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martedì 22 aprile 2008

Nicolae Ceauşescu...chi era in breve l'uomo forte del Comunismo Rumeno!

Nicolae Ceauşescu (IPA: ʧauˈʃesku) (Scorniceşti, 26 gennaio 1918Târgovişte, 25 dicembre 1989) è stato un politico rumeno. Fu il leader comunista della Romania dal 1965 fino al dicembre 1989. In questo mese fu sottoposto a un processo [1][2][3] con le accuse di crimini contro lo stato, genocidio, e "distruzione dell'economia nazionale."[4] La sua successiva esecuzione fu l'atto finale della rivoluzione del 1989.
Nato in una numerosa famiglia contadina nel villaggio di Scorniceşti, nel Distretto di Olt, Ceauşescu si trasferì a Bucarest all'età di 11 anni, per diventare apprendista calzolaio.
Entrò nell'illegale Partito Comunista Rumeno nel 1932 e fu arrestato nel 1933, a 15 anni, durante uno sciopero, con l'accusa di essere un agitatore. Fu arrestato ancora nel 1934 prima per aver raccolto firme per una petizione di protesta contro un processo ai lavoratori della ferrovie, e altre due volte per altre attività simili, che gli valsero la definizione di "pericoloso agitatore comunista" e "distributore attivo di propaganda comunista e antifascista", sui documenti della polizia. A seguito di ciò si diede alla clandestinità, ma fu catturato e imprigionato nel 1936 con una condanna a due anni di carcere nella prigione di Doftana per attività anti-fasciste.
Nel 1939, mentre era fuori di prigione, incontrò Elena Petrescu: i due si sposeranno nel 1946 ed ella avrebbe svolto un ruolo sempre più importante nella sua vita politica nel corso dei decenni. Venne arrestato e imprigionato nuovamente nel 1940. Nel 1943 fu trasferito nel campo di concentramento di Târgu Jiu, dove divise la cella con Gheorghe Gheorghiu-Dej, divenendone il protetto. Dopo la Seconda guerra mondiale, quando la Romania stava cominciando a cadere sotto l'influenza sovietica, servì come segretario dell'Unione della Gioventù Comunista (1944-1945).
Dopo che i comunisti presero il potere in Romania nel 1947, fu a capo del ministero dell'agricoltura, quindi servì come vice ministro delle forze armate sotto il regime stalinista di Gheorghiu-Dej. Nel 1952 Gheorghiu-Dej lo portò nel Comitato Centrale, mesi dopo che la "fazione moscovita" del partito, guidata da Ana Pauker, era stata epurata. Nel 1954 divenne membro a pieno titolo del Politburo ed alla fine si trovò ad occupare la seconda carica più importante all'interno della gerarchia del partito.


Tre giorni dopo la morte di Gheorghiu-Dej avvenuta nel marzo del 1965, Ceauşescu divenne primo segretario del Partito Rumeno dei Lavoratori. Uno dei primi atti fu quello di ribattezzare il partito Partito Comunista Rumeno e di dichiarare che il paese ora era la Repubblica Socialista della Romania e non più una repubblica popolare: a seguito di ciò, nel 1967 venne nominato Presidente del Consiglio di Stato.
Da subito divenuto una figura popolare, grazie alla sua politica indipendente, che sfidava la supremazia dell'Unione Sovietica in Romania che si attuava anche attraverso i SovRom. Dal 1966 non partecipò più attivamente al Patto di Varsavia (sebbene formalmente la Romania ne rimanesse membro) e nel 1968 si rifiutò di prender parte all'invasione della Cecoslovacchia da parte delle forze del Patto di Varsavia, dichiarando in un discorso pubblico che l'invasione di un paese membro del Patto di Varsavia da parte di un altro stato membro era un gravissimo pericolo per la pace e per il già precario equilibrio politico in Europa. La tolleranza accordata dall'Unione Sovietica al comportamento di Ceauşescu diede alla Romania uno status di paese anticonformista rispetto ai restanti paesi dell'est Europa.
Nel 1974 Ceauşescu si insignì del titolo di Presidente della Romania, consolidando così il proprio potere. Egli seguì una politica indipendente nelle relazioni estere; per esempio, la Romania fu uno dei quattro paesi comunisti (gli altri sono la Repubblica popolare cinese, Cuba e la Jugoslavia) a prendere parte ai Giochi della XXIII Olimpiade, organizzati a Los Angeles negli Stati Uniti nell'estate del 1984. Inoltre, la Romania fu il primo dei paesi del Blocco Orientale ad avere relazioni con la Comunità Europea: nel 1974 fu sottoscritto un patto che includeva la Romania nel Sistema Generalizzato di Preferenze della Comunità e nel 1980 fu stipulato un accordo sui prodotti industriali.
In ogni caso Ceauşescu rifiutò qualsiasi ipotesi di riforma liberale. L'evoluzione del regime seguì il tracciato stalinista già delineato da Gheorghiu-Dej. L'opposizione al controllo da parte sovietica fu dovuta alla determinazione di non procedere alla de-stalinizzazione. La polizia segreta (Securitate) mantenne un assoluto controllo sui media e su qualsiasi tipo di discorso e non tollerò nessun tipo di opposizione interna.
A partire dal 1972, Ceauşescu istituì un programma di sistematizzazione della Romania. Presentato come un modo per costruire una "Società socialista sviluppata multilateralmente", il programma di demolizione, ristrutturazione e costruzione, cominciò nelle campagne e culminò con un tentativo di completo rimodellamento della capitale del paese.
Oltre un quinto di Bucarest, incluse chiese e palazzi storici, venne demolito negli anni Ottanta con l'intenzione di ricostruire la città nello stile voluto da Ceauşescu. La Casa del Popolo ("Casa Poporului") a Bucarest, adesso sede del Parlamento, è la seconda più grande costruzione al mondo dopo il Pentagono. Ceauşescu inoltre pianificò di distruggere molti villaggi con i bulldozer e di trasferirne gli abitanti in condomini cittadini come parte del suo programma di "urbanizzazione" e "industrializzazione". Il progetto di un'organizzazione non governativa chiamato "Villaggi Fratelli" che creava dei collegamenti tra le comunità romene e quelle europee potrebbe aver giocato un ruolo nel contrastare i piani governativi.


Nel 1966 il regime decretò la messa al bando di qualsiasi forma di contraccezione o aborto ed introdusse altre politiche a sostegno dell'incremento del tasso di natalità, inclusa una tassa tra il dieci e il venti per cento del reddito sia per gli uomini che per le donne (sposati o celibi/nubili) che dopo i 25 anni fossero rimasti senza prole. L'aborto era ammesso solo per le donne sopra i quarantadue anni o già madri di quattro (successivamente cinque) bambini. Madri che avessero più di cinque bambini ricevevano vari benefit, mentre le madri di più di dieci bambini erano dichiarate madri-eroine, ricevevano una medaglia d'oro, una macchina gratis, trasporto gratuito sui treni ed altri bonus. Poche donne in ogni caso raggiunsero questi obbiettivi, la famiglia romena aveva mediamente da due o tre bambini (vedi Demografia della Romania). [5] Inoltre, un numero considerevole di donne morì o fu mutilato durante l'esecuzione di aborti clandestini.[6]
Il governo si diede l'obiettivo di diminuire la percentuale dei divorzi e di rendere il divorzio stesso molto più difficoltoso, fu infatti decretato che il matrimonio poteva essere annullato solo in casi eccezionali. Nei tardi anni Sessanta la popolazione iniziò a crescere accompagnata da un incremento della povertà e del numero di persone senza fissa dimora (bambini di strada) nelle aree urbane. Dall'altro lato un nuovo problema fu creato dalla crescita incontrollata del fenomeno dell'abbandono dei bambini, che portò alla conseguente crescita della popolazione degli orfanotrofi (vedi Cighid) e facilitò la diffusione dell'AIDS negli ultimi anni Ottanta, favorita dalla decisione del governo di non ammettere l'esistenza di questa malattia in Romania e di conseguenza di non permettere l'esecuzione del test HIV.


Ceauşescu visitò la Repubblica popolare cinese, il Vietnam del nord e la Corea del nord nel 1971 e fu colpito dai modelli presenti in questi paesi. Mostrò grande interesse all'idea di una trasformazione totale della nazione insita nei programmi del Partito del lavoratori coreani e nella Rivoluzione culturale cinese. Poco dopo essere tornato in Romania incominciò ad emulare il sistema nord-coreano influenzato dalla filosofia del Juche del presidente Kim Il Sung.
I libri coreani sul Juche furono tradotti in romeno e ampiamente distribuiti nel paese. Il 6 luglio del 1971 Ceauşescu mandò un discorso al comitato esecutivo del PCR. Questo discorso, dall'intonazione simil-maoista, conosciuto come Tesi di Luglio, contiene settanta proposte. Alcune di queste sono:
continua crescita del ruolo di guida del partito
miglioramento dell'educazione del partito e una massiccia azione politica
far partecipare i giovani al grande piano di costruzioni come parte del loro "lavoro patriottico"
un'intensificazione dell'istruzione politico-ideologica in scuole e nelle università, così come tra i bambini, la gioventù e le organizzazioni studentesche
un'espansione della propaganda politica, coinvolgendo radio e spettacoli televisivi così come le case editrici, i teatri e il cinema, l'opera, il balletto e le unioni degli artisti ecc.
promuovere un carattere "militante, rivoluzionario" nelle produzioni artistiche.
La liberalizzazione del 1965 veniva condannata e l'indice dei libri e degli autori proibiti veniva ristabilito. Le tesi annunciavano l'inizio di una "piccola rivoluzione culturale", lanciavano una offensiva neo-stalinista con l'autonomia culturale riaffermando una base ideologica per la letteratura che il Partito aveva in teoria abbandonato. Anche se presentato come una forma di "socialismo umanista" le tesi nei fatti riaffermavano un ritorno alle stringenti linee guida del Realismo Socialista e attaccavano gli intellettuali non allineati. Una stretta aderenza ideologica veniva richiesta nelle scienze umanistiche e sociali. La competenza e l'estetica vennero sostituite dall'ideologia, i professionisti vennero sostituiti dagli agitatori e la cultura divenne ancora una volta uno strumento per la propaganda politico-ideologica.


