulla fu deciso riguardo alla sua posizione nel nuovo governo, la notizia rafforzò la determinazione dei congiurati in quanto Rommel godeva in Germania di una grande popolarità e di una grande stima da parte della popolazione e la sua presenza avrebbe potuto spostare l'equilibrio del consenso a favore di Stauffenberg. Il feldmaresciallo sostenne che si doveva "venire in soccorso della Germania" ma allo stesso tempo, riteneva che uccidere Hitler ne avrebbe fatto un martire, preferendo l'idea di arrestarlo e trascinarlo davanti a un tribunale militare per i suoi molteplici crimini[18].
Quando Stauffenberg mandò, attraverso il tenente Heinrich Graf von Lehndorff-Steinort, un messaggio a Tresckow chiedendo se vi fosse ancora qualche motivo per tentare di assassinare Hitler, in quanto nessun fine politico sarebbe servito alla Germania, Tresckow rispose: "L'assassinio deve essere tentato, coûte que coûte (ad ogni costo). Anche qualora il tentativo fallisse, dobbiamo procedere nell'operazione Valchiria a Berlino. Ai fini pratici non è più alcuno scopo; quello che conta adesso è che il movimento di resistenza tedesco deve fare un grande passo davanti agli occhi del mondo e della storia. Rispetto a questo, nient'altro ha importanza[19]."

I giorni precedenti l'attentato

A sinistra il colonnello Claus Schenk von Stauffenberg durante l'incontro con Adolf Hitler alla Wolfsschanze, a destra il feldmaresciallo Wilhelm Keitel e, di spalle il generale Karl-Heinrich Bodenschatz, 15 luglio 1944.
Sabato 1º luglio 1944, Stauffenberg venne nominato capo di stato maggiore del generale Fromm presso la sede dell'esercito territoriale al Bendlerblock, nel centro di Berlino; il nuovo incarico permise a Stauffenberg di partecipare alle riunioni informative di Hitler, sia alla Wolfsschanze che a Berchtesgaden, offrendogli la possibilità di uccidere personalmente Hitler. Nel frattempo nuovi elementi si aggiunsero alle fila dei congiurati e tra questi vi era il generale Carl-Heinrich von Stülpnagel, comandante militare in Francia, il quale, dopo la morte di Hitler, avrebbe preso il controllo di Parigi con l'intento di negoziare un armistizio con le forze Alleati[20].
Il 7 luglio il generale Stieff ebbe la possibilità di uccidere Hitler durante una mostra di nuove divise presso il castello di Klessheim vicino a Salisburgo, senza tuttavia riuscire ad agire, mentre l'11 luglio Stauffenberg partecipò ad una conferenza alla presenza di Hitler, portando una bomba nella sua valigetta, ma a causa della precedente decisione dei cospiratori, che ritenevano imprescindibile uccidere il Führer eliminando contemporaneamente Hermann Göring ed Heinrich Himmler, l'attentato non venne realizzato a causa della mancata presenza di quest'ultimo[8].
Quando Stauffenberg, il 15 luglio, si recò nuovamente alla Wolfsschanze, la decisione di uccidere Hitler insieme ad Himmler era stata abbandonata ed il piano di Stauffenberg consisteva nel posizionare la valigetta con la bomba, dotata di un innesco a tempo, all'interno del bunker di cemento dove usualmente si tenevano le riunioni, uscire con un pretesto, attendere l'esplosione per poi fare ritorno a Berlino dove, dal Bendlerblock, l'edificio del ministero della guerra eletto a quartier generale della cospirazione, si sarebbe stato dato il via all'operazione Valchiria. Anche in questa occasione tuttavia, nonostante alla riunione fossero presenti sia Himmler che Göring, l'attentato non poté essere realizzato in quanto Hitler venne chiamato fuori dalla stanza all'ultimo momento[8].

