Josip Broz (grafia cirillica: Јосип Броз, più conosciuto con il nome di battaglia di Tito (Тито); Kumrovec, 7 maggio 1892 – Lubiana, 4 maggio 1980) è stato un politico e militare jugoslavo, capo della Repubblica Jugoslava dalla fine della Seconda guerra mondiale sino alla morte.
Il paesino dove nacque si trova attualmente nel nord-ovest della Croazia, in una zona, chiamata Zagorje, che all'epoca faceva parte dell'Impero Austro-Ungarico. Era il settimo dei quindici figli di Franjo e Marija Broz, nata Javeršek. Suo padre era croato, mentre la madre era slovena.
Il paesino dove nacque si trova attualmente nel nord-ovest della Croazia, in una zona, chiamata Zagorje, che all'epoca faceva parte dell'Impero Austro-Ungarico. Era il settimo dei quindici figli di Franjo e Marija Broz, nata Javeršek. Suo padre era croato, mentre la madre era slovena.
Dopo aver trascorso alcuni anni della sua infanzia col nonno materno a Podsreda (Slovenia), frequenta a Kumrovec la scuola elementare. Nel 1907 lascia il paese natale per trasferirsi a Sisak, dove lavora come apprendista fabbro. A Sisak si confronta con le idee e le istanze del movimento dei lavoratori e nel 1910 partecipa alla celebrazione del primo maggio (festa del lavoro).
Nel 1910 entra a far parte del Sindacato dei lavoratori metallurgici e del Partito Social-Democratico della Croazia e della Slovenia. Tra il 1911 e il 1913 lavora brevemente in molte città dell'Impero Austro-Ungarico. Nell'autunno del 1913 inizia il servizio militare, nel maggio del 1914 conquista la medaglia d'argento nel torneo di scherma dell'esercito austro-ungarico, a Budapest.
Allo scoppio della prima guerra mondiale Tito, inviato a Ruma, è arrestato per aver svolto propaganda contro la guerra. Imprigionato nella fortezza di Petrovaradin, nel 1915 è trasferito in Galizia e poi a combattere sul fronte russo. In Bukovina la granata di un obice lo ferisce gravemente e in aprile il suo intero battaglione è catturato dai Russi. Dopo alcuni mesi trascorsi in ospedale, nell'autunno del 1916 Tito è inviato in un campo di lavoro negli Urali.
Nell'aprile del 1917 è arrestato per aver organizzato una protesta tra i prigionieri di guerra. Riesce a fuggire dal campo per unirsi alle dimostrazioni del 16 e 17 giugno del 1917 a San Pietroburgo.
Per fuggire Tito scappa quindi verso la Finlandia. Di nuovo arrestato è costretto a trascorrere tre settimane nella fortezza di Petropavle, per poi essere trasferito nel campo di prigionia a Kungur, riuscendo però a fuggire durante il tragitto in treno. Nel novembre dello stesso anno entra a far parte dell'Armata Rossa ad Omsk (Siberia).
Nella primavera del 1918 Tito chiede di essere ammesso nel Partito Comunista Russo. La domanda è accolta. Nel 1920 partecipa a Zagabria alla fondazione del Partito Comunista Jugoslavo. Negli anni successivi partecipa a diverse proteste e agli scioperi durante i quali rischia spesso la vita.
Nel 1910 entra a far parte del Sindacato dei lavoratori metallurgici e del Partito Social-Democratico della Croazia e della Slovenia. Tra il 1911 e il 1913 lavora brevemente in molte città dell'Impero Austro-Ungarico. Nell'autunno del 1913 inizia il servizio militare, nel maggio del 1914 conquista la medaglia d'argento nel torneo di scherma dell'esercito austro-ungarico, a Budapest.
Allo scoppio della prima guerra mondiale Tito, inviato a Ruma, è arrestato per aver svolto propaganda contro la guerra. Imprigionato nella fortezza di Petrovaradin, nel 1915 è trasferito in Galizia e poi a combattere sul fronte russo. In Bukovina la granata di un obice lo ferisce gravemente e in aprile il suo intero battaglione è catturato dai Russi. Dopo alcuni mesi trascorsi in ospedale, nell'autunno del 1916 Tito è inviato in un campo di lavoro negli Urali.