Nel 1978 Ion Mihai Pacepa, uno dei più vecchi membri della polizia politica rumena (Securitate), riparò negli Stati Uniti d'America. Generale a due stelle, fu l'ufficiale più alto in grado che abbia defezionato dal blocco sovietico durante la guerra fredda. La sua fuga fu un potente colpo contro il regime, che costrinse Ceauşescu a rivedere l'organizzazione della Securitate. Il libro di Pacepa del 1986 Red Horizons: Chronicles of a Communist Spy Chief (ISBN 0895265702) rivela dettagli del regime di Ceauşescu come la collaborazione con i terroristi arabi, il massiccio spionaggio delle industrie americane e i suoi elaborati sforzi per ottenere il supporto politico dell'ovest.
Dopo la defezione di Pacepa, il paese si isolò e la crescita economica si arrestò. L'intelligence di Ceauşescu cominciò ad essere infiltrata dalle agenzie di intelligence straniere ed egli cominciò a perdere il controllo del paese. Tentò diverse riorganizzazioni del controspionaggio nel tentativo di liberarsi dei vecchi collaboratori di Pacepa, ma questo si rivelò un insuccesso.
Secondo la dichiarazione ufficiale fatta del presidente Ion Iliescu quando Pacepa chiese di riottenere le sue proprietà e la sua posizione; Pacepa era "un uomo confuso" che aveva ammassato proprietà illegali in Romania, approfittando della sua posizione influente. La suprema corte romena si dichiarò in disaccordo con la sentenza n° 41/1999 che cancellò la sentenza a morte di Pacepa, gli ridiede il suo grado militare ed ordinò la restituzione delle sue proprietà.


Nonostante il suo dominio fosse sempre più totalitario, l'indipendenza politica di Ceauşescu dall'Unione Sovietica e le sue proteste contro l'invasione della Cecoslovacchia nel 1968 fecero crescere l'interesse delle potenze Occidentali che credettero, brevemente, che fosse un anti-sovietico ed un anticonformista, e sperarono tramite lui di creare un scisma nel Patto di Varsavia. Ceauşescu non comprese che il finanziamento non gli fu sempre molto favorevole. Ceauşescu accettò un grosso prestito (più di $13 miliardi) dall'occidente per finanziare programmi di sviluppo economico, ma questi prestiti in ultimo devastarono la situazione finanziaria del paese. In un tentativo di correre ai ripari, Ceauşescu decise di sradicare il debito straniero della Romania. Organizzò un referendum e tramite esso cambiò la costituzione, aggiungendo una clausola che proibiva alla Romania in futuro di contrarre debiti esteri. Il risultato del referendum fu un "sì" praticamente unanime.
Negli anni ottanta, Ceauşescu ordinò l'esportazione della maggior parte della produzione agricola ed industriale del paese per rimborsare i debiti. La penuria nazionale risultante trasformò la vita quotidiana dei cittadini rumeni in una lotta per la sopravvivenza, fu introdotto il razionamento del cibo e la mancanza di riscaldamento, la penuria di benzina e le interruzioni di corrente divennero la regola. C'era un netto calo nella qualità della vita (specialmente riguardo alla disponibilità di cibo e di beni nei negozi) tra il 1980 ed il 1989. La spiegazione ufficiale era che il paese stava pagando i suoi debiti e le persone accettavano le conseguenti sofferenze, credendo che sarebbero durate per poco e che alla fine la situazione sarebbe migliorata.
Il debito fu pagato interamente nell'estate del 1989, poco prima che Ceauşescu venisse spodestato causando però successivamente un debito per risanare la Romania dal disastro, così causato, 3 volte superiore.


Nel 1989 Ceausescu stava dando segnali di essere completamente avulso dalla realtà del paese. Mentre la Romania attraversava un periodo di estreme difficoltà con lunghe file di persone in cerca di cibo davanti a negozi alimentari vuoti, Ceauşescu veniva mostrato in TV mentre entrava in negozi ben riforniti e decantava l'"alta qualità della vita" raggiunta sotto la sua guida. Nel 1989 giornalmente la TV trasmetteva una lista dei Kolkhoz che avevano raggiunto dei record nel raccolto, in aperta contraddizione con quella che era l'esperienza pratica del livello medio di viveri da parte dei romeni.
Alcune persone credendo che Ceauşescu non riuscisse a rendersi conto della situazione reale del paese provarono a consegnargli a mano delle lettere quando era in visita per il paese. Comunque, ogni qualvolta riceveva una lettera Ceauşescu la consegnava subito ai suoi consiglieri per la sicurezza. Il fatto se Ceauşescu abbia o meno mai letto queste petizioni rimarrà probabilmente per sempre ignoto. In accordo con le voci che circolavano al tempo si crede che le persone che tentarono di consegnare delle lettere direttamente a Ceauşescu rischiarono drammatiche conseguenze a cura della polizia segreta, la Securitate. La gente venne fortemente scoraggiata dal rivolgersi direttamente a lui e si diffuse una sensazione generalizzata che la situazione avesse ormai toccato il fondo.


Come Kim nella Corea del Nord, Ceauşescu creò un pervadente culto della personalità, dando a sé stesso i titoli di "Conducător" ("Condottiero") e "Geniul din Carpaţi" ("Genio dei Carpazi"), con l'aiuto dei poeti della cultura del proletariato (Proletkult) tra i quali Adrian Păunescu e Corneliu Vadim Tudor e addirittura facendosi fare uno scettro, simile a quello del Re di Romania. Questi eccessi spinsero il pittore Salvador Dalì a spedire un telegramma di congratulazioni al "Conducator". Il giornale del Partito Comunista Scînteia pubblicò il messaggio, senza rendersi conto che Dalì lo aveva scritto con intento decisamente ironico. Per impedire nuovi tradimenti dopo quello di Pacepa, Ceauşescu dette a sua moglie Elena Ceausescu e ad altri membri della sua famiglia importanti incarichi di governo.


Sotto Ceauşescu, la Romania era la quarta più grande esportatrice europea di armi. Ciononostante, molte delle azioni di Ceauşescu suggeriscono che una delle sue ambizioni era vincere un Premio Nobel per la pace. In questo senso, tentò di fare da mediatore tra OLP e Israele. Organizzò, con successo, un referendum per ridurre le dimensioni dell'esercito rumeno del 5%. Tenne grandi raduni per la pace e scrisse un poema che divenne parte di ogni manuale di letteratura. Il suo poema parafrasava Isaia 5:4 ed era (in una traduzione letterale):
Fateci trarre trattori dai cannoni
Dalle luci e sorgenti atomiche
Dai missili nucleari
Aratri per lavorare i campi.
Ceauşescu tentò anche di influenzare e guidare i paesi africani. Era un buon alleato e amico personale del corrotto dittatore cleptomaniaco Mobutu Sese Seko della Repubblica Democratica del Congo, le relazioni non erano solo da stato a stato ma anche tra partito e partito, MBR e Partito Comunista Rumeno. Molti credono la sua morte abbia influenzato Mobuto nella "democratizzazione" dello Zaire nel 1990.[7] Oltre ciò la Francia insignì Ceauşescu della Legion d'onore e nel 1978 divenne un HBK (Honorary British Knight)[8] (GCB, rimosso) nel Regno Unito.


Il controllo stalinista esercitato da Ceauşescu su ogni aspetto religioso, educativo, commerciale, sociale della vita civile aggravò ulteriormente la situazione. Nel 1987 un tentativo di sciopero a Brasov fallì: l'esercito occupò le fabbriche e represse le dimostrazioni dei lavoratori.
Durante il 1989, Ceauşescu si trovò sempre più isolato, anche nel mondo Comunista: propose ad agosto un vertice per discutere i problemi del Comunismo est-europeo e "difendere il socialismo" in questi paesi, ma la sua proposta fu rifiutata dagli stati del Patto di Varsavia e dalla Cina. Anche dopo che cadde il Muro di Berlino e che il suo compagno meridionale, il leader bulgaro Todor Zhivkov, fu sostituito nel novembre 1989, Ceauşescu ignorò la minaccia alla sua posizione in quanto ultimo presidente alla "vecchia maniera comunista" presente in Europa Orientale.