Il 20 luglio 1944

Il mattino del 20 luglio 1944, von Stauffenberg si recò nuovamente alla Wolfsschanze; egli era stato convocato allo scopo di riferire sulle divisioni che la milizia territoriale stava creando in previsione dell'avanzata sovietica ed avrebbe dovuto presentare il suo rapporto ad Hitler durante la riunione quotidiana che questi teneva insieme al suo stato maggiore. In compagnia del colonnello vi erano il tenente Werner von Haeften ed il generale Hellmuth Stieff; sia Stauffenberg che von Haeften portavano una bomba nelle rispettive borse, ognuno dei due ordigni, preparati da Wessel Freytag von Loringhoven, era composto da circa un chilogrammo di esplosivo al plastico, avvolto in una carta di colore marrone; questi avrebbero dovuto essere innescati a tempo, attraverso un detonatore formato da una sottile molla di rame che sarebbe stata progressivamente corrosa da un acido[21].
Mappa del complesso della Wolfsschanze, la "tana del lupo". L'edificio contrassegnato con il numero 6 è la sala delle conferenze dove avvenne l'attentato.
Una volta giunto a Rastenburg, von Haeften ordinò al pilota di tenersi pronto a ripartire per la capitale da mezzogiorno in avanti e, lasciato l'aeroporto, i tre si diressero in automobile alla Wolfsschanze; il dispositivo di sorveglianza del quartier generale di Hitler era formato da tre anelli, difesi da campi minati, casematte e barriere di filo spinato, superabili attraverso tre posti di blocco ed ogni ufficiale aveva a disposizione un lasciapassare, valido una sola volta, e tutti dovevano essere soggetti alla perquisizione da parte di un ufficiale delle SS; i due cospiratori, convocati personalmente da Hitler, riuscirono facilmente ad oltrepassare il dispositivo, presentandosi all'interno della "tana del lupo" intorno alle ore 11.00[22].
Adolf Hitler (in blu) si trovava al centro della sala congressi della Wolfsschanze; le persone decedute (in rosso) si trovavano alla sua destra, in prossimità della bomba.
La riunione in cui avrebbe dovuto essere presente il Führer era in programma per le 13.00 ed i due ufficiali, dopo una breve colazione, si recarono dal generale Fellgiebel che insieme al generale Stieff avrebbe dovuto trasmettere la notizia della morte di Hitler e quindi bloccare qualunque comunicazione verso l'esterno, per dare tempo ai cospiratori di avviare l'operazione Valchiria. Poco dopo le ore 12:00, von Stauffenberg si recò dal feldmaresciallo Wilhelm Keitel per sottoporgli il contenuto della sua relazione e, dopo averne ottenuto l'approvazione, venne informato dell'anticipo della riunione alle 12.30 a causa dell'arrivo di Benito Mussolini che sarebbe giunto in visita nel pomeriggio. Il cambiamento di orario rese necessario accelerare l'operazione di innesco degli ordigni e von Stauffenberg chiese al feldmaresciallo il permesso di ritirarsi per qualche minuto per lavarsi e cambiarsi la camicia, chiedendo di essere accompagnato dal suo attendente. Il nervosismo di von Haeften tuttavia rischiò di compromettere l'operazione. Mentre von Stauffenberg era a colloquio con gli ufficiali, l'attendente lasciò l'esplosivo incustodito in una borsa su una scrivania avvolto in una camicia, tanto che un sottufficiale delle SS gli chiese di cosa si trattasse, ma l'arrivo di von Stauffenberg risolse la situazione[23].
Una volta rimasti soli, i due iniziarono la preparazione dei due ordigni ma, dopo l'innesco del primo, vennero richiamati dal feldmaresciallo Keitel poiché la riunione era già iniziata: un sergente bussò alla porta e fece ingresso nella stanza, vedendo i due ufficiali manipolare un oggetto e, dopo che Keitel disse ad alta voce "Stauffenberg si sbrighi", il sottufficiale rimase davanti alla porta aperta fino a che il colonnello non uscì con la borsa sotto il braccio, non riuscendo quindi ad innescare la seconda bomba. Per non attirare troppo l'attenzione su di sé Stauffenberg rinunciò a proseguire i preparativi, ritenendo erroneamente che il calore prodotto dall'esplosione di uno degli ordigni avrebbe fatto deflagrare anche il secondo. Una volta diretto verso la sala riunioni, l'attendente di Keitel cercò di prendergli la borsa per affrettarsi ma il colonnello non glielo permise e percorse velocemente i 500 metri che separavano la baracca dove aveva sostato dalla sala dove era in svolgimento la riunione, diversamente dalle informazioni in possesso di von Stauffenberg che riteneva che questa si sarebbe tenuta nel bunker di cemento, che avrebbe amplificato la potenza dell'esplosione[23].