Nell'aprile del 1917 è arrestato per aver organizzato una protesta tra i prigionieri di guerra. Riesce a fuggire dal campo per unirsi alle dimostrazioni del 16 e 17 giugno del 1917 a San Pietroburgo.
Per fuggire Tito scappa quindi verso la Finlandia. Di nuovo arrestato è costretto a trascorrere tre settimane nella fortezza di Petropavle, per poi essere trasferito nel campo di prigionia a Kungur, riuscendo però a fuggire durante il tragitto in treno. Nel novembre dello stesso anno entra a far parte dell'Armata Rossa ad Omsk (Siberia).
Nella primavera del 1918 Tito chiede di essere ammesso nel Partito Comunista Russo. La domanda è accolta. Nel 1920 partecipa a Zagabria alla fondazione del Partito Comunista Jugoslavo. Negli anni successivi partecipa a diverse proteste e agli scioperi durante i quali rischia spesso la vita.
Nel 1934 Tito diventò membro del Dipartimento Politico del Comitato Centrale del KPJ. Assume - anche per non essere scoperto - il famoso soprannome di Tito. Nello stesso anno Petar II (1923 - 1978) a soli 11 anni prende il posto del padre Aleksandar I Karađorđević (1889 - 1934), che era stato assassinato.
La Jugoslavia il 24 marzo 1941 aderisce al patto tripartito sotto le minacce di Adolf Hitler (1889 - 1945). Il colpo di stato del 27 marzo 1941, maturato in ambienti militari e auspicato dai servizi segreti inglesi rompe l'accordo con il patto tripartito. Seguono manifestazioni di delirante entusiasmo popolare, al quale non fu estranea l'attività sotterranea del KPJ. Dopo pochi giorni la Jugoslavia firma un trattato di amicizia con l'URSS. Hitler, indignato, invade e conquista la Jugoslavia in 11 giorni (6-17 aprile 1941) con l'aiuto degli Stati dell'Asse (Italia e Ungheria, soprattutto).
Data la velocità della conquista, interi settori dell'esercito passano direttamente alla Resistenza jugoslava. Tito in persona il 4 luglio incitò il popolo alla resistenza contro la Germania nazista, e l'Italia fascista, assumendo il comando dell'Armata Popolare di Liberazione della Jugoslavia, la "Jugoslovenska Narodna Armija".
I nazisti e gli ustascia, collaborazionisti insediatisi intanto in Croazia, risposero con estrema ferocia tramite esecuzioni, torture e stragi, incendiando i paesi dove si erano rifugiati i ribelli e fucilando tutti i partigiani; fu particolarmente feroce la persecuzione contro i Serbi ed altri non Croati compiuta dagli ustascia. Nei campi di concentramento ustascia (fra i quali il più grande era il famigerato lager di Jasenovac) furono trucidate tra il 1941 e il 1945 circa 400.000 persone, prevalentemente serbi, ebrei e rom.
I vertici militari nazisti progettarono di liquidare questo personaggio chiave della Resitenza iugoslava organizzando la sua cattura. Questa operazione speciale (che, se fosse riuscita, avrebbe certamente inflitto un durissimo colpo ai partigiani di Tito) venne stabilita per il 25 maggio 1944 e venne battezzata Operazione Rösselsprung. Questa azione (ipoteticamente decisiva per la lotta antipartigiana tedesca), però, fallì.
La situazione per le forze tedesche e i collaborazionisti impegnati contro la guerriglia partigiana di Tito ben presto precipitò. Infatti tra l'agosto e il settembre 1944, con il crollo del fronte orientale e il dilagare dell'Armata Rossa nei Balcani, vennero in aiuto dei partigiani le truppe russe e bulgare. Le unità partigiane titine poterono così , il 18 ottobre 1944, liberare Belgrado e il resto della Jugoslavia dai tedeschi nel 1945.