Il regime di Ceauşescu crollò dopo una serie di eventi violenti avvenuti a Timişoara e a Bucarest nel dicembre 1989.
Nel novembre dello stesso anno Ceauşescu, che aveva 71 anni, fu rieletto dal XIV congresso del Partito Comunista Rumeno (PRC) per altri 5 anni a guida del PRC.
Le dimostrazioni a Timişoara furono provocate dal tentativo del governo di espellere László Tőkés, un popolare sacerdote ungherese, accusato di incitare all'odio etnico. I membri, di etnia ungherese, della sua congregazione circondarono il suo appartamento in segno di appoggio. Molti studenti rumeni decisero spontaneamente di unirsi nella manifestazione che a questo punto era solo lontanamente collegata alla causa originaria e divenne invece principalmente una manifestazione anti-governativa. L'esercito, la polizia e la Securitate spararono sui manifestanti il 17 dicembre 1989. All'evento venne data ampia diffusione da radio Voice of America e dagli studenti di Timişoara che ritornavano a casa per le feste di Natale.
Il 18 dicembre Ceauşescu partì per una visita di stato in Iran, lasciando il compito di sopprimere la rivolta di Timişoara ai suoi collaboratori e a sua moglie. Dopo il suo ritorno, avvenuto il 20 dicembre, la situazione si presentava ancora tesa e lui volle pronunciare un discorso da uno studio TV nel palazzo del Comitato Centrale (palazzo CC), nel quale parlò degli eventi di Timişoara in termini di "interferenze di forze straniere negli affari interni rumeni" e di un'"aggressione straniera alla sovranità della Romania". Il paese, che non aveva avuto informazioni dei fatti di Timişoara da parte dei media nazionali, le ebbe da radio Voice of America e da radio Free Europe e grazie al passaparola. Un raduno di massa fu inscenato per il giorno successivo, 21 dicembre, e fu presentato, dai canali ufficiali, come "uno spontaneo movimento di supporto a Ceauşescu", riferendosi all'incontro del 1968 durante il quale Ceauşescu aveva parlato contro l'invasione della Cecoslovacchia da parte delle forze del Patto di Varsavia.
Il 21 dicembre il raduno, tenuto in quella che attualmente è Piazza della Rivoluzione, degenerò nel caos. L'immagine dell'espressione di sconcerto sul viso di Ceauşescu nel momento in cui iniziano i "buu" di protesta da parte della folla segna il momento del crollo definitivo del comunismo nell'est Europa. La coppia sbalordita (al dittatore si unì la moglie), non riuscendo a controllare la folla si rifugiò all'interno del palazzo CC, dove rimasero fino al giorno dopo. Nello stesso giorno si ebbe una rivolta della popolazione di Bucarest che si era riunita in Piazza dell'Università e affrontò la polizia e l'esercito sulle barricate. Questi eventi iniziali sono considerati una rivoluzione genuina, non manipolata. Comunque, i ribelli disarmati non potevano affrontare l'apparato militare concentrato a Bucarest che ripulì le strade entro mezzanotte arrestando centinaia di persone nel frattempo.
Anche se la trasmissione della televisione nazionale del giorno precedente sulla "manifestazione di appoggio" e degli eventi seguenti era stata interrotta, la reazione senile di Ceauşescu agli eventi era già divenuta parte della memoria collettiva del paese. Dalla mattina del 22 dicembre, la ribellione si era diffusa in tutte le città notevoli. La morte sospetta del ministro della difesa Vasile Milea fu annunciata dai media. Immediatamente dopo Ceauşescu presiedette la riunione del CPEX e assunse il comando dell'esercito. Fece un tentativo di disperdere la folla radunata di fronte al palazzo CC, ma questa mossa disperata fu rifiutata dai ribelli che forzarono le porte dell'edificio lasciato indifeso dall'esercito, dalla polizia e dalla Securitate. La coppia Ceauşescu fuggì con un elicottero dalla cima del palazzo CC una pessima decisione (avrebbero avuto un rifugio più sicuro usando i tunnel sotterranei esistenti) [si veda Dumitru Burlan].


Gli eventi del dicembre 1989 rimangono controversi. Molti, incluso Filip Teodorescu, all'epoca alto ufficiale della Securitate, affermano che un gruppo di generali cospiratori della Securitate colse l'opportunità per effettuare un colpo di stato a Bucarest. Alcuni hanno fatto più specifiche affermazioni sulla natura della cospirazione. Il colonnello Burlan afferma che il colpo di stato, preparato fin dal 1982, fu progettato originalmente per le feste di Capodanno, ma venne spontaneamente ripianificato per approfittare del clima politico. Rimane questione controversa se c'era stata precedentemente una cospirazione per effettuare un colpo di stato, e, in caso affermativo, chi precisamente ne fu coinvolto.
Le due possibilità principali sono che questi eventi erano semplicemente una combinazione tra una rivoluzione genuina e la confusione inerente, o che le varie figure dell'apparato militare approfittarono semplicemente delle proteste pubbliche, in un tentativo di prendere il potere per loro o per altri che erano da loro sostenuti.
Il 22 dicembre l'esercito era senza una guida, infatti Ceauşescu (il capo ufficiale dell'esercito) era scomparso, essendo stato spedito dal suo consigliere (e possibile cospiratore) Stanculescu in campagna, e il ministro della difesa Vasile Milea era morto (inizialmente i leader della "rivoluzione" sostennero che Milea era stato assassinato da Ceauşescu, ma sarebbe potuto essere stato ucciso dai cospiratori, facendo apparire il tutto come un suicidio, perché avrebbe potuto rifiutarsi di unirsi a loro). La (attuale) versione ufficiale che commise suicidio non ha pressoché credibilità. Confusi, gli ufficiali dell'esercito decisero di evitare conflitti dichiarando che avrebbero fraternizzato coi dimostranti (almeno questi furono gli ordini e le spiegazioni che diedero ai soldati nei luoghi degli eventi principali di Bucarest).
Scontri violenti avvennero all'Aeroporto internazionale Henri Coanda di Bucarest-Otopeni, tra truppe spedite uno contro l'altra con il pretesto che avrebbero dovuto affrontare dei terroristi. Ci sono vari rapporti di eventi simili. Filip Teodorescu dichiara che un certo numero di provocatori, che potrebbero essere molto pochi e probabilmente russi, provocò vari incidenti (inclusi alcuni in Timisoara); inoltre dichiara che il livello della violenza fu grandemente esacerbato da elementi militari che propagandarono il mito dei "securitate-terroristi."
In un caso discusso alla televisione rumena nel 1989, una guarnigione di soldati affiliati alla Securitate (i cui coscritti prestavano 18 mesi di servizio di leva) affermò che loro ricevettero ordini per andare e difendere la città dai terroristi di Ceauşescu (che all'epoca si riteneva fossero una fazione disobbediente della Securitate, in quanto questa fraternizzò apertamente con la rivoluzione), mentre in città fu annunciato che i soldati della Securitate stavano venendo ad attaccare la guarnigione regolare. Centinaia di persone si disposero volontariamente a lottare contro le truppe in arrivo. In quel particolare caso, il capo della guarnigione della Securitate avvertì che qualche cosa non andava e rifiutò di entrare in città. Secondo il libro del Colonnello Dumitru Burlan, i generali che facevano parte della cospirazione (condotti dal generale Victor Stanculescu) tentarono di creare questi terroristi fittizi per ispirare paura e mettere l'esercito a margine del complotto.


Secondo la teoria del complotto, i generali Stanculescu e Neagoe (che ne erano a capo), erano tra i consiglieri di sicurezza più vicini a Ceauşescu, e lo convinsero a tenere un raduno di massa in una piazza in cui erano state posizionate delle armi automatiche comandate a distanza. Durante il discorso di Ceauşescu, le armi vennero azionate e si misero a sparare casualmente sulla folla, mentre agitatori si misero a gridare con dei megafoni contro Ceauşescu. Impaurite, le persone tentarono inizialmente di fuggire. Essendogli stato detto con i megafoni che la repressiva Securitate di Ceauşescu avrebbe sparato su loro e che una "rivoluzione" era in atto, le persone furono convinte ad unirsi alla "rivoluzione". Il raduno si trasformò in una dimostrazione di protesta.
La motivazione del presunto colpo di stato, come può essere desunto dai fatti, sembra complessa. La prima legge abolita (senza alcun referendum o legalità) dalla nuova leadership fu l'articolo della costituzione che impediva alla nazione di contrarre debiti. In quel momento i debiti erano stati tutti ripianati, il che rende più complesso rintracciare i beneficiari di questi nuovi e desiderati debiti: persone, statisti corrotti, o banche internazionali. Anche gli interessi personali vennero serviti, come avvenne anche per il KGB in Unione Sovietica.
Vale a dire che le persone della Securitate nel colpo di stato si spartirono tra loro la maggior parte dell'industria rumena (300 persone, molte delle quali personaggi della "rivoluzione" e leader politici, ora possiedono una ricchezza paragonabile all'intero Prodotto Interno Lordo della nazione). Alcuni dei partecipanti (probabilmente la citazione si riferisce ad Iliescu) erano semplicemente invidiosi della fama di Ceauşescu.


Nello stesso giorno Ceauşescu e sua moglie Elena Ceauşescu abbandonarono il palazzo presidenziale in elicottero - un aiutante tenne una pistola puntata alla testa del pilota - in compagnia di Emil Bobu e Manea Mănescu. Si diressero verso la loro residenza di Snagov, da dove fuggirono di nuovo, questa volta per Târgovişte. Vicino Targovişte l'elicottero fu abbandonato in quanto l'esercito aveva ordinato l'atterraggio e dichiarato chiuso lo spazio aereo romeno. La coppia presidenziale continuò a fuggire attraverso la campagna più o meno senza meta.
La fuga ebbe episodi grotteschi: un inseguimento in macchina per sfuggire a dei cittadini che tentarono di arrestarli, l'abbandono dei loro aiutanti, un breve soggiorno in una scuola. I Ceauşescu vennero infine tenuti in una macchina della polizia per molte ore, mentre i poliziotti ascoltavano la radio, presumibilmente per capire quale fazione politica stava prendendo il potere.
La polizia alla fine consegnò la coppia presidenziale all'esercito. I due furono condannati a morte il 25 dicembre, da un "tribunale volante" militare dopo soli 55 minuti di camera di consiglio, con l'accusa principale di genocidio per la strage di Timisoara e con l'aggravante di aver condotto la popolazione rumena alla povertà e di aver accumulato illegalmente ricchezze. La sentenza venne eseguita da un plotone d'esecuzione composto da soli tre uomini a Târgovişte, il Capitano Ionel Boeru e altri due soldati. Per sparare i soldati usarono dei fucili AK47 (il cosiddetto Kalashnikov). Fu ordinato di evitare di colpire il volto di Ceauşescu per poterne far riconoscere il cadavere al mondo, mentre per la moglie Elena il plotone non ebbe pietà. I coniugi Ceauşescu caddero sotto oltre 100 colpi.
Prima di morire Ceauşescu dichiarò che la storia avrebbe dato un buon giudizio sul suo operato e cominciò a cantare l'Internazionale, mentre la moglie gridò di "andare tutti all'inferno", secondo il Col. Dumitru Burlan, il fuoco venne aperto dopo che cantò la quarta parola.
Il plotone d'esecuzione non era ben preparato per l'esecuzione. In effetti un soldato sparò sul piede di Ceauşescu prima del colpo fatale.
Il processo e l'esecuzione furono registrate. Il natro fu subito trasmesso dai media francesi e da quelli di altri Paesi occidentali. Successivamente il nastro del processo e le foto dei loro corpi (ma non l'esecuzione stessa) fu trasmesso dalla televisione per il pubblico rumeno. È stato ritrasmesso regolarmente da allora poi sulla televisione nazionale ogni Natale.
Le tombe della coppia Ceauşescu sono nel cimitero di Ghencea a Bucarest. Nicolae ed Elena non sono seppelliti insieme, ma ai due estremi di un percorso. Le loro tombe sono senza pretese, ma tendono ad essere coperte da fiori e simboli del passato regime. Alcuni rumeni non credono che le tombe contengano i corpi della coppia assassinata. Nicu Ceauşescu, il figlio, che morì nel 1996, è seppellito nello stesso cimitero ma ha una tomba più "ricca". Secondo il Jurnalul Naţional, [9] sono state fatte richieste dalla loro figlia e da parte dei loro sostenitori politici per traslocarli in un mausoleo o in una chiesa costruita appositamente per loro, ma tali richieste sono state respinte da parte dello Stato rumeno.
La Romania fu l'unico paese del Blocco Sovietico che rovesciò violentemente il suo regime comunista.