Un soldato mostra i pantaloni di Hitler, distrutti dalla deflagrazione della bomba.
La sala riunioni era un comune edificio in mattoni e legno, con larghe finestre, protette da serrandine di acciaio per proteggere i presenti dalle schegge, che, a causa del caldo opprimente di quel giorno, erano tutte aperte; von Stauffenberg iniziò a pensare che la carica potesse essere insufficiente ma a quel punto era impossibile fermarsi. All'interno dell'edificio, il colonnello chiese all'attendente di Keitel di essere posizionato vicino al Führer a causa dei suoi problemi di udito; l'ufficiale diede il suo assenso ed appoggiò la cartella di von Stauffenberg dietro al tenente generale Adolf Heusinger, che in quel momento stava presentando il suo rapporto in merito al fronte orientale. Si presume che il colonnello Heinz Brandt, che era in piedi accanto a Hitler, spinse con il piede la cartella dietro la gamba del tavolo, evitando così l'uccisione di Hitler, ma causando la propria morte[24].
Nella stanza si trovavano 24 persone ed il feldmaresciallo Keitel richiamò l'attenzione di Hitler dicendogli "Stauffenberg è arrivato, non vuole sentirlo su questo punto?" ma questi, dopo avere salutato il colonnello con un cenno del capo, rispose "più tardi, lasciamo finire Heusinger"; immediatamente dopo von Stauffenberg chiese all'attendente di Keitel di potere uscire per fare una telefonata ed i due lasciarono insieme la stanza e, una volta giunti all'apparecchio telefonico, von Stauffenberg chiese di essere messo in comunicazione con il generale Fellgiebel; l'attendente fece ritorno nella stanza mentre il colonnello, sollevato e riagganciato il ricevitore, uscì dall'edificio[25].
Adolf Hitler, scampato all'attentato, visita insieme a Benito Mussolini ciò che resta della sala riunioni.
Mentre von Stauffenberg stava percorrendo a piedi i circa 300 metri che lo separavano dall'automobile che lo attendeva, il generale Heusinger stava terminando la sua relazione e la sua frase "se non facciamo ritirare immediatamente il nostro gruppo di armate che si trova accanto al lago Peipus, una catastrofe...", fu interrotta dall'esplosione che avvenne alle 12.42[24][26]. Il colonnello, insieme al tenente von Haeften, salì in macchina ed ordinò all'autista di partire; egli ritenne che l'attentato fosse riuscito ma, nella confusione e nella fretta, non era riuscito a vedere nulla di quanto fosse realmente accaduto, mentre il generale Fellgiebel vide un uomo barcollante uscire dall'edificio distrutto, appoggiato al braccio di Keitel e quell'uomo era Adolf Hitler, sopravvissuto quasi incolume all'attentato; egli riportò infatti solo alcune bruciature alla gambe e la perforazione del timpano destro.[24] Lo scoppio della bomba aveva invece ucciso tre ufficiali, tra cui il colonnello Brandt, e lo stenografo[26].
Von Stauffenberg, dopo aver udito l'esplosione e visto il fumo che si levava dalle finestre dell'edificio colpito, presupponendo la morte di Hitler, salì sulla sua auto personale con il tenente von Haeften. Alle 12.44 uscì dalla tana del lupo telefonando ad un ufficiale dello stato maggiore con cui aveva fatto colazione, per convincere il sottufficiale di guardia a lasciarlo passare[27], ed a recarsi all'aeroporto. Durante il tragitto von Haeften riuscì a liberarsi della seconda bomba, che fu in seguito ritrovata dalla Gestapo, ed entrambi s'imbarcarono sull'aereo messogli a disposizione dal generale Eduard Wagner per fare ritorno a Berlino[28].