La Jugoslavia il 24 marzo 1941 aderisce al patto tripartito sotto le minacce di Adolf Hitler (1889 - 1945). Il colpo di stato del 27 marzo 1941, maturato in ambienti militari e auspicato dai servizi segreti inglesi rompe l'accordo con il patto tripartito. Seguono manifestazioni di delirante entusiasmo popolare, al quale non fu estranea l'attività sotterranea del KPJ. Dopo pochi giorni la Jugoslavia firma un trattato di amicizia con l'URSS. Hitler, indignato, invade e conquista la Jugoslavia in 11 giorni (6-17 aprile 1941) con l'aiuto degli Stati dell'Asse (Italia e Ungheria, soprattutto).
Data la velocità della conquista, interi settori dell'esercito passano direttamente alla Resistenza jugoslava. Tito in persona il 4 luglio incitò il popolo alla resistenza contro la Germania nazista, e l'Italia fascista, assumendo il comando dell'Armata Popolare di Liberazione della Jugoslavia, la "Jugoslovenska Narodna Armija".
I nazisti e gli ustascia, collaborazionisti insediatisi intanto in Croazia, risposero con estrema ferocia tramite esecuzioni, torture e stragi, incendiando i paesi dove si erano rifugiati i ribelli e fucilando tutti i partigiani; fu particolarmente feroce la persecuzione contro i Serbi ed altri non Croati compiuta dagli ustascia. Nei campi di concentramento ustascia (fra i quali il più grande era il famigerato lager di Jasenovac) furono trucidate tra il 1941 e il 1945 circa 400.000 persone, prevalentemente serbi, ebrei e rom.
I vertici militari nazisti progettarono di liquidare questo personaggio chiave della Resitenza iugoslava organizzando la sua cattura. Questa operazione speciale (che, se fosse riuscita, avrebbe certamente inflitto un durissimo colpo ai partigiani di Tito) venne stabilita per il 25 maggio 1944 e venne battezzata Operazione Rösselsprung. Questa azione (ipoteticamente decisiva per la lotta antipartigiana tedesca), però, fallì.
La situazione per le forze tedesche e i collaborazionisti impegnati contro la guerriglia partigiana di Tito ben presto precipitò. Infatti tra l'agosto e il settembre 1944, con il crollo del fronte orientale e il dilagare dell'Armata Rossa nei Balcani, vennero in aiuto dei partigiani le truppe russe e bulgare. Le unità partigiane titine poterono così , il 18 ottobre 1944, liberare Belgrado e il resto della Jugoslavia dai tedeschi nel 1945.
Tito allontanò dalla Jugoslavia il re Pietro II e proclamò la repubblica, divenendo capo del governo e Ministro degli esteri quindi assumendo in pratica tutti i poteri. L'11 novembre 1945 si svolse un'elezione politica, secondo molti di fatto controllata e massicciamente inquinata dai titoisti, che diede la maggioranza assoluta ai partiti del fronte nazionale capeggiato da Tito. Il 31 gennaio 1946 l'Assemblea constituente promulgò una costituzione sul modello sovietico, instaurando definitivamente un regime totalitario di stampo comunista. Seguirono numerosi processi contro gli esponenti dell'opposizione democratica e contro membri del clero (soprattutto quello cattolico); vi furono anche alcuni esempi di veri e propri processi staliniani, nei quali vennero condannate persone assolutamente innocenti (es. i cosidetti "Processi di Dachau", svoltisi a Lubiana tra il 1947 e il 1949). Nel 1948 Tito vide incrinarsi il rapporto con Stalin per il suo rifiuto nel seguire la politica sovietica: la Jugoslavia fu quindi esclusa dal blocco sovietico. Nel 1953, a 61 anni, Tito assunse anche il titolo di presidente della federazione jugoslava.