I Ceauşescu avevano adottato un figlio, Valentin Ceauşescu (venne adottato per dare un esempio personale di come la gente avrebbe dovuto prendersi cura degli orfani, un grande problema della Romania), e avevano avuto una figlia, Zoia Ceauşescu (nata il 1 marzo 1949), che è una matematica, e un figlio, Nicu Ceauşescu (1 novembre 1951- 25 settembre 1996). Per la morte dei propri genitori Nicu Ceauşescu fece costruire una chiesa ortodossa i cui muri furono decorati con i ritratti dei genitori stessi.
Lo stipendio annuo ufficiale di Ceauşescu era di 18.000 lei (equivalenti a 1.200 dollari statunitensi al cambio ufficiale del 1989, di circa 1 dollaro a 14,92 lei e pari allo stipendio medio USA nello stesso periodo). Di questi, circa 5000 lei al mese venivano depositati in banca per i suoi figli. Ciononostante, riceveva dei regali (e.g.., un manico di porta placcato e dorato) da paesi ed organizzazioni visitati la cui appropriazione indebita era una delle accuse rivoltegli durante il processo. Mentre lui tentò di tenere a freno le proprie finanze, il figlio Nicu fu molto meno attento e le voci al riguardo abbondarono, tra le quali quella che pagò un debito di gioco in cui era incorso a Las Vegas con un allevamento di cavalli che appartenevano al Partito Comunista (l'allevamento Jegalia, in precedenza amministrato dalla Cavalleria Reale rumena).
La guardia di Ceauşescu era relativamente piccola rispetto a quella dell'attuale governo rumeno, contava solamente 40 persone per le sue residenze e per l'intera famiglia. Il capo di questa guardia, il Colonnello Dumitru Burlan, sostiene che i suoi uomini avevano in dotazione solamente 2 armi automatiche (insufficienti per qualsiasi difesa seria). Il Col. Burlan afferma che Ceauşescu era troppo fiducioso del fatto che il popolo rumeno lo amasse, e credeva di non aver bisogno di difesa. Questo spiega molto della facilità con la quale Ceauşescu fu catturato e deposto.
Ceauşescu è stata l'unica persona insignita dell'ordine dell'elefante danese a cui lo stesso sia stato revocato. Ciò successe il 23 dicembre 1989, quando S.M. la regina Margherita II ordinò che l'onorificenza venisse restituita alla Danimarca e che il nome di Ceauşescu fosse cancellato dagli albi ufficiali.
A Ceauşescu venne anche tolta la GCB onoraria datagli dalla regina Elisabetta II del Regno Unito (che gli era stata data insieme alla possibilità di fare un "giro" sulla carrozza reale in cambio dell'acquisto da parte rumena di tecnologia britannica sorpassata), il giorno precedente la sua esecuzione. Elisabetta da parte sua restituì l'insegna dell'Ordine Rumeno che Ceauşescu le aveva consegnato.[10]
Per il 70° compleanno nel 1988 Ceauşescu venne insignito dell'Ordine di Karl Marx dal segretario della SED Erich Honecker. Gli fu consegnato per onorarlo di aver rifiutato le riforme proposte da Mikhail Gorbachev.
Dopo la sua morte il giudizio su Ceauşescu in Romania è migliorato. Mari Români, un popolare show televisivo, ha condotto un sondaggio informale fra i Romeni, da cui è risultato che Ceauşescu è considerato l'undicesimo rumeno di tutti i tempi in ordine di importanza.
In ogni caso elogiare Nicolae Ceauşescu sui media è proibito dalla legge rumena. Dinel Staicu ha ricevuto una multa da 250 milioni di lei (circa 9.000 dollari U.S.) per aver elogiato Ceauşescu e mostrato delle sue foto sulla propria televisione privata (3TV Oltenia).[11]


Onorificenze :
Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone




Josip Broz Tito...chi era in breve l'uomo forte del Comunismo Yugoslavo!

Josip Broz (grafia cirillica: Јосип Броз, più conosciuto con il nome di battaglia di Tito (Тито); Kumrovec, 7 maggio 1892Lubiana, 4 maggio 1980) è stato un politico e militare jugoslavo, capo della Repubblica Jugoslava dalla fine della Seconda guerra mondiale sino alla morte.
Il paesino dove nacque si trova attualmente nel nord-ovest della Croazia, in una zona, chiamata Zagorje, che all'epoca faceva parte dell'Impero Austro-Ungarico. Era il settimo dei quindici figli di Franjo e Marija Broz, nata Javeršek. Suo padre era croato, mentre la madre era slovena.
Dopo aver trascorso alcuni anni della sua infanzia col nonno materno a Podsreda (Slovenia), frequenta a Kumrovec la scuola elementare. Nel 1907 lascia il paese natale per trasferirsi a Sisak, dove lavora come apprendista fabbro. A Sisak si confronta con le idee e le istanze del movimento dei lavoratori e nel 1910 partecipa alla celebrazione del primo maggio (festa del lavoro).
Nel 1910 entra a far parte del Sindacato dei lavoratori metallurgici e del Partito Social-Democratico della Croazia e della Slovenia. Tra il 1911 e il 1913 lavora brevemente in molte città dell'Impero Austro-Ungarico. Nell'autunno del 1913 inizia il servizio militare, nel maggio del 1914 conquista la medaglia d'argento nel torneo di scherma dell'esercito austro-ungarico, a Budapest.
Allo scoppio della prima guerra mondiale Tito, inviato a Ruma, è arrestato per aver svolto propaganda contro la guerra. Imprigionato nella fortezza di Petrovaradin, nel 1915 è trasferito in Galizia e poi a combattere sul fronte russo. In Bukovina la granata di un obice lo ferisce gravemente e in aprile il suo intero battaglione è catturato dai Russi. Dopo alcuni mesi trascorsi in ospedale, nell'autunno del 1916 Tito è inviato in un campo di lavoro negli Urali.
Nell'aprile del 1917 è arrestato per aver organizzato una protesta tra i prigionieri di guerra. Riesce a fuggire dal campo per unirsi alle dimostrazioni del 16 e 17 giugno del 1917 a San Pietroburgo.
Per fuggire Tito scappa quindi verso la Finlandia. Di nuovo arrestato è costretto a trascorrere tre settimane nella fortezza di Petropavle, per poi essere trasferito nel campo di prigionia a Kungur, riuscendo però a fuggire durante il tragitto in treno. Nel novembre dello stesso anno entra a far parte dell'Armata Rossa ad Omsk (Siberia).
Nella primavera del 1918 Tito chiede di essere ammesso nel Partito Comunista Russo. La domanda è accolta. Nel 1920 partecipa a Zagabria alla fondazione del Partito Comunista Jugoslavo. Negli anni successivi partecipa a diverse proteste e agli scioperi durante i quali rischia spesso la vita.


Nel 1934 Tito diventò membro del Dipartimento Politico del Comitato Centrale del KPJ. Assume - anche per non essere scoperto - il famoso soprannome di Tito. Nello stesso anno Petar II (1923 - 1978) a soli 11 anni prende il posto del padre Aleksandar I Karađorđević (1889 - 1934), che era stato assassinato.
La Jugoslavia il 24 marzo 1941 aderisce al patto tripartito sotto le minacce di Adolf Hitler (1889 - 1945). Il colpo di stato del 27 marzo 1941, maturato in ambienti militari e auspicato dai servizi segreti inglesi rompe l'accordo con il patto tripartito. Seguono manifestazioni di delirante entusiasmo popolare, al quale non fu estranea l'attività sotterranea del KPJ. Dopo pochi giorni la Jugoslavia firma un trattato di amicizia con l'URSS. Hitler, indignato, invade e conquista la Jugoslavia in 11 giorni (6-17 aprile 1941) con l'aiuto degli Stati dell'Asse (Italia e Ungheria, soprattutto).
Data la velocità della conquista, interi settori dell'esercito passano direttamente alla Resistenza jugoslava. Tito in persona il 4 luglio incitò il popolo alla resistenza contro la Germania nazista, e l'Italia fascista, assumendo il comando dell'Armata Popolare di Liberazione della Jugoslavia, la "Jugoslovenska Narodna Armija".
I nazisti e gli ustascia, collaborazionisti insediatisi intanto in Croazia, risposero con estrema ferocia tramite esecuzioni, torture e stragi, incendiando i paesi dove si erano rifugiati i ribelli e fucilando tutti i partigiani; fu particolarmente feroce la persecuzione contro i Serbi ed altri non Croati compiuta dagli ustascia. Nei campi di concentramento ustascia (fra i quali il più grande era il famigerato lager di Jasenovac) furono trucidate tra il 1941 e il 1945 circa 400.000 persone, prevalentemente serbi, ebrei e rom.
I vertici militari nazisti progettarono di liquidare questo personaggio chiave della Resitenza iugoslava organizzando la sua cattura. Questa operazione speciale (che, se fosse riuscita, avrebbe certamente inflitto un durissimo colpo ai partigiani di Tito) venne stabilita per il 25 maggio 1944 e venne battezzata Operazione Rösselsprung. Questa azione (ipoteticamente decisiva per la lotta antipartigiana tedesca), però, fallì.
La situazione per le forze tedesche e i collaborazionisti impegnati contro la guerriglia partigiana di Tito ben presto precipitò. Infatti tra l'agosto e il settembre 1944, con il crollo del fronte orientale e il dilagare dell'Armata Rossa nei Balcani, vennero in aiuto dei partigiani le truppe russe e bulgare. Le unità partigiane titine poterono così , il 18 ottobre 1944, liberare Belgrado e il resto della Jugoslavia dai tedeschi nel 1945.