Le conseguenze

L'inizio dell'operazione Valchiria

Dopo l'esposione, da Rastenburg il generale Fellgiebel doveva informare Berlino dell'accaduto, ma i segnali a sua disposizione erano solo due, ossia quello di avvio dell'operazione Valchiria e quello di arresto; non era stata presa in considerazione l'ipotesi che la bomba scoppiasse dando quindi avvio al colpo di Stato, ma che Hitler potesse comunque sopravvivere all'attentato[29]. Nell'impossibilità di contattare von Stauffenberg, le comunicazioni con l'ufficio del generale Olbricht furono confuse, ed il generale per non compromettere definitivamente il colonnello, parlando con il generale Fritz Thiele, disse semplicemente "è successa una cosa terribile, il Führer è vivo"[30]. La confusione delle informazioni fu tale che la milizia territoriale non venne messa in movimento fino all'arrivo a Berlino di von Stauffenberg. Questi diede il via al piano comunicando a tutti i distretti la morte del Führer, nonostante il rifiuto del generale Fromm a collaborare[31]. Fromm infatti aveva parlato personalmente con il feldmaresciallo Keitel, il quale gli aveva riferito che il Führer era vivo; Hitler aveva ripreso il controllo della situazione.
Nonostante il ritardo nell'avvio delle operazioni, riprese solo alle 16.00, furono diramate per radio le nomine per il nuovo regime, ma queste comunicazioni iniziarono ad essere smentite dai messaggi provenienti da Rastenburg; la lentezza e le esitazioni nell'attuazione delle operazioni, unite al fallimento dell'attentato, furono fatali ai cospiratori.

La repressione

Verso le 18.00 il comandante del III gruppo della difesa, generale Joachim von Kortzfleisch, fu convocato al Bendlerblock ma si rifiutò di obbedire agli ordini di Olbricht, sostenendo che il Führer non era morto. Venne così arrestato e tenuto sotto sorveglianza, e al suo posto venne nominato il generale Karl Freiherr von Thüngen, che tuttavia non fu in grado di mobilitare le sue truppe. Il generale Fritz Lindemann che avrebbe dovuto leggere alla radio un proclama al popolo tedesco non si presentò[32], né la radio né il quartier generale della Gestapo vennero occupati, e alle 18.45 la radio tedesca iniziò a diffondere ripetutamente un messaggio che spiegava che il Führer era stato oggetto di un attentato che l'aveva però lasciato illeso e che era in atto un colpo di stato.
Inutilmente von Stauffenberg cercò di smentire la notizia, a Praga e Vienna i comandanti territoriali che avevano iniziato ad arrestare le SS, liberarono i prigionieri ristabilendo l'ordine. Alle 19:00 circa Hitler effettuò diverse telefonate mentre il ministro della propaganda Joseph Goebbels si attivò per smentire la notizia della sua morte. Il maggiore Otto Ernst Remer, che si era presentato per arrestare lo stesso Goebbels, dallo stesso ministro fu messo in contatto con Hitler, che lo rassicurò sulle sue condizioni, lo promosse colonnello, e gli ordinò di fermare il colpo di stato e arrestare i cospiratori[31].
Soldati ed SS nel cortile interno del Bendlerblock, quartier generale e luogo della fucilazione dei congiurati.
Remer, prima di assolvere il suo compito, ricevette la notizia che un'unità corazzata allertata dai cospiratori, si era radunata nella Fehrbelliner Platz agli ordini del generale Heinz Guderian. Remer si mise immediatamente in contatto con questi, e nonostante l'autorità di comando su tutte le forze armate disponibili nella capitale che Hitler gli aveva conferito, ricevette risposta che l'unità avrebbe obbedito solo agli ordini di Guderian. L'eventuale intervento di un'unità corazzata avrebbe messo i cospiratori in una condizione di vantaggio rispetto alla divisione Großdeutschland da lui comandata; tuttavia la situazione venne risolta dal tenente colonnello Gehrke che convinse gli equipaggi dei panzer della stabilità della situazione, richiamando la loro fedeltà al Führer[33].
Il colonnello Remer ordinò alle sue truppe di circondare ed isolare il Bendlerblock, senza entrare nell'edificio[34]. Alle ore 20:00 Witzleben arrivò ​​al Bendlerblock, dove discusse con Stauffenberg che insisteva ancora sul proseguimento del colpo di stato. Nello stesso momento, il sequestro del governo di Parigi venne interrotto quando il feldmaresciallo Günther von Kluge venne a sapere che Hitler era vivo. Alle 20.30 il feldmaresciallo Keitel diffuse un messaggio in cui si affermava che Heinrich Himmler era stato nominato comandante dell'esercito territoriale al posto di Fromm e che da quel momento si sarebbe dovuto obbedire solo agli ordini che provenivano da lui. Alle 22.30, dopo una breve sparatoria all'interno del Bendlerblock, i principali congiurati vennero arrestati dal generale Fromm. Poco dopo la mezzanotte del 21 luglio, il colonnello Claus von Stauffenberg, il generale Friedrich Olbricht, il colonnello Albrecht Mertz von Quirnheim ed il tenente Werner von Haeften, su ordine del generale Fromm vennero arrestati e fucilati nel cortile del Bendlerblock. Pochi minuti dopo lo Standartenführer Otto Skorzeny arrivò con una squadra di SS e, dopo aver vietato altre esecuzioni, arrestò i congiurati rimasti e li consegnò alla Gestapo, che immediatamente si attivò per scoprire tutte le persone coinvolte nell'attentato[31].