In quegli anni Tito, nel contesto della lacerante spaccatura tra cominformisti e titoisti, diede vita ad un clima fortemente repressivo. Oppositori politici, "cominformisti" o presunti tali (tra l'altro alcuni comunisti italiani accusati di stalinismo), vennero rinchiusi in tremendi campi di prigionia, tra i quali spiccava il terribile campo di Isola Calva, dopo processi e condanne sommari.
Nel 1961 Tito fu tra i promotori del Movimento dei Non-Allineati ossia un'allenza di Stati che non erano membri della NATO né del Patto di Varsavia: vi entrarono a far parte l'Egitto di Gamal Abd el-Nasser e l'India di Jawaharlal Nehru poi negli anni successivi oltre 100 altri Stati, tra cui Cuba.
Nel 1963, a 71 anni, Tito fu nominato presidente a vita. All'inizio degli anni settanta, l'intervento di Tito stroncò i movimenti di rinnovamento nella politica che erano emersi alla fine degli anni sessanta in Serbia, Croazia e Slovenia e destituì le élites comuniste che si accingevano a liberalizzare la politica economica e sociale in quelle repubbliche. Negli anni successivi, la Jugoslavia vide un periodo di accentuata repressione politica che sollevò aspre contestazioni soprattuto tra i croati. Negli anni settanta riapparve nella scena politica la figura del teorico sloveno Edvard Kardelj che, in vista dell'imminente scomparsa di Tito, elaborò, nella nuova costituzione del 1974, un modello con-federale basato sulla cooperazione democratica tra le dirigenze comuniste delle varie repubbliche e province autonome, che mantenevano però l'egemonia assoluta nei loro rispettivi paesi. Tito morì il 4 maggio 1980 in un centro clinico a Lubiana (Slovenia). Al suo funerale parteciparono uomini di Stato di molte nazioni.
Dopo la sua morte furono sollevati molti dubbi sulla possibilità che i suoi successori mantenessero l'unità della Jugoslavia. Tito aveva saputo tenere unito il Paese non solo limitando le tensioni nazionaliste, ma spesso anche manipolandole come strumenti per mantenere il proprio ruolo di mediatore "super partes". Secondo molti il contenimento dei nazionalismi jugoslavi fu ottenuto soprattutto con l'uso della forza tramite l'OZNA ossia servizio segreto e l'UDBA ossia polizia politica; altri sottolineano invece il ruolo dello sviluppo dell'economia e dei provvedimenti sociali, antinazionalisti ed antireligiosi del regime nel promuovere, dopo molti decenni di conflitti sanguinosi, un lungo periodo di relativa convivenza pacifica fra le diverse etnie e confessioni del Paese. Altri ancora, tra i quali il filosofo marxista sloveno Slavoj Žižek, sottolineano la natura essenzialmente repressiva e addirittura reazionaria del regime titoista, il quale da un lato esasperava l'identità nazionale "jugoslava" con misure di chiaro carattere sciovinista, e dall'altro rendeva impossibile ogni dibattito politico aperto, utilizzando i pregiudizi etnici e nazionalistici per scongiurare ogni possibile alleanza tra i gruppi d'opposizione anti-comunista presenti nelle singole repubbliche.
Dieci anni dopo la sua morte le repubbliche che formavano la federazione jugoslava decisero a maggioranza di sciogliere l'unione federale. La decisione non fu accettata dalla Serbia di Slobodan Milošević, circostanza che contribuì a scatenare una lunga e sanguinosa guerra civile.
Tito è sepolto a Belgrado, nel mausoleo Kuća Cveća (La casa dei fiori) a lui dedicato.
In quegli anni Tito, nel contesto della lacerante spaccatura tra cominformisti e titoisti, diede vita ad un clima fortemente repressivo. Oppositori politici, "cominformisti" o presunti tali (tra l'altro alcuni comunisti italiani accusati di stalinismo), vennero rinchiusi in tremendi campi di prigionia, tra i quali spiccava il terribile campo di Isola Calva, dopo processi e condanne sommari.
Nel 1961 Tito fu tra i promotori del Movimento dei Non-Allineati ossia un'allenza di Stati che non erano membri della NATO né del Patto di Varsavia: vi entrarono a far parte l'Egitto di Gamal Abd el-Nasser e l'India di Jawaharlal Nehru poi negli anni successivi oltre 100 altri Stati, tra cui Cuba.