Tito allontanò dalla Jugoslavia il re Pietro II e proclamò la repubblica, divenendo capo del governo e Ministro degli esteri quindi assumendo in pratica tutti i poteri. L'11 novembre 1945 si svolse un'elezione politica, secondo molti di fatto controllata e massicciamente inquinata dai titoisti, che diede la maggioranza assoluta ai partiti del fronte nazionale capeggiato da Tito. Il 31 gennaio 1946 l'Assemblea constituente promulgò una costituzione sul modello sovietico, instaurando definitivamente un regime totalitario di stampo comunista. Seguirono numerosi processi contro gli esponenti dell'opposizione democratica e contro membri del clero (soprattutto quello cattolico); vi furono anche alcuni esempi di veri e propri processi staliniani, nei quali vennero condannate persone assolutamente innocenti (es. i cosidetti "Processi di Dachau", svoltisi a Lubiana tra il 1947 e il 1949). Nel 1948 Tito vide incrinarsi il rapporto con Stalin per il suo rifiuto nel seguire la politica sovietica: la Jugoslavia fu quindi esclusa dal blocco sovietico. Nel 1953, a 61 anni, Tito assunse anche il titolo di presidente della federazione jugoslava.
In quegli anni Tito, nel contesto della lacerante spaccatura tra cominformisti e titoisti, diede vita ad un clima fortemente repressivo. Oppositori politici, "cominformisti" o presunti tali (tra l'altro alcuni comunisti italiani accusati di stalinismo), vennero rinchiusi in tremendi campi di prigionia, tra i quali spiccava il terribile campo di Isola Calva, dopo processi e condanne sommari.
Nel 1961 Tito fu tra i promotori del Movimento dei Non-Allineati ossia un'allenza di Stati che non erano membri della NATO né del Patto di Varsavia: vi entrarono a far parte l'Egitto di Gamal Abd el-Nasser e l'India di Jawaharlal Nehru poi negli anni successivi oltre 100 altri Stati, tra cui Cuba.
Nel 1963, a 71 anni, Tito fu nominato presidente a vita. All'inizio degli anni settanta, l'intervento di Tito stroncò i movimenti di rinnovamento nella politica che erano emersi alla fine degli anni sessanta in Serbia, Croazia e Slovenia e destituì le élites comuniste che si accingevano a liberalizzare la politica economica e sociale in quelle repubbliche. Negli anni successivi, la Jugoslavia vide un periodo di accentuata repressione politica che sollevò aspre contestazioni soprattuto tra i croati. Negli anni settanta riapparve nella scena politica la figura del teorico sloveno Edvard Kardelj che, in vista dell'imminente scomparsa di Tito, elaborò, nella nuova costituzione del 1974, un modello con-federale basato sulla cooperazione democratica tra le dirigenze comuniste delle varie repubbliche e province autonome, che mantenevano però l'egemonia assoluta nei loro rispettivi paesi. Tito morì il 4 maggio 1980 in un centro clinico a Lubiana (Slovenia). Al suo funerale parteciparono uomini di Stato di molte nazioni.
Dopo la sua morte furono sollevati molti dubbi sulla possibilità che i suoi successori mantenessero l'unità della Jugoslavia. Tito aveva saputo tenere unito il Paese non solo limitando le tensioni nazionaliste, ma spesso anche manipolandole come strumenti per mantenere il proprio ruolo di mediatore "super partes". Secondo molti il contenimento dei nazionalismi jugoslavi fu ottenuto soprattutto con l'uso della forza tramite l'OZNA ossia servizio segreto e l'UDBA ossia polizia politica; altri sottolineano invece il ruolo dello sviluppo dell'economia e dei provvedimenti sociali, antinazionalisti ed antireligiosi del regime nel promuovere, dopo molti decenni di conflitti sanguinosi, un lungo periodo di relativa convivenza pacifica fra le diverse etnie e confessioni del Paese. Altri ancora, tra i quali il filosofo marxista sloveno Slavoj Žižek, sottolineano la natura essenzialmente repressiva e addirittura reazionaria del regime titoista, il quale da un lato esasperava l'identità nazionale "jugoslava" con misure di chiaro carattere sciovinista, e dall'altro rendeva impossibile ogni dibattito politico aperto, utilizzando i pregiudizi etnici e nazionalistici per scongiurare ogni possibile alleanza tra i gruppi d'opposizione anti-comunista presenti nelle singole repubbliche.
Dieci anni dopo la sua morte le repubbliche che formavano la federazione jugoslava decisero a maggioranza di sciogliere l'unione federale. La decisione non fu accettata dalla Serbia di Slobodan Milošević, circostanza che contribuì a scatenare una lunga e sanguinosa guerra civile.
Tito è sepolto a Belgrado, nel mausoleo Kuća Cveća (La casa dei fiori) a lui dedicato.


Il regime di Tito fu colpevole di crimini contro l'umanità come il massacro di Bleiburg, le uccisioni sommarie di circa 12.000 ex miliziani anticomunisti sloveni (domobranci) nel giugno 1945,le persecuzioni anti-italiane ed i massacri delle foibe (definite dal presidente della repubblica Giorgio Napolitano pulizia etnica) nelle regioni a ridosso del confine italo-jugoslavo che causarono la tragedia dell'esodo giuliano dalmata. Questi ultimi massacri si verificarono poco dopo la fine della guerra e si cercarono di spiegare come vendetta dei partigiani contro i fascisti, ma nella realtà furono attuate contro tutti coloro che rappresentavano o potevano rappresentare, indipendentemente dalla loro appartenenza politica, lo Stato italiano in quelle terre (Istria e Trieste) che il nuovo regime comunista jugoslavo rivendicava apertamente. A conferma di un'autentica campagna d'intimidazione contro gli italiani, vi sono anche le affermazioni di Milovan Gilas, vice capo del governo e segretario della Lega dei Comunisti di Jugoslavia che, in un'intervista rilasciata a Panorama il 21 luglio 1991, ammetteva senza giri di parole: Nel 1946 io e Edvard Kardelj (dirigente del partito comunista sloveno, ndr) andammo in Istria a organizzare la propaganda anti-italiana [...] Bisognava indurre gli italiani ad andare via con pressioni di ogni tipo. Così fu fatto.
Tra il 1945 e 1955, operavano in Jugoslavia vari campi di concentramento (quali Teharje in Slovenia e Goli Otok in Croazia), nei quali vennero perpetrati numerosi sopprusi e uccisioni.


A partire dagli anni trenta fu noto con il nome di Tito. L'uso di "nomi di battaglia" era diffuso presso i militanti dell'illegale partito comunista affinché, in caso di arresto, non si potesse risalire alla famiglia dell'arrestato. Durante la resistenza il personaggio di Tito fu investito da un alone di mistero. I referti delle SS lo descrivono come un personaggio di cui si sa poco, salvo vaghe caratteristiche fisiche (anche queste spesso distorte), molto pericoloso, astuto e pieno di risorse. Goebbels non nascose la propria ammirazione per un uomo di cui era difficile seguire le tracce e anche quando si credeva di averlo intrappolato, lui riusciva a cavarsela. Goebbels aggiunge che chiunque stia dietro a questo nome è un nemico da eliminare a tutti i costi.Esiste una quantità di documenti che testimonia le sue molteplici identità. Lo stesso uomo viene fatto risalire a sei, sette identità, tra cui Ivan Brozović e Tito. Le origini del soprannome "Tito" non sono certe, ma la teoria più accreditata è che derivi dal fatto che usasse spesso la locuzione "ti to" (in serbocroato "tu questo") per impartire ordini ai suoi uomini.


Caratteristica una "filastrocca" sulla Jugoslavia, citata spesso dagli estimatori di Tito: «Sei stati, cinque nazioni, quattro lingue, tre religioni, due alfabeti e un solo Tito» a significare l'unione di tante diversità che Tito era riuscito ad attuare e che crollò dopo la sua morte.
A partire dalla fine della seconda guerra mondiale, Tito celebrò il proprio compleanno il 25 maggio, a ricordo del giorno in cui scampò miracolosamente all'uccisione per mano tedesca. Pertanto, il 25 maggio fu proclamato giorno di festa nazionale in Jugoslavia. Una staffetta di giovani portava lungo tutte le principali città jugoslave un bastone riccamente intagliato - simbolo del comando - e lo consegnava a Tito la sera del 25 maggio nello stadio di Belgrado, nel corso di una grande cerimonia ginnico/sportivo/militare. Non è che uno degli esempi del vero e proprio culto per la personalità che si sviluppò per quarant'anni in Jugoslavia: si contano a decine le canzoni, le poesie ed i romanzi dedicati a Tito.
Tito fu notoriamente un amante della bella vita, e questo suo tratto si accentuò negli anni coinvolgendo l'intero apparato statale. Possedeva decine di residenze ufficiali sparse per il paese, fra le quali la più famosa era la Villa Bianca all'interno dell'Arcipelago delle Isole Brioni in Istria: una zona interdetta alla navigazione e di fatto buen retiro del capo dello stato, comprendente pure un sorprendente zoo privato. Possedeva pure uno degli yacht più grandi e lussuosi dell'epoca, il Galeb, che utilizzò per un famoso viaggio ufficiale in Gran Bretagna e che - si notò all'epoca - era più grande perfino del Britannia dei reali inglesi. Usava per spostarsi in Jugoslavia anche un treno privato, fatto arredare in modo lussuoso da artigiani jugoslavi, austriaci e italiani. Possedeva una collezione di automobili, comprendente le famose Cadillac i cui sedili erano stati costruiti a misura delle sue terga, centinaia di orologi compresi rari modelli in platino e oro, nonché centinaia di vestiti e divise, tanto da essere perennemente seguito da un addetto all'abbigliamento che ogni giorno gli preparava i completi per i vari impegni pubblici e privati. Grande cacciatore, non si peritava di utilizzare le riserve boschive nei boschi montenegrini e sloveni per la caccia ai grandi mammifari come cervi ed orsi, utilizzando i fucili creati esclusivamente per lui dall'italiana Beretta. In tal caso, centinaia di battitori setacciavano la zona per permettere a Tito di abbattere le prede più ambite. Come ulteriore nota di colore, di Tito si ricordano le varie frequentazioni femminili fino in tarda età, l'amore per le bevande alcooliche e per il fumo: in nome della solidarietà politica e di un'antica amicizia Fidel Castro faceva pervenire a Tito intere casse degli adorati sigari cubani, che lui offriva ai vari ospiti di ogni estrazione e tipo - comprese le attrici italiane Gina Lollobrigida e Sofia Loren - di cui amava circondarsi.