Il processo

Il processo ai partecipanti del complotto del 20 luglio, presieduto dal giudice nazista Roland Freisler.
Nelle settimane successive, la Gestapo catturò quasi tutti coloro che avevano la più remota connessione con l'attentato; la scoperta di lettere e diari nelle case e negli uffici degli arrestati rivelò i piani dei congiurati fin dal 1938, portando ad una serie di arresti, tra cui quello di Franz Halder, condotto poi in un campo di concentramento. Seguendo il cosiddetto Sippenhaft, l'arresto per motivi di parentela, vennero arrestati tutti i parenti dei principali congiurati. Alla fine furono circa 5.000 le persone arrestate dalla Gestapo e circa 200 i giustiziati;[35] non erano tutti collegati con la congiura, tuttavia la polizia politica colse l'occasione per regolare i conti con molte altre persone sospettate di avere simpatie con l'opposizione nazista[36]. Anche Erwin Planck, il figlio del famoso fisico Max Planck, venne giustiziato per il suo coinvolgimento[37].
Carl Friedrich Goerdeler durante un momento del processo.
I partecipanti al complotto vennero processati dal Volksgerichtshof ("Tribunale del Popolo"), presieduto dal giudice Roland Freisler, condannò a morte tutti gli imputati a seguito di processi brevissimi svolti tra il 7 e l'8 agosto.[38] Pochissimi tra i congiurati cercarono di fuggire o di negare le loro colpe. I processi vennero condotti senza una vera e propria difesa e senza alcun riguardo nei confronti delle persone accusate, obbligate a presentarsi ai processi privi di cinture e con indosso abiti fuori misura[6] allo scopo di renderli grotteschi[39]. Hitler stesso volle che i colpevoli venissero "impiccati e appesi come bestiame al macello"[38][40].
Anche il tentativo di Fromm di scampare al processo, ordinando l'immediata esecuzione di Stauffenberg e di altri congiurati, fu infruttuoso; venne arrestato il 21 luglio e in seguito condannato a morte dal Tribunale del Popolo[31]. Nonostante il suo coinvolgimento nella cospirazione venne accusato esclusivamente di scarso rendimento nelle sue funzioni. Fu giustiziato a Brandeburgo sulla Havel; Hitler in persona commutò la condanna a morte per impiccagione alla "più onorevole" fucilazione.
Il feldmaresciallo Erwin Rommel, qui insieme al generale Hans Speidel, fu indotto a suicidarsi per la sua adesione formale alla congiura.
Pochissimi riuscirono a sfuggire al Tribunale del Popolo, tra questi il feldmaresciallo von Kluge ed i generali Wagner e von Tresckow che si suicidarono; quest'ultimo prima della sua morte disse a Fabian von Schlabrendorff: "Il mondo intero ora ci diffamerà, ma io sono ancora del tutto convinto che abbiamo fatto la cosa giusta. Hitler è l'acerrimo nemico non solo della Germania, ma del mondo intero.[41]" Durante un interrogatorio, Karl-Heinrich von Stülpnagel fece il nome del feldmaresciallo Erwin Rommel; pochi giorni dopo, il consigliere personale di Stülpnagel, Cesare von Hofacker ammise sotto tortura che Rommel era un membro attivo della cospirazione e nonostante non vi fosse stata alcuna partecipazione diretta da parte sua, il feldmaresciallo fu costretto a togliersi la vita il 14 ottobre 1944[18].