Nel 1963, a 71 anni, Tito fu nominato presidente a vita. All'inizio degli anni settanta, l'intervento di Tito stroncò i movimenti di rinnovamento nella politica che erano emersi alla fine degli anni sessanta in Serbia, Croazia e Slovenia e destituì le élites comuniste che si accingevano a liberalizzare la politica economica e sociale in quelle repubbliche. Negli anni successivi, la Jugoslavia vide un periodo di accentuata repressione politica che sollevò aspre contestazioni soprattuto tra i croati. Negli anni settanta riapparve nella scena politica la figura del teorico sloveno Edvard Kardelj che, in vista dell'imminente scomparsa di Tito, elaborò, nella nuova costituzione del 1974, un modello con-federale basato sulla cooperazione democratica tra le dirigenze comuniste delle varie repubbliche e province autonome, che mantenevano però l'egemonia assoluta nei loro rispettivi paesi. Tito morì il 4 maggio 1980 in un centro clinico a Lubiana (Slovenia). Al suo funerale parteciparono uomini di Stato di molte nazioni.
Dopo la sua morte furono sollevati molti dubbi sulla possibilità che i suoi successori mantenessero l'unità della Jugoslavia. Tito aveva saputo tenere unito il Paese non solo limitando le tensioni nazionaliste, ma spesso anche manipolandole come strumenti per mantenere il proprio ruolo di mediatore "super partes". Secondo molti il contenimento dei nazionalismi jugoslavi fu ottenuto soprattutto con l'uso della forza tramite l'OZNA ossia servizio segreto e l'UDBA ossia polizia politica; altri sottolineano invece il ruolo dello sviluppo dell'economia e dei provvedimenti sociali, antinazionalisti ed antireligiosi del regime nel promuovere, dopo molti decenni di conflitti sanguinosi, un lungo periodo di relativa convivenza pacifica fra le diverse etnie e confessioni del Paese. Altri ancora, tra i quali il filosofo marxista sloveno Slavoj Žižek, sottolineano la natura essenzialmente repressiva e addirittura reazionaria del regime titoista, il quale da un lato esasperava l'identità nazionale "jugoslava" con misure di chiaro carattere sciovinista, e dall'altro rendeva impossibile ogni dibattito politico aperto, utilizzando i pregiudizi etnici e nazionalistici per scongiurare ogni possibile alleanza tra i gruppi d'opposizione anti-comunista presenti nelle singole repubbliche.
Dieci anni dopo la sua morte le repubbliche che formavano la federazione jugoslava decisero a maggioranza di sciogliere l'unione federale. La decisione non fu accettata dalla Serbia di Slobodan Milošević, circostanza che contribuì a scatenare una lunga e sanguinosa guerra civile.
Tito è sepolto a Belgrado, nel mausoleo Kuća Cveća (La casa dei fiori) a lui dedicato.
Il regime di Tito fu colpevole di crimini contro l'umanità come il massacro di Bleiburg, le uccisioni sommarie di circa 12.000 ex miliziani anticomunisti sloveni (domobranci) nel giugno 1945,le persecuzioni anti-italiane ed i massacri delle foibe (definite dal presidente della repubblica Giorgio Napolitano pulizia etnica) nelle regioni a ridosso del confine italo-jugoslavo che causarono la tragedia dell'esodo giuliano dalmata. Questi ultimi massacri si verificarono poco dopo la fine della guerra e si cercarono di spiegare come vendetta dei partigiani contro i fascisti, ma nella realtà furono attuate contro tutti coloro che rappresentavano o potevano rappresentare, indipendentemente dalla loro appartenenza politica, lo Stato italiano in quelle terre (Istria e Trieste) che il nuovo regime comunista jugoslavo rivendicava apertamente. A conferma di un'autentica campagna d'intimidazione contro gli italiani, vi sono anche le affermazioni di Milovan Gilas, vice capo del governo e segretario della Lega dei Comunisti di Jugoslavia che, in un'intervista rilasciata a Panorama il 21 luglio 1991, ammetteva senza giri di parole: Nel 1946 io e Edvard Kardelj (dirigente del partito comunista sloveno, ndr) andammo in Istria a organizzare la propaganda anti-italiana [...] Bisognava indurre gli italiani ad andare via con pressioni di ogni tipo. Così fu fatto.