domenica 20 aprile 2008

Aldo Moro...chi era in breve lo statista della DC rapito e assassinato 30 anni fa dalle Brigate Rosse!

L'ex presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, assassinato dalle Brigate Rosse nel 1978, nasce il 23 settembre 1916 a Maglie, in provincia di Lecce. Dopo aver conseguito la maturità classica al Liceo "Archita" di Taranto si iscrive a Giurisprudenza presso l'Università di Bari, conseguendo la laurea con una tesi su "La capacità giuridica penale". La tesi, ripresa ed approfondita, costituirà la sua prima pubblicazione scientifica e lo avvierà alla carriera universitaria. Dopo qualche anno di carriera accademica, fonda con alcuni amici intellettuali nel 1943, a Bari, il periodico "La Rassegna" che uscirà fino al 1945, anno nel quale sposa Eleonora Chiavarelli, con la quale avrà quattro figli. In quello stesso periodo, diventa Presidente del Movimento Laureati dell'Azione Cattolica, ed è direttore della rivista "Studium" di cui sarà assiduo collaboratore, impegnandosi a sensibilizzare i giovani laureati all'impegno politico. Nel 1946 viene eletto all'Assemblea Costituente ed entra a far parte della Commissione dei "75" incaricata di redigere il testo costituzionale. Inoltre, è relatore per la parte riguardante "i diritti dell'uomo e del cittadino". E' anche vicepresidente del gruppo Dc all'Assemblea. Nelle elezioni del 18 aprile 1948 viene eletto deputato al Parlamento nella circoscrizione Bari-Foggia e viene nominato sottosegretario agli Esteri nel quinto Gabinetto De Gasperi mentre non si arresta la sua inesauribile attività di insegnante e di didatta, con molteplici pubblicazioni a suo nome. Diventato Professore ordinario di Diritto Penale all'Università di Bari, nel 1953: viene rieletto al Parlamento diventando Presidente del gruppo parlamentare Dc alla Camera dei Deputati. Anche la sua carriera politica, a quanto sembra non conosce segni di cedimento di nessun tipo. Unomo solido e determinato, diventa nel 1955 ministro di Grazia e Giustizia nel primo governo Segni. Nel 1956, nel corso del VI Congresso nazionale della Dc che si svolse a Trento, consolidò la sua posizione all'interno del Partito. Fu infatti tra i primi eletti nel Consiglio nazionale del Partito. l'anno dopo, diventa ministro della Pubblica Istruzione nel governo Zoli. Si deve a lui l'introduzione dell'educazione civica nelle scuole. Rieletto alla Camera dei Deputati nel 1958, è ancora ministro della Pubblica Istruzione nel secondo Governo Fanfani. Il 1959 è un anno importantissimo per Aldo Moro. Si svolge infatti quel VII Congresso della Democrazia Cristiana che lo vedrà trionfatore, tanto che gli viene viene affidata la Segreteria del Partito, incarico riconfermatogli nel tempo e che manterrà fino al gennaio del 1964. Ma un altro anno assai importante, anche alla luce della tragica vicenda che colpirà il politico doroteo, è il 1963 quando, rieletto alla Camera, è chiamato a costituire il primo governo organico di centro-sinistra, rimanendo continuamente in carica come Presidente del Consiglio fino al giugno del 1968, alla guida di tre successivi ministeri di coalizione con il Partito socialista. E' in pratica la realizzazione "in nuce", del famoso "compromesso storico" di invenzione dello stesso Aldo Moro (uso ad usare espressioni come "convergenze parallele"), ossia quella manovra politica che contmplava il riavvicinamento delle frange comuniste e di sinistra verso l'area moderata e centrista. Il tumulto e il dissenso che tali situazioni "di compromesso" suscitano soprattutto all'interno degli elettori del PCI, ma soprattutto all'interno dei moderati, si concretizzano nelkle lezioni del 1968 quando Moro viene sì rieletto alla Camera, ma le elezioni puniscono di fatto, dati alla mano, i partiti della coalizione e determinano la crisi del centro-sinistra. detto questo, è inevitabile che ne risenta anche il peso prestigio dello stesso Aldo Moro. Ad ogni modo, rimangono sempre i ministeri e infatti dal 1970 al 1974, assume, anche se con qualche intervallo, l'incarico di ministro degli Esteri. A conclusione di questo periodo, ritorna alla presidenza del Consiglio formando il suo IV ministero che dura sino al gennaio 1976. Nel luglio del 1976 viene eletto Presidente del Consiglio nazionale della Dc. Il 16 marzo 1978, il tragico epilogo della vita dello sfortunato politico. Un commandos di Brigate Rosse irrompe nella romana via Fani, dove in quel momento transitava Moro allo scopo di recarsi in Parlamento per partecipare al dibattito sulla fiducia del quarto governo Andreotti, il primo governo con il sostegno del Pci, massacra i cinque uomini di scorta e rapisce lo statista. Poco dopo, le Brigate rosse rivendicano l'azione con una telefonata all' Ansa. Tutto il Paese percepisce chiaramente che quell'attentato è un attacco al cuore dello Stato e alle istituzioni democratiche che Moro rappresentava. 18 marzo una telefonata al ''Messaggero'' fa trovare il ''Comunicato n.1'' delle Br, che contiene la foto di Aldo Moro e annuncia l'inizio del suo ''processo'' mentre, solo il giorno dopo, Papa Paolo VI lancia il suo primo appello per Moro. I servizi segreti di tutto il mondo, anche se le segnalazioni furono tante e precise, non riuscirono a trovare la prigione dei terroristi, ribattezzata "prigione del popolo", e da cui Moro invocava incessantemente, tramite numerose lettere, una trattativa. Il 9 maggio, dopo più di cinquanta giorni di prigionia ed estenuanti trattative con gli esponenti dello Stato di allora, anche lo statista viene barbaramente assassinato dalle BR, ormai convinte che quella sia l'unica strada coerente da intraprendere. La sua prigionia aveva provocato ampi dibattiti fra coloro che erano disposti a cedere alle richieste dei brigatisti e chi invece era nettamente contrario per non legittimarli, dibattito che lacerò letteralmente in paese sul piano sia politico che morale. A tale rovente clima dialettico pose fine la drammatica telefonata degli aguzzini di Moro, i quali resero noto direttamente ad un alto esponente politico che il corpo di Moro poteva essere rinvenuto cadavere nel bagagliaio di un'auto in via Caetani, emblematicamente a metà strada tra Piazza del Gesù, sede della Democrazia Cristiana, e via delle Botteghe Oscure, sede storica del Partito Comunista Italiano. Secondo le ricostruzioni, ancora frammentarie malgrado i molti anni trascorsi, lo statista sarebbe stato ucciso dal brigatista Moretti nel garage di via Montalcini, il covo usato dai brigatisti appunto come ''prigione del popolo''. La moglie Eleonora e la figlia Maria Fidae, basandosi sull'acquisizione di nuovi elementi, hanno recentemente deciso di rompere il lungo muro del silenzio che da anni ha avvolto la vicenda, chiedendo la riapertura delle indagini sul caso Moro. I servizi italiani hanno centrato un importante bersaglio il 14 gennaio 2004 con l'arresto dei brigatisti Rita Algranati e Maurizio Falessi, latitanti nel Nord Africa. La prima fu già condannata all'ergastolo per il delitto Moro. Oggi Alessio Casimirri, marito della Algranati, rimane l'unico imprendibile latitante del gruppo delle Br che partecipò all'agguato di Via Fani.



Qualcuno vuol darcela a bere?