La stanza delle esecuzioni per i congiurati, nel carcere berlinese di Plötzensee.
L'esecuzione delle prime condanne avvenne nel carcere di Plötzensee, a poche ore dalla lettura della sentenza. I condannati vennero impiccati con filo di ferro ed i loro corpi appesi poi a ganci da macellaio.[42] Tutte le esecuzioni furono filmate in maniera meticolosa e dettagliata per circa quattro ore di filmato, questo venne mostrato a Hitler, che lo aveva commissionato, e successivamente ad altri gerarchi, non pochi dei quali si sentirono male e dovettero abbandonare la sala di proiezione. Il filmato venne proiettato per l'ultima volta nel 1950 e da allora occultato a Berlino[38].
Altri congiurati, tra cui l'ammiraglio Wilhelm Canaris, ex capo dell'Abwehr e il generale Hans Oster furono arrestati e giustiziati il 9 aprile 1945 nel campo di concentramento di Flossenbürg. I parenti dei congiurati arrestati secondo le norme del Sippenhaft, vennero internati nei campi di concentramento; tra questi vi furono dieci membri della famiglia Stauffenberg, tra i quali Berthold, che fu processato e giustiziato, otto della famiglia Gordeler, e molti altri familiari dei congiurati, alcuni dei quali persero la vita. Dal momento del loro arresto e del loro internamento, mano a mano che gli alleati avanzavano, essi vennero spostati da un campo all'altro fino alla loro liberazione, avvenuta in Tirolo da parte degli americani il 28 aprile 1945[43]. Oggi a Berlino, nella prigione dove furono eseguite le sentenze di morte, c'è un museo commemorativo per le vittime del processo.

I protagonisti della vicenda

I partecipanti alla riunione del 20 luglio

In corsivo i personaggi che rimasero uccisi nell'esplosione.

I cospiratori direttamente coinvolti

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce elenco di membri del complotto del 20 luglio.
Molte personalità militari che ricoprivano posizioni importanti nell'ingranaggio militare tedesco ed importanti esponenti dell'imprenditoria industriale, appartenevano a circoli antinazisti, segretamente od a titolo personale, anche se non tutti concordavano sull'eliminazione fisica di Hitler e dei principali gerarchi; molti erano i simpatizzanti che non avrebbero agito concretamente, o, appellandosi al giuramento di fedeltà, disposti a mostrare i loro veri sentimenti solo dopo la morte del Führer.
Fra coloro che parteciparono direttamente all'attentato vi furono:

Cinematografia

Film

Documentari

Note

  1. ^ Shirer, 1960, op. cit., p. 1393
  2. ^ Hoffmann, op. cit., p. 81
  3. ^ Taylor, 1974, op. cit., p. 224
  4. ^ a b Thomsett, 1997, op. cit., p. 45
  5. ^ Questi sottovalutarono ogni apporto informativo che avrebbe consentito loro di conoscere il piano o addirittura di agevolarlo: cfr. P.R.J. Winter, British Intelligence and the July Bomb Plot of 1944: A Reappraisal in War in History, Sports Industry Market Research, Statistics, Trends and Leading Companies, 2006, pp. 468-494.
  6. ^ a b c d Fest, 1997, op. cit., p. 95
  7. ^ Fest, 1997, op. cit., p. 188
  8. ^ a b c d e Taylor, 1974, op. cit., p. 226
  9. ^ Hoffmann, 1994, op. cit., p. 148
  10. ^ Biagi, 1995, op. cit., p. 2021
  11. ^ Thomsett, 1997, op. cit., p. 40
  12. ^ Thomsett, 1997, op. cit., p. 46
  13. ^ "Claus Schenk Graf von Stauffenber" , German Resistance Memorial Center, 2009.
  14. ^ Fest, 1997, op. cit., p. 219
  15. ^ In precedenza, si credeva che fosse il tenente colonnello Claus Schenk von Stauffenberg il principale responsabile del piano Walküre, ma i documenti recuperati da parte dell'Unione Sovietica dopo la guerra e pubblicati nel 2007 suggeriscono che il piano fu sviluppato da Tresckow entro l'autunno del 1943.
  16. ^ Hoffmann, 1994, op. cit., p. 155
  17. ^ Galante, 1981, op. cit., pp. 11-12
  18. ^ a b Shirer, 1990, op. cit.
  19. ^ Fest, 1997, op. cit., p. 236
  20. ^ Fest, 1997, op. cit., p. 228
  21. ^ Hoffman, 1996, op. cit.
  22. ^ Biagi, 1995, op. cit., p. 2024
  23. ^ a b Hoffmann, 1994, op. cit., p. 156
  24. ^ a b c (DE) Der Anschlag. Spiegel Online. URL consultato il 19-4-2011.
  25. ^ Biagi, 1995, op. cit., p. 2030
  26. ^ a b Biagi, 1992, op. cit., p. 398
  27. ^ Hoffmann, 1994, op. cit., p. 161
  28. ^ (DE) Einer der Letzten, die Stauffenberg lebend sahen. Br Online. URL consultato il 24-4-2011.
  29. ^ Biagi, 1995, op. cit., p. 2031
  30. ^ Hoffmann, 1994, op. cit., p. 426
  31. ^ a b c d Taylor, 1974, op. cit., p. 227
  32. ^ Fest, 1997, op. cit., pp. 270-272
  33. ^ Fraser, 1993, op. cit., p. 499
  34. ^ Galante, 1981, op. cit., p. 209
  35. ^ Kershaw, 2009, op. cit., p. 693
  36. ^ Fest, 1997, op. cit., p. 301
  37. ^ Alleged July Plot Conspirators Executed in Plötzensee Prison. JewishVirtualLibrary.org. URL consultato il 24-4-2011.
  38. ^ a b c Shirer, 1960, op. cit., p. 1070–1071
  39. ^ Durante l'interrogatorio al feldmaresciallo von Witzleben, il giudice Freiser gli si rivolse gridandogli: Witzleben, la smetta di tirarsi su continuamente i pantaloni, è disgustoso. Non può trovare il modo di tenerli a posto? Gallo, 1970, op. cit., p. 351
  40. ^ Fest, 1997, op. cit., p. 295
  41. ^ Hoffmann, 1996, op. cit., p. 187
  42. ^ Thomsett, 1997, op. cit., p. 231
  43. ^ Enzo Biagi, cit., pag. 2036.
  44. ^ Ulrich F. Zwygart, Integrity and moral courage: Beck, Tresckow and Stauffenberg in Military Review, Sports Industry Market Research, Statistics, Trends and Leading Companies, 1994.
  45. ^ Salmaggi e Pallavisini, 1989, op. cit., p. 561
  46. ^ Scheda su Rommel, la volpe del deserto dell'Internet Movie Database
  47. ^ Scheda su Accadde il 20 luglio dell'Internet Movie Database
  48. ^ Scheda su Operazione walkiria dell'Internet Movie Database
  49. ^ Il film ricevette nel 1956 il Deutscher Filmpreis nella categoria "Filme, die zur Förderung des demokratischen Gedankens beitragen".
  50. ^ Scheda su La notte dei generali dell'Internet Movie Database
  51. ^ Scheda su Il complotto per uccidere Hitler dell'Internet Movie Database
  52. ^ Scheda su Die Stunde der Offiziere dell'Internet Movie Database
  53. ^ Scheda su Stauffenberg dell'Internet Movie Database
  54. ^ Scheda su Operazione Valchiria dell'Internet Movie Database
  55. ^ Scheda su Geheime Reichssache dell'Internet Movie Database
  56. ^ Scheda su The Restless Conscience dell'Internet Movie Database