Tra il 1945 e 1955, operavano in Jugoslavia vari campi di concentramento (quali Teharje in Slovenia e Goli Otok in Croazia), nei quali vennero perpetrati numerosi sopprusi e uccisioni.
Tra il 1945 e 1955, operavano in Jugoslavia vari campi di concentramento (quali Teharje in Slovenia e Goli Otok in Croazia), nei quali vennero perpetrati numerosi sopprusi e uccisioni.
A partire dagli anni trenta fu noto con il nome di Tito. L'uso di "nomi di battaglia" era diffuso presso i militanti dell'illegale partito comunista affinché, in caso di arresto, non si potesse risalire alla famiglia dell'arrestato. Durante la resistenza il personaggio di Tito fu investito da un alone di mistero. I referti delle SS lo descrivono come un personaggio di cui si sa poco, salvo vaghe caratteristiche fisiche (anche queste spesso distorte), molto pericoloso, astuto e pieno di risorse. Goebbels non nascose la propria ammirazione per un uomo di cui era difficile seguire le tracce e anche quando si credeva di averlo intrappolato, lui riusciva a cavarsela. Goebbels aggiunge che chiunque stia dietro a questo nome è un nemico da eliminare a tutti i costi.Esiste una quantità di documenti che testimonia le sue molteplici identità. Lo stesso uomo viene fatto risalire a sei, sette identità, tra cui Ivan Brozović e Tito. Le origini del soprannome "Tito" non sono certe, ma la teoria più accreditata è che derivi dal fatto che usasse spesso la locuzione "ti to" (in serbocroato "tu questo") per impartire ordini ai suoi uomini.
Caratteristica una "filastrocca" sulla Jugoslavia, citata spesso dagli estimatori di Tito: «Sei stati, cinque nazioni, quattro lingue, tre religioni, due alfabeti e un solo Tito» a significare l'unione di tante diversità che Tito era riuscito ad attuare e che crollò dopo la sua morte.
A partire dalla fine della seconda guerra mondiale, Tito celebrò il proprio compleanno il 25 maggio, a ricordo del giorno in cui scampò miracolosamente all'uccisione per mano tedesca. Pertanto, il 25 maggio fu proclamato giorno di festa nazionale in Jugoslavia. Una staffetta di giovani portava lungo tutte le principali città jugoslave un bastone riccamente intagliato - simbolo del comando - e lo consegnava a Tito la sera del 25 maggio nello stadio di Belgrado, nel corso di una grande cerimonia ginnico/sportivo/militare. Non è che uno degli esempi del vero e proprio culto per la personalità che si sviluppò per quarant'anni in Jugoslavia: si contano a decine le canzoni, le poesie ed i romanzi dedicati a Tito.