Le bottiglie di plastica potrebbero fare male alla salute. Secondo i risultati preliminari ottenuti nell’ambito del National Toxicology Program (NTP), creato dagli Istituti nazionali di sanità statunitensi, i contenitori per i liquidi in plastica contengono il bisfenolo A, una sostanza chimica che potrebbe accelerare la pubertà, aumentare il rischio di tumori al seno e alla prostata e creare problemi neurologici. Il timore per la salute legato all’esposizione a questa sostanza è stato sollevato da John Dingell, democratico del Michigan e portavoce della House of Representatives Energy and Commerce Committee, che ha chiesto alla Food and Drug Administration, l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, di rivedere la propria posizione sul BPA. Il bisfenolo A, usato non solo nelle bottiglie in plastica ma anche nei rivestimenti interni delle lattine e nei biberon per i neonati, non è nuovo a questo tipo d’allarmi. Già in passato si era parlato degli eventuali rischi cui il suo uso poteva esporre il corpo umano. Undici associazioni nel giugno del 2006 avevano espresso «preoccupazione» per la posizione comune del Consiglio Ue dell’ambiente in materia di legislazione europea per le sostanze chimiche. Nel 2007, l’Efsa ha però confermato che «resta valido il livello privo di effetti negativi osservati di cinque milligrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno, già individuato nella precedente valutazione del 2002». Gli ultimi studi condotti dal National Toxicology Program su roditori sostengono che il BPA può essere molto pericoloso: «Sulla base dei suoi effetti sulle ghiandole prostatica e mammarie - si legge nel responso - non si può escludere la possibilità che BPA sia nocivo soprattutto nell’età dello sviluppo».Il ministro della Salute canadese potrebbe presto dichiarare pericoloso il bisfenolo A e decidere sul suo utilizzo. Due importanti catene della grande distribuzione canadese hanno già deciso di ritirare dal commercio le bottiglie e i prodotti che lo contengono.
Secondo l’autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) il limite di sicurezza per l’utilizzo di questa sostanza è di 5 microgrammi al giorno per ogni chilo di peso corporeo.
E allora parliamo dell’ alimento più diffuso al mondo, l’ acqua imbottigliata:
Dobbiamo secondo me ripensare gli stili di vita, per mille motivazioni; etiche, economiche, di salute.
Innanzitutto l’ acqua minerale imbottigliata privatizza ciò che ci offre la natura spontaneamente; quale processo di trasformazione compie quando è imbottigliata?
Nessuno, vedi D.L. 25/1/1992 n.105 art. 7 e 8!
Quanto costa ai “produttori” questo? Praticamente nulla!
Un mercato dove ci sono solo profitti (praticamente producono solo le bottiglie) che rende quindi tantissimo, e infatti possono reinvestire in pubblicità.
Si scopre (ma già si sapeva, come anche le vitamine in pasticca) che queste bottiglie fanno male.
Ora il nostro problema è che abbiamo ancora fonti purissime nei rubinetti di casa nostra, bisognerebbe solamente utilizzarla nella maniera più semplice e d incentivarne l’ uso, specialmente a Roma.
Si risparmierebbero mille risorse inutili e si farebbe un servizio al cittadino.
Vi risulta che sia in un programma di qualche candidato a sindaco?

Il Papa a New York...

Di Pietro Serra Sorso - Nel veder parlare il Papa in questi giorni a New York ho provato un senso di smarrimento e profonda vergogna. Vergogna perché mi ritorna in mente quel gruppo di imbecilli che hanno vietato nei mesi scorsi al Santo Padre di parlare alla “Sapienza” di Roma. Ora non voglio ritornare a fatti vecchi ma quantomeno fare un analisi su questa visita negli Stati Uniti. Ho guardato attentamente come il presidente Bush l’ha accolto e come nel palazzo dell’Onu l’abbiano fatto parlare con profondo senso di rispetto. Mi chiedo perché noi che siamo in Italia e che dovremmo essere orgogliosi di avere il Pontefice all’interno dello Stato italiano seppur indipendente nella fattispecie del Vaticano abbiamo permesso che nei mesi scorsi si mettesse un bavaglio alla più alta carica religiosa per i cristiani di tutto il mondo. Ora farebbe ridere se qualche ateo o anti clericale direbbe che il Papa o la Chiesa fanno ingerenza poiché negli Stati Uniti abbiamo visto come ci sia un libertinaggio e i valori pare che non reggano più. Io non voglio sentenziare contro qualcuno o contro qualcosa però il dato c’è. Il Papa Benedetto XVI ha potuto parlare davanti ai rappresentanti di tutte le nazioni e tengo a precisare che c’erano pure Cina e Arabia Saudita che hanno comunque ascoltato il suo messaggio e questo dovrebbe indurci maggiormente a riflettere verso che tipo di società siamo prospettati noi italiani. Forse ciò che manca realmente non è la laicità poiché ne abbiamo anche troppa ma servirebbe di più far capire la differenza tra laicità e laicismo che sono due cose ben diverse.


A Roma la perfidia regna sovrana...

Roma - Al Comune di Roma si va al ballottaggio. Corrono Gianni Alemanno (PdL) e Francesco Rutelli (PD). Ed io vi confesso il massimo disinteresse per l’esito. Anche perché da tempo vado scrivendo che "il PdL e il PD sono le due facce della stessa falsa moneta. E, se si fingono alternativi gli uni agli altri, è solo per coglioneggiare il popolo bue".
Ovviamente ci sono gli "interessi di bottega". E, in fatto di bottega, gli ebrei romani hanno molteplici interessi. E non mancano di farli valere. Ricorrendo perfino alla solita speculazione dei lutti subiti nella 2a Guerra Mondiale. Ma su questo, su questo eterno ricorso alla speculazione dei morti per dare da campare ai vivi, scriverò più sotto. Qui mi preme fare valere la bagarre sollevatasi, nella comunità ebraica romana, all’ipotesi di un "apparentamento" tra Alemanno (PdL) e Storace (Destra). Con gli ebrei Riccardo Pacifici (1) e Fiamma Nierenstein (2) a sostenere tesi antitetiche. E questo suscita qualche perplessità: forse che i due non sono soliti vedersi e frequentarsi in sinagoga? Sono portatori di diversi interessi, titolari di contrapposte "botteghe"? Mah!
Suscita, in ogni caso meraviglia, meraviglia e sconcerto, che gli ebrei romani facciano tutte queste differenze tra Alemanno e Storace. Come se i due, politicamente parlando, non avessero vissuto una vita assieme da "gemelli siamesi". Certo: si può discutere se Alemanno e Storace sono "fascisti", "postfascisti", "afascisti" oppure "antifascisti". Io penso che siano dei "marinai furbastri" che alzano le vele a seconda di come spira il vento. Ma darsi a sostenere che, tra i due, ci siano delle differenze culturali e politiche è una operazione di bassa impostura. E bisogna essere degli squallidi imbroglioni per trovarci delle differenze tali per cui Alemanno può entrare nel giardino di Jahvé, mentre Storace ne verrebbe escluso.
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Sia chiaro, è la solita ipocrita e laida impostura. Perché il "FASCISMO" può piacere oppure non piacere. Ma addebitare al Fascismo e ai Fascisti il "genocidio" è operazione di "bassa cucina politica". Basti dire che il primo rastrellamento di Ebrei avvenne a Roma il 16 ottobre 1943. Il "Regime Fascista" crollò il 25 luglio 1943, con la votazione del Gran Consiglio e l’arresto di Mussolini. Lo "Stato italiano" collassò l’8 settembre 1943, con la fuga del Re e del Governo Badoglio. Fino al 16 ottobre 1943, vigenti il Regime Fascista e lo Stato italiano, neppure un Ebreo fu consegnato ai Tedeschi. Sia in Italia sia nei territori sotto potestà militare italiana.
E, se le cose stanno così (e stanno così) di quali "responsabilità fasciste nel genocidio" vanno cianciando questi impostori? Ammesso che il "genocidio" sia un fatto vero e reale. E non sia la solita sordida impostura. Perché, in nome del genocidio, gli Ebrei hanno succhiato montagne di soldi ai Tedeschi e agli Europei.
Io penso che sia venuto il momento che la smettano con le loro lagne. Anche perché io sono nato nel 1938. E non ho responsabilità alcuna né "nelle leggi razziali" né in quel "genocidio", sia esso storia o volgarissima leggenda. E rivendico il diritto di essere "fascista" oppure "antifascista" così come mi comanda il cazzo. Senza ebrei che mi piangano addosso. Se proprio vogliono piangere, vadano nei cimiteri. Ma la smettano di ammorbare la vita politica italiana coi loro piagnistei. Nella 2a Guerra Mondiale sono morti 66 milioni di uomini. E non tutti erano ebrei. O no????

Antonino Amato

Mahmoud Ahmadinejad...in breve chi è l'uomo forte della Repubblica Islamica Iraniana che sfida il Mondo sul nucleare!