Bibliografia

  • A.A.V.V., Storia della Seconda guerra mondiale, Paulton near Bristol-Milano, Rizzoli-Purnell, 1967, quinto volume. (ISBN non disponibile)
  • Enzo Biagi, La seconda guerra mondiale - Parlano i protagonisti, Rizzoli, 1992. ISBN 88-17-11175-9
  • Enzo Biagi, La seconda guerra mondiale, Fabbri Editori, 1995, sesto volume. (ISBN non disponibile)
  • Philipp von. Boeselager, Valkyrie: the Plot to Kill Hitler (in inglese), Londra, Weidenfeld & Nicholson, 2008. (ISBN non disponibile)
  • Alex Büchner, German Infantry Handbook, 1939–1945: Organization, Uniforms, Weapons, Equipment and Operations (in inglese), Schipper Publishing, 1991. ISBN 978-0887402845
  • Joachim Fest, Plotting Hitler's Death: The Story of German Resistance (in inglese), Londra, Holt Paperbacks, 1970. ISBN 978-080-505648-8
  • David Fraser, Rommel, Mondadori, 1993. ISBN 88-04-41844-3
  • Pierre Galante, Operation Valkyrie (in francese), Harper and Row, 1981. ISBN 0060380020
  • Max Gallo, La notte dei lunghi coltelli, Mondadori, 1970. ISBN 88-04-46870-X
  • Peter Hoffmann, Tedeschi contro il nazismo, il Mulino, 1994. ISBN 88-15-04641-0
  • Nigel Jones, Countdown to Valkyrie: The July Plot to Assassinate Hitler (in inglese), Frontline, 2009. ISBN
  • Ian Kershaw, Operazione Valchiria, Bompiani, 2009. ISBN 88-452-6271-5
  • Gerald Reitlinger, The SS: Alibi of a Nation 1922–1945 (in inglese), Englewood Cliffs, NJ: Prentice-Hall, 1956. ISBN
  • Gerald Moorhouse, Killing Hitler, Jonathan Cape, 2006. ISBN 0-224-07121-1
  • Salmaggi e Pallavisini, La seconda guerra mondiale, Mondadori, 1989. ISBN 88-04-39248-7
  • William Shirer, The Rise and Fall of the Third Reich (in inglese), Simon & Schuster, 1960. ISBN 0-671-72868-7
  • Salta in aria la tana del Lupo in Arrigo Petacco (a cura di), La seconda guerra mondiale, Armando Curcio Editore, 1970, quinto volume. (ISBN non disponibile)
  • A. J. P. Taylor, A History Of World War Two (in inglese), Londra, Octopus Books, 1974. ISBN 0-70640-399-1
  • Micheal C. Thomsett, The German opposition to Hitler: the resistance, the underground, and assassination plots, 1938-1945 (in inglese), McFarland, 1997. ISBN 0786403721
  • Philipp Von Boeselager, Volevamo uccidere Hitler. L'ultimo testimone dell'operazione Valchiria racconta il complotto del 20 luglio 1944, Le Scie, Mondadori, 2009. ISBN 8804586028

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