Tito fu notoriamente un amante della bella vita, e questo suo tratto si accentuò negli anni coinvolgendo l'intero apparato statale. Possedeva decine di residenze ufficiali sparse per il paese, fra le quali la più famosa era la Villa Bianca all'interno dell'Arcipelago delle Isole Brioni in Istria: una zona interdetta alla navigazione e di fatto buen retiro del capo dello stato, comprendente pure un sorprendente zoo privato. Possedeva pure uno degli yacht più grandi e lussuosi dell'epoca, il Galeb, che utilizzò per un famoso viaggio ufficiale in Gran Bretagna e che - si notò all'epoca - era più grande perfino del Britannia dei reali inglesi. Usava per spostarsi in Jugoslavia anche un treno privato, fatto arredare in modo lussuoso da artigiani jugoslavi, austriaci e italiani. Possedeva una collezione di automobili, comprendente le famose Cadillac i cui sedili erano stati costruiti a misura delle sue terga, centinaia di orologi compresi rari modelli in platino e oro, nonché centinaia di vestiti e divise, tanto da essere perennemente seguito da un addetto all'abbigliamento che ogni giorno gli preparava i completi per i vari impegni pubblici e privati. Grande cacciatore, non si peritava di utilizzare le riserve boschive nei boschi montenegrini e sloveni per la caccia ai grandi mammifari come cervi ed orsi, utilizzando i fucili creati esclusivamente per lui dall'italiana Beretta. In tal caso, centinaia di battitori setacciavano la zona per permettere a Tito di abbattere le prede più ambite. Come ulteriore nota di colore, di Tito si ricordano le varie frequentazioni femminili fino in tarda età, l'amore per le bevande alcooliche e per il fumo: in nome della solidarietà politica e di un'antica amicizia Fidel Castro faceva pervenire a Tito intere casse degli adorati sigari cubani, che lui offriva ai vari ospiti di ogni estrazione e tipo - comprese le attrici italiane Gina Lollobrigida e Sofia Loren - di cui amava circondarsi.
A partire dalla fine della seconda guerra mondiale, Tito celebrò il proprio compleanno il 25 maggio, a ricordo del giorno in cui scampò miracolosamente all'uccisione per mano tedesca. Pertanto, il 25 maggio fu proclamato giorno di festa nazionale in Jugoslavia. Una staffetta di giovani portava lungo tutte le principali città jugoslave un bastone riccamente intagliato - simbolo del comando - e lo consegnava a Tito la sera del 25 maggio nello stadio di Belgrado, nel corso di una grande cerimonia ginnico/sportivo/militare. Non è che uno degli esempi del vero e proprio culto per la personalità che si sviluppò per quarant'anni in Jugoslavia: si contano a decine le canzoni, le poesie ed i romanzi dedicati a Tito.
Tito fu notoriamente un amante della bella vita, e questo suo tratto si accentuò negli anni coinvolgendo l'intero apparato statale. Possedeva decine di residenze ufficiali sparse per il paese, fra le quali la più famosa era la Villa Bianca all'interno dell'Arcipelago delle Isole Brioni in Istria: una zona interdetta alla navigazione e di fatto buen retiro del capo dello stato, comprendente pure un sorprendente zoo privato. Possedeva pure uno degli yacht più grandi e lussuosi dell'epoca, il Galeb, che utilizzò per un famoso viaggio ufficiale in Gran Bretagna e che - si notò all'epoca - era più grande perfino del Britannia dei reali inglesi. Usava per spostarsi in Jugoslavia anche un treno privato, fatto arredare in modo lussuoso da artigiani jugoslavi, austriaci e italiani. Possedeva una collezione di automobili, comprendente le famose Cadillac i cui sedili erano stati costruiti a misura delle sue terga, centinaia di orologi compresi rari modelli in platino e oro, nonché centinaia di vestiti e divise, tanto da essere perennemente seguito da un addetto all'abbigliamento che ogni giorno gli preparava i completi per i vari impegni pubblici e privati. Grande cacciatore, non si peritava di utilizzare le riserve boschive nei boschi montenegrini e sloveni per la caccia ai grandi mammifari come cervi ed orsi, utilizzando i fucili creati esclusivamente per lui dall'italiana Beretta. In tal caso, centinaia di battitori setacciavano la zona per permettere a Tito di abbattere le prede più ambite. Come ulteriore nota di colore, di Tito si ricordano le varie frequentazioni femminili fino in tarda età, l'amore per le bevande alcooliche e per il fumo: in nome della solidarietà politica e di un'antica amicizia Fidel Castro faceva pervenire a Tito intere casse degli adorati sigari cubani, che lui offriva ai vari ospiti di ogni estrazione e tipo - comprese le attrici italiane Gina Lollobrigida e Sofia Loren - di cui amava circondarsi.
Fonte: http://it.wikipedia.org
Nessun commento:
Posta un commento