Mahmoud Ahmadinejad nasce ad Arādān, vicino Garmsar (Iran), il 28 ottobre 1956. Il padre, fabbro, trasferisce la famiglia a Tehran quando Mahmoud ha solo un anno. Ammesso all'Università Iraniana della Scienza e della Tecnologia, inizia gli studi di ingegneria civile nel 1976. Prosegue gli studi e nel 1986 si unisce al Corpo della Guardie Rivoluzionarie Islamiche; consegue poi la laurea in Ingegneria del traffico e dei trasporti. Poco dopo, presso la stessa università, diviene professore. Durante la guerra Iran-Iraq, Ahmadinejad si unisce al gruppo dei Guardiani della Rivoluzione iraniana. Dopo l'addestramento militare prende parte ad una missione segreta fuori dal territorio iraniano, che ha come obiettivo l'attacco della città irachena di Kirkuk. Successivamente diventa il capo ingegnere della VI Armata dei Guardiani della Rivoluzione e capo del Corpo nelle regioni occidentali dell'Iran. Dopo la guerra diviene vice-governatore e governatore delle città di Maku e Kho'i, Consigliere per il Ministero della Cultura e del Consiglio Islamico e governatore delle nuove province di Ardabil (dal 1993 al 1997). La carriera politica inizia nel 2003 quando il 3 maggio viene eletto sindaco di Tehran, incarico che ricopre fino al mese di giugno del 2005. Conservatore religioso è membro del Consiglio Centrale degli Ingegneri della Società Islamica; ha comunque una base politica molto più potente all'interno dell'Alleanza dei Costruttori dell'Iran islamico (chiamato anche Abadgaran); Ahmadinejad è considerato una delle figure principali all'interno di questa formazione. Il 24 giugno 2005 viene eletto Presidente dell'Iran (al secondo turno, battendo il rivale ex-presidente Rafsanjani). In carica dal 3 agosto 2005, è il sesto Presidente dell'Iran. La sua vittoria politica in questo evento, come la sua popolarità, si deve perlopiù al suo stile di vita semplice, che lo fa considerare un difensore dei poveri e delle classi meno agiate, visto anche come modello di integrità religiosa, non corrotto dal potere. La vittoria è forse stata aiutata dalla sua ferma presa di posizione contro gli Stati Uniti. Dopo la sua elezione ha dichiarato che "grazie al sangue dei martiri una nuova rivoluzione islamica è sorta ed è la rivoluzione islamica del 1384 (l'anno secondo il calendario dell'Egira) se Dio vorrà, taglierà le radici dell'ingiustizia nel mondo" e che "presto l'onda della rivoluzione islamica raggiungerà il mondo intero". Nell'occasione ha anche menzionato il fatto di aver sviluppato un esteso programma per la lotta al terrorismo, con l'obiettivo di migliorare le relazioni tra Iran e i paesi esteri: "la gente dovrebbe visitare qualsiasi posto desideri in modo libero. La gente dovrebbe avere la libertà di compiere i propri pellegrinaggi e i propri viaggi". Durante la conferenza studentesca "Il mondo senza sionismo" (ottobre 2005), Mahmud Ahmadinejad, citando Khomeyni, il vecchio leader supremo iraniano, invoca la distruzione di Israele e la sua cancellazione dalla mappa geografica; condanna inoltre tutti i paesi islamici che riconoscono l'esistenza di Israele: l'opinione pubblica internazionale crede che questo attacco sia rivolto in modo particolare a Qatar, Bahrayn e Pakistan, e ciò che più preoccupa, l'Egitto. Il giorno successivo a queste dichiarazioni, Ariel Sharon, allora Primo Ministro di Israele, chiede l'espulsione dell'Iran dalle Nazioni Unite, mentre il ministro degli Esteri Silvan Shalom richiede la convocazione di una riunione d'emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. In questo incontro tutti i 15 membri condannano le affermazioni di Ahmadinejad. Kofi Annan esprime la sua costernazione per i commenti e ribadisce gli obblighi dell'Iran e il diritto all'esistenza di Israele. Ahmadinejad risponde riaffermando la sua posizione "augurando morte a Israele e all'America". Dichiara: "Le mie parole sono le parole dell'Iran. Gli occidentali sono liberi di commentare, ma le loro reazioni sono inutili". Sempre in politica estera Ahmadinejad avvia intense relazioni diplomatiche con la Russia, creando un dipartimento preposto e lavorando con Vladimir Putin per risolvere la crisi nucleare in Iran.

Nikita Sergeevič Chruščëv...chi era in breve l'uomo che destalinizzò la Russia ed il PCUS!

Nikita Chruščëv nacque a Kalinovka, in provincia di Kursk, nella Russia imperiale (nell'attuale Russia e vicino all'attuale confine con l'Ucraina). Nel 1908, la sua famiglia si trasferì a Juzovka, in Ucraina. Juzovka fu in seguito ribattezzata Stalino, ma grazie alla destalinizzazione dello stesso Khruščëv si chiama oggi Doneck. Chruščëv era etnicamente russo, ma la sua residenza ha accreditato l'idea (errata) che fosse ucraino.
Sebbene pare fosse molto intelligente, Chruščëv ricevette solo circa due anni di educazione elementare, e probabilmente imparò a leggere verso i trent'anni.
Chruščёv lavorò come installatore di tubi in varie fabbriche e miniere. Durante la prima guerra mondiale, Chruščëv si impegnò in attività sindacali, e dopo la rivoluzione russa del 1917 combatté nell'Armata rossa, in seguito svolgendo funzione di Commissario Politico. Divenne membro del partito nel 1918 e lavorò in varie posizioni amministrative nel Donbass e a Kiev.
Nel 1931 passò per le segreterie dei rajkom (comitati distrettuali) dei quartieri Bauman e Krasnaja Presnja a Mosca, anche grazie alle raccomandazioni dell'amico Lazar Kaganovič, mentre nel 1932 venne eletto secondo segretario del gorkom (comitato cittadino) di Mosca; nel 1934 divenne primo segretario del comitato cittadino (gorkom) moscovita del partito comunista dell'Unione Sovietica, e secondo segretario dell'obkom (comitato regionale) sempre di Mosca. Dal 1934 Khruščёv fu membro effettivo del comitato centrale del partito comunista dell'Unione Sovietica. Nel Gennaio del 1938 fu nominato come "facente funzione" di primo segretario del comitato centrale del partito comunista ucraino, in sostituzione dei precedenti membri falcidiati dalle persecuzioni staliniani del 37-38. Venne invece effettivamente eletto a tale carica nel giugno dello stesso anno, oltre ad assumere la segreteria dell'Obkom di Kiev.
Fu eletto membo candidato del Politburo nel 1938, contestualmente all'elezione nel Presidium (comitato esecutivo) del neo-eletto soviet supremo dell'URSS, alla prima elezione dopo la nuova costituzione del 1936.
Durante la seconda guerra mondiale, Chruščёv servì la sua nazione come ufficiale politico, equivalente al grado militare di tenente generale. Nei mesi seguenti l'invasione tedesca pianificata nell'ambito dell'Operazione Barbarossa del 1941, Chruščёv entrò in conflitto con Stalin riguardo la condotta della guerra in Ucraina, in cui Nikita Chruščёv era guida locale del partito.
Considerò l'indisponibilità di Stalin ad accettare la ritirata come opzione militare, come uno spreco rispetto alle soverchianti possibilità a loro sfavore che i soldati si trovavano a fronteggiare. Successivamente, fu commissario politico nella battaglia di Stalingrado.


Dopo la morte di Stalin, avvenuta nel marzo 1953, si scatenò la lotta per la successione all'interno del partito. Inizialmente sembrò predominante la posizione di Lavrenty Beria ministro degli Interni e capo della polizia segreta. Temendo che Beria avrebbe potuto decidere di ucciderli, per rafforzare il suo potere, Georgij Malenkov, Lazar Kaganovich, Vjačeslav Molotov, Nikolai Bulganin ed altri appoggiarono Khruščёv e fecero rimuovere Beria dal potere.
Beria fu imprigionato in attesa dell' esecuzione che avvenne poi in dicembre. Khruščёv non era vicino al potere nonostante volesse questa promozione. Pochi membri del Comitato Centrale videro la sua ambizione. Diventò il capo del Partito il 7 settembre di quell'anno e salì al potere nonostante i suoi numerosi rivali. La leadership di Khruščёv fu cruciale per l'URSS.
Fece molte riforme e stupì i delegati del XX Congresso del PCUS il 25 febbraio 1956 col suo famoso "discorso segreto" in cui denunciava il culto della personalità di Stalin e i crimini commessi durante la Grande Purga. Questo contribuì a far allontanare da Khruščёv i membri più conservatori del partito, ma nonostante ciò Khruščёv riuscì ad allontanarli dopo che cercarono di spodestarlo nel 1957.
Nel 1958 Khruščёv rimpiazzò Bulganin come primo ministro e si stabilì come unico leader dello stato e del partito. Diventò premier dell'Unione Sovietica il 27 marzo 1958. Khruščёv promosse riforme del sistema sovietico e una maggiore produzione dell'industria pesante.
Nel 1959 Richard Nixon trascorse le sue vacanze in Unione Sovietica, Khruščёv poi rispose alla visita girando a settembre, per tredici giorni, gli Stati Uniti. La visione da parte di Khruščёv degli Stati Uniti come rivale anziché come nemico "diabolico" causò l'allontanamento della Cina di Mao Zedong: l'URSS e la Repubblica Popolare Cinese arrivarono a una rottura diplomatica nel 1960.


Nel 1961 Khruščёv approvò il piano per la costruzione del muro di Berlino proposto dal leader della Germania Est Walter Ulbricht, allo scopo di fermare le ormai massicce emigrazioni clandestine. Infatti la quasi totalità dei cittadini della Germania Est che a partire dalla divisione della Germania alla costruzione del muro passarono clandestinamente alla parte occidentale, stimati attorno ai 3 milioni, lo fecero passando per Berlino, essa stessa divisa in due zone di influenza sovietica e occidentale.


La caduta di Khruščёv fu apparentemente il risultato di una cospirazione da parte dei capi del partito, irritati dalla sua politica che mise in imbarazzo il partito stesso nello scenario internazionale. Il PCUS accusò Khruščёv di aver commesso errori politici durante la crisi dei missili di Cuba nel 1962 e di aver organizzato male l'economia sovietica, soprattutto nel settore agricolo. Un episodio che poteva non essere passato inosservato fu la visita, da parte della figlia e del genero di Khruščёv, a papa Giovanni XXIII in Vaticano, forse avvenuta senza aver consultato il partito. Tale iniziativa poteva essere considerata un cedimento.
I cospiratori, guidati da Leonid Brežnev, Aleksandr Šelepin e del capo del KGB Vladimir Semičastny, portarono alla deposizione del leader, che avvenne nell'ottobre 1964 quando Khruščёv era a Pitsunda in Abkhazia. Egli chiamò un consiglio speciale del Presidium del Comitato Centrale e quando Khruščёv arrivò, il 13 ottobre votò per dimettersi dalla sua posizione nel partito e nel governo. Inoltre un altro consiglio fu organizzato il giorno successivo per approvare la decisione del Presidium senza dibattere. Il 15 ottobre 1964 il Presidio del Soviet Supremo accettò le dimisioni di Khruščёv come premier dell' Unione Sovietica
In seguito alle sue dimissioni, Khruščёv passò la vita da pensionato a Mosca. Rimase nel comitato centrale fino al 1966. Per il resto della sua vita fu guardato a vista dal KGB, ma non si dedicò ad altro che alle sue memorie e ad altri affari di minore importanza riguardanti l'occidente.
Morì a Mosca l'11 settembre 1971, e fu seppellito al cimitero di Novodevičij. Gli furono negati i funerali di stato e la sepoltura dentro al Cremlino.




ITALIA-CINA

ITALIA-CINA
PER L'ALLEANZA, LA COOPERAZIONE, L'AMICIZIA E LA COLLABORAZIONE TRA' LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA POPOLARE CINESE!!!